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Published by info, 2021-02-07 13:27:46

eta fiorita web_Neat

I fatti e gli eventi 149
























































torio di essere sempre aperto fisicamente ma soprattut- re per incontrare i ragazzi che, nelle ore serali e not-
to realmente accogliente attraverso persone significa- turne, animano parchi e locali cittadini. Qualche tecni-
tive e alla loro carica di passione educativa. ca di approccio, la disponibilità al dialogo e soprattut-
to all’ascolto ha permesso lo strutturarsi di un vero e
Un primo tassello è stato posto in un progetto nato proprio servizio di Educativa di Strada con un furgone
nel 1998 per l’accompagnamento e il recupero di donatoci dalla Fondazione Cassa di Risparmio e la
preadolescenti con qualche difficoltà, denominato Cen- disponibilità di oltre una ventina tra educatori profes-
tro Educativo ‘Hip Hop’. Attraverso la collaborazione sionali e volontari. E’ soprattutto il contatto con le
fattiva con i Servizi sociali, le scuole medie e le asso- compagnie di adolescenti, la familiarità che si crea
ciazione dell’Oratorio un numero via via crescente fino con essi, che permette in momenti di particolare ne-
a oltre 40 ragazzi trovano nei pomeriggi dell’anno sco- cessità di poter spendere una parola che venga perce-
lastico la possibilità di lavorare su se stessi, sulle loro pita come autorevole e che possa scongiurare l’insor-
relazioni, attraverso l’esecuzione dei compiti, giochi e gere di comportamenti devianti o comunque a rischio.
attività formative e manuali tese ad aumentarne In parallelo all’educativa di strada, per una esigenza
l’autostima. Alcuni educatori, in modo professionale, ne nata dai ragazzi stessi, abbiamo iniziato il servizio di
accompagnano quotidianamente la crescita. accompagnamento al lavoro volto non solo ad aiutare
i giovanissimi nella ricerca lavorativa ma soprattutto
Nell’estate del 2001 con il progetto ‘I giovani e la nell’individuare le attitudini reali dei singoli e nel
notte’ alcuni giovani educatori hanno iniziato ad usci- sostenerne la motivazione.

150 I fatti e gli eventi























































































Giorno di festa all’oratorio

I fatti e gli eventi 151




Nel 2005 nasce, accanto al centro Hip Hop il nuovo I numeri e le presenze sono significative. I ragazzi
Centro Up-Prendo volto ad accogliere bambini delle che in qualche modo conducono vita associativa (Anspi,
elementari, ragazzi delle medie ed ora anche delle Agesci, Ac, TreTorri superano le 700 unità, la
superiori che, soffrendo di disturbi di apprendimento U.S.Carpine ha più di 300 aderenti, la Scuola Sacro
(dislessìa, disgrafìa, discalculìa, ecc) necessitano, per Cuore 360), in più non sono pochi coloro che accedo-
avere buoni risultati scolastici, dell’ausilio di un com- no senza particolari legami. Diventa necessario che le
puter e della competenze di educatori che si sono for- varie realtà crescano nella consapevolezza di essere un
mati allo scopo. Molto interessante l’esperienza di unico corpo pur nella varietà delle fisionomie specifi-
collaborazione con le scuole elementari e medie della che. Ruolo indispensabile in questo lo svolgono le
città ed ora anche del distretto che, hanno invitato i associazioni, specialmente AC e Agesci. Credo inoltre
nostri educatori a fare formazione agli insegnanti stes- necessario continuare a percepire l’Oratorio Eden come
si. una realtà cittadina e diocesana: spazi e persone, com-
petenze e progettualità al servizio delle realtà parroc-
Come rendere i ragazzi stessi protagonisti della vita chiali e necessario volàno della Pastorale Giovanile
dell’Oratorio ed educarli progressivamente alla diocesana. Va suscitato con coraggio nelle associazio-
corresponsabilità? Da alcuni anni, alcuni adolescenti ni e gruppi il desiderio di spendere tempo ed energie
denominati ‘Musicai’ si occupano dell’animazione per i coetanei in situazione di ricerca e trovare le pa-
musicale attraverso la gestione di una sala prove inter- role giuste ed il tempo giusto (il Kairòs) per declinare
na, diversi concerti durante l’anno specialmente d’esta- l’annuncio del Vangelo nel linguaggio e nella vita dei
te e, ultimamente, anche un piccolo studio di registra- ragazzi, adolescenti e giovani del nostro tempo.
zione. I ‘Cortilai’ invece sono un gruppo di adolescen- Nel Signore Gesù, Risorto e vivente, attingiamo in
ti volontari che nel pomeriggio a turno sono responsa- misura sovrabbondante quella Speranza autentica di
bili dell’animazione e del controllo del cortile e degli cui abbiamo bisogno. Ed è questa Speranza capace di
spazi del Circolo, della distribuzione del materiale e nutrire ciascuno nel proprio cammino personale e in
dell’accoglienza dei ragazzi nuovi. quella dedizione educativa in cui si traduce la neces-
Continua l’attività dell’Unione Sportiva Carpine e sità e la bellezza di comunicare il Vangelo in questo
dei centri estivi. nostro Tempo e in questa nostra Chiesa.

152

153






























4










Nel dono


di un


servizio





























Romano Rebecchi nella camera
di proiezione del Cinema Eden.
Ininterrottamente, fin dalla prima
giovinezza, egli ha dato
la sua collaborazione
nel settore organizzativo e tecnico
dell’attività oratoriana

154 Nel dono di un servizio


ogni altro pensiero passò in secondo ordine. Per il suo
carattere affettuoso ed estroverso diventò presto per
Mamma tutti “la mamma”.
E per lei, naturalmente, i ragazzi dell’oratorio di-
Cesarina vennero “i suoi bambini”.


Montagne di magliette, calzettoni e quant’altro ser-
viva per le partite di calcio, da lavare quasi settimanal-
mente, era il servizio che faceva con disponibilità e
amore, provvedendo alle riparazioni, ai rammendi, alla
stiratura e a quant’altro le veniva richiesto.


La mamma di don Nino si chiamava Cesarina. Ri- Esperta come sarta, confezionò per anni i
masta vedova, liquidò il piccolo negozio che gestiva fazzolettoni degli scout, bandiere per le squadriglie e
da anni a Gavello di Mirandola per andare a vivere per il Reparto, e ciò che serviva ai campi scout per
con il figlio sacerdote a Carpi. dare vita e colore all’avventura.
A differenza delle donne di servizio a volte impa-
I legami con la gente del suo paese erano stati sem- zienti e intolleranti, a mamma Cesarina piaceva tutto
pre forti e non le fu facile perdere la nostalgia per la quello che nei ragazzi esprimeva la gioia di vivere. La
terra dove era nata e vissuta per buona parte della sua confusione e i giochi chiassosi non la infastidivano.
vita. “E’ il loro tempo”, diceva “Al Sgnor li bandissa!”
Il Signore li benedica.
All’oratorio cittadino, dove il figlio svolgeva la sua
missione, si sentì molto presto coinvolta al punto che Una sola cosa faceva fatica a capire: le riunioni



La mamma di don Nino e Luigi Lamma

Nel dono di un servizio 155























































Per oltre vent’anni Cesarina ha confezionato i fazzolettoni degli scout






serali, le adunanze. “Ma cosa avete da dire tutte le le facilitò ogni rapporto sociale.
sere? Qualche ora di riposo in più non ci farebbe meglio Giunta alla bella età di 94 anni non aveva perduto
di tante parole?” il suo carattere spiritoso e cordiale.
Credeva ai fatti più che alle parole, lei che aveva
avuto una fanciullezza difficile, unica dei suoi fratelli Sulla seggiola a rotelle, dopo una rovinosa caduta
a frequentare saltuariamente la scuola fino alla terza e ripetuti interventi chirurgici al femore, continuò a
elementare. cucire i fazzolettoni degli scout! Don Nino ne ha con-
Confessava, contenta, di aver sempre condiviso con servato uno… come una preziosa eredità.
la sua numerosa famiglia una povertà dignitosa ma Per gli scout è segno di una promessa di servizio.
durissima. Per noi è segno di una testimonianza.
Segno di un servizio costantemente operato da
L’operosità costante e il carattere estroverso l’ac- mamma Cesarina con semplicità e con tutto l’amore
compagnarono anche nell’età adulta. Intraprendente e che il cuore di una madre sa esprimere.
volitiva, non faticò a farsi sempre ben volere, cosa che

156 Nel dono di un servizio






Paola e Gianni


Volontari in tempi eroici











E’ sempre divertente ascoltare il racconto di Paola,
la moglie di Gianni Battini, quando parla del suo ser-
vizio giovanile all’Oratorio e al cinema Eden come
bigliettaia, in tempi eroici quando i mezzi per affron-
tare le nuove e impellenti esigenze della vita oratoriana
erano pochi e si doveva contare sull’apporto di qual-
che volontario.
Con fatica si era ottenuta la licenza ministeriale per
l’apertura del cinema Eden che aveva potuto iniziare
la sua attività arredato poveramente con poltrone di
legno e rozzi pannelli di populit alle pareti che lo ren-
devano decoroso e tecnicamente idoneo alle proiezio-
ni cinematografiche.
Anche in quelle condizioni il locale ospitò manife-
stazioni ed iniziative di grande interesse. Proprio in
quegli anni sono venuti alla ribalta uomini e donne
eccezionali a condividere preoccupazioni e speranze
con una disponibilità che oggi si direbbe “incredibile”.
Paola racconta, e sembra molto divertita nel suo
dire, che il tempo di fidanzamento fu sacrificato al- Campestrin, 1961
l’Eden. Lei e Gianni, poche volte trovavano il modo
per stare insieme, per qualche svago o godersi un po’ Paola e Gianni Battini
d’intimità, perché, l’uno e l’altra, sempre occupati nei in visita al Campo del Tricolore
turni di servizio.
Per Gianni nacque presto anche un altro amore
quello dello sport, al quale aveva già dato molto orga-
nizzando e seguendo i primi tornei amatoriali per i
ragazzi dell’Oratorio, collaborando alla nascita del-
l’Unione Sportiva Carpine.
Dopo qualche anno anche il Centro Sportivo Italia-
no iniziò la sua attività anche a Carpi, promosso a
livello nazionale dall’Azione Cattolica, per offrire alla figli, al lavoro e… al marito che allo sport donava
gioventù un’attività sportiva cristianamente ispirata. ogni spazio della giornata.
L’intraprendenza di Gianni è nota, una dote manifesta- Più tardi arrivarono le gestioni cinematografiche,
ta da giovane e che lo accompagnerà per tutta la sua l’Eden prima e poi il Corso, con la solita passione, con
vita. Il Centro Sportivo diventò per molti anni il cen- un’attenta e meticolosa organizzazione, con le frequenti
tro del suo impegno. proteste da far saltare i nervi quando le case di noleg-
Sorride Paola, anche di questo, pensando ai quattro gio non lo servivano a dovere.

Nel dono di un servizio 157





































Paola, con i figli che s’erano fatti grandi,
sempre più attenta e premurosa per il suo
Gianni, comincia a preoccuparsi: “Quando è
troppo… è troppo!”.
Negli ultimi anni le cose sono cambiate
anche all’ACEG. Nuovi presidenti e tempi
difficili per il cinema, soprattutto quello in-
dustriale.
Preceduto da Romano Rebecchi, suo fede-
le e insostituibile collaboratore, anche Gianni
ha terminato il suo generoso servizio. Entram-
bi a malincuore e con nostalgia ma lasciando
una limpida testimonianza di fedeltà e umiltà
pensando alle energie profuse per la vita del-
l’Oratorio prima e dell’ACEG poi.
A casa di Gianni, di fronte all’Eden, a piano
terra, c’è una stanza di lavoro, tra scaffali
pieni di manifesti cinematografici in bell’or-
dine, alcune vecchie gigantografie della vita
oratoriana e altre cianfrusaglie che tiene per
ricordo. Paola continua ad avere il suo volto
sereno e il sorriso accattivante di una nonna
sempre in azione. Nella vita di Gianni e Pa-
ola, come in quella di ognuno di noi, sono
cambiate tante cose. Attorno a loro si è feli-
cemente rinnovato, nei loro figli, il miracolo
della vita, con le sue preoccupazioni ma an-
che tante gioie impareggiabili.
Nel loro cuore nulla è cambiato. E’ sem-
pre lo stesso: generoso e grande.

158 Nel dono di un servizio






Il Maestro

Marchi


Pippo e il doposcuola








Il maestro Giacinto Marchi, detto comunemente
“Pippo”, divenne fin dai primi anni dell’Oratorio un
prezioso collaboratore. Lo incontrai alle scuole ele-
mentari “M.Fanti” in occasione di una delle venti le-
zioni di religione che allora era ancora consentito te-
nere agli alunni delle scuole primarie.
Il circolo didattico disponeva di ottimi docenti, ma
il maestro “Pippo” sembrava avere una marcia in più
per le sue spiccate ed originali capacità didattiche.
Anche alle lezioni di religione partecipava attiva-
mente proponendo sempre agli alunni esercitazioni sugli
argomenti trattati.
Per me fu facile sentirmi in sintonia con un maestro
ricco di creatività e molto sensibile alle proposte di
carattere artistico e di espressione in genere.
Fu notevole la collaborazione scolastica ed extra-
scolastica nella realizzazione di piccoli spettacoli, di
parabole sceneggiate, e a Natale nella realizzazione di
originali presepi che ancora si potevano allestire nelle
aule scolastiche senza “turbare la sensibilità religiosa
degli allievi non cristiani”.
All’Oratorio Pippo si fece amico degli scout e si
dimostrò contento di partecipare ai loro campi estivi
in val di Fassa, offrendo la sua collaborazione come
esperto in arte culinaria.
Quante volte dovette correre ai ripari con drastici
interventi, quando i cucinieri di squadriglia, in gara fra
di loro, realizzavano misteriosi intrugli che non allie-
tavano per niente i capi normalmente invitati ai “lauti
pasti”. Frequentemente, invece, era proprio lui, il
maestro, a preparare i menu, a cucinare, per offrire
“banchetti” che mettevano in allegria l’intera comuni-
tà scout.


Divenne presto collaboratore stabile come segreta-
rio della Direzione dell’Oratorio, offrendo volontaria-
mente il suo servizio negli ambiti che più gli erano
congeniali.

Nel dono di un servizio 159


Un’esigenza particolarmente sentita fu un doposcuo- Indimenticabile l’apporto della maestra Luisa Lugli,
la per gli alunni dell’età scolare. Fu lui a proporlo, ad che seppe pazientemente educare i ragazzi all’uso di
organizzarlo e a dirigerlo. Oltre l’attività catechistica tanti elementari strumenti musicali, preparare un coro
e ludica, fu la prima proposta significativa oratoriana. di voci bianche e un piccolo complesso che si esibì
Sembrò infatti opportuno aiutare i ragazzi in ciò con successo sul palcoscenico dell’Eden nel saggio di
che caratterizzava il loro impegno quotidiano: la scuo- fine anno, applauditissimo dalle famiglie invitate per
la e lo studio. l’occasione.
Particolarmente esperto, come si è detto, in attività
didattiche integrative, appassionato sempre nell’eser- Ora il maestro ha raggiunto l’età pensionabile.
cizio della sua professione, felice del rapporto con i I suoi figli Stefano e Alberto sono noti e stimati
suoi allievi, ai quali sapeva trasmettere stimoli creativi professionisti. Hanno fatto l’esperienza scout che con-
e tanto interesse per l’apprendimento. tinuano, a loro volta, a condividere con i figli.


Le iscrizioni al doposcuola andarono al di là di Pippo, qualche anno fa, ha perduto improvvisamen-
ogni attesa. Il primo anno furono una sessantina i ra- te la moglie Irene, anche lei docente e di particolari
gazzi partecipanti all’iniziativa. capacità professionali.
Il maestro Marchi scelse i suoi collaboratori fra Ora vive con il figlio Alberto. In parte ha perduto
colleghi esperti in specifiche materie per dare al dopo- la sua naturale irrequietezza che continua, però, ad
scuola l’impronta di una esperienza nuova, attiva, gio- esprimere viaggiando e tenendo desta la sua curiosità
iosa. di apprendere e di sperimentare.
Al primo posto sempre le esercitazioni scolastiche,
“i compiti”, poi una molteplicità di offerte da scegliere Il tempo tende implacabilmente a confinare nel-
per “cose” da fare, da interpretare, da vivere. In qual- l’oblio uomini e cose, ma Pippo ci piace ricordarlo.
che caso, ma senza presunzioni, una impostazione La sua testimonianza è stata gioiosa ed appassiona-
profetica di quello che poteva essere un rinnovamento ta e, sotto alcuni aspetti, carismatica e difficilmente
scolastico. ripetibile.

Educazione musicale
La maestra Luisa Cavazzoli Lugli

160 Nel dono di un servizio


Quando l’oratorio aprì le porte ai ragazzi della cit-
tà, senza discriminazione alcuna, Maria chiese di ve-
Alfredo dermi, mi parlò con le lacrime agli occhi e mi affidò
i suoi figli.
Il suo inseparabile “A scuola non me li hanno presi, non so perché”,
mazzo di chiavi disse, “Li prenda qui nei suoi cortili… o mi tocca
lasciarli sulla strada”.
I due bambini non parlavano, erano timidi ed im-
pacciati e sembravano non aver interesse neanche per
il gioco.
Nato nell’anno 1940, trascorre l’infanzia nell’am- Dopo qualche tempo Aristide sparì. Non si sa come
biente moralmente degradato del Palamaio in via e dove. Rimase Alfredo, che poté godere dell’attenzio-
S.Chiara, con il fratello Aristide e la mamma Maria, ne e della sensibilità di Romano Rebecchi (già colla-
nota per essere stata un campione di disordine e di boratore all’oratorio) che se ne prese cura.
sporcizia, al punto da meritarsi un appellativo, per Gli insegnò ad usare la scopa, gli diede fiducia,
rispetto, irripetibile. Povera in tutti i sensi, godeva di affidandogli l’onere di custodire gli attrezzi da lavoro,
una pensione come vedova di guerra che le consentiva di innaffiare i fiori… fino a strappargli dalla bocca
di sfamare i suoi bambini. qualche espressione monosillabica, qualche sorriso,
qualche atteggiamento chiaramente soddisfatto.
















































Alfredo
alle prese
con lucchetti
e chiavi

Nel dono di un servizio 161


Con gli anni maturò il senso di responsabilità. Si molte porte non si aprono!
fece geloso del mazzo di chiavi che gli era stato affi-
dato, e diventò sempre più difficile farsi aprire qual- Ora ha raggiunto la pensione. Per metterlo in grado
che porta “senza il benestare del Direttore”. di poterne usufruire era stato regolarmente assunto al
Sembrò rendersi conto di contare qualcosa, e alcuni cinema come affissatore e addetto alle pulizie.
suoi atteggiamenti provocavano a volte l’attacco di- Ha raggiunto la pensione… ma chi gli potrà toglie-
vertito dei ragazzi che - come si sa – si divertivano da re dalle mani il “suo” pesante mazzo di chiavi?
matti alle sue violente reazioni, accompagnate da mi- A casa sua, all’ora dei pasti, l’attende puntualmente
nacce che paura non facevano. Non accettava – nono- la moglie Elena, anche lei di poche parole che sa in-
stante l’umiltà delle sue doti – d’essere considerato tercalare con rapide risate. E’ diventata madre di un
uno zimbello. Sentiva in qualche modo la sua dignità. bambino e una bimba che le istituzioni le hanno aiu-
Sono passate all’oratorio, dal 1953, generazioni di tato a crescere.
ragazzi, si sono succeduti direttori, capi scout, catechi- E’ storia di persone “ultime” da mettere nell’elenco
sti e un numero considerevole di collaboratori. dei collaboratori dell’oratorio.
Ma lui, Alfredo, è ancora lì, con il suo pesante mazzo Anche le persone umili lasciano sempre – piccolo
di chiavi, ad aprire e chiudere… e tutti lo chiamano a o grande – un segno di disponibilità e di amore che
gran voce perché si è fatto sordo… e senza di lui solo Dio conosce.













Un debole l’aveva. Gli sapeva fatica coprire i pavi-
menti. “Se pulisce po’”, rispondeva a chi gli faceva
Primo osservare che, per risparmiare fatica, era opportuno
stendere teli a protezione.
«Se pulisce po’» Non si sa perché, ma venne anche all’oratorio per
(dopo si pulirà) offrire la sua disponibilità e si capì subito la sua fatica
per “tirare avanti”. Primo si rese contro che, in un
ambiente così vasto e bisognoso di rifacimento, anche
per lui lavoro ce ne poteva essere. E così fu.


Fu messo alla prova e i risultati furono buoni. Per
“Se pulisce po’ ” è un’espressione veneta che ricor- chi amministrava l’oratorio, in quegli anni di “magra”,
reva frequentemente sulla bocca di Primo: un altro un imbianchino che si accontentava poteva far como-
“pittoresco” personaggio che ha lasciato il segno nel- do.
l’ambiente oratoriano delle origini. In seguito si scoprì che aveva “buone mani” per
lavorare il legno, per fare riparazioni murarie, per curare
Faceva l’imbianchino e se la cavava bene. Attrez- le piante e tante altre cose… da essere considerato, in
zatura e mezzi per esercitare la sua professione ne qualche modo, un uomo mandato dalla Provvidenza.
aveva pochi: un secchio e due pennelli, uno grande e In poco tempo all’oratorio si sentì di casa.
uno piccolo per le rifiniture. Il più delle volte chiedeva Compensato per i servizi che faceva ma anche vo-
ai suoi clienti di procurarsi il materiale per tinteggiare, lontario nel collaborare con gli scout nell’allestimento
e calce o a tempera nei colori desiderati. Normalmente delle sedi, orgoglioso di fare il maestro, l’istruttore,
patteggiava sul prezzo del lavoro, ma finiva sempre per insegnare ai ragazzi le tecniche più elementari. E
per accontentarsi. si trovava a proprio agio perché a mettere “in ordine”

162 Nel dono di un servizio


dopo il lavoro ci pensavano i ragazzi… quelli che a lieve la fatica di vivere gli ultimi giorni della sua vita.
gran voce spesso lo chiamavano: “Primo… se pulisce Sono passati molti anni, tanti. Al cimitero, al cam-
po’!” po 1 al n.13 non c’è più la sua tomba. Noi abbiamo
voluto ricordarlo e quanti l’hanno conosciuto ne sa-
Invecchiò precocemente. “Son vecio”, diceva, qua- ranno lieti.
si divertito… per giustificare la scarsa voglia di pre-
starsi… ma non sapeva che il “il male” l’avrebbe pre- E’ indefinibile l’apporto che Primo ha dato alla vita
sto portato via. oratoriana.
Ma non c’è dubbio. Quando egli si sarà presentato
Per diversi anni abbiamo portato fiori sulla sua al Signore con qualche “disordine” da farsi perdonare,
tomba al campo del cimitero cittadino. Sempre abbia- gli sarà venuta spontanea la battuta spiritosa: “Se pu-
mo detto, con gratitudine, una preghiera. E lui, dalla lisce po’!”
bella foto posta sulla lapide marmorea, continuava a
sorriderci sotto i grandi baffi, testa a testa con il suo Ora tutto, certamente, è in perfetto ordine.
piccolo affettuosissimo cane che certamente rese più


























































Primo Longo, al centro della foto, in gita a Venezia sta salendo sul traghetto.
(L’immagine è presa da un documentario in 8 mm girato per l’occasione)

163













































Claudio Annovi e Romano Rebecchi
sulle cime dell’Adamello




Don Sergio Galli aveva profuso, nel tentativo di
aprire l’oratorio, tutta la sua passione sacerdotale, il
Romano suo zelo e la sua proverbiale tenacia.
L’organizzazione accusò presto carenza di persone
Un’innata laboriosità preparate e competenti per affrontare le problematiche
educative. A questa difficoltà si aggiunsero quelle eco-
nomiche, per i pochi mezzi finanziari disponibili.

Il Vescovo, come si è detto, affidò a me, che venivo
da un primo appassionato servizio fra i giovani a
Quando Mons. Prati, eletto da poco a Vescovo della Mirandola, il tentativo di riprendere l’iniziativa.
diocesi di Carpi, decise di trasferire don Nino da
Mirandola a Carpi, sembrava definitivamente conclu- Quando, un po’ sconvolto per aver dovuto inter-
so il tentativo di aprire un’esperienza oratoriana citta- rompere bruscamente un’esperienza pastorale che sem-
dina, nell’ambito delle strutture della fondazione ACEG. brava dare buoni frutti, misi i piedi nei cortili e locali
La fondazione era sorta qualche anno prima per dell’ACEG destinati all’oratorio, trovai il deserto. E a
l’intraprendenza di don Vincenzo Benatti, che già si far buona guardia, due grossi cani (pastori tedeschi)
era fatto promotore di grandi iniziative pastorali a li- non molto disponibili all’accoglienza.
vello cittadino e di una scuola professionale nel setto- Il locale destinato a Direzione dell’oratorio era si-
re della meccanica con oltre 500 allievi. tuato nell’ala nord del palazzo sede della scuola di
addestramento e prospiciente il campo Eden.

164 Nel dono di un servizio


Proprio là incontrai il primo ragazzo adolescente Come operatore cinematografico era apprezzato
pronto ad offrire senza indugio la sua collaborazione, anche da tecnici professionisti, per la sicurezza che
con aria disinvolta a con un cipiglio quasi autoritario. sapeva garantire per il funzionamento dei mezzi di
proiezione.
“Qui c’è da fare questo e quest’altro… non bisogna
arrendersi… riapriamo le iscrizioni con consegna del- Tutto questo Romano lo faceva nel tempo libero.
le medaglie numerate di riconoscimento… i ragazzi Meccanico per professione fino all’età pensionabile,
verranno, anche troppi…” fu dipendente della Magneti Marelli, apprezzato per la
serietà del suo impegno, per la sua innata laboriosità
Queste furono, pressappoco, le prime parole che e per la collaborazione che spontaneamente offriva ai
Romano mi rivolse al suo primo impatto con il servi- compagni di lavoro, al di là di ogni scelta politica.
zio che gli veniva affidato. A un tale collaboratore è difficile esprimere gratitu-
Da quel giorno ininterrottamente e per quasi mezzo dine. A tanti, anche per prestazioni “meno significati-
secolo, egli mi fu vicino come uno dei più fedeli, di- ve”, si offrono onorificenze, cavalierati e commende.
sponibili e capaci collaboratori. Accanto al suo nome, questi titoli abusati sembre-
rebbero una stonatura.
E’ difficile scrivere di lui. La sua vita e il suo ope-
rare non sono stati segnati da fatti o da eventi esaltan- Romano, probabilmente, non si aspetta neanche di
ti. E’ sempre stato di poche parole. Sapeva vivere, essere ringraziato, come fanno tutti coloro che agisco-
agire senza ostentazione e con competenza in molti no con rettitudine, consapevoli che nel servizio al Si-
settori di carattere tecnico, da rispondere ad ogni atte- gnore e ai fratelli sta la più bella realizzazione della
sa. Preciso, quasi meticoloso, sapeva affrontare i pro- propria vita, la gratificazione più ambita.
blemi, ostinatamente, fino alla loro soluzione.







Romano nella
cabina di
proiezione
dell’Eden

Nel dono di un servizio 165






















































i figli che egli crebbe con senso di responsabilità e
memore della sua esperienza si adoperò con impegno
Ivano perché non mancasse loro il necessario.
Quanti lo ricordano con il suo furgoncino in giro a
Con affabile semplicità raccogliere rottami di ferro che rivendeva guadagnan-
do a sufficienza per rendere dignitosa la vita della sua
famiglia.
Venne anche per lui – imprevista – l’occasione per
cambiare lavoro, quando gli fu riferito che all’oratorio
(proprio a pochi passi dalla sua abitazione) rinnovate
Era nato e cresciuto al Palamaio, una vecchia co- le sale di ricreazione si stava aprendo un bar per il
struzione di proprietà comunale destinata ad accoglie- servizio alla popolazione oratoriana e si era alla ricer-
re le famiglie povere della città. ca di un barista. E lui si presentò immediatamente al
Nel clima degradato del Palamaio, soffrì nella sua Direttore.
infanzia la carenza di un’adeguata educazione e fu Confidò in seguito: “Mi presentai con poche spe-
affidato a don Zeno, il fondatore di Nomadelfia. ranze di essere assunto perché non volli nascondere la
Ivano ricorda con gratitudine lo straordinario sacer- mia appartenenza al partito politico… allora ‘scomu-
dote che lo aiutò ad affrontare anni molto duri della nicato’ da parte della Chiesa”.
sua vita. “Mi piacerebbe fare il barista qui, ma sono comu-
A vent’anni incontrò Anna e si sposò. Vennero anche nista”.

166 Nel dono di un servizio


Racconta Ivano che fu sorpreso dalla mia accoglien- Aveva un grande cuore. Gli piaceva più dare che
za cortese. A me non interessava la scelta politica, ma ricevere. Si commuoveva per ogni gesto d’attenzione,
una persona seria, impegnata, rispettosa della vita che immancabilmente ricambiava.
oratoriana.
Fu assunto in prova con patti semplici basati sulla Finì per rinunciare anche alla tessera del partito,
fiducia reciproca e con il versamento dei contributi dicendo ai suoi compagni: “Non mi avete aiutato mai…
che gli avrebbero maturato il diritto alla pensione. quando ho avuto bisogno mi sono rivolto ai preti…
che mi hanno aiutato sempre”.
Non solo fu sempre attento al suo lavoro che impa-
rò facendolo, ma Ivano si sentì sempre responsabile Resteranno però memorabili il gnocchetto fritto e il
del buon comportamento dei ragazzi e non tollerava bicchiere traboccante di spuma che egli serviva alla
volgarità e comportamenti maleducati. sua giovane, irrequieta ed impaziente clientela con
Andare “da Ivano” si diceva, era andare “al Bar affabile semplicità.
dell’oratorio”.




























































Ivano Covezzi... con qualche chilo in più, ma sereno.
Gli fa impareggiabile compagnia la sua cagnolina Lady.

Nel dono di un servizio 167


alla “bella bionda”. Per questo venivo sovente anche
preso in giro da qualche compagno di poco più avanti
Sebastiano negli anni. Cui facevano seguito mie “terribili” reazio-
ni scomposte.
Un ragazzo controcorrente
Quel giorno Sebastiano prese un pallone e con i
di Stefano Discosti suoi modi pseudoautoritari mi si avvicinò mal celando
nello sguardo la tenerezza di guidare un ragazzino
inesperto e “tutto bambagia”, come ero io, alla scoper-
ta delle regole ferree dello sport e delle asprezze
educative e inesorabili che lo sottendono.


Così mi fece allontanare di alcuni metri dalla linea
Eravamo nei primi anni settanta. L’Eden ventoso e di porta e mi impose, a modo suo, di affrontare i pal-
spelacchiato di quel giorno, brulicava di bambini dai loni alti. Per farlo costringeva la palla ad un violento
calzoncini ascellari come i miei. Le magliette puzza- rimbalzo sul terreno. La parabola conseguente era quasi
vano di sudore mitigato dai risciacqui col “Tide” e sempre destinata a scavalcarmi. Allora partivano
spesso di acetone a causa dei numeri in plastica che monocordi richiami a scegliere meglio “il tempo”, e
squagliavano al passaggio del ferro da stiro. Una di con quella sua parlata tipica dall’accento meridionale,
queste la indossavo io. Era tutta nera. Con un numero mi catechizzava sul fatto che: - guarda che in partita
diritto e scheletrico sulla schiena. Ero un portiere. questi sono “go” (sì, così troncava la elle).
Slavato e magrissimo. Dalla faccina sottile e i capelli
Qualcuno osava ridere di straforo. E notai con scon-
certo, a riprova dei miei sospetti sulla sua alienità, che
a nessuno mai fece sentire il benché minimo rancore
per la lesa maestà. E solo quando la cosa diventava
molesta, si decideva, con impettita aria di sfida, a re-
darguire, con finta acrimonia, quegli irriguardosi ra-
gazzini che scimmiottavano ingiustamente una parlata
che aveva l’unica colpa di essere diversa dalla canti-
lenante cadenza emiliana, apostrofandoli con un esila-
rante:
“Cossa fai, il fubbo?”


C’era all’oratorio una sede “istituzionale” per qual-
siasi attività. E quella della Carpine era all’ultimo pia-
no dell’edificio che sotto ospitava i camerini del cine-
ma teatro Eden. Sebastiano ne era il depositario anche
perché destinato fisicamente a conviverci; dal momen-
to che per diverso tempo vi si adattò a soggiornare.
Infatti entrando si scorgeva subito un letto posto su un
lato, così che gli interrogativi su questo ragazzo, così
unico, anziché sopirsi, si moltiplicavano. Ma il picco-
lo appartamento era confortevole. Munito di un televi-
sore in bianco e nero perché il colore era un lusso
Sebastiano superfluo essendo quasi sempre acceso durante le par-
Pangallo tite di coppa della Juventus…

168 Nel dono di un servizio


Una voce scomoda La cartina di tornasole


Appena pochi anni dopo, una nuova tessera impor- Ognuno potrà avere opinioni diverse su chi, in un
tante per venire a capo dell’enigma di questo ragazzo, dato ambiente, mostri segnali di insofferenza ed esi-
già ultra ventenne, fu l’esperienza di Andalo. Atto genza continua di contraddittorio. Ma alla fine tutti
fondante della branca rover-scolte, in pratica suggello sappiamo che aldilà degli atteggiamenti che ad una
dell’introduzione del mondo femminile in un oratorio analisi superficiale appaiono polemicamente intransi-
fin ad allora rigorosamente maschile. Si trattò di un genti, esiste una “cartina tornasole” che rivela in con-
campo estivo in cui si gettarono le basi per la forma- creto la vera indole dell’uomo. I suoi intimi sentimen-
zione di numerosi educatori che avrebbero ricoperto ti. Le sue radici profonde e i valori della sua terra
negli anni successivi incarichi fondamentali nelle di- d’origine. Il suo avere fatto proprie le cose che conta-
verse attività oratoriane. no davvero. Quelle importanti. Che rimangono. La
capacità, o meno, di rispondere alle chiamate. Di offrire
Sebastiano, da ospite esterno, affrontò il tutto a modo nel bisogno concretamente amore, riconoscenza, ami-
suo: scontrandosi frontalmente con questo blocco omo- cizia, secondo i propri talenti.
geneo di una trentina di ragazzi di alcuni anni più
giovani di lui. Costringendoli a cogliere quanto il fer- Capitò diversi anni fa un serio incidente d’auto a
vente spiritualismo di quella esperienza, mal si conci- don Nino. Crocifisso per trenta giorni su un letto del-
liasse con le abitudini di tutti i giorni, precotte e pro- l’Istituto Nazareno, per via della dolorosa rottura scom-
tette, di ragazzi di provincia figli del boom economi- posta di un femore.
co, e così inevitabilmente esposti a grandi contraddi- Centinaia di ragazzi negli anni transitarono, prima
zioni che le scelte solenni del campo sembravano far di quell’evento negativo per il nostro sacerdote, al-
dimenticare. l’oratorio cittadino. In diversi infatti gli fecero visita.
Ma chi si prestò assiduamente al suo capezzale fu
Oggi a ben vedere anche la sua fu una presenza uno solo.
fondamentale. Una voce di disincanto che ha costretto
ad una riflessione sulla contraddittoria realtà di ogni
giorno e ai pericoli dell’eccessivo entusiasmarsi per
poi altrettanto velocemente naufragare alle prime dif-
ficoltà nelle rapide della vita. Tant’è che molti conser-
vano memoria di questi suoi ammonimenti, magari naif
ma mai superficiali. Pur così diverso, rimase poi nella
vita vicinissimo a tutti questi ragazzi, al punto che
molti di loro sono ancora oggi suoi autentici amici.

Nel dono di un servizio 169






Lettere

dalla caserma











Nella documentazione cartacea conservata nell’ar-
chivio dell’Oratorio è stata fatta una piacevole scoper-
ta.
Non si pensava proprio che la corrispondenza di
alcuni militari (anni 1965-70) fosse stata conservata.
Invece stava lì, in bell’ordine, a raccontare le espe-
rienze della “naia” di alcuni giovani dell’oratorio chia-
mati appunto a prestare il servizio di leva.

Le lettere sono sorprendenti anche se il loro stile è
semplice e confidenziale.
Esprimono lo sconcerto del primo impatto con l’am-
biente volgare e, a volte, violento della caserma. E
nello stesso tempo sono l’espressione di una fede
maturata e testimoniata con coraggio e con gioia.

Lettere che esprimono il valore dell’educazione dalle
radici profonde; legami dell’amicizia che abbreviano
le distanze; che infondono fiducia; che confermano la
ricchezza di ideali condivisi e insieme perseguiti.
Con il consenso dei militari che, a suo tempo, in-
viarono le lettere, se ne pubblicano alcuni stralci di
incredibile spontaneità, sincerità e freschezza.
Tanto belle, queste lettere, da non sembrare auten-
tiche, spontanee, vere.

170 Nel dono di un servizio


AZIO SPAGGIARI
Bergamo, 1966


Nella caserma di Papa Roncalli


Mi trovo a Bergamo. Ho l’onore di dimorare nella
caserma che ospitò il fante Roncalli, poi il Rev. Roncalli
e infine Papa Giovanni. Questa caserma già vecchia ai
tempi del famoso fante, può immaginare in quale stato
si trova. Dalla caserma scuola di Ascoli a questa, il
passaggio è stato un po’ deludente, ma non posso
considerarmi sfortunato.
I sottufficiali godono qui di rispetto e considerazio-
ne.
Spero che lì in associazione le cose procedano bene.
Nella scappatella fatta giorni fa non ho potuto appren-
dere un gran che.
Il corso di esercizi fisici fatto a Baragalla sembrava
aver dato buoni frutti e molto entusiasmo. Ma si sa
come vanno le cose. Qualcuno ha ancora molti proble-
mi, ma speriamo bene per l’avvenire con l’aiuto del
Signore.



“Come i fagioli…!” Azio Spaggiari militare nel 1966 a Bergamo


Devo scusarmi se a volte mi lascio prendere dalla
malinconia. Non è sempre così. Noi giovani, un po’ dato l’occasione di offrire la mia testimonianza cristia-
tutti, siamo come i fagioli nella pentola… un po’ su e na, ma le assicuro che per ora si profila difficile.
un po’ giù. E quando siamo nel buio cerchiamo chi ci Nella mia compagnia ho avuto una grande soddi-
può dare conforto, chi può risollevarci e ridarci il sfazione. Il coraggio di manifestare i miei principi e le
sorriso. Ma il Signore è vicino, anche quando non lo mie scelte nel giro di pochi giorni ho ricevuto da molti
pensiamo. Mi ha tirato su anche la sua lettera dove mi rispetto e stima. Non lo dico per orgoglio personale.
dice che in associazione le cose stanno andando bene. Mai dobbiamo vergognarci di essere cristiani. Penso
Leggendo quanto mi scrive mi sembra di essere lì, di non fare altro che il mio dovere.
partecipe delle discussioni e soprattutto della preghie-
ra. Quando abbiamo desiderato una cappella all’orato-
rio! Ora è una realtà. E’ bello pregare insieme e sen- Un cappellano militare che fa “il prete”
tirsi uniti tutti nel Signore.
Ho saputo della inaugurazione della cappella al-
l’oratorio. Certamente è stato un momento forte e bello.
Mai vergognarci di essere cristiani Spero mi abbiate ricordato. Ho avuto anch’io una bella
soddisfazione qui ad Ascoli, la mia nuova destinazio-
Il pensiero di voi tutti, che ora mi siete fisicamente ne. Qui nella caserma c’è la cappella e un cappellano
lontani, mi sprona ogni giorno ad accettare la vita come militare che fa “il prete” più che il militare. Non dap-
una missione affidatami da Dio e mi aiuta a sopportare pertutto è così, dicono i nostri amici militari. Il cappel-
i sacrifici e gli ostacoli che non mancano mai. lano conversa spesso con noi, è simpatico e soprattutto
prega con noi. Vorrei avere la capacità di esprimere la
Devo sinceramente ringraziare il Signore di avermi gioia degli incontri con chi condivide le tue idee, la

Nel dono di un servizio 171


gioia di sentirsi in comunione con gli amici lontani…
Sensazioni bellissime, inesprimibili, che ti “tirano su”. CESARE REGISPANI
Messina, 1967


Il giuramento “Bisogna essere capaci di non scendere a com-
promessi”
Forse uno dei momenti più belli della vita militare.
Sono stato impressionato dalla serietà e dall’impegno Da tempo sentivo il desiderio di mandarle un saluto
coi quali noi tutti abbiamo affrontato “il giuramento”. dalla Sicilia, ma mi mancava il coraggio. Immagino
Per molti di noi il giuramento ha seguito la promessa che Claudio le abbia riferito della mia partenza da
vera e meditata di essere fedeli alla Patria, alle sue Carpi per il servizio militare. E’ strano ma anche lì mi
leggi, a chi ha responsabilità di governarle, al di là di è mancato il coraggio di presentarmi proprio a lei che
ogni retorica. tanta e importante parte ha avuto nella mia vita. Mi
La fedeltà e l’impegno per il proprio Paese è una sentivo rimproverato per una lunga assenza dall’orato-
cosa bella e nobile, ma anche in questa occasione ho rio. Mi scuso. Ora eccomi a Messina. Ma presto la
pensato che ci sono cose ancora più belle e più nobili. lascerò per essere congedato o in convalescenza a causa
Non dobbiamo dimenticare l’ordine dei valori che di un disturbo cardio-vascolare.
devono orientare la nostra vita. La sfarzosa, bella, Sono stato tre mesi assieme ad altri militari di trup-
suggestiva [cerimonia] del giuramento militare può pa ed ho avuto tempo di pensare, di meditare ed anche
restare un ricordo, non così il nostro giuramento a di pregare più di quanto non lo concedesse il lavoro a
Cristo che si deve ricordare e mantenere ogni giorno. Carpi.

In questo ambiente bisogna essere capaci di non
scendere a compromessi. Mi sono reso conto della
necessità di vivere costantemente in grazia e di dare
buon esempio. Siamo sempre osservati ed il nostro
modo di agire e di parlare può sorprendere e mettere
in crisi chi, forse senza colpa, ha fatto scelte diverse.
Io avrei tanto desiderato di restare qui anche per
aiutare questi miei amici che in fondo sono buoni ma
non sanno neanche lontanamente che cosa voglia dire
vivere un rapporto con Gesù.
Ringrazio il Signore di essere stato fortunato nella
mia infanzia e nella mia gioventù, per il dono della
fede, scoperta e vissuta con l’aiuto di tanti che mi
hanno voluto bene.
Non so che cosa sarei ora se non ci fosse stato per
me l’oratorio che ha dato un orientamento chiaro e
forte alla mia vita. Orientamento che continuo a per-
seguire con forza e con gioia.
Saluto Claudio, Azio e Alberto. Mi benedica.


Suo Cesare Regispani











Cesare Regispani

172 Nel dono di un servizio


VALERIO SETTI Troppo sole!
Caserta, 1965
Qualche buona notizia non guasta. Domenica sono
Ore di marcia… che passione andato in permesso a Napoli e ad Ischia con una com-
pagnia molto allegra. Ho preso molto sole (troppo!) e
La vita qui comincia ad avere una sua normale re- fatto parecchi bagni.
golarità. Ore di marcia e di esercitazioni che ti sfibra- Prossimamente andrò a visitare anche Pompei….
no. Faccio il possibile per tenere duro anche perché un ma il permesso lo conoscerò all’ultimo minuto.
po’ preparato sono dalla vita scout. Intanto faccio fatica a dormire per l’enorme scot-
Non mi vergogno a dire che sento la mancanza tatura che mi sono preso ad Ischia… Ho esagerato, ma
della famiglia, degli amici, dell’associazione… e sono passerà.
meravigliato di non avere ancora pianto. Saluto e abbraccio tutti.

Ramazza e marmitte
Mi sono beccato cinque giorni di consegna
Di ritorno dalla licenza… ho fatto un viaggio duris-
simo… il distacco è stato più doloroso di quando sono Fa un caldo tremendo. Si suda come bestie. Da due
partito la prima volta. Qui sono rimasto senza servizi giorni marciamo sotto il sole con il fucile in spalle per
per due giorni, poi è venuto il mio turno con le ramazze preparare una sfilata in programma per il 13 agosto in
e la pulizia delle marmitte: un lavoro veramente orri- occasione della presenza di un generale argentino.
bile… tutto il giorno senza fermarsi mai. E ciò che mi Immagina come siamo ridotti dopo la marcia?
causa più fastidio, oltre la fatica, le imprecazioni, le Ci consola che subito dopo andremo tutto in licen-
bestemmie, la rabbia incontenibile dei miei za e così avremo modi di rincontrarci…
commilitoni… Ho terminato il lavoro alle 21.30… mi Mi sono beccato cinque giorni di consegna perché
sono addormentato, stanco morto e se non mi avessero leggevo durante le ore di studio obbligatorio e così ho
svegliato il mattino dopo avrei sicuramente dormito dovuto rinunciare all’incontro con Tino che aspetto da
fino a mezzogiorno. tempo con ansia.



Bisogno di richiami forti

Qui a Catania sto passando una settimana molto
critica. Contribuisce a questo anche il trasferimento
che mi ha sconvolto. Sempre più lontano da casa. Sto
contando i giorni, per non dire le ore, che dovranno
passare prima della licenza natalizia. Anche Tino è
rimasto molto sorpreso del mio trasferimento. Lo sen-
to sempre molto vicino. Sono stato trasferito all’uffi-
cio vettovagliamento, sono molto impegnato nel lavo-
ro e le giornate fortunatamente volano. Spiritualmente
ho bisogno di qualche sfuriata per liberarmi dal torpo-
re che da qualche tempo mi ha preso. I sacerdoti qui
lasciano piuttosto correre… soprattutto con noi milita-
ri… ma non so se sia giusto. Sento il bisogno di ri-
chiami forti, per mantenere viva la mia fede. Per avere
la pace interiore che qui è così facile perdere.





Valerio Setti, 1965

Nel dono di un servizio 173


TINO BERTANI
Maddaloni, 1965


Una notte di guardia


Lunedì sono stato di guardia quasi tutta la notte.
Dopo essermi assorbito tutti i commenti e i malu-
mori di coloro che mi avevano preceduto, non potevo
farmi tante illusioni. Al contrario, quella di ieri è stata
per me una serata straordinaria.
Il silenzio era rotto solo dallo strisciare dei miei
passi sulla ghiaia di uno stretto sentiero aperto sotto il
muro di cinta.
Dal cannone alla garitta dovevano essere circa du-
ecento metri e dovevo attraversarli piano piano facen-
do attenzione ai rumori, pronto ad urlare il “chi va là”
ad ogni piede spinto oltre la linea di “riconoscimento”.
Se non fosse stato per l’elmetto che mi aveva
arrossato tutta la fronte e che mi faceva tanto male,
così calato all’altezza delle tempie, non potevo sentir-
mi diverso da quando mi scaldava la gioia di una veglia
attorno al fuoco.
Davanti al braciere di quel fuoco, che al vento del
bosco tirava gli ultimi respiri, si chiudeva in preghiera
un altro giorno, accumulato con gli altri nell’acquisto Tino il giorno della Promessa
della nostra più giovanile esperienza.
Davanti a me non c’era nessuno, alle spalle nessu-
no. Ero completamente solo, fermo un poco a riflette- senza una certa soddisfazione sentita specialmente là
re sopra i miei problemi aspettando che spuntasse il dove sia riposto un impegno totale e responsabile.
sole, per salutare l’issa bandiera del nuovo giorno. La nota più stonata è la superficialità del compor-
Nella solitudine mi tornava una preghiera. tamento morale a cominciare dagli ultimi soldati e per
“Aiutami, o Signore, a portare agli altri la tua finire al primo ufficiale… ed è triste considerare che
amabilità e la tua cordialità. Togli dal mio linguaggio, qui il più ignorante è diplomato.
dal mio viso, dal mio stile di vita tutto ciò che è sco-
stante… Fa’ che la tentazione di sentirmi migliore degli
altri non mi tradisca. Al campo con voi… vicinissimo
Insegnami a gettare verso i lontani ponti di amici-
zia e di simpatia, a conquistare la loro fiducia… e Ho ricevuto oggi, insieme, due lettere dal campo
sulla fiducia possa piantare l’amore e la passione per estivo.
Te.” Nonostante il ritmo pesante delle esercitazioni mi-
litari, vivo costantemente con il pensiero fra voi a
Campestrin dove avete da qualche giorno piantato il
Un impegno totale e responsabile campo.
La mattina, quando ho sulle gambe già due ore di
Mi trovo bene. La vita militare non è così pesante marcia, alle otto circa pensavo alla Messa, a voi tutti
come me l’avevano descritta alla partenza. Non so se raccolti attorno all’altare e mi consola unirmi a voi
Maddaloni sia un luogo particolare o se sia io prepa- tutti con la mia offerta, il mio sudore, la mia quotidia-
rato più di certi altri. na fatica, il rimpianto di tante belle avventure che ora
Certo è che il tempo passa abbastanza bene e non non mi resta che sognare.

174 Nel dono di un servizio


Vengo nel bosco ad ascoltare le vostre voci


Il momento più duro è la sera. Camminando lungo
i gradini della caserma e guardando il cielo qui sempre
magnificamente stellato… vengo tante volte in mezzo
al bosco ad ascoltare le voci e i canti dei miei ragazzi
uniti accanto al fuoco a dire assieme l’ultima preghie-
ra al Signore.
Questa notte ci sarà il grande gioco e mi piace ri-
costruirlo tra me e me per assaporare l’interrogativo,
il mistero e il silenzio di una notte che è sempre stata
tra le più belle, passate insieme sotto l’arco di un ponte,
rannicchiato sotto un telo al battere della pioggia…
Ho sentito anche delle difficoltà che si sono affron-
tate in questi 17 giorni e dell’impegno nel contempo
adoperato da tutta la squadriglia, ma è la coscienza di
aver fatto in questi giorni vissuti insieme del proprio
meglio ad offrire già di per sé la ricompensa migliore.

Tino, tenente a Maddaloni
Dare uno scopo più alto a ciò che facciamo
Dolci ricordi ritornano...
Passati i primi giorni, non senza un certo entusia-
smo per la novità di tutte le cose, la vita in caserma si
svolge sempre più monotona e uguale dal mattino alla
sera.
Se non diamo uno scopo più alto a ciò che faccia-
mo… se dei nostri sacrifici, delle nostre rinunce, delle
nostre speranze non sappiamo farne una degna offerta
al Signore… la vita militare sarebbe così triste e po-
vera che parrebbe una pena da scontare.




I ragazzi sono diventati una parte di noi stessi


Il ritorno dalla licenza è stato più duro di quanto
avessi pensato. Il rientro in caserma doveva farmi di-
menticare le belle giornate trascorse a casa per richia-
marmi bruscamente ad una disciplina cui non era fa-
cile abituarsi.
Qui comprendo tutto il valore del nostro stare insie-
me, del nostro lavoro educativo. Quando, senza che ci
siano altre spinte, riusciamo a raccogliere dai nostri
ragazzi quella stima e quell’amore che semplicemente
ci rivolgono solo perché li comprendiamo e diamo
loro fiducia.
Quando questo è il frutto di un lavoro che abbiamo
condotto tante volte, senza voler insegnare, ma nel-
l’unica convinzione che era giusto fare così, quando

Nel dono di un servizio 175


queste cose riusciamo a sentire, vuol dire che i nostri
ragazzi ci vogliono bene, perché sono diventati una
parte di noi stessi e doversene staccare ti fa “piangere
un po’”.



Una breve magnifica giornata


Alla stazione Termini, dove stavo telefonando alla
zia ho sentito improvviso l’annuncio di un treno in
partenza per Milano. Ho sentito un richiamo fortissi-
mo e fare il biglietto e salire sul treno sono una cosa
sola. Non mi controllavo più dalla gioia… avevo una
gran voglia di tornare a casa anche solo per qualche
ora… vedere la cappella, pregare, fermarmi un po’
all’oratorio… scambiare strette di mano, parole che
mi dessero rinnovata forza e coraggio. Ho passato una
giornata magnifica.
Ora sono ancora qui, fra le mura della caserma, a
rispondere all’eco del mio cuore. Ancora qui in un
ambiente saturo di trivialità e di bestemmie… un lin-
guaggio scandito con ritmo ossessivo e tu non puoi
farci niente.
Allora senti dentro il desiderio di Dio, impari ad
avere più fede, ad avere coraggio a pregare di più e
meglio. E ti fermi, come faccio tante volte, in un an-
golo del giardino, sotto le stelle, e il tuo cuore parla,
parla, parla… e sei contento poi di salire in camerata
dove i tuoi compagni ti invidiano l’entusiasmo e la
gioia di un giorno passato sotto la pioggia o a fare la
guardia.
Gian Carlo Forti, 1960









GIAN CARLO FORTI alla sera sono distrutto. Non c’è tempo neanche di
Pisa, 1960 pensare. Faccio fatica alla sera ad addormentarmi an-
che se sono stanco. Penso a casa, agli amici, ai nostri
“Il mio cuore regge bene” ragazzi. La cosa che mi meraviglia è che qui riesco a
pregare, a casa lo faccio raramente. Domenica il cap-
Sono passati parecchi giorni dalla mia partenza ma pellano ha celebrato la messa. Eravamo tutti inquadra-
solo ora mando mie notizie. Anche a casa non ho scritto. ti sotto il sole. Penso che qualcuno dei miei commilitoni
Mi sono limitato a fare una telefonata per dire che invece di ascoltare la messa abbia bestemmiato. Che
stavo bene, anche se con fatica cerco di adattarmi al- cosa contano le messe fate così! Mi piacerebbe parlar-
l’ambiente e alla disciplina militare. Ora mi sento un ne con il cappellano ma si vede solo per le cerimonie
numero. Qui si va sempre di corsa, ma il mio cuore ufficiali. Qui quasi tutti fanno i menefreghisti, ma io
regge bene le esercitazioni sono lunghe e molto dure, non riesco, cerco come scout di fare il mio dovere. Gli

176 Nel dono di un servizio


altri mi prendono in giro e mi fanno degli scherzi che
faccio fatica a sopportare. Non vedo l’ora di tornare a
casa anche per un giorno solo. Ho imparato che il mio
comandante è stato scout. Questo mi fa molto piacere,
spero sia buono anche per darci licenze e permessi. Mi
saluti gli amici quando vengono alle riunioni. Quando
si è lontani in una caserma il pensiero è spesso a casa
e agli amici. Mi scusi se non scrivo tanto. Faccio fa-
tica a farlo ma il pensiero c’è sempre.



LUCIO ZERBINI
Pesaro, 1967


“Abbiamo fondato una piccola comunità”


Mi ricordo di voi, specialmente nei momenti più
duri. I consigli, la fiducia che avete riposto in me, ciò
che ho assunto nello scautismo, mi è stato qui di gran-
de aiuto, e continuerà a darmi quella spinta che mi
necessita.
Appena giunto in caserma ho conosciuto un ragaz-
zo di Bari e da allora siamo stati insieme in caserma,
in libera uscita, sostenendoci a vicenda nelle difficoltà
morali e materiali. Ho conosciuto in seguito altri con
i quali abbiamo fondato una piccola comunità. Siamo
in quindici circa. Ci troviamo insieme per discutere
dei nostri problemi nella vita di caserma e nella vita
civile in genere.
Scrivo tutto su un apposito quaderno. Le farà pia-
cere sapere che andiamo anche al mese di maggio.
Naturalmente i presenti sono quelli del nostro gruppo.
Come vede, qui e forse più che a casa, sentiamo il
bisogno della preghiera che ci da sollievo e forza per
affrontare le tante difficoltà quotidiane.
























Lucio Zerbini

Nel dono di un servizio 177











































ALBERTO PETTENATI


Se fossimo un po’ coerenti, un po’ più presenti a
noi stessi ricorderemmo forse più spesso la nostra
natura e la nostra condizione; avremmo più cura di noi
stessi e degli altri; saremmo meno indifferenti, più
sensibili, più accorti, più prudenti, meno egoisti, più
saggi...”


“Perché allora nasconderci che viviamo sospesi ad
un filo, quando invece il ricordarlo renderebbe la vita
più vera, più vissuta e meglio misurata? Chissà per-
ché! Certo non mancheremo di accorgercene
definitivamente un giorno quando ne resteremo scotta-
ti; io, per conto mio, vorrei prepararmi gradualmente,
e voglia Iddio che ci riesca...”

(da una lettera
di Alberto Pettenati
agli scout)








Ritratto di Alberto Pettenati
Disegno di don Nino Levratti

178

179






























5










Nella


vita


di oggi


























Luigi Lamma
e Fabrizio Michelini,
già allievi ed educatori
all’Oratorio,
ora nella redazione
del settimanale diocesano
“Notizie”,
il primo come direttore,
il secondo come grafico.

180





















































Gianni Allesina e M.Grazia Lugli durante una route a Malga Ciapela




Il colpo di fulmine


Genitori gruppo di ragazzi della mia compagnia lui, che veniva
Che mi piacesse Gianni lo sapevo da un po’. Tra il
all’Oratorio da Modena, era una positiva novità.

Mi era apparso subito gentile e interessante. Non
esitai, per questo, a parlarne con qualche amica, con
di Maria Grazia Lugli quella discrezione che sembrava riservatezza, ma con
la segreta speranza che glielo facessero sapere.
Non avevo, però fatto i conti con don Nino. In quei
tempi (anni ‘60) per farsi il ragazzo, quello giusto, era
– se non indispensabile – opportuno l’OK dell’Assi-
stente.
Lui sempre attentissimo alle scelte dei “suoi ragaz-
zi” mi aveva visto più volte uscire con un altro…che
sembrava fatto su misura per le mie attese… ma si
sbagliava. I miei erano incontri esplorativi e nulla più.

Nella vita di oggi 181


Non si era accesa mai una scintilla. samente” le distanze dagli scout “maschi”… che sta-
Mi piaceva Gianni come nessun altro. Scoppiò il vano lì in città a meno di due km di distanza. Incre-
colpo di fulmine e l’assistente dovette ammettere che dibile!
la scelta sembrava ottima: “Sì, intelligente e buono”.
Era inverno, ma l’estate ci trovò assieme e, da al- Quando i tempi sono maturati, abbiamo formato
lora, per sempre. belle famiglie, siamo diventate mamme e i nostri figli
Siamo sposati da 31 anni e Gianni continua ad esser tutti all’oratorio a fare la stessa strada per imparare a
quello di sempre: intelligente e buono. vivere.
Galeotta l’uniforme, che ha accorciato le distanze e
dato vita a splendide storie d’amore.
A due chilometri dai maschi!


Al tempo di questi fatti conoscevo don Nino già da Tante famiglie
qualche anno. e una marea di bambini
Invidiavo in qualche modo mio fratello Nando, già
impegnato con la promessa scout. Iniziando dalla fine degli anni ’70 l’esperienza di
La mamma informatissima sul movimento e dispia- tanti di noi, educatori scout e in servizio in varie atti-
ciuta di non avere più l’età per farne parte, condivide- vità, è diventata esperienza di coppia e poi di genitori.
va le mie palesi aspirazioni e faceva la sua parte per- Dopo anni, Gianni ed io ci siamo ritrovati con tanti
ché il mio sogno si avverasse. dei ragazzi che avevamo avuto in Riparto e in Clan:
Ero decisa a fare la Guida (scautismo femminile). adesso erano genitori e cominciavano ad iscrivere i
Ne parlai con le altre ragazze, più o meno della mia propri figli nelle associazioni. Che gioia!
età e mi fu facile contagiarle, per la passione che Erano gli anni ’90 e all’oratorio nascevano nuove
portavo dentro. Nacque così un segreto, piccolo drap- iniziative. Tra queste l’idea, accompagnata da un de-
pello di aspiranti Guide. ciso impegno di Edo Patriarca, di dar vita ad un nuovo
A chi chiedere consiglio? A chi chiedere soprattutto centro giovanile, che rispondesse alle esigenze dei
aiuto per tentare l’ambita impresa? Timide ma ragazzi del nostro tempo.
speranzose ci presentammo all’assistente nel mitico Noi genitori siamo stati coinvolti nell’esame e nella
ufficio della direzione dell’oratorio. Lo ricordo bene, realizzazione del progetto.
esprimevamo il tipico nervosismo femminile accom- Fu poi un succedersi di incontri. E si andò forman-
pagnato dalle risatine dell’età. do, per vincoli di amicizia e per condivisione di valori,
Don Nino ci chiese: “Chi di voi fa parte dell’Azio- un gruppo sempre più numeroso di genitori disponibili
ne cattolica?”. Lo stimammo un “lasciapassare” e in- a vivere ed operare insieme. Proprio durante una me-
sieme alzammo le mani. Tutte . “Allora, sognatavelo. morabile cena comunitaria nacque la sigla che ormai
Toglietevelo dalla testa! Non si può disfare una asso- operativamente ci univa: Edengè (genitori dell’Orato-
ciazione per farne un’altra!” rio).
Non mancarono le difficoltà, ma il gruppo si rinfor-
Inoltre, c’era il problema dell’età. Eravamo mino- zò. Nel novembre del 1997 trascorremmo tre giorni in
renni, senza una responsabile adulta che ci potesse Valsugana nella casa di vacanza del Comune di Carpi.
accompagnare nell’iter educativo. Eravamo 83 con una marea di bimbi. L’intesa, la col-
Uscimmo dall’ufficio mogie mogie, amareggiate, laborazione, l’armonia, andarono al di là di ogni atte-
ma decise a resistere e a perseguire il nostro sogno. sa.
Anche per noi, in quel momento, il fascino dello Queste esperienze, non sempre facili, si sono ripe-
scautismo era irresistibile. tute spesso fino ad oggi, come prassi abituale sono
Ma il sogno si realizzò. divenute le piccole vacanze del 25 aprile a Milano
Due anni dopo, il 25 Aprile del 1965, nella parroc- Marittima, con partecipazioni vicine al centinaio di
chia di S.Bernardino, con il benestare della autorità persone.
ecclesiastica, facemmo la nostra Promessa. Non abbiamo disatteso anche l’aspetto culturale e
A condizione, però, che si mantenessero “scrupolo- formativo, curando incontri con relatori particolarmente

182 Nella vita di oggi


qualificati. L’impegno si fa più serio nelle grandi occasioni,
La casa di campagna di via Lametta, di proprietà come quella del carnevale, quando ci si inserisce come
dell’ACEG e destinata ad attività dell’Oratorio, è sta- promotori e protagonisti e l’oratorio si trasforma in un
ta, dal gruppo Edengè, gestita, curata nella zona verde singolare grande popolo in festa.
ed arredata per renderla più idonea al suo servizio. Gianni ed io ora ci sentiamo un po’ nonni… Ma la
gioia e l’affetto è sempre crescente e non muore mai.
Don Nino partendo, alla fine del suo lungo servizio
Guardiamo avanti, all’oratorio, ci ha lasciato una nuova cappella, arredata
al rifiorire della vita con gusto e con amore. Lì andiamo spesso a dire la
nostra gratitudine al Signore.
In questi ultimi 8-10 anni la presenza dei genitori La vita all’oratorio non si ferma. Noi guardiamo
all’oratorio si è fatta, per esigenze organizzative, più avanti.
strutturata. Noi abbiamo percorso, possiamo dire felicemente,
Da don Massimo, ora direttore dell’oratorio, sono il nostro iter educativo, accogliendo parole di verità;
venute diverse richieste che i genitori fanno del loro nel gioco spontaneo o guidato che ha dato gioia ai
meglio per soddisfare. nostri giorni; nei movimenti associativi nei quali ab-
Sono nate le “mamme del bar”, con nuovissime biamo appreso il valore della vita comunitaria, umana
divise e l’abilità di produrre ottimi cappuccini, soprat- ed ecclesiale.
tutto quando il catechismo e la vita associativa fanno Siamo ancora qui, in tanti, a dare una mano, a
crescere all’inverosimile l’indomabile clientela. guardare stupiti le piante che rinverdiscono ad ogni
E poi ci sono i papà e le mamme che fanno turni di primavera… come le generazioni che salgono, cantan-
assistenza, con amorevole disponibilità, perché la vita do al Signore, nella gioiosa atmosfera oratoriana.
oratoriana sia lieta e ordinata.



Due genitori all’opera come baristi: Davide Forti ed Elena Storchi

Nella vita di oggi 183






Domenica

dopo domenica




Mons. Gildo Manicardi
Rettore dell’Almo Collegio “Capranica” in Roma












Il mio primo incontro con l’Oratorio maschile cit-
tadino è dell’ottobre 1958. Il trasferimento della mia
famiglia da Fossoli in viale Manzoni, la cosiddetta
strada della Frarica allora appena asfaltata, mi spinse
in un mondo nuovo, ricchissimo di stimoli, pur se più
complicato di quello dell’orgogliosa frazione da cui
provenivo.
L’Oratorio – detto più comunemente “L’Eden”- su
cui “regnava” ormai da alcuni anni don Nino, riflette-
va uno specchio molto ricco di iniziative, attività, di-
vertimenti creati e coordinati dall’attenzione religiosa
e dall’abilità pedagogica di questo ammirato sacerdo-
te. Egli era ormai all’inizio della piena maturità
ministeriale; più avanti avrei capito dalla storia della
nostra diocesi che questo mirandolese di Gavello, sbar-
cato nella città dei Pio, era di fatto un punto di snodo
di una ricchissima vicenda educativa ed ecclesiale che
stava sviluppandosi già dai decenni iniziali del ‘900.
Immagino che molti abbiano già commentato i no-
tevolissimi momenti ricreativi dell’azione oratoriana;
viste le mie competenze d’adulto, vorrei ricordare la
forza dell’impianto religioso contenuto nella proposta
dato alla domenica.
Si iniziava alle 9 con la Messa in Cattedrale. L’Eu-
caristia era molto curata e si cercava in tutti i modi di
Don Nino con un gruppo di ragazzi dell’Oratorio. coinvolgere i ragazzi. Il pezzo forte era la vivacissima
Gildo Manicardi è il primo a sinistra.
omelia. In quegli anni di Messa in latino senza previ-
sioni di passaggi al vernacolo, don Nino faceva legge-
re il Vangelo in italiano da ragazzi lettori, accompa-
gnati da tanto di torce e con una piccola scenografia di
tuniche. Nel corso della mattina, passando nei gruppi
e nelle classi di catechismo, don Nino non avrebbe
dimenticato di far tornare alla mente dei ragazzi, con

184 Nella vita di oggi


opportune domande e ben mirate, la Parola del Signo- il ritmo che, domenica dopo domenica, plasmava il
re. ragazzo. Forse questo ritmo era allora ancora più im-
Passati dalla Cattedrale all’Oratorio, i ragazzi avreb- portante di oggi, perché la vita dei gruppi non aveva
bero incontrato due altri momenti formativi: l’attività ancora quelle connotazioni di relazione interpersonale
delle Associazioni (per gli Aspiranti e gli Scout) e poi e di cura della socializzazione che avrebbero caratte-
il catechismo guidato dai chierici del Seminario aperto rizzato l’esperienza ecclesiale e civile a partire dagli
per tutti i ragazzi e che veniva tenuto nelle aule che, anni ’70.
per lunghi anni, sarebbero state aule del Liceo. Questo Oratorio è stato certamente uno dei luoghi
Naturalmente lo scenario generale era quello delle principali della mia formazione, per cinque anni, fino
sale con i bigliardini, i tavoli da ping pong, il bar e, in al mio ingresso in Seminario all’inizio del Liceo. Ho
un certo periodo, il Juke box. C’erano anche il campo avuto molte volte l’occasione di paragonare l’espe-
di calcio, il cortile (che i più colti contemporanei avreb- rienza fatta all’Oratorio anche confrontandola con i
bero identificato con il Chiostro), le sedi associative racconti di molti altri compagni di studi, soprattutto
con gli angoli dei gruppi o delle squadriglie realizzate nel decennio della mia formazione romana. Posso pro-
dai ragazzi stessi. Era veramente un mondo vario e prio dire che non ho mai trovato testimonianze di espe-
compatto che accoglieva il ragazzo per fargli vivere la rienze più strutturate e più umanisticamente piene. Qual
Domenica come un giorno specialissimo e, dentro la era il segreto di don Nino, il suo tocco personale, il
Domenica, diventava naturale l’incontro con il Signo- suo carisma ecclesiale? Penso bastino poche parole:
re e una certa attenzione alla sua Parola ed al suo fantasia, visione “umanizzata” del Cristianesimo, se-
Vangelo. rietà nel rapportarsi personalmente al ragazzo, decisio-
C’erano anche le gite, le gare, le premiazioni, il ne nel chiedergli collaborazione e nel pretendere re-
Grest, il Carnevale, le Quaresime, ma era soprattutto sponsabilità. Era sempre chiara una doppia esigenza:
sognare in grande senza paura e avere chiarezza della
necessità di impegnarsi per una formazione personale
certo non automatica.




Cesare Regispani (ora diacono) e Gildo Manicardi
premiati all’Oratorio nel 1957




Mons. Gildo Manicardi oggi.

Nella vita di oggi 185


casa, un luogo per giocare, stare insieme ad amici veri,
ed anche un rifugio dalla solitudine e dai problemi
Avevamo tutto delle nostre famiglie.
Avevamo tutto dentro l’Eden.
all’Eden scuola di vita: tutti maschi – le femmine non c’erano
Come non ricordare quegli anni come autentica

L’oratorio scuola di vita proprio, non potevano esserci – che passavano insie-
e di impegno sociale me tante ore delle loro giornate in un grande spazio
del centro cittadino. Si giocava in molti casi senza la
di Alberto Allegretti guida dei grandi; ci si autogestiva e si stabilivano re-
gole quasi sempre rispettate da tutti. Dal calcio al ping
pong, dal cotecchio alle boccette: i più esperti inse-
gnavano ai più piccoli il gioco e se cambiava qualcosa
era frutto di decisioni comuni, non facili e scontate,
ma onorate da chi ne prendeva parte.
Poi sapevamo che qualcuno c’era sempre, nel suo
Ho passato moltissimi anni all’Oratorio, “l’Eden” ufficio o nella sua casa: don Nino. Punto di riferimen-
per tutti noi ragazzi. Ho cominciato alla fine degli to anche per chi non era solito andare a Messa o al
anni sessanta, avevo 7-8 anni. Ci si andava da soli, i catechismo, o agli scout. Presenza discreta, che non
nostri genitori non ci accompagnavano, né ci venivano interferiva, se non in casi estremi, sulle nostre inizia-
a prendere. Ci passavamo moltissime ore, soprattutto tive. A tutti noi dava sicurezza e, credo, anche alle
d’estate, ma anche in inverno si era soliti passare molti nostre famiglie.
pomeriggi al bar, che in quegli anni era gestito da Pur tra le nostre tante diversità, di carattere, d’intel-
Efrem e Neide, poi arrivò Ivano, avevano l’arduo ‘com- ligenza, di fisico ci si rispettava molto. Certo non tutti
pito’ di non farci sorpassare i limiti nel linguaggio e erano amici di tutti, si formavano naturali gruppetti,
nelle discussioni. Eravamo tutti ragazzini residenti nel ma non si escludeva. Ricordo tanti episodi di derisio-
centro storico, con famiglie molto diverse: alcune be- ne, soprannomi offensivi, grandi litigate, ma erano
nestanti, altre molto povere, tante con problemi. Co- vicende che in un qualche modo ci facevano crescere,
munque avevamo tutti genitori che lavoravano molto, ognuno di noi capiva che era importante farsi rispet-
e noi avevamo molto tempo per stare insieme senza tare e farsi accettare. Il timido doveva superare le
adulti. L’Oratorio era per molti di noi una seconda proprie incertezza, l’arrogante che prevaleva spesso





























Alberto...
quando all’Eden aveva tutto!

186 Nella vita di oggi





Quando aveva tutto...

...il catechismo
...la squadra di calcio
...il prato
...i lupetti
...i cortili spaziosi
......
...il bar
...il cinema
...i tanti amici
...la nostra casa
...il luogo dei sogni?












doveva poi soccombere al volere del gruppo e al fatto Si poteva giocare a pallavolo, a basket e a tennis,
che presto tardi avrebbe trovato qualcuno più forte di a carte e con le figurine. In estate facevamo partite di
lui, magari lo stesso che qualche anno prima calcio infinite, che duravano ore e ore. Non ci si stan-
prevaricava. cava mai. Non avevamo bisogno di andare al parco
Emergevano grandi e piccole leadership, che poi si come facevano molti altri ragazzini. Io, ma credo molti
modificavano nel tempo, perché ognuno di noi cresce- altri, all’Eden mi sentivo più protetto e sicuro. C’era
va. Qualcuno diventava più sicuro ed estroverso, altri pure il cinema, tutte le domeniche pomeriggio e po-
invece con l’adolescenza si rinchiudevano fino a non chissimi rinunciavano a quell’appuntamento.
parlare quasi più con nessuno. Molte volte penso di aver sperimentato proprio al-
Risate straordinarie in quel bar, come si fanno solo l’Oratorio la mia propensione al sociale e alla politica,
da ragazzi. Quante volte abbiamo fatto arrabbiare Al- che si è tradotta in modo più chiaro e concreto nel mio
fredo, il mitico custode dalle mille chiavi; eravamo un impegno di educatore dell’Agesci verso i 18 anni, ma
po’ perfidi ma in fondo gli eravamo affezionati. Chi ha che ha visto anche in più giovane età qualche abboz-
dimenticato le vetrate rotte dell’allora Liceo Fanti? Le zo. Quante volte infatti si doveva prendere qualche
centrammo proprio tutte in una gara di tiro coi sassi decisione, sia pure piccola e semplice, guidare dei grup-
che ci ha coinvolti in un crescendo senza controllo. pi, con quali squadre e con quali regole. Erano auten-
Tutti, o quasi, poi ci assumemmo le responsabilità tici momenti di confronto, nei quali occorreva atten-
pagando i danni e subendo punizioni dai nostri geni- zione agli altri, sensibilità a non escludere, come inve-
tori. Sono episodi che ancora oggi quando ci si ritrova ce tante volte capitava. Si viveva in uno spazio grande
con alcuni vecchi amici ci fanno divertire moltissimo. che permetteva fantasia e iniziativa. Ci siamo organiz-
zati da soli tanti tornei e di diverse discipline.
Avevamo tutto dentro all’Eden. Sentivamo talmente nostro quello spazio, che negli
La società sportiva Carpine che durante l’anno ci anni ‘80 formalizammo una protesta contro la realiz-
faceva giocare nei tornei di calcio di tutte le età, che zazione della tradizionale “Festa dell’Amicizia” della
faceva giocare chiunque, bravo o brocco che fosse. Al Democrazia Cristiana di Carpi; partì da un gruppo di
proposito conservo il triste ricordo di una famosa educatori scout, di cui facevo parte, ma trovò alleanze
sconfitta subita a Modena per 22 a zero! Roba da anche tra gli altri ragazzi. Pensavamo che quei locali
demoralizzare per sempre chiunque, ma noi no; la dovessero essere liberi da incontri di partito, poiché,
squadra andò avanti e ci togliemmo qualche soddisfa- dicevamo, erano spazi per fare attività educative. L’al-
zione l’anno dopo. lora vescovo Maggiolini mi chiamò, non capiva la

Nella vita di oggi 187


nostra protesta. Qualche risultato però fu raggiunto,
perché per qualche anno l’Eden divenne sede della
festa di ‘Avvenire’, il giornale della CEI.
Convivevano all’Oratorio diversi ‘mondi’giovanili:
quelli che frequentavano gli scout, forse più abituati a
regole ed impegni, che andavano alla Messa, ma che
non per questo erano i migliori; quelli che non ave-
vano gruppi organizzati di appartenenza, al massimo
giocavano nella Carpine, ma che poi stavano all’Ora-
torio più di tutti, ed alcuni di loro erano i migliori.
Perché non hanno potuto studiare, non erano seguiti
dalle loro famiglie, hanno iniziato a lavorare a 15-16
anni…. ma sono diventati comunque delle belle perso-
ne, con fatica, senza aiuti e sostegni. Poi c’erano quel-
li di mezzo, un po’ di qua e un po’ di là, come forse
sono stato io.
Credo che ognuno di noi, passato dall’Eden, guardi
con allegra nostalgia quel periodo. In quel luogo di-
menticavamo i nostri piccoli e grandi problemi, gioca-
vamo in mille modi, ci si divertiva, si cresceva. Era la
nostra casa sull’albero, la nostra strada, il nostro par-
co, il luogo dei sogni e delle illusioni. Un’esperienza
decisiva nel contribuire a formare il nostro carattere e
a sviluppare le nostre inclinazioni personali.
Avevamo tutto dentro all’Eden. Davvero sentivamo
che non mancava niente, per noi e per il nostro futuro.

188 Nella vita di oggi






Gratitudine


come donna, come sposa,
come madre


di Maria Cristina Bonato










Ho avuto il privilegio di incontrare lo scautismo
negli anni dell’adolescenza e di vivere poi, come capo,
la mia giovinezza. Nella mia mente si affollano ricordi
gioiosi di campi, grandi giochi, route di clan memora-
bili e un turbinio di emozioni e di volti davvero stra-
ordinario.


Non posso citare precisamente tutti i luoghi e le
date ma l’ambiente di queste esperienze si è sedimen-
tato e ha prodotto in me una certezza: l’incontro con
lo scoutismo e stato per me una grazia, un dono del
Signore.


Da ragazzina sono entrata nelle guide con entusia-
smo e ho pronunciato la mia Promessa con grande
emozione; adesso, vedo chiaramente come il cammino
scout sia stato esperienza giocata, concreta, sudata del
messaggio di Gesù.
Maria Cristina Bonato e Alberto Allegretti,
già responsabili del Gruppo Scout Carpi 1
E’ stata una grande opportunità di crescita, che ha
formato sicuramente la mia personalità in modo inde-
lebile. Ho incontrato educatori che sono stati testimoni
credibili di uno stile di vita improntato al servizio, alla
tensione verso gli altri, all’impegno e alla formazione
personale, alla crescita nella fede. In seguito, come
capo, ho potuto approfondire come i valori scout,
condivisi nel “gruppo”, fossero realmente basilari per
l’edificazione del cammino personale di ciascuno.
Così, oggi, come adulta, come moglie, come ma-
La grande ricchezza del metodo scout inoltre, ha dre, sono grata allo scautismo che mi ha fatto percor-
sempre valorizzato e incoraggiato la specificità fem- rere strade così arricchenti ed appassionanti. Ai miei
minile e questo, a mio avviso, ha contribuito notevol- figli lupetti desidero augurare un lungo e fruttuoso
mente alla diffusione dell’associazione. cammino scout nella gioia e nell’amore del Signore.

Nella vita di oggi 189






don Alberto:

medaglia d’oro









Don Alberto Bigarelli è nato a Carpi il 7 agosto
1947. Ordinato sacerdote il 20 aprile 1986. Parroco
prima a Fossa di Concordia e dal 2003 a S.Bernardino
Realino in Carpi. Laureato in pedagogia, assistente del
C.I.B. (Centro Informazione Biblica) e direttore della
scuola diocesana di formazione teologica.

A qualche domanda della sua esperienza
oratoriana ha così risposto.

Ho frequentato l’oratorio fin dall’età di sette anni.
Provengo grazie a Dio da una famiglia cristiana e i
miei genitori non mi hanno fatto mancare mai quanto
poteva servire alla mia crescita umana e cristiana.
All’oratorio sono stato assiduamente e regolarmente
presente fino all’età di 16-17 anni. Ho proseguito poi
il mio cammino di fede, in modo più consapevole e torio di don Bosco aveva incominciato e compiuto il
impegnato, nella Comunità della Cattedrale. Certo, a suo cammino di santità.
sette anni tutto mi sembrava grande, immenso: il cam-
po da calcio, il grande cortile interno con i campi da Vuoi dirci qualche particolare della tua esperien-
pallavolo e pallacanestro, il bar pieno di leccornie e di za?
bevande colorate, per me inaccessibili perché perenne-
mente in bolletta, le altre sale annesse con biliardi e Sì. La mia curiosità per una stanza buia e con la
biliardini, tavole da ping pong e tanta confusione in un porta semplicemente accostata che andavo di tanto in
clima assordante nel quale mi ci perdevo contento. tanto ad esplorare. Si trattava di un deposito di scarti,
Ancora: il cinema Eden, con urla e battimani quando di trucioli ferrosi, provenienti dall’adiacente scuola di
sullo schermo “arrivavano i nostri” nelle epiche batta- addestramento per meccanici. Fra i trucioli si trovava-
glie con gli indiani. Immagini e ricordi indelebili. no curiosi pezzi di ferro, usciti dalle mani di tornitori
Anche la sede della direzione, situata al piano terra, in erba, ma che a me piacevano da morire. Li potevo
subito dopo l’ingresso al numero 20 di via S.Chiara, ai liberamente prendere senza incontrare alcun divieto. A
miei occhi di bambino sembrava immensa. Vi entravo casa mia né per me e neppure per i miei fratelli era
raramente, e con soggezione. Un “posto di comando”: mai esistita la stanza dei giocattoli.
di lì venivano gli ordini e la musica diffusi con alto- Ho accennato velocemente a questo particolare, per
parlanti negli spazi cortilizi. Impianti di amplificazio- sé irrilevante, per sottolineare come oggi il consumi-
ne, registratori, ciclostili, radio, microfoni, e tutto in- smo e il diffuso benessere abbiano tolto al mondo dei
torno gigantografie ad illustrare le attività oratoriane. ragazzi la gioia di scoprire e di creare i propri giochi
Nella parete di fronte all’ingresso spiccava una grande per divertirsi in modo semplice, appagante e vero.
foto di Domenico Savio, incancellabile nella mia me- Molto presto entrai nel gruppo Aspiranti di Azione
moria. Un modello per tutti noi. Il ragazzo che all’ora- Cattolica, che all’oratorio aveva la propria sede, per la

190 Nella vita di oggi























































Alberto all’Oratorio nella sede degli Aspiranti


verità scomodissima. Per raggiungerla bisognava sali- L’evento più importante della tua vita è stata
re tre rampe di scale piuttosto faticose. Di riscontro, la certo la chiamata al sacerdozio. Come mai in età
discesa era una piacevole… e talvolta rischiosa… corsa. adulta?
Capitava non di rado che don Nino ci bloccasse sul
pianerottolo per riprenderci in maniera piuttosto forte. Da ragazzo non ci pensavo, anche se qualcuno di
Naturalmente invidiavamo un po’ gli scout, nati al- noi, come Gildo Manicardi, entrò in quegli anni in
l’oratorio dopo di noi, che avevano trovato sede al seminario per iniziare la sua preparazione al sacerdo-
piano terra, prospiciente il campo da calcio. Si faceva- zio che, a suo tempo, si compì felicemente. La scelta
no confronti e ci sembrava che l’assistente avesse un’at- definitiva avvenne per me dopo i trent’anni. Una vo-
tenzione privilegiata per il mondo scout. Noi aspiranti cazione che oggi chiamiamo “adulta”, ma che aveva
non ci siamo persi d’animo, mai: abbiamo seguito con messo le radici probabilmente nei giorni lontani, nelle
entusiasmo la nostra attività, i nostri concorsi, i nostri ore serene di gioia e di festa, nella catechesi e nella
giochi. Soprattutto ci siamo impegnati a partecipare preghiera. E quando è venuta l’ora avvertita della chia-
agli incontri di catechismo raggiungendo a fine anno mata, ha dato il suo frutto.
molti primati, diplomi e medaglie, allora considerati Per tutto questo e per molto altro ancora la mia
un efficace stimolo per crescere nella formazione e riconoscenza all’oratorio è tanta.
nella cultura religiosa.

Nella vita di oggi 191


Eden era il nome del cinema teatro dell’Oratorio
cittadino. Dal locale, che era punto di riferimento della
La mia bici: città di Carpi, avevano preso il nome il campo sporti-
vo dell’Oratorio, da sempre chiamato “Campo Eden”
protagonista! e, in tempi recenti, anche l’Associazione dei genitori

che all’Oratorio mandavano i loro figli: appunto
Sulla strada della libertà “l’Eden-Gè”.


di Roberto Andreoli Gli spazi lì disponibili per il gioco e tutta l’attività
educativa divennero per molti anni la mia seconda casa.
Dopo la scuola, ero nell’una o nell’altra. La mia bici-
cletta conosceva la strada a memoria. Io abitavo nei
pressi dello stadio e la bici era il mezzo che solitamen-
te usavo per raggiungere l’Oratorio al centro della città.
Un motorino sarebbe stato l’ideale, ma la mia mamma
Per me non si è mai chiamato Oratorio ma: l’Eden. aveva messo le cose in chiaro: “A diciotto anni sì, la
macchina, ma il motorino mai!”. Sarebbe diversamen-
“Ciao mamma, vado all’Eden” – “Sono all’Eden” – te - diceva lei – morta di crepacuore. Non ne facemmo
“Ci vediamo all’Eden”. un dramma: né io né i miei fratelli e ci tenemmo tran-
quillamente le nostre bici.

192 Nella vita di oggi


Il tragitto casa – Eden era sempre rigorosamente progettare attività e imprese, a pedalare più in fretta
quello: via Nicolò Biondo, Carducci, Petrarca, Cesare quando bisognava e raccontare scuse alla mamma, per
Battisti e finalmente appariva a distanza il muro a pietra tanti inspiegabili ritardi. Purtroppo non se ne fece nulla,
vista di uno degli antichi stabili del complesso per motivi tecnici (mai riuscimmo a montare in modo
monumentale di Santa Chiara. Qualche pedalata anco- sicuro, sul manubrio della bici la macchina da presa!).
ra, un’impennata per superare uno scalino ed eri di L’idea ci sembrò comunque originale e straordinaria.
nuovo a casa. Stavano tra quelle mura gli spazi per i Peccato!
nostri giochi, delle nostre amicizie, dei nostri sogni.
Come un interminabile susseguirsi di sequenze ci-
E fra i primi sogni ci fu quello di realizzare un nematografiche, nella memoria sono impresse in modo
cortometraggio – amatoriale naturalmente – sul per- indelebile, le immagini della mia vita all’Eden. A rac-
corso quasi quotidiano per andare all’Oratorio e facen- contare tutto occorrerebbe non un breve cortometraggio
do della mia bici, la protagonista. ma un’intera cineteca.


Alessandro, mio fratello, si dedicava con passione, A proposito di film penso alla saletta di proiezione
fin d’allora, alla fotografia; io preferivo la cinepresa situata al primo piano del palazzo prospiciente via Santa
utilizzata per ricordare ricorrenze, feste di famiglia o Chiara, con una trentina di posti a sedere. Vedo ancora
qualche altro straordinario evento. il buco nella parete di fondo e il fascio di luce colorata
magicamente in movimento, per dare vita alle imma-
gini sullo schermo. Di queste immagini indimenticabi-
li restarono, per me bambino quelle di Molokai, il film
che raccontava l’eroica storia di un missionario morto
lebbroso fra i lebbrosi. Quella volta – e non ne ricordo
altre – al cinema ho pianto.


Ancora, tra quelle vecchie mura, oltre aver appreso
tutto quello che bisognava sapere per l’iniziazione cri-
stiana, ho percorso tutto l’itinerario scout fino ad of-
frire per anni, fatto adulto, il mio servizio come capo
educatore. Mi diverte il ricordo del primo gioco da
lupetto propostomi da Fulvio che già aveva incomin-
ciato la sua incomparabile carriera: il gioco dell’Oro-
logio ( un pittoresco orologio di cartone!) con le lan-
cette che misteriosamente si muovevano sulle ore.
Momenti curiosi e di magico apprendimento per chi
ancora l’orologio non sapeva leggere. E per raggiun-
gere le specialità di mani abili e di amico degli anima-
li, costruì una casetta-nido per gli uccelli, ben fatta
con l’aiuto di papà, ma non trovò mai posto sugli al-
Nella foto: Roberto Andreoli e la sorella Rosangela
beri perché troppo grande!

Concretizzammo insieme l’idea del cortometraggio, Non so se la mia macchina da presa sarebbe stata
preparammo scrupolosamente una breve e presuntuosa in grado di riprendere la mia iniziale timidezza.
sceneggiatura.
Sul tragitto Casa-Oratorio doveva essere la biciclet- Da piccolo non osavo propormi per un gioco o una
ta a prendere coscienza del suo compito, andando avanti danza, nel cerchio o al fuoco di bivacco e neanche per
indietro, in modo autonomo sul percorso una lettura durante la preghiera. Ero capacissimo di
intero….lasciando al ciclista Roberto la possibilità di farlo ma non riuscivo a superare la paura di sbagliare:
restare in altre faccende affaccendato, con gli amici, a un incubo, davvero!

Nella vita di oggi 193


Gradualmente il conflitto che portavo dentro fu vinto Mi sono fatto uomo. Ho una professione che mi
fino al punto di raggiungere una costante disponibilità gratifica e porto avanti con passione. Sono volontaria-
ovunque fosse richiesto. Certo la vita insieme mi aiutò mente impegnato nella vita socio-politica. Ho, per dono
a crescere, a dare un calcio “all’impossibile” come di Dio, una bellissima famiglia con moglie e figli che
Baden-Powell insegnava, forse il “voler vincere”, come mi consolano e mi fanno sperare.
nel gioco dello scalpo ove occorreva abilità e audacia
e nel quale alla fine quasi sempre uscivo vincitore. Buona parte di tutto questo penso sia dovuto anche
alla mia bici, alle tante quotidiane pedalate, che face-
E così il mio cortometraggio poteva avere un lieto vo sempre in clima di gioiosa libertà, verso la “secon-
fine. Ma lo ebbe comunque, nella realtà vissuta. da casa”: l’Oratorio (l’Eden) dove assieme alla prima
insostituibile casa della mia famiglia, ho appreso il
senso vero della vita.










Un salto... storico!

194 Nella vita di oggi






Dossier Cerghìn


(chierichetto)
e i Quattro del parco



di Fulvio Ferrarini









“…A-la-mucia!!!”
Al grido strozzato del più scalcinato, un’orda di
ragazzini si avventa sul cerchio tracciato nella polvere
per accaparrarsi almeno una delle biglie variopinte al
suo interno…
“Un Bulo!!...Una Vetra!!…E’ la mia !!! ” grato lavoro di forbici.
La zuffa si placa solo quando anche l’ultima misera Abbiamo lasciato i nostri quattro eroi presso la ru-
pallina di terracotta scolorita è sparita e con lei la dimentale pista per pattini a rotelle del Parco delle
traccia del cerchio nella polvere. Alle urla che riempi- Rimembranze di Carpi… dove erano confluiti con fre-
vano il Parco delle Rimembranze, segue un silenzio netiche pedalate in sella alle loro nuove biciclettine,
carico di tensione. Sguardi torvi accompagnano gesti regalo della Cresima. Sfrecciando in via S.Chiara a
secchi delle braccia… Poi, pian piano, voltandosi ogni stento avevano accennato un saluto in risposta a quel
tanto con sospetto, ognuno si allontana dall’arena dei giovane in tonaca nera che li chiamava con ampi gesti
giochi. Defilati, tranquilli, appoggiati alla recinzione delle mani.
della pista di pattinaggio, restano solo in quattro, con Creato ad arte il guazzabuglio, i quattro si allonta-
un indecifrabile sorriso stampato in volto. Uno di questi nano dal luogo del delitto e si ritirano in... convento,
si guarda la suola bucata di un sandalo. Gira la testa o meglio nella parte dell’ex-convento delle Clarisse
intorno, per assicurarsi della totale assenza di occhi che il giovane prete mirandolese sta trasformando in
indiscreti e, con un rapido movimento delle dita, estrae Oratorio. Ancora ansimanti per la corsa, si appartano
dal buco nella suola una fiammeggiante biglia di ve- nel lato nord del campetto sportivo, a ridosso del muro
tro… di cinta. In un fazzoletto di terra battuta tracciano un
“Guardate che bel Bulo da 20”, bisbiglia trionfante. cerchio con un bastoncino.
“Certo che te, Fulvio, con quella faccia da cerghin “Siamo al sicuro”, bisbigliano, “finalmente.”
fels… hai fatto su un bel c...”. “Finalmente vi ho trovati!”, fa eco una voce alle
“Ssst !!! Parla piano, Lino… c’è ancora qualcuno loro spalle, mentre una robusta mano si appoggia sulla
in giro… Pippo, Dino, andate avanti da soli per Porta spalla del “cerghin”.
Mantova… io e Lino veniamo per la Curta, ci ritrovia- Nessuno osa girarsi…
mo al campo dell’Eden…” “E’ dalla Cresima che non vi ho più visti: cosa state
facendo?”
Per quanti si fossero sintonizzati solo in questo Generale sospiro di sollievo. Riconoscono subito la
nuovo millennio, riassumo quanto è successo a partire voce di don Nino.
da quella estate del 1956… “Stavamo cominciando a giocare al cerchio.”
Beh, veramente, per me riassumere è un’impresa “Bene, anch’io volevo giocare al cerchio con voi!!”
ardua. Cercherò di contenere ricordi e fantasia in limi- incalza il “don”.
ti sopportabili… lasciando al correttore di bozze l’in- “Ma veramente.. tu.. sei..”, abbozzano i quattro.

Nella vita di oggi 195


“Certo, io sono un sacerdote, e ho bisogno di ragaz- di amicizia ed il particolare senso di appartenenza alla
zi svelti e in gamba come voi.” grande famiglia scout. Ragazzi provenienti da tutte le
“Qui c’è puzza di fregatura”, pensarono i quattro, regioni d’Italia (ricordo gli sbandieratori di Siena, le
“meglio trovare una scusa per andarsene.” danze dei tirolesi, i sardi mammutones, i romagnoli di
“Non temete”, proseguì il “prete” che pareva legge- Re Gnocco e… i romani con Andreotti) giocavano,
re nei loro pensieri, “vi divertirete. Vi aspetto sabato danzavano in un clima di fraternità mai prima speri-
pomeriggio qui, per il primo incontro del Branco dei mentato. Certamente quell’indimenticabile esperienza
Lupetti.” ha reso tangibili quei valori che hanno poi informato
Rimasti con la bocca aperta per qualche secondo, la nostra vita. Più di mille discorsi, quei volti aperti e
non sanno cosa rispondere; nel frattempo don Nino è quei sorrisi schietti lasciavano trasparire quello “stile
già sparito in mezzo a un gruppo di ragazzi più grandi, di vita scout” cui ancora facciamo riferimento quando
tutti in uniforme, che urlano frasi incomprensibili. “ci vogliamo capire”.
“Branco, lupi, serpenti… Oh!! Ma cosa dice quel
prete là? Non sembra neanche bello bianco…” Nel 1966. Un altro grande raduno regionale ad
“Però è simpatico: guarda quanti ragazzi ha intor- Alfero (Forlì) conclude il primo decennio di vita scout
no.” del Carpi 1°... e dei nostri eroi (Cerghin compreso)
E così ci cascarono tutti e quattro (chi prima e chi che per l’occasione lanciano la belluina tradizione dei
poi). Tutti nella rete di quello strano prete. Totem (nome di battaglia che”colora” la fine del sen-
tiero dell’esploratore e lo accompagnerà lungo la stra-
A distanza di 50 anni quei momenti si stagliano da del rover). Le celebrazioni per l’anniversario trova-
ancora netti nella nebbia dei ricordi. no trionfale compimento nella messe di allori che tutte
Proprio con le prime nebbie del 1956, io e Lino, le squadriglie partecipanti al campo mietono in tutte le
due cuccioli ribelli, iniziammo la nostra Pista nel Bran- gare di Tecnica, Espressione, Cucina, Pionieristica.
co e l’avventura più entusiasmante della vita. La pri- Al Fuoco di Bivacco dell’ultima sera di Campo, il
mavera dell’anno successivo, nella chiesa di S.Maria fior fiore dello scautismo regionale è riunito per ride-
in Castello (la Sagra), pronunciammo la Promessa del re, cantare, danzare ma soprattutto per ricevere il me-
Lupetto sotto lo sguardo compiaciuto del “prete” che ritato premio delle sfide (Talent-o-rama) che si sono
chiamavamo Baloo. succedute nelle giornate di Campo. Il Capo Campo,
Non è stato semplice mantenere nel tempo la Pro- raggiunto il centro del Cerchio mostra il prestigioso
messa, anche se si è fatto del “proprio meglio”. Peral- trofeo: una pietra incastonata in una piccola assicella
tro le tappe della nostra “progressione personale” era- di legno. Insomma, un sasso del vicino fiume Reno
no inserite nell’“ambiente educante“ dell’oratorio e del rappresenta l’Oscar per le diverse abilità espresse al
gruppo Scout e scandite dalle molteplici attività Campo. Le premiazioni diventano un elenco monoto-
formative. no di tutte le Squadriglie del Carpi 1°: “ per
All’epoca dell’Oratorio Maschile Cittadino della fine Pionieristica Sq. Sparvieri del Carpi 1°, per Cucina
anni ‘50 ho partecipato con l’entusiasmo che l’am- Sq. Leoni Carpi 1°, per… ecc. ecc”. Agli applausi
biente trasmetteva a chiunque entrava. Si viveva in comincia ad associarsi qualche fischio d’invidia…
concreto l’esperienza di cui don Bosco parlava a Ma il clima ritorna subito fraterno e festoso all’an-
Domenico Savio. Amicizia, Gioia e Preghiera erano nuncio di una rappresentazione melodrammatica offer-
un modo di essere spontaneo che coinvolgeva tutti e ta, neanche a dirlo, dal Carpi1°. Il Fuoco da campo si
ciascuno. trasforma in una piccola Arena di Verona. I nostri quat-
tro si cimentano in una parodia dell’Otello cantando
Trascorso circa un lustro, i nostri Quattro del parco esilaranti romanze cucite assieme da un’improbabile tra-
si ritrovarono ancora tutti uniti in un “cerchio di pol- ma dove Otello è un carbonaio della bassa modenese
vere” per una nuova avventura. La polvere non era più che sorprende la rèsdora Desdemona intenta ad offrire
quella del parco cittadino, ma quella sollevata da un un piatto dei suoi tortellini ad uno sfaccendato Jago.
migliaio di scout, riuniti alle pendici del monte Amiata, Finale tragicomico, applausi scroscianti con cori im-
al Campo Nazionale del 1962. Forse per la prima volta provvisati sul tema “Oh te l’ho detto tante volte” decre-
nella vita toccavano con mano una nuova dimensione tano il successo immediato dell’opera e sanciscono l’in-

196 Nella vita di oggi












































Fulvio... tanti volti per il mondo fantastico e l’avventura...
ma una sola passione educativa!

Nella vita di oggi 197


discussa supremazia del Carpi 1° anche nelle tecniche nascono i due nuovi Branchi Waingunga e Fiore Ros-
di Espressione… e giù altri sassi come Oscar!! so. E’ proprio nel servizio in Branco che meglio si
esprimono le doti istrioniche del Cerghin sublimandosi
L’entusiasmo per i riconoscimenti non si traduce in nella creazione di ambienti fantastici, di giochi coin-
“vanagloria” ma in forte stimolo ad utilizzare i talenti volgenti e racconti affascinanti. Nel ‘68 si effettuano
scoperti a servizio di una nuova esperienza che quel “ le prime mitiche Vacanze di Branco. Nel caratteristico
birbone di un prete” (gasatissimo per le imprese dei ambiente del Castello di Rossena la fantasia ha spunti
suoi ragazzi) ci stava preparando. Da “cavie” del suo illimitati cui attingere: Cavalli e Cavalieri, maghi e
progetto educativo ci propone di diventare collabora- giullari, burattinai e fantasmi… Robin Hood, Pirati,
tori nell’azione formativa dell’oratorio e del gruppo costituiscono infinite occasioni a Capi e Lupetti per
scout. Non fa in tempo nemmeno a preparare l’esca riproporre la “morale per tipi”, per apprendere tecni-
che già siamo tutti appesi all’amo, al servizio su più che manuali, motivare il rispetto della natura, colorare
fronti (Scout, Catechismo, Gruppo Sportivo Carpine la gioia della fraternità.
e attività ricreative diverse). Sotto la sapiente regia del La capacità di trasmettere gioia e di creare
Direttore, il Cerghin (affiancati nuovi “compagni di ambientazione fantastica non si è fermata alla sola espe-
servizio”) vive un periodo di intensa attività che vede rienza associativa scout, ma come un fiume in piena è
affinarsi sempre più la qualità dei servizi educativi tracimata anche nelle altre attività oratoriane ed ha
offerti ad un crescente numero di ragazzi all’Oratorio. caratterizzato anche molteplici iniziative della Catechesi
Raddoppiano le unità del gruppo scout e segnatamente Parrocchiale e Diocesana.





Da sinistra: Pippo Spina, Tino Bertani, Lino Colliva,
Dino Cavazzuti, Renato Predieri.

198 Nella vita di oggi


Chi non ricorda le sfilate e gli spettacoli di Carne- completare la risposta… “Grazie, ciao!”, sentì dall’al-
vale all’Eden, la festa di Primavera del ‘70 con inse- tra parte...
guimento della Banda Bassotti per tutta la città (con Ed eccolo ancora lì il vecchio Kaa, alle prese coi
tanto di elicottero), la Corsa delle Carovane del 1972… suoi mille cambiamenti di pelle, di costumi e di
e nell’ultimo decennio, la giornata Diocesana dei camuffamenti… rincorso da una masnada di Lupi e
Cresimandi che riunisce oltre 500 ragazzi attorno al Coccinelle. Molti sono i figli dei suoi primi Lupetti…
proprio Vescovo per “giocare con lo Spirito Santo”… Forse tutto questo ha un significato, nemmeno tanto

nascosto. Ma non facciamoci prendere da nostalgiche
Conclusione riflessioni moraleggianti. Se qualcosa vogliamo con-
Sul finire del millennio, allo scoccare dei suoi 50 servare di questa “ricostruzione storica”, un po’ raffaz-
anni, il Cerghin mentre spinge una carrozzina alla grotta zonata, ripensiamo ai volti sorridenti che, in questi 50
di Lourdes, riceve una telefonata dal figlio da parte anni, hanno attraversato i cortili dell’Oratorio e a quanti,
della Comunità Capi: “Ci sarebbe bisogno di un aiu- almeno una volta nella vita, hanno provato la gioia
tino in Branco per il prossimo anno… Sei disponibi- vera dell’amicizia e del servizio disinteressato ai più
le??” “piccoli” che il Signore ci mette sul cammino.
Lo sciagurato rispose “ S…”; non fece in tempo a











L’amicizia si consolidò nel servizio all’Oratorio e nella lunga esperienza scout fatta insieme


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