impegno.
pastorale.
(Marana 1966)
Il ritratto di don Nino
è di Fabrizio Michelini
fu assistente fino al 1998.
(MO) il 14 settembre 1921.
come assistente dell’UNITALSI.
Fondazione ACEG, fino al 1998.
Mirandola come vicario cooperatore.
cittadino, incarico che ricoprì fino al 1985.
Nel 1975, dopo la rinuncia di Mons. Vincenzo
Mons. Vigilio Federico Dalla Zuanna, esercitò i
a Carpi, dove fondò il Gruppo Carpi 1 e di cui
Benatti, gli fu affidata la presidenza della
Contemporaneamente ho svolto il suo ministero
Don Nino Levratti è nato a Gavello di Mirandola
Ordinato sacerdote il 7 giugno 1945 dal vescovo
Fu assistente della GIAC, del Centro Sportivo
Trasferito a Carpi nel 1953, fu nominato da
Mons. Artemio Prati direttore dell’Oratorio
primi sette anni di ministero sacerdotale a
ridiede vita al gruppo ASCI sospeso nel 1929) e
(UCIIM, AIMC), degli scout a Mirandola (dove
Italiano, degli Insegnanti e Maestri Cattolici
fra gli ammalati e i pellegrini ai santuari mariani,
Commissione pastorale diocesana di arte sacra e
Per diversi anni è stato membro della
dove continua ad offrire disponibilità per il servizio
sociali; a quest’ultima si è dedicato con particolare
Fa parte del Capitolo della Cattedrale di Carpi
direttore della Commissione comunicazioni
V
olti dell’età fiorita...
A.C.E.G.
Attività Cattoliche Educative Gioventù
DAL 1952 UN ORATORIO NEL CUORE DELLA CITTÀ DI CARPI
DON NINO LEVRATTI
Ed. Il Portico
LA NOSTRA ETA’ FIORITA
don Nino Levratti
Editrice Il Portico
(T
che precorre
è come un giorno
d’allegrezza pieno
la festa della vita.
Codesta età fiorita
Una Chiesa per tutti
giorno chiaro e sereno
Ognuno al suo lavoro
In luoghi abbandonati
C’è un lavoro comune
Vi sono mani e macchine
E calce per nuova calcina
Dove le travi sono marcite
E un impegno per ciascuno
Dove i mattoni sono caduti
E argilla per nuovi mattoni
Costruiremo con pietra nuova
(G. Leopardi)
Costruiremo con nuovo legname
Costruiremo un nuovo linguaggio
Dove parole non sono pronunciate
Noi costruiremo con mattoni nuovi
.S. Eliot, La Rocca, I Coro)
impegno.
pastorale.
(Marana 1966)
Il ritratto di don Nino
è di Fabrizio Michelini
fu assistente fino al 1998.
(MO) il 14 settembre 1921.
come assistente dell’UNITALSI.
Fondazione ACEG, fino al 1998.
Mirandola come vicario cooperatore.
cittadino, incarico che ricoprì fino al 1985.
Contemporaneamente ho svolto il suo ministero
Ordinato sacerdote il 7 giugno 1945 dal vescovo
Mons. Vigilio Federico Dalla Zuanna, esercitò i
Commissione pastorale diocesana di arte sacra e
direttore della Commissione comunicazioni
Per diversi anni è stato membro della
fra gli ammalati e i pellegrini ai santuari mariani,
Don Nino Levratti è nato a Gavello di Mirandola
Benatti, gli fu affidata la presidenza della
(UCIIM, AIMC), degli scout a Mirandola (dove
Mons. Artemio Prati direttore dell’Oratorio
Fu assistente della GIAC, del Centro Sportivo
Italiano, degli Insegnanti e Maestri Cattolici
ridiede vita al gruppo ASCI sospeso nel 1929) e
Nel 1975, dopo la rinuncia di Mons. Vincenzo
primi sette anni di ministero sacerdotale a
Trasferito a Carpi nel 1953, fu nominato da
a Carpi, dove fondò il Gruppo Carpi 1 e di cui
dove continua ad offrire disponibilità per il servizio
sociali; a quest’ultima si è dedicato con particolare
Fa parte del Capitolo della Cattedrale di Carpi
A.C.E.G.
Attività Cattoliche Educative Gioventù
DON NINO LEVRATTI
Ed. Il Portico
LA NOSTRA ETA’ FIORITA
don Nino Levratti
impegno.
pastorale.
(Marana 1966)
Il ritratto di don Nino
è di Fabrizio Michelini
fu assistente fino al 1998.
(MO) il 14 settembre 1921.
come assistente dell’UNITALSI.
Fondazione ACEG, fino al 1998.
Mirandola come vicario cooperatore.
cittadino, incarico che ricoprì fino al 1985.
(UCIIM, AIMC), degli scout a Mirandola (dove
Italiano, degli Insegnanti e Maestri Cattolici
Mons. Artemio Prati direttore dell’Oratorio
Fu assistente della GIAC, del Centro Sportivo
a Carpi, dove fondò il Gruppo Carpi 1 e di cui
Nel 1975, dopo la rinuncia di Mons. Vincenzo
ridiede vita al gruppo ASCI sospeso nel 1929) e
Benatti, gli fu affidata la presidenza della
primi sette anni di ministero sacerdotale a
Mons. Vigilio Federico Dalla Zuanna, esercitò i
direttore della Commissione comunicazioni
Per diversi anni è stato membro della
Fa parte del Capitolo della Cattedrale di Carpi
Commissione pastorale diocesana di arte sacra e
Ordinato sacerdote il 7 giugno 1945 dal vescovo
Don Nino Levratti è nato a Gavello di Mirandola
Contemporaneamente ho svolto il suo ministero
Trasferito a Carpi nel 1953, fu nominato da
fra gli ammalati e i pellegrini ai santuari mariani,
dove continua ad offrire disponibilità per il servizio
sociali; a quest’ultima si è dedicato con particolare
(T
che precorre
è come un giorno
la festa della vita.
d’allegrezza pieno
Codesta età fiorita
Una Chiesa per tutti
Ognuno al suo lavoro
giorno chiaro e sereno
In luoghi abbandonati
C’è un lavoro comune
Vi sono mani e macchine
E calce per nuova calcina
Dove le travi sono marcite
E argilla per nuovi mattoni
Dove i mattoni sono caduti
E un impegno per ciascuno
Costruiremo con pietra nuova
(G. Leopardi)
Costruiremo con nuovo legname
Costruiremo un nuovo linguaggio
Dove parole non sono pronunciate
Noi costruiremo con mattoni nuovi
.S. Eliot, La Rocca, I Coro)
A.C.E.G.
Attività Cattoliche Educative Gioventù
DON NINO LEVRATTI
Ed. Il Portico
LA NOSTRA ETA’ FIORITA
don Nino Levratti
(T
che precorre
è come un giorno
d’allegrezza pieno
la festa della vita.
Codesta età fiorita
Una Chiesa per tutti
Ognuno al suo lavoro
giorno chiaro e sereno
In luoghi abbandonati
C’è un lavoro comune
Vi sono mani e macchine
E calce per nuova calcina
Dove le travi sono marcite
E argilla per nuovi mattoni
Dove i mattoni sono caduti
E un impegno per ciascuno
Costruiremo con pietra nuova
(G. Leopardi)
Costruiremo con nuovo legname
Costruiremo un nuovo linguaggio
Dove parole non sono pronunciate
Noi costruiremo con mattoni nuovi
.S. Eliot, La Rocca, I Coro)
1
don Nino Levratti
La nostra
età fiorita
Dal 1952 un Oratorio
nel cuore della città di Carpi
EDITRICE IL PORTICO - CARPI
2
Contributi e testimonianze di:
Alberto Allegretti, Roberto Andreoli, M.Cristina Bonato, G.Pietro Cavazza, Roberto
Cigarini, Dante Colli, Alberto Cottafavi, Fulvio Ferrarini, Luigi Lamma, M.Grazia Lugli,
Mario Lugli, Gildo Manicardi, Giovanni Marino, Carlo Alberto Medici, Romano Pelloni.
Fotografie e immagini filmiche di don Nino Levratti.
Vedute aeree di Pietro Parmeggiani.
Si ringraziano
- per gli aspetti tecnici:
Nicola Catellani
Luciano Bassani
Fabrizio Michelini
Ruggero Galli
Flavia Davoli
- per la collaborazione:
La Fondazione ACEG
La Presidenza Nazionale ANSPI
Ledatex srl
Blufin spa
3
Presentazione
di Dante Colli
Non poteva mancare in questo cambiamento da tutti loro realizzarsi e manifestarsi per capire e spiegare
definito epocale un volume che facesse il punto sulla bene gli anni dell’Oratorio. Molti di noi successiva-
storia dell’Oratorio cittadino. Questa opportuna pub- mente tornarono alle loro parrocchie ma con uno spi-
blicazione si aggiunge ad altre i cui promotori hanno rito che contribuì ad evidenziare la formazione ricevu-
sentito la stessa necessità o ancor più il dovere morale ta a servizio di movimenti e associazioni che riprende-
di fissare nel tempo una realtà e un impegno che li ha vano le loro attività. Non ci staccammo però da questa
visti protagonisti, ma soprattutto testimoni in questo realtà del campo che continuava a rimanere centrale
mondo sempre più nuovo e collocato ormai nel conso- contribuendo a formare spiriti liberi e coscienze de-
lidato tempo di Internet, un immenso palcoscenico di mocratiche che hanno dato un notevole contributo alla
cui non vediamo nemmeno le possibili dimensioni. vita civile e politica della nostra città. Pur dalla peri-
Eppure è proprio questo confronto che valorizza in- feria continuai quanto meno a seguire pur giovanissi-
comparabilmente questo volume per tutto ciò che di mo lo sviluppo di quanto avevo visto iniziare, tanto è
autobiografico, di impegno educativo, di sorridente, di vero che quando si istituì il Club del Corso sbrigati-
malinconico ciascuno dei collaboratori vi ha immesso. vamente mi dissero che ero troppo giovane per iscri-
Questo lungo racconto si giustifica perché siamo parte vermi. Aggiungo un’ultima immagine.
della nostra chiesa, perché siamo carpigiani, perché Nel 1950 frequentavo la II Liceo Scientifico e dalle
amiamo questa nostra città e qui ci sentiamo a casa. finestre lo sguardo correva spesso al sottostante orto
Sono convinto inoltre che leggendo il volume ci si delle Cappuccine che ricordo in particolare in un gior-
troverà di fronte a una serie di riscoperte la cui credi- no primaverile in cui le monache facevano bucato. Le
bilità è superiore al clamore a cui si affidano tante seguivo svelte correre dal porticato all’angolo dove
novità per quel tanto in più che dà la vita veramente era sistemato al fugoun, una fornacella all’aperto sulla
vissuta e che sfugge ai tanti travisamenti a cui è sot- quale bolliva in dal paròl l’acqua necessaria. Poi tutto
toposta la cronaca. Questo pertanto non è un libro di l’orto si riempiva di bianche lenzuola svolazzanti stese
memorie. L’alone che circonda personaggi e fatti e ad asciugare. Quell’immagine è cinematograficamente
che persiste è talmente concreto e attivo in ognuno da nei miei occhi: ogni soffio di vento, ogni sagoma, ogni
fornire semplicemente nuova luce e nuova linfa in un suggerimento visivo. Fu l’ultimo grande bucato, quel-
quadro d’assieme che non solo è consolidato ma ha lo che le suore facevano alcune volte all’anno e che
saputo rinnovarsi con coraggiose iniziative. Parlare impegnava tutto il convento, perché il 18 agosto suc-
dell’Oratorio cittadino per gente della mia generazio- cessivo le Cappuccine si trasferirono in via Trento
ne significa inevitabilmente dare via libera ai ricordi e Trieste e anche quella parte del grande fabbricato ven-
a vicende che stabiliscono una continuità di grande ne acquisita dall’A.C.E.G., la Fondazione costituitasi
significato e valore. Per noi quelle mura e quegli spazi nel 1948. Non ci interessano in questa sede gli svilup-
sono ancora il campo di don Benatti i cui ricordi spar- pi successivi, del resto ricordati in altra parte del vo-
si vogliono solo dire quanto fosse forte il nostro lume. Vale solo la pena che ricordi che provai un balzo
coinvolgimento in virtù di una presenza costante che al cuore quando alcuni anni or sono visitai la nuova
usufruì di innumerevoli stimoli sparsi da don Vincen- cappella dell’Oratorio sistemata nella mia vecchia aula
zo a piene mani tanto che non dimenticò nessuna di IV liceo a riprova di un’occupazione totale dei lo-
espressione religiosa, civile e sociale (persino il Club cali debitamente risistemati con un’intera ala dedicata
Alpino Italiano a Carpi nacque per sue sollecitazioni). alle sedi scout.
Furono anni ricchi di sensibilità e di un impegno che Ma riprendendo il filo e il senso di questa presen-
è riscontrabile in Diocesi a partire da don Armando tazione ci basterà dire che il 2 marzo 1952 si inaugura
Benatti e poi attraverso don Zeno, mamma Nina, don l’Oratorio con la direzione di don Sergio Galli a cui
Vincenzo Saltini, Odoardo Focherini, fino a questi anni subentra don Nino Levratti nel 1954 e il campo di don
del campo che è necessario riprendere e ricordare nel Benatti diventa ufficialmente e per le nuove genera-
4
zioni l’Eden, la cui storia percorre le pagine di questo presidente diocesano della G.I.A.C., capii che era ne-
libro. Da parte mia restano da fare alcune finali con- cessario smuovere qualcosa nelle parrocchie e
siderazioni e la prima è che sarebbe difficile o quanto rilanciammo in grande stile, con una seconda fonda-
meno indebito fare il conto su quanto è stato fatto in zione, il C.S.I., fu solo grazie a queste esperienze di
oltre mezzo secolo. Un’intera parte del libro è dedica- cui l’Oratorio fu certamente antesignano, che quella
ta a bellissime testimonianze dei protagonisti di quegli grande opera di mobilitazione fu possibile.
anni. Questo basti! Credo però di dovere sottolineare La terza e finale considerazione è forse ancora più
che fra tutti quelli che sono passati per l’Oratorio ampia e si riferisce all’impegno culturale. Posso solo
certamente molti hanno fatto scelte diverse e si sono citare le Settimane della Comunicazione Sociale che
successivamente mossi in un orizzonte sostanzialmen- furono esemplari e mi posero a fianco di don Nino in
te areligioso. Ma quegli anni in Oratorio hanno co- una serie di iniziative che credo fecero epoca e che
munque esercitato una sensibile influenza, nei con- comunque restano come paradigma di cultura. Ma non
fronti della definizione stessa di vita e dei rapporti solo. L’Eden ospitò il Cineforum in particolare e si
interpersonali. Un dato educativo in cui rientra anche avviò su queste spinte la convinzione che non si pote-
un atteggiamento di gratitudine verso i Sacerdoti e gli va essere assenti dai mezzi di comunicazione. Erano
educatori conosciuti e comprende un atteggiamento be- gli anni delle cosiddette radio libere e a Canale 7
nevolo e di rispetto nei confronti della Chiesa. Non è chiamai dei collaboratori formatisi certo negli studi
poco! Per non parlare poi ovviamente di centinaia di universitari, ma sperimentatisi all’Oratorio nel dialogo
giovani che hanno guardato alla vita nella luce della stringato che il mezzo radiofonico imponeva. Pur nel
fede, hanno fatto scelte eticamente impegnate, hanno prevalere di altre ragioni, in specie la crisi culturale
risposto con entusiasmo, hanno pregato e vegliato, fatto degli anni Settanta, in questo ambito nacque la Libre-
volontariato e si sono impegnati nella società diven- ria Il Portico che si inseriva e completava questo ri-
tando a loro volta classe dirigente, così come avvenne sveglio culturale.
negli anni Cinquanta. Nel 1976 si svolse un Convegno ecclesiale su
Una seconda considerazione prende in esame l’ef- Evangelizzazione e promozione umana. A distanza di
fetto alone che l’Oratorio ha esercitato attorno a sé, anni dovremmo forse verificarci sulle indicazioni che
grazie a don Nino, a questa sua capacità di comporre ne uscirono. Certamente l’Oratorio cittadino ne usci-
elementi di tradizione e di modernità che sono diven- rebbe con un ottimo voto. Oggi di fronte a una crisi
tati modello attraverso le tante iniziative e il modo di giovanile che si presenta con toni drammatici l’Orato-
operare. Fu un’importante lezione (in particolare per il rio conduce dal 1997 il progetto Kairos inquadrato
rispetto delle regole) sul nostro vissuto parrocchiale e nell’InChiostro aprendosi ai giovani più disorientati e
le sue esigenze espressive alla luce di una generale a rischio accettando una sfida del nostro tempo, facen-
accettazione dei valori di fondo ricevuti e positiva- dosi matrice di una missione alla luce della carità e
mente sperimentati da trasmettere negli anni della for- della solidarietà per un’etica dell’amore e della vita.
mazione ai ragazzi che si affidavano e noi. Diventa Pochi giorni da quando scrivo queste righe, a una Messa
centrale a questo punto uno stile di essere educatore vespertina in Cattedrale ho sentito predicare don Nino
che don Nino viveva, interpretava e sapeva trasmette- con lo stesso fervore di sempre, con la stessa convin-
re come condizione di maggior servizio ai fratelli e zione che la Chiesa e la famiglia possono ancora edu-
come segno della sua consacrazione a Dio. A questo si care pur nel senso di mutamenti culturali d’oggi, senza
aggiungeva la sua particolare personalità di cui faceva subalternità affermando la loro presenza come comu-
parte il senso del bello, l’amore per la natura, la sen- nità educante. Coglievo forza e convinzione nelle sue
sibilità artistica, il desiderio di perfezione e ci spinge- parole, concretezza e dignità, i concetti di servizio e di
va a fare quel salto di qualità che mancava a tante impegno, la capacità e la consapevolezza dell’educa-
nostre realtà. Un effetto alone, si è detto, che si pro- tore di sempre e del sacerdote chiamato dal Signore.
pagandava nelle parrocchie che facevano proprie tante Ascoltavo e pensavo di questa sua impossibilità di
iniziative oratoriale. Dove sono nate, tanto per citare, “smontare dal servizio” per una responsabilità perso-
le Olimpiadi Vitt, i Carnevali, la processione dei Re nale ineliminabile che fa parte della sua vocazione
Magi, la Carpine, una squadra di calcio che seppe permanente che attinge l’essere prima che il fare, che
affrontare i tornei provinciali…e ancora tante altre ha riscoperto ogni giorno, chiamato al «mestiere» del-
iniziative, se non all’Oratorio? la grande pazienza e della grande speranza.
Da questo fortissimo contesto nel 1962/63 con l’aiu-
to dell’inossidabile Gianni Battini e altri, quando, come
5
Prefazione
Educazione, un cantiere sempre aperto
Per coglierne appieno il valore, un solo requisito è tobre 2006): “Perché l’esperienza della fede e dell’amo-
indispensabile al lettore che si avventura tra le pagine re cristiano sia accolta e vissuta e si trasmetta da una
di questo volume: la capacità di stupirsi. generazione all’altra, una questione fondamentale e
decisiva è quella dell’educazione della persona.
Occorre liberarsi dai pregiudizi, dalla supponenza Un’educazione vera ha bisogno di risvegliare il corag-
tipica degli adulti, mantenere uno sguardo da fanciullo gio delle decisioni definitive…indispensabili per cre-
per cogliere dalle immagini e dalle parole quanto di scere e raggiungere qualcosa di grande nella vita, in
buono e di bello è stato seminato negli oltre cin- particolare per far maturare l’amore in tutta la sua
quant’anni di vita dell’Oratorio di via Santa Chiara, bellezza…Voglio esprimere qui tutto il mio apprezza-
nel cuore di Carpi. mento per il grande lavoro formativo ed educativo che
le singole Chiese non si stancano di svolgere in Italia,
Secondo un proverbio i genitori possono donare ai per la loro attenzione pastorale alle nuove generazioni
figli solo due cose veramente significative: le radici e e alle famiglie: grazie per questa attenzione!”.
le ali. Leggendo questo libro ci si sente presi per
mano e accompagnati in un viaggio a ritroso nel tem- Nell’immenso cantiere del “lavoro formativo ed
po per ritrovare nella spensierata avventura degli anni educativo” la chiesa di Carpi annovera una schiera di
dell’infanzia, dell’adolescenza e della giovinezza, le solerti operai, tra i quali spiccano testimoni e maestri
robuste radici dell’esperienza cristiana e il battito del- che hanno lasciato un’impronta profonda, don Nino
le ali che ha permesso di vincere ogni paura e affron- Levratti è uno di questi. L’impegno profuso per la
tare il volo della vita. realizzazione di questo libro è un ulteriore dimostra-
zione d’affetto per i suoi ragazzi, la sua città e la sua
L’intento è dichiarato fin dall’inizio. Non c’è l’am- Chiesa.
bizione di scrivere una storia frutto dell’intreccio arti-
colato di date, luoghi, fatti e personaggi. Non è un Grazie don Nino, costruttore di sogni, dall’età sem-
mieloso rievocare i tempi passati per indurre ad un pre fiorita.
nostalgico “come eravamo bravi una volta” e nemme- di Luigi Lamma
no un noioso saggio di pedagogia o di pastorale.
In luoghi abbandonati
In queste pagine si descrivono, a partire dai sogni Noi costruiremo con mattoni nuovi
degli inizi, l’ideale e la passione educativa che hanno Vi sono mani e macchine
animato i protagonisti, si raccontano le esperienze di E argilla per nuovi mattoni
“un’età fiorita” insieme a ciò che ha suscitato l’incon- E calce per nuova calcina
tro tra adulti e ragazzi, l’amicizia della banda di amici, Dove i mattoni sono caduti
della squadra di calcio… insomma la vita dell’Orato- Costruiremo con pietra nuova
rio. Senza dimenticare gli attori, anche i più umili e Dove le travi sono marcite
schivi, di questa rete di relazioni capaci di costruire, Costruiremo con nuovo legname
per dirla con una definizione impegnativa, un ambien- Dove parole non sono pronunciate
te educativo. Costruiremo un nuovo linguaggio
C’è un lavoro comune
E’ un libro attualissimo che affronta e rilancia l’edu- Una Chiesa per tutti
cazione, la questione fondamentale del nostro tempo, E un impegno per ciascuno
così come è stata posta da Benedetto XVI alla Chiesa Ognuno al suo lavoro
italiana nel recente convegno nazionale a Verona (ot- (T.S. Eliot, La Rocca, I Coro)
6
Vetrata istoriata dell’attuale
cappella dell’oratorio,
opera di Romano Pelloni
7
Introduzione
Ritorno alle radici
“Perché non scrivi queste cose?”
La domanda mi è stata spesso rivolta dagli amici e dalle persone casualmente incontrate e rese partecipi di
singolari eventi della mia vita.
Effettivamente, il lungo ministero tra i giovani si è fatto ricco di esperienza, di aneddoti, di piacevoli avventure
e di innumerevoli incontri con ragazzi di diverse generazioni. All’Oratorio e in giro per il mondo.
Non ho mai accolto il suggerimento o ceduto alla tentazione di raccoglierle in un libro, ben consapevole
dell’impegno e delle capacità che una iniziativa del genere richiede.
Poi, nel riordinare l’ampia documentazione della storia oratoriana, dal 1952 ai giorni nostri, tra nostalgia e
commozione, mi sono deciso a scrivere. Ho contato molto sulla collaborazione di amici che mi hanno fornito
brillanti testimonianze, raccontate con varietà di stile e dettagliatamente circostanziate, per farne dono alle
generazioni che salgono. Per progetti in atto e future prospettive.
Meno preoccupato degli aspetti formali della stesura e sempre perplesso sull’opportunità dell’operazione, mi
sono messo all’opera, non con l’intento di fare una storia, anche se di eventi e di persone dovrò parlare, non
trascurando i tanti con i quali ho percorso solo un tratto di strada.
Ciò che mi preme è lasciare un messaggio.
A coloro che hanno condiviso con me vita e ideali.
Al numero incalcolabile di altri uniti a me da vincoli di amicizia che il tempo ha reso lenti o cancellati.
Un messaggio per dire che è stato ed è prezioso il tempo della nostra vita; che quello vissuto insieme, poco o
tanto, è sempre memorabile.
Non è perduto. Non è definitivamente sepolto.
Fatico a comprendere le persone senza speranza.
Penso al vuoto di senso che li accompagna.
Tuttavia, mi sono reso conto dell’abisso che esiste, talvolta, tra gli ideali sognati nelle prime stagioni della vita
e la realtà vissuta e condizionata da esperienze imprevedibili.
La fede che il Signore mi ha donato mi permette di essere ostinatamente ottimista.
Credo che le “radici” affondate nell’humus oratoriano, così pregnante di valori, siano ancora vive.
A queste “radici” intendono portarci le parole scritte e le straordinarie immagini di questo libro.
Alle nostre radici: con la memoria e con il cuore.
Per continuare a vivere, con saggezza, i giorni nostri che ancora “sono sotto il sole” (Qoelet)
Don Nino
8
9
1
Nel cuore
della città
Cattedrale di Carpi
La statua di
S.Bernardino da Siena,
patrono della città
10
Nel cuore della città, a 150 metri dalla Cattedrale e da Piazza Martiri,
sorge il complesso monumentale cinquecentesco di S.Chiara.
Nel cuore della città 11
Il palazzo di fronte che aveva il suo ingresso in via
Un nuovo spazio Curta Santa Chiara, completamente rifatto al suo inter-
no, era occupato da una grande scuola professionale
per la gioventù per meccanici frequentata da seicento allievi: una stra-
ordinaria iniziativa promossa dall’ACEG, per l’avvia-
mento dei giovani al lavoro.
Le “mura del silenzio”
cambiano nome
Domenica 2 marzo 1952, nei locali messi a dispo- Non si poteva più parlare di spazi semideserti “si-
sizione dall’ACEG (Attività Cattoliche Educative Gio- lenziosi” e destinati al raccoglimento e alla vita
ventù), fondazione costituita pochi anni prima, e nei contemplativa. I tempi erano diventati maturi perché
cortili all’interno del complesso monumentale di Santa l’ambiente si animasse di richiami gioiosi, di voci
Chiara in Carpi, l’Oratorio Cittadino maschile iniziò cristalline, di giochi, di competizioni, di incontri di
ufficialmente la sua attività educativa. amicizia e di fraternità, di proposte culturali e di for-
mazione.
Già si respirava l’aria della primavera e nel cielo
tersissimo splendeva il sole. Il clima era idoneo per la Nel giorno dell’inaugurazione, i trecento e più ra-
giornata inaugurale e l’accoglienza di un’istituzione gazzi convenuti si accontentarono di partecipare a gio-
auspicata da tempo per l’assistenza e l’educazione della chi di squadra faticosamente gestiti dal personale di
gioventù carpigiana. assistenza e da educatori “alle prime armi”; si diver-
tirono con una decina di calciobalilla fabbricati arti-
Centinaia di ragazzi affluirono nei locali dell’orato- gianalmente e con tanti palloni che rimbalzavano ovun-
rio dagli ingressi di Corso Fanti e di via Santa Chiara que come in un maxi-allenamento.
in modo piuttosto chiassoso ed incontenibile di festa,
che mise presto in crisi l’organizzazione, impreparata, Gli adulti presenti, compiaciuti per lo spettacolo
forse, alla risposta così massiccia degli invitati, ma che (un po’ caotico ma divertito) di tanta gioventù si guar-
donò a tutti motivi di entusiasmo e di speranza. davano attorno interrogandosi sulla storia degli edifici
che incorniciavano la festa, con un certo stridore, per
Incominciava una grande impegnativa impresa che l’aspetto delle pareti manomesse da interventi sconsi-
richiedeva ai promotori generosità, chiarezza d’idee, derati nel corso dei secoli, che ne avevano compro-
conoscenza di metodologie educative e molta fiducia messo o cancellato lo splendore originale.
nell’aiuto di Dio.
Non sarà facile e neppure possibile ristrutturare e
Fu sorprendente quel giorno la presenza di famigliari riportare stabili così imponenti all’aspetto primitivo.
e di molti curiosi che volevano rendersi conto di quan- Neppure sarà facile rifare una precisa storia di tutto il
to stava accadendo tra le mura che per secoli furono complesso monumentale per le tante vicende in cui fu
considerate “del silenzio” perché sedi di monasteri di coinvolto nella sua lunga, secolare esistenza.
stretta clausura.
Sembra comunque opportuno esporre, in modo sin-
Le suore cappuccine che avevano occupato fino a tetico ma sufficiente, alcune note e cenni storici di
dieci anni prima l’ala prospiciente via S.Chiara si era- strutture ora diventate la culla dell’oratorio. La sua
no trasferite in altro convento per lasciare posto al sede definitiva, ormai da oltre mezzo secolo.
Liceo scientifico della città e alla tipografia gestita da
un noto carpigiano stimato per le sue capacità espres-
sive teatrali e canore: Erio Guaitoli.
12
Il complesso monumentale
di S.Chiara visto dall’alto
Nel cuore della città 13
ata” per le guarigioni e i miracoli compiuti prima e
dopo la morte, come attestano tutti gli storici che han-
Il monastero: tra no scritto di lei.
leggenda e storia Eleonora d’Este
(Suor Caterina Angiola)
Spirito irrequieto, certamente con scarsa vocazione si
ritira alla vita monacale. E’ figlia del Duca Cesare d’Este
e in occasione della sua professione religiosa prende il
nome di suor Caterina Angiola. Siamo nel 1611.
Camilla, un giorno
al tramontare del sole… Proprio nel palazzo che prospetta via S.Chiara,
Eleonora farà costruire appartamenti particolari per lei
Incomincia proprio così la storia. e per il suo seguito e quando nel 1625 diviene badessa
“Era tutto in ordine per effettuare il disegno [Camilla vorrà speciali festeggiamenti e riconoscimenti. Suona-
Pio intendeva farsi monaca, N.d.A.] quando portassi no tutte le campane della città, artiglierie, trombe e
Camilla la mattina per tempo in carrozza e viaggiando tromboni, fuochi artificiali…
un giorno fino al tramontare del sole, quando già Nello stesso anno il convento diventa luogo di edu-
credevasi a Ferrara… si trovò vicina alle mura di Carpi. cazione per la gioventù di rango nobile e la presenza
Fosse il fatto precisa ordinazione del cielo e comande di queste educande fa perdere al Monastero la sua au-
dei Principi Pii, interpella Camilla a despositione divi- sterità. Mobili e arredi abbondano, preziose suppellet-
na e determinò nel luogo medesmo, edificar Monaste- tili, candelabri, tappeti ed arazzi adornano tutte le sale
ro e quindi ritirarsi a vivere sciolta dal mondo”. del convento.
E’ quanto scrive Guglielmo Maggi (1700 – Note Si continuano a fare grandi importanti lavori edili,
storiche della città di Carpi) parlando della principessa come la costruzione nel 1627 dell’Edificio magnifico
Camilla Pio, figlia di Gilberto II Pio di Savoia e della della Bugada e della nuova sala del Capitolo, ora de-
madre Elisabetta Migliorati, nipote del Papa Innocenzo nominata Sala del ‘600.
VII.
Sembra a questo punto opportuno riferire quanto si
“La principessa ha sempre praticato fin dalla giovi- è scoperto, con sorpresa, negli anni ’50 dello scorso
nezza una vita di pietà intensa e continua così anche secolo a proposito di questa importante sala capitolare
oggi”. Così è scritto nell’elogio che Papa Innocenzo delle monache.
VIII fa a Camilla nella bolla pontificia del 1490 con la Abbandonata e tinteggiata a calce bianca, era desti-
quale autorizzava la costruzione del Monastero di nata da tempo imprecisato a legnaia e ripostiglio. Nes-
S.Chiara in Carpi. suno poteva immaginare che sotto la tinteggiatura si
nascondevano pregiati affreschi risalenti alla seconda
Una donna già matura, pia e facoltosa per l’eredità metà del 1600.
lasciatale dalla zia paterna Margherita Pio. Un patri- La scoperta fu casuale. In occasione di un violento
monio immenso che si aggiunge alla sua già grande temporale, l’acqua filtrante dai tetti staccò parte del-
ricchezza. l’intonaco che dal soffitto cadde frantumandosi sul dis-
Tutto lascerà per la costruzione del Monastero di sestato pavimento.
Santa Chiara e ad altre opere pie, nel giorno della I rottami di gesso impregnati di colore fecero so-
professione solenne di monaca clarissa. spettare la presenza di dipinti cancellati – non si sa
Il monastero e la chiesa annessa di Santa Chiara quando e perché – da una copertura superficiale di
vennero ultimati nell’anno 1500 e Camilla nominata tinta a calce.
badessa del monastero stesso nel 1501. Si trattava effettivamente di affreschi che valeva la
Dopo tre anni di vita in totale povertà e penitenza pena di recuperare, eseguiti al tempo di suor Caterina
muore in concetto di santità, glorificata e chiamata “be- Angiola.
14 Nel cuore della città
Gli affreschi furono portati pazientemente allo sco- una sontuosa decorazione “a fresco” seicentesco, pur-
perto e in seguito catalogati a cura della Sovrinten- troppo molto deteriorata, ma ancora leggibile. Ed oggi
denza delle Belle Arti in attesa di auspicabili possibili stimata tra le più belle opere del barocco emiliano.
restauri. Fu don Nino Levratti ad intuirne il valore e a vo-
lerla salvare facendo liberare le parti rimaste dai ri-
Il prof. Romano Pelloni scrive: petuti strati di tinteggiatura a calce.
Alfonso Garuti attribuisce questa decorazione ai
Quando iniziai a frequentare il grande spazio del bolognesi Colonna, Mitelli, Monti e Bianchi, un’equipe
Monastero di Santa Chiara si era ai primi anni del di esperti della decorazione scenografica e della pro-
dopoguerra e frequentavo la scuola serale d’arte or- spettiva dal basso all’alto introdotta nel modenese
ganizzata dal Comune. I locali erano quelli del liceo dalla scuola di Andrea Pozzo. Arte delle meraviglia,
scientifico “Manfredo Fanti” e il grande spazio della opera del barocco peraltro poco in sintonia con l’au-
Sala Capitolare dimezzato in altezza per ricavarne, sterità di un monastero; fughe di colonnati e balau-
nella parte inferiore, delle aule, mentre quello supe- strate ove svolazzi di animali, fiori e drappeggi crea-
riore era destinato a deposito del carbone per alimen- no un’atmosfera fantastica.
tare le stentate stufe per riscaldare i locali scolastici. Sulle pareti, purtroppo ancor più consumate figure
Trasferito il liceo in altro edificio quel grande spa- di santi sono collocate entro sontuose nicchie ed opu-
zio venne utilizzato come salone per incontri cultura- lenti cartigli.
li, grazie anche alla bella e vasta volta a calotta un- Agli angoli della sala le bianche aquile
ghiata su peducci poggianti su eleganti testine d’an- estensi,opera databile alla seconda metà del ‘600.
geli dorate. In questa sala, chiamata appunto “del ‘600" tanti
E fu qui che nel restaurare gli intonaci, si scoprì sono gli incontri, i dibattiti, i convegni del mondo
Sala del Capitolo (o del ‘600)
15
Sala del Capitolo
Particolare affresco della volta
cattolico e della società civile. Nel 1798 il commissario del potere esecutivo della
Si può sperare di vedere presto riportato il grande Repubblica Cisalpina ordina alle monache di sgombe-
spazio come era in origine abbattendo le pareti e il rare il convento, e il corpo della Beata Camilla viene
soffitto dell’ area inferiore? portato in Duomo. Le suore che all’epoca dell’evacua-
zione erano 112 ritornano in numero ridotto nel con-
Riprendendo gli accenni storici relativi al comples- vento, 17 anni dopo, nel 1816.
so monumentale di S.Chiara restano da riferire altri
importanti eventi. Nel 1846 l’ala di via S.Chiara viene trasformata in
Si ha notizia di un’ossessione diabolica collettiva caserma ducale e solo dopo 26 anni diventerà sede
durata un decennio e terminata solamente nel 1639 delle suore cappuccine.
con l’allontanamento della badessa suor Angiola Nel 1900 il chiostro diventa proprietà comunale e
Caterina che si trasferisce nel convento di S.Geminiano alloggerà durante la Prima Guerra Mondiale le truppe
a Modena. italiane.
Si può a questo punto pensare che nel 1650 il Mo-
nastero avesse praticamente la conformazione attuale, Finalmente dal 1927 il complesso monumentale
giacché si riconosce facilmente nell’ala che prospetta inizia a tornare di proprietà religiosa. Nel 1928 viene
via S.Chiara l’espansione seicentesca voluta da riacquistato il chiostro e nel 1941 il Palazzo Corso.
Eleonora d’Este.
Ultimo atto: le cappuccine lasciano nel 1950 l’ex
Verso la fine del ‘700 inizia un breve ma tormen- caserma ducale per trasferirsi nel nuovo convento in
tato periodo per il Monastero. via Trento Trieste e lo storico travagliato stabile di-
Nel 1790 un incendio distrugge le fattorie dei ser- venta nel 1952 sede dell’Oratorio Cittadino.
venti e la sagrestia.
16
Sala del Capitolo
Particolare
di una parete
Sala del Capitolo
Particolare
della volta:
l’Aquila estense
Nel cuore della città 17
Spazi
per lo spirito
C’era da fare per tutti, nei primi tempi, all’oratorio.
Bisognava rendere più accogliente e allegro l’ambien-
te che il tempo aveva intristito.
I grandi edifici, nel corso di quattrocento anni,
avevano subito manomissioni, rifacimenti, interventi
dissennati, ed ora bisognava dar loro, per quanto pos-
sibile, il volto originale.
I locali assegnati all’oratorio erano tra i più segnati
dall’usura del tempo. Era indispensabile renderli ac-
cettabili, trasformarli in sale di servizio e di ricreazio- Gianni Allesina
ne. I mezzi disponibili: le mani, il cuore e poco altro.
Ma era bello lavorare alacremente insieme per rendere Valerio Setti
vivibili la “seconda casa”. E l’impegno per mesi fu
tanto.
Si misero a dimora, negli spazi disponibili, piante e
fiori. Ai lati del campo, una lunga fila di aceri e pioppi
la cui crescita e conservazione fu motivo di scommes-
se. Rose rampicanti, di diversi colori e varietà, a co-
prire tutte le pareti dall’intonaco fatiscente.
E poi scivoli, altalene, piccole giostre a spinta… e
si respirò aria nuova.
La prima Cappella
dell’Oratorio
Mancava una cappella, al centro della vita oratoriana.
Mancava uno spazio privilegiato ove pregare insieme,
con l’auspicio di un tabernacolo per l’Eucaristia. Per
sentire più forte la presenza di Gesù, come amico,
come partecipe dei giochi, come Maestro.
Individuato lo spazio per realizzarla, stupì l’opero-
sità di alcuni adolescenti nel maneggiare picconi, scal-
pelli e mazzette da lavoro, per abbattere, sotto la guida
18 Nel cuore della città
attenta di adulti, vecchie e dissestate pareti, spingere to come anche la tecnica pittorica del crocifisso erano
pesanti carriole cariche di rottami… e quant’altro era mie ricerche sperimentali di quei lontani anni fine anni
necessario fare per portare a termine la più straordina- ‘50 e primi anni ‘60, opere realizzate con materiale
ria delle imprese. povero e allo stesso tempo innovative anche come lin-
Alla fine, come ovvio, fu indispensabile l’interven- guaggio estetico: erano tecniche che piacevano a don
to di artigiani e tecnici per i lavori di rifinitura e arre- Nino perché le riteneva valide per uno spazio creato
damento, ma intanto il sogno s’era già fatto realtà. per i giovani.
In quella cappella si formarono intere generazioni
La prima cappella dell’oratorio don Nino Levratti di giovani: scout che tanti ruoli, anche importanti, ri-
la volle al fianco dell’ingresso stesso, dirimpetto alla coprirono nella nostra città e non solo.
segreteria e al suo studio, un punto degli spazi del-
l’oratorio che non si poteva non vedere. Uno spazio Una soluzione innovativa in quella cappella fu la
lungo e stretto che progettò egli stesso con un’innata collocazione del tabernacolo, non ancora a parete come
sensibilità, al tempo artistica e sacerdotale. fu poi abitualmente dopo il Concilio, ma posto ancora
A me commissionò tre opere: un pannello in cera- sull’altare, quello però già rivolto verso il popolo, ove
mica per l’altare, un grande crocifisso su tavola e una il tabernacolo venne incastonato nella parte anteriore
vetrata, o meglio una pseudo-vetrata da collocare so- della mensa quasi a protendersi verso i fedeli. Una
pra al confessionale ove però non c’era una finestra e soluzione coraggiosa che ebbe qualche osservazione
l’immagine veniva illuminata dal retro con luce elet- dagli Uffici curiali.
trica. Quella vetrata, realizzata con cellophane colora-
Pseudovetrata di Romano Pelloni posta sul confessionale della prima cappella dell’Oratorio.
Significato del trittico: - pesa sulla coscienza il male che allontana da Dio;
- in nome di Gesù, il sacerdote assolve il peccatore pentito;
- e l’anima ritorna in comunione con Dio.
19
La vetrata istoriata
e l’altare
in ferro battuto
della nuova Cappella
dell’Oratorio
tra i locali della scuola “Sa-
cro Cuore”, l’Oratorio e le
sedi del Gruppo scout Carpi
1, recentemente collocate nel-
l’ala cinquecentesca del mo-
nastero, resa libera anch’essa
col trasferimento del liceo
scientifico “Manfredo Fanti”
nel polo scolastico di viale
Peruzzi.
Nello spazio ampio e ben
illuminato don Levratti, an-
cora una volta valido “archi-
tetto”, ha saputo valorizzare
il soffitto ligneo e le pareti in
laterizio delle origini e ha
Non si sa dove sia ora il pannello in ceramica che chiamato ancora me a collaborare. Nel presbiterio
illustrava la pagina evangelica “Lasciate che i fanciulli hanno trovato posto l’altare, il leggio e il tabernacolo
vengano a me”, forse disperso, mentre la vetrata è realizzati in ferro battuto e vetro che ben si ambienta-
andata distrutta nell’abbattimento della cappella avve- no con l’atmosfera seicentesca e con le grandi vetrate
nuta nei primi anni ’90 per accogliere la scuola “Sacro istoriate che attenuano le forti luci delle due finestre
Cuore”: un destino comune a molte cappelle private con i loro colori armonici, (questa volta con vere ve-
create in quegli anni post-conciliari ma che rimarran- trate realizzate dalla ditta Poli di Verona, su mio pro-
no nel cuore di tanti che lì si sono formati. getto). I simboli della Parola e dell’Eucaristia, in esse
raffigurati, danno un giusto tono al luogo della pre-
Con il passaggio del testimone da don Nino Levratti ghiera.
a don Carlo Bellini è nata una nuova cappella, posta Un originale significato simbolico hanno i tre bloc-
al primo piano dell’ala seicentesca, punto di cerniera chi di cristallo incastonati nei manufatti di ferro battu-
20 Nel cuore della città
to; bianco per la Parola, rosso per l’altare del Sacrifi- La Cappella
cio e dorato, che si infrange in mille riflessi luminosi, del Palazzo Corso
per l’Eucaristia.
Al centro, sulla parete lasciata a mattoni sabbiati, Sembra utile accennare, mentre si parla di spazi
spicca il grande Crocifisso dipinto quarant’anni or sono destinati alla preghiera nella Fondazione ACEG, alla
per la prima cappella, segno di continuità della comu- splendida cappella fatta costruire nell’immediato do-
nità. poguerra (anni 48-50) da don Vincenzo Benatti che la
Infine, la porta d’accesso alla cappella dal lato delle mise al primo posto delle sue grandi realizzazioni. Si
sedi dell’Agesci accoglie una splendida vetrata che può davvero dire eccezionale, impreziosita di stucchi
rammenta la formula liturgica cara ai giovani nella in parte dorati e da immense tele dipinte ad olio, a
Messa in latino: “Introibo ad altare Dei, ad Deum qui coprire, quasi interamente, le pareti.
laetificat iuventutem meam” (salirò all’altare di Dio, a Il ciclo pittorico è stato realizzato dal pittore pado-
Dio che rende lieta la mia giovinezza). E la giovinezza vano Orlando Sorgato, iniziato nel 1953. L’autore ha
è anche suggerita dal sole sorgente che è anche sim- inviato a don Levratti una lettera datata 27 settembre
bolo di Cristo Gesù fratello e amico. Quest’ultima 2006 e che ritengo opportuno pubblicare almeno in
vetrata si legge grazie alla luce di una delle due vetra- parte, anche per rivelare con quanto entusiasmo l’au-
te del presbiterio, creando un felice gioco di trasparen- tore, ormai novantenne, parli della sua opera.
ze. La tematica era stata concordata con don Vincenzo
La Cappella del Corso con le grandi tele
dipinte ad olio da Orlando Sorgato
Nel cuore della città 21
Particolare di una tela
dipinta ad olio (m.5,15 x 2,40)
collocata nella
Cappella del Corso
Benatti ai primi anni cinquanta: il Canto del Magnificat, ziato ad insegnare, ma quelle opere composte su gran-
il Discorso delle Beatitudini, la grande Crocifissione di tele dipinte ad olio con la tecnica della spatola per
sopra l’altare, le virtù Teologali e quelle Cardinali; me furono una novità assoluta, se penso alla produzio-
temi fondamentali per la formazione spirituale dei ne tradizionale dei pittori locali del primo Novecento
giovani, ma anche dei meno giovani. e stimolarono anche me ad operare nella mia attività
Dell’opera “Il Sacrificio della Croce”, l’autore così artistica in grandi spazi... per lo spirito.
descrive la Madonna: “la Madonna mostra un volto
triste, un dolore contenuto, da donna forte anche se Solo saltuariamente la cappella, per la sua
nell’estrema sofferenza”. Nel “Canto del Magnificat” ubicazione, servì all’oratorio per celebrazioni religio-
è ancora la figura di Maria che l’autore descrive “Lei, se, ma essa continua ad essere specifico ed importante
la Vergine, è in contemplazione, tutta presa dall’amore segno di presenza religiosa nel cuore della Fondazione
di Dio, quasi in estasi, attorno ad essa sono raffigurate ACEG.
le genti di varie razze. Ha rovesciato i potenti dai tro-
ni... ha innalzato gli umili ... ha disperso i superbi”. Per molti anni don Vincenzo vi celebrò la Messa
Da grande figurativo, il pittore Sorgato ci ha pre- quotidiana, promosse incontri di spiritualità e cultura
sentato una tipologia umana letta da un uomo di fede. religiosa, assistendo anche alle celebrazioni nuziali di
Quelle pitture furono per me una scuola. Ero da poco qualcuno dei “suoi ragazzi” che gli furono vicini nelle
diplomato alle Belle Arti di Modena e avevo già ini- primissime esperienze sacerdotali.
22 Nel cuore della città
Orlando Sorgato
all’opera
Cappella del Corso
“Ha disperso
i superbi...
innalzato gli umili”
Particolare
di una tela ad olio
con l’Immacolata
(di Orlando Sorgato)
Nel cuore della città 23
Orlando Sorgato
Don Vincenzo volle la cappella del Corso preziosa
e corredata di grandi tele dipinte ad olio sul tema
del “Magnificat”, delle “Beatitudini” e delle virtù
teologali e cardinali, come chiaro punto di riferi-
mento all’educazione dei giovani.
La realizzazione dell’imponente opera fu affidata
ad Orlando Sorgato, un giovane artista padovano,
già conosciuto ed affermato, che la portò a termine
nel 1953.
La cappella non è molto conosciuta dal pubblico.
Dopo la partenza di don Vincenzo da Carpi viene
aperta solo saltuariamente, destinando così all’oblio
opere di valore artistico che meriterebbero di esse-
re conosciute e visitate.
Si auspica che i responsabili della Fondazione
ACEG trovino il modo di valorizzarla e di riporta-
re all’attenzione dei carpigiani opere importanti che
restano sempre nascoste, dalle forti aspirazioni che
caratterizzarono la nascita dell’Ente.
Orlando Sorgato, ancora vivente, si esprime in va-
rie tecniche compreso l’affresco, il mosaico, l’in-
cisione e il vetro istoriato. Ha partecipato a diverse
mostre nazionali ed internazionali ottenendo con-
sensi e lusinghiere valutazioni critiche ed onorifi-
cenze di alto livello. E’ presente nelle più impor-
tanti pubblicazioni specializzate di arte contempo-
ranea.
30 aprile 1964
Nella Cappella del Corso
don Vincenzo Benatti
celebra la Messa nuziale per
Claudio Guaitoli e Lena.
Lo assiste don Nino
24
Nel cuore della città 25
Cantieri...
in Corso
Le suore cappuccine lasciarono la loro residenza di
via S.Chiara il 18 agosto 1950 per trasferirsi nel mo-
nastero costruito accanto alla chiesa di S.Bernardino
da Siena, in via Trento Trieste.
Il trasferimento avvenne previo accordi con don
Vincenzo Benatti, fondatore dell’ACEG, che si accollò
l’onere di costruire un nuovo monastero a spese del-
l’Ente stesso.
I locali lasciati liberi dalle suore furono affittati al
Liceo Scientifico “M.Fanti” adeguandoli provvisoria-
mente ad uso scolastico. In seguito furono messi in
opera cantieri di ogni tipo, che si susseguirono ad
intermittenze più o meno lunghe per salvaguardare il
complesso edilizio da un ulteriore degrado e por mano
insieme a lavori di restauro e di rifacimento.
Tra i primi ci fu la revisione delle coperture (capriate
e tegole), la copertura di tutti gli edifici che per varie
ragioni risultavano gravemente dissestati. Intervento
di forte impegno finanziario che costrinse il consiglio Un camino nell’antica cucina del convento
di amministrazione ad alienare in parte i terreni agri-
Lavori di restauro
al piano terra
dell’ala nord
del convento
26 Nel cuore della città
coli lasciati pochi anni prima in eredità all’Ente. Nel Una moderna sala adibita a cinema-teatro e ad altre
corso degli anni seguenti furono affrontati progetti manifestazioni culturali sembrò un bisogno primario
ambiziosi per altri lavori non più prorogabili. Intanto per la vita oratoriana da realizzare in tempi possibil-
però bisognava intervenire per rappezzare, per piccole mente brevi. Per la catechesi già erano disponibili le
manutenzioni e tinteggiare al fine di rendere usufruibili nuove aule modernamente attrezzate della Scuola di
gli spazi utili per l’azione educativa. addestramento professionale promossa e gestita
Qualche accenno meritano alcune grandi opere che dall’ACEG.
in seguito contribuirono a cambiare il volto dell’am- Per la costruzione del cinema-teatro il consiglio del-
biente rendendolo più idoneo alle esigenze oratoriane. l’Ente deliberò di destinare uno spazio coltivato ad
Tra queste: orto posto tra un edificio popolare di proprietà comu-
- la costruzione del cinema-teatro Eden; nale (il Palamaio) e l’ala est del vecchio monastero
- un nuovo funzionale impianto di riscaldamento; prospiciente via S.Chiara. Furono salvate le vecchie
- uno spazio radicalmente rinnovato ed attrezzato de- mura perimetrali del convento, ancora in buono stato
stinato all’apertura di un centro ricreativo per la di conservazione, a far parte della costruzione. Interes-
gioventù di Carpi. sa rilevare che con le maestranze addette alle esecu-
I lavori per la realizzazione
del nuovo impianto di riscaldamento
Nel cuore della città 27
Il palazzo che fu residenza di Eleonora d’Este, manomesso nel corso dei secoli, come appare da questo rilievo
eseguito dallo Studio dell’architetto Claudio Pedretti.
zioni dei lavori furono impegnati molti giovani di corsi ticosi ma naturalmente alla loro portata. Non certo per
di addestramento professionale per muratori promossi interventi strutturali, dove necessitavano professiona-
dal Ministero del Lavoro e gestiti dall’ACEG. Bastarono lità e competenza, ma per l’arredamento, in particolare
pochi mesi per rendere disponibile un grande vano, ove poteva bastare, oltre una guida competente, buona
piuttosto rustico ma già agibile, e bisognoso di altri volontà, pazienza e buon gusto.
possibili interventi per renderlo più accogliente. Solo Ne uscì un bel locale che ebbe il plauso delle au-
alla fine degli Anni ’60 i lavori furono portati a termi- torità religiose e civili e dei tanti che parteciparono
ne con l’intento di fornire all’oratorio e alla città un alla cerimonia inaugurale. L’opera portata a termine è
locale alla pari con tutti gli altri già esistenti nel ter- andata al di là di ogni aspettativa e fu avvalorata da
ritorio, modernamente arredato e dotato degli strumenti sacrifici non indifferenti da parte dei giovani volonta-
tecnici più aggiornati. Questa auspicata realizzazione ri, per le tante ore di lavoro anche notturno, e di qual-
trovò l’apporto di alcuni giovani cresciuti all’oratorio che piccolo incidente che mise “in bilico” un campo
e pertanto più sensibili alle esigenze educative, che estivo per mancanza dell’assistente caduto distratta-
non esitarono a “sporcarsi le mani” prestando volon- mente all’imbrunire in uno sbancamento perimetrale
tariamente la loro collaborazione in lavori umili e fa- del cinema nel corso dei lavori.
28 Nel cuore della città
Altra bella e gratificante impresa fu la realizzazio- sarebbe stata bocciata dal neo comitato economico
ne della prima cappella dell’oratorio, situata all’in- preoccupato giustamente di far quadrare i conti im-
gresso di via S.Chiara. Ne parla ampiamente il prof. mediati senza previsione del domani.
Pelloni al capitolo “Spazi per lo spirito”, (a pag. ….).
L’amico artista, in quegli anni anche lui alle prime Iniziò così la realizzazione di una centrale termica
armi, ma che già esprimeva una pregevole creatività, alimentata a metano in quella che era stata una sede
collaborò dipingendo un singolare crocifisso realizza- associativa..
to con materie povere ma di notevole forza e sugge- Questa doveva avere la potenza necessaria per ser-
stione. Anche per dotare l’oratorio di uno spazio per vire tutte le utenze che facevano capo all’ACEG.
la preghiera furono coinvolti alcuni giovani poco più Si rese così necessario la posa di una rete di tuba-
che adolescenti che per la prima volta maneggiarono zioni sotterranee per distribuire il calore ovunque.
mazze, scalpelli e badili per abbattere strutture murarie Fu questo un lavoro di eccezionali proporzioni.
superflue, togliere il vecchio intonaco, caricare e sca-
ricare il materiale, a richiesta del direttore dei lavori. Centinaia di metri di scavi profondi due metri in
Era sorprendente e visibile la consapevolezza di tutti i cortili sin sotto ai portici ed agli androni per
questi ragazzi che stavano facendo qualcosa di impor- poter posare tubazioni, intercettare fogne, cavi elettri-
tante per sentire più vicina la presenza del Signore ci e tutto quello che poteva trovarsi stratificato dai
come compagno di gioco e come amico cui confidare secoli in un complesso originario del 1600; la neces-
le problematiche della loro vita. sità, “intanto che ci siamo”, di posare anche tubazio-
ni antincendio, cavi elettrici e telefonici, nuove fogna-
E’ di tempi più recenti la realizzazione di un mo- ture, tubazioni dell’acqua e tutto quello che poteva in
derno ed imponente impianto di teleriscaldamento, futuro servire.
progettato nel 1989 e progressivamente realizzato nel A questo punto si rendeva necessario provvedere
corso degli ultimi anni fino alla sua ultimazione avve- anche al riscaldamento di tutto il ristrutturando piano
nuta nel 2006. L’impianto è stato progettato dallo stu- terra che fu realizzato con riscaldamento a pavimen-
dio di Emanuele Bonato, cresciuto all’oratorio come to, impianto allora molto innovativo tanto che fu il
scout e come capo educatore, e che dell’oratorio co- primo di questa entità realizzato a Carpi.
nosceva ogni spazio ed ogni “segreto”. E’ lui stesso a
fornire dati, tempi e modi della realizzazione dell’im- In buona sostanza ci si trovò, a fine lavori, senza
ponente opera, la prima e forse ancora la sola di così soldi per comprare le caldaie, tanto che la prima fu
grandi proporzioni realizzata a Carpi. data a prestito dall’idraulico che eseguì i lavori.
Era molto piccola, ma sufficiente per riscaldare le
Lo stesso Emanuele Bonato racconta: sale del piano terra, le uniche sino allora collegate;
L’occasione fu data dall’inizio dei lavori di tutto il resto era solo predisposizione.
ristrutturazione al piano terra nell’ala sud del com- Era il 1989.
plesso oratoriale. Poco a poco il lavoro che si era eseguito, e di cui
Dopo l’uscita il trasferimento della scuola d’avvia- non si capiva bene l’utilità, cominciò ad avere ragio-
mento professionale e la cessione di locali sino allora ne di essere.
adibiti alle attività scout al Liceo Scientifico, tra le Nel 1991 il Cinema Corso, che aveva una centrale
tante problematiche d’ordine strutturale c’era anche termica a gasolio, inadeguata per motivi di sicurezza,
quella di dotare di nuovi impianti i locali sino ad fu allacciato alla rete.
allora riscaldati con stufe a kerosene. Nel 1992 il Liceo Scientifico, per le stesse ragioni
Occorreva un progetto che non si limitasse sola- del Cinema Corso, fu anch’esso allacciato alla rete.
mente alla soluzione di una necessità immediata, ma Nel 1996 fu la volta di tutta l’ala di Via Santa
che mirasse ad anticipare quelle che sarebbero state Chiara in concomitanza con i lavori di trasformazio-
le problematiche future in tema di sicurezza degli im- ne in Scuola S. Cuore.
pianti e d’economia di gestione. Nel 1997 la Sala del ‘600, tutte le sale del secondo
L’idea era allora sin troppo avveniristica e, se non piano dell’ala Sud e, dall’altra parte del cortile, i
supportata dalla ben nota caparbietà di Don Nino, nuovi spogliatoi della Carpine.
Nel cuore della città 29
Nel 2003 si collegarono anche le sale dell’Hip- denza alle Belle Arti al piano terra del palazzo addos-
Hop, le sedi degli Scout e la nuova Cappella. sato all’antico monastero di S.Chiara di cui faceva
parte come refettorio delle monache; divenne proprie-
Tutto fu veramente ultimato nel 2005, quando fu tà dell’ACEG nel dopoguerra (1945). Adibito in un
allacciato tutto il Palazzo Corso, il Cinema Eden, tutti primo tempo ad officina della scuola di addestramento
gli uffici delle ACLI e del CSI e, nel 2006, anche il per meccanici, fu destinato poi a divenire sede del
nuovo asilo nido e le sale soprastanti con accesso da nuovo Centro giovanile della città di Carpi. I lavori
Via Curta Santa Chiara. progettati furono portati a termine nel 1996. Il circolo,
Un progetto caparbiamente voluto nel 1989 ha vi- denominato “InChiostro” (per la sua ubicazione) fu
sto la sua ultimazione nel 2006. inaugurato il 23 gennaio 1997 secondo un’ampia rela-
zione contenuta in questo libro a pag. 140, nella quale
Nel frattempo si è dotata la centrale termica di Edoardo Patriarca espone le linee ispiratrici del pro-
moderne caldaie ad elevato rendimento e si sono getto che, nonostante le revisioni avvenute dopo alcu-
cablati tutti gli impianti con un sistema di supervisione ni mesi di esperienza, rimangono tuttora attuali e
che permette la gestione di tutti gli impianti comoda- profetiche.
mente da un ufficio mediante un computer.
Sembra opportuno menzionare che durante i sud-
Niente più taniche di kerosene in giro per l’orato- detti lavori sono venuti alla luce parziali elementi
rio, niente più cisterne di gasolio e bombole di GPL decorativi che, probabilmente, si estendevano un tem-
ma un impianto di teleriscaldamento. po a tutto il refettorio. E’ apparsa traccia anche del
camino immenso nella cucina accanto, dove al centro
Infine l’ultimo grande intervento negli spazi desti- si attingeva acqua “buona” da un profondo pozzo
nati dall’Ente all’oratorio: il completo rifacimento delle opportunamente indicato nel corso dei lavori sotto
strutture e dei servizi con il benestare della Sovrinten- l’attuale pavimento in cotto.
1950: il “campo di don Benatti”, ora campo Eden.
30 Nel cuore della città
All’oratorio
per essere
laureati...
in floricultura!
Nel cuore della città 31
progetto che poteva considerarsi alla loro portata.
In men che non si dica arrivarono all’oratorio car-
Il Giardino riole, vanghe e badili. Fu assai divertente poi seguire
delle rose il modo maldestro con il quale gli improvvisati giar-
dinieri maneggiavano gli strumenti da lavoro. Si an-
dava a gara per scavare la buca più profonda per
mettere a dimora ai bordi del campo piante di alto
fusto e, dove c’erano spazi idonei, arbusti di rose di
ogni colore e varietà.
Come è stato detto, i vasti edifici che facevano da Non restava che attendere e sperare. Per le piante
cornice agli spazi cortilizi del complesso monumentale la vita non fu facile. Pochi avrebbero scommesso sul
di S.Chiara non sembravano i più idonei, con il loro loro futuro. Chi, infatti, le avrebbe difese da tanti in-
aspetto austero e degradato, per offrire ai ragazzi una cauti e distratti giocatori di pallone?
gradevole accoglienza. Il miracolo invece si realizzò, e più in fretta di
Anche l’ambiente, l’ordine, la bellezza fanno edu- quanto non si potesse sperare. Dopo qualche anno fu
cazione. Come l’aria che si respira. Ma come concre- un trionfo di verde e di stupende fioriture.
tamente si poteva intervenire? Le rose rampicanti avevano raggiunto il terrazzo
Non certo con le ristrutturazione già parzialmente sovrastante il portico, coprendo al tempo stesso spazi
in atto e che necessitavano di tempi lunghi e non alla umili e fatiscenti con un’esplosione di vita e di colore.
portata dei mezzi disponibili per la normale attività Fu così che a qualcuno venne in mente allora di
dell’oratorio. chiamare l’oratorio “il giardino delle rose”, un nome
Che cosa di meglio ci poteva essere se non quello portato per molti anni e che tanto si addiceva a quel-
di pensare al verde, alle piante, ai fiori? E così fu. Ci l’ambiente adorno di profumata fioritura, in chiara
si mise all’opera con visibile entusiasmo dei primi sintonia con i giorni “dell’età fiorita” che i ragazzi
ragazzi, di quelli che già si sentivano di casa e che dell’oratorio venivano gioiosamente a vivere.
accettavano ogni proposta di lavoro come un gioco. Lo spettacolo floreale si rinnovò, da maggio a set-
Educatori e ragazzi si adoperarono per realizzare un tembre, per molti anni, fino a quando l’immenso e
“Il giardino
delle rose”,
immagine da
un fotogramma
filmico 8 mm.
32 Nel cuore della città
magnifico roseto fu sradicato per improrogabili lavori Oggi più nessuno chiama l’oratorio “il giardino delle
di riassetto dell’area del cortile. rose”, ma semplicemente “l’Eden”.
Nel campo sportivo, invece, le piante gelosamente Le piante attorno al campo, di incontenibile vitalità,
curate e protette da chi le aveva messe a dimora, si rinverdiscono ad ogni primavera per accogliere nuove
erano fatte robuste e frondose. generazioni di ragazzi, qui ancora, nel cuore della città
Aceri, pioppi, ippocastani e tigli fanno tuttora bella in allegrezza e impegno, a “precorrere la festa della
cornice al terreno di gioco, donando ombre di ristoro vita”.
nella calura estiva e, per tanti, dolce serenità allo spi-
rito.
Il campo sportivo dell’Oratorio, come si presenta oggi
Nel cuore della città 33
protezione della Sovrintendenza delle Belle Arti.
Nuove sedi: del soffitto, riportate al loro aspetto originale e rinfor-
Di grande rilievo fu il restauro delle travature lignee
un progetto zate con catene a scomparsa per mettere a norma an-
che il piano sovrastante.
venuto da lontano Ampie vetrate verticali all’ingresso delle sedi, pa-
reti in parte portate a pietra vista, e soprattutto la di-
sposizione ricercata dei punti luce donarono allo spa-
zio un tono eccezionale di accoglienza.
Nel 1999 la vecchia scuola del S.Cuore, per decen- Finalmente tutte le unità del gruppo scout potevano
ni gestita dalle suore di S.Vincenzo (dette “della Ca- disporre di nuove sedi – forse anche troppo spaziose
rità”) corse il rischio di venire definitivamente chiusa e ricche, come rilevava qualcuno – ma certamente
per ragioni organizzative e finanziarie. La Diocesi non idonee come basi di preparazione e di lancio di picco-
volle perdere l’importante centro scolastico d’ispira- le e grandi imprese.
zione cristiana.
La scuola “privata” delle suore era nota in città per L’inaugurazione avvenne la domenica mattina dopo
la sua lunga prestigiosa attività; per essere stata fre- la messa festiva con la partecipazione del Vescovo
quentata da un numero considerevole di allievi che Mons.Staffieri, che tagliò il tradizionale nastro, alla
normalmente ne hanno conservato un buon ricordo. presenza di tutti gli scout del Gruppo e dei loro fami-
Indimenticabili alcune figure di religiose insegnanti liari.
diventate mitiche per il loro stile, la longevità del loro
insegnamento e per il rapporto stabilito con gli allievi Intervenni per presentare al Vescovo la nuova rea-
come suore. lizzazione dell’ACEG e il nuovo felice traguardo rag-
giunto dagli scout.
La soluzione ritenuta possibile fu l’apertura di una Uno spazio meritato in tanti anni di attività educativa
nuova sede: da via Ciro Menotti ai locali della Fonda- durante i quali, anche la fatica e il disagio di peregri-
zione ACEG, nel palazzo prospiciente via S.Chiara. nare da un locale all’altro furono superati nello spirito
della Legge Scout del “sorridere e cantare”, caratteri-
La decisione scombussolò le sedi delle associazio- stica non facile ma auspicata dello stile scout.
ni, dei movimenti e dei servizi oratoriali costretti,
ancora una volta, a trasferimenti come era avvenuto Ecco quanto dissi a mons.Vescovo:.
molte volte per il passato.
Ma non tutto il male viene per nuocere. Alla fine Eccellenza Reverendissima,
l’evento rivelò il suo aspetto provvidenziale. Si andò incomincio col dirle che siamo contenti e commos-
verso sistemazioni definitive (o meno precarie!) si. Abbiamo a lungo atteso questo giorno. Il progetto
delle “nuove sedi” viene da lontano.
Agli scout fu assegnata l’ala nord addossata al mo- Insieme abbiamo peregrinato da un locale all’altro
nastero delle Clarisse, lasciata libera dal liceo scienti- in questo grande complesso di edifici in attesa di re-
fico M.Fanti, che l’aveva per molti anni avuta stauri, di rifacimenti, di destinazione d’uso.
dall’ACEG in locazione. Ci siamo adattati sempre, trasformando locali
fatiscenti in sedi accoglienti ed idonee per lo svolgi-
Furono indispensabili alcuni importanti interventi mento delle attività.
per rendere i locali idonei alla nuova destinazione: Non ci siamo fermati di fronte alle difficoltà. Ab-
interventi che furono portati a termine nel rispetto delle biamo, anzi, avuto l’opportunità di verificare se il
norme conservative dei beni culturali, essendo tutto il nostro comportamento e le nostre scelte erano in
complesso seicentesco proprietà dell’ACEG sotto la sintonia con lo spirito e lo stile scout.
34 Nel cuore della città
Abbiamo continuato il nostro servizio educativo con Queste sedi, di straordinaria bellezza e funzionali-
continuità ed entusiasmo e i risultati sono sotto i no- tà, sono un dono grande che ci fanno sentire più re-
stri occhi. sponsabili della missione educativa che ci è affidata.
Don Vincenzo Benatti, il fondatore di questo Ente
che ci accoglie, mentre rimetteva nelle mani del suo Eccellenza, questa inaugurazione è segno di una
predecessore Mons.Maggiolini il mandato di presidente nuova stagione per questo Ente, nel quale anche lei
dell’ACEG, ebbe a dire che il movimento scout nato ripone molte speranze.
nel 1956 era stato e resta una delle più promettenti E’ prossima l’apertura del Centro giovanile aperto
speranze per le finalità educative dell’ACEG che l’ave- a tutta la gioventù carpigiana. L’attesa, anche per que-
va promosso e patrocinato. sta nuova impresa, è stata lunga e sofferta. Con l’aiu-
to di Dio sta diventando una realtà.
A don Vincenzo va anche in questo momento un Ci benedica, Eccellenza. Benedica ciò che ora inau-
pensiero di gratitudine per aver donato a noi e alla guriamo oggi e tutto ciò che ancora è in cantiere, per
nostra Chiesa di Carpi questi immensi spazi, questo una nuova stagione piena di speranze.
patrimonio che renderà più agevole il suo servizio Ci benedica perché il Signore ci segua con uno
pastorale, soprattutto per il mondo giovanile, come sguardo d’amore, perché il nostro impegno sia costan-
recita lo stesso statuto dell’Ente. te, vigile e generoso nell’aiutare i ragazzi e i giovani
a realizzarsi secondo il progetto di Dio.
L’ingresso alle “nuove sedi” degli scout
35
2
Una
missione
da
compiere
Missione dei ragazzi 1958
La Passione del Signore
presentata dai giovani
dell’oratorio
36
“C’è qui un ragazzo...” Gv. 6,9
Cappella dell’oratorio, ceramica di Romano Pelloni
Una missione da compiere 37
Nacque così l’oratorio in via Giuseppe Rocca che
per circa dieci anni svolse un’intensa attività assisten-
Tradizione ziale ed educativa.
Mons. Benetti, nell’opera citata, descrive questa
oratoriana grande figura di sacerdote, la sua non comune spiri-
tualità, l’ansia apostolica che lo portò a pensare e a
nella Diocesi promuovere tante iniziative per riscattare i ragazzi
dell’ignoranza e dalla miseria, donando tutta intera la
sua vita, compresi i suoi beni familiari, per la carità
pastorale che ha caratterizzato la sua vita di sacerdote.
Don Sergio Galli, che frequentò da ragazzo l’orato-
rio in via Rocca e fu allievo dell’Opera Realina, scrive
Prima di continuare la storia dell’Oratorio Cittadi- che dopo la morte improvvisa di don Armando Benatti
no, è opportuno fare un passo indietro per richiamare (1937) l’oratorio chiuse definitivamente ogni attività
gli eventi e far cenno delle persone che hanno prepa- in attesa che la Provvidenza facesse germogliare e cre-
rato la nuova impresa educativa. scere il seme buttato dal santo sacerdote con la ripresa
a Carpi di una nuova stagione oratoriana.
Non si hanno in Diocesi di Carpi tradizioni
oratoriane che vengono da molto lontano.
Si ha notizia di un primo oratorio tenuto dai religio-
si Filippini nei primi anni del ‘900 a Carpi con il
benestare del Vescovo Mons. Andrea Righetti, che lo
volle dedicare a Cristo Re.
Don Luigi Benetti nella biografia di don Armando
Benatti parla della stessa iniziativa, precisando però
che fu promossa e diretta dai Padri Giuseppini.
Primo direttore di quell’oratorio fu un certo padre
Bianchi.
Per sopravvenute difficoltà non precisate, i religiosi
lasciarono l’istituzione che fu affidata alla cura di sa-
cerdoti secolari i quali condussero per anni l’attività
educativa precedentemente promossa.
Si ha ancora notizia di un circolo femminile opera-
io diretto da don Silvio Piovesani, seguito poi da don
Armando Benatti (omonimo ma non parente di don
Vincenzo), fondatore dell’Opera Realina (1922).
Don Armando
e l’Opera Realina
Con don Armando Benatti inizia a Carpi un’interes-
sante attività pastorale destinata ai ragazzi, con l’in-
tento primario di insegnare un mestiere e di avviare al Modello per la medaglia e per la targa in bronzo posta
lavoro tanti di essi, in tempi di disoccupazione e di sulla lapide di via Giuseppe Rocca a Carpi a ricordo
miseria in cui viveva la popolazione. di don Armando Benatti, fondatore dell’Opera Realina.
Scultura di Romano Pelloni
38 Una missione da compiere
Dall’Opera Realina A don Vincenzo, già prossimo al sacerdozio, per
all’ACEG ragioni non precisate era stato affidato l’incarico di
sostituire il professore di filosofia nelle classi liceali
Nelle poche sintetiche note lasciate da don Sergio del Seminario.
sulla nascita dell’Oratorio cittadino maschile, sta scrit- Si dice che gli allievi si divertissero assai ad ascol-
to: “Dopo 14 anni (dal 1937, anno della morte di don tare il professore-sostituto, che dedicava molto del suo
Armando Benatti, N.d.R.) l’oratorio riprende vita”. tempo, destinato alle lezioni, ad illustrare i suoi sogni
pastorali da realizzare nel grande complesso in stato di
La grande sofferta esperienza del fondatore del- decadenza e di abbandono.
l’Opera Realina era fallita. Così umanamente sembra- Tutto veniva giudicato semplice utopia. Ma utopia
va. non fu.
Non sono trascorsi quattordici anni. Sono trascorsi Ordinato sacerdote e inviato come cappellano in
solo se si fa riferimento all’apertura ufficiale del nuo- Cattedrale, subito si mise all’opera con caparbietà e
vo Oratorio Cittadino, avvenuta nel 1952. Non ci fu- risolutezza per realizzare il suo sogno.
rono tanti anni di silenzio e di disimpegno. L’attività
educativa per la gioventù era stata ripresa a Carpi negli
anni ’40, quando la Guerra mondiale stava insangui-
nando particolarmente l’Europa.
Un giovane sacerdote ordinato nel 1939, volitivo,
intraprendente, dalle vedute aperte al mondo giovani-
le, incominciava a realizzare i progetti che aveva so-
gnato ancora studente di teologia, cercando con osti-
nazione spazi idonei per l’educazione.
Una storia che ha dell’incredibile. La racconta con
dettagli di grande interesse, dopo aver fatto meticolose
ricerche, Dante Colli, in una delle sue pregevoli pub-
blicazioni edite dalla Libreria Il Portico nel 1998, dal
titolo “I ragazzi del campo”.
Il sogno di don Vincenzo
Non ancora sacerdote, aveva incominciato a sogna-
re e a progettare il suo futuro servizio pastorale. Mise
gli occhi sul Palazzo Corso, allora fatiscente e moral-
mente degradato. Il vecchio edificio, collegato ad altri
stabili seicenteschi al suo interno, stava lì a poche
decine di metri dal Seminario e, dalle finestre prospi-
cienti Corso Fanti, si poteva osservare il “traffico” che
animava i suoi portici, giorno e notte.
Di notte, in modo particolare, si udiva il vociare
litigioso che si protraeva fino a tarda ora.
Ampi cortili interni davano respiro ad altri grandi
edifici in condizioni precarie, quasi di abbandono,
destinati ancora a convento delle suore cappuccine.
Una missione da compiere 39
Don Vincenzo Benatti nell’orto delle suore con gli operai della prima ora!
Il sogno diventa realtà: scovo, la Fondazione ACEG (Attività Cattoliche
l’ACEG Educative Gioventù).
Don Vincenzo riuscì in pochi anni a realizzare, con Di fatto don Vincenzo aveva ripreso l’attività
strategie intelligenti e talvolta fortunate, cose straordi- oratoriana, prima tra le finalità dell’ACEG (art.4 dello
narie. Anche con l’aiuto di Enti e di privati che egli Statuto). Si preoccupò di offrire spazi idonei all’acco-
riuscì abilmente a contattare, conquistando stima ed glienza di centinaia di ragazzi.
illimitata fiducia. Incominciò così la storia dei Ragazzi del Campo ai
quali il sacerdote donò attenzione educativa e soprat-
Iniziando la sua opera probabilmente non volle usare tutto cuore.
il termine “Oratorio”, per l’idea riduttiva che poteva
avere il termine nell’opinione pubblica del tempo, o In seguito fu tutto un fervore di attività coinvolgen-
per il progetto che stava maturando, di creare una ti un numero sempre crescente di giovani entusiasti.
Fondazione a garanzia delle attività che avrebbero Don Vincenzo era particolarmente attento all’attività
dovuto durare nel tempo al servizio pastorale dell’edu- formativa. Quanto egli seguisse i suoi ragazzi uno ad
cazione giovanile. uno per aiutarli a crescere lo descrive brillantemente
Nasce infatti nel 1948, con l’approvazione del Ve- Dante Colli nell’opera citata.
40 Una missione da compiere
Anche la cultura religiosa stava ai primi posti. La costruzione di un cinema teatro che in quegli anni
chiesa di Carpi non dimenticherà che proprio i ragazzi risultò il più grande, per disponibilità di posti, di tutta
di Azione Cattolica della Cattedrale, guidati da don la regione.
Vincenzo, vinsero nel 1941 il primo premio nella gara Poi un circolo chiamato “Club del Corso”, dotato di
catechistica nazionale. ampie sale seicentesche riportare al loro splendore, con
800 iscritti, e che resterà per decenni il più attrezzato
Don Vincenzo aveva talento e carisma per stimola- e qualificato circolo ricreativo di Carpi.
re i suoi ragazzi a spaziare in ogni campo. Dal teatro,
al turismo, alla musica, agli interventi su argomenti Infine una scuola professionale per meccanici fra le
d’attualità da parte delle persone più qualificate allora più funzionali d’Italia, vanto del Ministero del Lavoro,
disponibili in Italia. E sempre “cose in grande”, senza che contò fino a 600 allievi.
mezze misure, in modo da incidere positivamente nella A quella scuola molti artigiani ed imprenditori di
vita civile ed ecclesiale della città. Carpi devono la loro formazione e la loro fortuna, e il
Sembra una descrizione un po’ gonfiata, loro principio professionale.
trionfalistica, ma corrisponde semplicemente al vero.
Quello che don Armando Benatti aveva tentato di
realizzare all’inizio del secolo scorso, in via Giuseppe
Realizzazioni Rocca, a prezzo di grandi sacrifici, con poveri mezzi
sempre più sorprendenti e con spazi limitati, diventava ora una grande realtà
nel complesso del Corso e Santa Chiara, come una
Le realizzazioni sorprendenti continuarono con la miracolo “nato da un prezioso seme sepolto”.
Mons. Vigilio Federico Dalla Zuanna, il
Vescovo che approvò nel 1948 la Costituzio-
ne della Fondazione ACEG e nel 1952 l’aper-
tura dell’Oratorio Cittadino, come sezione
dell’Ente stesso.
Una missione da compiere 41
tava rischi ma che anticipava tempi e metodologie.
Finì per affermare: “Parvuli petierunt panem et non
Club del Corso: erat qui frangeret eis” (“I piccoli, senza distinzione,
domandavano pane e non c’era chi lo spezzasse loro”).
Bisogna riconoscere che la critica allora poteva
una straordinaria essere facile. Correvano tempi nei quali il ballo era
imitabile esperienza esorcizzato e che una sola sala aperta per questo diver-
timento era sufficiente per far sospendere la processio-
ne nella festa del Patrono. Tempi in cui negli ambienti
parrocchiali e nella vita associativa la promiscuità non
era tollerata perché considerata occasione moralmente
pericolosa.
Soltanto un vescovo di larghe vedute, per aver avu-
Don Vincenzo, nelle poche cose scritte lasciate sulla to come francescano responsabilità di carattere inter-
vita dell’ACEG, parla del Club del Corso come una nazionale (fu Superiore Generale), mons. Vigilio Fe-
delle più interessanti proposte della Fondazione. derico Dalla Zuanna, considerato da don Vincenzo
Iniziativa anche questa realizzata in grande con l’in- come il “padre buono”, seppe capire ed incoraggiare
tento di farne un meraviglioso campo di apostolato, un tentativo così profetico ed innovatore.
“un’iniziativa da giudicare, sorreggere, incoraggiare”. Un circolo ricreativo che raggiunse gli 800 soci
Don Vincenzo lo seguì per molti anni e con atten- iscritti non poteva considerarsi una cosa di poco conto
zione, angustiato talvolta per aver ricevuto più critiche e il suo prestigio durò per decenni in tutta la città, per
che collaborazione nel tentativo pastorale che compor- la promozione di iniziative di ogni genere e sempre di
42 Una missione da compiere
notevole livello. Tutto questo incrociarsi di attese educative esige un
Si è voluto fare cenno al Club del Corso perché intervento preciso, serio, consapevole, che si traduca
oggi un po’ ovunque nelle comunità ecclesiali e nei in strumenti educativi ed efficaci quali sono i circoli
progetti pastorali si vanno proponendo analoghe ini- giovanili che, per la loro caratteristica, possono diven-
ziative. I tempi sono cambiati e il Club del Corso ha tare luogo di incontro, di dialogo, per chi non è cre-
fatto fatica a rinnovarsi nel corso della sua ormai lun- dente con i lontani e con gli ultimi.
ghissima vita, ma sopravvive per la buona volontà e la
tenacia di alcuni suoi soci. Resta comunque una realtà Erano queste le linee ispiratrici del centro giovanile
imitabile anche se con proposte rivedute ed attualizzate. di cui si farà cenno in queste pagine, sulla proposta in
I circoli ANSPI sono sulla linea di questa grande atto del Kairos che, oltre all’accoglienza, pensa alla
esperienza e vanno riproposti con coraggio. Ci sono ricerca anche notturna dei “lontani” per incontrarli dove
sfide oggi che fanno tremare, ci sono interrogativi essi si trovano fisicamente e psicologicamente e con
importanti che non si possono eludere, il tempo corre tanta passione missionaria. Siamo oggi sollecitati a
sempre più velocemente e i cambiamenti sono molto dar vita ad oratori e circoli per questi motivi, e non
rapidi e il disorientamento comprensibile. solo per offrire divertimento e spazi più puliti. Per non
Le famiglie, praticanti e non, oggi più che mai sono correre il rischio di delusioni e parziali insuccessi già
alla ricerca di spazi umanamente e culturalmente sperimentati, occorrono comunità cristiane più attente
affidabili per far fronte al tempo libero dei giovani. I a questi problemi, fortemente motivate e con passione
giovani stessi desiderano ambienti dove possono facil- educativa, occorrono animatori laici adeguatamente
mente incontrarsi e fare esperienze di umanità. Anche preparati, con la profonda convinzione di essere, an-
nella nostra diocesi, nel nostro territorio, si sente l’esi- che se talvolta compensati per la disponibilità a tempo
genza di una modalità di aggregazione e di partecipa- pieno, educatori inviati dalla Chiesa in un’attività au-
zione. tenticamente missionaria.
Un memorabile
duetto comico
di Sergio Sforzi
e Arnoldo Leporati.
Una missione da compiere 43
La Sala Gialla del Club del Corso ha ospitato per decenni
opere di artisti provenienti da ogni parte d’Italia.
Nella foto: espone Romano Pelloni, al centro con don Nino.
Un fedele collaboratore
Il Cav. Armando Nunzio Ferrari, fin dai primi anni di vita
della fondazione ACEG fu fedele collaboratore di don Vincenzo
Benatti. Offrì con continuità un diligente e disinteressato servi-
zio.
Raggiunta l’età pensionabile fa dono del suo tempo e della
sua esperienza alla comunità ecclesiale e alle associazioni reli-
giose e civili di cui fa parte, con la riservatezza e l’impegno che
caratterizzano da sempre il suo stile di vita.
Anche l’Oratorio gli è grato per la fiducia con la quale ha
reso partecipi i suoi figli delle proposte educative dell’istituzio-
ne e per la cordialità dei rapporti tenuti ininterrottamente con la
Direzione.
44 Una missione da compiere
Don Vincenzo Il papà, che gli fu accanto nelle prime ardimentose
e il suo calvario opere di ricostruzione dei locali destinati alla Fonda-
zione, morì di tetano per la ferita provocatagli da un
Per tutto questo don Vincenzo non ebbe il plauso chiodo arrugginito.
generale. Tutt’altro. Incominciò presto – come lui lo La mamma Renata, una santa donna, fu vicina al
chiamò – il suo calvario. figlio in qualsiasi febbrile attività con amorevole at-
tenzione anche per i giovani collaboratori di don Vin-
Qualcuno, geloso del loro orticello, osservava que- cenzo che considerava altrettanti figli. La sua porta era
sta straordinaria convergenza di giovani verso il Corso sempre aperta, per chiunque. Ma, nella sua semplicità,
con meraviglia e, in seguito, con una non celata pre- nella sua sensibilità di madre, non disdegnava talvolta
occupazione. di sollecitare Alves (il nome di battesimo di don Vin-
Don Vincenzo non pensava ai “pochi” delle parroc- cenzo) che aveva tante risorse, che si interessava di
chie, ma a tutti gli altri, ai lontani, ai cosiddetti “per- tante persone, a pensare “un po’” anche ai suoi fratelli.
duti” dopo i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Non sorprende che don Vincenzo, nella crescita e
Egli intanto aveva iniziato a formare e ad allenare nello sviluppo delle sue opere, chiedesse la collabora-
i migliori, i più generosi ed intelligenti “Ragazzi del zione e dimostrasse fiducia ai suoi familiari. Ma que-
campo” a uscire allo scoperto, a buttarsi nella mischia, sto probabilmente fu un rischio e una debolezza. Negli
a testimoniare con coraggio la fede, anche in campo ultimi tempi della sua vita lo riconobbe come “il suo
socio-politico. errore”.
I risultati furono sorprendenti, e qualcuno arrivò in E pensò anche ai rimedi. Nel suo testamento non
Parlamento. lasciò nulla ai parenti, ma tutto alle Chiese sparse per
l’Italia ove aveva operato a favore dei giovani operai
Ma la via crucis continuava. Un suo confratello af- bisognosi di qualificazione per affrontare la vita.
ferma di averlo visto piangere. Lui che sembrava un
duro incapace di emozioni, che mai era soddisfatto
della mediocrità… qualcuno è riuscito a farlo piange- “I ragazzi del campo”
re. grati, ricordano
Egli stesso raccontò che fu invitato dal suo Vesco-
vo, da poco eletto a reggere la Diocesi di Carpi, a Con i superstiti dei Ragazzi del Campo da qualche
portare tutti i libri contabili della Fondazione in Curia anno mi reco a Torri del Benaco, sul Lago di Garda.
per un doveroso controllo. Senza preavvisi, senza al- Raggiungo il cimitero e celebro la S.Messa sulla tom-
cuna rispettosa attenzione per chi era pastoralmente ba di don Benatti, situata nella piccola cappella. I suoi
così impegnato per la gioventù della città. ragazzi ritornano lì a rinnovare la loro gratitudine con
Ricordando tutto questo don Vincenzo così espri- la preghiera di suffragio nel piccolo, pittoresco cam-
meva la sua amarezza: “I superiori, certamente in buona posanto che ha trovato spazio con fatica, sul versante
fede, si santificano facendo soffrire gli altri… buttan- roccioso della montagna che guarda il lago. Lo stesso
do pesanti croci sulle spalle di coloro che dovrebbero versante dove è posta la casa nella quale ha trascorso
comprendere ed amare”. E poi si riprendeva ricono- gli ultimi anni della vita amorevolmente assistito dalla
scendo di aver esagerato e aggiungeva: “Poi le prove signora Loris.
vengono superate e si ringrazia Dio per essere stati Don Vincenzo ha terminato i suoi giorni, malato e
provati… Le sofferenze costituiscono il miglior cemento stanco, ma sereno, al cospetto di panorami incantevoli
che tiene ben unite le pietre della costruzione”. e di incomparabili e dolci tramonti sul Lago di Garda.
Nell’ultima messa celebrata con i Ragazzi del Campo
Don Benatti proveniva da una famiglia povera. La (1 giugno 1996) nella chiesa di S.Bernardino da Siena,
mamma e il padre erano persone semplici che avevano accanto alla quale egli aveva fatto costruire un nuovo
lavorato sodo per allevare i loro figli; persone che monastero, davanti al vescovo Mons. Staffieri, ha ri-
avevano sperimentato la fatica di vivere, all’inizio del volto loro con evidente commozione queste parole:
secolo scorso. “Ecc. Rev.ma, desidero porgere a lei il mio primo,
Una missione da compiere 45
Don Vincenzo Benatti a Peschiera,
in occasione della ricorrenza
dell’80° compleanno,
in colloquio con il Vescovo,
Mons. Bassano Staffieri
fervido, e vivo ringraziamento perché, anco-
ra una volta, con la sua amabile bontà, ha
voluto presenziare a questo nostro incontro:
l’incontro degli amici del campo. Dopo aver-
la conosciuta, provo un certo dispiacere di
averla incontrata troppo tardi. Quante ini-
ziative avremmo potuto promuovere e realiz-
zare insieme, se ci fossimo incontrati prima!
Il secondo ringraziamento lo porgo a voi,
miei carissimi amici del campo, che avete
promosso questo incontro, e che con intelli-
gente e piacevole insistenza avete trovata la
via di questo mio ritorno a Carpi, in questa
città, ove insieme a voi, ho trascorso gli anni
più belli ed indimenticabili della mia giovi-
nezza e soprattutto del mio apostolato sa-
cerdotale.
Motivo primario di questo nostro incon-
tro era quello di ricordare, con la celebra-
zione di una S. Messa, gli amici del campo
che hanno raggiunto la casa del Padre.
Io però non intendo fare commemorazio-
ni; questo giorno per noi, non può e non
deve essere considerato una giornata di lutto, un due po di concentramento, così continuava:
novembre; ma un giorno di festa, perché qui, con noi, “Corro spesso col pensiero e con nostalgia alla
ci sono tutti i nostri amici e noi ci troviamo qui tutti nostra vita nel campo, con gli amici e particolarmente
insieme per ringraziare il Signore per tutti i benefici ricordo i giorni festivi, quando tutti assieme ed erava-
che ci ha donato, qui ci siamo tutti. mo tanti, in Cattedrale alla Santa Messa cantavamo:
“O Gesù” se un giorno tu ritorni
Proprio tutti no. Permettetemi che vi legga una let- torna a nascere nell’officina.
tera scrittami da Giubin (Giuseppe Grillenzoni) da un Sopra un maglio, la culla Divina
campo di concentramento in Germania, dove erano ti riscalda il calor dei forni.
detenuti i soldati, che si erano rifiutati di combattere Torna, torna o buon Signore….
con l’esercito di Hitler. E nella lettera continua: dica agli amici del campo,
In essa, dopo aver descritto come si viveva nel cam- di non dimenticare mai la S. Messa festiva e di ricor-
46 Una missione da compiere
darsi di me nelle loro preghiere. e rivissuto momenti felici e no della nostra giovinezza,
Il 23 dicembre ultimo scorso i nostri custodi ci dis- ora però e necessario tornare a valle nella realtà della
sero che per Natale avrebbero preparato un pranzo vita. Se è vero che col passare degli anni il nostro
che non avrebbero dimenticato per tutta la vita. L’ora animo non invecchia, così non è per il nostro corpo.
del pranzo natalizio, ci portarono un qualcosa che Io vi ho preceduto, ma voi mi avete sempre seguito.
assomigliava a un minestrone. La condizione però da La primavera e l’estate sono passate ed ora per
loro posta perché potessimo mangiare, a quella di tutti noi è giunto l’autunno e per me è già vicino l’in-
cantare prima del pranzo del fascismo. Restammo per verno.
un momento tutti muti: poi, come se prima l’avessimo Ma anche l’autunno con i suoi tramonti, che sem-
concordato fra noi, con tutta la voce che avevamo in brano durare eternamente, ha qualche cosa di mera-
petto abbiamo intonato l’inno “Fratelli d’Italia”, ma viglioso. Questa è la stagione che in un modo partico-
dopo poche note le nostre voci si sono spente ed ab- lare ci porta a pensare, a meditare, a pregare. Alla
biamo pianto. I nostri custodi allora hanno buttato fine della nostra giornata non dimentichiamo mai, di
sale in grande quantità nelle pentole. E per quel gior- esaminarci su ciò che abbiamo fatto di bene o di male,
no, per noi tutti è stato un giorno di digiuno completo. e di ciò che di bene potevamo fare e non abbiamo
Qualche giorno fa mi hanno tolto un rene, soffro molto. fatto. Ed ora vi prego di unirvi a me, per porgere alle
Domenica però, anche se la ferita è ancora aperta, suore Cappuccine il nostro più fervido, sentito e vivo
per sollevare lo spirito dei miei compagni di prigio- ringraziamento per aver avuto il coraggio di lasciarci
nia, mi farò portare in barella nella mensa, e così il loro antico convento, e dare a noi la possibilità di
come tutte le domeniche, farò loro uno spettacolo di raggiungere una formazione di vita cristiana e diven-
burattini. Quando, finita la guerra, Giuseppe raggiun- tare portatori di bene e d’amore a tutti coloro che
se la nostra e sua città ho cercato in ogni modo, bus- nella nostra vita avessimo avuto l’occasione d’incon-
sando a tutte le porte, chiedendo l’aiuto e la compren- trare invocando su tutti noi, la benedizione di S.
sione degli amici politici, dei direttori generali dei Bernardino e particolarmente la benedizione della no-
Ministeri competenti perché gli fosse riconosciuta fi- stra Madre Celeste la Vergine Assunta, protettrice della
nalmente una pensione d’invalidità. Per anni abbiamo nostra città, mi rivolgo ancora una volta, alle nostre
atteso inutilmente. Un pomeriggio, da Roma mi arri- sorelle Cappuccine e chiedo loro umilmente ma insi-
vava un telegramma: la pensione è stata concessa. stentemente di pregare per noi e per le nostre fami-
Prendo la bicicletta, quasi felice, corro a dare la no- glie.”
tizia. Arrivato alle case, così dette, del Duce, busso
alla porta dove Giuseppe abitava. Ad aprirmi venne
suo padre. Lo vedo triste, molto triste; pensavo che gli Guardare al lato buono
fosse di sollievo la notizia che stavo per comunicare delle persone
ma lui, piangendo mi disse: “troppo tardi, Giuseppe
sta morendo”. Ed ora, come sempre nei nostri incon- Ogni volta che si ritorna a Torri del Benaco, nell’at-
tri, un pensiero tratto dal Vangelo, che per noi possa mosfera di silenzio e di palese serenità del cimitero, è
essere oggetto di meditazione: Gesù, preso con sé Pie- spontaneo riflettere sulla storia di un prete che ha la-
tro, Giacomo e Giovanni, salì sul monte a pregare. Or sciato il segno, nella vita della Chiesa e del suo paese.
mentre pregava, il suo volto si trasfigurò e la sua Parlando di lui bisogna “guardare al lato bello delle
veste divenne candida e sfolgorante. Ora Pietro e i cose” – come diceva Papa Giovanni XXIII – “guarda-
suoi compagni videro la sua Gloria. Allora Pietro disse re al lato buono delle persone”.
a Gesù “Maestro è un bene per noi starcene qui, ora
costruiremo tre campane, una per Te, una per Mosè, Se oggi a Carpi c’è un grande spazio disponibile
una per Elia”. per un centro educativo, per un Oratorio dove genera-
Ma nel mentre così parlavano, una nube si levò, da zioni di ragazzi sono ancora oggi accolti per crescere
cui furono coperti. Quando scomparve, Gesù, presi i come uomini e come cristiani, il merito – bisogna ri-
tre discepoli ritornò a valle dove gli altri discepoli e conoscerlo – è di questo infaticabile sacerdote che,
una folla di sofferenti l’aspettavano. con l’aiuto di Dio, ha realizzato “cose grandi”.
Anche noi, per qualche minuto, abbiamo ricordato
Una missione da compiere 47
formeranno la sua vita di sacerdote.
Egli fu coinvolto totalmente nella storia di quel
Don Sergio Galli piccolo oratorio di via Giuseppe Rocca. Lo si vede
ritratto in tutte le foto che ne documentarono la storia.
Un ”prete da corsa” Anche se ancora ragazzo, intuì la vita faticosa del-
l’Opera Realina e ne condivise le sofferenze del falli-
mento. Ma l’immagine dell’impegno del suo fondato-
re che non conosceva riposo, la sua preziosa fede,
lasciarono un segno profondo nel suo animo che andrà
ad ispirare il suo futuro servizio pastorale. Zelo appas-
sionato, talvolta incauto e frettoloso, ma sempre ispi-
Don Sergio Galli è diventato sacerdote il 13 giugno rato da motivazioni profonde ed apostoliche.
1947. La sua vocazione era maturata nell’Opera Realina Al mondo operaio sembrava dare le sue preferenze.
fondata da don Armando Benatti, suo educatore e padre Consumava alla mensa i pasti con i lavoratori. Dotato
spirituale. di cordialità accattivante, gli era possibile svolgere il
Egli non può non aver assimilato uno stile di vita, suo ministero superando non poche difficoltà. I suoi
l’atmosfera di un ambiente, una vita oratoriana con consigli erano accolti perché sempre improntati alla
tante sfaccettature quale era quella proposta dall’esem- sincerità e alla concretezza.
plare fondatore don Armando. La stessa attenzione per Si dice anche che avesse le “mani bucate” per aiu-
i poveri, i disoccupati, per la scuola di arti e mestieri, tare chi era in difficoltà… anche se qualcuno abusò
influirono certamente nello stile e nelle scelte che della sua generosità.
Don Sergio, primo direttore dell’Oratorio cittadino, con i suoi giovani collaboratori.
Riconoscibili da sinistra: Romano Rebecchi, Giovanni Battini, Romano Pettenati, Adelino Melegari.
48 Una missione da compiere
Bisogna ricordare l’inizio del suo ministero sacer- Una corsa “dissacrante”?
dotale in Cattedrale. Erano tempi d’oro, allora, per la
disponibilità di tanti sacerdoti. In Duomo con don Una notte don Sergio, che di giorno non aveva mai
Sergio erano vicari cooperatori don Vilmo Forghieri e tempo per la ricreazione e il riposo, abituato com’era
don Giordano Rossetti. Nel 1954, chiamato dal vesco- ad andare sempre “di corsa” per i mille impegni che
vo mons.Prati da Mirandola a Carpi, fui accolto come assillavano la sua giornata, organizzò coi suoi colleghi
ospite dal parroco della Cattedrale mons.Pio Tarabini sacerdoti una corsa in bicicletta, a luci spente, per le
e mi resi disponibile a collaborare con gli altri due navate della Cattedrale.
confratelli nell’attività pastorale, in attesa di un servi- Un’impresa un po’ dissacrante, ma don Sergio per
zio definitivo. giustificarsi affermava che “si giocava in casa” e che
il Signore avrebbe chiuso un occhio.
E’ di quegli anni un divertente aneddoto che poteva L’occhio non lo chiusero le pie donne della prima
diventare oggetto di scandalo per le “persone deboli”. messa (che si celebrava in Duomo alle 6 del mattino)
le quali, incuriosite, si interrogavano l’un l’altra sui
segni di ruote di biciclette ben visibili sul pavimento
della chiesa. Non ci fu risposta. Se avessero conosciu-
to la verità dei fatti ne sarebbe andata di mezzo la loro
fede.
L’impresa per anni restò un mistero gelosamente
custodito dai giovani preti piuttosto irrequieti e
scanzonati.
Ma l’impresa più bella, e non per gioco, per la
sensibilità maturata nell’Opera Realina, fu la ripresa
dell’Oratorio cittadino “dopo 14 anni dalla sua chiusu-
ra”, così ha scritto lui. L’iniziativa pastorale che anco-
ra ha seguito.
Erano venuti maturi i tempi. Si erano create le con-
dizioni favorevoli con la disponibilità di spazi che
quattordici anni prima sarebbero sembrati un sogno.
Don Sergio nel libro dei verbali scrisse “per la gene-
rosità della signora Sartoretti”.
E non accenna (non si sa perché) all’opera educativa
intrapresa così felicemente da don Vincenzo Benatti e
ai grandi spazi che per la sua iniziativa e il suo impe-
gno si stavano gradualmente ristrutturando.
Avuto il benestare del Vescovo Mons. Dalla Zuanna
e quello della Fondazione ACEG, l’oratorio iniziò uf-
ficialmente la sua attività domenica 2 marzo 1952 con
una Messa solenne celebrata in S.Ignazio con la par-
tecipazione di oltre trecento ragazzi provenienti da tutta
la città.
Don Sergio ispiratore e fondatore della nuova isti-
tuzione nata nell’ambito delle attività promosse
dall’ACEG rivestirà l’incarico di direttore fino all’ot-
tobre 1953.
Particolare della Cattedrale, dove don Sergio
ha svolto i primi anni di ministero pastorale.