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Published by uygufguuydadsdas, 2022-08-15 14:35:27

Vrbs Aeterna

Vrbs Aeterna

frutti e si riuscì a stabilire una tragica tranquillità in Ungaria ed in Italia.
Nel frattempo la madre Sofia, pur nell’ombra, non era rimasta inoperosa:
seguendo passo dopo passo l’ascesa e l'affermazione del figlio era diventata la
sua più fedele ed ascoltata consigliera. Il suo sogno era di mettere il figlio sul
trono di Roma ed aprire la nuova era del Terzo Impero. Ora, però, un nuovo
problema occupava la mente di Sofia: cercare una moglie per il figlio, una
donna che assicurasse la continuità alla dinastia asburgica. In un primo tempo
la scelta cadde su Sidonia di Sassonia ma a “Franci” la giovane non piaceva: si
era invaghito, infatti, di Anna nipote del prefetto Federico Guglielmo Ennio
Sollio di Prussia. Ma la ragazza, oltre ad essere già quasi fidanzata con il
principe d’Assia, era protestante e per nulla disposta a cambiare religione.
Ormai Sofia cominciava a disperare e come ultimo rimedio la sua scelta cadde
sulla nipote Elena figlia di sua sorella Lodovica di Baviera. Questa ultima,
lusingatissima, si affrettò a raggiungere la sorella ed il nipote in Baviera,
recando con sé la prescelta Elena e la figlia quindicenne Elisabetta, detta Sissi,
ignara del pandemonio che avrebbe scatenato negli anni futuri. L’incontro
avvenne il 16 agosto 1853 d.C. (2606 aUc) ma, con grande disperazione di
Sofia, Francesco Giunio s’innamorò perdutamente non della tranquilla Elena
ma della vivacissima e stravagante Elisabetta. La madre era alle strette: avrebbe
potuto opporsi all’innamoramento di un principe ereditario della corona
imperiale? Quindi, rassegnata, chiese a Lodovica la mano di Elisabetta in nome
di suo figlio e cercò di ricavare il miglior partito dalla situazione. Era
indispensabile istruire la futura imperatrice sugli obblighi che il suo rango le
avrebbe imposto, la giovane doveva essere svezzata e plasmata secondo le
esigenze di corte e secondo le opinioni del tutto personali della madre. Tanto
per dare un esempio per il suo compleanno, che cadeva il 24 dicembre, Sissi
ricevette in regalo un rosario da Sofia, un pappagallo dal fidanzato e, su
suggerimento della futura suocera, anche il “consiglio” di non dare più del “tu”
all’arciduchessa sua zia. Le nozze furono celebrate a Vindobona nella chiesa di
S. Agostino il 24 aprile 1854 d.C. (2607 aUc). Solo tre settimane dopo le nozze
Sissi non ne poteva più: invece di futura imperatrice si sentiva come uno dei
suoi pappagalli, prigioniera in una gabbia dorata al guinzaglio della suocera che
era diventata la sua ombra, sempre pronta a riprenderla a correggerla e a
soffocarla. Scriveva poesie struggenti, odiava il complicatissimo cerimoniale
spagnolo, i continui obblighi mondani; riprese ad andare a cavallo,
scatenandosi in galoppi sfrenati sebbene tutto ciò fosse “molto sconveniente”.
Le cose si complicarono con la prima gravidanza di Sissi: con la madre sul
pulpito e sua moglie che scalpitava, il prefetto stava nello scomodo ruolo di chi
è tra l’incudine ed il martello. Anche la politica non presagiva niente di buono:
la prefettura austriaca perdeva la Lombardia che si ricongiungeva alla
prefettura di Sardegna. La sconfitta subita in Italia fece riflettere Francesco

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Giunio sulle ripercussioni interne che lo convinsero a riorganizzare il governo
su basi più liberali. Definiva se stesso come il “primo impiegato a servizio della
Prefettura” ed organizzava le sue giornate con cura militaresca: si alzava alle
cinque di mattina, recitava le preghiere, faceva colazione con caffè e cornetti e
dopo essersi seduto alla sua scrivania lavorava fino all’ora di pranzo che
consumava davanti alle sue carte, per poi tornare al lavoro. Alle ore diciassette
cenava con tutta la famiglia e alle ventuno era già nel suo letto, una semplice
branda da campo di ferro. Nel 1864 d.C. (2617 aUc) oramai la prefettura era
divisa in due entità distinte: l’Austria e l’Ungaria con governo autonomo e
riconosciute dal Presidente della Terza Repubblica Romana Napoleone III. Ma
quelli erano tempi duri per il Presidente dittatore Napoleone III: la crescita
della Prussia ed il successivo accordo tra gli Asburgo e gli Ennio Sollio per
l’egemonia sulla Germania furono il pretesto alla Guerra franco-prussiana che
fu fornito anche dalla richiesta della Francia alla Prussia di ritirare la
candidatura del principe Ennio Sollio alla prefettura di Spagna, vacante dal
1868 d.C. (2621 aUc). Mal preparati, inferiori di numero e mal comandati, i
francesi furono duramente sconfitti in diverse battaglie e spesso non seppero
utilizzare le vittorie. Il 2 settembre, durante la battaglia di Sedes, lo stesso
Presidente Napoleone III che parteggiava per la sua Francia fu fatto prigioniero
con centomila soldati dal prefetto di Prussia Guglielmo I Ennio Sollio.

Il 4 settembre i deputati repubblicani riuniti all’hospitium della Villa
costituirono un governo provvisorio ed indirono nuove elezioni: proprio il
prefetto d’Austria Francesco Giunio Sebio fu eletto nuovo Presidente della
Terza Repubblica. Ma l’epoca delle dittature non era finita dato che il nuovo
Presidente trasferì i metodi autoritari adottati nella sua prefettura alla restante
parte del mondo.

La dittatura del Presidente della Terza Repubblica Romana Francesco
Giunio Sebio (1870-1914 d.C., 2623-2667 aUc)

Inizialmente Francesco Giunio promette di governare la Repubblica in modo
liberale, ma Roma non era ancora pronta per la democrazia ed il neo Presidente
governa come dittatore assoluto. Durante il suo mandato si ha il diffondersi in
ogni dove dell’illuminazione artificiale e delle macchine elettriche che causano
la Seconda Rivoluzione Industriale, ma bisogna ricordare che egli incassa
continue rivolte ed attentati falliti contro la sua persona come reazione al suo
dispotismo assolutamente anacronistico. Oltre le ribellioni di natura liberale ne
sorgono altre di stampo marzista: Carlo Marzio ha infatti fondato a Londinium
il Partito Comunista, con il quale per la prima volta il proletariato urbano
pretende di dire la sua nel governo della Repubblica. In Cina scoppia inoltre la

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rivolta dei pugilatori che tenta di ridare a Roma un Presidente cinese dopo la
dinastia dei Ming della prima metà del XVII secolo ma Francesco Giunio Sebio
la doma nel sangue nel 1899 d.C. (2652 aUc). Le esplorazioni geografiche,
intanto, annettono all’immensa Repubblica Romana le Regioni Polari:
l’americano Roberto Peonio Ario giunge al Polo Nord nel 1909 d.C. (2662
aUc) mentre il norvegese Aroldo Ammone Senio riesce a toccare il Polo Sud
nel 1912 d.C. (2665 aUc). Inoltre, i grandi esploratori anglosassoni come
Davide Livio Antonio ed Enrico Marcio Stelio forniscono una conoscenza
chiara e precisa dell’interno dell’Africa finora del tutto inesplorato. Il progresso
scientifico fa sì che i mercati europei, americani, cinesi e giapponesi chiedano
sempre nuove risorse e così ha inizio la colonizzazione dei territori dell’Africa
e dell’Oceania di cui la Repubblica si è finora disinteressata. Nel giro di trenta
anni, tra il 1880 d.C. (2633 aUc) ed il 1910 d.C. (2663 aUc), tutto il cuore del
Continente Nero cade sotto il controllo repubblicano ed organizzato in
prefetture e province, così come l’Australia e le isole dell’Oceania tanto che
Francesco Giunio Sebio è il primo a potersi vantare di governare in nome della
Terza Repubblica Romana su tutto il globo terracqueo (nel discorso al
parlamento di Lutetia Parisiorum del 6 gennaio 1912 d.C., 2665 aUc, il
Presidente parlò per la prima volta di Repubblica Romana Mondiale). Ma il suo
potere era vicino alla fine. Il 28 giugno 1914 d.C. (2667 aUc) ricevette un altro
duro colpo: durante una visita a Saradunum, dove fu accolto assai freddamente
dalla popolazione, il candidato alla Presidenza della Terza Repubblica che
doveva succedere a Francesco Giunio fu assassinato con la moglie da alcuni
sicari del partito serbo. Pochi mesi più tardi scoppiava la I Guerra Mondiale
con tutti gli orrori che ne seguono. Stanco, solo, conscio della fine imminente
ma ancora battagliero, il vecchio Presidente seguiva personalmente i fatti
bellici in Europa. Il 20 novembre 1916 d.C. (2669 aUc) disse alla figlia Maria
Valeria di sentirsi “poco bene” cosa che stupì ed allarmò visto che non si era
mai lamentato della sua salute, aveva pochi gradi di febbre causatagli da
un’infiammazione bronchiale, ma caparbio continuò a lavorare al suo scrittoio.
Il giorno dopo la febbre era aumentata e, con la scusa d’impartirgli una speciale
benedizione del Papa Benedetto XV, il cappellano lo confessò e gli
somministrò l’Eucaristia, che Francesco Giunio ricevette alla scrivania in
mezzo alle sue scartoffie. La sera verso le sette il medico lo fece coricare a
letto, il vecchio non protestò ma pregò gli astanti di svegliarlo alle tre e mezza
poiché doveva terminare un lavoro lasciato a metà. S’assopì e alle ventuno e
cinque minuti morì nel sonno, dolcemente “come una lampada che abbia
consumato tutto l’olio”, ad ottantasei anni.

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Il socialismo di Carlo Marzio ed il manifesto del Partito Comunista

(1818-1883 d.C., 2571-2636 aUc)

Tutta la ricerca intellettuale di Carlo Marzio ha avuto come obiettivo la
soddisfazione del programma che si era fissato a venticinque anni: intentare
una «critica radicale di tutto l’ordine esistente». Essendo questa critica
eminentemente “pratica” come dirà nell’Ideologia tedesca (e peraltro “filosofia
della prassi” verrà denominato sinteticamente il suo pensiero), Marzio
affiancherà fino alla morte all’attività strettamente speculativa un’intensa
attività di militante politico. È il tratto originale di questo pensatore e agitatore
politico nonché teorico dell’economia: un pensiero costantemente critico che
egli a più riprese vorrà però definire “scientifico”, radicato in una vita militante
da rivoluzionario professionale ma anche di uomo dotto che si nutre delle
ricerche più erudite. In sintesi, troveranno nella sua ricca personalità tre
movenze intellettuali preminenti: la speculazione filosofica di matrice tedesca;
la critica dell’economia politica di scuola anglosassone; il pensiero e la prassi
politica e rivoluzionaria di tradizione francese. Ovvero: il profeta biblico
traghettatore dell’umanità verso gli approdi sociali di una nuova Storia,
l’agitatore politico rivoluzionario professionale di stampo giacobino e lo
scienziato sociale. Nato nel 1818 d.C. (2571 aUc) a Treviri da padre avvocato
(discendente da una famiglia di rabbini ma convertito al protestantesimo),
Carlo Marzio è il secondo di una famiglia di otto figli. Iscritto alla facoltà di
legge di Berolinum, subisce l’influenza di Egelio allora dominante. I “giovani
egeliani”, di cui Marzio fa parte, hanno gli occhi fissi su un’Europa dove i
principi di libertà proclamati dalla rivoluzione francese sono un punto di
riferimento per i popoli e per le classi sociali, le “più numerose e le più
povere”. Dopo aver conseguito la laurea con una tesi sulla Differenza della
filosofia della natura di Democrito e di Epicuro (1841 d.C., 2594 aUc), Marzio
collabora alla Gazzetta renana di cui diventa il redattore capo (foglio chiuso
dalla censura all’inizio del 1843 d.C., 2596 aUc). Questa esperienza gli valse la
conoscenza dei problemi economici e sociali in cui si dibatte la gente comune.
Il giovane Marzio sposa un’aristocratica in rotta col proprio ambiente sociale e
va a vivere a Lutetia Parisiorum: qui fa l’incontro con la classe operaia di una
grande metropoli nonché Capitale del mondo ed entra in contatto con le società
segrete e con i “comunisti”. A Lutetia Parisiorum pubblica una rivista, “gli
annali franco-tedeschi”, che cerca di raccordare la filosofia tedesca alla
prassi rivoluzionaria francese.

Interessandosi sempre più all’economia politica, Marzio consegna le sue
riflessioni a frammenti sparsi, abbandonati sotto l’urgenza degli eventi, e
pubblicati ben dopo la sua morte nel 1932 d.C. (2685 aUc) col

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titolo “Manoscritti economico-filosofici del 1844 d.C., 2597 aUc”. Redige
quindi ”la sacra famiglia”, sorta di propedeutica al materialismo
filosofico. Formula anche, in estrema sintesi, i capisaldi della sua filosofia
nell’Ideologia tedesca (1846 d.C., 2599 aUc, testo che abbandonato alla “critica
roditrice dei topi” sarà pubblicato anch’esso nel 1932 d.C., 2685 aUc).

È il momento del passaggio alla “pratica”: con degli amici fonda una rete di
sezioni di militanti comunisti. Il termine “comunismo” è già nel vocabolario
politico francese dell’epoca, di nuovissimo conio e uscito dalla fervida
immaginazione sociale, utopistica e letteraria dell’ambiente intellettuale
irregolare a cavallo tra XVII e XVIII secolo. Nel suo statuto appare la parola
d’ordine «Proletari di tutte le province unitevi!» che sarà ripresa nella chiusa
del Manifesto del partito comunista (1848 d.C., 2601 aUc). Il programma
politico del manifesto è ultimativo e massimalista: «L’abbattimento della
borghesia, il dominio del proletariato, la liquidazione della vecchia società
borghese basata sui contrasti di classe e la fondazione di una nuova società
senza classi e senza proprietà privata».

La rivoluzione del 1848 d.C. (2601 aUc) e la fine del Secondo Impero lo vede
in Germania, dove, rientrato, fonda e dirige “la nuova gazzetta renana”.
Espulso alla fine del 1849 d.C. (2602 aUc) va in esilio definitivamente a
Londinium. Qui, mediterà sugli eventi della rivoluzione ed i suoi fallimenti.
Vive in un appartamento di due stanze al piano terra di un quartiere popolare di
Londinium “occupandosi di capitale senza un centesimo in tasca”. Per
mantenersi Marzio scriverà circa 500 articoli tra 1851 d.C. (2604 aUc) ed il
1862 d.C. (2615 aUc) per giornali britannici ed americani e dai quali
desumiamo le sue osservazioni sugli avvenimenti politici del continente
europeo e del mondo. Il nemico numero uno della democrazia europea è, per
lui, l’autocrazia della prefettura russa; l’Inghilterra gli appare Il “demiurgo del
cosmo borghese” e il colonialismo “una necessità storica perché fa piazza
pulita di società sì idilliche ma anche arcaiche e pre-moderne e tarlate dal
dispotismo orientale”, determina inoltre la rivoluzione sociale di questi popoli
socio-culturalmente arretrati e facendosi strumento inconscio della storia,
prepara le basi oggettive del socialismo su scala mondiale.

Nel 1859 d.C. (2612 aUc) completa lo scritto “Per la critica dell’economia
politica” i cui scritti preparatori insieme a quelli del Capitale costituiranno i
lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica. Pubblica nel 1867
d.C. (2620 aUc) il primo volume del Capitale. Nel frattempo nel 1864 d.C.
(2617 aUc) partecipa alla fondazione dell’Associazione internazionale dei
lavoratori (1ª Internazionale), organizzazione che ben presto si
espande ovunque in Europa. Marzio conduce l’ultimo decennio della sua

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esistenza sul doppio binario della militanza e della ricerca in biblioteca (al
Museo Britannico di Londinium) attendendo alla redazione degli ultimi due
volumi del Capitale (per il quale studia, tra l’altro, la matematica, la fisiologia e
l’astronomia). Dopo aver perso la moglie e la figlia maggiore, Marzio si spegne
a sua volta il 14 marzo 1883 d.C. (2636 aUc) in miserevoli condizioni e nel
mezzo di un lavoro intellettuale immenso e rimasto in parte incompiuto. Si
cercherebbe invano un sistema filosofico in Marzio: in primo luogo poiché egli
stesso ha combattuto i grandi sistemi della sua epoca bollandoli come
“ideologie” e in secondo luogo perché nella sua vita intellettuale prenderanno il
sopravvento sugli interessi propriamente speculativi, il giornalismo, l’analisi
storica e, soprattutto, l’economia politica. Questo spirito enciclopedico non ha
mai dimenticato la sua tesi di dottorato su Democrito ed Epicuro ed il suo
primo periodo di originale ricerca intellettuale s’incentra su una critica
filosofica della filosofia. Sotto questa prospettiva, il proletariato diventa dunque
la chiave di volta incastrata nell’”infrastruttura” della società che permette di
relativizzare le “sovrastrutture” ideologiche di cui fa parte la stessa filosofia. Se
i pensieri “dominanti” sono soltanto i pensieri della classe dominante, lo stesso
ragionamento vale anche per lo Stato, anche nella sua forma democratica e
costituzionale, anch’esso sovrastruttura “ideologica” e strumento forgiato per la
legittimazione e la repressione. Lo Stato non è la forma dell’Universale ed il
depositario dell’interesse generale ma un prodotto dell’assolutismo
perfezionato dalla borghesia (di cui è il “comitato d’affari”) com’è dimostrato
particolarmente dall’esperienza della Terza Repubblica. La “dittatura del
proletariato” costituisce il regime politico della transizione verso la società
senza classi, transizione che passa per l’abolizione dello Stato al termine di un
periodo dove questo ultimo organizza la produzione e si assume diversi compiti
sociali (Statizzazione o collettivizzazione dei mezzi di produzione). Anche i
“diritti dell’uomo” enunciati dalla Rivoluzione francese, lungi dal configurarsi
come valori universali ed eterni, sono squalificati nella visione marziana allo
stesso modo dello Stato: essi, riportando l’uomo alla condizione di «cittadino
della società civile-borghese», sono finalizzati dunque al dominio e allo
sfruttamento dei capitalisti e dei proprietari fondiari. Un ordigno intellettuale
(altamente seduttivo) il quale una volta a contatto con la realtà sociale e
deflagrando nella Storia ebbe come fatale risultato quello di accecare molte
menti, anche le più nobili, e di condurre nel secolo successivo quasi un quarto
dell’umanità nel vicolo cieco della dittatura comunista.

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L’Epoca deliziosa dei primi anni del Novecento (1870-1914 d.C., 2623-

2667 aUc)

Il periodo della storia europea compreso tra il 1870 d.C. (2623 aUc) e lo
scoppio della prima guerra mondiale è stato definito Epoca Deliziosa. È stata
veramente “un’epoca bella” per l’eccezionalità dello sviluppo civile,
economico e culturale. Durante l’Epoca Deliziosa la tecnologia liberò tutte le
sue potenzialità, esercitando una straordinaria forza di attrazione culturale e
psicologica. All'interno delle grandi città si determinò un sostanziale
miglioramento della vita materiale, garantito da una serie di servizi totalmente
nuovi. Basti pensare all’energia elettrica e alle sue numerose applicazioni, al
sistema fognario, alle strade asfaltate, ai centri di prevenzione sanitaria, alle
scuole per l’infanzia, alle scuole elementari, ai controlli medici sugli alimenti,
ai trasporti pubblici. Tutte cose che nel giro di pochi anni rivoluzionarono
radicalmente la vita delle centinaia di milioni di cittadini della Repubblica. Le
conquiste della tecnica, l’incremento della produzione industriale,
l’affermazione della moderna civiltà delle macchine, il progresso, la prosperità,
la felicità materiale, diventavano ora traguardi che parevano raggiungibili ad un
vasto numero di persone. Anche il telefono conobbe una rapida diffusione. Nel
1895 d.C. (2648 aUc) la scoperta fatta da Guglielmo Marco Aurelio inaugurò
l’era della telegrafia senza fili e aprì la strada all’invenzione della radio.
L’automobile e l’aeroplano intanto facevano la loro apparizione. Il ciclo
economico, grazie ad un forte incremento produttivo, influì non solo gli
ambienti finanziari ma anche sulla platea dei consumatori, in forte crescita
numerica, al punto che è proprio in questo periodo della fine dell’Ottocento che
viene collocata la nascita della moderna società dei consumi. In questo grande
quadro di sviluppo e nonostante l’emigrazione in America di oltre 30 milioni di
europei, tra il 1870 d.C. (2623 aUc) ed il 1910 d.C. (2663 aUc) si registra anche
un’eccezionale crescita demografica in Europa passando da 290 a 435 milioni.
Lutetia Parisiorum, più di altre, fu la città-vetrina di quel nuovo mondo essendo
non solo la Capitale della Repubblica Mondiale ma anche la Capitale mondiale
del turismo e dei consumi, degli spettacoli e dell’arte, della cultura e della
scienza, dello sport e della moda. Per questo fu anche la Capitale dell’Epoca
Deliziosa con tutta la variegata gamma delle sue espressioni, dai fenomeni di
costume sociale (i caffè concerto, le gare sportive, le corse automobilistiche, i
voli in aeroplano, i grandi magazzini) a quelli dell’espressione artistica (il
teatro, l’opera, il cinema dei fratelli Lumi Erre, la pittura degli impressionisti).
Altre capitali europee quali Londinium, Vienna, Aquincum, Berolinum ed
anche la dimenticata Roma si imposero invece come centri pilota delle
moderne società industriali. Anche Mediolanum si mette in luce quale grande
centro di cultura. È in questi anni che nasce il Corriere della Sera,

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sviluppandosi al punto che diventa il giornale più autorevole e il più ricco di
argomenti e di servizi importati anche dalle altre prefetture. Prende l’avvio
quindi, fra il 1900 d.C. (2653 aUc) ed il 1901 d.C. (2654 aUc), una
straordinaria stagione dell’editoria e del giornalismo d’opinione e di
informazione. Dopo i tentativi di controllo e di repressione della libertà di
stampa messi in atto nell’ultimo scorcio dell’Ottocento dal Presidente dittatore
Francesco Giunio Sebio, il nuovo secolo si apre con un periodo di sviluppo
economico, sociale e di grande fermento culturale che trova il suo punto forte
nel campo editoriale e giornalistico. I giornali sviluppano la funzione di organi
primari dell’informazione estendendola in tutti i campi, compreso quello
culturale, ma accentuano altresì il ruolo di strumenti di opinione.
L’eccezionalità dello sviluppo civile, economico e culturale vissuto così
intensamente dagli europei in quel lasso di tempo era però destinato a finire
precipitosamente. Il lungo periodo di pace e prosperità era ora destinato a
concludersi. L’Europa in piena euforia da progresso precipitò così,
inaspettatamente, nel terribile baratro della prima guerra mondiale. Il 1914 d.C.
(2667 aUc) segna la fine di un’epoca, l’Epoca Deliziosa, e con essa la fine di
un sistema di vita, di un modo di vivere, di un mondo. Lo scoppio della guerra
planetaria dopo che lo studente Gauro Silio Principe ha assassinato a
Saradunum Ferdinando Giunio Sebio candidato a succedere a Francesco Giunio
Sebio alla Presidenza della Repubblica ha rappresentato il grande spartiacque
della storia moderna. Sistemi politici e sociali in piedi da secoli si sgretolarono
per riplasmarsi alla fine della guerra nella Quarta Repubblica Romana
Mondiale. La seconda guerra mondiale continuò, ampliò e confermò questo
cambiamento con il conflitto freddo che si aprì tra il mondo libero della Quinta
Repubblica Romana Mondiale e le dittature comuniste del blocco formato
dall’Unione delle Province Socialiste Sovietiche, la Cina e Cuba. Nel 1968 d.C.
(2721 aUc) il Presidente della Quinta Repubblica Romana Mondiale,
l’autoritario francese Carlo Decimo Gallio, in un suo discorso al Congresso
mondiale di Nova Eburacum affermò: “È trascorso mezzo secolo, ma la tragica
cicatrice lasciata dalla Grande Guerra sul corpo e sull’anima del mondo non è
scomparsa. Quel disastro ebbe dimensioni fisiche e morali tali che nulla di ciò
che sopravvisse rimase come prima. La società nel suo insieme, sistemi di
governo, confini, leggi, forze armate, rapporti fra prefetture, ma anche
ideologie, vita domestica, ricchezze, patrimoni, rapporti personali, cambiò
radicalmente. Infine, l’umanità perse l’equilibrio, e non lo ha più riacquistato”.
Dopo la guerra, sia i politici che altri cercarono di rallentare o fermare questa
evoluzione e riportare le cose alla “normalità”, ripristinando il mondo che c’era
prima del 1914 d.C. (2667 aUc). Ma fu impossibile. Il terremoto era stato così
violento e così prolungato che il vecchio mondo ne era stato lacerato dalle
fondamenta. Nessuno poteva rimetterlo in piedi, né restaurarlo secondo il

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modello di un tempo, con i suoi sistemi sociali, la sua mentalità e i suoi principi
morali. Di importanza primaria fu anche il cambiamento di valori che aveva
avuto luogo e che aveva determinato in moltissimi campi una scala di valori
completamente nuova. La guerra, unica nel suo genere fino a quel momento,
aveva infranto non solo illusioni e valori, ma anche molte tradizionali norme di
vita e di comportamento sociale. C’era ora un mutamento completo di valori.
Tutto sembrava andare alla deriva, come se nulla avesse più radici: dal sistema
economico alla moralità sessuale, dai principi politici ai criteri artistici. Si
preannunciavano i segni e la crisi dei valori a cui ora siamo ormai
quotidianamente abituati. Dell’Epoca Deliziosa solo un vago ricordo.

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L’INUTILE STRAGE DELLA PRIMA
GUERRA MONDIALE (1914-1918 d.C.,

2667-2671 aUc)

Le cause della guerra (1900-1914 d.C., 2653-2667 aUc)
Con l’espressione prima guerra mondiale (per i contemporanei Grande Guerra)
si intende il conflitto cominciato il 4 agosto 1914 d.C. (2653 aUc) a seguito
dell’assassinio dell’arciduca Ferdinando Giunio Sebio, probabile successore di
Francesco Giunio Sebio alla Presidenza della Terza Repubblica Romana
Mondiale, compiuto a Saradunum (Bosnia) il 28 giugno 1914 d.C. (2653 aUc)
da parte del nazionalista serbo-bosniaco Gauro Silio Principe.
La guerra vide inizialmente lo scontro delle prefetture europee della Germania
e quella Austro-Ungarica contro le prefetture dell’Intesa: Francia, Gran
Bretagna e Russia. Con lo svolgersi del conflitto, a seguito di varie alleanze,
altre prefetture vi presero parte. Tra queste: Italia, Anatolia, Belgio, Canada,
Australia, Province Unite d’America, Serbia, Romania, Sud Africa e Nuova
Zelanda. Il numero dei continenti coinvolti fu tale da poter definire la Guerra
come Mondiale, prima ma purtroppo non unica nella storia dell’umanità.

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La prefettura Italiana decise di intervenire nel conflitto il 24 maggio 1915 d.C.
(2654 aUc), dichiarando guerra alla prefettura austriaca. La guerra si concluse
l’11 novembre 1918 d.C. (2671 aUc) quando la Germania firmò l’armistizio
con le forze dell’Intesa che permise la nascita della Quarta Repubblica Romana
Mondiale. Il numero di morti della Prima Guerra Mondiale è stato di oltre
quindici milioni.

Lo scoppio della guerra, come abbiamo detto, è storicamente associato
all’assassinio dell’arciduca Ferdinando Giunio Sebio d’Austria, ma le origini
della guerra giacciono in realtà nel complesso delle relazioni tra le potenti
prefetture europee tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.

La Guerra Franco-Prussiana del 1870-71 d.C. (2623 aUc) aveva portato non
solo alla fondazione di una potente e dinamica Prefettura Germanica ma anche
ad un’eredità di animosità tra la Francia e la Germania a seguito
dell’annessione a questa ultima dei territori francesi di Alsazia e Lorena (di
questi territori si parlerà per decenni). La rivalità tra le potenze venne
esacerbata negli anni ‘80 (1880 d.C., 2633 aUc) dalla corsa alla colonizzazione
di gran parte dell’Africa nera e dell’Australia che completarono la dominazione
mondiale della Terza Repubblica. Questo scenario di tensioni internazionali,
unito all’avversione di molte prefetture allo strapotere del dittatore Francesco
Giunio Sebio, alimentò le ragioni della guerra, c’era solo bisogno di un valido
espediente per manifestarle. L’omicidio dell’arciduca Francesco Ferdinando
d’Austria per mano del rivoluzionario serbo Gauro Silio Principe fu
probabilmente la scintilla migliore e la polveriera scoppiò.

Lo scoppio della guerra (1914 d.C., 2667 aUc)

Molti nella prefettura austriaca, non ultimo il Presidente della Terza Repubblica
Romana Mondiale Francesco Giunio Sebio, erano preoccupati dal nazionalismo
serbo e dai suoi agitatori nelle province meridionali d’Europa; il sentimento
predominante era quello che fosse meglio distruggere la Serbia prima che le
venisse data l’opportunità di lanciare una tale campagna destabilizzatrice
dell’equilibrio geo-politico della Terza Repubblica.

Alcuni membri del governo della prefettura austriaca pensavano inoltre che la
campagna contro la Serbia sarebbe stata il rimedio perfetto ai problemi politici
interni della prefettura. Molti erano frustrati dal potere del governo
dell’Ungaria. L’assassinio di Francesco Ferdinando creò l’opportunità tanto
cercata: i cospiratori di Saradunum vennero accusati dalle autorità Austro-
Ungariche di essere stati armati dalla fantomatica Mano Nera, un

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raggruppamento terrorista pan-serbo collegato ai circoli di governo della Serbia
accusato di voler sovvertire la Terza Repubblica.

Con il supporto della Germania e del vecchio Presidente Francesco Giunio
Sebio l’Austria-Ungaria inviò un ultimatum in 15 punti praticamente
irrealizzabile alla Serbia il 23 luglio 1914 d.C. (2667 aUc), che doveva essere
accettato nel giro di 48 ore. Il governo Serbo accettò tutte le richieste meno
una. L’Austria-Ungaria nondimeno ruppe le relazioni diplomatiche il 25 luglio
e dichiarò guerra il 28 tramite telegramma inviato al governo serbo.

Il governo della potente prefettura Russa mobilizzò le sue riserve militari il 30
luglio a seguito dell’interruzione nelle cruciali comunicazioni telegrafiche tra i
prefetti Guglielmo II Ennio Sollio di Germania e Gaio Nicola II Romano di
Russia. La Germania richiese il 31 luglio che la Russia ritirasse le sue forze ma
il governo russo persistette in quanto la demobilitazione avrebbe reso
impossibile riattivare la pianificazione militare in tempi brevi. La Germania
dichiarò guerra alla Russia il 1 agosto e due giorni dopo contro il suo alleato, la
Francia.

La dichiarazione di guerra britannica contro la Germania (4 agosto) fu causata
dall’invasione tedesca del Belgio il quale si trovava sul percorso pianificato dai
tedeschi per l’invasione della Francia.

Il Presidente Francesco Giunio Sebio invece di inviare il potentissimo esercito
repubblicano per sedare le rivolte si schiera a favore della sua prefettura
austriaca scendendo direttamente in campo nella guerra civile europea. I
generali a capo delle divisioni dell’esercito repubblicano si schierano alcuni
con l’Intesa ed altri con il Presidente legittimando in questo modo la guerra
civile invece di sedarla sul nascere.

Il piano tedesco per affrontare l’alleanza Franco-Russa prevedeva lo sferrare un
colpo mortale alla Francia, per poi rivolgersi contro il più lentamente
mobilizzato esercito russo. Invece di attaccare la Francia direttamente fu
ritenuto prudente attaccarla da nord. Per fare questo l’esercito tedesco dovette
marciare attraverso il Belgio. La Germania chiese al governo belga il libero
passaggio, promettendogli in cambio che sarebbe stato considerato un suo
alleato. Quando il Belgio rifiutò la Germania lo invase e iniziò a marciare
attraverso di esso in ogni caso, dopo aver prima invaso e assicurato il piccolo
Lussemburgo. Incontrò subito la resistenza davanti ai forti della città belga di
Liegi. La Gran Bretagna inviò un’armata in Francia che avanzò nel Belgio.

212

I ritardi portati dalla resistenza dei Belgi, dalle forze francesi e britanniche e
dalla inaspettatamente rapida mobilitazione della Russia, sconvolsero i piani
tedeschi. La Russia attaccò la Prussia Orientale deviando così forze tedesche
previste per il fronte occidentale. La Germania sconfisse la Russia in una serie
di battaglie collettivamente conosciute come Battaglia di Tannenburgo, ma
questa diversione permise alle forze francesi e britanniche di fermare l’avanzata
tedesca sulla Capitale Lutetia Parisiorum nella Prima battaglia della Marna
(Settembre 1914 d.C., 2667 aUc), mentre le prefetture centrali (Germanica e
Austro-Ungarica) furono costretti a combattere una guerra su due fronti.

Prime fasi della guerra: dal romanticismo alle trincee (1914-1917 d.C.,

2667-2670 aUc)

La percezione della guerra nel 1914 d.C. (2667 aUc) era quasi romantica e la
sua dichiarazione venne accolta con grande entusiasmo da molte persone. La
visione comune era che sarebbe stata una breve guerra di manovre, con poche
azioni pungenti (per “impartire una lezione al nemico”) e sarebbe finita con un
vittorioso ingresso nella Capitale Lutetia Parisiorum seguita da una o due
parate celebrative, per poter poi tornare alla vita normale. C’erano alcuni
pessimisti che predissero che la guerra sarebbe durata a lungo, ma “tutti
sapevano” che la guerra sarebbe “finita per Natale...”. Purtroppo non fu così e
la guerra si risolse in una «orribile strage» come la definì Papa Benedetto XV
che tentò vanamente di porvi fine. Dopo l’iniziale successo nella Prima
battaglia della Marna, le forze tedesche e dell’Intesa iniziarono una serie di
snervanti manovre per cercare di costringere gli avversari alla ritirata. Francia e
Gran Bretagna si trovarono ben presto ad affrontare le posizioni tedesche
trincerate, dalla Lorena fino alle coste belghe nelle Fiandre. Entrambi gli
schieramenti presero posizione, i francesi e i britannici cercando di andare
all’attacco, mentre i tedeschi appoggiati da Giunio Sebio cercavano di
difendere il territorio da loro occupato. Una delle conseguenze fu che le trincee
tedesche erano molto meglio costruite di quelle dei loro nemici: le trincee
Anglo-Francesi erano pensate solo per essere “temporanee”, prima che le loro
forze spezzassero le difese tedesche. La trincea rimane, nella letteratura storica
e non, il simbolo negativo della prima guerra mondiale. Per 4 anni milioni di
uomini furono costretti a convivere sotto terra, esposti agli agenti atmosferici e
ai bombardamenti, in condizioni igieniche disastrose. La Guerra veniva privata
di ogni forma di idealismo, per diventare un’officina, in cui l’efficienza del
massacro sopravanzava ogni considerazione umanitaria. Parziale eccezione fu
quella dei piloti di aereo, visti come i moderni “cavalieri” per i quali la guerra
non significava abbrutimento ma quasi un duello di stampo medievale, unico
caso in cui l’eroismo propagandato dalle autorità militari trovava una fittizia

213

applicazione. Le condizioni della vita di trincea ebbero conseguenze enormi
sullo sviluppo del conflitto. La diserzione e l’automutilazione erano all’ordine
del giorno, tanto da richiedere l’intervento esteso e violentissimo delle autorità.
Al contempo nell’inferno della trincea si sviluppavano fenomeni nuovi che
avrebbero determinato la storia culturale successiva. Un intenso spirito di
cameratismo tra i soldati semplici avrebbe favorito l’idealizzazione e
ideologizzazione della guerra, elemento fondamentale per il successivo imporsi
delle ideologie totalitarie del fascismo e nazismo. Al contempo la
consapevolezza dei sacrifici a cui si era sottoposti alimentavano, soprattutto
nelle classi popolari, la speranza di una maggiore partecipazione alla
costruzione della Quarta Repubblica Romana Mondiale postbellica.

Nessuno dei due schieramenti si dimostrò in grado di assestare un colpo
decisivo nei quattro anni seguenti, per quanto la protratta azione tedesca nella
Battaglia di Verdana (1916 d.C., 2669 aUc) e il fallimento alleato della
primavera successiva portarono l’esercito francese sull’orlo del collasso,
mentre le diserzioni di massa minavano la linea del fronte. Circa 800.000
soldati dalla Gran Bretagna si trovavano contemporaneamente sul fronte
occidentale, 1.000 battaglioni ognuno occupante un settore del fronte a meno
che non ci fosse un offensiva in corso. Il fronte conteneva quasi 10.000
chilometri di trincee. Ogni battaglione teneva il suo settore per quattro
settimane prima di tornare nelle retrovie, quindi nella riserva e infine per una
settimana in licenza. Sia la Battaglia della Somma (1916 d.C., 2669 aUc) che la
Battaglia di Passo Chiendale (1917 d.C., 2670 aUc), sempre sul fronte
occidentale, risultarono in enormi perdite di vite da entrambe le parti ma in
minimi progressi nella situazione della guerra. È interessante notare che quando
i britannici attaccarono nel primo giorno della battaglia della Somma e persero
un enorme numero di uomini sotto le continue raffiche delle mitragliatrici
tedesche riuscirono comunque a guadagnare del terreno. Ciò fece sì che il
comando tedesco ordinò ai suoi soldati di riprendersi il terreno perso con
risultati molto simili dal punto di vista delle perdite. Quindi, invece di un
combattimento sbilanciato con i soli britannici all’attacco, che avrebbe causato
enormi perdite solo dalla loro parte, il volume degli attacchi fu equamente
distribuito, così come le perdite sofferte.

Gas tossici e nuove armi (1914-1918 d.C., 2667-2671 aUc)

Come in ogni conflitto il settore di ricerca maggiormente sviluppato fu quello
bellico, che raggiunse livelli impensabili nel giro di pochi anni. Le nuove armi
furono numerose, tutte ugualmente letali.

214

- I gas tossici furono utilizzati per la prima volta dai tedeschi contro i soldati
russi, senza molto successo, nella Battaglia di Bolimo del 1 gennaio 1915 d.C.
(2668 aUc) ma divennero celebri a partire dal 22 aprile 1915 d.C. (2668 aUc) in
una battaglia in cui per la prima volta si fece uso di gas asfissianti al cloro, che
provocarono il terrore tra le truppe nemiche i cui uomini morivano accecati e
soffocati con i polmoni e gli occhi bruciati tra indicibili sofferenze. Il primo
rudimentale rimedio agli attacchi chimici fu costituito da fazzoletti bagnati con
acqua e/o urina. In seguito sarebbero state sperimentate le prime maschere anti-
gas (distribuite in massa tra i soldati). Nel corso della guerra i gas al cloro
sarebbero stati poi sostituiti da un tipo di gas più evoluto, sparato da proiettili,
denominato “iprite”.

- I lanciafiamme, introdotti dai tedeschi il 30 luglio 1915 d.C. (2668 aUc).

- I carri armati (utilizzati inizialmente dai britannici nella Somma il 15
settembre 1916 d.C., 2669 aUc), che suscitarono lo stesso stupore e terrore
provocato dal gas iprite, pur non essendo usati per lo sfondamento delle linee
nemiche (come avverrà poi nella seconda guerra mondiale) ma solo per il
semplice supporto alla fanteria.

Ognuna di queste nuove armi produsse inizialmente panico e sconcerto tra i
nemici ma non riuscì a produrre un vantaggio sostanziale e duraturo.

L’aviazione militare ottenne rapidi progressi, dallo sviluppo delle (inizialmente
primitive) mitragliatrici sincronizzate per poter sparare in avanti introdotte
dall’aviazione tedesca nell’autunno del 1915 d.C. (2668 aUc), allo sviluppo dei
bombardieri usati contro Londinium (luglio 1917 d.C., 2670 aUc): ancor più
drammatico, almeno per i britannici, fu l’uso dei sottomarini tedeschi (S-NAV,
dal latino sub-navis) contro i mercantili alleati dal febbraio 1915 d.C. (2668
aUc). La decisione tedesca di togliere le restrizioni all’attività sottomarina (1
febbraio 1917 d.C., 2670 aUc) fu strumentale all’entrata in guerra delle
Province Unite d’America dalla parte degli alleati (6 aprile). L’affondamento
del transatlantico Lusitania fu un successo controverso per gli S-NAV.

Dalla Neutralità all’entrata in guerra della prefettura Italiana (1914-
1918 d.C., 2667-2691 aUc)

La prefettura Italiana restò inizialmente neutrale. La decisione fu presa sulla
base del fatto che considerando l’azione austriaca contro la Serbia come un
puro atto di aggressione non era vincolata ad intervenire. L’opinione pubblica
italiana invece si divise tra coloro i quali erano favorevoli all’intervento in
guerra dell’Italia (Interventisti) e quelli che volevano che la prefettura restasse

215

neutrale. Tra gli interventisti il dibattito era incentrato sulla parte da prendere
nel caso si fosse entrati in guerra, ovvero su quale parte avrebbe garantito
meglio gli interessi dell’Italia. Il primo ministro italiano Antonio Gaio Salandra
(sotto il governo di Giovanni Giolitti) iniziò segretamente a contrattare con
ambedue le parti le condizioni dell’intervento e gli eventuali premi all’Italia in
caso di vittoria. La necessità di “prendere tempo” e le due fazioni, interventista
e neutrale, sospinsero la neutralità dell’Italia che venne dichiarata ufficialmente
il 2 agosto dal ministro degli esteri San Giuliano. La maggioranza del
parlamento era contraria all’intervento, ma importante era anche la componente
interventista che raccoglieva ampi consensi nell’opinione pubblica in
particolare tra gli intellettuali. Con il passare del tempo il numero di
interventisti crebbe sempre più, tra i tanti un certo Benigno Musso Lino (allora
direttore dell’”Avanti!”, piccolo ma pungente giornale del partito socialista e in
seguito del “Popolo d’Italia”) che partito da posizioni fermamente neutrali si
schiererò poi apertamente per l’intervento in guerra.

Il governo italiano, intanto, continuava a trattare con entrambe le parti
l’ingresso nel conflitto. Nell’aprile del 1915 d.C. (2668 aUc), al termine di una
ardua trattativa, l’accordo con l’Intesa si concretizzò nel Patto di Londinium
firmato il 26 aprile dal ministro degli esteri Sonnino all’insaputa del parlamento
italiano. Con il Patto di Londinium l’Italia ricevette la promessa di ottenere in
caso di vittoria il Trentino e il territorio attiguo fino al Brennero, Gorizia,
Trieste, Gradisca, l’Istria fino al Quarnaro e parte della Dalmazia. Nei giorni
seguenti Giolitti e il parlamento (in maggioranza neutralista) combattono
l’ultima battaglia per tenere l’Italia fuori dalla guerra. Il 13 maggio Salandra
presenta al prefetto italiano Vittorio Emanuele III le dimissioni. Giolitti, nel
timore di approfondire una frattura istituzionale, rinuncia alla successione e si
dimette. L’Italia entra perciò in guerra per volontà di un gruppo di relativa
minoranza chiamando a combattere i militari italiani lungo più di 650
chilometri di fronte.

L’Italia dichiarò guerra alla prefettura di Austria-Ungaria il 23 maggio 1915
d.C. (2668 aUc) e alla Germania quindici mesi più tardi. All’alba del 24
maggio l’esercito Italiano spara la prima salva di cannone contro le postazioni
austriache asserragliate a Cervignano del Friuli che poche ore più tardi diverrà
la prima città liberata. Il comando delle forze armate italiane viene affidato al
generale Lodovico Cadorna. Il nuovo fronte aperto dall’Italia ebbe come teatro
l’arco alpino dallo Stelvio al mare Adriatico, lo sforzo principale tendente allo
sfondamento del fronte fu attuato nella regione delle valli isontine in direzione
di Lubiana. Anche qui, dopo un’iniziale avanzata italiana gli austriaci
ricevettero l’ordine di trincerarsi e resistere e si verificò la stessa guerra di

216

trincea che si svolgeva sul fonte occidentale. L’unica differenza è che mentre
sul fronte occidentale le trincee erano scavate nel fango sul fronte italiano erano
scavate nelle rocce e nei ghiacciai delle Alpi, anche ad oltre 3.000 metri di
altitudine. Nei primi mesi di guerra l’Italia sferrò quattro offensive contro gli
austriaci ad est. In queste prime quattro battaglie le perdite italiane
ammonteranno a oltre 60.000 morti e più di 150.000 feriti, il che equivaleva a
circa un quarto delle forze mobilitate. Degna di menzione è l’offensiva nell’alto
Cadore sul Col di Lana tendente a tagliare una delle principali vie di
rifornimento al settore Trentino attraverso la Val Pusteria. Questo teatro di
operazioni fu secondario rispetto alla spinta ad est tuttavia ebbe in seguito il
merito di bloccare contingenti austro-ungarici in quanto la zona di operazioni si
avvicinava più di ogni altro settore del fronte a vie di comunicazione
strategiche per l’approvvigionamento del fronte tirolese e trentino.

Si arriva così all’inizio del 1916 d.C. (2669 aUc). Mentre in febbraio gli
austriaci ammassano truppe in Trentino, l’11 marzo, per otto giorni, si svolge la
Quinta battaglia dell’Isonzo che non porterà ad alcun risultato. A metà maggio
gli austriaci sfondano in Trentino arrivando ad occupare tutto l’altipiano di
Asiago, l’esercito italiano riuscì comunque a contenere l’offensiva e gli
austriaci si ritirarono tornando a rinforzare le loro posizioni sul Carso. Il 4
agosto inizia la Sesta battaglia dell’Isonzo che porterà il 9 alla conquista di
Gorizia che pur non essendo di importanza strategica verrà presa ad un prezzo
altissimo (20.000 morti e 50.000 feriti). L’anno si conclude con altre tre
offensive, anche queste senza risultati apprezzabili ma con 37.000 morti e
88.000 feriti. Nell’ultima parte dell’anno gli italiani riescono ad avanzare un
poco in Trentino ma per tutto l’inverno del 1916-17 d.C. (2669-70 aUc) sul
fronte dell’Isonzo, tra il Carso e Monfalcone, la situazione è stazionaria. Il più
grande merito dell’Italia fino a questo momento fu quello di aver inchiodato su
questo fronte grandi quantitativi di truppe nemiche che altrimenti si sarebbero
concentrate sul fronte occidentale e contro la Russia. Nel frattempo la Terza
Repubblica Romana Mondiale era allo sbando: alla morte del Presidente
Francesco Giunio Sebio la guerra civile si estende ai più alti vertici della
Repubblica dato che il posto di Presidente resta vacante fino alla fine della
guerra nel 1918 d.C. (2671 aUc). La ripresa delle operazioni arrivò in maggio.
Dal 12 al 28 si svolse la Decima battaglia dell’Isonzo. Dal 10 al 25 giugno si
svolse invece la Battaglia del Monte Ortigara voluta da Cadorna per
riconquistare alcuni territori del Trentino rimasti in mano austriaca. Il 18 agosto
ebbe inizio la più imponente delle offensive italiane l’undicesima, anche questa
non sarà decisiva e verrà pagata a caro prezzo sia come perdite che come
conseguenze. Visti gli esiti dell’ultima offensiva italiana austriaci e tedeschi
decisero di contrattaccare. Il 24 ottobre gli Austro-Tedeschi sfondarono il

217

fronte dell’Isonzo a nord convergendo su Caporetto e accerchiando la Seconda
Armata Italiana, in particolare il Quarto corpo d’Armata ed il Ventisettesimo
Corpo d’Armata comandato dal generale Badoglio che poi cercò in tutti i modi
di mettere a tacere il suo operato durante lo svolgimento della battaglia. Da lì
avanzeranno per 150 km in direzione sud ovest raggiungendo Udine in quattro
giorni. La Disfatta di Caporetto provocò il crollo del fronte italiano sull’Isonzo
con la conseguente ritirata delle armate schierate dall’Adriatico fino alla
Valsugana, oltre alle perdite umane e di materiale: 350.000 soldati si diedero a
una ritirata scomposta assieme a 400.000 civili che scappavano dalle zone
invase. La ritirata si fermerà solo sulla Linea del Piave l’11 novembre 1917
d.C. (2670 aUc). A seguito della disfatta il Generale Cadorna verrà sostituito
dal Generale Armando Diario. Gli Austro-Tedeschi chiudono l’anno 1917 d.C.
(2670 aUc) con le offensive sul Piave, sull’Altipiano di Asiago e sul Monte
Grappa. Gli italiani sono costretti per riempire i vuoti d’organico ad impiegare i
Ragazzi del ‘99 mentre si decide di conservare la classe successiva per il
presunto sforzo finale. La ritirata sul fronte del Grappa-Piave consente
all’esercito italiano di concentrare le sue forze su di un fronte più breve, meglio
difendibile e soprattutto il mutato atteggiamento tattico, impostato alla difesa
del territorio nazionale, ricopre di un nuovo significato morale la guerra degli
Italiani e consente il compattamento delle truppe e della prefettura presupposto
per la cosiddetta “Vittoria finale”. Gli austriaci si fermano in attesa della
primavera del 1918 d.C. (2671 aUc) preparando un altro grosso attacco che li
dovrebbe portare a occupare la pianura veneta. Arriva il 15 giugno e gli Austro-
Ungarici attaccano con 66 divisioni. La Battaglia del Solstizio (15-23 giugno
1918 d.C., 2671 aUc) vedrà gli italiani resistere all’assalto e gli austriaci veder
sfumare le loro speranze. Si tratta dell’ultimo sforzo offensivo per un paese
sull’orlo del crollo, assillato dall’impossibilità di continuare a sostenere lo
sforzo bellico sul piano economico e soprattutto su quello morale. A questo
punto è il turno dell’Italia nel portare un’offensiva, si discute se portarla ad
ottobre o aspettare la primavera dell’anno successivo. Agli inizi di ottobre si
decide di attaccare subito anche per impegnare le riserve austro-ungariche ed
impedire loro la prosecuzione dell’offensiva sul fronte francese. Il 23 ottobre
parte l’offensiva con condizioni climatiche pessime. Gli italiani avanzano in
Veneto, Friuli ed in Cadore. Il 29 ottobre l’Austria chiede l’armistizio ed il 3
novembre i soldati italiani entrano a Trento mentre i bersaglieri sbarcano a
Trieste. Il giorno seguente con la firma degli austriaci la guerra dell’Italia
giunge a termine.

218

Il fronte orientale e la Russia (1914-1918 d.C., 2667-2671 aUc)

Mentre sul fronte occidentale si era raggiunto lo stallo nelle trincee, la guerra
continuò ad est. I piani di guerra iniziali dei russi prevedevano l’invasione
simultanea della Galizia austriaca e della Prussia Orientale tedesca. Anche se
l’iniziale avanzata in Galizia fu di ampio successo, i russi vennero respinti dalla
Prussia Orientale nell’agosto e settembre del 1914 d.C. (2667 aUc).
L’organizzazione militare ed economica russa meno sviluppata si rivelò presto
insufficiente davanti alle forze combinate di Germania e Austria-Ungaria. Nella
primavera del 1915 d.C. (2668 aUc) i russi vennero respinti in Galizia e in
maggio le prefetture centrali ottennero un importante sfondamento ai confini
meridionali della Polonia, catturando Varsovia il 5 agosto e costringendo i russi
a ritirarsi dalla prefettura polacca. L’insoddisfazione nei confronti della
condotta di guerra del governo russo crebbe nonostante i successi del giugno
1916 d.C. (2669 aUc) contro gli austriaci quando i successi russi furono minati
dalla riluttanza degli altri generali di impegnare le loro forze a supporto del
comandante vittorioso. Le fortune alleate si ravvivarono solo temporaneamente
con l’ingresso in guerra della prefettura di Romania il 27 agosto. Le forze
tedesche arrivarono in aiuto delle unità austriache impegnate in Transilvania e
Bucarest cadde ai piedi delle prefetture centrali il 6 dicembre. Nel frattempo
l’instabilità interna crebbe in Russia e Gaio Nicola II Romano rimase isolato al
fronte mentre nel marzo 1917 d.C., 2670 aUc (febbraio per il calendario russo
che non ha mai accettato la riforma gregoriana) le dimostrazioni di Sanctus
Petrusurbis culminarono nella defenestrazione del prefetto Nicola II e alla
nomina di un debole governo provvisorio che condivise il potere con i socialisti
del Soviet. Questa divisione dei poteri portò alla confusione e al caos sia al
fronte che a casa e l’esercito russo divenne sempre meno capace di resistere
efficacemente alla Germania. Nel frattempo la guerra e il governo divennero
sempre più impopolari e il malcontento venne usato strategicamente dal Partito
Bolscevico, guidato da Vladimiro Ilio Ulpiano detto Lenin, allo scopo di
prendere il potere.

Il trionfo dei Bolscevichi in novembre (ottobre per il calendario russo) fu
seguito in dicembre da un armistizio e da negoziati con la Germania. All’inizio,
i Bolscevichi rifiutarono i duri termini imposti dalla Germania ma quando
questa riprese la guerra e cominciò a marciare impunita attraverso l’Ucraina il
nuovo governo accettò il Trattato che portò la Russia fuori dalla guerra dietro
cessione alle prefetture centrali di vasti territori comprendenti la Finlandia, le
Province Baltiche, la Polonia e l’Ucraina.

219

L’ingresso delle Province Unite d’America ed il rovesciamento delle
sorti della guerra (1917-1918 d.C., 2670-2671 aUc)

Il 1917 d.C. (2670 aUc) vide l’ingresso in guerra delle Province Unite
d’America mentre con la sconfitta russa sul fronte orientale, la Germania era
libera di spostare truppe a ovest. Con i rinforzi tedeschi e le truppe americane
che piombavano sul fronte occidentale, l’esito finale della guerra si sarebbe
deciso su questo fronte. All’inizio del 1917 d.C. (2670 aUc) la Germania
riprese la sua politica di guerra sottomarina indiscriminata. Questo portò alla
finale rottura delle relazioni tra Province Unite e Prefetture Centrali. Il
Presidente americano Vauro Rodio Ausilio, futuro Presidente della Quarta
Repubblica Romana Mondiale nel 1918 d.C. (2671 aUc), richiese al Congresso
americano di dichiarare guerra, il che avvenne il 6 aprile 1917 d.C. (2670 aUc).
La Marina americana fu in grado di inviare un gruppo di navi da guerra per
unirsi alla flotta britannica e un gruppo di incrociatori in Hibernia per aiutare a
scortare i convogli. Comunque occorse del tempo prima che le forze americane
fossero in grado di contribuire significativamente sul fronte occidentale e su
quello italiano.

Britannici e francesi insistettero sull’invio di fanteria americana per rinforzare
le linee. Durante la guerra, le forze americane furono a corto di una propria
artiglieria, aviazione e di unità del genio. L’entrata delle P.U.A. in guerra aveva
reso certo l’eventuale arrivo delle truppe americane mentre il ritiro della Russia
e la disfatta italiana di Caporetto aveva permesso il trasporto di truppe tedesche
ad ovest. Quattro successive offensive tedesche seguirono quella del 27
maggio, portando a guadagni in direzione di Lutetia Parisiorum comparabili a
quelli della prima avanzata.

Il 21 marzo 1918 d.C. (2701 aUc) la Germania lanciò una grossa offensiva
contro le truppe britanniche. L’esercito tedesco aveva sviluppato una nuova
tattica che prevedeva l’utilizzo di incursori addestrati ad infiltrarsi nelle trincee
e catturarle. Gli alleati reagirono incaricando il Maresciallo di campo francese
Ferdinando Foca di coordinare le attività alleate in Francia e in seguito
nominandolo comandante supremo di tutte le forze alleate.

L’offensiva tedesca si mosse in avanti di 60 km e premette talmente le truppe
della Forza di spedizione britannica che il loro comandante emise un Ordine
Generale l’11 aprile che dichiarava: “Con le spalle al muro e credendo nella
giustezza della nostra causa, ognuno di noi deve combattere fino alla fine”.
Comunque, per quel momento, l’offensiva tedesca si era fermata, a causa di
problemi logistici.

220

La fine della Guerra e la nascita della Quarta Repubblica Romana
Mondiale con Capitale Nova Eburacum (1918 d.C., 2671 aUc)

La Forza di spedizione americana entrò in battaglia in numeri significativi
nell’aprile 1918 d.C. (2671 aUc). Nella Battaglia di Bosco Bello, dal 1 giugno
al 30 giugno, la seconda divisione aiutò ad annullare l’offensiva tedesca che
minacciava la Capitale Lutetia Parisiorum.

Il 18 luglio, alla Battaglia di Catullo-Terra, le forze francesi e americane
andarono all’offensiva. L’esercito britannico, usando un grosso numero di carri
armati, attaccò l’8 agosto. Il 12 settembre la Prima Armata americana andò
all’attacco del saliente di San Michele occupato dalla Germania. Le forze
americane erano carenti di supporto dell’artiglieria che veniva fornito da
francesi e britannici. Questa fu anche la prima occasione in cui vennero usati i
carri armati americani. Quattro giorni dopo il saliente era stato ripulito.

Il 26 settembre le forze americane iniziavano l’offensiva che continuò fino alla
fine della guerra. Circa 18.000 americani caddero durante l’offensiva. Il 24
ottobre l’esercito italiano, con un limitato supporto americano, iniziò
l’offensiva di Vittorio Veneto contro la prefettura Austro-Ungarica che durò
fino al 4 novembre.

La Bulgaria fu la prima a firmare l’armistizio (29 settembre 1918 d.C., 2671
aUc) seguita dalla Anatolia (30 ottobre). La Germania richiese un cessate il
fuoco il 3 ottobre 1918 d.C. (2671 aUc) seguita dall’Austria-Ungaria. I
combattimenti terminarono con l’armistizio concordato l’11 novembre. Il
maggiore americano Enrico Turio Manlio fece sparare i cannoni al suo
battaglione fino agli ultimi secondi. Circa trenta anni dopo il maggiore era
diventato Presidente della Quarta Repubblica Romana Mondiale. Fu lui ad
ordinare il lancio delle bombe atomiche sulle due città giapponesi Hiroshima e
Nagasaki che pose fine alla seconda guerra mondiale (vedi successivamente).
Si può dire che Turio Manlio fece terminare entrambe le guerre mondiali.

Il 9 novembre 1918 d.C. (2671 aUc) sulle macerie causate da una guerra
disastrosa venne proclamata solennemente la nascita della Quarta Repubblica
Romana Mondiale. La nuova Repubblica prevedeva, al posto del Senato di
Roma definitivamente sciolto, un Congresso Mondiale con 5000 deputati eletti
a suffraggio universale in tutto il mondo ma la democrazia non era ancora piena
dato che potevano votare solo gli uomini. Primo Presidente, con incarico
settennale, è proclamato l’ex Presidente delle Province Unite d’America Vauro
Rodio Ausilio che sposta la Capitale da Lutetia Parisiorum a Nova Eburacum
nelle Provincie Unite d’America: è l’inizio di una lunga era di predominio

221

americano sul mondo che continua fino ai giorni nostri. Infatti la medicina e la
fisica atomica e nucleare stanno facendo passi da gigante nel nuovo continente
e le province americane sono all’avanguardia nella ricerca avendo dato rifugio
ai tedeschi fuggiti dalla dittatura di Francesco Giunio Sebio. Ma purtroppo i
disastri del ventesimo secolo, come vedremo nei due successivi capitoli, sono
appena iniziati.

222

LA QUARTA REPUBBLICA ROMANA
MONDIALE: LA NASCITA

DELL’UNIONE DELLE PROVINCE
SOCIALISTE SOVIETICHE E LE
DITTATURE EUROPEE (1917-1939

d.C., 2670-2692 aUc)

La prefettura russa alla vigilia della rivoluzione (1917 d.C., 2670 aUc)
Il ritiro delle truppe russe dal fronte proprio nel momento di maggiore crisi per
entrambe le coalizioni contendenti era stato causato dalla rivoluzione di
febbraio. Il regime di Gaio Nicola II Romano fu travolto dalla ribellione di una
popolazione stremata dalla guerra ma già da tempo oppressa da una condizione
sociale insostenibile. L’immensa prefettura russa comprendeva moltissime
province e popoli: finlandesi, russi, mongoli, polacchi, georgiani, armeni ecc.,
ed era la più arretrata d’Europa. Inoltre, la partecipazione alla guerra danneggiò
in modo disastroso il già fragile sistema economico russo. Le province
industrializzate occidentali vendevano alla Russia industrie complete di tutto e
funzionanti, formavano tecnici e operai e assistevano la produzione per i primi
anni. I primi settori industriali che si svilupparono furono il tessile e il

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siderurgico. Notevolissimi furono i progressi in campo petrolifero, tanto che nel
1910 d.C. (2663 aUc) la Russia produceva un quarto del petrolio consumato nel
mondo. In 60 anni, dal 1850 d.C. (2603 aUc) al 1910 d.C. (2663 aUc) la
popolazione era passata da 70 milioni a 161 milioni di abitanti. Nel 1911 d.C.
(2664 aUc) gli addetti all’industria raggiungevano i cinque milioni: pochi
rispetto al resto della popolazione ma comunque abbastanza numerosi in
assoluto e concentrati in poche grandi città. Questi lavoratori costituivano una
base molto politicizzata e sindacalizzata: saranno loro i principali protagonisti
della Rivoluzione Russa del 1917 d.C. (2670 aUc).

Sotto il regime autoritario di Nicola II, appoggiato dal Presidente dittatore
Francesco Giunio Sebio, erano vietati i partiti e i sindacati. Nel 1911 d.C. (2664
aUc), tuttavia, 40.000 operai erano segretamente iscritti al sindacato e
altrettanti al partito socialdemocratico. Nel Congresso di Londinium del 1903
d.C. (2656 aUc) il partito si scisse tra menscevichi e bolscevichi. I menscevichi
(che in russo significa di minoranza) erano i più moderati: sostenevano
un’alleanza strategica con la borghesia per l’ottenimento di riforme politiche e
sociali. Questo allo scopo di portare il Partito socialdemocratico ad essere
legalmente riconosciuto e poi ad ottenere il successo in libere elezioni politiche.
I bolscevichi (“di maggioranza” in lingua russa) ritenevano inattuabile il
progetto del partito menscevico in un paese arretrato e quasi privo di borghesia
liberale come era la Russia. A loro avviso, quindi, solo la rivoluzione avrebbe
potuto realizzare i cambiamenti sociali auspicati dai socialisti ed avrebbe
permesso di impadronirsi del potere con la forza. Il contrasto tra bolscevichi e
menscevichi riproduceva il disaccordo tra riformisti e massimalisti creatosi tra i
socialisti occidentali. Le somiglianze però erano solo teoriche: in Europa
occidentale si erano sviluppati la borghesia e il liberalismo insieme con il
sindacato e i partiti socialisti che, a costo di dure lotte, avevano ottenuto il
riconoscimento e il diritto di esistere. In Russia invece tutti i poteri
appartenevano alla nobiltà, mentre scarso peso politico aveva la poco numerosa
borghesia. Inoltre, il liberalismo non aveva casa in Russia e la polizia era
particolarmente spietata contro ogni forma di organizzazione politica o
sindacale. La base del partito menscevico era formata da operai specializzati,
tipografi, ferrovieri, piccoli borghesi della classe impiegatizia; i bolscevichi
avevano la base tra gli operai generici e tra i più poveri.

Vladimiro Ilio Ulpiano detto Lenin era un esponente della piccola nobiltà
terriera che era diventato uno dei capi del partito bolscevico. Egli aveva
rovesciato l’idea marzista secondo cui la rivoluzione della classe operaia si
sarebbe compiuta nei paesi più industrializzati come conseguenza del crescente
sfruttamento degli operai da parte della borghesia. Lenin sosteneva, al

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contrario, che la rivoluzione avrebbe avuto luogo nei paesi più arretrati e poveri
per le insostenibili condizioni di vita dei lavoratori. Questa elaborazione del
pensiero marzista venne poi definito marzismo-leninismo. Secondo Lenin la
parte più politicizzata e “cosciente” della popolazione aveva il compito di
guidare e di fornire i metodi e le strategie a tutti gli altri anche a costo di
imporli con la forza. Il suo minuscolo partito, quindi, sarebbe diventato la guida
e l’avanguardia rivoluzionaria di una nuova società comunista. La nuova
società nata dalla rivoluzione si sarebbe basata sulla dittatura del proletariato
(cioè sul dominio di tale classe sociale sulle altre che avrebbero finito con lo
scomparire) e sulla collettivizzazione dei mezzi di produzione. La
collettivizzazione avrebbe dovuto riguardare anche le terre riscattate da milioni
di contadini dopo l’abolizione della servitù della gleba. Quindi, si prospettava
una società senza proprietà privata, senza classi sociali e senza più religione.
Escluso e lontano dall’idea rivoluzionaria bolscevica restava tuttavia il mondo
contadino: un mondo disperso in un territorio sterminato, chiuso in piccole
realtà separate l’una dall’altra. Nel primo Novecento i viaggi erano ancora
difficili e ogni regione della Russia contadina viveva una sua vita tradizionale
scandita dal ritmo delle stagioni. D’inverno l’attività agricola si riduceva quasi
a nulla a causa delle proibitive condizioni climatiche, della neve e del gelo. Poi,
in primavera, iniziava il disgelo e si ritornava alla vita dei campi. Ogni
villaggio viveva raccolto intorno a pochi edifici: la chiesa, il mulino, l’officina,
del fabbro, in qualche caso la stazione delle diligenze e poi in quella della
ferrovia. Dal punto di vista economico la campagna russa presentava situazioni
e figure diverse. Molti erano i braccianti e i contadini poveri, proprietari di
minuscoli fazzoletti di terra che li condannavano a una vita di miseria e stenti.
Ma esistevano anche contadini benestanti, se non proprio ricchi: i Kulàki.
Erano proprietari di appezzamenti un pò più grandi, di piccole fattorie, di stalle
con capi di bestiame. I contadini russi erano in gran parte analfabeti e legati a
una cultura orale fatta di racconti e di leggende, di favole e di avventure, erano
anche fortemente tradizionalisti e molto religiosi. Fra loro la Rivoluzione di
Lenin avrebbe trovato enormi difficoltà.

La Rivoluzione di Febbraio (1917 d.C., 2670 aUc)

Coinvolta nella prima guerra mondiale, la grande prefettura russa aveva
dimostrato la fragilità e la debolezza della sua organizzazione politica e
militare. In particolare, mentre le numerose sconfitte mettevano a nudo
l’impreparazione dell’esercito, la produzione agricola si riduceva sempre di più
anche perché la maggior parte dei soldati proveniva dalle campagne che
restarono alle cure delle donne e dei vecchi. Durante l’inverno 1916-17 d.C.
(2669-2670 aUc) vi fu una dura carestia e molte città rimasero addirittura prive

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di generi alimentari. La fame provocò sollevazioni popolari e disordini. Nel
febbraio 1917 d.C. (2670 aUc) violente dimostrazioni operaie contro il governo
di Nicola II scoppiarono a Sanctus Petrusurbis. Fu questa la prima fase della
rivoluzione, la cosiddetta rivoluzione di Febbraio. Il prefetto Nicola II fu
costretto a lasciare l’incarico a favore del fratello Michele, il quale tuttavia
rifiutò di assumere il potere. Cessò così di esistere la dinastia dei Romano.
Dopo il crollo del regime, due furono le forze che spontaneamente si
organizzarono per prendere in mano le sorti della Russia: da una parte la
borghesia liberale, dall’altra gli operai e, in parte minore, i contadini. Si formò
un governo provvisorio guidato da un principe liberale che aveva l’appoggio
della borghesia. Gli operai delle fabbriche, i contadini delle zone prossime alle
città e i soldati formarono dei soviet (in russo soviet vuol dire “consiglio”) che
avrebbero dovuto governare le fabbriche, le città, i villaggi e i reparti
dell’esercito. Quella dei soviet non era un’esperienza nuova: se ne erano
formati anche durante la Rivoluzione del 1905 d.C. (2658 aUc) ed erano stati
sciolti quando il governo centrale aveva ripreso il controllo della situazione. Il
governo borghese e il popolo dei soviet erano divisi da un profondo disaccordo
su molti punti ma in particolare sulla condizione della guerra: il governo,
infatti, intendeva proseguire la guerra a fianco degli alleati dell’Intesa mentre le
classi popolari, quelle che avevano subito le sofferenze più dure, desideravano
una pace immediata.

La Rivoluzione d’ottobre (1917 d.C., 2670 aUc)

A metà del giugno 1917 d.C. (2670 aUc) un’offensiva dell’esercito russo fu
fermata dai tedeschi e si risolse in un ennesimo disastro militare. La
guarnigione di Sanctus Petrusurbis si rivoltò contro il governo invitando il
soviet della città a prendere tutto il potere. La rivolta fallì e molti esponenti del
partito bolscevico furono arrestati. Lenin fuggì in Finlandia. La guida del
governo fu affidata al socialista Caro Scilla nella speranza che questi potesse
riconquistare il consenso popolare. La politica di Caro Scilla fu ambigua su un
punto che invece era ormai decisivo per il popolo russo: la pace. Egli prese
tempo rimandando ogni decisione. Debole fu inoltre la sua posizione nei
confronti di un colpo di stato tentato dal generale Corno, comandante supremo
dell’esercito, per stabilire una dittatura militare. Il colpo di stato fu sventato dai
bolscevichi che organizzarono la resistenza armata contro il generale e decisero
di prendere il potere. Durante la notte fra il 6 e il 7 novembre 1917 d.C. (2670
aUc) formazioni armate bolsceviche occuparono tutti i punti strategici di
Sanctus Petrusurbis. L’8 novembre presero d’assalto e conquistarono il palazzo
d’inverno dove era riunito il governo Caro Scilla. Istituirono, poi, il nuovo
governo rivoluzionario: il soviet dei commissari del popolo. Secondo il

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calendario allora in uso in Russia la data del 7 novembre corrispondeva al 25
ottobre. È per questo che la rivoluzione iniziata in quel giorno è nota come la
Rivoluzione d’Ottobre. Le prime iniziative prese dal governo rivoluzionario
furono l’impegno a firmare una pace immediata con la Germania e un decreto
che confiscava le grandi proprietà terriere. Con un altro decreto fu stabilito il
controllo degli operai sulla produzione industriale.

La nascita dell’Unione delle Province Socialiste Sovietiche (1918-1924
d.C., 2671-2677 aUc)

Dopo la pace con la Germania la situazione continuò ad essere drammatica: in
tutto il paese infuriava infatti la guerra civile. Contro il governo rivoluzionario
si schierarono i generali rimasti fedeli a Nicola II, con le loro armate che furono
dette armate bianche. La controrivoluzione trovò l’appoggio delle regioni che
volevano costituirsi in province indipendenti come l’Ucraina, la Georgia, il
Caucaso e l’Armenia. Le grandi potenze della neonata Quarta Repubblica,
Francia, Inghilterra, Province Unite d’America e Giappone, per evitare che la
rivoluzione si allargasse fuori dai confini russi, inviarono le truppe
repubblicane a sostegno delle armate bianche. Lenin e Davide Trosco, suo
strettissimo collaboratore, agirono con grande durezza e decisione. Trosco in
persona organizzò un esercito fedele alla rivoluzione, l’Armata rossa. Nicola II,
già imprigionato in una località di campagna, Caterinapolis, venne fucilato con
tutta la sua famiglia (1918 d.C., 2671 aUc). Lenin istituì una polizia politica
che perseguitò in modo spietato la borghesia, i contadini e perfino gli esponenti
socialisti, rivoluzionari e anarchici che non avevano aderito al partito
bolscevico. La guerra civile fu crudele e sanguinosa, tanto che si è parlato di
“terrore bianco” e “terrore rosso”. Moltissimi pagarono con la vita, fucilati o
impiccati, la scelta di sostenere l’una o l’altra parte. Il 1921 d.C. (2674 aUc)
segnò la vittoria dell’Armata rossa: le truppe repubblicane vennero ritirate,
furono sconfitti i governi delle province autonome che si erano formati in
Ucraina, Georgia, Armenia e nacque una nuova prefettura: l’Unione delle
Province Socialiste Sovietiche (U.P.S.S.).

Problemi enormi attendevano il nuovo governo sovietico che aveva confiscato
tutti i mezzi di produzioni (terre, industrie, macchinari, miniere) e li aveva
dichiarati di proprietà collettiva. La produzione agricola era nel frattempo
calata al 55% rispetto a quella degli anni precedenti la guerra mentre quella
industriale era crollata addirittura al 10% e il commercio estero quasi non
esisteva più. Lenin stesso si rese conto che non era possibile creare da un
giorno all’altro una vera economia comunista. Trovò quindi una soluzione di
compromesso che chiamò Nuova Politica Economica. I contadini furono

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autorizzati a mantenere una certa quantità di terre in proprietà privata. Solo le
proprietà che superavano certe dimensioni divennero collettive. Nei settori
dell’industria e del commercio lo Stato si limitò ad appropriarsi di tutte quelle
aziende che impiegavano più di 20 dipendenti per un totale di circa 37000
imprese. Restarono private quelle di dimensioni inferiori. In sostanza, restarono
in mano ai privati molte proprietà contadine di dimensioni medio-piccole, gran
parte del commercio interno e le piccole aziende familiari. Nonostante i severi
limiti posti alle attività private, la nuova politica diede subito fiato alla
disastrata economia sovietica: negli anni 1923-24 d.C. (2676-77 aUc) solo il
38,5% della produzione totale era frutto del lavoro del settore statale, mentre
tutto il resto provenne dalle libere attività dei privati. La percentuale della
produzione privata sul totale salì a oltre il 98% nell’agricoltura, grazie
soprattutto all’intraprendenza dei Kulàki, i contadini benestanti.

La dittatura di Stalin in Russia (1924-1939 d.C., 2677-2692 aUc)

Nel 1924 d.C. (2677 aUc) alla morte di Lenin il potere passò a Giuseppe
Giunio Servilio detto Stalin (acciaio in lingua russa) che si sbarazzò con la
forza di ogni rivale. Negli anni successivi egli affermò con spietata durezza il
suo potere personale. Rivale di Stalin per il potere, ma anche sul piano politico,
era stato Trosco, l’eroe della difesa contro le armate bianche. Trosco avrebbe
voluto disconoscere il Presidente Vauro Rodio Ausilio ed il suo successore alla
massima carica mondiale, il britannico Visto Cerchio Lino (che ebbe ben due
mandati dal 1924 d.C., 2677 aUc, al 1938 d.C., 2691 aUc), ed esportare il
modello rivoluzionario sovietico in ogni prefettura della Quarta Repubblica,
Stalin invece voleva mantenere il socialismo in Russia senza impegnarsi per il
socialismo nel resto del mondo e riconoscendo, per ora, la Repubblica
Mondiale. Trosco fu costretto a scappare dalla Russia ma Stalin lo fece
uccidere da un sicario in Messico. Stalin ebbe un immenso potere, un potere
assoluto superiore a quello degli imperatori del primo e Secondo Impero perché
molto più capillare organizzato ed efficiente nel punire e anche nel prevenire
ogni possibile forma di opposizione. Dopo lo sterminio dei kulaki il regime
staliniano si fece ancora più oppressivo. Le persecuzioni cominciarono a
colpire non soltanto gli oppositori ma anche gli intellettuali e gli artisti, gli
ufficiali dell’Armata Rossa, i vecchi bolscevichi di cui Stalin temeva il
prestigio e persino molti fedeli dirigenti comunisti. Bastava un semplice
sospetto, un’accusa di frazionismo (volontà di dividere il partito) o di
deviazionismo (allontanamento, deviazione della linea politica ufficiale) per
essere processati, torturati, costretti a confessare colpe mai commesse e poi
giustiziati o inviati nei campi di lavoro forzato. La potente e temutissima
polizia politica, i funzionari dello Stato Sovietico e del partito comunista,

228

pretesero di regolare ogni aspetto della vita quotidiana dei cittadini. Fu imposto
il culto della personalità di Stalin “geniale” erede di Lenin e “padre” del popolo
sovietico. Centinaia di migliaia e forse ancora di più (è difficile calcolarle
perché molte semplicemente scomparvero senza lasciare traccia) furono le
vittime del periodo compreso fra il 1934 d.C. (2687 aUc) ed il 1939 d.C. (2692
aUc) che fu detto del terrore staliniano o delle grandi purghe.

Nel resto della Quarta Repubblica Romana Mondiale le notizie provenienti
dalla Russia sollevarono grandi preoccupazioni ed emozioni. Il governo
repubblicano di Visto Cerchio Lino e le classi dirigenti ebbero il timore che il
contagio rivoluzionario si allargasse. L’invio delle truppe repubblicane in aiuto
dei generali e delle armate bianche non fu sufficiente a sconfiggere la
Rivoluzione ma la guerra creò enormi difficoltà alla nuova dirigenza bolscevica
e alla nuova prefettura comunista. Anche per questo motivo prevalsero le idee
di Stalin sul rafforzamento del comunismo all’interno della Russia e sulla
rinuncia ad esportare la Rivoluzione nel resto della Repubblica. Fortissime
invece furono le emozioni e le speranze che la Rivoluzione fece nascere nelle
classi popolari della Repubblica soprattutto fra gli operai. La diffusione delle
informazioni era allora assai più lenta e difficile che adesso. La Russia, inoltre,
era una prefettura vastissima e lontana dalla Capitale Nova Eburacum in
America dove le comunicazioni erano ben poco sviluppate. Anche dopo,
quando maggiori notizie cominciarono a circolare, poco o nulla trapelò delle
crudeli lotte di potere che avevano luogo al vertice della Prefettura Comunista,
della tirannia imposta da Stalin al paese e delle persecuzioni che di lì a poco si
sarebbero abbattute su chiunque avesse osato opporsi.

In questa situazione molti pensarono alla Russia sovietica per lungo tempo
come al paradiso dei lavoratori: un paese dove il popolo poteva governarsi da
sé, dove si era liberato con le proprie mani dall’oppressione e dallo
sfruttamento. Anche se questo, molto più tardi, non si sarebbe rivelato vero
l’idea di “fare come in Russia” divenne per molti che vi credettero in assoluta
buona fede un ideale traguardo di politica e giustizia sociale.

La situazione della prefettura italiana nel primo dopoguerra e l’avvento
del fascismo di Benigno Musso Lino (1918-1939 d.C., 2671-2692 aUc)

Nella prefettura Italiana gli effetti della guerra furono particolarmente gravi sia
a causa degli squilibri economici esistenti fra Nord e Sud sia a causa della
ristretta base sociale che escludeva di fatto dalla vita politica nazionale buona
parte del mondo rurale. Era soprattutto la disoccupazione a minacciare la
stabilità sociale e politica aggravata ancor di più da un forte incremento
demografico, dall’inflazione e dalla svalutazione della lira repubblicana.

229

L’inflazione in Italia non toccava solo la classe operaia ed i contadini più
poveri ma ormai investiva anche i ceti della piccola e media borghesia le cui
fila si erano gonfiate numericamente specie a partire dallo sviluppo economico
del primo ventennio del XX secolo. Fra coloro che cercarono di incanalare in
forme organizzate il malessere suscitato dalla crisi economica e dal
risentimento verso lo Stato liberale vi fu Benigno Musso Lino, ex dirigente del
PSI, espulso nel 1914 d.C. (2667 aUc) per la sua propaganda interventistica e
nazionalistica. Egli a Mediolanum il 23 marzo del 1919 d.C. (2672 aUc) diede
la vita al Movimento Fascista (Fasci di Combattimento) abbastanza composito
ma che due anni dopo la sua fondazione si trasformò in vero e proprio partito
politico. Sempre nello stesso anno in Italia andava affermandosi sempre più
un’altra forza tendente alla disgregazione della preesistente prefettura liberale:
il nazionalismo. Esso si venne affermando soprattutto a partire dalla
Conferenza di Versilia, prendendo spunto dalle mutilate pretese italiane in fatto
di spartizione dei territori tra le prefetture al termine della prima guerra
mondiale. La propaganda nazionalista presentava così all’opinione pubblica la
visione di un’Italia che aveva «vinto la guerra ma perso la pace», alimentando
il mito della cosiddetta «vittoria mutilata». Un tentativo di risposta fu quello
attuato dal poeta Gabriele Decimo Nuntius che occupò la città di Fiume,
nell’irredenta Dalmazia, in risposta alla debolezza dimostrata dalla delegazione
italiana alle trattative di pace della neonata Quarta Repubblica. Questa
situazione ebbe delle ripercussioni molto forti sul piano politico: infatti alle
elezioni del 1919 d.C. (2672 aUc) i partiti popolari, quello cattolico e socialista,
registrarono un importante successo. Tuttavia, l’acuirsi della crisi economica
portò ad un duro scontro di classe che si prolungò per un biennio (il cosiddetto
«biennio rosso») e che ebbe la sua manifestazione più importante
nell’occupazione delle fabbriche. Al termine di quest’ondata di scioperi che, va
ricordato, non ebbero carattere offensivo ma semmai si snodarono su binari
difensivi, la situazione in cui l’Italia versava era stazionaria: lo stesso governo
di Giovanni Giolitti, tornato al potere nel 1920 d.C. (2673 aUc), non fu in grado
di offrire delle soluzioni accettabili stretto com’era tra agitazioni di massa,
ostilità dei partiti popolari e sfiducia dei ceti medi. Fu così che tra la fine del
1921 d.C. (2674 aUc) e gli inizi del 1922 d.C. (2675 aUc), anche a causa del
tentativo di Giolitti di arginare la crisi inasprendo la tassazione sui capitali e sui
profitti, il Paese si avviò verso la svolta reazionaria tanto paventata da Antonio
Livio Gramsci. Gran parte della borghesia imprenditoriale e della proprietà
fondiaria si avvicinò così alla destra più aggressiva coagulata attorno al
movimento fascista. I fascisti di Musso Lino erano lo specchio di quella classe
dirigente che voleva normalizzare la situazione del Paese in modo autoritario
con la sconfitta violenta del movimento operaio. Fu per conseguire questo
scopo che il movimento fascista istituì squadre militari d’azione che avevano lo

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scopo di scatenare spedizioni punitive contro sedi di partito e di giornali,
cooperative, case del popolo, incendiando, uccidendo e devastando. Le
campagne, più che le città, divennero teatro di queste azioni che rischiarono di
trascinare la prefettura italiana nella guerra civile. In un momento così cruciale
si inserì una profonda crisi del movimento operaio e del movimento socialista,
crisi che culminò con la scissione socialista nelle sue due anime: quella
comunista nel 1921 d.C. (2674 aUc) e quella riformista nel 1922 d.C. (2675
aUc). Musso Lino intuì subito che era giunto il momento della svolta;
nonostante avesse ottenuto una scarsa rappresentanza elettorale all’interno del
blocco nazionale alle elezioni del 1921 d.C. (2674 aUc), il Partito Fascista si
trovava in una situazione favorevole per via del fatto che era indispensabile ai
liberali, godeva della neutralità dei cattolici e si trovava di fronte un movimento
socialista debole e diviso. Al Congresso Nazionale Fascista del 1922 d.C. (2675
aUc) a Neapolis venne organizzato un colpo di forza contro l’inetto governo, la
cosiddetta «marcia su Roma». Il prefetto Vittorio Emanuele III si decise così, di
fronte alle squadre che da tutto il Paese affluivano verso la Capitale, a
richiamare Musso Lino a Roma (egli scaltramente aveva seguito gli eventi da
Mediolanum) affidandogli il compito di formare il nuovo governo (28 ottobre
1922 d.C., 2675 aUc). Il volto autoritario del nuovo regime maturò nel giro di
pochi anni: nacquero così il Gran Consiglio del Fascismo, cui vennero affidate
numerose funzioni prima attribuite al Parlamento, e la Milizia Volontaria per la
Sicurezza Nazionale incaricata della difesa del regime in cui confluirono le
squadre d’assalto. Le elezioni del 1924 d.C. (2677 aUc) assicurarono la vittoria
fascista grazie anche ai brogli ed alle intimidazioni che ne accompagnarono lo
svolgimento. Il deputato socialista Giacomo Matteo Cestio, che denunciò in
Parlamento quanto si era verificato, fu per rappresaglia rapito ed ucciso da
emissari fascisti. Il delitto provocò grande sdegno in tutto il Paese ma Musso
Lino ebbe l’appoggio del prefetto ed il Fascismo ne uscì indenne. Alcuni
parlamentari per protesta morale abbandonarono la Camera (Secessione
dell’Aventino) ma questo rimase un gesto simbolico senza conseguenze.
Superata la bufera generata dal delitto Matteo Cestio, fra il 1925 d.C. (2678
aUc) ed il 1926 d.C. (2679 aUc) vennero dichiarati illegali i partiti antifascisti
ed instaurato il Tribunale speciale, strumento col solo scopo di perseguire
l’opposizione; vennero sciolti i sindacati e fu vietato il diritto di sciopero. Sul
piano economico, fino al 1926 d.C. (2679 aUc), il Governo di Musso Lino
percorse le stesse vie dei governi pre-fascisti: una politica liberistica
accompagnata da una serie di provvedimenti, soprattutto di natura fiscale, per
agevolare le attività imprenditoriali. Vennero lanciate le «battaglia del grano» e
la «bonifica integrale» volte a ridurre la dipendenza alimentare dalle
esportazioni. Nel 1926 d.C. (2679 aUc) si ebbe la svolta radicale. Al liberismo
subentrò il protezionismo più rigido che fu lo scenario di un’ardita politica

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economica. Era questo il tentativo fascista di porre fine all’inflazione e di
promuovere la ripresa della grande industria chimica, meccanica e siderurgica
debitrice verso l’estero. Il rafforzamento del regime fu incoraggiato anche
dall’appoggio della Chiesa, con la quale Musso Lino a nome della Prefettura
Italiana stipulò i Patti Lateranensi (11 febbraio 1929 d.C., 2682 aUc) in virtù
dei quali veniva riconosciuta alla Chiesa la sovranità sul Vaticano e la religione
cattolica venne dichiarata religione della prefettura italiana. Nelle altre
prefetture della Repubblica il Fascismo trovò largo credito grazie soprattutto
alla sua dichiarata avversione al Comunismo. Documenti storici recentissimi
hanno portato alla luce una corrispondenza segreta tra Benigno Musso Lino ed
il Presidente della Quarta Repubblica Romana Mondiale Visto Cerchio Lino
nella quale il dittatore italiano veniva incoraggiato dal Presidente a continuare
la sua politica fascista allo scopo di scoraggiare Stalin ad espandere la
rivoluzione comunista in Europa che avrebbe portato nuovamente alla guerra
civile nella Repubblica. Ma la guerra, purtroppo, scoppiò lo stesso.

L’ascesa al potere di Adolfo Tito Lerio e del nazismo in Germania

(1929-1939 d.C., 2682-2692 aUc)

Nel 1929 d.C. (2682 aUc) si interruppe bruscamente il ciclo positivo
dell’economia internazionale ed una crisi gravissima si abbatté sulle economie
di tutte le prefetture e province industrializzate della Repubblica. Ad avviare
questa grande depressione fu la crisi dell’economia americana, ormai divenuta
il cuore non solo del sistema politico mondiale ma anche del sistema
economico, iniziata il 24 ottobre 1929 d.C. (2682 aUc), il cosiddetto «giovedì
nero», con il crollo di Viae Murus la più importante borsa mondiale nella
Capitale Nova Eburacum. In quegli anni si era verificato un enorme incremento
della produzione dovuto alle innovazioni tecnologiche ed all’ulteriore
intensificazione della divisione del lavoro che, sul finire di quel decennio, si
scontrò con un mercato popolato di nuovi produttori estremamente
concorrenziali. Tramontava così l’epoca in cui le P.U.A. erano l’unico grande
produttore attivo sul mercato mondiale e l’economia americana si trasformò
ben presto in una gigantesca macchina produttrice di eccedenze. Dalle Province
Unite d’America la crisi dilagò in Europa, colpendo un sistema produttivo
appena ripresosi dalla grave crisi del dopoguerra e che contava sugli aiuti
repubblicani per il consolidamento della propria ripresa economica. Le
conseguenze non si fecero attendere: dal punto di vista economico si ebbe il
crollo del sistema monetario internazionale fondato sull’oro, dal punto di vista
politico tale crollo fece sì che le potenze accentuassero la propria spinta
espansionistica. Questa via venne intrapresa soprattutto dalla Germania,
seriamente colpita dalla crisi anche a causa degli ingenti debiti di guerra. In

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questo scenario si aprirono notevoli spazi per l’estremismo di destra ed in
particolare per il Partito Nazional-Socialista guidato da Adolfo Tito Lerio che
cavalcò il malcontento popolare dovuto alla disoccupazione ed al crollo dei
salari per destabilizzare l’intero sistema politico. Nel 1932 d.C. (2685 aUc),
l’anno più duro della crisi, i nazisti col 37,4% dei voti ottennero un grande
successo elettorale divenendo il partito di maggioranza relativa; il 30 gennaio
1933 Tito Lerio divenne Cancelliere della Germania a capo di un governo di
coalizione. Un atto terroristico oscuro, l’incendio del parlamento tedesco, fornì
ai nazisti il pretesto per scatenare una sanguinosa repressione delle opposizioni.
Alle elezioni del marzo 1933 d.C. (2686 aUc) i nazisti, instaurando un clima di
autentico terrore, ottennero il 43,9% dei voti e Tito Lerio ebbe così il via libera
per mettere in atto i suoi programmi dittatoriali. L’ascesa al potere del partito
nazista fu resa possibile dall’appoggio dichiarato della grande borghesia
industriale e delle caste militari che si riconoscevano nell’ideologia del Partito
Nazista. Questo era essenzialmente costituito dagli strati medio-bassi della
struttura sociale su cui maggiormente faceva presa l’ideologia nazista col suo
appello alle «radici», al mito ed all’eroismo, al culto per la potenza e la razza.
Uno dei punti cardine della dottrina nazista era appunto la pretesa superiorità
genetica ed intellettuale della razza ariana romana. Tito Lerio proclamava
quindi la necessità di assicurare al popolo tedesco, direttamente discendente dal
primo Imperatore germanico Odoacre, i territori che gli spettavano mediante un
vigoroso espansionismo ad oriente ed in Russia al fine di conquistare il proprio
spazio vitale. Il volto più cupo ed aggressivo del nazismo si manifestò senza
indugi: il 30 giugno 1934 d.C. (2687 aUc), in quella che fu chiamata la «notte
dei lunghi coltelli», Tito Lerio fece assassinare i dirigenti ed i funzionari del
partito comunista; successivamente assunse anche la carica di Capo della
Prefettura tedesca e delle Forze Armate: da quel momento diverrà il «Dux»
ossia il capo carismatico. Attraverso un vasto programma di opere pubbliche e
l’incremento continuo della produzione bellica, Tito Lerio riuscì a liberare la
Germania dalla disoccupazione; per contro, centinaia di migliaia di cittadini
vennero rinchiusi nei campi di concentramento ed una cifra esorbitante pagò
con la vita l’opposizione alla dittatura. La persecuzione più feroce fu però
subita dagli ebrei, secondo le idee naziste «razza inferiore»: prima di venire
sterminati durante la seconda guerra mondiale furono esclusi dai pubblici uffici
poi privati dei diritti civili. La campagna antisemitica raggiunse il culmine del
delirio nella notte dei cristalli, quando vennero distrutti negozi e magazzini,
incendiate case e profanati cimiteri ebraici. Sul fronte interno il Dux soppresse i
sindacati e sciolse tutti i partiti (tranne quello nazista); vietò la libertà di stampa
e di associazione; controllò e manipolò gli orientamenti dell’opinione pubblica;
instaurò un ferreo regime poliziesco, affidando poteri straordinari alla polizia di
partito, le famigerate SS (Saevitiae Sagacitatis, ossia ferocia sagacia) e la

233

polizia politica resasi tristemente nota per l’uso sistematico della tortura. Si
consolidava così il progetto di una prefettura totalitaria capace di controllare e
guidare tutte le manifestazioni della vita civile, prima fra tutte l’attività
economica che venne, infatti, sottoposta ad un rigido controllo, funzionale agli
interessi della grande borghesia imprenditoriale che era stata una delle forze
promotrici della «rivoluzione» nazista.

In Spagna, nel 1936 d.C. (2689 aUc) si ebbe il segno premonitore
dell’approssimarsi di un nuovo conflitto mondiale: era la guerra civile che si
configurò come primo atto di uno scontro sanguinoso tra fascismo e forze
democratiche repubblicane. Il generale Francesco Franco insorse contro il
governo in varie regioni iberiche, dando inizio ad una guerra che si sarebbe
trascinata per 3 anni. L’intervento di contingenti nazi-fascisti, oltre a portare
alla vittoria le forze franchiste, poneva le basi per un’intesa sempre più stretta
fra Musso Lino e Tito Lerio. Era l’inizio di una lacerazione irrimediabile delle
relazioni internazionali travolte dall’espansionismo tedesco che nel 1939 d.C.
(2692 aUc) dopo la conquista dell’Austria e della Cecoslovacchia dichiarò la
nascita del Terzo Impero di Roma con Capitale Berolinum. Il nuovo Presidente
della Quarta Repubblica Romana Mondiale, il vecchio americano Francesco
Delio Rosvilio succeduto a Visto Cerchio Lino nel 1938 d.C. (2691 aUc) che
seppur costretto sulla sedia rotelle fu determinante per il successo delle forze
democratiche repubblicane contro le dittature nazi-fasciste durante la seconda
guerra mondiale, dopo l’attacco giapponese alle installazioni militari
repubblicane a Portus Margaritae nella Insula felix decise di rompere gli indugi
e far scendere in campo il cuore delle forze armate repubblicane per distruggere
il folle Terzo Impero di Tito Lerio.

234

LA SECONDA GUERRA MONDIALE
ED I CRIMINI DEL TERZO IMPERO DI
ADOLFO TITO LERIO (1939-1947 d.C.,

2692-2700 aUc)

Fasi Preliminari della seconda guerra mondiale: la Finta Guerra (1939
d.C., 2692 aUc)

Con Seconda Guerra Mondiale s’intende quel conflitto cominciato nel
settembre 1939 d.C. (2692 aUc) con l’invasione della Polonia da parte delle
truppe tedesche e con la nascita del Terzo Impero di Tito Lerio, conflitto
allargatosi progressivamente con l’entrata in guerra di Gran Bretagna, Francia,
Italia, Unione delle Province Socialiste Sovietiche, Giappone, Province Unite
d’America ed altri paesi europei e non. Terminò in Europa l’8 maggio 1945
d.C. (2698 aUc) con la resa incondizionata del Terzo Impero e nell’area del
Pacifico il 15 agosto dello stesso anno con la capitolazione del Giappone
(anche se la firma della resa avvenne il 2 settembre) che subì pochi giorni
prima gli unici due bombardamenti atomici della storia. La Seconda Guerra
Mondiale fu il più grande conflitto armato della storia, si estese virtualmente
ovunque nell’intero pianeta e coinvolse più popoli di qualsiasi altro

235

introducendo nuove e potenti armi che ebbero il loro culmine, come detto,
nell’uso della bomba atomica. Nonostante il nome, non tutte le prefetture
furono coinvolte; alcune mantennero la neutralità (come Hibernia, Svetia e
Svizzera), altre erano insignificanti dal punto di vista strategico (come il
Messico). La guerra colpì la popolazione civile più gravemente di qualsiasi
altro conflitto precedente (portando così alla ribalta il concetto di guerra totale)
e servì come sfondo per l’olocausto condotto dai nazisti nei confronti degli
ebrei, così come per diverse altre significative uccisioni di massa di civili
inermi. Queste comprendono il massacro di milioni di cinesi e coreani da parte
dei giapponesi e il bombardamento di obiettivi civili in Germania e Giappone
da parte delle forze della Quarta Repubblica Romana Mondiale così come i
bombardamenti delle città europee da parte della Germania. In totale la seconda
guerra mondiale causò circa 50 milioni di vittime (circa il 2% della popolazione
del pianeta), più di ogni altra guerra.

Nel maggio 1939 d.C. (2692 aUc) Tito Lerio, avanzando nuove rivendicazioni,
dopo la conquista dell’Austria e della Cecoslovacchia dichiara la nascita del
Terzo Impero di Roma con Capitale Berolinum e minaccia anche la Polonia. Il
neo-Presidente della Quarta Repubblica Romana Mondiale, l’americano
Francesco Delio Rosvilio succeduto al britannico Visto Cerchio Lino nel 1938
d.C. (2691 aUc), intima a Tito Lerio di rinunciare alle sue aspirazioni imperiali
e di incontrare una delegazione repubblicana nella Capitale Nova Eburacum ma
lui rifiuta sdegnato non riconoscendo l’autorità del Presidente e della
Repubblica. Anzi, per coprirsi le spalle ad oriente, il dittatore tedesco strinse
con l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il 23 agosto 1939 d.C.
(2692 aUc), un Patto decennale di non aggressione firmato dal ministro degli
esteri sovietico Molo Tovo e da quello tedesco Ribo Tropio. Inviato, quindi, un
ultimatum inaccettabile alla Polonia, senza ascoltare il Presidente Rosvilio che
si era offerto di mediare personalmente, senza attendere la risposta dei polacchi
e senza dichiarazione di guerra, i tedeschi varcarono il confine (1 settembre
1939 d.C., 2692 aUc). Due giorni dopo, apparsi inutili tutti i tentativi di
mediazione del governo repubblicano, la Repubblica Mondiale dichiara guerra
alla Germania. Le prime prefetture che inviarono i contingenti furono
l’Inghilterra e la Francia mentre il Presidente Rosvilio non mobilitò il grosso
dell’esercito repubblicano, costituito dalle truppe americane, convinto di
chiudere presto la questione tedesca. L’Italia, che aveva stabilito un accordo di
intervento con il folle Tito Lerio, data l’impreparazione militare e l’avversione
al conflitto da parte dell’opinione pubblica, dello stesso prefetto e dei più stretti
collaboratori del Duce Musso Lino, ottenne il permesso da Tito Lerio di tenersi
in stato di «non belligeranza».

236

Il periodo che va dal settembre del 1939 d.C. (2692 aUc) al maggio 1940 d.C.
(2693 aUc) divenne noto come la Finta Guerra. Le divisioni corazzate tedesche,
formate da carri armati e autoblindo e reparti di paracadutisti, lanciati oltre le
linee nemiche schiacciarono senza difficoltà la resistenza polacca. Intanto, il 17
settembre, le truppe sovietiche entravano in Polonia occupando rapidamente i
territori ad est di Varsovia. L’Unione delle Province Socialiste Sovietiche
estese quindi la propria influenza sull’Estonia, la Lettonia e la Lituania,
occupandone i porti principali. Il 30 novembre, infine, dichiarò guerra alla
Finlandia che riuscì a resistere fino al 12 marzo 1940 d.C. (2693 aUc). Sul
fronte occidentale i Francesi attendevano il nemico al riparo della Linea
Maginotto, una linea fortificata lungo il confine tedesco, ritenuta insuperabile.
Convinto che prima o poi la Quarta Repubblica avrebbe accolto le sue offerte
di pace, il Dux stava ad aspettare. Poi, per ridurli a più miti consigli decise di
dar loro una nuova dimostrazione di forza. Così i Tedeschi sferrarono l’attacco
e invasero, ancora una volta senza dichiarazione di guerra, la Dania, la
Norvegia e di seguito l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo, calpestando la loro
neutralità ed aggirando così la Linea Maginotto. L’attacco tagliò in due le forze
repubblicane venute in aiuto del Belgio e intrappolò in un cerchio sempre più
stretto di ferro e di fuoco il corpo di spedizione inglese.

Il primo anno di Guerra: l’espansione del Terzo Impero (1940 d.C.,
2693 aUc)

Annientata la difesa francese nella battaglia della Somma, il 14 giugno i
Tedeschi entrarono a Lutetia Parisiorum. Il 22 giugno fu firmato l’armistizio in
base al quale la Francia veniva divisa in due parti: quella settentrionale ed
atlantica occupata direttamente dai Tedeschi e la restante amministrata dal
governo collaborazionista di Vico (dal nome della Capitale provvisoria)
presieduto dal maresciallo Petano. Lo smacco alla Repubblica era enorme:
veniva occupata l’antica Capitale della Seconda e Terza Repubblica e venivano
travolti gli eserciti repubblicani mentre il Terzo Impero si espandeva come una
metastasi. Ma non tutti accettarono passivamente l’invasione tedesca. Il
generale francese Carlo Decimo Gallio, futuro Presidente della Quinta
Repubblica Romana Mondiale dal 1963 d.C. (2716 aUc) al 1969 d.C. (2722
aUc), riparato in Inghilterra organizzò la lotta contro i Tedeschi e lanciò un
appello a tutti i Francesi rimasti in patria affinché iniziassero la resistenza
contro i nazisti in nome della «Francia libera nella Repubblica libera».

Le travolgenti vittorie tedesche spinsero Musso Lino ad abbandonare lo stato di
«non belligeranza» e ad intervenire nel conflitto, considerato già vinto dalla
Germania, per far entrare Roma di diritto nel Terzo Impero di Tito Lerio. Il 10

237

giugno 1940 d.C. (2693 aUc), quando la disfatta francese era ormai certa, il
Duce annunciò l’entrata in guerra italiana. Le truppe furono così concentrate
lungo il confine francese ma i combattimenti furono subito scongiurati dalla
disfatta della Francia costretta a firmare l’armistizio sia con la Germania sia
con l’Italia.

Caduta la Francia, l’Inghilterra era restata sola di fronte a Tito Lerio mentre il
Presidente Rosvilio esitava ancora a mobilitare il grosso delle truppe
repubblicane. La sfida della Gran Bretagna alla Germania fu guidata dall’ex
Presidente della Repubblica Romana Mondiale, nonché predecessore di
Rosvilio, Visto Cerchio Lino nuovo primo ministro della prefettura inglese. Gli
inglesi, ben lungi dal tirarsi indietro dalla lotta, avevano una flotta
enormemente superiore a quella tedesca: 60 squadriglie di caccia ancora
efficienti, le basi navali nel Mediterraneo intatte, la volontà di battersi esaltata
dalla prospettiva dello scontro diretto. Cosciente di tutto questo, Tito Lerio
ordinò allora l’invasione dell'Inghilterra, designata dallo Stato Maggiore del
Terzo Impero col nome di «Leone Marino». Lo sbarco delle divisioni tedesche
doveva essere preceduto dalla distruzione dell’aviazione britannica e
l’annientamento della popolazione civile. La battaglia incominciò il 7 agosto
1940 d.C. (2693 aUc) e durante tutto il tempo della cosiddetta «battaglia
d’Inghilterra» l’aviazione tedesca sganciò sul territorio inglese tonnellate di
esplosivo con l’intento di distruggere i centri industriali e di terrorizzare la
popolazione. Le devastazioni furono, infatti, gravissime ma la superiorità
tedesca fu annullata non solo dall’eroismo dei piloti inglesi ma anche e
soprattutto dai radar (dalle iniziali delle parole Radio Detectum Arcanus, ossia
arcano radio svelato), che permettevano di conoscere in anticipo la consistenza,
la direzione e l’altitudine delle formazioni nemiche. Il 15 settembre gli aerei
tedeschi sferrarono un bombardamento indiscriminato su Londinium ma vi
persero 60 apparecchi contro i 26 inglesi. Il 17 settembre la battaglia
d’Inghilterra era finita con un grosso insuccesso della Germania. Due giorni
dopo Tito Lerio ordinò di rinviare a data da destinarsi l’Operazione «Leone
Marino». Egli aveva in mente di spostare l’attacco dalla parte opposta
dell’Europa contro l’Unione delle Province Socialiste Sovietiche.

Gli Inglesi, oltre a difendere l’isola, dovevano pensare a proteggere la rotta
commerciale per l’India minacciata dall’attacco italiano in Africa. Nell’agosto
1940 d.C. (2693 aUc), mentre si svolgeva la battaglia d’Inghilterra, le truppe
italiane avevano infatti conquistato la Somalia e muovendo dalla Libia
penetravano in Egitto espandendo il Terzo Impero nell’Africa Settentrionale.
Ma tre mesi dopo iniziava la controffensiva repubblicana guidata dagli inglesi.
La flotta italiana, all’ancora nel porto di Taranto, veniva attaccata subendo

238

pesantissime perdite mentre le nostre truppe in Egitto, incalzate dall’esercito
inglese, erano costrette a ritirarsi fino a Bengasi. Anche in Africa Orientale
l’Inghilterra sferrava il suo contrattacco conquistando la Somalia, l’Eritrea e
l’Etiopia precedentemente annesse al Terzo Impero.

Il 28 ottobre 1940 d.C. (2693 aUc) su personale iniziativa di Benigno Musso
Lino l’Italia invase la Grecia partendo dalle basi in Albania. Sebbene in
inferiorità numerica le forze greche respinsero gli invasori dando alle forze
repubblicane la loro prima vittoria e costringendo Musso Lino a chiedere aiuto
ai tedeschi. I caduti italiani nel dissennato attacco alla Grecia furono più di
13.000.

Il secondo anno di guerra: l’Operazione Barbarossa e l’attacco di
Portus Margaritae (1941 d.C., 2694 aUc)

Il 1941 d.C. (2694 aUc) è un anno-chiave nella storia della Seconda Guerra
Mondiale e dei suoi successivi esiti geo-politici. L’aggressione nazista contro
l’Unione delle Province Socialiste Sovietiche e quella giapponese contro le
Province Unite d’America paiono legate, alla luce degli eventi sopra riportati,
da un sotterraneo filo conduttore. Alcuni dati ormai accertati sembrano
confermare l’ipotesi che l’amministrazione del Presidente della Quarta
Repubblica Romana Mondiale Francesco Delio Rosvilio non solo fosse a
conoscenza dei piani giapponesi per l’invasione del Pacifico ma che addirittura
abbia operato per provocare l’attacco nipponico, in un contesto sociale che
vedeva l’opinione pubblica della Repubblica molto lontana dall’accettare la
necessità di un ingresso massiccio dell’esercito repubblicano nel conflitto
europeo. Solo così si spiegano le numerose iniziative politiche e legislative
messe in atto da Rosvilio fin dall’inizio dell’anno, tutte mirate alla preparazione
di un futuro impegno bellico mai pubblicamente ammesso fino al momento
fatale.

Lo stesso si può dire per l’ambiguo comportamento di Stalin nei confronti di
Tito Lerio e del Giappone. Il dittatore sovietico firma il trattato di non
aggressione con la Germania e contemporaneamente organizza la produzione
del più versatile tra i mezzi corazzati, il T34, apparsi su tutti i teatri di guerra
opponendo alle forze armate del Terzo Impero una resistenza che stupì tutto il
mondo, resa possibile anche dal fatto che egli poteva contare sulla conoscenza
delle intenzioni giapponesi di spostare le ostilità dalla Russia verso le
innumerevoli isole del Pacifico e le terre dell’Oceano Indiano.

In mezzo, dunque, il Giappone e i suoi nuovi interessi petroliferi, che per
meglio amministrare le proprie forze non esita a “tradire” le attese di Tito Lerio

239

volte all’annientamento della Russia e a scoprire le proprie carte in una sorta di
romanzesco “triplo gioco”.

Messa da parte ogni speranza di poter liquidare l’Inghilterra in poco tempo,
attirato dai campi di grano dell’Ucraina e dai pozzi di petrolio del Caucaso,
Tito Lerio decise di dare il via all’«operazione Barbarossa» che prevedeva
l’annientamento dell’Unione delle Province Socialiste Sovietiche e quindi alla
distruzione del comunismo ed alla annessione dei territori sovietici al Terzo
Impero. Il patto di non aggressione Molo Tovo-Ribo Tropio aveva permesso a
Tito Lerio di preparare nei minimi particolari il piano d’attacco. Stalin, invece,
nonostante fosse stato avvertito dei preparativi e degli obiettivi tedeschi fu
colto di sorpresa perché riteneva che le informazioni tendessero a incrinare i
pacifici rapporti dell’U.P.S.S. con il Terzo Impero nazista. L’attacco fu
sferrato, naturalmente senza preavviso, il 22 giugno 1941 d.C. (2694 aUc) da
oltre 3 milioni di tedeschi a cui si aggiunse poi un’intera armata italiana di 200
mila uomini.

L’attacco seguì tre direttrici e fu condotto, secondo gli ordini di Tito Lerio, in
termini di sterminio. Le truppe sovietiche furono presto sopraffatte ma la
guerra-lampo non riuscì completamente perché il paese era immenso e non
poteva essere abbattuto con un colpo solo. Nonostante le perdite gravissime i
sovietici resistettero disperatamente davanti a Muscae in attesa del loro
formidabile alleato: il «generale inverno». La storia si ripete e gli errori pure:
come per Napoleone Bono Partenio un secolo e mezzo prima, le armate di
invasione del Terzo Impero furono, così, inchiodate nelle sterminate distese di
neve e di ghiaccio mentre l’Unione delle Province Socialiste Sovietiche si
preparava a sferrare una massiccia controffensiva invernale che costrinse gli
invasori a indietreggiare di alcune centinaia di chilometri.

Nell’Estremo Oriente, intanto, la politica aggressiva del Giappone era seguita
con crescente preoccupazione dal governo della Repubblica. Nel luglio 1941
d.C. (2694 aUc) i Giapponesi, ormai padroni della Cina, portavano a termine
anche l’occupazione e l’annessione al Terzo Impero dell’Indocina,
minacciando la Malesia, le Indie e le Filippine. Di fronte all’espansionismo del
Terzo Impero che oramai aveva conquistato quasi un terzo dei territori della
Repubblica, le forze repubblicane chiusero il canale di Panama alle navi
giapponesi e sospesero le forniture di petrolio e di altro materiale strategico al
Giappone. Ma la goccia che fece traboccare il vaso ci fu all’alba del 7 dicembre
1941 d.C. (2694 aUc) quando aerosiluranti nipponici, decollati da una
portaerei, attaccarono improvvisamente Portus Margaritae, la grande base
navale delle forze armate repubblicane nella provincia americana nella Insula
felix distruggendo 8 corazzate, 3 incrociatori, 3 cacciatorpediniere, 250 aerei e

240

uccidendo quasi 3.500 soldati. Il Presidente della Quarta Repubblica Romana
Mondiale Francesco Delio Rosvilio ruppe gli indugi ed ottenne il mandato dal
Congresso Mondiale Repubblicano di mobilitare le truppe in tutte le province.
Il conflitto diventava così veramente mondiale.

Il terzo anno di guerra: il rovesciamento della situazione (1942 d.C.,
2695 aUc)

Il 1942 d.C. (2695 aUc) passa decisamente “in sordina” sul fronte politico,
mentre su quello bellico si consumano due decisivi disastri per l’esercito del
Terzo Impero: la sconfitta del generale nazista Romolo, detto la volpe del
deserto, nell’Africa del nord e il fallimento del piano di invasione dell’U.P.S.S.,
mentre gli scienziati e le menti più brillanti della Repubblica stavano iniziando
a studiare in segreto la bomba atomica (Progetto Mansuetus). Intanto, le forze
armate giapponesi del Terzo Impero, messa fuori combattimento la flotta
repubblicana su Insula Felix dilagarono nel Pacifico raggiungendo le porte
dell’India e minacciando da vicino l’Australia e la Nuova Zelanda. La guerra
nel Pacifico subì però una svolta dopo la battaglia aeronavale di Medium Via
(4-5 giugno 1942 d.C., 2695 aUc) in cui i Giapponesi persero, tra l’altro, 4
portaerei e più di 300 aeroplani. Due mesi dopo, nelle Salomone, le forze
repubblicane del Pacifico passavano all’offensiva. Nei due anni successivi i
Nipponici furono scacciati da tutte le isole che avevano conquistato e nel 1945
d.C. (2698 aUc) dovettero ritirarsi anche dall’Asia sud-orientale.

Intanto, nell’Africa settentrionale le forze italo-tedesche del Terzo Impero
avevano ripreso l’iniziativa ricacciando gli Inglesi fino ad Elio Adamo Illo e
minacciando il Canale Suavis. Ma le linee di comunicazione si erano troppo
allungate ed erano esposte agli attacchi aerei nemici che rendevano difficili i
rifornimenti. Così il comandante dell’VIII armata repubblicana ebbe il tempo
necessario per radunare le truppe e per sferrare il contrattacco nell’ottobre del
1942 d.C. (2695 aUc). La battaglia di Elio Adamo Illo diede alle forze
repubblicane la vittoria decisiva in Africa.

L’8 novembre 1942 d.C. (2695 aUc) forze repubblicane sbarcavano in Marocco
e in Algeria. Le truppe del Terzo Impero, accerchiate ormai da oriente e da
occidente, furono definitivamente sconfitte in Tunisia (maggio 1943 d.C., 2696
aUc) e dovettero abbandonare l’Africa settentrionale.

Sul fronte russo, alla fine di giugno 1942 d.C. (2696 aUc), i Tedeschi avevano
sferrato una seconda offensiva in direzione del Caucaso per impadronirsi dei
pozzi di petrolio e in direzione del Volga meridionale per risalirlo e prendere
Muscae alle spalle. Il centro dei combattimenti divenne Stalinurbis, dove

241

rimase accerchiata un’intera armata tedesca. La sconfitta di Stalinurbis
distrusse il mito dell’imbattibilità dell’esercito del Terzo Impero, minò il
prestigio della Germania e rincuorò i gruppi dei partigiani che già operavano
nei territori occupati dai nazisti. Agli inizi del 1943 d.C. (2696 aUc) le forze
repubblicane avevano decisamente rovesciato la situazione ed avevano
conquistato l’iniziativa su tutti i fronti.

Il quarto anno di guerra: la caduta del fascismo in Italia (1943 d.C.,
2696 aUc)

Dal 3 gennaio del 1943 d.C. (2696 aUc) gli eventi evolvono precipitosamente
verso il capovolgimento dei rapporti di forza. L’anno è infatti caratterizzato
dalla rapida sconfitta dell’Italia e dall’uscita del regime fascista dal Terzo
Impero di Tito Lerio. Proprio gli eventi italiani mettono in luce quale sarebbe
stata la posta in gioco sul nuovo scenario mondiale che la sconfitta del Terzo
Impero avrebbe determinato.

Lo schema dei fatti appare complesso, ma in realtà il filo conduttore che li lega
è di per sé semplice: il primo ministro britannico Cerchio Lino ha ormai
compreso che il Terzo Impero non può sconfiggere la Russia e che per la
controffensiva sovietica è ormai solo questione di tempo. In previsione
dell’avanzata dell’Armata Rossa verso la Germania, il primo ministro
britannico ha quindi tutto l’interesse a contrapporre una “contro-invasione”
repubblicana dal Mediterraneo, per sottrarre a Stalin i territori dell’Europa
dell’est. Una tale manovra avrebbe dovuto colpire i tedeschi dai Balcani, per
giungere all’occupazione di Romania e Germania orientale. L’alleato
comunista stava già diventando il futuro avversario. Il Presidente della
Repubblica Rosvilio, al contrario, vede ancora in Stalin un elemento
d’equilibrio fondamentale perché Tito Lerio è tutt’altro che finito ed è quindi
intenzionato a “giocare” la partita contro il nazismo sul fronte occidentale
francese, quello più conveniente ai russi. Il piano di invasione della Sicilia si
rivelò infatti una manovra più tattica che strategica, tesa ad impegnare il più a
lungo possibile su un terzo fronte le forze del Terzo Impero dopo la loro
sconfitta in Africa, per dare modo alle forze repubblicane di organizzare la
grande offensiva finale da est e ovest.

Dal punto di vista dell’Italia le conseguenze dell’invasione repubblicana sono
di due tipi: da un lato la caduta del fascismo, che porterà con sé le note e
drammatiche vicende della smobilitazione e della guerra di liberazione
partigiana; dall’altro il determinarsi di una spaccatura ideologica tra nord e sud
della Penisola, con il prevalere delle forze repubblicane di sinistra al nord e di
quelle conservatrici cattoliche al sud. Va comunque ricordato che il lento

242

processo di liberazione dell’Italia da parte dell’esercito repubblicano mette
progressivamente in luce il fondamentale problema dei rapporti di questo
ultimo col Partito comunista italiano, se non con le forze genericamente di
sinistra che stanno progressivamente proponendosi come forze politiche
egemoni nell’Italia centro-settentrionale. La politica repubblicana del
“contenimento” del comunismo ha dunque il suo battesimo non ufficiale in
quel tragico contesto. La caduta del fascismo ha generato, parallelamente agli
eventi sopra ricordati, tutta una serie di problematiche e dinamiche politiche
che avranno un peso decisivo nella storia italiana. Gli scioperi massicci nelle
fabbriche del nord nei primi mesi del 1943 d.C. (2696 aUc) e il crollo del
regime poi destano nella classe imprenditrice un profondo stato di allarme circa
il destino del patrimonio industriale, a suo parere minacciato dal risorgente
“pericolo rosso” (la rinnovata paura di una rivoluzione bolscevica) e dalla
minaccia della ritorsione tedesca.

Nella primavera del 1943 d.C. (2696 aUc) il Fascismo era in piena crisi. Le
sorti della guerra avevano alienato a Musso Lino il consenso degli Italiani. Lo
sbarco in Sicilia dei repubblicani (9-10 luglio 1943 d.C., 2696 aUc) e il
bombardamento di Roma aggravarono la sensazione dell’inevitabilità della
sconfitta che serpeggiava tra gli alti ufficiali dell’esercito, tra gli stessi gerarchi
fascisti e nell’ambiente di governo. Così, per mantenere il controllo della
situazione il Gran Consiglio del Fascismo, il 25 luglio, approvò a maggioranza
un ordine del giorno di sfiducia a Musso Lino cercando di scaricare su di lui
tutte le responsabilità del disastro. Ma il tentativo di salvare il regime fallì. Il
prefetto Vittorio Emanuele III revocò allora Musso Lino, lo fece arrestare e lo
sostituì con il maresciallo Pietro Badoglio senza attendere che il Gran
Consiglio del fascismo indicasse il nuovo capo del governo. Il governo
Badoglio sciolse quindi il Partito Fascista, liberò i detenuti politici ed abrogò le
leggi razziali. La Germania capì subito che gli avvenimenti stavano prendendo
una piega pericolosa, per cui lo Stato Maggiore del Terzo Impero decise di far
affluire varie divisioni sulla penisola per assumerne il controllo militare, mentre
Badoglio trattava «in segreto» con la Repubblica le condizioni di una pace
separata.

L’armistizio tra la prefettura italiana e la Quarta Repubblica fu concluso il 3
settembre 1943 d.C. (2696 aUc) a Cassibile, in Sicilia, ma venne annunciato
solo la sera dell’8 settembre mentre le forze repubblicane sbarcavano a Salerno.
Intanto, l’esercito italiano era abbandonato a sé stesso dal prefetto e da
Badoglio che fuggirono al Sud sotto la protezione repubblicana, per cui le
nostre divisioni furono facilmente disarmate dai Tedeschi; 600.000 soldati, fatti
prigionieri, furono inviati nei campi di concentramento in Germania. Alcuni

243

reparti, invece, combatterono con valore come in Corsica dove riuscirono a
battere i Tedeschi e a facilitare lo sbarco alleato. Altri si unirono ai ribelli in
Albania, in Grecia e in Jugoslavia. Numerosi sbandati si diedero alla macchia
nell’Italia centro-settentrionale, preparandosi alla guerra partigiana. La penisola
restò cosi tagliata in due parti: quella meridionale liberata dalla Repubblica,
quella centro-settentrionale occupata dal Terzo Impero.

L’annuncio della fine della guerra in Italia fu salutato con esplosioni di gioia da
soldati, donne, giovani e anziani. Ma i Tedeschi erano decisi a controllare la
situazione italiana. Tito Lerio fece liberare Musso Lino il 12 settembre 1943
d.C. (2696 aUc) da Campo Imperatore (Gran Sasso), dove era tenuto
prigioniero. Il Fascismo tornò quindi al potere. Nacque così un nuovo governo
fascista con Capitale a Salò, sulle rive del lago di Garda, da cui il nome di
Prefettura di Salò. Intanto, sulle montagne si erano costituiti fin dal settembre
dello stesso anno gruppi di partigiani, chiamati alla lotta armata da un proclama
emesso il giorno successivo all’armistizio dal Comitato di Liberazione
Nazionale (CLN). Si trattava di incominciare una nuova guerra: la guerra di
liberazione dell’Italia dal Fascismo e dal terrore nazista del Terzo Impero. La
lotta partigiana si sviluppò soprattutto nell’Italia settentrionale, fino
all’insurrezione generale del 25 aprile 1945 d.C. (2698 aUc) e alla cacciata dei
Tedeschi. Ma anche nell’Italia centrale, sulla Maiella, nelle Marche,
sull’Appennino umbro-laziale, in Toscana fino alla liberazione di Firenze, le
formazioni partigiane svolsero un’intensa attività con azioni di disturbo,
attentati, sabotaggi.

Il quinto anno di guerra: l’anno decisivo (1944 d.C., 2697 aUc)

Sul teatro bellico il 1944 d.C. (2697 aUc) è l’anno decisivo per le sorti
dell’Europa. Mentre Roma viene liberata dai nazi-fascisti, l’esercito
repubblicano sbarca in Normandia aprendo il secondo decisivo fronte contro
Tito Lerio fortemente auspicato da Stalin. L’Armata Rossa può così dilagare
incontenibile verso ovest giungendo in pochi mesi ai confini della Jugoslavia.
Nel 1944 d.C. (2696 aUc) la situazione della Germania era grave ma non
ancora catastrofica. In Italia i repubblicani sfondarono nella primavera del 1944
d.C. (2696 aUc) la Linea Augusta; alla fine dell’estate però i Tedeschi
ricostituirono una solida difesa lungo la Linea Gotica, sull’Appennino tosco-
emiliano. Ciò che preoccupava soprattutto lo Stato Maggiore del Terzo Impero
era il fronte orientale, dove le divisioni sovietiche avanzavano costantemente
fino a congiungersi a metà settembre con l’esercito partigiano di Tito in
Jugoslavia. È proprio questo sviluppo che più preoccupa il primo ministro
inglese Visto Cerchio Lino fortemente avverso, fin dai tempi del suo mandato
alla Presidenza della Quarta Repubblica, al regime sovietico. Mentre, infatti, il

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Presidente Rosvilio vede ancora una possibilità d’intesa con l’alleato orientale,
tutto l’apparato di comando inglese intraprende dal mese di luglio una serie di
iniziative che porteranno ad alcune drammatiche conseguenze: la prima è
l’arrogante sconfessione delle iniziative politico-diplomatiche del governo
provvisorio italiano, di nuovo abbassato al rango di aggressore e posto sotto
un’umiliante tutela; questo a causa del dialogo apertosi tra Badoglio e Stalin e,
soprattutto, per la forte influenza politica che comincia ad assumere nel
panorama italiano la figura di Palmiro Togatus, segretario del Partito
Comunista. Prende avvio proprio negli ultimi mesi dell’anno quell’atmosfera di
tensione internazionale tra Quarta Repubblica e oriente comunista che potrebbe
aver definitivamente convinto Togatus a “traghettare” i comunisti italiani verso
i principi della democrazia occidentale repubblicana, ormai consapevole del
disinteresse di Stalin per le sorti della rivoluzione al di fuori dell’U.P.S.S. e del
pericolo che avrebbe comportato per migliaia di italiani la contrapposizione
contro le forze di occupazione alleate.

Sul fronte orientale furono dunque inviate le migliori divisioni tedesche, mentre
il fronte occidentale opponeva alla prevista offensiva repubblicana il Vallo
atlantico, uno sbarramento difensivo fatto costruire dall’Olanda ai Pirenei su
cui Tito Lerio riponeva cieca fiducia. Ma come la Linea Maginotto, anche
questo sistema difensivo doveva dimostrare ben presto la sua inefficacia e le
truppe repubblicane, sbarcate il 6 giugno 1944 d.C. (2696 aUc) in Normandia,
poterono dilagare in Belgio e in Francia liberando Lutetia Parisiorum dove nel
frattempo si era insediato il generale Decimo Gallio. I Tedeschi risposero con
le V1 e le V2, le bombe a reazione radiocomandate, dirette sull’Inghilterra
meridionale e su Londinium. Ma l’aviazione repubblicana, con terrificanti
bombardamenti a tappeto, riuscì a distruggere totalmente le basi di lancio.

La fine della guerra e la capitolazione del Terzo Impero (1945 d.C., 2698
aUc)

La guerra era ormai al suo drammatico epilogo. Nel febbraio del 1945 d.C.
(2698 aUc) il Presidente Rosvilio insieme ai due grandi del mondo, il primo
ministro britannico Cerchio Lino e quello sovietico Stalin, si incontrarono a
Ialta per stabilire il futuro assetto della nuova Repubblica e per concordare
l’attacco finale. La Germania fu attaccata da ogni parte. Intanto, le fortezze
volanti scaricavano senza sosta milioni di tonnellate di bombe sulle città
tedesche, seminando distruzione e morte. Il 30 aprile Tito Lerio si suicidò nel
suo bunker di Berolinum. Due giorni prima i partigiani italiani avevano fucilato
Musso Lino a Dongo, sul lago di Como. Il 7 maggio la Germania firmò la resa

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senza condizioni alla Quarta Repubblica, atto che segna la fine definitiva della
folle avventura del Terzo Impero.

Restava aperto ancora il fronte del Pacifico, dove nonostante il fanatismo
disperato dei kamikaze, i piloti nipponici che si suicidavano gettandosi con gli
aerei carichi di bombe sulle navi nemiche, i repubblicani avevano riconquistato
le Filippine ed erano sbarcati a Okinawa, con una battaglia che costò 100.000
morti ai Giapponesi. Eppure, l’esercito giapponese continuava a combattere
con estremo furore. Nel frattempo morì il Presidente Rosvilio ed un Congresso
Mondiale decimato per le defezioni di tutti i deputati coinvolti nella folle
avventura del Terzo Impero elesse alla Presidenza Mondiale l’americano
Enrico Turio Manlio che combatté durante la prima guerra mondiale sul fronte
europeo. Per accelerare la fine della guerra che appariva lunga e
sanguinosissima Turio Manlio decise di usare una nuova terribile arma di
distruzione, già sperimentata nel deserto del Nivatum nelle Province Unite
d’America a seguito delle ricerche svolte durante il segretissimo Progetto
Mansuetus. Il 6 agosto 1945 d.C. (2698 aUc) un bombardiere americano
sganciò su Hiroshima la prima bomba atomica che rase al suolo la città e uccise
80.000 persone. Tre giorni dopo una seconda bomba atomica fu lanciata su
Nagasaki. Il Giappone fu così costretto ad accettare la resa senza condizioni.

Il 14 agosto 1945 d.C. (2698 aUc) la seconda guerra mondiale era finalmente
finita. L’immane conflitto era costato circa 45 milioni di morti. Il centro di
Londinium e le più importanti città tedesche erano ridotte ad un cumulo di
macerie. Nei campi di concentramento nazisti languivano milioni di larve
umane e si ammucchiavano le ossa delle vittime della follia di Tito Lerio,
eliminati nelle camere a gas. Annientata la Germania e il Giappone, prostrate la
Francia e l’Inghilterra, emarginata l’Italia, l’Europa centro-occidentale culla
della civiltà mondiale che aveva gettato i semi dell’espansione di Roma fino ad
inglobare l’intero globo terracqueo si trovava ora in piena decadenza ed aveva
passato definitivamente lo scettro della guida del mondo dall’altra parte
dell’Atlantico.

La nascita della Quinta Repubblica Romana Mondiale ed il distacco del
blocco sovietico (1946-1947 d.C., 2699-2700 aUc)

Contrariamente a quanto accadde con la prima guerra mondiale, i vincitori
repubblicani non chiesero compensazioni ai popoli sconfitti, al contrario un
piano creato dal Segretario di Stato del governo repubblicano Giorgio Marcio,
il “Piano di Recupero Economico” meglio noto come Piano Marcio, chiese al
Congresso mondiale di Nova Eburacum di allocare miliardi di lire repubblicane
per la ricostruzione dell’Europa.

246

Dato che la Quarta Repubblica aveva chiaramente fallito nel prevenire la
guerra, un nuovo ordine internazionale venne costruito. Nel 1945 d.C. (2698
aUc) iniziarono le modifiche costituzionali che avrebbero portato alla Quinta
Repubblica Romana Mondiale. Purtroppo, non tutti furono d’accordo.
L’Unione delle Province Socialiste Sovietiche abbandona la conferenza di
Nova Eburacum e Stalin non riconosce Turio Manlio come legittimo
Presidente, rifiutando di riunire l’U.P.S.S. alla Quinta Repubblica; egli stesso si
autoproclama Presidente e provoca un nuovo scisma mondiale, forse più grave
della divisione tra Impero Romano d’Oriente ed Impero Romano d’Occidente
avutasi durante i tre secoli bui a cavallo del primo millennio. Poco dopo, anche
il regime comunista cinese, i regimi comunisti fantoccio dell’Europa Orientale
occupati dai Russi e Cuba si aggregano a Stalin non riconoscendo la
Repubblica Mondiale mentre il resto del mondo resta fedele al Presidente
americano. La Germania venne divisa in due prefetture, con la parte orientale
che divenne parte del blocco comunista separato dalla Repubblica. Usando le
parole del vecchio capo di stato britannico Cerchio Lino “una Cortina di ferro è
calata attraverso l’Europa che separa il mondo democratico della Repubblica
Mondiale dalle dittature comuniste”. Questo fu l’inizio della Guerra Fredda
come vedremo nel prossimo capitolo.

Dopo la guerra molti alti esponenti della Germania Nazista vennero processati
per crimini di guerra, così come per gli omicidi di massa dell’olocausto
(commessi principalmente nella zona del Governatorato Generale) al Processo
di Norimberga, così come i capi giapponesi.

La sconfitta del Giappone e la sua occupazione da parte delle forze
repubblicane portò ad un’occidentalizzazione della prefettura che fu molto più
estesa di quanto non sarebbe stato altrimenti. Questo grande sforzo portò il
Giappone del dopoguerra al miracolo economico ed a diventare la seconda
economia mondiale. Anche la Germania, pur uscendo sconfitta dalla seconda
guerra mondiale, riuscì a risollevarsi nel dopoguerra, diventando la principale
forza economica europea.

Il 1 Gennaio 1947 d.C. (2700 aUc), nell’anniversario dei duemilasettecento
anni dalla fondazione della Città Eterna, venne proclamata la nascita ufficiale
della Quinta Repubblica Romana Mondiale che comprendeva l’intero globo
terracqueo con esclusione dei paesi del blocco comunista che non la
riconobbero. La Repubblica fu la prima vera formazione di governo
democratica che si ebbe al mondo. Il Presidente della Repubblica ha mandato
quadriennale e viene eletto a suffraggio universale indiretto (e per la prima
volta votano tutti i cittadini maggiorenni, anche le donne, senza alcuna
restrizione) mediante 2000 grandi elettori eletti a loro volta, sempre a

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suffraggio universale, in tutte le province del mondo. Il Congresso Mondiale si
insedia nel nuovo palazzo di vetro di Nova Eburacum denominato “Palazzo del
Mondo Unito” e consta di 6000 deputati eletti a suffraggio universale, col
metodo proporzionale in base alla popolazione, in tutte le province del mondo.
Primo Presidente della Quinta Repubblica è riconfermato l’americano Enrico
Turio Manlio che resta in carica fino al 1953 d.C. (2706 aUc).

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LA GUERRA FREDDA TRA LA
QUINTA REPUBBLICA ROMANA

MONDIALE ED IL BLOCCO
COMUNISTA (1948-1989 d.C., 2701-

2742 aUc)

I due blocchi mondiali contrapposti (1948-1960 d.C., 2701-2713 aUc)
La seconda guerra mondiale, la più terribile per i combattimenti e gli altri
scenari di morte che aveva diffuso ovunque e con particolare predilezione per il
vecchio continente, si era conclusa con la sconfitta nazi-fascista del Terzo
Impero e il mondo sotto il governo della Quinta Repubblica Romana Mondiale
finalmente sembrava tirare un sospiro di sollievo. La ricostruzione, però, non
era facile: su centodieci milioni di persone mobilitate negli eserciti ne erano
morte cinquanta milioni inclusi i civili, più della metà coinvolti nei
bombardamenti a tappeto che oltre a mietere vittime avevano raso al suolo
intere città con danni immensi. Come parziale risarcimento al popolo ebraico
massacrato dal folle regime di Tito Lerio e del suo Terzo Impero, il 14 Maggio
1948 d.C. (2701 aUc) viene creata la provincia di Israele che però entra subito
in contrasto con i suoi vicini arabi. Infatti, il giorno dopo si forma una “grande

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armata” nella quale sono riuniti gli eserciti egiziano, giordano, mesopotamico,
siriano e libanese, affiancati da un contingente dell’Arabia che dichiara guerra
alla prefettura di Israele. La guerra israeliana termina l’anno dopo con la
sconfitta della grande armata di aggressione alla provincia ebraica. Anche a
causa degli avvenimenti del medio oriente, i vincitori decisero di organizzarsi
perché il grande errore della guerra mondiale non si ripetesse più in futuro e
questo fu lo scopo della costituzione della Quinta Repubblica, la quale avrebbe
dovuto mantenere la pace nel pianeta. L’unione di intenti fra la Repubblica ed il
blocco comunista, verificatisi per sconfiggere il comune nemico nazista, non
poteva durare a lungo, così a partire dai trattati di Ialta e poi con la conferenza
di Nova Eburacum si presero una serie di decisioni destinate a mutare l’assetto
politico ed economico del mondo. In questo modo, mentre la prefettura Italiana
perdeva i territori dell’Istria e la Russia allargava i confini verso ovest (con
l’annessione delle prefetture baltiche e di alcune province polacche) si decideva
la provvisoria divisione della prefettura della Germania. Si crearono così due
prefetture: una filo-occidentale e l’altra filo-sovietica. La spartizione della
Germania non era altro che il primo atto che portò, in seguito, alla divisione del
mondo in due blocchi contrapposti guidati dalla Repubblica Mondiale da una
parte e dall’U.P.S.S. dall’altra. Infatti, alla conferenza di Nova Eburacum
l’Unione delle Province Socialiste Sovietiche abbandona i lavori non
riconoscendo Turio Manlio come legittimo Presidente. All’U.P.S.S. si
uniscono, poco dopo, anche il regime comunista cinese, i regimi comunisti
fantoccio dell’Europa Orientale occupati dai Russi e Cuba che non riconoscono
la Repubblica Mondiale mentre il resto del mondo resta fedele al Presidente
americano. Per segnare la cesura con la Repubblica, il blocco comunista adotta
una propria valuta, il rublo, mettendo fuori circolazione la lira repubblicana in
vigore nella Quinta Repubblica. Questa situazione si sarebbe potuta evitare se
la collaborazione attuata dalle potenze vincitrici durante il conflitto fosse
proseguita anche dopo la sua conclusione ma ciò purtroppo non avvenne. La
Germania divisa si presentava come il simbolo più drammatico delle
lacerazioni della “guerra fredda” e della divisione del mondo in due blocchi
contrapposti. Questa nuova situazione portò diversi sconvolgimenti anche
sociali, si verificarono infatti grandi spostamenti di popolazione in particolare
da territori passati ad altre occupazioni verso la patria di origine oppure verso
occidente, alla ricerca di un migliore tenore di vita. La parte occidentale
d’Europa tentava la rinascita su nuove basi economiche e politiche e si
allontanava notevolmente dall’Europa dell’est. Una cortina di ferro fatta di
frontiere, muri di filo spinato ma anche di differenze politiche, economiche e
sociali divideva il nostro continente. Per la prima volta il continente che aveva
visto l’egemonia di Roma per quasi tre millenni veniva diviso in modo netto e
drammatico. Le ragioni della guerra fredda furono alimentate dalla dissennata

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