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Dal Fondo Antiquario di INDIRE le suggestioni per una ricerca sul libro di scuola vecchio e nuovo e gli spunti per il prosieguo di una valorizzazione significativa del nostro prezioso patrimonio documentario e culturale. Le autrici in questo volume hanno preso in esame, attraverso un'accurata ricerca archivistica del fondo INDIRE di Firenze, le pubblicazioni per l'educazione scolastica dei secoli XVI-XVIII.

Il volume è a cura di Pamela Giorgi e Alessandra Anichini.

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Published by Indire Ricerca, 2023-06-07 04:30:01

100 immagini di Libri di Scuola

Dal Fondo Antiquario di INDIRE le suggestioni per una ricerca sul libro di scuola vecchio e nuovo e gli spunti per il prosieguo di una valorizzazione significativa del nostro prezioso patrimonio documentario e culturale. Le autrici in questo volume hanno preso in esame, attraverso un'accurata ricerca archivistica del fondo INDIRE di Firenze, le pubblicazioni per l'educazione scolastica dei secoli XVI-XVIII.

Il volume è a cura di Pamela Giorgi e Alessandra Anichini.

Keywords: scuola,libri di scuola,documentazione,archivio,INDIRE

INDIRE Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa


100 immagini di libri di scuola Il Fondo Antiquario del Museo Nazionale della Scuola di Firenze (secoli XVI-XVIII) a cura di Alessandra Anichini e Pamela Giorgi con la collaborazione di Rita Ercole e Dario Berbeglia INDIRE


Apparato iconografico: tutte le illustrazioni sono tratte dai volumi del Fondo antiquario di INDIRE, Via Buonarroti 10, Firenze Progetto grafico e impaginazione: All’Insegna del Giglio s.a.s. In copertina: Niccolò de la Croix, Geografia sacra ossia descrizion de’ paesi e de’ luoghi quali si parla nelle Sante Scritture, in Claude Buffick, Geografia Universale, presso Giacomo Storti, Venezia, 1795, illustrazione. ISBN 978-88-7814-595-5 © 2013 All’Insegna del Giglio s.a.s. Stampato a Firenze nel dicembre 2013, Nuova Grafica Fiorentina Edizione e distribuzione: All’Insegna del Giglio s.a.s. via della Fangosa, 38; 50032 Borgo S. Lorenzo (fi) tel. +39.055.8450.216; fax +39.055.8453.188 sito web www.edigiglio.it; e-mail [email protected]


Indice Presentazione, di Flaminio Galli . . . . . . . . . . . . . p. 7 Premessa, di Giovanni Biondi . . . . . . . . . . . . . . . » 8 Introduzione, di Giorgio Chiosso . . . . . . . . . . . . . » 11 Il fondo librario antiquario INDIRE: origine e prospettive future, di Pamela Giorgi . . . . . . . . . . . . . . . . . » 15 Il libro per imparare, dall’età moderna al secolo dei Lumi. Tracce per una storia da scrivere, di Alessandra Anichini . » 25 Secolo XVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 37 Grammatica, retorica, dialettica e lingua italiana; Aritmetica e geometria; Divulgazione scientifica; Ginnastica; Educazione femminile; Educazione dei religiosi; Arte della memoria; Classici; Editoria Secolo XVII . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 71 Grammatica, retorica, dialettica e lingua italiana; Aritmetica e geometria; Divulgazione scientifica; Educazione dei nobili; Educazione civile; Arte della memoria; Riflessioni sull’educazione; Editoria Secolo XVIII . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 115 Grammatica e belle lettere; Aritmetica e geometria; Geografia; Storia; Ginnastica; Educazione del popolo; Educazione femminile; Educazione dei nobili; Riflessioni sull’educazione; Editoria Appendice Sistemi scolastici nei secoli XVI-XVIII, a cura di Pamela Giorgi . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 175 Elenco dei titoli dei volumi presentati, a cura di Alessandra Anichini . . . . . . . . . . . . . . . » 183 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 187


7 Presentazione Correre verso il futuro senza avere la curiosità di guardarsi intorno o di voltarsi per ricordare cosa abbiamo lasciato lungo la nostra strada ci avvicina alle macchine o ai primati. Comprendere la realtà significa prenderla tutta insieme, collazionare il passato con il futuro. Ho sempre supposto e poi creduto, che il ruolo di INDIRE debba avere a che fare con il movimento del pendolo che oscillando occupa tutto lo spazio nel quale si trova. L’innovazione può essere una parola vuota di senso se non si riesce a capire con lucidità che essa non spinge semplicemente in avanti qualcosa, ma che, in realtà, trascina dietro di sé il passato che a volte sembra un peso altre volte una parte della sua forza motrice. Qualunque figlio ha un genitore e chiunque è ciò da cui proviene e sarà migliore se sarà in grado di tenerlo sempre a mente. Il presente volume, proposto alla fine di un complesso 2013, nasce proprio dalla consapevolezza del valore e del senso da cui INDIRE trae le proprie origini e dal debito culturale che ha nei confronti di un passato non trascorso. Questa pubblicazione è allora l’occasione per inaugurare un nuovo corso che, parallelamente all’attività di propulsione verso l’utilizzo consapevole ed esperto delle tecnologie, l’ineludibile spinta al futuro, recuperi quanto di prezioso proviene da una tradizione che non cade nella dimenticanza. Flaminio Galli Direttore Generale di INDIRE


8 Premessa Questo ricco fondo librario, conservato oggi negli spazi dello storico Palazzo Gerini di via Buonarroti, trae la sua origine dall’antecedente istituzionale di INDIRE, cioè la Mostra Didattica Nazionale aperta a Firenze alla metà degli anni Venti e poi trasformata da Bottai nel Museo Nazionale della Scuola. Si tratta di una raccolta che è testimone dell’attività scolare dei secoli XVI-XIX e che rivela, tra le varie cose, l’importanza di quello che ancora oggi rappresenta lo strumento principale del fare scuola: il libro, anzi il “libro di scuola”, per secoli centrale per l’insegnante, ma soprattutto per lo studente nelle sue attività di studio, a casa. Le immagini contenute nei libri aprono un altro spaccato estremamente interessante, poiché rappresentano una fondamentale integrazione del testo e in molti casi raccontano più del testo stesso, rimanendo poi negli occhi e nella mente di molte generazione di studenti. Lo sguardo sul passato riconduce inevitabilmente al presente e, in particolare, all’attuale fase di profondo e non rinviabile ripensamento che il mondo dell’editoria scolastica sta oggi attraversando, ridiscutendo tutti i propri paradigmi culturali ed economici. Ripensamento in cui istituti come INDIRE svolgono un ruolo importante. L’attività di selezione, raccolta e catalogazione dei volumi di questo fondo antiquario si colloca sorprendentemente, dopo oltre novanta anni, ancora in continuità con le attuali finalità dell’ente, che ha mutato negli anni le sue denominazioni ma è in qualche modo rimasto fedele ai propri obiettivi, certamente declinandoli, rappresentandoli e interpretandoli in modi diversi, più o meno efficaci, ma sempre avendo come momento centrale d’interesse la Scuola e l’innovazione ad essa applicata.


9 Una raccolta, non solo libri ma “tecnologie”, materiali di insegnanti e lavori di studenti, sorta per sostenere concretamente l’innovazione di un modello educativo fino ad allora troppo centrato sulla ripetizione del testo spesso imparato a memoria. Una dimostrazione che voleva essere concreta testimonianza della possibilità di fare scuola coinvolgendo direttamente i ragazzi in attività che li rendessero protagonisti: l’ente costituì per la scuola di allora, come ancora oggi, un luogo di rappresentazione e di sostegno ai processi di innovazione. Se nei primi anni del secolo l’istituto ha raccolto quei documenti e quei volumi che nel corso della storia si erano rivelati più significativi in ambito didattico, oggi si propone di reperire e valorizzare tutte le risorse che la rete mette a disposizione, frutto del lavoro sia del mondo della ricerca anche internazionale, di molti progetti finanziati dalla UE, ma anche di insegnanti che si cimentano nella sperimentazione e nella produzione dei nuovi testi, esprimendo al meglio tutta la ricchezza comunicativa dei nostri anni. Il valore profondo di questo nostro patrimonio librario deriva anche dal fatto che, se debitamente trattato, può essere una memoria progettuale della scuola, della sua connaturata vocazione a pensare al passato per creare il futuro. L’idea di valorizzarlo con una pubblicazione di questo tipo rappresenta il tentativo di offrire motivi di riflessione sulla storia e la vita dell’istituzione scolastica. Del resto, per innovare è fondamentale conoscere il proprio passato. E far questo, forse, può aiutare a guardare alla scuola come ad una straordinaria avventura plurisecolare fatta di emozioni, di lavoro, di delusioni e soddisfazioni, di un ambiente sociale sempre nuovo e ricco con i suoi caratteri originali e i suoi personaggi straordinari: un ambiente vivo e continuamente in evoluzione, anche se talvolta, per la sua dimensione, inevitabilmente inerziale. Giovanni Biondi Presidente di INDIRE


Introduzione di Giorgio Chiosso Non c’è forse altro ambito della ricerca storica che, come quello che indaga il mondo dell’infanzia, della scuola e della pedagogia, sia connotato da una straordinaria varietà di fonti restate spesso inesplorate. Negli ultimi decenni la storiografia educativo-pedagogica – a lungo coltivata per lo più attraverso la consultazione dei documenti ufficiali e l’analisi critica dei testi della riflessione teorica – ha cominciato a farvi ricorso con risultati che oggi consentono di delineare con maggiori dettagli la vita educativa e scolastica del passato. Non secondaria – nel delinearsi di questo più ampio approccio alla ricostruzione storica, accanto ad altre ragioni – è stata la spinta venuta dall’apertura di numerosi Musei della scuola e dell’educazione. Esperti museali, linguisti, antropologi e naturalmente le punte più avanzate della ricerca specializzata hanno immesso in circolo un nuovo modo – più realistico e più aderente ai fatti – di guardare in specie all’educazione scolastica e ai rapporti tra adulti e bambini/e. Lo sguardo si è spostato, per esempio, dalla scuola idealmente disegnata dai testi pedagogici o dalle riforme tracciate dalla politica, alla scuola “reale e quotidiana”. Sono state valorizzate nuovi fonti come le raccolte di quaderni e le collezioni di giornali professionali destinati agli insegnanti (in specie ai maestri); sono stati studiati i progetti di costruzione degli edifici scolastici e gli arredi, dai banchi alle lavagne; attenzione puntuale è stata prestata alla fattura dei sussidi didattici e al loro impiego (alfabetieri e pallottollieri, mappamondi, carte geografiche, cartelloni storici e naturalistici), ai giocattoli con finalità didattiche (il più celebre è senz’altro il “piccolo chimico”), agli attrezzi impiegati negli esercizi ginnastici e a quanto altro può rappresentare una tangibile testimonianza della vita


12 Giorgio Chiosso dell’infanzia del passato, maschile e femminile, normale e disabile. Specifiche e approfondite indagini sono state inoltre, e forse soprattutto, riservate ai libri a scopi d’istruzione e di educazione, da quelli propriamente ad uso scolastico o precettoriale, a quelli poi racchiusi nel XIX secolo sotto la dicitura “libri di lettura amena”, ai testi compilati per l’istruzione popolare con tematiche sia di carattere pratico sia con finalità religiose e devozionali. I libri per l’educazione sono una spia di incalcolabile portata per cogliere la mentalità e le ritualità pedagogiche di un’epoca. Come fa notare anche Alessandra Anichini nello scritto che introduce alla rassegna illustrata del libro di scuola (espressione nella quale si raccolgono, a sua volta, svariate tipologie di testi) l’editoria per l’istruzione e l’educazione è posta in un crocevia nel quale s’incrociano l’introduzione al rispetto delle regole della vita sociale, l’idea di scuola che a queste si accompagna, le consuetudini didattiche e, più indirettamente ma non meno incisiva, una precisa concezione dell’infanzia e della fanciullezza. I testi educativi e scolastici o “per imparare” (magari anche al di fuori della scuola) costituiscono perciò un tassello non eludibile nella ricostruzione delle strategie perseguite dalle classi di età adulte per assicurare il passaggio generazionale. Visti nell’ottica delle fonti essi ci consentono di raccogliere elementi decisivi sia per la comprensione dei modelli pedagogici che li animano e sia per stabilire le pratiche della lettura e dell’insegnamento. Detto in altro modo essi costituiscono per l’appunto una via (certamente non l’unica, ma comunque privilegiata) per entrare nella scuola “reale e quotidiana”. Come accade per qualunque libro, anche quelli educativi, scolastici e di lettura amena sono, poi, un oggetto editoriale e sono sottoposti, d’un lato, alle leggi della produzione tipografica e dall’altro, a quelle del mercato, leggi, queste ultime, sempre più cogenti a mano a mano che questo tipo di editoria, con il diffondersi dell’istruzione e della scolarizzazione, acquisisce – in specie a partire dalla seconda metà del XIX secolo – una rilevanza anche economica nient’affatto secondaria. Come documenta questa pubblicazione i libri di scuola hanno una lunga storia. Se l’editoria specifica (la cosiddetta


13 Introduzione “scolastica”) giunge a maturazione piena solo tra Otto e Novecento, le sue origini risalgono molto indietro nei secoli: fin dai primi tempi della tipografia moderna una quota di testi fu destinata alla “gioventù studiosa”. Era prassi degli stampatori riservare uno spazio dell’attività della tipografia per mettere sotto torchio, accanto a immagini religiose e devozionali, anche foglietti con l’alfabeto e le sillabe, piccole grammatiche e libretti di calcolo elementare. Si trattava di prodotti che avevano sicuro smercio e che potevano consentire di annullare le perdite provocate da altre iniziative di maggior prestigio, ma anche esposte a più alti rischi economici. La raccolta di immagini presentate in questo volume e conservate presso il fondo antiquario dell’Indire di Firenze (la cui genesi e rilevanza viene messa in giusta luce da Pamela Giorgi) offre l’opportunità di accostare un’ampia scelta di libri di scuola tra XVI e XVIII secolo. Si può, dunque, percorrere un significativo tratto di storia dell’educazione in età moderna attraverso le coperte e i frontespizi dei testi che si trovano nel prezioso fondo. La pubblicazione presenta un doppio motivo di attenzione e di interesse. Si tratta, in primo luogo, di una forma non consueta di fare “storia dell’educazione” mediante il ricorso alle fonti iconografiche. Non sono soltanto i documenti scritti ad avere la prerogativa di consegnarci il passato. Le pagine che seguono suggeriscono, poi, che la ricerca sui libri di scuola (e l’editoria specializzata che ne scaturirà) vada condotta da più prospettive: tenendo conto della normativa sui programmi di insegnamento, con un occhio attento alla circolazione pedagogico-didattica e, più in generale, alla temperie culturale e politica, ma anche guardando agli aspetti tipografici ed editoriali. Come si è già fatto cenno il libro “per imparare” è sempre un prodotto da immettere in un mercato ed esso sarà tanto più appetibile nella misura in cui se ne percepiranno l’utilità e la praticità. Fin da tempi lontani, non a caso, è manifesta la preoccupazione di pensare a soluzioni grafico-editoriali più o meno rudimentali in grado di facilitare l’apprendimento. Lo scorrere delle immagini consente una duplice esperienza: godere delle meravigliose icone cinque-sei-settecentesche che adornano i frontespizi e che fanno anche, in molti casi, di questi testi opere tipografiche di rilievo, e constatare la


14 Giorgio Chiosso sostanziale stabilità nel tempo lungo della concezione della scuola “alta” e cioè destinata, sia attraverso i collegi sia nella forma del precettorato, alla formazione dei ceti dirigenti. Poco ci è invece restato della scuola “povera” (le “petites écoles”, le “scuole di carità”) i cui testi erano più facilmente soggetti all’erosione del tempo e alla consunzione dovuta al loro uso plurimo. Ben lontani dal consumismo editoriale dei nostri tempi nelle famiglie di modesta condizione i libri erano un bene prezioso posto infatti al servizio di più figli. Ma ancor più spesso accadeva che chi andava a scuola non possedesse neppure i libri e che l’avviamento alla lettura, per esempio, avvenisse principalmente attraverso la pratica e la memorizzazione delle preghiere religiose. Solo nel tardo Settecento apparvero i primi testi abbecedari destinati a sostituire gradualmente, ma molto lentamente, la medievale Charta o il più moderno Libretto de’ nomi in uso nelle scuole primarie asburgiche o altri analoghi strumenti introduttivi al leggere. È troppo facile cedere alla tentazione di confrontare la lunga storia del libro di scuola con la prospettiva, ormai reale, dell’ebook e delle potenziali risorse disponibili in rete in grado di dare nuova fisionomia alle pratiche di apprendimento. Difensori e critici del libro sono spesso schierati su sponde opposte. Non entro in questa complessa discussione aperta, forse, a soluzioni che è difficile oggi prevedere. Mi limiterò soltanto a segnalare che un fecondo campo di indagine, ancora in larga misura inesplorato e peraltro di grandissimo interesse anche oggi, è rappresentato dal rapporto intercorso (e che ovviamente tuttora intercorre) tra il libro scolastico, l’evoluzione delle discipline e le metodologie didattiche ritenute più adeguate. Si tratta di un altro stimolante snodo storico attraverso la cui analisi è possibile cogliere le vie non sempre lineari mediante le quali si sono via via trasformati i canoni delle diverse materie fino alla definizione di quel nucleo di sapere reputato oggetto di conoscenza indispensabile (ieri come oggi) per chi ha frequentato i vari gradi scolastici ed è chiamato a entrare nel consorzio adulto.


15 Il fondo librario antiquario INDIRE: origine e prospettive future di Pamela Giorgi La costituzione dell’importante collezione antiquaria oggetto del presente volume e conservata tra i fondi librari dell’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca educativa (INDIRE), si lega indissolubilmente alla nascita del suo antecedente istituzionale, il Museo Nazionale della Scuola, erede della Mostra didattica Nazionale del 1925. Era il marzo del 1925 quando a Firenze venne inaugurata la Mostra Didattica Nazionale. Questa aveva alle proprie spalle due figure di pedagogisti insigni: Giuseppe Lombardo Radice (Direttore generale all’Istruzione elementare dal 1922 al 1924 ed una delle anime della Riforma del Ministro Giovanni Gentile) e Giovanni Calò (già sottosegretario del Ministero della Pubblica Istruzione per le antichità e le belle arti durante il primo Ministero Facta e professore ordinario di Pedagogia all’Università degli Studi di Firenze)1 , che presiedeva il suo comitato ordinatore. La Mostra veniva così annunciata dalle pagine della rivista I diritti della scuola: «Il I marzo si aprirà in Firenze la Mostra didattica nazionale posta sotto l’Alto Patronato di S.M. il Re. L’avvenimento, che è un segno della rinnovata attività educativa della Nazione, riuscirà senza dubbio importante ed offrirà agli insegnanti di ogni grado larga messe di osservazioni e di studi [...]. Le competenti autorità dovranno, nei limiti del possibile, facilitare al maggior numero di maestri e di professori il modo di recarsi a Firenze; e il Comitato della Mostra procurerà, ove sia precedentemente avvisato, di ridurre al minimo le spese di soggiorno per gli insegnanti raccolti in comitiva»2 . La mostra, rimasta ufficialmente aperta fino al 19 aprile dello stesso anno, era principalmente finalizzata alla raccolta e alla valorizzazione di numeroso materiale didattico, proveniente


16 pamela giorgi dalle scuole di ogni ordine e grado di tutta Italia. Si andava, in sostanza, a documentare il livello raggiunto dal sistema scolastico italiano nel periodo di prima applicazione della Riforma, presentando le migliori pratiche educative prodotte dalle scuole e alle quali gli insegnanti avrebbero dovuto ispirarsi nell’ambito della propria attività»3 . Ulteriore precisazione sul principale fine della Mostra veniva data da Calò in un articolo, comparso il 25 gennaio 1925, sempre su I diritti della scuola. «Una mostra non è soltanto, o non deve essere soltanto, una parata; dev’essere anzitutto mezzo d’informazione e di studio, luogo di ritrovo e di comparazione di fatiche, di programmi di lavoro, di tentativi, di metodi che spesso reciprocamente si ignorano, aiuto a una visione d’insieme, registrazione del fatto e impulso a fare […]»4 . Erano ben diciassette le sezioni in cui la mostra si articolava, aventi ad oggetto: l’edilizia scolastica; il materiale didattico e di arredamento; la stampa scolastica; l’igiene e l’educazione fisica; le istituzioni integrative e prescolastiche; l’insegnamento primario e le scuole di carattere speciale; l’insegnamento secondario; le scuole e gli istituti di Belle Arti; l’insegnamento professionale (artistico, industriale, commerciale, agrario); gli istituti per i minorati; i collegi, gli educandati pubblici e privati; le scuole coloniali e le scuole italiane all’estero; la bibliografia scolastica; la mostra storica dell’insegnamento; l’esposizione internazionale del materiale didattico. Queste vennero distribuite in quattro diversi spazi espositivi: il nucleo centrale, nel Palazzo delle Esposizioni al Parterre di San Gallo, a questo si affiancavano le sedi distaccate di Palazzo Medici Riccardi, degli Uffizi (all’epoca sede dell’Archivio di Stato) e delle ex-Scuderie Reali di Boboli a Porta Romana. A pochi mesi dalla chiusura della mostra, nel settembre del 1925, in un lungo articolo5 Calò perorava la causa della sua musealizzazione: egli asseriva che, in quasi tutti gli Stati si era prima o poi sentito il bisogno d’integrare l’attività scolastica con un organo di studio e d’esperienza come un Museo didattico. Non riferendosi con ciò a quei Musei che avessero mera funzione strumentale rispetto all’attività d’una singola scuola, o carattere e limiti di istituzione cittadina, ma a quelli che aspiravano allo status di vere e proprie istituzioni


17 il fondo librario antiquario Indire nazionali, destinate a riflettere la vita scolastica di tutto il Paese e a soddisfare ai bisogni, almeno più generali, d’insegnanti e di studiosi d’ogni regione. A suo parere, inoltre, occorreva evitare che il Museo fosse cosa morta e stazionaria, avrebbe, invece, dovuto essere luogo di osservazione e di studio e fucina di lavoro esso stesso, raccolta di mezzi di ricerca. Asseriva Calò che esso doveva offrire: una raccolta completa e sempre aggiornata, tanto da render possibili le istruttive comparazioni, di tutto il materiale didattico o d’arredamento che l’industria specializzata o il lavoro quotidiano dei singoli insegnanti andava offrendo alla vita scolastica; una raccolta, rigorosamente selezionata, dei prodotti dell’attività scolastica degli alunni, nella misura strettamente necessaria a documentare i risultati di determinati metodi d’insegnamento o ad offrire materiale particolarmente significativo alla comunità degli studiosi; una biblioteca pedagogica. A questo si sarebbe dovuto affiancare un Museo retrospettivo, cioè una raccolta di quanto (materiale didattico e scientifico d’altri tempi, figurazioni d’ogni genere, modelli, pubblicazioni rare, documenti, autografi di maestri e scolari, ecc.) potesse servire all’illustrazione storica dell’evoluzione del sistema scolastico in Italia. Alla fine Calò la spuntò e si ottenne che la parte più originale del materiale esposto restasse permanentemente ordinata a Firenze in quello che fu chiamato Museo Didattico Nazionale e che ebbe iniziale disposizione in due ampi saloni posti a pianterreno delle ex-Scuderie Reali, per poi essere annesso all’Università degli Studi di Firenze e collocato nella sede della Facoltà di Scienze politiche e sociali. Lo stesso Giuseppe Lombardo Radice si dichiarò immediatamente entusiasta di questa apertura in un articolo comparso sulla rivista Educazione nazionale, che all’epoca, dopo il suo allontanamento dagli incarichi ministeriali, dirigeva: «Vediamo, con gran piacere, che la nostra idea di non disperdere il ricco materiale confluito a Firenze per la Mostra didattica, e di dotare Firenze d’un museo didattico, di cui quel materiale può costituire il primo nucleo, è stata accolta»6 . Il progetto si definì però compiutamente qualche anno dopo, con il Regio Decreto 11 ottobre 1929 n. 1948, per mezzo del quale il Museo Didattico Nazionale venne eretto in ente morale e Calò nominato suo direttore. Questo si dotò


18 pamela giorgi subito di una rivista ufficiale, Vita scolastica, dalle cui pagine il neo direttore ribadì subito la sua concezione di museo: «A che serve, anzitutto, un Museo? La domanda è ovvia e comune. Frequente e facile, anche, il rispondere: “A nulla!”. Ma le risposte più facili e più frequenti sono anche spesso, appunto perché tali, le meno meditate e le meno concludenti. Il fatto è che i Musei si moltiplicano, malgrado lo scetticismo e la non rara irrisione di coloro che nella vita vedono soltanto il momento creativo, l’aspetto dinamico, lo slancio inesauribile e inarrestabile verso l’azione, e non anche il momento contemplativo, quello dell’osservazione e della meditazione, e, se volete, quello persino della tregua e del riposo […] E del resto, chi ha detto che un Museo deve essere soltanto e necessariamente una morta collezione di cose inattuali, un cimitero di ricordi? Perché non potrà esso costituire un’officina di lavoro, un campo di osservazioni, un organo di ricerche e di studi? Perché non potrà esso fare del suo materiale uno strumento d’indagine scientifica, un mezzo a fini di propaganda pratica o di diffusione della cultura? Il Museo non esclude il Laboratorio, i veri Musei sono, anzi, dei Laboratori»7 . Qualche anno più tardi con il Regio Decreto 26 agosto 1937 n. 1570, il Museo Didattico Nazionale assunse la denominazione di Museo Nazionale della Scuola. Alla direzione fu confermato Calò, che mantenne la carica fino al 1938, quando gli subentrò Nazareno Padellaro, al suo fianco quello che poi sarà uno storico sindaco di Firenze, Piero Bargellini. Il nuovo museo si proponeva di raccogliere ogni forma di documentazione relativa alle condizioni edilizie e di attrezzamento dei vari ordini di scuola, i lavori e i compiti degli alunni, così come il materiale didattico esemplare, oltre ai documenti relativi alla storia dell’educazione attraverso i secoli e, cosa che ci preme maggiormente in questa sede, fu dotato anche un collezione libraria che comprendeva: la stampa periodica per l’infanzia, i libri di testo e quelli di letteratura infantile, oltre ad un cospicuo numero di volumi antiquari di argomento educativo che costituivano parte integrante dell’allestimento museale. Si venne così costituendo un primo prezioso nucleo librario che poi fu destinato ad implementarsi negli anni. Grazie alle intercessioni di Padellaro, l’allora Ministro dell’Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai, garantì al museo


19 il fondo librario antiquario Indire l’attribuzione di una nuova prestigiosa sede: Palazzo Gerini. Lo storico edificio del quartiere di Santa Croce fu sottoposto per l’occasione ad un radicale intervento di risanamento: il restauro avvenne sotto la direzione del capo dell’Ufficio comunale delle Belle Arti, l’architetto Ezio Zalaffi, mentre al ben noto architetto Giovanni Michelucci fu affidato il progetto degli interni, mobilio compreso8 , che egli fece in collaborazione con Leonardo Ricci e Giuseppe Gori, figlio dell’ebanista Gregorio Gori che realizzò materialmente tutti gli arredi9 . Il nuovo museo si articolava in varie stanze, organizzate a propria volta in tre distinte sezioni: la sezione dedicata alla storia della scuola, quella dedicata alla scuola secondaria e all’istruzione tecnica e quella dedicata alla scuola materna ed elementare. L’ingente quantità dei finanziamenti concessi per la realizzazione della nuova sede del museo e l’estrema cura con la quale si procedette al restauro, alla decorazione e all’arredamento dei suoi locali palesano il forte interesse del regime nei confronti di questa istituzione fiorentina: il Ministro Bottai la volle, infatti, come un luogo in cui mettere in luce i benefici della sua riforma scolastica10, tesa in primo luogo al potenziamento dell’istruzione tecnica, che infatti vi era largamente rappresentata. La consacrazione dell’istituto fiorentino a livello nazionale giunse con il Regio Decreto 19 luglio 1941, con il quale Bottai istituì – accanto al museo, che vi veniva incorporato – il Centro Didattico Nazionale (CDN), alla cui direzione fu posto Nazareno Padellaro, mentre Calò ne fu nominato presidente. La nuova sede del museo fu inaugurata il 28 ottobre 1941. Nel progetto bottaiano di riforma del sistema scolastico nazionale, il CDN avrebbe dovuto svolgere un ruolo di primaria importanza, coordinando l’attività di altri dieci centri didattici, istituiti su tutto il territorio nazionale con Legge 30 novembre 1942 n. 1545 e relativi ai diversi ordini e gradi scolastici. Con Decreto interministeriale 25 gennaio 1943 al CDN fu assegnata una duplice finalità: I) documentare figure ed eventi della tradizione educativa italiana; II) costituire il centro d’irradiamento per il rinnovamento didattico della scuola italiana. Tuttavia, solo pochi mesi più tardi, la deposizione di Benito Mussolini (25 luglio 1943), il passaggio del fronte e


20 pamela giorgi l’imperversare degli eventi bellici fecero sì che si dovesse optare per la chiusura dell’istituto. Il Museo voleva dare ai visitatori la possibilità di osservare direttamente, attraverso una documentazione varia, la storia della Scuola italiana nei secoli: fotografie, facsimili, documenti originali e autografi, cimeli, infine, testi storici di pedagogia e di letteratura, in edizione sovente originale, incunaboli. Un patrimonio illustre ed unico nel suo genere che costituiva la testimonianza di un complesso processo storico – evolutivo. La prima sala in cui i visitatori si trovavano era quella della Romanità, cui facevano seguito quella Etrusca e quella che offriva vari elementi della cultura scolastica (ma non solo) italiana del Medioevo. Anche la Sala del Rinascimento ospitava opere originali, facsimili e fotografie di opere che illustravano la prodigiosa attività educativa, letteraria e artistica sviluppatasi a partire dagli ultimi decenni del Trecento fino a tutto il Cinquecento. Fu proprio per approfondire alcuni aspetti dell’insegnamento in quel periodo storico che si acquisirono molti libri andando a costituire il primo nucleo della biblioteca antiquaria. Una sezione della sala era dedicata a Giovanni Boccaccio (la cui figura dominava nella riproduzione a grandezza naturale di un’opera di Andrea del Castagno nel cenacolo dell’exconvento di Sant’Apollonia di Firenze), che con Francesco Petrarca aveva dato inizio al movimento di rinascita degli studi classici, alla fondazione di biblioteche, alla ricerca di testi latini. In quella stessa stanza si trovava poi un facsimile di una traduzione del Phormio di Terenzio, dei primi esercizi di scrittura greca, dell’approvazione della Signoria di Firenze per la lettura dell’opera di Dante. Ancora libri, autografi, facsimili e stampe arredavano la sala del Seicento, che comprendeva ciò che era relativo alla scuola dell’età Barocca del Concilio tridentino nei primi anni del secolo XVIII, quando fu interessata e investita da tutta le necessità della controriforma cattolica. La controriforma favorì tra le altre cose il sorgere dei collegi fondati dagli Oratoriani, dagli Scolopi e dai Gesuiti, che ebbero in Italia uno dei momenti più importanti della loro storia. Questi, che si proponevano di giungere alla formazione morale e spirituale


21 il fondo librario antiquario Indire dei giovani attenendosi ai principi della religione cattolica, divennero una delle più importanti roccaforti della Chiesa di Roma contro la Riforma protestante. Anche la sala del Settecento conservava libri ed originali manoscritti, documenti, facsimili, attestanti uno dei momenti più importanti della storia della pedagogia sia per l’incremento numerico e d’importanza delle scuole che si vollero pubbliche e sotto la tutela dello Stato, sia per l’avanzamento del problema educativo e didattico in primo piano. Chiudeva il percorso la sala dell’Ottocento in cui erano disposti trattati sull’educazione del XIX secolo, testi scolastici, piani di studio, opere sulla storia delle istituzioni scolastiche ed educative11. L’acquisizione dei volumi che sono poi andati a costituire il fondo ‘antiquario’ è dunque da ricondurre a questa prima fase dell’attività istituzionale dell’ente e alla sua funzione museale. Sebbene per la presente pubblicazione i curatori prendano in considerazione solo le serie Cinquecento (103 unità), Seicento (100 unità), a corredo della sala del Rinascimento, e Settecento (392 unità), a corredo della sala del Settecento, il fondo comprende molti altri testi per un ambito cronologico più ampio che giunge sino al termine del XIX secolo12. L’estrema ricchezza e articolazione di questa raccolta e il suo rilievo, specie per il periodo che va dal Rinascimento all’Illuminismo, è sottolineata nel volume di Paul F Grendler, Schooling in Renaissance Italy13, qui si apprende che i libri conservati in INDIRE sono ben noti allo studioso statunitense e certamente ad ora sono più conosciuti e valorizzati all’estero che in Italia. Se è da tutti accolto il significato di questo arco temporale nell’evoluzione dei sistemi scolastici, occorre tenere presente che il settore antiquario di INDIRE ne conserva una traccia importante e si rivela giacimento culturale prezioso. Per di più la collezione libraria in questione è stata pensata e organizzata in modo affatto casuale ma specifico, tanto da far emergere i libri che lo compongono nella piena evidenza della loro ratio essendi. Questo è un aspetto che deve essere considerato come elemento di valore aggiunto, poiché, in mezzo agli infiniti testi possibili della ricchissima produzione libraria del periodo tra Umanesimo e Illuminismo, non


22 pamela giorgi sarebbe tanto semplice individuarli e poterli studiare in riferimento alla vita scolare se gli stessi titoli esemplari fossero dispersi, per esempio, nei cataloghi della Biblioteca Nazionale Centrale. Infatti, proprio in quell’ottica di allestimento museale, di cui sopra abbiamo detto per sommi capi, chi cercò e raccolse questi libri negli scaffali del Museo Nazionale della Scuola aveva già orientato la sua selezione verso una bibliografia ‘ideale’ che oggi sarebbe facilmente valorizzabile, seppur con un numero adeguato di risorse, umane e tecnologiche, ad essa consacrate. Del resto è ormai da lungo tempo che la ricerca sta presentando il fenomeno dell’invenzione della stampa come elemento innovatore dei processi di alfabetizzazione e di apprendimento e come aspetto di una grande rivoluzione culturale. Una collezione come questa di INDIRE, così precisamente pensata e organizzata, può contribuire a ricordare questa svolta epocale (passata attraverso i glossari, repertori, il lavoro di tipografi, come il celebre veneziano Aldo Manuzio) che ebbe anche larghe ripercussioni sulla vita scolare. Sarebbe un’occasione ulteriore per approfondire la linea di studi storico-educativi che dal libro di testo tradizionale giunge sino alle ultime forme legate alle nuove tecnologie e per una riflessione ulteriore sui fondamenti delle strategie educative, sui modi in cui esse si sono costruite. Ci auguriamo che valorizzare questi volumi14 possa essere un contributo significativo in tal senso. Iniziamo oggi con un catalogo come questo che pubblichiamo adesso, accompagnato da schede ragionate dove il singolo pezzo non è solo descritto, ma inserito nelle coordinate informative dell’autore, della sua fortuna, delle tecniche educative, etc., proseguiremo con altre iniziative di valorizzazione, per esempio, sotto forma di mostra virtuale. Tutto sta anche a testimoniare la forte volontà di recupero del patrimonio del primo Museo della Scuola italiano, ripensato però con criteri e iconografia più moderni.


23 il fondo librario antiquario Indire Bibliografia Biondi Giovanni e Imberciadori Fiora, Voi siete la primavera d’Italia... L’ideologia fascista nel mondo della scuola (1925-1943), Paravia, Torino 1982. Calò Giovanni, La Mostra didattica nazionale (Firenze, I marzo-15 aprile 1925), in «I diritti della scuola», n. 14 (1925). Calò Giovanni, Dalla Mostra di Firenze al Museo didattico nazionale in «I diritti della scuola», n. 26 (1925). Giorgi Pamela (a cura di), Dal Museo Nazionale della scuola all’Indire. Storia di un Istituto al servizio della Scuola italiana (1929-2009), Giunti, Firenze 2010. Gozzer Giovanni (a cura di), Guida D. Annuario della scuola e della cultura, Capriotti editore, Firenze-Roma 1951. Grendler Paul F., Schooling in Renaissance Italy: Literacy and Learning (1300-1600), Johns Hopkins University Press, Baltimora 1989. Liscia Bemporad Dora, Giovanni Michelucci, il mobilio degli anni giovanili, Spes, Firenze 1999. Lombardo Radice Giuseppe, Museo didattico nazionale in «Educazione nazionale», n. 4 (1925). Petrini Enzo (a cura di), Venticinque secoli di storia dell’educazione in Italia, cur. CDNSD, Firenze 1971. Note 1 Juri Meda, Nascita e sviluppo dell’istituto nel periodo fascista (1929-1943), in Giorgi 2010, p. 17. 2 Calò 1925, p. 268. 3 Per una prima ricostruzione della storia dell’istituto nel periodo fascista: Biondi, Imberciadori 1982; Juri Meda, Nascita e sviluppo dell’istituto nel periodo fascista (1929- 1943), in Giorgi 2010, pp. 9-22. 4 Calò 1925, p. 209. 5 Calò 1925, pp. 610-1. 6 Lombardo Radice 1925, p. 52. 7 Giovanni Calò, Presentazione, in «Vita scolastica», I, n. 1 (1929), pp. 4-6. 8 Dora Liscia Bemporad, Giovanni Michelucci, il mobilio degli anni giovanili, Spes, Firenze 1999, pp. 62-87. 9 Si segnala che la documentazione relativa ai lavori di ristrutturazione di Palazzo Gerini – costituita da piante di rilevazione, fotografie della via Buonarroti prima dello sventramento, disegni tecnici, progetti e dalla corrispondenza intercorsa tra il Podestà, Paolo Venerosi Pesciolini, Giovanni Calò e il Ministro Bottai – è conservata presso l’Archivio storico comunale di Firenze nella serie «Comune di Firenze, Belle Arti». Si segnala inoltre che alcuni degli arredi di Michelucci sono ancora presenti nella sede di INDIRE, mentre un’altra parte si trova (in comodato d’uso) presso la Fondazione Michelucci di Fiesole. Si veda anche la ricostruzione virtuale dell’allestimento museale realizzata nel 2013 da Archivio storico INDIRE: http://www.indire.it/ museonazionaledellascuola/pianta. php. 10 La Carta della Scuola del 1939 mirava a conformare l’intero sistema scolastico al moderno umanesimo fascista, fondato, oltre che sulla classicità, sulle scienze economiche e militari, sulla tecnica e sul lavoro produttivo. Con essa si cercò, in particolare, di potenziare la scuola “artigiana” e la scuola “professionale”,  che nel Museo Nazionale della Scuola di Firenze ebbero ampia rappresentazione. 11 In proposito si veda: Gozzer 1951, pp. 335-401; Petrini 1971, pp. 337-92; Pamela Giorgi, L’istituto nel secondo dopoguerra (1945-1974), in Giorgi 210, pp. 33-65; 12 L’istituto fiorentino conservava, fino a poco tempo fa (oggi quasi tutto giace in scatole in attesa di ricollocazione), presso la sede storica di Palazzo Gerini uno dei più rilevanti patrimoni librari italiani a carattere pedagogico ed educativo. In base ad una recente verifica dell’entità, risulta che il suddetto ammonta a 85.872 volumi e 1.620 testate periodiche, tra cessate e correnti, suddiviso come segue: Fondo «Antiquariato» (2.230 volumi, di cui 3 edizioni del ’400, 102 edizioni del ’500, 66 edizioni del ’600, 392 edizioni del ’700, 1.667 edizioni dell’800); Biblioteca Pedagogica Nazionale (36.455 volumi); Fondo «Letteratura giovanile» (ca. 40.000 volumi); Fondo «Giovanni Calò» (3.677 volumi); Fondo «Alberto Simonetta» (995 volumi);   Fondo «Lucio Lombardo Radice» (402 volumi); Fondo «Giuseppe Fanciulli» (118 volumi); Fondo «Umberto Margiotta» (non censito); Donazioni librarie varie (oltre 375 volumi).


24 pamela giorgi 13 Grendler 1989. Ristampato in Italia dall’editore Laterza nel 1991 con il titolo: La Scuola nel Rinascimento italiano. 14 L’alluvione del fiume Arno del 1966, che devastò la città di Firenze, non risparmiò neppure il Palazzo Gerini. Nelle sale storiche del piano terreno il patrimonio era quasi interamente perduto: mobili, dipinti, lampade, così come parte il materiale librario e documentario, le collezioni rare del cinquecento e seicento, le miscellanee del settecento e dell’ottocento. Rimaneva ben poco di quanto era stato raccolto in anni di pazienti ricerche ed attente scelte di acquisti di antiquariato del libro e dell’illustrazione. La sala che ospitava le raccolte più preziose, quella del Rinascimento, era un’intera rovina, l’acqua si era salvato solo l’antico soffitto dipinto a tempera. La grande vetrina degli incunaboli – tra cui quelli rarissimi del Vergerio – era rovesciata a terra, gli armadi laccati, sfondati dall’acqua, erano stati completamente svuotati del loro contenuto. Così le salette del Seicento e quella del Settecento. Tuttavia, nonostante la gravità dell’evento, già le foto del 5 dicembre del 1966 attestano un portone ritornato sui cardini e all’interno un fervente lavoro di ricostruzione e di ripristino: molte le persone al lavoro, i volumi appena estratti dal fango cosparsi di segatura e posti verticalmente sugli scalini del palazzo, i locali rimasti asciutti adattati ad asciugatoi. Negli anni seguenti il restauro dei volumi fu affidato alle suore benedettine del convento di clausura di Rosano, nei pressi di Firenze.


25 Il libro per imparare, dall’età moderna al secolo dei Lumi. Tracce per una storia da scrivere di Alessandra Anichini Nel 1508, l’editore Manuzio pubblica a Venezia gli Adagia di Erasmo, una raccolta di proverbi commentati ad uso dei giovani studenti. Il volume si colloca in una tradizione editoriale dedicata alla produzione di libri per lo studio, volumi che hanno come obiettivo quello di raccogliere, selezionare, presentare, commentare alcuni elementi di base dell’eredità classica, per proporli agli allievi. Corrispettivo delle moderne antologie, i volumi in questione rappresentano il tentativo di avviare lo studente alla conoscenza dei classici e allenarlo anche all’arte del commento. Il commento dell’autore è, infatti, parte integrante della trattazione e serve ad abituare l’allievo a riflettere, dopo aver imparato a memoria molti dei passi prescelti. Seguendo l’esempio del maestro, i discenti sono incoraggiati a commentare a loro volta i passi letti, utilizzando taccuini o lavorando direttamente sul volume, intervenendo su quegli spazi bianchi che lo stampatore ha intenzionalmente lasciato tra rigo e rigo o ai margini, pensando proprio alle note chirografiche di un eventuale lettore. Sono questi i primi esempi di testi a stampa pensati per lo studio, ideati e realizzati con lo scopo di sostenere la didattica, sia essa svolta da un precettore che lavora con un unico allievo, piuttosto che esercitata nei collegi religiosi e laici. Proseguono, certo, una tradizione già inaugurata con la produzione manoscritta, ma perfezionano, in qualche modo, la loro funzione didattica. Accanto all’opera di Erasmo, altri maestri si profondono in questo tipo di scrittura, tra di essi, Ravisius Textor allestisce una vera e propria raccolta di fatti storici, quasi aneddoti, riuniti nella sua Officina, con l’intento di offrire allo studente esempi di comportamenti da giudicare e imitare1 .


26 alessandra anichini Il commento, l’interpretazione del testo classico rappresenta la visione del docente trasferita sulle pagine del libro. Talvolta ci si preoccupa di elaborare sistemi secondo cui lo studente stesso possa leggere e interpretare i testi della storia. Jean Bodin, ad esempio, con il volume Methodus ad facilem historiarum cognitionem, esprime il tentativo di istruire lo studente a costruirsi una propria antologia di testi storici, setacciando quanti più libri sia possibile. Questi libri di testo hanno un forte impatto, più esteso dell’insegnamento di un qualunque singolo maestro. Propongono e diffondono per tutta Europa un modo di fare scuola, diventano, insomma, un modello destinato a durare negli anni, che condiziona profondamente il modo di concepire lo studio e la didattica. I libri per lo studio rappresentano, d’altra parte, una delle categorie più richieste dal pubblico dei lettori e tra i primi libri stampati a Magonza, assieme alla celebre Bibbia, c’è proprio la grammatica latina di Elio Donato, la famosa Ars minor per i principianti, uno dei testi propedeutici più importanti della tradizione medievale. Sembra che Gutenberg ne abbia prodotte una ventina di tirature, con i suoi proto-caratteri in stile gotico, che presero appunto il nome di «caratteri del Donato»2 . Se volessimo tentare la ricostruzione della storia del libro per imparare, una storia molto antica, ancora in parte da scrivere, dovremmo risalire però fino ai tempi della Grecia classica o dell’antica Roma e poi procedere negli anni attraverso il Medioevo fino all’età umanistica. Nato come strumento di conservazione della conoscenza, il libro per apprendere trova la sua affermazione con la diffusione della stampa prima (sec. XV) e con l’istituzione della scuola popolare poi (sec. XVIII). In Francia si è soliti indicare come primo esemplare di libro scolastico un volume dal titolo Gasparini pergamensis clarissimi oratoris epistolarum liber, pubblicato nel 1470. Tra i volumi didattici degli anni seguenti si annovera poi l’Orbis pictus di Comenio, un volume risalente al 1658, costituito per lo più da illustrazioni. Prima ancora della stampa, del resto, molti codici manoscritti erano stati realizzati in maniera tale da favorire l’apprendimento o la memorizzazione di concetti, la conservazione di conoscenze. È implicito nella forma assunta dal libro l’intento didattico: pensiamo ad esempio all’uso degli indici, così diffuso durante tutto il Medioevo, ai capilettera istoriati, veri


27 il libro per imparare, dall’età moderna al secolo dei lumi e propri sommari anteposti alla trattazione, o, ancora, agli schemi, agli alberi, alle strutture logiche inserite come tavole all’interno dei testi, elementi funzionali alla memorizzazione e al recupero delle informazioni3 . Nella tradizione retorica, ricordare diventa sinonimo di ‘ritenere un testo’; durante l’Umanesimo, il compito del maestro sarà quello di dar forma al materiale raccolto, una forma adatta alla memorizzazione del testo. Si tratta di costruire il ‘manuale perfetto’, dal momento che preparare il sapere per la memoria è diventato il primo compito dei letterati. Il secolo XVIII inaugura la stagione del libro di scuola così come lo abbiamo concepito fino ad oggi. Certo, per poter parlare di ‘manuale scolastico’ nell’accezione odierna del termine, dovremo attendere qualche decennio, ma, come Alain Choppin4 ci ha ben spiegato, il manuale è solo un sottoinsieme della categoria ‘libro di scuola’, una categoria così larga e composita da sfidare ogni tentativo di classificazione. Sotto il cappello di quello che definiamo ‘libro di scuola’ si possono annoverare, infatti, forme editoriali le più disparate, che vanno dal libro di lettura per la gioventù, alla raccolta di fiabe ‘edificanti’, fino al vocabolario, ai libri di abaco o ai trattati di divulgazione scientifica del secolo XVII. Ci sono poi i volumi che non si caratterizzano come libri di scuola, ma sono comunque strumenti destinati agli educatori, riflessioni sull’arte di educare, indicazioni pratiche e teoriche da spendere nel momento in cui ci si accosta a questo difficile compito. Quando utilizziamo il termine ‘manuale’, poniamo l’attenzione soprattutto sulla sua caratteristica fisica, sul fatto di essere facilmente trasportabile, tenuto in mano e consultato all’occorrenza proprio grazie a quella «Enchiridii forma» proposta a Venezia da Aldo Manuzio, agli inizi del 1500, e arrivata fino a noi. Ma i termini utilizzati per indicare questo oggetto sono diversi anche tra paese e paese, nelle differenti realtà territoriali d’Europa e del mondo5 . Alcuni storici del libro fanno risalire la comparsa del manuale scolastico ai tempi della Rivoluzione francese quando, la necessità di diffondere la cultura popolare fa pronunciare a Talleyrand, davanti all’Assemblea Costituente una frase che riassume in breve la funzione principale del libro di testo: «Il faut que des livres élémentaires, clairs, précis, méthodiques, répandus avec profusion, rendent universelles toutes les vérités et épargnent d’inutiles efforts pour les apprendre»6 . Prima di allora, tuttavia, già esistono altri


28 alessandra anichini esempi significativi in questo senso. Potremmo citare, infatti, il caso del granducato di Sassonia-Weimer, nella prima metà del 1600, dove un’ordinanza impone l’obbligo scolastico e il duca Ernesto di Sassonia-Gotha chiama, nel 1640, il pedagogo Andreas Reyher a riformare il sistema scolastico. Ha così inizio una collaborazione tra Reyher e lo stampatore Peter Schmid per la produzione di libri scolastici, testi ufficiali da utilizzare nelle scuole, composti proprio in virtù di quanto previsto da un’istituzione governativa7 . Si stabilisce una stretta relazione tra programma di studio e libro di testo che sarà una delle caratteristiche fondamentali negli anni a seguire. Nel 1776 escono a Milano le Novelle Morali ad uso de’ Fanciulli di Francesco Soave, un volume proposto come libro di lettura nelle prime classi di scuola. L’autore, incaricato di una riforma dell’istituzione scolastica in Lombardia, sostiene un nuovo metodo di insegnamento basato sulla pratica di lezioni collettive da effettuarsi tramite l’uso della «tavola nera», la lavagna di ardesia. Sono i primi segnali di un interesse diffuso nei confronti della formazione delle classi popolari, fra illuministica affermazione dei diritti dell’uomo e rivoluzione industriale, che da quel momento in poi diverrà centrale, ponendo in maniera decisa anche la questione dei testi di studio. Dal secolo XVIII in poi, il manuale assolverà diverse funzioni fondamentali: si proporrà come depositario di un sapere certificato, sarà vettore di una cultura e di un sistema di valori, diverrà uno strumento fondamentale per l’apprendimento e per l’insegnamento, costituirà un archivio di risorse selezionate e validate. Con la proclamazione del Regno d’Italia,  nel 1861, sorge l’esigenza di avviare un processo di formazione della coscienza nazionale. Il libro di testo assume allora una funzione politica e si connota di sfaccettature morali, civili e religiose, con l’obiettivo di costruire i valori condivisi della nuova nazione. Il libro di testo diverrà poi unico negli anni Trenta del Novecento, quando il fascismo imporrà testi comuni, strumenti di propaganda, così come gli apparati, i riti proposti a tutte le scuole del territorio nazionale. Dopo la guerra, dopo la lenta e difficile ricostruzione, si diffondono in Europa idee alternative, legate al movimento delle scuole nuove. L’idea di libro di scuola cambia profondamente, anche grazie all’attività di Célestin Freinet, sostenitore della produzione in proprio dei manuali di studio.


29 il libro per imparare, dall’età moderna al secolo dei lumi Il libro, tuttavia, sopravviverà nelle forme e nei modi che sono noti fino ad oggi, fino al  momento in cui l’avvento del digitale innesca una profonda trasformazione nella forma e negli usi di questo strumento. Oggi, a distanza di molti anni, il manuale è, prima di tutto, un oggetto didattico, uno strumento concepito per favorire l’apprendimento degli studenti, ma anche per sostenere il lavoro dell’insegnante. La sua funzione prevalente è stata, negli anni, quella di garantire l’attinenza ad un programma di studio definito e di rappresentare, allo stesso tempo, il veicolo principale di idee, principi, valori culturali di una società. In quanto oggetto, è sottoposto a precise regole di produzione, all’interno di un particolare contesto economico e politico. La legislazione ne regola la produzione e l’uso, nei diversi sistemi di istruzione. La sua produzione è altresì soggetta all’evoluzione delle tecniche e delle tecnologie di realizzazione e diffusione. In virtù di questo, risulta chiaro come il libro scolastico stia vivendo oggi una nuova fase della sua storia, che prelude a ulteriori radicali trasformazioni nelle pratiche didattiche e di studio, con ripercussioni sulle modalità di produzione e distribuzione. In questo delicato momento di passaggio, si rende necessaria una riflessione culturale che sostenga l’innovazione, riproponga la questione del libro di scuola in genere, recuperando l’attenzione alle finalità educative, alle motivazioni didattiche che hanno indotto, negli anni, a sostenerne l’adozione, facendone uno degli strumenti privilegiati dei percorsi di formazione. La storia del libro di testo e dei suoi usi, la sconfessione che di esso si è fatta in anni recenti, sono fondamentali per interrogarsi sul ruolo che ancora può assumere nella formazione delle giovani generazioni8 . Si tratta di riflessioni che possono aiutarci a comprendere appieno i vantaggi e le reali opportunità che il digitale ci offre, anche per il potenziamento di alcune funzionalità che oggi possono trovare, per la prima volta, una piena applicazione. Si pensi, ad esempio, alle nuove possibilità di manipolazione del testo e al ruolo che lo studente può più chiaramente assumere nei confronti della lettura, o della ricchezza espressiva, fatta di una commistione di codici, che oggi l’autore ha a disposizione. Il fondo antiquario di INDIRE testimonia il valore di un ambito editoriale tutto particolare, che interessa un arco temporale molto ampio, prima di giungere ad una definizione


30 alessandra anichini più  canonizzata. Sfogliare i testi in questione rappresenta l’occasione per comprendere la storia di un artefatto che sta divenendo qualcosa di nuovo sotto i nostri occhi, dal momento in cui la diffusione della testualità digitale sta modificando l’approccio alla lettura e soprattutto allo studio delle discipline. Ricostruire la sua storia, seguirne le tracce per capire il profondo rapporto tra pratiche di insegnamento e natura dei testi, tra oggetti di studio e discipline, rappresenta oggi una grande opportunità per riflettere in maniera sapiente e consapevole sulla funzione e sulla natura di un oggetto ancora centrale nelle pratiche didattiche. Tra i testi presenti, ci si imbatte in volumi destinati a chi educa, nella forma di trattati, indicazioni rivolte a genitori, alle madri, ad educatori in genere, libri che affrontano il tema dell’educazione in ambito privato. Nei volumi del secolo XVI come del XVII si guarda all’educazione del principe o delle classi nobiliari, mentre tra i volumi del secolo seguente, quelli dell’età dei Lumi, compare qualche titolo espressamente dedicato all’educazione popolare, primo cenno di un interesse per la funzione sociale che l’istituzione scolastica avrebbe assunto da lì in avanti, per tutti gli anni a seguire. Ci sono poi grammatiche, volumi di divulgazione scientifica che poco hanno da invidiare ai nostri contemporanei; testi che introducono ai primi rudimenti delle discipline matematiche, compendi di geometria o di algebra, manuali nel senso più moderno del termine; antologie di testi selezionati al fine di costruire percorsi dedicati alla formazione sentimentale delle giovani generazioni, della loro sensibilità o del loro senso civico. Accanto a questo, abachi, testi illustrati, vocabolari, strumenti per accrescere le conoscenze. I ‘classici per l’infanzia’ completano la serie, in quanto testi non espressamente scritti per la scuola, ma consacrati a questo uso grazie ai contenuti ‘edificanti’ in essi trattati. Al di là del valore storico, di una ricchezza che ci consente di tracciare alcune delle fondamentali linee di sviluppo di questo straordinario oggetto, i volumi in questione aprono la strada ad una riflessione più trasversale, che considera una serie di elementi che possono essere oggetto di attenzione anche per la produzione odierna dei testi di scuola. Il primo punto su cui vale la pena spendere qualche parola riguarda l’attenzione che, negli anni, gli estensori dei libri


31 il libro per imparare, dall’età moderna al secolo dei lumi di scuola hanno posto nella selezione dei contenuti trattati e soprattutto la corrispondenza che si stabilisce tra gli argomenti proposti e l’esperienza, ovvero il nesso tra la trattazione teorica e le implicazioni pratiche dell’apprendimento. Ce lo rivelano già da un primo esame i titoli assai parlanti di alcuni volumi sull’apprendimento della Matematica, come ad esempio il volume di Pietro Cattaneo, Le pratiche delle due prime matematiche di Pietro Cattaneo con la aggionta, Libro d’abaco geometria con il pratico e vero modo di misurar la terra, non più mostro da altri, pubblicato a Venezia nel 1559, presso lo stampatore Giovanni Griffio, oppure la Pratica di Geometria in carta e campo. Per istruzione della nobile Gioventù, scritta da Sébastien Le Clere e pubblicata nella Stamperia del Bernabò e Lazzarini, nel 1746 a Roma. Nei volumi in questione è evidente la stretta connessione tra le nozioni illustrate e la loro applicazione nelle professioni o comunque nella vita di ogni giorno, lo stretto rapporto che il libro stabilisce con la realtà. Il secondo punto riguarda l’attenzione alla forma del testo, a quella che potremmo definire una tipografia funzionale all’apprendimento. Il libro è spesso strutturato per consentire un rapido recupero delle informazioni laddove si dota di indici analitici e glossari alfabetici, o si propone di favorire la fissazione dei concetti, oltre che la memorizzazione della trattazione. L’evoluzione della forma del libro, intesa in senso lato come insieme di caratteristiche tipografiche e paratestuali, dalle prime esperienze di stampa fino alle più moderne soluzioni, è legata agli elementi sopra enunciati; elementi che sono necessariamente collegati all’apprendimento. Il flusso ininterrotto di parole disseminate nello spazio bianco di una pagina sembra presupporre un apprendimento di tipo mnemonico, dove ad assumere rilievo è proprio l’aspetto sonoro del testo. Le parole diventano un discorso tanto fluido quanto lo è quello che si pronuncia ad alta voce e si recita di fronte ad un maestro. Lo studio condotto in silenzio, la consultazione rapida di un testo alla ricerca di informazioni prevede, invece, il ricorso a quegli aspetti visivi, capaci di costruire un paratesto funzionale alla leggibilità e alla comprensione del testo. Informazioni editoriali, formati, spaziature, suddivisione in capitoli, paragrafi, indici, ma anche elementi tipografici più fini come capilettera, corsivi, sono gli elementi studiati da una sapiente competenza editoriale per favorire la lettura


32 alessandra anichini individuale e silenziosa di un volume, per trasformare il libro in un mediatore efficace di contenuti, capace di parlare, di spiegare e di creare le condizioni necessarie per la costruzione della conoscenza. Terzo punto, l’uso delle illustrazioni. L’arte di corredare di immagini i libri rivolti all’infanzia e destinati alla formazione in genere nasce molto presto nella storia dell’editoria. Il già citato Orbis sensualium pictus di Comenio, rappresenta in questo senso uno degli esempi più significativi. L’autore stesso giustifica il ricorso all’uso delle immagini nella premessa al testo: «Lucida erit, ac per id firma et solida, si, qui quicquid docetur et discitur, non obscurum sit aut confusum, sed clarum distinctum, articulatum, tamquam digiti manuum. Huius rei fundamentum est, ut sensualia recte praesententur sensibus, ne capi non possint […] Dico et alta voce repeto, postremum hoc reliquorum omnium esse fundamentum: quia nec agere nec loqui sapienter possumus, nisi prius omnia, quae agenda sunt et de quibus loquendum est, recte intelligamus. In intellectu autem nihil est, nisi prius fuerit in sensu». (dalla Praefatio ad lectorem) Il ricorso alle immagini può sostituire l’esperienza diretta e la visione serve a compensare l’impossibilità di entrare in contatto diretto con alcuni oggetti di studio. Le immagini sono, inoltre, generalmente gradite ai giovani studenti e contribuiscono a rendere più allettante l’apprendimento («Notum enim est, pueros (ab ipsa propemodum infantia) picturis delectari, oculosque his spectaculis libenter pascere»), sono lo stratagemma attraverso cui si tiene avvinta l’attenzione di chi apprende e permettono un approccio ludico all’acquisizione delle conoscenze. L’Orbis raffigura oggetti della vita quotidiana, anche quelli immateriali, in semplici rappresentazioni, riportate in centinaia di tavole della grandezza di carte da gioco. L’uso delle immagini (e ora, con il digitale, anche del video o dell’audio) come espediente per favorire l’apprendimento trova riscontro, prima, nelle edizioni illustrate dei testi scientifici del 1500, così attenti a divulgare quella conoscenza del corpo umano e della natura appresa attraverso l’osservazione minuziosa degli elementi e la loro rappresentazione visiva, e prosegue, in maniera emblematica, con l’operazione condotta dagli estensori dell’Encyclopédie, consapevoli del fatto che


33 il libro per imparare, dall’età moderna al secolo dei lumi l’immagine potesse rappresentare una modalità assai funzionale alla trasmissione di alcune nozioni, della conoscenza, anche presso le classi meno colte. Le conseguenze di questo tentativo di ridurre la fatica dell’apprendere, attraverso l’uso delle figure, saranno segnalate da Walter Benjamin, che denuncerà la tendenza ad un uso prevalente dell’immagine sul testo scritto. Riferendosi proprio all’Orbis pictus scriveva: «Questa opera è uno dei risultati più grandi e inconsueti nell’ambito del libro pedagogico per l’infanzia, e se ci si pensa bene appare come l’indizio di uno sviluppo assai gravido di conseguenze e ancora oggi, dopo due secoli e mezzo, non concluso. Anzi: oggi meno che mai»9 . Siamo ai primi del Novecento, ma la discussione risulta ancora oggi aperta e pone alla nostra attenzione uno dei nuclei fondanti della riflessione sul rapporto tra semplificazione e banalizzazione dei concetti insegnati. Il ricorso, nei nuovi libri di testo, ad elementi visuali, ad una ricchezza di codici che il supporto digitale consente di assemblare, rappresenta senza dubbio una questione aperta. In particolare, si tratta di riconsiderare il ruolo assegnato al testo scritto, in un panorama sempre più caratterizzato dall’uso del parlato e delle immagini anche per l’acquisizione di nozioni e conoscenze. Un ruolo che è stato ribadito più volte, anche in volumi divulgativi di recente pubblicazione10. Insomma, dall’analisi del fondo antiquario INDIRE, di fronte alla complessità e alla varietà di un patrimonio librario che fa dell’attenzione ai contenuti e della ricchezza espressiva uno dei motivi principali della ricerca di qualità, potremo trarre qualche suggerimento per l’oggi. Recuperare, ad esempio, la capacità di trattare i contenuti e la loro forma comunicativa come un tutto unico, lavorando nella direzione di quella sintesi virtuosa che ancora ci lascia senza parole davanti alle pagine ingiallite di un libro vecchio di cinquecento anni. Potremo provare a cogliere le specifiche che rendono singolari le trattazioni in base alle diverse discipline e che riescono a trasferire sulla carta di un volume precise e riconoscibili idee sulla formazione, sui diversi metodi e sugli approcci didattici. I libri digitali per la scuola, i nuovi testi per imparare, potranno così proseguire sulla strada di una ricerca avviata molti secoli fa e non ancora conclusa.


34 alessandra anichini Bibliografia Anichini Alessandra, Nel libro e in altri media, in AA.VV., Comunicazione formativa, Apogeo, Milano 2012. Anichini Alessandra, Il testo digitale, Apogeo, Milano 2010. Barbier Frédéric, Storia del libro Dall’antichità al XX secolo, Edizioni Dedalo, Bari 2004. Barbieri Edoardo, Guida al libro antico. Conoscere e descrivere il libro tipografico, Le Monnier, Firenze 2006. Benjamin Walter, Ombre corte, Scritti 1928-1929, Einaudi, Torino 1993. Casati Roberto, Contro il colonialismo digitale. Istruzioni per continuare a leggere, Laterza, Roma Bari 2013. Chartier Roger, Cavallo Gugliemo, Storia della lettura, Laterza, Roma Bari 1995. Chiosso Giorgio, La stampa pedagogica e scolastica in Italia (1820- 1943), La Scuola, Brescia 1997. Chiosso Giorgio, TESEO ’900. Editori scolastico-educativi del primo Novecento, Editrice Bibliografica, Milano 2008. Chiosso Giorgio, TESEO. Tipografi e editori scolastico-educativi dell’Ottocento, Editrice Bibliografica, Milano 2003. Choppin Alain, Le manuel scolaire, une fausse évidence historique, “Histoire de l’éducation” 117, 2008, pp. 7-56. Choppin Alain, Les Manuels scolaires en France de 1789 à nos jours. Les Manuels d’anglais, INRP Klincksieck, Paris 1999. Choppin Alain, Voyage en Lecture. L’évolution des manuels de lecture, trace de l’évolution de l’École, Savoir Livre, Paris 2002. Epstein Jason, Il futuro di un mestiere. Libri reali e libri virtuali, Sylvestre Bonnard, Milano 2001. Freinet Célestin, Le mie tecniche, La Nuova Italia, Firenze 1971. Freinet Célestin, Nascita di una pedagogia popolare, Editori Riuniti, Roma 1973. Leonardi Claudio, Morelli Marcello e Santi Francesco (a cura di) Fabula in Tabula. Una storia degli indici dal manoscritto al testo elettronico. Atti del convegno di studio (Firenze 21-22 ottobre 1994), Spoleto 1995. Maragliano Roberto, Didattica del libro, Edizioni Anicia, Roma 1992. McKenzie Donald F., Bibliografia e sociologia dei testi, Sylvestre Bonnard, Milano 1999. Petrucci Armando, Libri, scrittura e pubblico nel Rinascimento, Universale Laterza, Roma Bari 1979. Richardson Brian, Stampatori autori e lettori nell’Italia del Rinascimento, Sylvestre Bonnard, Milano 2004. Rossi Paolo (a cura di), La memoria del sapere, Laterza, Roma Bari 1988. Note 1 Si veda Anthony Grafton, L’umanista come lettore, in Chartier, Cavallo 1995, pp. 199-242. 2 Si veda Armando Petrucci, I percorsi della stampa da Gutemberg all’ “Encyclopédie”, in Rossi 1988 3 Si veda Leonardi, Morelli, Santi 1995. 4 Da Choppin 2008. 5 «Ce flottement sémantique s’est même manifesté dans le vocabulaire officiel: livres élémentaires ou livres classiques, mais aussi ouvrages classiques, livres de classes, livres scolaires, manuels scolaires, etc. Par ailleurs, le même mot ne recouvre pas toujours la même signification. Ainsi l’épithète “classique”, outre son sens étymologique “réservé aux classes”, a pris une acception plus restreinte dans les textes législatifs (par opposition à élémentaire); son champ sémantique s’est par la suite considérablement étendu dans l’expression «librairie classique), jusqu’à englober les livres de pédagogie, de vulgarisation, les livres de lectures instructives et récréatives pour la jeunesse et... les cartes et tableaux muraux!. L’expression «manuel scolaire», en plus de sa signification première – ouvrage que l’on tient à la main ou à portée de la main – s’applique également à “un livre qui expose les notions essentielles d’une discipline donnée, à un niveau donné” ou bien, “outre les livres destinés explicitement aux classes depuis l’école élémentaire jusqu’à l’université...” “...ce qui a un caractère didactique exclusif, ce qui découpe, explique, résume, adapte, oriente...”» (Choppin 2008. Si veda anche Alain Choppin, Dictionnaire encyclopédique de l’éducation et de la formation, Nathan Université, 2ème éd., Paris 1998).  6 Da Choppin 2008. 7 Barbier 2004, p. 316.


35 il libro per imparare, dall’età moderna al secolo dei lumi 8 Si veda in proposito il lavoro commissionato dal Ministero francese nel 2010, una pubblicazione sul manuale di scuola che raccoglie interventi di noti studiosi, Le manuel scolaire à l’heure du numérique. Une “nouvelle donne” de la politique de ressources pour l’enseignement (di: Alain Séré, Alain-Marie Bassy, Catherine Becchetti-Bizot; Gérard Bonhoure; Yves Cristofari; Jean-Louis Durpaire; Paul Mathias; Michel Pérez; Pascal-Raphaël Ambrogi; Patrice Bresson; Alain Brunet; Alain Dulot). 9 Benjamin 1993, p. 417. 10 Casati 2013.


37 Secolo XVI La sezione “Cinquecentine” del fondo librario antiquario conservato in INDIRE è composta da 103 volumi, che costituivano parte dell’allestimento della Sala del Rinascimento del Museo Nazionale della Scuola, interno al Centro Didattico Nazionale insediato nel 1941 in Palazzo Gerini, a Firenze. La sala ospitava opere e documenti illustranti l’attività educativa, letteraria e artistica dagli ultimi decenni del Trecento a tutto il Cinquecento, quando alla tradizionale scuola medievale strutturata in Trivio (grammatica, dialettica, retorica) e in Quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia e musica), l’Umanesimo aveva apportato alcuni importanti mutamenti, il primo dei quali fu la preponderanza data all’istruzione classica. Il metodo di Guarino da Verona (1374-1460) costituì, accanto a quello di Vittorino da Feltre (1378-1446), uno dei principali modelli della scuola umanistico-rinascimentale, che comprendeva: un corso elementare dove si insegnava a leggere e poi si proseguiva con la grammatica latina; un corso retorico, in cui si studiava soprattutto Cicerone retore, per poi passare allo studio delle sue orazioni e delle sue più divulgate opere filosofiche, accompagnate dallo studio di Platone e Aristotele. Secondo il metodo e le direttive di questi due grandi educatori, la scuola si svolse fino alla seconda metà del XVI secolo. Ad essa neanche il trionfo del volgare comportò grandi modifiche. Da segnalarsi come la collezione libraria INDIRE metta in evidenza l’avvio della riflessione sull’attività educativa. P.G.


38 Grammatica, retorica, dialettica e lingua italiana a


39 Grammatica, retorica, dialettica e lingua italiana Vincenzo Ferrini da Castelnuovo di Garfagnana, Primo Alfabeto essemplare, presso Erasmo Viotti, Parma, 1586, a. frontespizio, b. pp. 10-1. b


40 Grammatica, retorica, dialettica e lingua italiana Aldo Manuzio, Orthographiae ratio ab Aldo Manutio, Venezia, 1566, frontespizio. Emanuele Alvari, De Institutione Grammatica, presso gli Eredi di Melchiorre Seffe, Venezia, 1581, a. frontespizio, b. p. 3, c. pp. 428-9.


a bc


42 Aritmetica e geometria Pietro Cattaneo, Le pratiche delle due prime matematiche. Libro d’abaco e geometria con il pratico e vero modo di misurar la Terra, non più mostro da altri, presso Giovanni Griffio, Venezia, 1559, frontespizio. Sull’autore Pietro Cattaneo (o Cataneo) nacque a Siena dove morì nel 1569 (ca.). Fu teorico dell’architettura, architetto, matematico, ingegnere militare, allievo di Baldassarre Peruzzi e cognato di Domenico Beccafumi. Poco si sa della sua attività progettuale: forse completò alcune opere senesi di Peruzzi. Ebbe alcuni incarichi dalla Repubblica senese per la manutenzione delle fortificazioni. Viene ricordato soprattutto per il suo trattato di architettura I primi quattro libri d’architettura e fu autore inoltre di questo celebre trattato di matematica e geometria. (P.G.)


43 Aritmetica e geometria Sullo stampatore Appartenente ad una famiglia di tipografi tedeschi, Giovanni Griffio (il nome è l’italianizzazione di Greyff o Greif) portò a Venezia la competenza tipografica ereditata da Sebastian (Reutlingen 1493 - Lione 1556), attivo a Lione dal 1528. (A.A.) Pietro Borghi, Libro de abacho, presso Bernardino de Bindoni, Venezia, 1540, frontespizio.


44 Aritmetica e geometria Abaco Nel periodo rinascimentale le scuole d’abaco furono i luoghi preposti per la formazione dei tecnici. Fondate nel XIII secolo, ebbero, anche nei secoli seguenti, come fine prioritario quello di venire incontro alla necessità degli artigiani, dei mercanti, dei tecnici e di altre categorie professionali di istruirsi e di addestrarsi. L’insegnamento era basato sulla matematica, spiegata con metodi applicativi: l’allievo, o meglio dire l’apprendista, infatti, si formava tramite i metodi dell’osservazione e dell’esercitazione su problemi congruenti al mestiere che avrebbe poi dovuto svolgere. I manuali a uso di queste scuole erano sempre redatti in volgare. Pietro Borghi, Libro de abacho, presso Bernardino de Bindoni, Venezia, 1540, p. 83.


45 Aritmetica e geometria Pietro Borghi, Libro de abacho, presso Bernardino de Bindoni, Venezia, 1540, p. 84. Durante tutto il Cinquecento si diffuse, poi, la produzione e l’uso di testi detti ‘Abachi’. Il metodo venne praticato nelle omonime scuole, ma coinvolse la riflessione di matematici di alta levatura ed entrò anche nel mondo universitario. Tra gli autori più noti ricordiamo: Gerolamo Cardano (1501-1576), professore all’Università di Bologna, Pavia e Milano, che nel 1539 pubblicò il volume Practica arithmetice et mensurandi singularis, in lingua latina; Cristoforo Clavio (1537-1612), matematico della Compagnia di Gesù, che fu consulente scientifico di papa Gregorio XIII per la riforma del calendario e intrattenne rapporti con noti studiosi del suo tempo tra cui Galileo, Ticho Brahe, Keplero. Clavio fu autore, nel 1586, dell’Aritmetica pratica. (P.G.)


46 Aritmetica e geometria Pietro Borghi, Libro de abacho, presso Bernardino de Bindoni, Venezia, 1540, a. p. 8, b. p. 9. a


47 Aritmetica e geometria b


48 Aritmetica e geometria Sullo stampatore I Giunti furono una celebre famiglia di Librai, che rivestì fra i secc. XV-XVI una grande importanza sia nel commercio librario, sia nella produzione tipografica. Le loro attività si estesero anche a tutto il sec. XVII ma con minor fortuna. La famiglia era originaria di Firenze, alcuni suoi membri rimasero a svolgere la professione in Italia, mentre altri migrarono. Case librarie Giunti aprirono a: Venezia, Madrid, Burgos, Lione. La casa di Firenze fu fondata da Filippo Giunti (1450- 1517), egli fu non solo commerciante ma anche erudito, come si evince dalle premesse di alcuni volumi da lui pubblicati. (A.A.) Francesco Galigai, Pratica d’Arithmetica, presso i Giunti, Firenze, 1552, frontespizio. Francesco Galigai, Pratica d’Arithmetica, presso i Giunti, Firenze, 1552, a. pp. 70-1, b. pp. 73-4.


49 Aritmetica e geometria a b


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