40 [La mort de César, tragedia del 1731, rappresentata la prima volta nel 1733. L’opera aveva avuto varie traduzioni in tedesco, a partire da quella di J. F. Schraffenstein, Norimberga 1737. Nel 1752 era apparsa la traduzione di Lessing.] 41 [Anastasius Grün (Anton Alexander Graf von Auersperg, 1806- 76), autore del ciclo di romanze Der letzte Ritter (1830), delle liriche di genere politico raccolte nei Spaziergänge eines Wiener Poeten (1831); Der letzte Dichter, spesso accolta nelle antologie e libri di lettura dell’epoca, fa parte della raccolta Gedichte del 1837.] 42 Dal campo operistico avremmo potuto estrarre un copiosissimo florilegio di orrende scempiaggini della composizione poetica... o piuttosto della decomposizione della poesia, giacché di «gustare con malinconia la stupidità della vita» mai avviene come nella odierna “Opera seria” e “mezza”. Ma poiché Richard Wagner, nel suo lavoro in tre volumi su Oper und Drama [Leipzig, 1852, ma 1851], ha condannato a sufficienza la antipoetica dei moderni testi d’opera e specialmente le loro cattive, perfino insensate traduzioni, ci siamo limitati a quest’unico esempio. 43 [È il Vorwort zur “Marie Magdalene ” betreffend das Verhältnis der dramatischen Kunst zur Zeit and verwandte Punkte scritto da Hebbel nel 1844.] 44 Il castello di Marienburg non è stato costruito poco per volta; allora si potrebbe spiegare con la diversità dei periodi e degli stili quest’usurpazione sulle forme meramente simmetriche. Fu edificato, piuttosto, di getto, in pochi anni, sulla base di un unico progetto, e ciò dimostra che l’alto senso artistico degli architetti si permetteva simili libertà, eccedenti l’armonia, contro esigenze estetiche subordinate, ordini architettonici.
45 H. Hettner, Vorschule zur bildenden Kunst der Alten, Oldenburg, 1848, vol. i, p. 307 ss. 46 [Critica del giudizio, libro i, “Analitica del bello”, passim.] 47 [Les mystères de Paris di Eugène Sue, apparso a puntate sul “Journal des Débats” dal giugno 1842 all’ottobre 1843 e poi pubblicato in 10 voll. a Parigi nel 1845, era stato tradotto prontamente in tedesco da A. Diezmann: Die Geheimnisse von Paris, Berlin, 1843; a Grünberg appariva contemporaneamente (1843-44) la traduzione di W. Leu, in 11 voll.] 48 La stessa Goualeuse racconta: «Non sapevo più come fare a vivere. Mi hanno trascinata. Mi hanno fatto bere acquavite! Ed eccomi qui! Capisco, disse il Chourineur». Più avanti E. Sue dice: «Per una strana anomalia (sic!) i tratti della Goualeuse offrono uno di quei tipi angelici e candidi, conservando la loro idealità anche nel bel mezzo della depravazione, come se la creatura fosse impotente a cancellare con i vizi l’impronta di nobiltà che Dio ha messo sul volto di qualche essere privilegiato». Questo tipo di sofistica presente nei Misteri si è meritato la franca critica di Pauline Limeyrac sulla “Revue des deux Mondes”, 1 (1844), p. 74 ss. La critica estetica di questo romanzo – così importante nella sua maniera caricaturale per il concetto di brutto – la si trova formulata in modo ancor più acuto negli “Jahrbücher der Gegenwart” di Schwegler, 1844, p. 655 ss. Nella stessa annata però W. Zimmermann [nel saggio Der Roman der Gegenwart and Eugen Sue ’ s Geheimisse] difende il carattere significativo del romanzo dal punto di vista della storia della civiltà (pp. 199-212). 49 [È la tragedia storica Carl von Bourbon di Robert Prutz (1816- 72), giornalista, fondatore della rivista “Literarisches Taschenbuch”, autore tra l’altro della fortunata commedia satirica
Die politische Wochenstube (1845) e del romanzo in 3 voll. Das Engeischen (1851), menzionati più avanti da Rosenkranz, dal 1847 attivo come drammaturgo ad Amburgo e dal 1849 docente di letteratura tedesca a Halle. Dal 1851 fondatore e direttore della rivista “Deutsches Museum”. È autore di numerose opere teatrali, novelle, liriche, biografie, opere storiche, saggi letterari e di estetica, tra cui vale la pena di ricordare una teoria del comico esposta nel saggio Alte und neue komische Romane, negli “Hallesche Jahrbücher” del dicembre 1839.] 50 [Del poema epico Childe Harold’ s Pilgrimage (1812-18) era apparsa una traduzione tedesca a cura di Zedlitz nel 1836.] 51 A. Hennenberger, Das Deutsche Drama der Gegenwart, [Greifswald], 1853, p. 64 ss. Questo breve scritto è uno dei più ragionevoli, imparziali e ricchi di contenuto sull’oggetto in questione. 52 Si confronti la collezione di Seroux d’Agincourt, Malerei i, tavole 40 ss. [Jean Baptiste Louis George Seroux d’Angincourt, Sammlung von Denkmälern der Architektur, Sculptur und Malerei vom 4. bis 16. Jahrhundert... revidiert von A. F. von Quast, 3 voll., Berlin, 1840.] 53 Questa statua si trova ora nel museo di Nimes. La figura è molto accattivante e di essa la critica francese poteva legittimamente dire che «è la grazia stessa, e la vita, e la gioventù, e il ritmo che danza». Noi ne lodiamo però la testa, o piuttosto mento e occhi. 54 [Jean-Jacques Barthélemy, Voyage du jeune Anacharsis en Grèce, 4 voll., Paris, 1788; Wilhelm Adolf Becker, Charikles, oder Bilder altgriechischer Sitte, 3 voll., Leipzig, 1840, e Gallus, oder römische Szenen aus der Zeit Augustus, Leipzig, 1848.] 55 [È la tragedia Richard Savage oder der Sohn einer Mutter, 1839.]
56 [È la tragedia Don Carlos, Infant von Spanien (1823) di Friedrich de la Motte Fouquè, l’autore della celebre Undine.] 57 Gervinus, Shakespeare, iv, [Leipzig], 1850, p. 36: «Ancora oggi dobbiamo riconoscere la verità di questa concezione, non contestata neppure dalla critica, spesso ripetuta, secondo cui Shakespeare ridurrebbe il popolo romano ai borghesi e agli artigiani inglesi. Dal momento che le masse in movimento sono uguali dovunque, e più che mai in due popoli così affini nell’organizzazione statale, questo rimprovero è piuttosto una lode. Non possiamo ripetere proprio nel senso più letterale ciò che si è detto elogiativamente dall’altra parte, che in queste opere tornano a rivivere il carattere i destini, l’amor di patria la gloria militare, la schiettezza dei sentimenti, la vita pubblica della città eterna; ma è vero che questo prendere fedelmente in prestito, e l’elaborazione vitale del poco che Shakespeare poteva saccheggiare da Plutarco per caratterizzare la vita romana, ha più valore della più esatta rappresentazione di quell’epoca, eseguita in base ai più laboriosi studi antiquari». 58 [È l’architetto Karl Friedrjch Schinkel (1781-1841), a cui si debbono i più celebri edifici pubblici neoclassici e neogotici di Berlino, ma attivo anche nella scenografia e negli allestimenti teatrali.] 59 [È il berlinese Adolf Glassbrenner (1810-79), capo nel 1847 del partito democratico a Neustrelitz, scrittore satirico e autore di farse, racconti, resoconti di viaggio, giornalista ed editore di giornali politico-umoristici.] 60 [È il romanzo Armut, Reichtum, Schuld and Buße der Gräfin Dolores (1810) di Achim von Arnim.]
61 [Godwi oder Das steinerne Bild der Mutter. Ein verwilderter Roman. La prima parte del romanzo è in forma epistolare; la seconda appare come una libera redazione di un giovane autore di nome Maria, che fa conoscenza con un corrispondente della prima parte, Godwi. Egli sceglie una forma lineare e chiusa di romanzo, nuovamente interrotta dalla sua malattia mortale, cosicché è Godwi a continuare l’opera. La prima edizione a cui Rosenkranz fa riferimento è quella di Brema 1800-02 (recte: 1801) in due voll. L’edizione ridotta è invece nel v vol. delle Gesammelte Schriften, hrsg. von Ch. Brentano, 9 voll., Frankfurt/M. 1852-55.] Il Godwi di Brentano è apparso a Brema nel 1802. Brentano vi aggiungeva al suo nome quello di Maria, e ancora nel titolo scriveva, in modo abbastanza caratteristico, «ein verwildeter Roman» (un romanzo depravato). L’edizione completa degli scritti di Brentano non accoglie questo libro singolare, un astro gemello iper-romantico degli Anni d’ apprendistato di Wilhelm Meister; nel v volume delle Opere se ne trova un breve frammento. 62 [Les fleurs animées, 2 voll., Paris, 1847. Rosenkranz fa in seguito riferimento a un’altra opera di Grandville: Un autre monde: transformations, visions, incarnations, ascensions, locomotions, explorations, pérégrinations, excursions, stations, Paris, 1844.] 63 Nei Beiträge zu einer Ästhetik der Pflanzenwelt [Leipzig, 1853] Bratranek dedica giustamente un capitolo alle Fleurs animées, e a p. 396 dice, cogliendo nel segno: «Già nelle sue scene della vita privata e pubblica degli animali Grandville aveva mostrato come la riflessione estrema potesse richiamare nuovamente alla luce la profondità originaria del simbolo: egli sottolineava sia l’aspetto animale negli uomini sia le risonanze con rapporti e relazioni
umane nell’animale, e nel mondo degli animali-uomini riassumeva una copia fedele delle distorsioni che emergono dalla società. Così anche nelle Fleurs animées: là prendeva le mosse da rappresentazioni divenute tipiche, qui egli parte dal significato originariamente, o tradizionalmente, o convenzionalmente attribuito alla pianta e lo trasferisce nell’atteggiamento, nei sembianti e nella veste delle donne. L’animazione che una pianta riceveva, tramite procedimento simbolico, dall’interiorità umana, l’artista la conferisce ora alla forma umana che compare nel tipo floreale: sono fiori diventati uomini quelli che abbiamo di fronte, mentre il simbolismo esprimeva l’umano in forma floreale. Sempre, dovunque e in tutte le forme Grandville sa farci balenare davanti, in queste piante-uomini, il genio stesso del paesaggio». 64 Dice Luciano concludendo la prefazione alla Storia vera (nella traduzione di Pauly [Lukian, Werke, übersetzt von August Pauly, 15 voll., Stuttgart, 1827-32]): «Ammetto che tanto meno potevo rimproverare a tutte queste persone – tante ne ho incontrate – il mentire in sé e per sé, vedendo quanto la cosa sia abituale addirittura in uomini che si attribuiscono la qualifica di filosofi. Soltanto, non potevo fare a meno di meravigliarmi che costoro potessero credere che i lettori non avrebbero notato come nelle loro storie (Omero, Iambulo, Ctesia) non c’è una parola di vero. Nello stesso tempo ero abbastanza vanitoso da volere lasciare ai posteri sia pure un’operetta scritta di mio pugno, per non dover essere il solo a rinunciare al diritto e alla libertà di creare dei miti. Poiché di vero non avevo nulla da raccontare (ciò che ho vissuto, non è degno di essere narrato), dovetti risolvermi alla menzogna, ma accingendomici un po’ più sinceramente degli altri. Io, almeno, dico l’unica verità: mento. Con questa libera ammissione
spero di evitare ogni rimprovero per il contenuto della mia storia. Così, dichiaro solennemente: scrivo di cose che non ho visto né sperimentato di persona, e nemmeno udito da altri, e che sono tanto poco reali quanto possibili. Ci creda, ora, chi ne ha voglia!». 65 [Ein Märchen von Waldächlein und Tannenbaum (1850) di Oskar Freiherr von Redwitz-Schmölz (1823-91), docente di letteratura tedesca ed estetica a Vienna e negli anni 1858-62 deputato liberale a Monaco. È autore di liriche, romanzi, drammi.] 66 [È il poeta Ludwig Hölty (1748-76) appartenente al cosiddetto “Göttinger Ham”.] 67 [Lo schiavo negro Souloque, diventato ufficiale dopo l’abolizione della schiavitù, comandante di Port-au-Prince nel 1846, si era fatto proclamare imperatore di Haiti imitando la cerimonia d’incoronazione francese.] 68 [Maha-Guru. Geschichte eines Gottes, pubblicato in due volumi nel 1833.] 69 [Oestliche Rosen. Drei Lesen, Leipzig, 1822, di Friedrich Rückert; la prima poesia della raccolta era dedicata al Divan di Goethe.] 70 [Il Diderots Versuch über die Malerei era apparso nel 1799 nei “Propyläen”.] 71 [Über den sogenannten Dilettantismus oder die praktische Liebhaberei in den Künsten: sono gli appunti e gli schemi per un saggio sul dilettantismo progettato da Goethe e Schiller e risalenti al 1799. Gli appunti sono stati pubblicati rispettando l’ordine cronologico della composizione nel vol. 47 dell’edizione di Weimar delle opere, 1887 ss., in una disposizione dunque diversa da quella nota a Rosenkranz, che si riferisce qui e altrove
all’edizione pubblicata da Cotta, Stuttgart-Tübingen, 1827-30, in 40 voll., e integrata ai voll. 41-60 (1832-41) dalle opere del Nachlaß] 72 Nella Critica del giudizio, Analitica del bello, § 17 (Dell’ideale della bellezza) Kant distingue tra ideale e idea normale: «Questa idea normale non è derivata da proporzioni raccolte dalla esperienza come regole determinate; ma è essa che rende anzitutto possibili le regole del giudizio. È, per l’intera specie, l’immagine fluttuante tra tutte le intuizioni particolari e in vari modi diverse, degli individui, e che la natura pose come prototipo nei prodotti della specie medesima, senza, a quel che pare, raggiungerla pienamente in nessun individuo. Essa non è il prototipo della bellezza, in quella specie, ma solamente quella forma che costituisce la condizione imprescindibile di ogni bellezza e quindi non è altro che l’esattezza nella rappresentazione della specie». [La trad. del passo di Kant è quella di A. Gargiulo, Bari, Laterza, 1967 6 , pp. 79-80.] 73 [È l’architetto Leo von Klenze (1784-1864), autore soprattutto a Monaco di edifici nello stile del Rinascimento italiano.] 74 Franz Kugler, Über die Polychromie der Griechischen Architektur und Sculptur und ihre Grenzen, Berlin, 1845. 75 [Citazione a memoria e inesatta dal iv atto delle Nozze di Figaro «l’ho perduta... me meschina! Ah, chi sa dove sarà».] 76 [Johanna Schopenhauer (1766-1838), madre del filosofo Arthur, animatrice dal 1806 di un salotto letterario a Weimar frequentato anche da Goethe, autrice di fortunati romanzi, racconti, diari e resoconti di viaggio.] 77 S. H. Ulrici, Über Shakespeare ’ s dramatische Kunst, Halle, 1839, pp. 146 e 174.
78 [Si tratta del personaggio creato dal viennese Adolf Bäuerle, attore, editore della “Wiener Theaterzeitung”, autore negli anni Venti e Trenta di una fortunata serie di pièces popolari basate su una combinazione di elementi umoristici, realistici e didattici.] 79 [È la commedia di Andreas Gryphius Horribilicribrifax, del 1663.] 80 Cfr. l’introduzione alla Geschichte der Macaronischen Poesie und Sammlung ihrer vorzüglichsten Denkmale, Halle, 1829. 81 Ch. H. Weisse, System der Asthetik, i, [Leipzig, 1830] p. 177. A p. 178 afferma: «Perché le determinazioni astratte come bellezza, bruttezza, ecc. non rimangano del tutto vuote ma significhino qualcosa, anche nella posizione di contraddizione debbono disporsi in modo che quell’astrazione non faccia andar perduta la loro verità e vitalità dialettica». 82 «Già bussa | Messer Andar-di-corpo borbottando all’uscita posteriore | devo prendere questa vestaglietta di mia moglie | correre svelto nelle sue pantofoline | (si alza, veste i panni femminili) | dove posso trovare un posticino per farla non visto? | Beh, di notte tutti i gatti sono bigi | (se ne va sul proscenio) | qui nessuno mi vedrà far la mia cacca!». 83 [La traduzione metrica delle opere di Aristofane di Johann Heinrich Voss (1751-1826) era apparsa in 3 vol. nel 1821.] 84 Schiller era entrato in polemica con Fichte. Fichte gli aveva inviato per la sua rivista un saggio su Spirito e Lettera. Schiller non intendeva pubblicarlo così com’era, perché trovava da ridire sul modo di esposizione. Fichte si difese con grande orgoglio e Schiller insistette sull’esigenza che un’esposizione soddisfacente dal punto di vista estetico deve realizzare una reciprocità di concetto e immagine. Questa polemica, che ci è ora accessibile
nell’edizione dell’epistolario [Schillers und Fichtes Briefwechsel, hrsg. von J. H. Fichte, Berlin, 1847], ha dato a Schiller lo stimolo per il saggio Über die nothwendigen Grenzen beim Gebrauch schöner Formen (1795) dove si trovano – confinate in una nota – le parole che ho citate nel testo. 85 [Alla fine della sez. xxv del Laocoonte Lessing dà ragione al conte di Caylus per avere omesso Tersite dalla serie delle sue tavole di soggetto omerico. L’opera di A.-C.-Ph. de Tubières, comte de Caylus, Tableaux tirés de l’Iliade et de l’Odissée d’Homere et de l’Eneide de Vergile, avec des observations générales sur le Costume, Paris, 1757, era ampiamente discussa da Lessing nel Laocoonte.] 86 [Si tratta del distico Schön und Erhaben apparso nel 1795-96 in “Die Horen”.] 87 A. Ruge, Neue Vorschule der Ästhetik [Halle, 1837], pp. 75-77. E sulle sue orme Fischer nella Diotima, p. 198 ss.: «Ciò che siamo soliti chiamare in natura sublime è molto più espressione sentimentale che convinzione estetica. La natura non ci innalza, si impone soltanto a noi». 88 [Il riferimento è probabilmente alla iii scena de La morte di Empedocle (prima stesura, trad. it. di C. Lievi e I. Perini Bianchi): «(Empedocle): …; figlio, andiamo lassù | sulla cima dell’Etna sacro e antico. | Gli déi sono più vicini sulle vette. | Lassù, oggi voglio vedere con questi | occhi i fiumi, le isole e i mari | ...». Nelle edizioni del testo di Hölderlin di cui Rosenkranz poteva disporre (i Gedichte von Friedrich Hölderlin curati nel 1826 da L. Uhland e G. Schwab, e i Friedrich Hölderlins sämtliche Werke editi da Ch. Th. Schwab, Stuttgat-Tùbingen, 1846) non vi era distinzione tra le tre stesure della Morte di Empedocle.]
89 [Le tre opere di George Sand avevano avuto numerose traduzioni in Germania tra il 1844 e il 1850. La prima e la terza erano comparse inoltre nei Sämmtliche Werke pubblicati a Lipsia, con una introduzione di Arnold Ruge, nel 1843-46, e nella nuova edizione in 35 voll. del 1847-56. Sulle traduzioni delle opere di George Sand menzionate più avanti da Rosenkranz vd. il vol. v della Bibliographie deutscher Übersetzungen aus dem Französischen 1700-1948, a cura di H. Fromm. Baden-Baden, 1952, pp. 424-34.] 90 [Gesammelte Gedichte, 6 voll., Erlangen, 1834-38.] 91 [Max Waldau (Richard Georg Spiller von Hauenschild, 1822- 55), poeta lirico ed epico, autore dei romanzi Nach der Natur (1850) e Aus derJunkerwelt.] 92 [Il romanzo epistolare Pamela (1740) era uscito in traduzione tedesca a Lipsia nel 1743 (J. Schuster) e a Leignitz nel 1772 (F. Schmidt); la prima traduzione della Clarissa, di J. D. Michaelis, era apparsa a Göttingen nel 1748-51; traduzioni successive a Berlino nel 1788-92 (F. Schulz), a Mannheim nel 1790 (C. H. Schmid), a Lipsia nel 1790-93 (L. T. Kosegarten).] 93 [È il romanzo Blasedow und seine Söhne, pubblicato in 3 voll. nel 1838.] 94 [Si tratta del più celebre poema maccheronico tedesco: Floja, Cortum Versicale De Flois Schwartibus Illis Diriculis, Quae Omnes Pere Minschos, Mannos Weibras Jungfras etc. Behuppere et Spitzibus Suis Schnaflis Stekere et Bitere Solent Autore Grivholdo Knickknackio ex Fliolandia, che conobbe numerose edizioni dopo la prima, apparsa nel 1593. “Deiriculus” è la latinizzazione del diminutivo di “Tier” “Tierchen”, animaletto, “huppere” di
“hüpfen”, sicché l’intero verso significa: «Canterò gli animaletti, che saltellano così bene».] 95 [Aloys Blumauer (1755-98), Abenteuer des frommen Helden Aeneas oder Virgils Aeneis Travestiert, 3 voll., Wien, 1784-88.] 96 Nel Prologo alla Pucelle, in un unico tratto Voltaire ci dà tutta la tendenza del poema. Egli magnifica il miracolo della fortezza e della fede compiuto da Giovanna: «Giovanna d’Arco ebbe cuor di leone: | lo vedrete se leggerete l’opera | tremerete alle sue nuove imprese; | e il massimo dei suoi rari travagli | fu conservarsi pulzella per un anno». 97 [Sono personaggi rispettivamente di Werther, Götz von Berlichingen, Egmont, Stella, Le affinità elettive di Goethe, del romanzo filosofico Woldemar di Jacobi, del Titan di Jean Paul.] 98 [Das Weib des Urias (1851) di Alfred von Meissner (1822-85), autore diversi lirici ed epici, drammi, romanzi e taccuini di viaggio, e tra l’altro di un ritratto di Heine, che aveva conosciuto nel ’49 a Parigi.] 99 Secondo la nota espressione di Goethe nel Faust, legge e diritti si ereditano come un’eterna malattia. Ma si ereditano come un’eterna malattia anche giudizi su uomini e libri. Diderot e i suoi scritti appartengono a quei soggetti su cui uomini ignoranti e limitati sono soliti sfogare il loro capriccio: e così marchiano con parole grosse la scellerataggine di quest’ateo, di quest’editore dell’Enciclopedia, di quest’autore di romanzi immorali, senza conoscere Diderot e le sue opere. Si dà per scontato una volta per tutte che lo si può rammentare solo con un tono di indignazione morale. Ho già tentato altrove di introdurre anche da noi una maggiore equità nel valutare Diderot. Ho richiamato l’attenzione su come la pensino su di lui Lessing, Goethe, Schiller, Varnhagen,
Moritz, Arndt. A proposito del Jacques mi limito a osservare che Diderot stesso si difende, in Œuvres, éd. Naigeon, xi, p. 333 ss., dall’accusa di cinismo. Si sbaglia se si pensa che in quell’opera vengano riferite solo storie ciniche. La tragica storia del Marquis de la Pommeraye raccontata dall’ostessa occupa un terzo di tutta l’opera. Essa è tradotta da Schiller col titolo Merkwürdiges Beispiel einer weiblichen Rache, in Rheinische Thalia, i, 1785, p. 27 ss. Il tema, e cioè l’idea di destino, della connessione oggettiva degli avvenimenti, viene stabilito subito, fin dalle prime parole dello scritto, che solo molto impropriamente si può definire un romanzo: «Jacques diceva che un capitano diceva che tutto quanto ci capita di bene o di male quaggiù era scritto lassù. | Il padrone: Ecco un detto memorabile. | Jacques: Il mio capitano aggiungeva che ogni palla di fucile ha il suo biglietto da visita». 100 [Il riferimento è al saggio Réflexions sur la tragedie apparso nel 1829 nella “Revue de Paris”.] 101 [Vd. nota 140.] 102 [John Colin Dunlop, The History of Fiction: Being a critical account of the most celebrated works of Fiction from the earliest Greek Romances to the Novels of the Present age, 3 voll., Edinburgh, 1816.] 103 [Friedrich Heinrich von der Hagen, Erzählungen und Märchen, 2 voll., Prenzlau, 1824-26.] 104 [Oskar Wolff, Allgemeine Geschichte des Romans von dessen Ursprung bis zur neue Zeit, Jena, 1841.] 105 [È la tragedia Uriel Acosta del 1846.] 106 L’infanticidio di Betlemme di Hauser non ci mostra che un’accolita di madri infelici che fissano i cadaveri dei figli, dalle cui ferite sgorga il sangue. Questa monotonia dà al quadro, ben
dipinto, qualcosa di estremamente squallido, anzi noioso. Come aveva trattato diversamente lo stesso soggetto il vecchio Le Brun! Anche qui si vedono fanciulli uccisi, madri in lutto, ma si vedono anche madri che cercano di salvare i loro figli che si buttano contro i soldati, combattendo con essi. Si vede che l’amor materno non rende facile ai soldati – che arrivano addirittura galoppando a cavallo, e colpiscono i fanciulli con le picche – di portare a compimento lo spaventoso ordine. Un grande spiazzo aperto, sullo sfondo un ponte su cui s’accalcano soldati e donne in fuga, gruppi diversi. In Hauser invece uno spazio chiuso, come se si fosse in carcere. 107 [Sono gli abitanti di una contea della Svizzera.] 108 [Pseud. di Karl Friedrich Benkowitz (1764-1807), autore della parodia Das Brustbil der Heiligen Walpurga oder das blutende Menschenherz, Erfurt, 1811.] 109 [È la commedia in versi Die verhangnisvolle Gabel (1826) di August von Platen, che satireggia il dramma romantico del destino.] 110 [È Jens Baggesen (1764-1826), autore di parodie del sentimentalismo romantico.] 111 Hegel, Ästhetik, iii, 1838, p. 123: «Noi perciò non ci vediamo dinanzi sentimenti e passioni volgari, ma l’elemento contadinesco e vicino alla natura che v’è nei ceti inferiori e che è gaio, malizioso e comico. In questa sfrenatezza priva di contraddizioni è implicito il momento ideale: è la domenica della vita che tutto eguaglia e che allontana ogni cattiveria; persone che sono così cordialmente di buon umore non possono essere del tutto cattive e basse. A questo proposito non è la stessa cosa che il male compaia solo momentaneamente e come tratto fondamentale di un carattere.
Presso gli Olandesi il comico distrugge ciò che vi è di malvagio nella situazione, e noi comprendiamo subito che i caratteri possono essere anche qualcosa di diverso da ciò in cui in questo momento sono dinanzi a noi. Una simile serenità e comicità costituiscono il valore inestimabile di questi quadri. Se oggi invece si vuole essere piccanti in quadri dello stesso genere, vi si raffigura di solito qualcosa di intimamente volgare, cattivo e malvagio, senza che intervenga la conciliazione del comico. Per es. una cattiva donna litiga con il marito ubriaco nell’osteria, e fa ciò in modo veramente pungente. Si vede qui allora, come ho già prima indicato, nient’altro se non che l’uomo è un cattivo soggetto e la donna una vecchia biliosa». [La trad. del passo di Hegel è di N. Merker e N. Vaccaro, Torino, Einaudi, 1967, pp. 989-90.] Scrive Hotho, Geschichte der Deutschen und Niederlandischen Malerei, Berlin, 1842, p. 137 ss.: «L’artista che voleva concentrarsi in questa cerchia di quotidianità comune e di apparenza senza interesse, assumere da esso la sua unica norma e rappresentare con forza il coraggio della sua avvilente passione, anche raggiungendo il grado estremo della destrezza formale non avrebbe fatto altro, con ciò, che uscire dalla sfera dell’arte in generale». 112 [Allude al saggio Kleinkrammalerei di Friedrich Gottlob Welker, nelle sue Klezne Schriften, Bonn, 1844.] 113 W. Gringmuth, De Rhyparographia. Disputatio philosophica, Vratislaviae, 1838. Questo saggio diligente e interessante ha avuto il destino che hanno la maggior parte delle dissertazioni accademiche: quello di restare ignote e non menzionate. Nell’introduzione Gringmuth ha raccolto diverse definizioni del brutto egli stesso si colloca piuttosto dal punto di vista di Weisse,
ma non è d’accordo con il concetto di comicità, e conclude con i versi di Goethe: «E infine è indispensabile | che il poeta odi qualcosa, | quel che è brutto e insopportabile | non lo faccia rivivere come se fosse bello». 114 [Hermann Hettner, Vorschule der bildenden Kunst der Alten, Oldenburg, 1848.] 115 [Antigone, trad. it. di G. Paduano, Torino, 1982, vv. 925-26: «Se davvero gli dei approvano quello che succede qui, questa sofferenza mi farà riconoscere la mia colpa».] 116 Su Peire Vidal, vd. F. Diez, Leben und Werke der Troubadours, Zwickau, 1829, p. 149 ss. Le stravaganze di Lichtenstein sono note a sufficienza, grazie al suo Frauendienst. 117 [Il Louis Lambert di Balzac, che ebbe dal 1832 al 1842 sette edizioni. La traduzione tedesca, anonima, era uscita a Quedlinburg-Leipzig nel 1846, nel vol. 53-54 dei Sämtliche Werke di Balzac.] 118 [Sono personaggi dei romanzi Maha-Guru. Geschichte eines Gottes (1833), Wally, die Zweiflerin (1835; apparso poi in una seconda versione, nel 1852, con il titolo Vergangene Tage), Seraphine (1837), della tragedia Nero (1837), del romanzo Blasedow und seine Söhne (1838); Il Ritter vom Geist era apparso a Lipsia, in 9 voll., nel 1850-51.] 119 [È il drammaturgo, critico e romanziere Heinrich Laube (1806- 84), redattore della “Zeitung für die elegante Welt” di Lipsia e collaboratore di numerose riviste, autore del romanzo Das junge Europa (3 voll., 1833-37), deputato all’assemblea nazionale di Francoforte, direttore di teatro a Vienna e a Lipsia, autore tra l’altro di una storia della letteratura tedesca (1839-40, in 4 voll.) e di una biografia di Grillparzer (1884).]
120 [Eigensinn und Laune è una novella apparsa in Urania. Taschenbuch auf das Jahr, 1836.] 121 [Carl Friedrich Flögel, Geschichte der komischen Literatur, 4 voll., Leignitz, 1784-87, e Geschichte des Grotesk Komischen. Ein Beitrag zur Geschichte der Menschheit, Leignitz und Leipzig, 1788.] 122 [Le Vergile Traventi (1648-53) di Paul Scarron.] 123 Bisognerebbe ancora aggiungere, a proposito del grottesco, che Lessing in un breve saggio [il frammento Grottesken, pubblicato insieme ad altri tre scritti nel 1792 col titolo comune Kleinere antiquarische Fragmente] ne fa derivare l’origine dall’egiziano. Ma l’origine in sé e per sé sta nella natura stessa della cosa. Lo si potrebbe fare derivare altrettanto bene dal cinese o dall’indiano. Il libro citato nel testo s’intitola La Passion de Notre Seigneur J. C. en vers burlesques e fu pubblicata nel 1649. Il libro era brutto poeticamente, ma corrispondeva a un’intenzione serissima, nient’affatto parodistica. I versi burleschi erano soltanto uno stratagemma del libraio per avere più smercio. 124 Di questi mezzi la farsa ha fatto in tutte le epoche e presso tutti i popoli ampio uso. Una certa superiorità estetica eccessiva guarda dall’alto in basso il buffonesco con sprezzante compassione, ma esso è legittimo quanto il cosiddetto comico fine o alto, ultimamente diventato così fine da noi che lo si definisce, più giustamente, noioso. 125 [Die Gesellschaft auf dem Lande è una novella apparsa nel Berliner Taschenkalender auf das Gelein-Jahr, 1825.] 126 [L’idillio Pfaff von Kalenberg. Ländliches Gedicht (1850) di Anastasius Grün (vd. nota 41), che si basa sulla novella burlesca in versi di Philipp Frankfurter Des pfaffen geschicht und histori
von kalenberg, apparsa nel 1472-73. All’origine di questo genere letterario è lo Pfaffe Amis dello Stricker, composto in Austria nella prima metà del xiii secolo.] 127 K. Vogt, Bilder aus dem Thierleben, Frankfurt A. M., 1852, p. 433: «Conoscete la vera storia dell’amico del guardaboschi che pensava di essere solo nella stanza e fece partire una sconvenienza sonora, vedendo poi con sua sorpresa che immediatamente i cani accucciati sotto il tavolo e le sedie rompevano in un forte latrato lamentoso e paurosi si rifugiavano infine in giardino passando per le finestre di pianterreno? Appena rientrato, il guardaboschi spiegò subito la causa dell’improvvisa follia dei suoi cani. Non appena uno di loro impestava la stanza, per punizione li caricava tutti di bastonate, visto che non voleva né poteva stare a cercare il colpevole». 128 Se ne vedano le riproduzioni in R. Rochette, Musée Secret, tavole 37, 40 e 42. 129 [Vd. nota 104] O. L. B. Wolff, Allgemeine Geschichte des Romans von dessen Ursprung bis zur neuesten Zeit, Jena, 1841, p. 324 ss. 130 [È Donatien-Alphonse-François marchese de Sade.] 131 [Les Français peints par eux-mêmes. Encyclopédie morale du xix e siècle, 8 tomi, s. l., 1841 ss.], pp. 361-76. T. Delord riconduce Chicard alla vendemmia del Borgogna. Concepisce il canto e la danza di Chicard come parodia dell’amore (p. 371): «Non è affatto una danza, è ancora una parodia, parodia dell’amore, della grazia, dell’antica gentilezza francese e – ammirate fino a che punto può arrivare in noi l’ardore della derisione! – parodia della voluttà, tutto è riunito in questa licenziosa commedia chiamata “chahut”. Qui le figure sono sostituite dalle scene, non si danza, si
agisce, il dramma dell’amore è rappresentato in tutte le sue peripezie, tutto ciò che può contribuire a farne indovinare il denudamento è messo in opera, per aiutare la verità della sua pantomima il danzatore, o piuttosto l’attore, chiama in soccorso i muscoli: si agita, si distorce, pesta i piedi, tutti i suoi movimenti hanno un significato, tutte le sue contorsioni sono emblemi; ciò che le braccia hanno accennato, terminano di dirlo gli occhi; anche e reni hanno altresì le loro figure retoriche, la loro eloquenza. Spaventoso insieme di grida stridule, risate convulse, dissonanze gutturali, inimmaginabili contorsioni. Danza bruciante, sfrenata, satanica, coi suoi battiti di mani, evoluzioni di braccia, fremiti di anche, trasalire di reni, pestar di piedi, attacchi mimici e vocali. Salta, sfugge, si piega, s’incurva, s’impenna, sfacciata, furiosa, colla fronte sudata, l’occhio infuocato, il volto in delirio. Tale è la danza di cui indichiamo solo alcuni tratti all’ingrosso, ma di cui nessuna penna può rendere l’insolenza lasciva, la brutalità poetica, la sfrontatezza spirituale; il verso di Petronio non sarebbe abbastanza ampio per contenerla: spaventerebbe anche la verve di Piron». Ma già allora, nel 1841, Delord pensava che Chicard avesse toccato il suo momento di massimo splendore: «Si crede abbastanza potente per misconoscere la sua origine popolare, da qualche tempo ammicca in modo deplorevole all’aristocrazia: fa l’uomo celebre, l’artista, il leone... Chicard se ne va!». Sthar ha fatto in tempo a vederne soltanto la fredda degenerazione. 132 Cfr. Arthur Schopenhauer, Die Welt als Wille und Vorstellung, Leipzig, vol. 11, 1844, pp. 531-46. [È il cap. 44 del ii volume de Il Mondo, Metafisica dell’ amore sessuale]. Questa «metafisica
dell’amore sessuale» è qua e là un po’ cinica, ma piena di osservazioni seducenti, attinte dalla natura e dalla vita. 133 Nella Galleria di Firenze ci sono tra le incisioni in bronzo di Palazzo Pitti molti ingrandimenti di gemme incise in modo eccellente. Moltissime di queste opere mirabili hanno per soggetto sacrifici di giovani donne e fanciulle che si appellano alla forza della natura, ma con una castità e una grazia che esprimono l’assenza di ogni altro pensiero che non sia quello religioso. 134 [Die Hosen des Herrn von Bredow è il più celebre e fortunato dei “romanzi brandenburghesi” di Wilibald Alexis (pseud. di Wilhelm Häring, 1798-1871), ambientato nell’epoca della Riforma.] 135 [È la feroce polemica contro Platen contenuta in Die Bilder von Lucca, nella terza parte dei Reisebilder.] 136 [Deutschland. Ein Wintermärchen, 1844.] 137 [Comparsa con il titolo Epicoene odor Das stumme Mädchen nel “Poetisches Journal”, 1800, e con il titolo Epicoene oder Das stille Frauenzimmer nel xii vol. delle Ludwig Tiecks Schriften, Berlin, 1828-54 (in 28 voll.).] 138 Nel xii volume della sua edizione delle opere di Diderot, Naigeon ha inserito (pp. 255-66) una giustificazione dove spiega perché ha conservato nei cosiddetti romanzi di Diderot «lo scandalo del testo in tutta la sua integrità», senza sopprimere nulla: altrimenti – come dimostra la storia della letteratura – il pubblico verrebbe ingannato con cose ancor più malvagie e scritte in stile peggiore, spacciate col nome di Diderot. A p. 263 racconta appunto di avere spesso richiamato l’attenzione di Diderot sui pericoli che vi potevano essere per la fantasia in quei libri: «E qui, a discolpa del filosofo, devo dire che, colpito dagli
argomenti con cui sostenevo la mia opinione, era ben deciso a fare alla decenza, al pudore e alla convenienza morale il sacrificio di qualche pagina fredda, insignificante e fastidiosa anche per l’uomo più dissoluto, e rivoltante o incomprensibile per una donna onesta. È certo che l’opera, così epurata, non avrebbe perso nulla del suo effetto». Già Lessing, che aveva tradotto nella Dramaturgie, nn. 81 ss. (1768), un brano dei Bijoux indiscrets, rendendo così nota già allora al pubblico tedesco l’esistenza di quel libro, dice d’accordo con Naigeon: «Il libro si intitola Les bijoux indiscrets e Diderot ora vorrebbe non averlo scritto. E fa molto bene: tuttavia lo ha scritto, ed è costretto ad averlo scritto se non vuoi essere un plagiario. E certo anche che solo un tal giovane poteva scrivere questo libro che poi si sarebbe vergognato di avere scritto». 139 In questo sono completamente d’accordo con J. Dunlop, Geschichte der Prosadichtungen (History of the Fiction), trad. ted. a cura di F. Liebrecht, Berlin, 1851, p. 397. I francesi continuano a essere entusiasti di questo libro. Pensiamo che Sainte-Beuve sia molto stimato anche da noi come critico, e Sainte-Beuve ne dà in Critiques et portraits littéraires, Bruxelles, 1832, t. ii, p. 176 ss., il giudizio più lusinghiero possibile. Lo definisce un piccolo capolavoro «dall’immortale freschezza priva di belletto […] Manon Lescaut è eterna e, a dispetto delle rivoluzioni del gusto e delle mode innumerevoli che ne eclissano il vero regno, può conservare in fondo sulla sua sorte quell’indifferenza gioviale e languida che le conosciamo». 140 Il lavoro di J. Schmidt contiene molte cose interessanti anche su Shakespeare, Racine, Voltaire e il romanticismo tedesco, derivate da un vero studio sulle fonti. Se, come sembra, il suo
lavoro ha poca notorietà, la causa sta in due circostanze: nel fatto che l’autore non si attiene ad un andamento storico vero e proprio, ma seguendo – ci sembra – un raggruppamento artificioso degli argomenti, è difficilmente accessibile al lettore; e poi nel fatto che l’autore non ha simpatia per alcuna delle figure che tratta. Un certo tono di scontento, di rancore verso tutte le manifestazioni storiche attraversa l’intero libro. J. Schmidt ha il talento di individuare con acutezza l’aspetto negativo dei fenomeni, descrivendoli con vivacità, ma in ciò egli inclina ancora troppo alla maniera di Ruge e Bauer, di guardare il processo del divenire solo coi colori tenebrosi della dissoluzione. È proprio l’opposto di Valentin Schmidt, che era entusiasta in modo così cattolicamente ardente per il romanticismo e a cui notoriamente dobbiamo, nei “Wiener Jahrbücher”, la prima completa panoramica e classificazione dei drammi di Calderón [Kritische Übersicht und Anordnung der Dramen des Calderón de la Barca, di Friedrich Wilhelm Valentin Schmidt, nei voll. 17 e 18 dei “Jahrbücher der Literatur” (1822) di Vienna]. Schmidt era un portento nella conoscenza della letteratura del Medioevo. Non posso trascurare l’opportunità di rinnovare una questione che a vari intervalli di tempo ho già sollevato. Noi tedeschi pubblichiamo un’infinità di carta stampata colma di ripetizioni. Si pensi ad esempio al numero sterminato delle nostre antologie, che si sono organizzate in un commercio legale e decoroso di ristampe. Si pensi al numero sterminato di traduzioni di romanzi stranieri. Perché non raccogliamo finalmente in volume il lavoro di Schmidt su Calderòn, la sua ancora importante – perché la integra in modo positivo – critica alla History of the Fiction di Dunlop, il lavoro sul Decamerone, i suoi Beiträge zur Geschichte
der romantischen Literatur? Avremmo la gratitudine di tutti quelli che studiano la letteratura. So per esperienza quanto sia difficile procurarsi i fascicoli dei “Wiener Jahrbücher” [“Jahrbücher der Literatur”, vol. 26 (1824), 29 (1825), 31 (1825), 33 (1826)]. Solo i Beiträge sono raccolti in un volumetto. La critica a Dunlop è stampata in quattro diversi fascicoli dei “Wiener Jahrbücher”. Il lavoro su Calderón, addirittura, è soltanto nell’Intelligenzblatt dei “Wiener Jahrbücher”. 141 [È la Griseldis di Friedrich Haelm (1806-71), rappresentata nel 1835.] Henneberger, Das Deutsche Drama [der Gegenwart, Greifswald, 1853] p. 8: «Il poeta potrebbe forse rispondere che respingendo Parzival, quando scopre che tutto è stato soltanto un gioco, Griselda getta sulla bilancia il contrappeso». Ma «ciò che qui ci viene spacciato per amore è veramente l’amore muliebre? Possiamo dimenticare che una simile dedizione, che nega il diritto alla propria personalità e anzi, fino a un certo punto, la dignità stessa dell’essere umano, rasenta l’istintiva affezione dell’animale più che l’amore libero, il quale invece deve elevare ancora di più il sentimento della propria dignità?». 142 [Allude al poemetto La strage degli innocenti di Giambattista Marino, pubblicato postumo nel 1632.] 143 Nella Geschichte der deutschen und niederländischen Malerei [Berlin, 1842-43], p. 160 ss., Hotho nota una progressione da Van Eyck a J. Bosch, da Bosch a Schongauer (Martin Schon). «Nei suoi carnefici azzimati, nei suoi garzoni che digrignano protervamente i denti e soldati flagellanti, Martin Schon dimostra uno studio attento e fedele della natura. Egli spesso non fa che marcare i tratti osservati con ulteriore energia ausiliaria. L’accentuata deformità dei volti grifagni, delle teste caprine e dei
corpi ossuti deve rappresentare in modo ancora più chiaro la perversione interiore ed esteriore». Cfr. Kugler, Handbuch der Geschichte der Malerei, ii, Berlin, 1837, p. 84 ss. 144 [Philostrats Gemählde, in “Kunst und Altertum” nel 1818.] 145 [È la tragedia Agrippina (1665) di Caspar von Lohenstein (1635-83).] I. B. Rousseau, Dramaturghische Parallelen, München, 1834, i, p. 189 ss. Quando alla fine Oloaricus sguaina il pugnale contro Agrippina, essa lo apostrofa con queste parole: «Colpisci assassino, il membro che l’ha cagionato | colpisci il petto che un tal figlio ha allattato | colpisci il ventre nudo che ha generato un verme». 146 [Rivista satirica pubblicata a Monaco a partire dal 1844.] 147 Ch. Magnin, Histoire des marionettes en Europe, Paris, 1852, p. 147 ss. 148 Gieremund, ghiotta di pesci, era congelata nel ghiaccio. 149 Che Aristofane sia infetto dello stesso elemento che egli combatte è stato ben dimostrato da Th. Rotscher, Aristophanes und sein Zeitalter, Berlin, 1827. 150 Heine può dispiacere dal punto di vista formale per la facilità con cui all’improvviso, e in modo del tutto superfluo, fa una capriola, fa una smorfia proprio nel bel mezzo del fluire dei sentimenti più nobili, ed ora ha sedotto una schiera di poetucoli infantili a ritenere che l’elemento più poetico in lui stia in queste prosaiche battute ad effetto. Cfr. Prutz, Vorlesungen über die Deutsche Literatur der Gegenwart, Leipzig, 1847, p. 238 ss. 151 Vd. Œuvres complètes de P. J. de Béranger, édition illustrée par Grandville et Raffet, Paris, 1837, t. iii, pp. 195-380. Si tratta di documenti di incalcolabile valore per la storia dell’epoca. 152 [Disputation è inclusa nel Romanzero del 1851.]
153 [Anche le Romanzen von Vitzliputzli sono incluse nel Romanzero del 1851.] 154 [Georg Friedrich Daumer, Christliche Anthropophagie. Der Anthropologismus und Kriticismus der Gegenwart in der Reife seiner Selbstdarsteliung nebst Ideen zur Begründung einer neuen Entwicklung in Religion und Theologie, Nürnberg, 1844.] 155 [Inclusa nei Neue Gedichte del 1844.] 156 [Allusione a Goethes iuristische Abhandlung über die Flöhe. De Pulicibus, Berlin, 1839. A lungo attribuito a Goethe, lo scritto è in realtà del giurista Otto Philipp Zaunschliffer (1653-1729).] 157 [È il romanzo pornografico Therèse Philosophe, ou Mémoires pour servir à l’histoire du P. Dirag et de M.lle Eradice, La Haye, 1748, attribuito a Jean-Baptiste des Boyer, marchese d’Argens.] 158 [Evariste Désiré Forges de Parny, La guerre des Dieux anciens et modernes: poème en dix chants, Paris, An vii (=1799).] 159 [Allusione al poema di Rudolph Gottschall (1823-1909) Die Göttin. Ein Hoheslied vom Weib, Hamburg, 1853.] 160 [È il dialogo di Luciano Jupiter tragoedus.] 161 [Nel testo il sostantivo è affine al verbo: “Bauer” e “bauen”.] 162 [È il saggio Wie die Alten den Tod gebildet. Eine [Jntersuchung, del 1769.] 163 [Wilhelm Ternite, Wandgemälde aus Pompeji und Herculanum mit einem erläuternden Text von C. O. Muller, voll. 2-3, Berlin, 1844.] 164 Sulle danze dei morti, danses macabres, è ormai disponibile una vastissima letteratura. E neppure mancano le osservazioni interessanti. Non posso però fare a meno di osservare che l’ultima danza macabra (non intendo la scultura in legno di Rethel) in Germania sembra essere passata inosservata, e non è stata messa
in connessione con le precedenti. È stata dipinta a olio, principalmente da un pittore di nome Becker: una lunga serie di dipinti piuttosto grandi, discretamente belli, nel gusto delle ballate di Burger, nel corridoio centrale del seminario agostiniano di Erfurt, nella Germania centrale, e risalenti al xviii secolo. Se si inizia dalla danza macabra di Basilea, passando per Erfurt fino a Lubecca – dove pure c’è una danza macabra – si può tracciare proprio una diagonale. La danza macabra di Erfurt meritava, se non altro per completezza, una litografia. Ho analizzato la danza macabra di Holbein in Zur Geschichte der Deutschen Literatur, Konigsberg, 1836, p. 25. 165 [Friedrich Schiller, Demetrius. Trauerspiel, bearbeitet von Franz von Maltitz, Karlsruhe, 1817: si tratta appunto dell’elaborazione dell’opera lasciata da Schiller allo stato di frammento.] 166 Heinrich der Löwe. Heldengedicht in 21 Gesängen, mit historischen und topographischen Anmerkungen von Stephanus Kunze (3 Theile: Quedlinburg bei G. Basse), 1817. 167 [Del 1772 e, in una versione rielaborata, del 1781, di Johann Jacob Bodmer (1698-1793).] 168 J. L. Ideler, Geschichte der Altfranzosischen National-Literatur von den ersten Anfängen bis auf Franz, i, Berlin, 1842, p. 248 ss. Del resto questo smorto allegorismo ha generalmente dominato in Europa dal quattordicesimo fino al sedicesimo secolo. 169 [Vd nota 49.] 170 [Atta Troll. Ein Sommernachtstraum, 1847.] 171 1845, p. 54 ss. [Berlin, 1815.] 172 [Nel testo la frase suona in realtà: «Un tempo Gerusalemme era nei nemici dei Turchi», dove “nemici” (Feinde) sostituisce
“mani” (Hände). Così, nell’esempio successivo, “ungeboren’ (non nato) sostituisce “ebengeboren’ (appena nato), ecc.] 173 [Wien], 1839, vol. ii, p. 374.] 174 A. Schopenhauer, Die Welt als Wille und Vorstellung, Berlin, 1819, p. 262 ss. [È il § 36 de Il Mondo.] 175 [Si tratta della “comédie mêlée de chants” Elle est folle!, Paris, 1835, di cui è tuttavia autore il solo Mélesville (pseud. di A.-H.-J. Duveyrier), che aveva spesso collaborato con Scribe.] 176 [Dalla commedia di Kotzebue I provinciali, Krähwinkel è passato proverbialmente a indicare la piccola città dalle idee ristrette.] 177 Turlupin si chiamava anche Tabarin, Gaultier Garguille, Gros Guilaume e ora Grosboyaux. Emile de la Bédoillière nella sua descrizione degli odierni saltimbanchi (Les Français peints par eux-mêmes, I. de Province, p. 150 ss.) ha dato vari esempi dell’odierno nonsenso, spesso però tramandato dall’antichità. Un solo esempio di canzone di pagliaccio: «Trois p’tits cochons sur un fumier | s’amusaient comm des portes cochères. | J’ lui dis: Sansonnet, mon petit, | j’ voudrojs avoir un liv’ de beurre. | J’ te mettrai d’huil sur tes sabots | pour faire friser tes papillotes. | Ma veste est percée aux genoux | ah’ rendez moi mon bout d’ chandelle». 178 [Alexander von Humboldt, Vues des Cordillères et monuments des peuples indigènes de l’Amérique, Paris, 1810.] 179 1852, p. 237. [Il Demiurgos, apparso in 3 voll. nel 1852-54, di Wilhelm Jordan (1819-1904), corrispondente della “Bremer Zeitung” a Parigi e Berlino, poeta lirico ed epico, scrittore di resoconti di viaggio e saggi filosofici, tra cui una Philosophie der Noth, traduttore di Shakespeare, Proudhon e George Sand.]
180 [Die Mondzugler. Komedie der Gegenwart (1843) di Heinrich Hoffmann (1809-94), poeta lirico, autore di opere umoristiche e satiriche, psichiatra e direttore dal 1851 al 1888 del manicomio di Francoforte sul Meno.] 181 [È lo Armer Heinrich (1195 circa) di Hartmann von Aue. Nel 1815, ne avevano curato un’edizione i fratelli Grimm.] 182 Riprodotto in [Theodor] Panofska, Parodieen und Karikaturen auf Werken der klassischen Kunst, Berlin, 1851, tav. 1, fig. 3. 183 [È la commedia Der Diamant del 1847; Das Narrenschneiden (1557) di Hans Sachs.] 184 [Hermann Fürst von Pückler-Muskau, Briefe eines Verstorbenen. Ein fragmentarisches Tagebuch aus England, Wales, Irland und Frankreich, geschrieben in den Jahren 1828 und 1829, Stuttgart, 1831.] 185 Chi non intenda o non possa leggere la scena nell’edizione di Petronio curata da Burmann, perché è uno dei libri più rari [Petronius Arbiter, Satyricon quæ supersunt... Curante Petro Burmanno, Ed. 2, T. 1.2., Amstelaed, 1743], la può vedere nelle Begebenheiten des Eukolp che Heinse ha tradotto dal Satyricon, pseudo-ed. di Roma, 1773, vol. i, p. 132 ss. 186 Cosa non ci sarebbe da dire a questo proposito! Ne fanno parte soggetti di cui si è impadronita soprattutto la pittura, e alla cui vista ci siamo abituati, che però fondamentalmente non possono che definirsi nauseanti. La sunamita condotta al vecchio re David Lot nella caverna ubriacato dalle figlie perché giaccia con loro, e così via. Ma vi appartiene anche tutta una serie di stomachevoli simplegmi klinopali e dipinti infami della più ripugnante lascivia, di cui non si può far parola. Un solo esempio. Nel 1823, nella raccolta dell’università di Gottinga, ho visto un
quadro coperto da una serranda sulla quale era dipinto qual cos’altro, e su di esso la guida richiamava l’attenzione come cosa particolarmente degna di nota. Luigi xv aveva scommesso con la Pompadour che non sarebbe stata capace di orinare attraverso un anello. Il quadro mostra la Pompadour mentre tenta l’esperimento, sua Maestà è in ginocchio e tiene egli stesso l’anello con lubrica curiosità. 187 Dalla traduzione di Droysen del 1838 (Aristophanes iii, 204) cito solo l’esordio del monologo di Cinesia malignamente beffato, e che di certo doveva essere anche una parodia del ditirambografo Cinesia: «Ucciso, annientato del tutto mi ha la donna! | E oltretutto, me lo lascia qui così! | Che ne sarà di me! Ahimè dove mi sfogherò | Così tremendamente ingannato dalla donna più dolce!» 188 Horatii Epodon liber, viii («In anum libidinosam»): «Rogare longo putidam te sæculo | Viris quid enervet meas | Cum sit tibi dens ater et rugis vetus | Frontem senectus exaret, | Hietque turpis inter aridas natis | Podex velut crudae bovis? | Sed incitat me pectus et mammæ putres, | Equina quales ubera, | Venterque mollis et femur tumentibus | Exile suris additum! | Esto beata; funus atque imagines | Ducant triumphales tuum, | Nec sit marita, quæ rotundioribus | Onusta bacis ambulet. | Quid, quod libelli Stoici inter sericos | Iacere pulvillos amant? | Inlitterati num minus nervi rigent? | Minusve languet fascinum? | Quod ut superbo provoces ab inguine, | Ore adlaborandusn est tibi». Confesso di non trovare in questa orripilante descrizione neppure una scintilla di poesia. 189 Panofska, cit., p. 4, vi scorge una parodia della verginità, perché ad Atalanta sarebbe attribuito per antonomasia il
carattere. A proposito di ἂρμα e di φιλότης si deve qui ancora osservare che essi significano in genere semplicemente “accoppiamento’, “coito”. Secondo Plutarco, essi hanno però i significati collaterali qui usati, che vengono descritti da Lucrezio Caro, De Rerum natura, iv, v. 1259 ss.: «Et quibus ipsa modis tractetur blanda voluptas, | Id quoque permagni refert: nam more ferarum | Quadrupedumque magis ritu, plerumque putantur. | Concipere uxores, quia sic loca sumere possunt, | Pectoribus positis, sublatis semina lumbis». Lucrezio prosegue con spiegazioni di filosofia della natura in conformità al suo punto di vista. 190 [L’allusione è al saggio del 1793 Gedanken über den Gebrauch des Gemeinen und Niedrigen in der Kunst.] 191 Arden von Feversham, traduzione di L. Tieck in Vorschule Shakespeare ’ s, 1823, vol. i, p. 113 ss. 192 L’insensata mania tedesca di tradurre romanzi e novelle francesi e inglesi è un male profondo della nostra letteratura, anzi della nostra vita stessa. Si faccia un confronto statistico tra quanto traduciamo noi, in questo campo, dai francesi e dagli inglesi e quanto loro traducono da noi. I più miseri intrugli di autori men che mediocri vengono tradotti immediatamente in tedesco, e se si esaminano i cataloghi delle biblioteche circolanti si dovrebbe quasi pensare che Paul de Koch, d’Arlincourt, A. Dumas, Féval, Ames ecc. siano i nostri classici. Ci si chieda se non sarebbero state pubblicate dieci traduzioni se le letterature straniere avessero avuto romanzi come Nach der Natur di Max Waldau, Neues Leben di Auerbach, Ritter vom Geist di Gutzkow, Engelschen di Prutz, Studien di Sufter e altri. Ci si chieda se uno solo di questi libri è stato tradotto in francese e inglese.
Ricordiamoci che è sempre stato tradotto poco anche dei classici più antichi e riconosciuti della nostra nazione, e addirittura di Tieck – che più ha scritto in vista dell’intrattenimento – solo alcune novelle, Le libre bleu e simili. E si rifletta inoltre che un terzo dei tedeschi capisce l’inglese o almeno il francese a sufficienza da leggere quei romanzi anche nell’originale (nelle ristampe di Bruxelles, Berlino e Lipsia), mentre sono pochi gli inglesi e i francesi che imparano il tedesco: e allora si concederà che il rapporto diventa uno squilibrio stridente. Qui non c’è niente da aspettarsi da interventi polizieschi: per loro natura sono troppo superficiali e non fanno che creare la voglia di procurarsi per vie traverse il piacere proibito. Invece si potrà fare qualcosa di efficace solo a partire dall’interiorità, con una formazione culturale autentica, rafforzando il nostro sentimento nazionale, col rispetto di noi stessi e un amore vero per la nostra patria (anziché la posizione ironica che abitualmente assumiamo e che da noi guasta alla radice ogni forza, anche la forza morale). I romanzi di cavalieri e briganti che abbiamo menzionato nel testo dimostrano come da noi la mentalità delle classi popolari inferiori sia ancora in gran parte disordinata e infantilmente fantastica. Ma non si dimentichi mai una cosa: che essi posseggono una certa poesia selvatica, un acuto spirito d’avventura che può attrarre gli incolti e i semicolti, e che volumi legnosi – anche se nati da buona intenzione –, moralizzanti e tesi a imprimere nei lettori il valore economico del tempo e del denaro (come Die Käserei auf der Vehfreude di J. Gotthelf e simili) non possono far concorrenza a quei prodotti miseri in sé, del Pastore Leibrock [Johann Ludwig August Leibrock (1782-1853), fecondissimo autore di romanzi storici di carattere popolare, storie di masnadieri e di conventi
ecc. Per gli autori e le opere sopra citate, vd. le note. Neues Leben di Auerbach è una raccolta di racconti in 3 voll. apparsi nel 1852] e altri. 193 [Nel genere delle “storie di villaggio”, ebbero un grande successo le Schwarzwälder Dorfgeschichten (1843-53) di Berthold Auerbach (1812-82), tradotte in quasi tutte le lingue europee.] 194 [Il soggetto della rivolta dei cosacchi del 1773 era stato utilizzato da Gutzkow nella tragedia Pugatscheff del 1844.] 195 [Roderich Benedix (1811-73), attore, docente di declamazione alla Musikschule di Colonia, poi intendente del teatro cittadino di Francoforte sul Meno e fecondissimo autore teatrale: i suoi Gesammelte dramatische Werke (1846-74), nei quali si trova anche Das Lügen, sono in 27 voll.] 196 Sull’adulterio vd. il mio saggio in Studien, i, Berlin, 1839, pp. 56-90. 197 Su questo si veda il Novellenbuch di Bülow [Eduard von Büllow, Das Novellenbuch, oder 100 Novellen nach alten italienischen, spanischen, franzosischen Sammlungen... bearbeitet. Mit einem Vorwort von Ludwig Tieck, Leipzig, 1834-36], 4 voll.; e per le novelle italiane l’intelligente scelta e traduzione di Adalbert Keller nella sua Italienische Novellenschaft, Leipzig, 1851, 6 voll. 198 [La ballata di Goethe Die Braut von Corynth del 1798; la novella macabra The Vampyr, pubblicata nel 1819 nel “New Monthly Magazine” e attribuita dalla rivista a Byron, è in realtà di G. G. Polidori, che aveva elaborato uno spunto dello stesso Byron e si era rifatto alla figura del poeta così come è tratteggiata, con tratti vampireschi, nel romanzo Glenarvon di Caroline Lamb;
Der Vampir (1828) del compositore Heinrich Marschner (1795- 1861), maestro della cappella di corte di Hannover.] 199 Werke, vol. xliv, p. 194 ss. [È lo scritto di Goethe del 1812 Der Tänzerin Grab. Über drei Stiche mit antiken Motiven.] 200 Avrei dovuto relegare in nota questa bellissima analisi di Goethe, vista la sua lunghezza. Ma ho pensato che alla fine pochi si curano delle note e quindi avrei fatto bene a obbligare il lettore a leggerla nel testo. E non si dica che avrei fatto meglio a limitarmi a fare un rinvio alle opere di Goethe: come siamo pigri nei riscontri! E poi, chi ha sempre sottomano le opere? Senza voler fare alcun rimprovero ai miei pregiati lettori, sono certo però che la maggior parte di loro fino a ora non sapeva nulla di questa descrizione goethiana del “Sepolcro della danzatrice”, perché questi piccoli lavori di Goethe in genere sono poco letti. 201 [E la Lenore del 1774 di Gottfried August Bürger (1747-94).] 202 [È la Hamburgische Dramaturgie (1767) di Lessing.] 203 [È la tragedia breve di Zacharias Werner Der 24. Februar (1815).] 204 [Allusione alla favola di E. T. A. Hoffmann Nußknacker und Mäusekönig (1816), nella raccolta Die Serapionsbrüder.] 205 [Allusione al racconto Isabella von Ägypten, Kaiser Karl des Fünften erste Jugendliebe (1812) di Achim von Arnim.] 206 [Il romanzo era apparso a Londra nel 1818 con lo pseudonimo Mary Wollstonecraft.] 207 C’è tutta una serie di commedie e operette basate su questo. La farsa viennese ad esempio ne ha fatto un uso di estrema e serena comicità nello Spirito rosa. Sulla scena, tra l’altro, compare un corteo funebre, il morto, completamente vestito di rosa, cammina
lui stesso in qualità di spirito con un libro di litanie e un saio in mano tra i familiari in lutto, si affligge su se stesso e così via. 208 [Personaggio dei Masnadieri di Schiller.] 209 Ästhetik, vol. i, p. 188. [Christian Hermann Weisse, System der Ästhetik als Wissenschaft von der Schönheit, Leipzig, 1830.] 210 Ruge, Neue Vorschule, p 106: «Ogni bruttezza nella poesia e nelle altre arti, arti della sensibilità e arti dell’azione, acquista in realtà solo un’esistenza apparente, una realtà apparente dello spirito, l’esistenza apparente dello spettro. Lo spirito è apparenza, ma non la vera e reale apparizione dello spirito, quindi piuttosto non apparenza...». 211 i, p. 284 ss. [Questo e i successivi brani di Hegel sono citati dalla traduzione di N. Merker e N. Vaccaro, Torino, 1967, p. 249 ss.] 212 Nel xv libro della sua autobiografia anche Goethe dice che i Titani sarebbero l’elemento di contrasto del politeismo, e il diavolo l’elemento di spicco del monoteismo, e che il diavolo non è affatto una figura poetica. Ma proprio in quanto contrasto esso diventa ciò che in se stesso non è, un momento della poesia e dell’arte. Ogni elemento brutto in quanto tale non è bello, impoetico, non artistico. Ma all’interno di una certa connessione, a certe condizioni, acquista una possibilità e un effetto estetici. Ad esempio Caino, il fratricida, per sé è abominevole; Lucifero, che sofisticamente lo induce in errore, è per sé abominevole; ma nel Cain di Byron, Caino diventa poetico grazie ad Abele; Adah, Zillah e Lucifero poetici grazie a Caino. Del resto la satanologia del cristianesimo è un’altra ancora rispetto a quella del semplice monoteismo.
213 [La leggenda indiana era stata tradotta in latino da Bopp nel 1812; in tedesco da J. G. L. Kosegarten (1820), F. Bopp (1838), E. Maier (1847).] 214 Tradotto in Tieck, Vorschule Shakespeare ’ s, vol. i. Ulrici (Über Shakespeare ’ s dramatische Kunst, [Halle], 1839, p. 221) dice giustamente a proposito delle streghe del Macbeth: «Le sue streghe sono creature ibride: da un lato potenze naturali che appartengono al lato notturno della creazione, dall’altro comuni spiriti umani caduti, sprofondati nel male; sono l’eco del male che dal petto e dal regno dello spirito risponde al male nel petto dell’uomo, lo fa nascere e lo aiuta a svilupparsi e costituirsi a decisione ed azione». 215 [Der Doktor Faust. Ein Tanzpoem, 1851.] 216 [Eduard Mayer, Studien zu Goethes Faust, Altona, 1846-47.] 217 V. J. A. Märker, Das Prinzip des Bösen nach den Begriffen der Griechen, Berlin, 1842, pp. 58-162. Alle pp. 151-56 Marker ha discusso il brutto, τὸ αἶσχος, nella sua distinzione e connessione con il κακόν. Molto importante il brano sulla σοφία che cita dall’Ippia Maggiore di Platone (289 b) (τὴν καλλίστην θεῶν γένος αἰσχρὰν εἶναι) in quanto le potenze divine, anche quella della giustizia, venivano rappresentate come terribili. 218 Si veda una riproduzione del gioco delle ombre Karageuz in Illustration universelle, Paris, 1846, n. 150, p. 301. Nei Souvenirs de voyage en Afrique, F. Monand dice di questo diavolo: «Grottesca sintesi di tutti i vizi e di tutte le turpitudini, riunisce i tipi diversi inventati da noi per spaventare i bambini, divertire la folla, incantare le vecchie donne ai racconti esagerati delle veglie d’inverno oppure, nelle tempeste politiche, per distogliere la vigilanza sospettosa delle masse allorché si avvicina un colpo di
stato, o ancora per alimentare quella fonte di follia originale che molto spesso costituisce il merito dei nostri uomini alla moda. Garagousse è l’Arlecchino, il Pagliaccio, il Pulcinella, il Barbablù, il Cartouche, il Mayeux, il Robert Macaire dell’Africa settentrionale. Ma con tutte queste qualità, ancora non eccita che una debole ammirazione presso gli spettatori: è come modello di oscenità che raccoglie tutti i suffragi. In tale ruolo mette in scena ciò che il cinismo ha di più ributtante ed orribile; le parole, gli atti sono di una crudezza disgustosa, oltraggiando il pudore e la natura, fa la parodia perfino delle mostruosità che il mito attribuisce a Pasifae». 219 [Adolphe-Napoléon] Djdron, Iconographie chrétienne [Histoire de Dien], Paris, 1843, p. 545. Anche al posto degli organi sessuali c’è una testa che mostra la lingua. Del resto i miniaturisti del Medioevo pensavano di realizzare un’opera pia quando dipingevano il diavolo di fattezze orrende, perché nella loro pia illusione pensavano che il diavolo si sarebbe arrabbiato.., e far arrabbiare il diavolo, allora, era pur sempre una benemerenza. 220 [È la traduzione, con il titolo Geschichte des Zauberers Merlin, Leipzig, 1804, della saga di Merlino di Robert de Borron (inizio del xiii sec.) poi edita da H. O. Sommer nel 1894.] Anche in Sämtliche Werke, vol. vii. 221 Tradotto nella seconda parte della Vorschule Shakespeare ’ s di Tieck. 222 [È il dramma Merlin (1832) di Immermann.] 223 [Weimar], 1847, i, pp. 404-06. 224 Di questa Tentation de St. Antoine posseggo una grande stampa, incisa da P. Picault. Callot ha dedicato questo mirabile quadro all’abate Antoine de Sèves (prédicateur ordinaire du Roy)
col motto: «Si consistant adversus me castra, non timebit cor meus». Circa il termine “diablerie” voglio ancora osservare che nel Medioevo si chiamavano “grandes diableries” quei Misteri in cui recitavano almeno quattro diavoli. 225 [È la collezione dei fratelli Sulpice (1783-1854) e Melchior Boisserée (1786-1851), acquistata nel 1827 dal re di Baviera ed entrata a far parte della Pinacoteca di Monaco.] 226 Riprodotto nel Doctor Faustus di Scheibler (Stuttgart, 1844, p. 23; anche come ii parte della raccolta intitolata Das Closter). Sul tipo dei cacciatore vd. anche F. Kugler, [Handbuch der] Geschichte der Malerei, ii, p. 79, che cita figure del genere di Hans Holbein con un volto “italiano”. 227 [Goethes Faust. Mit Zeichnungen von E. Seibertz, StuttgartTübingen, 1854-58.] 228 [«Barone con finti polpacci». È una citazione dell’episodio della cucina della strega nel Faust di Goethe. Alla strega che non lo riconosce perché non vede in lui il piede di cavallo, Mefistofele spiega che la civilizzazione mondiale si è estesa anche al diavolo: il piede di cavallo gli nuocerebbe in mezzo alla gente, «perciò, a somiglianza di qualche giovane adopero, da molti anni, polpacci finti». «Chiamami barone e andrà benissimo», dice poi Mefistofele alla strega mostrandole il suo stemma, un gesto osceno.] 229 [È il serafino melanconico Abbadona, anch’esso un angelo caduto, che vive del ricordo della giovinezza paradisiaca e, nel ii canto dei Messia di Klopstock, si leva a contrastare i disegni di Satana contro il Salvatore.] 230 [Julian Schmidt, Geschichte der Romantik im Zeitalter der Reformation und der Revolution. Studien zur Philosophie der
Geschichte, 2 voll., Leipzig, 1848,] ii, pp. 385-89. 231 [Personaggio della Clarissa di Richardson.] 232 [Wolf Heinrich Graf von Baudissin, Ben Johnson und seine Schule, 2 voll., 1836.] 233 [In Scherz, Satire, Ironie und tiefere Bedeutung (1822).] 234 1836, i, Beilage zum ersten Heft. [È la rivista “Europa. Chronik der gebildeten Welt” edita da August Ewald, che nel fascicolo citato da Rosenkranz aveva accluso come insetto delle “diableries” di Elias Nicolette, silouhettes che raffiguravano diavoli e scene diaboliche.] 235 [È un verso dal Wallensteins Tod, iv, 12, di Schiller.] 236 [Il Gregorius (1187-89) di Hartmann von Aue è la storia del “buon peccatore” Gregorio che, frutto di un incesto tra fratello e sorella, libera la madre dai nemici e la sposa; da essa riconosciuto, sconta per 17 anni la sua colpa su uno scoglio e viene poi destinato da Dio a essere papa. Nel 1838 ne aveva curato un’edizione K. Lachmann.] 237 [È la commedia Les philosophes (1760), rivolta contro gli Enciclopedisti, di Charles Palissot de Montenoy.] 238 [È la farsa Die Winde (1827) di Otto Friedrich Gruppe (1804- 76).] 239 [Musée de la caricature ou Recueil des caricatures les plus remarquables publiées en France depuis le xiv e siècle jusqu ’à nos jours, Paris, 1838.] 240 1784, 4 voll. [vd. nota 121.] 241 [Paris, 1852.1 242 [Parodie du Juif errant, complainte constitutionelle en 10 parties, par Charles Philipon et Louis Huart, Paris, 1844.]
243 Con i concetti di parodia e travestimento parodistico avviene ai teorici dell’estetica ciò che avviene ai logici coi concetti di induzione e di analogia. L’uno chiama parodia ciò che l’altro chiama travestimento e viceversa. Nel travestimento rimarrà la determinazione fondamentale che esso è anche parodia, ma solo in generale: nel travestire – come indica il nome stesso – lo stesso contenuto in un’altra forma, qualifica però anche in modo diverso il contenuto. Una parodia può anche essere seria, un travestimento è sempre ridicolo. 244 [Si tratta della tragedia del pittore Correggio scritta in lingua tedesca dal poeta danese Adam Gottlieb Oehlenschläger (1779- 1850).] 245 [Henry Mayhew, London labour and London poor, 2 voll., London, 1851-52.] 246 [Gottlieb Wilhelm Rabener (1714-71), i cui scritti satirici sulle passioni e i costumi della classe media furono pubblicati in 4 voll. nei 1751-55 ed ebbero numerose riedizioni.] 247 Ed. ted., 1848, p. 306 as. [George Catlin, Die Indianer NordAmerikas und die während eines achtjährigen Aufenthaltes unter denselben erlebten Abenteuer, trad. ted. di H. Berghaus, Brüssel und Leipzig, 1847-48.] 248 [August Wilhelm Schlegel, Ehrenpforte und Triumphbogen für den Theather Präsidenten von Kotzebue bei seiner gehofften Rückkehr ins Vaterland, Braunschweig, 1801.] 249 [Fanny Lewald-Stahr, Diogena. Roman von Iduna Gräfin H... H..., Leipzig, 1847.] 250 [È il poema Meier Helmbrecht (circa 1250-80) di Wernher der Gartner.]
251 [Personaggio del melodramma L’Auberge des Adrets (1823) di Benjamin Antier, Saint-Amand e Paulyanthe. Daumier ne aveva fatto l’eroe della sua serie di disegni satirici per il giornale illustrato “Le Chiarivari” (1836-38).] 252 [2 voll., Paris, 1832.] 253 [Rodolphe Töpffer, Collection d’histoires en estampes, 3 voll., Genève, 1846.] 254 [Il titolo è Über Gavarni und Töpffer.] 255 Vischer, cit., ha fatto un confronto tra Gavarni e Töpffer esponendo in modo eccellente l’umorismo di quest’ultimo. I disegni di Topffer non sono altro che disegni in punta di penna, spesso sembrano solo puntini e righine, ma bisogna vederli insieme alle storie, queste deliziose storie di Mr. Jabot Jolibois, Mr. Pencil ecc. La maniera di Töpffer è diventata ormai quasi popolare da noi grazie ai “Münchener fliegende Blätter”, di Schneider e Braun. Per caratterizzarla, ci permettiamo di citare solo qualcosa dalla descrizione di Vischer. In essa Vischer sottolinea come momento principale l’epicità dei suo procedimento, che lo spinge a dare un seguito agli episodi. «Una volta che, nel Dr. Festus gli astronomi vengono salvati dall’acqua, ancora dobbiamo sapere cosa ne è stato delle loro parrucche: di qui un’altra lunga, interessantissima storia. Madame Crépin applica un impiastro di pece e lo perde; in seguito esso viaggia ancora passando di mano in mano fino a che termina il suo giro finendo sul capo del precedente precettore dei suoi figlioli, l’attuale guardia di frontiera Bonichon. Allo stesso modo sfrutta anche i motivi principali. Così come li fa venire fuori, li dipana poi anche fino in fondo. Tutto quanto il metodo di Töpffer è un metodo di successione nel senso più rigoroso: si ha pienamente
l’impressione della costruzione continua, della progressione, della successione ampia, come in una narrazione che però appunto per questo, per non affaticare, a tratti è interrotta. Come nella Histoire d’Albert dove ogni nuova fase della storia di questo figlio screanzato termina con un calcio nel sedere somministratogli dal padre, e si vedono solo il piede dell’uno e le parti posteriori di quell’altro. Lo stesso avviene con i momenti che ritornano: il signor Jabot che si mette in posa, il signor Vieux Bois che si cambia la camicia, e simili. Töpffer però ama trattare la successione alla sua maniera, in modo da rappresentare la stessa azione su vari campi separati da linee in vari momenti che si susseguono immediatamente. Albert tra l’altro diventa commesso viaggiatore, prima per un commerciante di vini, poi per un libraio, editore quest’ultimo di una Metaphysique pittoresque. Lo si vede introdursi in una famiglia, che infastidisce (assassine) con la sua invadenza. A questo punto Topffer separa con linee il foglio successivo in undici strisce sottili. Nella prima si vede il signor Albert ancora a figura intera, che fa una riverenza: «il assassine au rez de chaussé»; nella seconda solo a mezza figura: «à l’entresol»; nella terza solo più posteriore e gambe, sempre in un profondo inchino: «au premier», e così via con grazia in infinitum finché alla fine non si vede più che un punto evanescente. Mr. Pencil disegna la bella natura. Appena ha finito, osserva la sua opera con estrema soddisfazione. Un’altra immagine: guarda il foglio dall’altra parte e «il est content aussi». Lo guarda dall’alto in basso ed è contento, lo rovescia, guarda il lato bianco e «remarque avec plaisir, qu’il est ancore content». Topffer sa bene il fatto suo e ripete ogni volta nel testo le parole. Così, anche la violenta gelosia di Jolibois nel Mr. Pencil viene sempre introdotta
con l’aggiunta tra parentesi «car hélas la passion aveugle». A questo punto dobbiamo sottolineare ancora il folle gioco del caso, la negazione fantastica delle leggi di natura che ha inizio non appena il soggetto entra nell’intrico del suo destino. La ruota vorticosa di un mondo impazzito lo afferra per il mignolo, per il lembo della giacca e lo trascina inesorabile nella sua corsa. L’impossibile viene trattato come se fosse cosa ovvia. In molti di questi fascicoli la storia va quasi a finire su nell’aria e uno zefiro faceto fa salire lassù più d’un personaggio. Di solito i personaggi sono indistruttibili: centinaia di volte dovrebbero essere triturati fino a diventare polvere, schiacciati fino a ridursi in poltiglia esalare l’ultimo respiro, sciogliersi in sudore se non fossero divinità comiche, esseri immortali sull’Olimpo della pazzia. Non c’è più pesantezza: ce n’è ancora, si suda e si ansima sotto il suo peso, ma un bello scossone e l’impossibile è fatto. Non c’è più alcun bisogno: c’è ancora, si tratta solo di superarlo con grande sforzo; basta avere un po’ di sopportazione e si può avere fame, sete per giorni, settimane, ficcati in un tronco vuoto, navigare per l’aria in giganteschi telescopi, in un baule chiuso con dei buchi che lasciano libere le braccia, andare a spasso. Topffer non è fantastico nel modo in cui lo sono Aristofane, Callot e vari disegnatori grotteschi moderni; non traccia forme impossibili in assoluto, uomini-rana, uomini-uccello e così via. Questo già non sarebbe compatibile con la modernità dei suoi soggetti, ma con un passaggio che s’insinua attraverso alcuni motivi che appaiono in tutto e per tutto consequenziali, sicché l’impossibile diventa possibile e basta oltrepassare di un pollice la linea divisoria che già ne siamo miglia al di là; dissolve le leggi della gravità, del bisogno, della limitata forza umana e dell’umana illusione e ci
trasporta per incanto, prima che ce ne accorgiamo, in un mondo particolare, un paese di Cuccagna sulle nuvole che ci ricorda, in ogni istante la quotidianità più comune e tutte le necessità della vita, ma che ci proietta anche al di là. In tal modo trova compimento la libertà e la purezza della comicità, il mondo particolare, totale ed assoluto dell’umorismo. Anche per questo scompare l’amarezza e la cattiveria della satira: perché ci troviamo totalmente immersi nell’ifiusione di questo secondo, libero mondo dell’impossibile diventato possibile». 256 [Josef Anton Stranitzky (1676-1726), fondatore del teatro popolare viennese e di una tradizione che giunge fino a Nestroy, creatore dello Hanswurst con costume contadino salisburghese.] 257 [Ferdinand Raimund (1790-1836), attore, direttore di teatro e autore teatrale. Der Alpenkönig und der Menschenfeind, del 1828, è tra le sue pièces più celebri. Edizioni delle sue opere teatrali nel 1837 e 1855.] 258 [August Wilhelm Bothz, Gottingen], 1844, p. 51.
Appendice biobibliografica di Piero Giordanetti Cenni biografici 1805 Karl Rosenkranz nasce a Magdeburg il 23 aprile. 1824 Consegue la maturità e si iscrive all’Università di Berlino come studente di Filologia. L’interesse per le lezioni di Schleiermacher lo induce a optare per la Facoltà di Teologia. 1826 Si trasferisce a Halle, dove ascolta le lezioni di Hermann Friedrich Wilhelm Hinrichs (1797- 1861), il quale risveglia in lui l’interesse per il pensiero di Hegel e lo spinge a studiare la Fenomenologia dello spirito. Questa lettura determina in Rosenkranz una vera e propria “rivoluzione interiore” cui consegue l’abbandono della teologia di Schleiermacher. 1828 Ottiene a Halle la venia legendi con una Dissertatio de Spinozæ philosophia. 1829 Si trasferisce a Berlino dove conosce personalmente Hegel, Varnhagen von Ense e Hotho, diviene membro della “Societät für wissenschaftliche Kritik” e inizia la sua collaborazione alla rivista ufficiale della Scuola hegeliana, gli “Jahrbücher für wissenschaftliche Kritik”. Pubblica studi di carattere storico e di critica letteraria. 1830 Il 28 luglio ottiene l’abilitazione con un lavoro su Baruch Spinoza. È poi nominato professore straordinario a Halle. Conosce Leo e Ruge, membri dello stesso circolo “Zum ungelegten Ei” del quale Rosenkranz è per qualche tempo segretario. 1833 Viene chiamato a Königsberg, ove rimane sino alla conclusione della sua attività universitaria come successore di Herbart. È undici volte Rettore. 1839 Alla morte di Eduard Gans, la famiglia Hegel gli affida l’incarico di redigere la biografia del filosofo, da pubblicare come supplemento alla Grande edizione delle opere. 1848 La rivoluzione del ’48 segna il suo ingresso nel dibattito politico con una serie di interventi in seguito raccolti nei Politische Briefe und Aufsätze 1848-56 (Leipzig, 1919). Nel marzo gli viene offerta la carica di Ministro del culto e dell’istruzione, che rifiuta riservandosi invece quella di vortragender Rat presso il medesimo Ministero. In questa veste, e come pubblicista, appoggia le richieste di una monarchia democratico-costituzionale e di una federazione degli stati tedeschi. 1849 Già nell’ottobre decide di abbandonare la carica e di fare ritorno a Königsberg. 1879 Muore a Königsberg il 14 giugno dopo che alla fine degli anni Sessanta una malattia agli occhi lo costringe a limitare e a interrompere definitivamente il suo impegno di scrittore.
Bibliografia 1. Opere di Rosenkranz Ästhetische und poetische Mittheilungen, Magdeburg, W. Heinrichshofen in Comm., 1827. De spinozæ philosophia dissertatio, Halae et Lipsiae, Reinicke et Comp., 1828. Über Calderons Tragödie vom wunderthätigen Magus. Ein Beitrag zum Verständniss der Faustischen Fabel, Halle-Leipzig, Reinicke und Comp., 1829 (seconda edizione Leipzig, Meissner, 1836). Das Heldenbuch und die Nibelungen. Grundriss zu Vorlesungen, Halle, Anton, 1829. Über den Titurel und Dante’s Komödie, Halle-Leipzig, Reinicke und Comp., 1829. Geschichte der Deutschen Poesie im Mittelalter, Halle, Anton und Gelbcke, 1830. Der Zweifel am Glauben. Kritik der Schriften: De Tribus Impostoribus, Halle-Leipzig, Reinicke und Comp., 1830. Encyklopädie der theologischen Wissenschaften, Halle, Schwetschke und Sohn, 1831 e 1845 (seconda edizione completamente rivista). Geistlich Nachspiel zur Tragödie Faust, Leipzig, Schaarschmidt und Volkmar, 1831. Die Naturreligion. Ein philosophisch-historischer Versuch, Iserlohn, Langewiesche, 1831. Neue Zeitschrift für die Geschichte der germanischen Völker. Von dem thüringisch-sächsischen Verein für Erforschung des vaterländischen Alterthums und die Erhaltung seiner Denkmale herausgegeben durch Karl Rosenkranz, Halle, Anton, 1832 (Hefte 1-4). Handbuch einer allgemeinen Geschichte der Poesie, Halle, Anton, 1832-33, trad. it. di Francesco De Sanctis, Napoli, 1853 (su questa traduzione cfr. L’opera critica di K. Rosenkranz nel giudizio di Francesco De Sanctis, scritti inediti a cura di F. Schlitzer, Napoli, 1931). Hegel. Sendschreiben an den Hofrat und Professor der Philosophie Herrn Dr. Carl Friedrich Bachmann in Jena, Königsberg, Aug. Wilh. Unzer, 1834. De integritate naturae dissertatio. Pro loco professoris ordinarii, Regiomonti, 1834; ristampa in Neue Studien, vol. iv, pp. 13-31. Das Verdienst der Deutschen um die Philosophie der Geschichte, Königsberg, Unzer, 1835. Zur Geschichte der Deutschen Literatur, Königsberg, Bornträger, 1836. Kritik der Schleiermacherschen Glaubenslehre, Königsberg, Unzer, 1836. Recensione dell’edizione Hotho delle Vorlesungen hegeliane, in “Jahrbücher für wissenschaftliche Kritik”, 1836, 1, pp. 1-15. Erinnerungen an Karl Daub, Berlin, Duncker und Humblot, 1837. Psychologie oder die Wissenschaft vom subjectiven Geist, Königsberg, Bornträger, 1837, 1843 (2. verbesserte Ausgabe nebst Widerlegung der von Herrn Dr. Exner gegebenen vermeintlichen Widerlegung der Hegel’schen Psychologie) e 1863 (3. sehr vermehrte und verbesserte Auflage). L’introduzione alla seconda edizione è stata ristampata in Neue Studien, vol. iv, pp. 112-72. Der Zweikampf auf unsern Universitäten, Königsberg, Unzer, 1837 (discorso tenuto all’Università di Königsberg il 2 maggio 1837); ristampato in Neue Studien, vol. i, pp. 11-31. “Ästhetik”, in Conversations-Lexikon der Gegenwart (Leipzig, 1838, vol. i, pp. 251-55). Immanuel Kant’s sämtliche Werke, a cura di Karl Rosenkranz e Friedrich Wilhelm Schubert, 12 voll., Leipzig, Voss, 1838-42. Studien, Leipzig, Brauns, 1839-48, 5 voll. Comprende: i. Reden und Abhandlungen. Zur Philosophie und Literatur, Berlin, Jonas, 1839; ii. Reden und Abhandlungen. Zur Philosophie und
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