100 Educazione civile Della educazione civile. Secondo la commune opinione de’ Filosofi, presso Comino Ventura, Bergamo, 1609, frontespizio e (pagina a fronte) tavola delle cose più notabili. Sullo stampatore Giunto a Bergamo al seguito di Vincenzo da Sabbio, incaricato dal Comune di avviare nel 1577 l’attività tipografica in città, Giacomino Ventura iniziò con lui il suo lavoro di stampatore, a San Cassiano. La tipografia fu attiva dal 1578 al 1616. Con le sue 525 edizioni stampate in loco, la stamperia presenta elementi di interesse, anche per la particolare personalità del tipografo/editore che fu in grado di caratterizzare in modo personale e riconoscibile la propria proposta editoriale.
101 Educazione civile Tra la produzione del Ventura emergono, infatti, volumi stampati in caratteri ebraici, pubblicazioni sull’attualità politica europea, la raccolta in 30 volumi di lettere dedicatorie, la più ampia che sia apparsa in Italia. L’indirizzo editoriale di Comino rivela l’immagine culturale della società bergamasca di quegli anni: accanto a libri di carattere popolare e sacro, si stampano volumi di medicina, di cronaca, di politica, di educazione morale, di cultura letteraria, di agiografia, di educazione scolastica, di poesia e di filosofia. (a.a.)
102 Educazione civile Orazio Lombardelli, Gli aforismi scolastici, presso Salvestro Marchetti, Siena, 1653, a. frontespizio, b. tavola delle distinzioni. Orazio Lombardelli, Gli aforismi scolastici, presso Salvestro Marchetti, Siena, 1653, a. pp. 82-3, b. pp. 112-3. a b
ab
104 Educazione civile Sull’autore Caspar Schoppe (Neumarkt 1576 – Padova 1649) fu un umanista tedesco attivo in diverse università della Germania. Nel 1599 si convertì al Cristianesimo e avviò una serrata critica nei confronti delle tesi protestanti. Dal 1607 fu al servizio dell’arciduca Ferdinando, poi imperatore II. Con la sua opera Classicum belli sacri sostenne l’opportunità di una guerra di religione contro i prìncipi protestanti. (a.a.) Gasparis Scioppi Conte di Chiaravalle, Consultationes De Scholarum & Studiorum ratione, presso Paulum Frambottum, Padova, 1636, frontespizio.
105 Educazione civile Sull’autore Studente al Collège de Clermont, fu prima avvocato e, in seguito agli studi religiosi, abate dell’Ordine Cistercense. Più tardi esercitò il ruolo di precettore, prima dei Principi di Conti nel 1672, poi per conto di Luigi XIV che lo scelse come maestro per il figlio naturale Luigi di Borbone, conte di Vermandois (1667-1683). In seguito fu vice-precettore dei duchi di Borgogna, d’Anjou e di Berry, nipoti di Luigi XIV. Membro dell’Académie française nel 1696, scrisse molte opere tra cui una Storia ecclesiastica in 20 volumi, pubblicata nel 1691 e tradotta in latino, in tedesco e in italiano. Numerose altre opere furono giudicate dalla Chiesa prossime al Giansenismo e messe all’indice. (a.a.) Flevry Claude, Traite du Choix et de la Methode Des Etudes, presso Pierre Emery e Charles Clousier, Parigi, 1637, frontespizio.
106 Educazione civile Flevry Claude, Traite du Choix et de la Methode Des Etudes, presso Pierre Emery e Charles Clousier, Parigi, 1637, pp. 208-9.
107 Arte della memoria a b Filippo Gesualdo, Plutosofia, Presso Perin libraro, Vicenza, 1600, a. frontespizio, b. illustrazione. Arte della memoria Pietro Tomai, noto come Pietro da Ravenna, fu un famoso mnemonista e teorico dell’arte della memoria. Facendo uso del metodo ripreso dalla Rhetorica ad Herennium e da Quintiliano, utilizzò il sistema dei luoghi per insegnare l’arte della memorizzazione. Nel 1492 esce a Venezia il suo volume Phoenix seu artificiosa memoria che lo rende maestro incontrastato del suo tempo. Tutti coloro che scrivono e si occupano di memoria si rifanno in qualche modo al suo lavoro. La teoria dei luoghi insegna ad utilizzare gli spazi fisici come spazi della memoria. I luoghi, attraversati fisicamente, possono essere chiese, palazzi, strade dove si individuano angoli, porte, finestre, colonne in cui collocare le immagini da mandare a memoria. Si creano così i “teatri della memoria”. Il collegamento stabilito consente di riportare alla mente, all’occorrenza, i singoli elementi. Nei volumi su questo tema che furono pubblicati nel corso del
108 Arte della memoria Cinquecento e del Seicento si ritrova una mescolanza di linguaggi, simboli, alfabeti segreti, grammatiche che utilizzano elementi naturali o simbolici. L’arte della memoria, da semplice strumento impiegato a scopi pratici, diventa gradualmente misura di conoscenza, espediente per proporre una riforma del sapere. Nel Thesaurus artificiosae memoriae di Cosma Rosselli, l’arte della memoria si è trasformata in un sistema per classificare gli elementi dell’universo. L’arte della memoria si innesta così sul tema dell’enciclopedia, la raccolta di un sapere universale ordinato e classificato secondo un sistema controllato. È il sogno di un sistema unico che riunisca i principi di tutte le discipline e ne faccia una sorta di compendio generale del sapere. (a.a.) Filippo Gesualdo, Plutosofia, presso Perin libraro, Vicenza, 1600, a. pp. 4-5, b. pp. 35-6. a
109 Arte della memoria Sull’autore Filippo Gesualdi (Castrovillari 1550 – Cariati 1618) fu scrittore, professore a Roma e a Padova, dove istituì l’associazione della “Scuola compuntiva”. Fu vescovo di Cariati e Cerenzia. Pubblicò scritti ascetici, esegetici e prediche. La sua opera più popolare fu la Plutosofia, una raccolta delle lezioni di mnemotecnica tenute a Palermo, pubblicate a Padova nel 1592. Di ispirazione aistotelica, l’opera si rifà anche agli scritti di Quintiliano e ad autorii cinquecenteschi (Lodovico Dolce, Giovan Battista Della Porta). (A.A.) b
110 Editoria La forma del libro Dall’invenzione della stampa in poi si assiste, gradualmente, ad una tendenza alla diminuzione del formato dei libri. Mentre i libri religiosi, i trattati giuridici, le stampe di pregio mantengono un formato più ampio, in-folio o un grande in-4°, le pubblicazioni che potremmo definire popolari riducono di molto la dimensione della pagina. Il risparmio della carta consente, del resto, un notevole abbassamento dei prezzi di produzione e di vendita con una conseguente ripercussione sulla maggiore diffusione dei volumi. Contemporaneamente anche l’impaginato cambia. Compare il frontespizio, introdotto già alla fine del XV secolo, e via via più raffinato, nel corso degli anni. All’indicazione del contenuto si aggiunge presto il nome dell’autore, la marca tipografica dello stampatore e successivamente la città e l’anno di stampa. In Italia e in Francia si impone, gradatamente, il titolo breve, talvolta accompagnato da una vignetta di illustrazione. Per quanto riguarda poi la suddivisione interna del testo, i capitoli così come li conosciamo ancora oggi si affermano per gradi fino a trovare la loro definitiva sistemazione nel XVII secolo. La diffusione di una pratica di lettura silenziosa ha contribuito non poco alla definizione di una nuova organizzazione visiva del testo sulle pagine. Mentre a Venezia l’editore Manuzio sperimenta nuove forme tipografiche, in Francia l’edizione della Cronique di Philippe de Commines, pubblicata da Galliot du Pré nel 1524, presenta per la prima volta capitoli brevi separati da uno spazio bianco e introdotti da una lettera ornata. Seguiranno l’introduzione di sommari, la numerazione dei capitoli stessi e talvolta le note marginali poste a lato. (A.A.)
111 editoria a b Guglielmo Mechonius, Hermathene, Hoc est Mercurii ac Palladis Simulacrum, De Recta Institutione Juventutis Scholastica, presso Joannis Gorlini, Francoforte, 1673, a. frontespizio, b. indice.
112 Editoria Tecnica di stampa delle illustrazioni La xilografia era stata una delle tecniche più utilizzate per la stampa delle illustrazioni. Il vantaggio della xilografia era dovuto principalmente alla facilità con cui i calchi in legno potevano essere inseriti nei torchi e utilizzati per pagine che vedevano l’illustrazione stampata accanto al corpo del testo. Dalle tavole della Passio stampate intorno al 1450, primo esempio xilografico italiano, si giunge al volume aldino della Hypnerotomachia Poliphili, attribuita a Francesco Colonna, edita nel 1499, corredato da una serie cospicua di splendide incisioni. Nel corso del XVI secolo, tuttavia, la xilografia cede il passo ad un’altra tecnica di riproduzione delle immagini ottenuta tramite le incisioni in rame (calcografia). La nuova tecnica consente di ottenere disegni più elaborati e precisi, più raffinati e sontuosi. L’uso della nuova tecnica dà avvio alla diffusione di frontespizi istoriati, affini ai temi trattati nel volume. Nei grandi laboratori Plantin, nei Paesi Bassi, le incisioni sono affidate a Hieronymus Cock e perfino a Ruben. Nel secolo XVII compare l’uso di inserire in apertura dei volumi una tavola incisa senza testo che illustra il contenuto del volume o ritrae l’autore dell’opera. La xilografia resta per le pubblicazioni di stampo più popolare. Il legno è sempre impiegato per i capilettera o per i motivi ornamentali posti all’inizio o nei cul-de-lampe a chiusura dei capitoli. (A.A.) Stampa tra Riforma e Controriforma La stampa fu considerata da Lutero un dono divino da utilizzarsi per diffondere al meglio la nuova dottrina. Non a caso, nella Germania del tempo sono numerose le stamperie che specializzeranno la loro produzione su testi sacri. Poche sono ancora le persone in grado di leggere, ma la diffusione delle letture a voce alta, in volgare, di fronte a gruppi di devoti è una pratica diffusa così come la circolazione di fogli volanti a basso costo, magari accompagnati da illustrazioni caricaturali o esplicative che raggiungono anche la popolazione analfabeta. Uno degli stampatori più noti è Christophe Plantin di Anversa, simpatizzante della dottrina protestante, ma anche protetto dal cattolico Filippo II di Guglielmo Mechonius, Hermathene, Hoc est Mercurii ac Palladis Simulacrum, De Recta Institutione Juventutis Scholastica, presso Joannis Gorlini, Francoforte, 1673, illustrazione.
113 editoria
114 Editoria Spagna, impegnato nella produzione di entrambe le parti. Grazie alla stampa, le idee di Lutero circolano in tutta Europa, ma incontrano l’opposizione della Chiesa Cattolica che ne vieta presto la diffusione atraverso una dura censura dei testi. Nel 1559 Paolo IV istituisce l’Indice dei libri proibiti, e vieta anche le traduzioni della Bibbia. La censura colpisce opere diverse e rivela un atteggiamento di generale diffidenza verso la lettura, considerata pericolosa e non adatta a tutti. Nonostante tutto continuano ad uscire opere come ad esempio il Sidereus Nuncius, un piccolo libretto che annuncia, nel 1610, le prime scoperte di Galileo. Come la maggior parte dei libri del Seicento, il Nuncius presenta un frontespizio ricco e articolato, contenente molte delle informazioni del colophon, come la data e la città, e una descrizione elogiativa del libro stesso. Anche la lunga dedica, piena di lodi e di preamboli, è in linea con il gusto barocco secentesco. Inoltre, parallelamente alle esplorazioni geografiche e allo sviluppo della navigazione, si pubblicano grandi atlanti a colori, come il celebre Ortelius (già nel Cinquecento il geografo fiammingo Gerard Mercator aveva dato un nuovo impulso alla cartografia e alla realizzazione di libri di carte geografiche). Comincia a diffondersi anche il genere del romanzo: riservato alle classi alte, è di natura mitologica o fantasiosa, oppure descrive le passioni nel mondo aristocratico; è di piccolo formato, e proprio questi libri (12°, 16°, 24°), che hanno costi di produzione ridotti, costituiscono la fortuna dei più grandi editori del secolo, gli olandesi Elzevier. (A.A.)
Secolo XVIII La Sezione “Settecentine” è composta da 392 volumi. Anche questa parte della collezione libraria antiquaria andava a corredare una delle sale del Museo Nazionale della Scuola di Firenze, quella del Settecento, che accoglieva documenti, piani di studio di Università, di Collegi, di istituti culturali italiani del secolo e, infine, molte opere a stampa, collocate nella sala secondo un ordine alfabetico. La selezione dei volumi contribuiva ad illustrare gli sviluppi del sistema scolare nel secolo dei Lumi, quando la questione pedagogica si fece anche politica, ricevendo poi dalla Rivoluzione un impulso straordinario. Il Settecento fu il secolo in cui iniziò l’istituzione di scuole pubbliche promosse e controllate dallo stato (e non dai comuni, come era accaduto già dal Medioevo). Il primo stato italiano ad inaugurare la nuova politica scolastica fu il Regno di Sardegna: una serie di riforme attuate da Vittorio Amedeo II di Savoia dal 1717 al 1727 istituirono scuole laiche statali di vario grado e un apposito “Magistrato” incaricato di vigilare contro la possibile ingerenza di ordini religiosi nella materia. Nella seconda metà del secolo l’espulsione dei Gesuiti da molti stati (iniziata nel 1767 con il provvedimento preso nel Regno di Napoli) e poi la bolla papale del 1773 Dominus ac Redemptor noster, con il quale l’ordine fu soppresso, ebbero grande rilevanza nel generale processo di “secolarizzazione dell’istruzione”, anche se il più delle volte i Gesuiti furono sostituiti da altri ordini religiosi, anche per la difficoltà di trovare un adeguato numero di insegnanti laici. Con la Rivoluzione francese si affermò poi una nuova concezione della scuola, che trovò la sua formulazione più chiara e completa nel Rapport et project de décret sur l’organisation génerale de l’Instruction publique, redatto da Nicolas de Condorcet (1743-1794) nel 1792 e presentato all’Assemblea
116 Grammatica e belle lettere Daniello Bartoli, Dell’ortografia italiana trattato del P.D.B, presso Lorenzo Basegio, Venezia, 1709, frontespizio. Nazionale a nome del Comitato di istruzione pubblica: l’istruzione primaria vi era concepita come pubblica, obbligatoria e gratuita: tutti i cittadini, sia maschi che femmine, dovevano accedervi. La scuola, bandendo qualsiasi insegnamento religioso, doveva essere laica, basata, da una parte, sulla trasmissione di capacità professionali utili, contenuti verificabili e metodi razionali e, dall’altra, sulla formazione civile. (P.G.)
117 Grammatica e belle lettere Salvadore Corticelli, Regole ed osservazioni della lingua toscana ridotte a metodo, presso stamperie Remondine, Bassano, 1746, frontespizio. Sull’opera Alla progressiva diffusione dell’opzione fiorentino-centrica relativamente alla questione della lingua vanno riportate due fortunate tipologie di testi: i dizionari (che si rivolgevano a chi non possedeva completamente il fiorentino) e le grammatiche. Circa queste ultime, il Settecento vide infittirsene il numero rispetto al passato, ma in forma diversa, poiché venivano pensate per la prima volta con un impianto didattico e dunque non rivolte solo ai dotti, ma finalizzate anche all’apprendimento (seppur per studenti selezionati, perché la conoscenza del latino rimaneva presupposto per l’accesso alla grammatica italiana). Tra le tante grammatiche stampate nel periodo, quella di Salvatore Corticelli (1689-1758) fu una delle più fortunate e si pose, insieme a quella di Francesco Soave, il compito di sistematizzare, organizzare e ridurre a metodo il sapere in quest’ambito. Benché il riferimento fossero le regole codificate, oltre due secoli prima, da Pietro Bembo, nella grammatica del Corticelli la sintassi del periodo, generalmente trascurata dalle trattazioni grammaticali tradizionali, trovò per la prima volta uno spazio adeguato: infatti l’autore le dedica una delle tre parti di cui si compone il testo. (P.G.)
118 Grammatica e belle lettere Alessandro Zorzi, Del modo di insegnare a’ fanciulli le due lingue italiana e latina, per Giuseppe Rinaldi, Ferrara, 1775, frontespizio. La questione della lingua La discussione attorno alla lingua letteraria, avviata nel corso del 1500, continua nei secoli seguenti. Nel 1612 viene pubblicata la prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca in cui si cerca un compromesso tra le posizioni più arcaizzanti, che auspicano una lingua vicina a quella degli scrittori del Trecento, e la tendenza a preferire l’uso del fiorentino vivo. Il primo vocabolario italiano rappresenta il punto di riferimento per tutte le discussioni seguenti. All’autorità della Crusca si ribellano presto intellettuali come il Baretti e gli
119 Grammatica e belle lettere Amato Accursi Parmigiano, Il donato al senno cioè volgarizzato secondo le regole della lingua toscana. A beneficio de’ Fanciulli principianti in Grammatica, presso Michele Conti, Faenza, 1780, frontespizio. illuministi appartenenti al «Caffè», tra cui Pietro e Alessandro Verri, che assumono posizioni innovatrici e antiaccademiche, in favore di un’apertura ai forestierismi. Fin dal primo Settecento, infatti, si intensifica l’attenzione al rapporto dell’italiano con le culture e le lingue straniere, in particolare col francese. Domina lo stereotipo che vede il francese lingua della ragione e l’italiano lingua della passione, mentre il nuovo prestigio del francese determina atteggiamenti che vanno dal rifiuto all’accettazione empatica. Appare centrale, in questi interventi, il concetto di «genio delle lingue», ossia il riconoscimento di tratti originari e caratterizzanti, idea che trova il suo più compiuto sviluppo nel Saggio sulla filosofia delle lingue di Melchiorre Cesarotti. (A.A)
120 Grammatica e belle lettere Dizionario delle favole per uso delle scuole d’Italia, presso Leonardo Bassaglia, Venezia 1787, frontespizio. Carlo Rollin, Della maniera d’insegnare, e di studiare le belle lettere, Presso Giuseppe Orlandelli, Venezia, 1792, frontespizio.
121 Grammatica e belle lettere
122 Grammatica e belle lettere Etienne Bonnot abate di Condillac, Corso di studj utilissimo alla civile gioventù. Tomo I Contenente la Gramatica, presso Andrea Santini e Francesco Milli, Venezia, 1794, frontespizio. Sull’autore Etienne Bonnot, abate di Condillac ( 1714-1780 ), nacque a Grenoble. Durante la sua permanenza a Parigi strinse amicizia con Rousseau. Visse poi a Parma dove seguì l’educazione del duca Ferdinando di Borbone, fino dal 1758. Autore del Saggio sull’origine delle conoscenze umane (1746), sostenne in questo volume molte delle convinzioni di Locke, tra cui l’idea che la conoscenza umana sia frutto di due sorgenti: la sensazione e la riflessione. Nel suo libro successivo, il Trattato sui sistemi, del 1749, criticò le idee innate di Cartesio e la concezione spinoziana della sostanza. (A.A.)
123 Grammatica e belle lettere Giovanni Andres, Dell’origine e delle vicende dell’arte di insegnar a parlare ai sordi muti, presso d’Ignazio Alberti, Vienna, 1793, frontespizio. Sull'arte di insegnare a parlare ai sordomuti Il primo educatore a diffondere il proprio metodo sull’insegnamento ai sordomuti fu Charles-Michel de l’Epée (1712-1789), sacerdote e pedagogista, che condusse la propria attività in Francia nella seconda metà del XVIII secolo. Egli si prodigò nel creare proseliti, fino a fondare la prima scuola pubblica per sordomuti proprio in Francia, che aperta nel 1760 con pochi allievi, nel 1785 contava già settanta studenti. De l’Epée fu il primo a non voler imporre a tutti i costi l’apprendimento della voce, ma utilizzò i segni (per lui mezzo naturale di espressione per i sordi) per insegnar loro a scrivere. Suo successore fu Roche-Amboise Sicard (1742-1822), il quale divenuto direttore della scuola parigina, si prodigò nel diffondere la lingua dei segni. Anche in Italia, su questo esempio, il metodo venne introdotto dal sacerdote Tommaso Silvestri (1744-1789) e si diffuse molto fra la fine del XVIII secolo e la metà del successivo, quando vennero fondati numerosissimi istituti per sordomuti. Bisogna specificare che questi segni usati a livello scolastico in realtà non costituivano una vera e propria lingua, ma assolvevano ad una funzione di appoggio rispetto alla lingua italiana; ciò dimostrava comunque come all’epoca vi fosse chiaramente la disponibilità a riconoscere la necessità di un metodo educativo che privilegiasse, in primis, il canale percettivo della vista. (P.G.)
124 Aritmetica e geometria Alessandro Maria di S. Matteo Romano, Documenti arimmetici, presso stamperia di S. Michele a Ripa Grande, Roma, 1724, frontespizio.
125 Aritmetica e geometria Alessandro Maria di S. Matteo Romano, Documenti arimmetici, presso stamperia di S. Michele a Ripa Grande, Roma, 1724, pp. 4-5.
126 Aritmetica e geometria Manuali per l’insegnamento dell’Aritmetica La faticosa introduzione dell’algebra nei curricoli dei collegi non era dovuta solo alla rigidità della separazione tra aritmetica e geometria, ma anche alle limitazioni negli orari previsti per i corsi matematici. Questi furono ampliati, pur nell’ambito degli studi tradizionali, quando la matematica fu considerata propedeutica rispetto alla fisica e fu quindi insegnata nella prima parte del corso filosofico. Tale innovazione rappresenta una conseguenza dell’affermazione del sistema newtoniano (ne I principi matematici della filosofia naturale), che determinò la reinterpretazione e ridefinizione del ruolo della matematica tra le scienze della natura. Solo dopo il 1720 però – in Italia – furono pubblicati i primi manuali aventi ad oggetto l’algebra: gli Elementa algebrae di Nicola de Martino (Napoli, 1725); l’Aritmetica comune e speciosa di Saverio Brunetti (Roma, 1731); le Institutiones analyticae di Paolino da S. Giuseppe (Paolino Chelucci, già citato); il secondo volume degli Elementa Matheseos di Boscovich; gli Elementi di matematica di Edoardo Corsini (1735-38); gli Elementa mathematicae di Fortunato da Brescia (1738-39) e, successivamente, il Sectionum conicarum compendium (Venezia, 1765) di Ottaviano Cametti (1711-89) e le Sezioni coniche (Modena, 1801) di Antonio Cagnoli (1743-1816). Il carattere didattico era la caratteristica prevalente di molti di questi scritti: dopo l’opera dei pionieri secenteschi in matematica e fisica, si andò dunque affermando un uso scolastico, con relativa dotazione manualistica. In questo processo di costituzione della nuova trattatistica, che si caratterizzò per esposizioni di tipo sistematico-riassuntivo, questo tipo di scritti scientifici di autori italiani rivestirono un ruolo importante, grazie a pregi di chiarezza e ordine espositivo. (P.G.)
127 Aritmetica e geometria Il giovane instruito nell’arimmetica pratica ed in tuttociò che le è relativo, presso Francesco Allegrini e comp., Firenze, 1780, a. frontespizio, b. tavola. a b
128 Aritmetica e geometria Sull’autore Domenico Chelucci (1681-1754), compiuti gli studi inferiori, entrò in seminario, decidendo poi di far parte della Congregazione delle scuole pie e secondo l’uso scolopio cambiò il nome di battesimo in quello di Paolino di S. Giuseppe. Nel 1706, Clemente XI gli affidò l’educazione del nipote Alessandro Albani, futuro cardinale e suo protettore assiduo, e nel 1713 gli fece conferire la cattedra universitaria di retorica alla Sapienza. La risonanza delle sue lezioni ed il successo delle orazioni tenute in occasione dell’inaugurazione degli anni accademici, stampate a più riprese, fecero di lui quasi un’autorità ufficiale in materia di stile latino. La sua attività didattica non si svolse però solo alla Sapienza, né i suoi scritti si limitano alle orazioni: rientrato a Roma, la sua Congregazione gli affidò l’insegnamento della matematica al Nazareno, insegnamento che tenne per ventuno anni. Nell’ambito di questo incarico rientra la stesura di due manuali di matematica esplicitamente previsti per l’uso didattico: le Institutiones arithmeticae (Roma, 1733) e le Institutiones analyticae earumque usus in geometria (Roma, 1738). Queste sue opere ebbero un notevole successo e ampia diffusione: le Institutiones arithmeticae, arricchite in seguito di appendici, avranno una seconda edizione romana (1749), tre napoletane (1755, 1778, 1786) e ben quattro veneziane (1761, 1770, 1782, 1795). (P.G.)
129 Aritmetica e geometria Sébastien Le Clere, Pratica di Geometria in carta e campo. Per istruzione della nobile Gioventù, nella Stamperia del Bernabò e Lazzarini, Roma, 1746, frontespizio. Il giovane instruito nell’arimmetica pratica ed in tuttociò che le è relativo, presso Francesco Allegrini e comp., Firenze, 1780, tavola 2.
130 Aritmetica e geometria Sébastien Le Clere, Pratica di Geometria in carta e campo. Per istruzione della nobile Gioventù, nella Stamperia del Bernabò e Lazzarini, Roma, 1746, a. p. 9, b. p 13. a
131 Aritmetica e geometria b
132 Aritmetica e geometria Nicolai de Martino, Elementa geometriae planae seu elementorum euclidis, presso Lucas Valerio, Napoli, 1787. Maestro Giulio Acceta, Gli elementi di Euclide a migliore e più chiara maniera ridotti, presso Stamperia reale, Torino, 1753, a. frontespizio, b. p. 31 a b
133 Aritmetica e geometria
134 Aritmetica e geometria Geometria Tavole, XVIII sec.
135 Aritmetica e geometria Enimmi da indovinare pubblica per diletto della gioventù, presso Stamperie Graziosi a Sant’Apollinare, Venezia, 1788, frontespizio. Sull’insegnamento della Geometria: Nel 1637 era stata pubblicata, in appendice al Discorso sul metodo di Descartes, La Geometria, poi ripubblicata anche separatamente, in latino, nel 1649. Questo testo ebbe un altro forte rilancio grazie anche al lavoro di Leibniz sul calcolo differenziale esposto nell’opera De geometria recondita et analysi indivisibilium atque infinito rum del 1684. Tuttavia questa influenza, che moltiplicò in Italia i lavori analitici, non riuscì, ancora per qualche decennio, a trovare spazio nell’ambito dell’insegnamento, soprattutto nei collegi tenuti da religiosi. Solo a partire dal XVIII secolo essi si affermarono nei programmi scolastici e alla metà del secolo si ebbe anche l’introduzione dell’insegnamento delle sezioni coniche. Tra gli autori di trattati di uso scolastico sull’argomento il primo per cronologia e per diffusione fu Guido Grandi (1671-1742), che pubblicò un Compendio delle sezioni coniche (Firenze, 1744). (P.G.)
136 Aritmetica e geometria Libretto di Abbaco. Per facilissima istruzione de’ fanciulli, presso Damaso Petretti, Roma, 1796, frontespizio. Enimmi da indovinare pubblica per diletto della gioventù, presso Stamperie Graziosi a Sant’Apollinare, Venezia, 1788, a. p. 6, b. p. 9. a b
137 Aritmetica e geometria
138 Aritmetica e geometria Libretto di Abbaco. Per facilissima istruzione de’ fanciulli, presso Damaso Petretti, Roma, 1796, a. pp. 2-3, b. pp. 4-5. a b
139 Aritmetica e geometria Libretto di Abbaco. Per facilissima istruzione de’ fanciulli, presso Damaso Petretti, Roma, 1796, a. pp. 6-7, b. pp. 10-1. a b
140 Geografia Niccolò de la Croix, Geografia sacra ossia descrizione de’ paesi e de’ luoghi, De’ quali si parla nelle Sante Scritture, in Claude Buffick, Geografia Universale, presso Giacomo Storti, Venezia, 1795, frontespizio.
141 Geografia Niccolò de la Croix, Geografia sacra ossia descrizione de’ paesi e de’ luoghi, De’ quali si parla nelle Sante Scritture, in Claude Buffick, Geografia Universale, presso Giacomo Storti, Venezia, 1795, illustrazione.
142 Geografia Lo stato presente di tutti i paesi, e popoli del mondo, volume ventesimo parte prima, presso Gian Battista Albrizzi, Venezia 1753, frontespizio. Niccolò de la Croix, Geografia sacra ossia descrizione de’ paesi e de’ luoghi, De’ quali si parla nelle Sante Scritture, in Claude Buffick, Geografia Universale, presso Giacomo Storti, Venezia, 1795, illustrazione.
143 Geografia
144 Geografia Lo stato presente di tutti i paesi, e popoli del mondo, volume ventesimo parte prima, presso Gian Battista Albrizzi, Venezia, 1753, illustrazioni.
145 Geografia Sullo stampatore Giovanni Battista Albrizzi (1698-1777) fu uno stampatore ed editore veneziano, considerato il progenitore del giornalismo moderno per la pubblicazione del settimanale Novelle della Repubblica delle Lettere, poi Novelle della Repubblica Letteraria (1729-1738) e del Il Nuovo Postiglione, un giornale che trattava fatti di cronaca politica e militare, edito dal 1740. Lo stampatore deve la sua notorietà anche ad un’altra impresa editoriale, la realizzazione di edizioni illustrate di grande pregio, con la collaborazione di incisori e disegnatori assai noti come il Piazzetta, gli Zanetti, il Pitteri. Le opere che riscossero più successo editoriale furono le Opere del Bossuet (1736-57), illustrate dal Piazzetta e da Tiepolo, la Gerusalemme Liberata (1745), con disegni del Piazzetta, l’opera del Salmon su Lo stato presente di tutti i paesi e popoli del mondo (1736-48), con numerose tavole. Si ritiene che l’editore fosse anche l’autore di una guida anonima di Venezia: Il Forestiero illuminato (1740). (A.A.)
146 Storia Dizionario storico, portatile, presso Remondini, Venezia, 1759, frontespizio. Sull’insegnamento della Storia L’ insegnamento scolastico della storia nasce e si afferma solo tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Fino ad allora nei collegi gesuitici poteva essere assunta sotto lo studio della Grammatica e della Lingua eloquente ed i suoi oggetti erano solo costituiti dalla storia classica e dalla storia del presente. Dal secolo XVIII si aggiungono altre due tipologie di argomento: quello della storia universale (progresso) e quello della storia nazionale (identità). Occorre tener presente, tuttavia, che la storia era soprattutto racconto, lettura edificante, intrattenimento, non esercizio critico di ricostruzione del passato, ricerca documentaria o interpretazione delle fonti, cose per cui si dovrà attendere l’Ottocento, ovvero l’inizio dell’età della maturità di questa disciplina. (P.G.)
147 Storia Saverio Bettinelli, Risorgimento d’Italia, presso Remondini, Venezia, 1786, frontespizio. Sull’autore Saverio Bettinelli (1718-1808). Gesuita dal 1738, insegnò retorica presso molte città italiane. Durante i suoi viaggi in Europa conobbe Voltaire, di cui restò amico per tutta la vita. La sua fama si lega ad un’opera, le Lettere Virgiliane, premesse ai Versi sciolti di tre eccellenti autori, (Bettinelli stesso, l’Algarotti e il Frugoni) (1757). Nell’opera si finge che il poeta Virgilio si rivolga agli arcadi, giudicando severamente la letteratura italiana, in particolare anche la Divina Commedia. Al di là dei giudizi espressi, l’opera è emblematica di quello spirito di ribellione linguistica verso il passato che caratterizza gli anni dell’Illuminismo. Alle reazioni suscitate l’autore rispose con la pubblicazione delle Lettere inglesi in cui propone un nuovo ideale di “buon gusto” e una letteratura moderna e più disinvolta. In Dell’entusiasmo delle belle arti, risalenti al 1769, egli esalta il valore dell’entusiasmo e della fantasia come fonti prime di ispirazione, secondo una visione che preannuncia il preromanticismo. Altra opera notevole è Il risorgimento d’Italia dopo il Mille del 1775. (P.G.)
148 educazione del popolo Il giovane civile ovvero precetti di civiltà Praticati in Francia Ricordati dal Galateo e da altri autori, presso Bartolomeo Borghi, Bologna, 1752. L’istruzione del popolo Nel corso dell’età Moderna l’unico insegnamento cui potevano aspirare i ceti popolari era quello, gratuito, frammisto alla catechesi e impartito dal parroco per volontà del benefattore di turno che destinava una propria rendita per assicurare il funzionamento dell’attività scolare per i meno abbienti, o delle singole congregazioni o dei municipi più sensibili su questo piano. Gli alunni erano avviati alla scrittura ed erano insegnati loro i primi rudimenti del calcolo, competenza che appariva essenziale per chi si avviava al lavoro. Non era inoltre infrequente che, nelle famiglie artigiane e contadine, i primi rudimenti di scolarizzazione fossero impartiti dal padre stesso e in questi casi la frequenza scolastica mancava completamente. Tra Seicento e Settecento si svilupparono varie correnti di opinione in alcuni casi decisamente contrarie all’educazione
149 educazione del popolo Pietro Chiari, La filosofia per tutti, presso Angelo Pasinelli, Venezia, 1756, frontespizio. del popolo, ciò sulla base di ragioni economiche, sociali e morali. Era evidente, infatti, che lo studio avrebbe sottratto un gran numero di giovani alle attività manuali e in una realtà economica a bassa tecnologia l’abbondanza di braccia umane era una delle fonti principali di ricchezza nazionale. Questo timore si intrecciava inoltre con l’idea che un eccesso di persone scolarizzate fossero motivo di squilibrio sociale, anche perché la padronanza della lettura avrebbe potuto favorire la circolazione di idee contrarie alla religione e al rispetto dei costumi tradizionali e delle regole sociali. (P.G.)