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Published by urbanapneaedizioni, 2016-09-22 15:32:53

0-9. ZERONOVE | 16Ruelle - FreeVersion

0-9. Zeronove - 16Ruelle - FreeVersion

2007

DUEMILASETTE

RECENSIONI 2007

CASANO: The National − Boxer
DI FIORE: Il Teatro degli Orrori − Dell’Impero delle Tenebre
DI FIORE: Arctic Monkeys − Favourite Worst Nightmare
PERRICONE: Radiohead − In Raimbow
LAMARTINA: Battles − Mirrored
CATALDI: Verdena − Requiem
LUPO: Wilco − Sky Blue Sky
PAULSEN: The Good the Bad & the Queen − The Good the Bad & the Queen
LUPO: Burial − Untrue
BAJARDI: Apparat – Walls
ZUMPANI: The Shins − Wincing the Night Away

di FABIO CASANO

THE NATIONAL
Boxer
2007

ETICHETTA: Beggars Banquet 2007
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Alternative Rock,
New Wave, Revival
BRANI MIGLIORI: Fake Empire,
Slow Show, Ada
DOVE ASCOLTARLO: Ad Amsterdam,
sorseggiando un tè caldo dentro un bar
con vista sui canali. Tra le mani il catalogo
dell’ultima mostra su Van Gogh
SE FOSSE UN COLORE: Plumbeo
SE TI PIACE ASCOLTA: Arcade Fire, Wire,
Joy Division

THE NATIONAL
Boxer

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, diceva An-
toine-Laurent de Lavoisier. Mai frase fu più vera. È il caso
dei National che con altri gruppi degli anni zero, come Ar-
cade Fire, Editors, Interpol, sono stati in grado di rielabora-
re e attualizzare il post-punk dei grandi Joy Division, Killing
Joke, Wire.
Boxer è il lavoro della maturità: piena innovazione. Brani
come Fake Empire o Ada mostrano una band che anche nei
suoi momenti “acustici” (tra virgolette perché nel caso dei
National è una definizione piuttosto azzardata), non dimen-
tica la propria intrinseca natura elettrica. Ascoltiamo per
esempio lo sciame elettronico, un Wall of sound Spectoriano
o meglio ancora alla Jesus and Mary Chain, che disturba e
destabilizza e Slow Show, altra perla del disco.
Forse la voce di Matt Berninger in alcuni momenti sembra
gigioneggiare un po’ troppo con il ricordo di quella di Ian Cur-
tis e le linee di basso sembrano tirate fuori da 154 dei Wire,
ma non manca mai la sincerità e il coinvolgimento emotivo,
e su questo i National danno punti a molti dei gruppi che gi-
rano oggi. E poi cosa volere di più da una band che, per la se-
conda stagione della serie tv Il Trono di Spade, ha composto
la canzone The Rains of Castamere?
Jon Snow di tutto il mondo unitevi. L’inverno sta arrivando.

2007

di MARGHERITA G. DI FIORE

IL TEATRO
DEGLI ORRORI
Dell’Impero
delle Tenebre
2007

ETICHETTA: La Tempesta 2007
NAZIONALITÀ: Italia
GENERE: Alternative Rock, Noise
BRANI MIGLIORI:
E Lei Venne, Carrarmatorock!,
La Canzone di Tom
DOVE ASCOLTARLO: Sull’orlo di un
precipizio emotivo
SE FOSSE UN COLORE: Fiammate rosso
intenso che tagliano il nero intorno
SE TI PIACE ASCOLTA: Jesus Lizard,
Birthday Party

IL TEATRO DEGLI ORRORI
Dell’Impero delle Tenebre

La sera tardi, la notte fonda, l’alba indigesta: quale il mo- 2007
mento migliore per definire la condizione dell’uomo, la fra-
gilità che si esprime con morsi violenti alla realtà, i pugni
che nascondono sconfitte, la veemenza verbale che altro
non è che una visionaria forma d’amore. E l’amore è un
dramma in più atti. Io e te su una scena di sentimenti infetti
e solitudine, nessuna redenzione, niente di cui andar fieri se
non andare a testa alta anche all’inferno.
L’opera che si presenta ai nostri occhi è frutto di un muro
di noise possente e invalicabile che ci chiude esausti in uno
spazio dove il terrore, la febbre e perdersi sono elementi
basilari e devastanti. Non manca però una profondissima
poesia, come battiti di ali lontani che lasciano immaginare
un altrove dove forse siamo stati prima che rabbia e fru-
strazione ci squarciassero il petto. Le frasi pronunciate, ur-
late, schiacciate da Capovilla diventano piacere in un abis-
so di corde acide e batteria feroce come per accelerare le
funzioni vitali e portarle al limite: Vita Mia schianta e subito
confida Non si era mai sentito niente del genere. Ora sai a
cosa potresti andare incontro, bum!, sei vinto e basito. E lei
Venne è la vena cattiva che pulsa fortissimo, Carrarmato-
rock! è un travolgente manifesto no war.
Gli strumenti si distendono, mai del tutto, e la voce ingoia
pillole dolci che in fondo si sciolgono nella bruma nostalgi-
ca, come Lezione di Musica, o la meravigliosa Canzone di
Tom, perla di disperazione che canta la morte. Tra coscienze
nere e malate, tra inferni più o meno simili alla condizione di
me e te, uno di fronte all’altro, questo disco celebra il senso
tragico del vivere con una potenza disarmante: un dramma
in più atti, nessuna redenzione.

di MARGHERITA G. DI FIORE

ARCTIC MONKEYS
Favourite Worst
Nightmare
2007

ETICHETTA: Domino Records/
Warner Bros
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Brit Rock, Pop
BRANI MIGLIORI: Brianstorm,
Fluorescent Adolescent, 505
DOVE ASCOLTARLO: Sulla spiaggia
mentre conti le stelle
SE FOSSE UN COLORE: Il rosso nella sua
tonalità più accesa
SE TI PIACE ASCOLTA: Strokes, Killers

2007

ARCTIC MONKEYS
Favourite Worst Nightmare

Correre fortissimo per non perdere un attimo dei tuoi vent’an-
ni: la joie de vivre, l’ansia profonda, il futuro talmente poco
nitido da sembrare una di quelle navi all’orizzonte sempre
in mare, e tu sulla spiaggia a contare le stelle e a suonare
pezzi classici, estate dopo estate. Favourite Worst Nightma-
re è un concentrato di freschezza e vitamine sonore che si
impegnano al massimo per non farti invecchiare: in un’aura
decisamente british si sviluppano trame che spaziano dal
pop al garage rock fino alla ballata amorosa, e tutto funzio-
na. Dalla potenza deflagrante di Brianstorm, con la batteria
che pare un rullo compressore di sentimenti e schiaccia ogni
altra idea che non sia quella di alzare il volume, ai riff ac-
cattivanti di Teddy Picker che sono tentativi di flirtare con
l’ascoltatore, fino a Fluorescent Adolescent che è la presa di
coscienza del tempo che avanza. Tutto si ferma per lasciare
alle stelle che contavi lo spazio necessario, per abbandonarsi
a un lento che non si balla più, e così la chitarra nostalgica di
Only Ones Who Know può disegnare una ballad che mi porta
subito alla mente il momento in cui, finite le vacanze, ci si
salutava senza sapere se si sopravviveva all’inverno. Old Yel-
low Bricks abbraccia certi stilemi dance e ti spinge in pista,
prima che 505 incornici in modo brillante il ritorno a casa al
termine della notte, accompagnato da una strada complice
e deserta, dall’alba che ti chiede timida se sei pronto per un
nuovo giorno, e tu che invece di rispondere canticchi dietro
la traccia che scorre nel lettore e immagini di essere nella
scena di un film, proprio mentre scorrono i titoli di coda, e si
sa, dopo i titoli di coda, il futuro è sconosciuto quanto infinito.

2007

di FRANCESCA PERRICONE

RADIOHEAD
In Rainbow
2007

non presente su spotify

ETICHETTA: Autoprodotto 2007
e in pay what you want download
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Alt-Rock, Experimental Indie
BRANI MIGLIORI: 15 Steps, Weird Fishes,
Jigsaw Falling into Place
DOVE ASCOLTARLO: Passeggiando
per schiarirsi le idee
SE FOSSE UN COLORE: Ovviamente tutte le
sfumature di un arcobaleno!
SE TI PIACE ASCOLTA: Suuns, Warpaint, Flying
Lotus. Ma associare i Radiohead ad
altre band è molto personale, sono unici

RADIOHEAD
In Rainbow

Ipod on, Bruxelles. Parte in cuffia 15 Steps e parto anche io,
salgo sul bus a Place De Luxembourg. La batteria elettrica
attacca a ritmi sostenuti. L’inconfondibile voce di Tom Yorke
canta Come sono giunto fin qui?, le melodie elettriche accom-
pagnano il panorama. Intravedo le vette della Grand Place,
rispondo a mezza voce Ho scelto il lavoro. Bodysnatcher con
le chitarre distorte rimescola i pensieri. Yorke ride sornione
È il ventunesimo secolo. Supero la Gare Centrale brulicante
di viaggiatori e penso ai ricorrenti au-revoirs difficili da di-
gerire. Ecco le note di Nude, quasi lenta e triste. Occhi rossi,
pizzico al palato. Poi Weird Fishes mi riporta in senno con i
battiti accelerati e il reef gentile. Yorke si domanda Perché
dovrei restare qui? E risponde con i campanelli di All I Need:
È tutto giusto, è tutto sbagliato. Ma poi inizia Faust Arp con i
violini e la chitarra acustica: Sveglia, sorgi, splendi. È ora di
scendere: Reckoner, scandisce il ritmo dei passi e giungo
di fretta alla Gare Du Midi, prendo il treno. Jigsaw Falling
into Place mette di buon umore: Spazza via gli incubi, la luce
è con te. Sorrido, sono in aeroporto, l’attesa mi mangia viva,
una nuova avventura sta per cominciare. Benedico l’oracolo
Radiohead. Decollo, Ipod off.

2007

di MANFREDI LAMARTINA

BATTLES
Mirrored
2007

ETICHETTA: Warp Records
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Avant-Rock Caciarone
BRANI MIGLIORI:
Atlas, Leyendecker, Rainbow
DOVE ASCOLTARLO: In una festa mesta
SE FOSSE UN COLORE: Sarebbe un
argento con effetto specchio
SE TI PIACE ASCOLTA:
Diane And The Shell

2007

BATTLES
Mirrored

Mauro andava spesso a scuola con una cravatta verde che
pendeva dal collo come un arbre magique alla marijuana.
Portava occhiali dalle lenti impalpabili che calavano sul
naso ripido e pronunciato. Il viso mostrava un pizzetto da
carabiniere in licenza premio. A vederlo sembrava un tren-
tenne di diciotto anni. Questa sera invece è una specie di
diciottenne di trent’anni: un hipster con la camicetta color
melanzana, la barba sconclusionata di chi finge di conosce-
re la moda e i pantaloni così stretti che quando cammina
tutti si aspettano che i testicoli gli scappino dalla bocca. Lui
se ne frega e saluta chiunque, tirandosela neanche fosse
l’inventore del tacco 12. In sottofondo il math rock fashion
dei Battles rende il party più situazionista che imbarazzante:
la filastrocca avantgarde di Atlas sembra che stia canzonan-
do un gruppo di tamarri agghindati da re. Accanto a me una
modella bionda dalla erre moscia è alla ricerca di qualcuno
e avvolge le gambe in un intreccio che attende solo di es-
sere sciolto. Così mi avvicino (tenendo dritta la schiena per
guadagnare millimetri decisivi), le sorrido e le chiedo con
un timbro contundente ed efficace: «Ciao, come ti chiami?».
La bionda mi guarda come se avessi le smagliature: «Non
lo so», scandisce. Sgrano gli occhi. «Ah, non lo sai? Io inve-
ce mi chiamo Vattene Affanculo». Ecco, giuro che volevo ri-
sponderle in questo modo. Solo che lei si alza e va subito da
Mauro, regalandogli la lingua più umida che abbia mai visto.
Così mi limito a sorridere nervoso, come quando una figura
di merda ti coglie in contropiede e fai finta che nemmeno ti
dispiace, tutto sommato.

2007

di SERGIO CATALDI

VERDENA
Requiem
2007

ETICHETTA: Black Out/Universal
NAZIONALITÀ: Italia
GENERE: Alternative Rock,
Nu-Grunge, Space Rock
BRANI MIGLIORI: Caños,
Don Calisto, Il Gulliver
DOVE ASCOLTARLO: In cuffia su una
metropolitana di una città estera
SE FOSSE UN COLORE: Nero corvino
SE TI PIACE ASCOLTA: Marlene Kuntz,
Nirvana, Afterhours

2007

VERDENA
Requiem

Non sono mai stato un fan sfegatato dei Verdena, anche se
nutro una profonda stima nei confronti di questa band che,
volente o nolente, fa parte della mia generazione e ha sem-
pre aleggiato nei miei ascolti oscillando tra presenze osses-
sive e lunghe assenze. Requiem appartiene al primo caso,
quello della mania “mono-disco” per lungo tempo, fatto di
ripetizioni ossessive di un brano tre, quattro, cinque volte di
seguito con sogni a occhi aperti in cui le immagini scorre-
vano nella mia mente come su un grande schermo, mentre
mia madre urlando di smetterla faceva concorrenza agli
acuti di Alberto Ferrari. L’opera quarta del trio bergamasco
mi ha folgorato dalla prima all’ultima traccia, merito delle
melodie oscure, cariche di rabbia, sofferenza e psichede-
lia trasudante che spingevano i pensieri lontanissimo dalla
realtà e, allo stesso tempo, nel profondo della mia anima.
A valutarlo oggi, a distanza di otto anni, la mia opinione rima-
ne invariata: quella di un disco imprescindibile per chiunque
ami perdersi in un profondo abisso di melodie rock a tinte
forti. Requiem è un manifesto generazionale, la rappresen-
tazione ai posteri degli anni novanta in musica (sebbene sia
uscito negli anni zero). Credo di potere affermare che per
i Verdena rappresenti una vetta irripetibile, ma mi auguro
caldamente di essere smentito.

2007

di ALESSANDRO LUPO

WILCO
Sky Blue Sky
2007

ETICHETTA: Nonesuch 2007
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Country Rock
BRANI MIGLIORI: Either Way,
Impossible Germany, Leave Me
(Like You Found Me)
DOVE ASCOLTARLO: In autunno, davanti
al camino, con fidanzato/a
SE FOSSE UN COLORE: Rosa e beige
SE TI PIACE ASCOLTA:
Eagles, Neil Young,
Court and Spark di Joni Mitchell

WILCO
Sky Blue Sky

Sky Blue Sky potrebbe essere un disco prodotto nel 1974 e
mai pubblicato, un disco che sarebbe piaciuto ai fan degli
Eagles. Sound anni settanta senza pudore, nessuna spe-
rimentazione o velleità da indie rock contemporaneo. Jeff
Tweedy canta in stato di grazia dodici canzoni d’amore ispi-
ratissime: l’apertura della dolce serenata Either Way col-
pisce per immediatezza e semplicità, tra emozionanti ar-
rangiamenti classici di organo, pianoforte, chitarre e violini.
Impossible Germany è una ballata gentile e raffinata con
assoli finali a tre chitarre in un perfetto incastro di melo-
die che fanno propria la lezione di Hotel California col va-
lore aggiunto della tecnica di Nels Cline. Shake It Off inizia
con una frase musicale interrogativa che ricorda I Dig Love
di George Harrison e si sviluppa fino a un riff sensuale di
piano elettrico e chitarre. Hate It Here è un altro gioiello,
una canzone sdolcinata con ironia e un testo adorabile. Il
verse dal sapore autoconsolatorio si contrappone al ritor-
nello rhythm and blues che sembra uscito dal White Album.
Leave Me (Like You Found Me) si scioglie in uno squisito
sentimentalismo: Tweedy rivolge le sue dolci parole diret-
tamente alla moglie, in una canzone scritta come fosse un
classico del songbook americano. Non mancano poi delicati
country tradizionali come Please Be Patient With Me, Sky
Blue Sky e la dylaniana What Light. Il disco più romantico
e nostalgico della band di Chicago. Le critiche di tradizio-
nalismo lasciano il tempo che trovano. God bless the Wilco.

2007

di FEDERICO DILIBERTO PAULSEN e SILVIA SIANO

THE GOOD THE BAD
& THE QUEEN
The Good the Bad
& the Queen
2007

ETICHETTA: Parlophone
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Alternative Rock
BRANI MIGLIORI: History Song,
80’s Life, Herculean
DOVE ASCOLTARLO: Lontano dalla città
SE FOSSE UN COLORE: Rosso fuoco
SE TI PIACE ASCOLTA: The Coral,
Jarvis Cocker, Elbow

2007

THE GOOD THE BAD & THE QUEEN
The Good the Bad & the Queen

Non prendiamoci in giro: amiamo tutti sentirci fighi, iperatti- 2007
vi e pieni di cose da fare, ma quando la noia bussa alla porta
nella maggior parte dei casi la facciamo entrare e lasciamo
che si impossessi di noi e delle nostre azioni. Quando non
abbiamo cosa fare, da creativi e vulcanici diventiamo vuoti e
molli e ci lasciamo coccolare dal dolce far niente in attesa di
tempi migliori o di congiunzioni astrali favorevoli. Di solito è
così. Però, siamo sicuri che su questo pianeta c’è una perso-
na che non si annoia mai e che troverebbe sempre il modo di
mettersi in gioco anche durante un coffee break: Damon Al-
barn. Nella lunga pausa dai Blur è riuscito a mettere in piedi
una carriera solista di tutto rispetto e ad avviare side projects
di grande livello. Basti pensare ai Gorillaz, fortunato proget-
to che combina arte grafica e musica. Ma non solo. Nel 2007
forma una band strepitosa insieme a Simon Tong dei Verve,
Tony Allen, batterista di Fela Kuti (praticamente inventore
dell’afrobeat) e a Paul Simonon dei Clash. Capirete che le
premesse per l’ascolto di un disco di una band del genere
sono più che buone. E The Good, the Bad and the Queen
infatti non delude. Si tratta di un album variegato nel quale
senza dubbio emergono il passato e le personalità dei quat-
tro artisti. I rinvii a diverse epoche e a vari generi musicali
regalano forti suggestioni, senza che il risultato si riduca a
un mero esercizio di stile, con citazioni palesi o, peggio, con
copia e incolla spudorati da niente e nessuno. Un album con
dei testi delicati e allo stesso tempo pungenti, dedicati alla
Gran Bretagna e alla sua politica, in quegli anni particolar-
mente controversa. Una gemma del post-britpop e che ci
ha regalato un Albarn maturo, riflessivo e ispirato. Alla fac-
cia del progetto parallelo!

di ALESSANDRO LUPO

BURIAL
Untrue
2007

ETICHETTA: Hyperdub
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Dubstep, Ambient
BRANI MIGLIORI: Archangel, Near Dark
DOVE ASCOLTARLO: In cuffia a piedi da
Brixton (Londra) a Bristol sul mare
SE FOSSE UN COLORE:
Grigio smog e blu marino
SE TI PIACE ASCOLTA: James Blake,
Mount Kimbie,“Timeless” di Goldie

2007

BURIAL
Untrue

Il dubstep è un genere diffusosi nell’underground londi-
nese nei primi anni duemila; deriva dal two-step che a
sua volta nasce da una modificazione ritmica della clas-
sica garage house britannica. Untrue è un interpretazione
personale del genere e, a dispetto degli intenti danzerecci,
l’attenzione qui è più focalizzata sulle manipolazioni vocali
e sulla densissima grana sonora. Viene costruito con in-
gegnosi ed efficaci copia e incolla in un editor audio senza
sequencer. Le tracce, con caratteristici ritmi sincopati, si
susseguono in un continuum unitario: ci sono i pad eterei
di background, crepitii di vinile, frammenti di dialoghi e ru-
mori urbani su cui si stagliano voci “black” campionate e
manipolate con tecniche di pitch shifing e time stretching.
Un ambient scuro in un mare di echi, riverberi e delay. Il
risultato finale non si discosta molto dal modello della
drum’n’bass più atmosferica degli anni novanta: Omni Trio,
Photek e soprattutto il Goldie di Timeless.
Troviamo sia la rappresentazione della metropoli operosa
e dinamica, un indefinito desiderio di fuga verso la natura,
il cielo e il mare.

2007

di MARIO BAJARDI e ALESSANDRO SANFILIPPO

APPARAT
Walls
2007

ETICHETTA: Shitkatapult Strike
NAZIONALITÀ: Germania
GENERE: IDM
BRANI MIGLIORI: Birds, Arcadia
DOVE ASCOLTARLO:
Sopra un muretto...
SE FOSSE UN COLORE: Grigio
SE TI PIACE ASCOLTA: Moderat

2007

APPARAT
Walls

Non uno dei migliori lavori ma, su un piano storico, detta i
passi per il famoso salto di qualità raggiunto con i Mode-
rat. In questo lavoto Sascha Ring risulta più strategico che
talentuoso, eppure funziona, perché è anche un po’ pop,
e schiaccia l’occhiolino a varie sonorità. La prima traccia,
come se giocasse con suoni concreti e note seriali quasi
a ricordare Steve Reich, piacevolissime, si chiama Not a
Number, e dopo? Pop, con Hallin From...no, saltatela que-
sta! Useless Information e Limelight invece rievocano so-
norità esistenziali di ricerca con una ventata di novità per
questo genere musicale. Dopo? Pop..con Holdon..saltatela!
Fractales pt.1 e pt.2 invece, eccolo qui...i Moderat, che tuo-
nano in mente: bellissime ipnotiche e minimal! Dopo, Bird
e Arcadia, e qui si vola. Non saltatele, fatevi trasportare dal
cantato e dai mille piccoli accorgimenti che ci portano a ca-
pire quanto l’elettronica intelligente possa fare bene all’a-
nima. Gli altri brani si alternano tra pop ed elettronica pop.
Di buon auspicio i due penultimi brani Headup e Over and
Over che mi ricordano sonorità nordiche ipnotiche. Tirando
le somme questo album è un alternarsi di generi dove il
finale riprende l’inizio e con la sua ghost track ci lascia con
un senso di varietà, proprio come la vita.

2007

di FEDERICO ZUMPANI

THE SHINS
Wincing
the Night Away
2007

ETICHETTA: Sub Pop Records
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Indie Pop, Indie Rock
BRANI MIGLIORI: Sleeping Lessons,
Australia, Girl Sailor
DOVE ASCOLTARLO: In macchina
SE FOSSE UN COLORE: Arancione
SE TI PIACE ASCOLTA: Broken Bells,
Death Cab for Cutie, Clap Your Hands
Say Yeah

2007

THE SHINS Wincing
The Night Away

Non è possibile stabilire la forma dei sogni, ma se ne può 2007
immaginare la bellezza o l’effetto. Dalla mente di James
Mercer, frontman della band, arriva dal New Mexico questo
microcosmo musicale che strabilia e allieta con un minima-
lismo espressivo singolare. Sleeping Lessons, in apertura,
vuole essere un piacevole messaggio musicale dai toni cauti
ma modulati per garantire un giustificato exploit. Australia
è sentimento musicale dai risvolti pop, il cui ritornello gene-
ra una definizione espressiva accurata. Il primo stacco, che
denota carattere e particolare sensibilità, è Pam Berry, ma
è soltanto l’incipit di un altro punto rilevante, Phantom Limb,
che rievoca un pop d’autore di classe, anche se Sea Legs di-
mostra la capacità di saper intervallare il classico al ricerca-
to, la consapevolezza di strumenti fruibili nel modo migliore
per gestire le emozioni. Red Rabbits è cura per il particolare
del semplice, la linearità delle note e della voce. Turn On Me
ritorna a contesti di perfetta simbiosi fra musica e sentimen-
to. Black Wave mantiene un distacco, si personifica come
voce isolata, spirito inquieto in cerca di rifugio, così come
Split Needles, una transizione musicalmente lineare, ma più
austera e rigida. Girl Sailor, in questo cambiamento, conso-
lida il senso di inquietudine composta, si mostra nella sua
essenza e non nasconde la sua personalità, un brano ispirato
al rock, ma con i tempi giusti e le ritmiche adatte. A Comet
Appears è la ballata che commuove, una visione, la notte
da sussultare. La notte è l’elemento principale dell’album,
la mappatura di stelle e comete, un’ode che completa un
percorso personale. Ogni frammento del disco rappresenta
un’attestazione di verità, dove ogni dettaglio è determinante,
come lo sono i sentimenti espressi, anche il più lontano.



2008

DUEMILAOTTO

RECENSIONI 2008

BAJARDI: Son Lux − At War with Walls and Mazes
LUPO: Bon Iver − For Emma, Forever Ago
POMPEO: Elbow − The Seldom Seen Kid
ZUMPANI: King Khan and The Shrines −
The Supreme Genius of King Khan and The Shrines
LAMARTINA: Portishead − Third
DI FIORE: Vampire Weekend − Vampire Weekend

di MARIO BAJARDI e ALESSANDRO SANFILIPPO

SON LUX
At War with Walls
and Mazes
2008

ETICHETTA: Anticon
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Post-Rock
BRANI MIGLIORI: Weapons, Raise
DOVE ASCOLTARLO: Londra, metro,
cuffie sulle orecchie
SE FOSSE UN COLORE: Giallo
SE TI PIACE ASCOLTA: Baths, Active
Child, Phantogram

2008

SON LUX
At War with Walls and Mazes

Son Lux, ovvero Ryan Lott, è un compositore americano ori- 2008
ginario di Denver con un background pianistico di stampo
classico. Non trovando nella strada da concertista la sua vo-
cazione, decide di intraprendere la via della composizione e
della sperimentazione. At War With Walls and Mazes è il suo
album di debutto, nonché piena espressione della sua poe-
tica. L’album è un’opera di narrativa con tanto di Prologo ed
Epilogo. A un primo ascolto si potrebbe essere portati a per-
cepire le atmosfere del figlio della luce come caotiche e con-
fusionarie. Ma è proprio il caos l’arma vincente: è religioso,
ponderato, misurato. Al caos si alternano momenti di luce e
di calma delicata, scanditi dalla voce di Son e da strumenti
acustici, come archi e violini nell’intro di Raise, o il violoncel-
lo di Stay. Ma non lasciatevi ingannare, il caos quasi noise,
presto si mescola con la voce di Ryan che si smaterializza,
lasciando spazio al basso distorto e al loop di base. Si spri-
giona una potenza sonora notevole, derivano overture che
spesso si aprono con aria più romantica, vedi anche Stand.
La musica che Ryan compone è malinconica e lussureggian-
te, uno stile ambizioso. Ma Ryan non scorda mai il senso di
armonia fra le parti, melodia, e soluzioni innovative fra elet-
tronico e acustico, con il pianoforte che in molte occasioni fa
da protagonista senza però rubare la scena, il tutto arricchito
da arrangiamenti mai banali. Cosa che meno colpisce, posi-
tivamente, è la voce del compositore. Ha dei chiari limiti, e
spesso fatica a esprimersi come vorrebbe. Il comparto vo-
cale di Ryan lascia spazio a tutto il resto, che copre egregia-
mente ciò che la voce non esalta. Un album solido, nuovo,
che arricchisce la scena electro-post-rock a testa alta, con
soluzioni particolari degne di attenzione, che sono certo riu-
sciranno a elettrizzare il cuore di molti.

di ALESSANDRO LUPO

BON IVER
For Emma,
Forever Ago
2008

ETICHETTA: 4AD
NAZIONALITÀ: Canada
GENERE: Cantautorale
BRANI MIGLIORI: Skinny Love,
The Wolves (Act I and II), Re: Stack
DOVE ASCOLTARLO: In luoghi belli i
brutti momenti e viceversa
SE FOSSE UN COLORE:
Verde e legno d'acero
SE TI PIACE ASCOLTA: Fleet Foxes,
Elliot Smith, Jeff Buckley

2008

BON IVER
For Emma, Forever Ago

Justin Vernon era un giovane musicista che faticava a trovare
il successo. Nel 2007 attraversa una profonda crisi artisti-
ca ed esistenziale, finisce la sua relazione con la fidanzata
e decide di passare il suo “buon inverno” in un isolata ca-
setta in mezzo a laghi e boschi del Wisconsin. Porta con
sé pochi strumenti: una chitarra, un laptop, un microfono e
qualche percussione. Realizza così For Emma, Forever Ago.
Immerso nella solitudine e nella disperazione scava fino al
midollo nelle proprie emozioni e compone nove splendide
canzoni. Un album irripetibile concepito alla maniera dei
Romantici, in cui dalla sofferenza scaturisce la bellezza.
Apre Flume con un avvolgente canto d’amore, seguono i
suggestivi cori madrigali di Lump Sum. In Skinny Love Bon
Iver si rivolge direttamente all’amante perduta, in un pian-
to di rabbia. The Wolves (Act I and II) ha il suono del go-
spel e l’indole del blues e nel finale persino i fiati sembrano
supplicare la cessazione del dolore.
Re: Stacks è un incanto. La chitarra cristallina e il canto
struggente ma misurato chiudono l’album in una pace apol-
linea. For Emma, Forever Ago è struggente, enfatico e stra-
ordinariamente autentico: è cuore e pancia che diventano
musica in quel miracolo che è la creazione artistica.

2008

di VITO POMPEO

ELBOW
The Seldom Seen Kid
2008

ETICHETTA: Polydor
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Pop, Progressive Rock
BRANI MIGLIORI: Grounds for Divorce,
Mirrorball, One Day Like This
DOVE ASCOLTARLO: Chicago sarebbe
perfetta, ma se vi crea difficoltà
anche il vostro divano va benissimo
SE FOSSE UN COLORE: Arancione
SE TI PIACE ASCOLTA: Peter Gabriel,
XTC, Steely Dan

2008

ELBOW
The Seldom Seen Kid

Bel mistero, gli Elbow. Nonostante le indiscutibili doti tec-
niche e la paternità di due album come Cast of Thousand
e Leaders of the Free World, la band inglese non è riuscita
ad ottenere il meritato successo sul piano internazionale,
rimanendo fenomeno di “nicchia” per fan incalliti. The Sel-
dom Seen Kid non fa che confermare le qualità compositive
del quintetto di Manchester. Grounds for Divorce è il singolo
perfetto, Mirrorball un capolavoro di ricerca melodica, ma
a essere convincente è l’intero album, ricco di sonorità in
bilico tra progressive e pop colto alla XTC e Steely Dan ed
espliciti richiami a Peter Gabriel, tra i primi estimatori del
collettivo (non a caso The Take Off and Landing of Everything
verrà registrato proprio presso i Real World Studios). Sì è
vero: c’è sempre una ricerca piuttosto ostinata della perfe-
zione, una tendenza alla precisione a tutti i costi che rende
l’insieme poco immediato. Ma a ben vedere, oltrepassata
questa non troppo spessa patina di meticolosità tipicamente
british prog anni settanta, ci si trova davanti ad un sound
solido, profondo, al limite del romanticismo. Bel mistero, gli
Elbow. Ma, come tutti i misteri, affascinante.

2008

di FEDERICO ZUMPANI

KING KHAN
AND THE SHRINES
The Supreme Genius
of King Khan
and The Shrines 2008

non presente su spotify

ETICHETTA: Vice Records
NAZIONALITÀ: Canada/Germania
GENERE: Psychedelic Soul,
Garage Rock, Rock’n’Roll
BRANI MIGLIORI: Torture,
Welfare Bread, Sweet Tooth
DOVE ASCOLTARLO: Ad una festa
SE FOSSE UN COLORE: Rosso
SE TI PIACE ASCOLTA: Black Lips,
Thee Oh Sees, The Blind Shake

2008

KING KHAN AND THE SHRINES 2008
The Supreme Genius of King Khan
and The Shrines

The Supreme Genius of King Khan and The Shrines, è un
disco fenomenale che accoglie generi musicali di epoche
d’oro, allucinando l’ascolto. Torture alterna punk e soul, va-
lorizzando intonazione e melodia. Took My Lady to Dinner,
con l’uso di trombe in sottofondo, esprime con il suo ritmo
un’affezione mistica a un passato glorioso, così come Outta
Harm’s Way, che omaggia atmosfere del miglior soul psi-
chedelico. Land of the Freak è un urlo che si impossessa
dell’ascoltatore e lo inchioda. Fool Like me è il primo stac-
co, la ballata che Khan porta a massimi livelli. I Wanna Be
a Girl si imprigiona in articolazioni musicali, nude e crude.
Welfare Bread si impianta nella quiete che si impossessa
dell’animo gentile, mostrando una faccia pulita cara alle at-
mosfere anni sessanta. Sweet Tooth, qui la voce si impone
sul brano, senza trovare pace arrivando a una conclusione
esteticamente perfetta. Shivers Down My Spine, ballata glo-
riosa, ricca di contenuti, perfetta. Burnin’Inside, senza dece-
lerare, è un passaggio delirante, dove le chitarre avvolgono
la melodia e divengono un unico contesto sonoro. Destroyer,
brillante stacco, arricchisce con un tassello differente, così
come Live Fast Die Strong, che sembra un testamento ma-
ledetto, il punto di arrivo di King Khan, istinto delirante di
creatività. Crackin’Up, all’improvviso il senso di equilibrio
trova nel passato la sua radice. Tell Me è un crescendo di
ritmica e tensione accumulando trombe, chitarre e percus-
sioni, ed esplode. Que Lindo Sueño, è vero cambiamento,
quasi il titolo di coda di un film, la chitarra prende il so-
pravvento, i fiati rimangono sullo sfondo a supportare ma
senza prevalere. Ma il finale non è quel che sembra, perché
No Regrets regala un ultimo pensiero a quel garage punk
storico e immortale, come vuole apparire l’intero album.

di MANFREDI LAMARTINA

PORTISHEAD
Third
2008

ETICHETTA: Island Records
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Trip-Hop 2.0
BRANI MIGLIORI: Silence, The Rip,
We Carry On
DOVE ASCOLTARLO: Sotto la pioggia,
in attesa del tram. Nessuno parla,
nessuno guarda
SE FOSSE UN COLORE: Sarebbero due
colori: uno tenue, uno scurissimo
SE TI PIACE ASCOLTA: The Knife

2008

PORTISHEAD
Third

«Potresti almeno dire qualcosa». Invece sto zitto. È un vec-
chio trucco che ho imparato da Mucchio d’Ossa di Stephen
King: aspettare sempre che sia l’interlocutore a rompere il
silenzio. Così me ne sto zitto, osservando il suo disagio cre-
scere e il suo sguardo perdersi. I secondi trascorrono così
lentamente che lo scoccare del minuto sembra in ritardo di
un’ora. «Non è che questo tuo comportamento salverà la
situazione». Non sento nemmeno la sua voce, così sbilan-
ciata sulle vocali aperte che sembra volermi mangiare a
parole. Nella mia testa gira il riff di Silence dei Portishead,
il suo incedere storto, la sua paranoia totale, la claustrofo-
bia assoluta. L’incomunicabilità schiacciata su poche note
ansiogene. Trip-noise, più che trip-hop. «Io non ho niente
di cui scusarmi». Sarà, ma la sua voce accenna a sgreto-
larsi come un messaggio vago filtrato da mille tensioni.
Continuo a stare zitto. Mi fischiano solo i pensieri. «Hai
capito? Niente». In realtà è lui che non ha capito. Capisco
che non ha capito appena si allontana col suo carico di giu-
stificazioni, il curriculum formato europeo sulla scrivania
giusta e la convinzione che la coerenza è l’unico credito in
mano agli illusi.

2008

di MARGHERITA G. DI FIORE

VAMPIRE WEEKEND
Vampire Weekend
2008

ETICHETTA: XL Recordings 2008
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Pop
BRANI MIGLIORI:
Mansard Roof, A-Punk, One
(Blake’s Got a New Face)
DOVE ASCOLTARLO:
Per strada, nelle cuffie, lasciando
andare i piedi dove vogliono
SE FOSSE UN COLORE: Verde
SE TI PIACE ASCOLTA: Arctic Monkeys,
Libertines, Vaccines

VAMPIRE WEEKEND
Vampire Weekend

Come se un flusso continuo e inarrestabile di pop fresco ti 2008
inondasse proprio quando hai sete, incontrando nel suo per-
corso nell’aria reminiscenze surf, percussioni afro e pulsioni
adolescenziali. Datemi un disco leggero che suona perfetto
e vi solleverò il mondo, o perlomeno solleverò i piedi dal
pavimento, quello è certo. Datemi ritmi in levare e mi ritro-
verò al sole anche se la realtà mi propone uggia costante,
e allora balliamo sugli orari e gli impegni seguendo i passi
che vuoi, come quella volta che ci imbucammo alla festa di
uno sconosciuto diciottenne ed eravamo gli unici a portare
scarpe una diversa dall’altra.
Parte Mansard Roof e io sono già lì ad aspettarti sotto casa,
immersa in atmosfere sixties mentre tu vorresti dimentica-
re il passato, e la felicità non è mai stata così vicina, Oxford
Comma è il momento in cui viaggiamo verso un tramonto
che è soltanto l’inizio di un’avventura notturna senza pro-
getti ma dai colori che battono forte nel petto. A-Punk, sto
scrivendo e mi alzo dalla sedia, davvero, mi muovo come se
avessi preso sorrisi a colazione, come se trentanove anni si
sciogliessero in parte e ne restasse la metà, One (Blake’s
Got a New Face) è afrobeat e suggestioni esotiche che si
mescolano morbide con quel che si respira per le strade di
New York. I Stand Corrected ha il gusto di una passaggiata
new wave proprio negli anni ottanta, siamo là e tu già mi
guardavi dalla finestra della scuola. The Kids Don’t Stand
a Chance chiude asciutta e lineare, con effusioni sponta-
nee tra sezione ritmica e voce. Anch’io chiudo tutto, metto
le mie scarpe migliori, stavolta uguali, e me ne vado sen-
za orari né impegni, a seguire i passi che forse, col tempo,
avevo scordato.



2009

DUEMILANOVE

RECENSIONI 2009

BAJARDI: Jon Hopkins – Insides
LAMARTINA: Animal Collective − Merriweather Post Pavilion
BAJARDI: Moderat – Moderat
POMPEO: Patrick Wolf − The Bachelor
PAULSEN: The XX − The XX

di MARIO BAJARDI e ALESSANDRO SANFILIPPO

JON HOPKINS
Insides
2009

ETICHETTA: Domino
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Techno, Ambient
BRANI MIGLIORI: Insides, Vessel
DOVE ASCOLTARLO: In autunno,
alle pendici di una collina aliena
SE FOSSE UN COLORE: Acciaio
SE TI PIACE ASCOLTA: Massive Attack,
William Orbit

2009

JON HOPKINS
Insides

Che ci sapesse fare si era capito già dagli esordi. Con Insides 2009
l’artista raggiunge l’apice di una graduale evoluzione verso
uno stile più potente e di sonorità techno, divergenti dai primi
lavori con un’impronta prettamente ambient, come Opale-
scent e Contact Note, ma il filo conduttore delle composizioni
del nostro londinese resta sempre la melodia. Forte è l’in-
fluenza del suo maestro e collaboratore Brian Eno. Ciò che
suscita il suo lavoro, in particolar modo Insides come anche
il più recente Immunity, è la voglia di comunicare qualcosa
di vero e profondo, di istintivo, poco logico eppure sempre
sensato e preciso, lontano dalla techno dai groove distac-
cati, poco vividi e vitali. Insides parte con Wider Sun, una
melodia d’archi che prosegue per tutta la durata del bra-
no, accompagnata da un vento di sottofondo, filo condutto-
re tra gli ultimi secondi della prima traccia e i primi della
successiva Vessel. Qui, dal primo minuto, entra in scena il
tanto amato pianoforte, strumento d’infanzia del nostro caro
Jon, che presenta una impalpabile progressione arpeggiata,
quiete prima della tempesta. Prosegue per un paio di minu-
ti finché l’accennata nube iniziale esplode con tutta la sua
potenza in un brutale basso gutturale totalmente macinato
e distorto. La potenza esplosiva dal mood cupo, quasi dark,
misterioso e a tratti psichedelico, diventa il tema principale
di Colour Eye e il brano che dà il nome all’abum, Insides che,
insieme a Vessel, rappresentano il cuore pulsante di questo
album. Sensazioni differenti suscita Wire, decisamente più
spensierata, così come Light Through the Veins, che grazie
alla collaborazione con i Coldplay ha fatto da intro alla loro
Life in Technicolor. L’album chiude su una più intima e me-
lodica collina d’autunno, Autumn Hill.

di MANFREDI LAMARTINA

ANIMAL COLLECTIVE
Merriweather
Post Pavilion
2009

ETICHETTA: Domino Records 2009
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Psichedelia, Folk,
Elettronica
BRANI MIGLIORI:
In the Flowers, My Girls, Bluish
DOVE ASCOLTARLO:
Dove le pareti non esistono
SE FOSSE UN COLORE:
Sarebbe qualcosa di lucido e
impossibile, come glitter su fango
SE TI PIACE ASCOLTA: Panda Bear

ANIMAL COLLECTIVE
Merriweather Post Pavilion

Autostrada Punta Raisi-Palermo. Quella che ha più curve che
rettilinei. L’aria condizionata non mitiga il calore, figurarsi i
cattivi pensieri. L’andamento da traversata nel deserto – un
metro al minuto – ha ormai scompaginato tutti i programmi
per il resto della giornata. A destra i soliti furbi sfruttano la
corsia d’emergenza per andare a quel paese prima di chiun-
que altro. Contenti loro. Guardo fuori dal finestrino e noto
che un treno è stato appena umiliato dallo scatto irresistibi-
le di un branco di cani randagi, alcuni con più anni che peli
sul groppone. C’è un tizio dentro un camion nero che pigia il
clacson con violenza, o forse gli ha assestato un cazzotto infi-
nito: quel “poooooooo” così lungo e inappellabile sembra un
buffo principio di bestemmia. Se fossi pazzo, lisergico e felice
mollerei l’auto, metterei negli auricolari la psichedelia mo-
derna di Merriweather Post Pavilion degli Animal Collective
e correrei a perdifiato verso il mare, attendendo la luna e so-
gnando l’amore, come un vero fricchettone elettronico degli
anni duemila. Invece sono esaurito, grigio e depresso, ho il
lettore cd dell’auto rotto e la radio mi fa ascoltare solo brutta
roba in rima baciata. Tutta la creatività la riservo per nuove e
fantasiose imprecazioni da tirare fuori al momento opportu-
no. Presto, a occhio e croce.

2009

di MARIO BAJARDI e ALESSANDRO SANFILIPPO

MODERAT
Moderat
2009

ETICHETTA: BPitch Control
NAZIONALITÀ: Germania
GENERE: Elettronica
BRANI MIGLIORI: A New Error, Rusty
Nails, Out of Sight
DOVE ASCOLTARLO: In un cupo club
berlinese o in un sottopalco ad un
festival in una notte d’agosto
SE FOSSE UN COLORE: Grigio metallo
SE TI PIACE ASCOLTA: Caribou,
Trentemoller, Burial, Four Tet

2009

MODERAT
Moderat

Album di debutto per questo magnifico trio, nato dall’unio-
ne artistica di Apparat e dei Modeselektor. Sintesi perfetta
delle diverse applicazioni musicali di due grandi entità della
musica contemporanea: Apparat con il suo approccio elet-
tronico-melodico, e i Modeselektor con la loro tipica compo-
nente glitch techno. Quando penso ai Moderat, mi viene in
mente una scena: Piazza Castello, Castelbuono, YpsigRock
2014. Calda serata d’agosto, tutti ammassati e scalpitanti
per ascoltare e saltare a tempo di buona elettronica berli-
nese. Sul palco Sasha e i suoi altri due amici, e quando par-
te A New Error, brano d’apertura dell’album, tutta la piazza
scoppia nel fervore. È una cavalcata impetuosa che, volente
o nolente, col suo ritmo ossessivo ti prende e ti scuote. E se
l’atmosfera aiuta (e credetemi, il cielo stellato di Castelbuo-
no, l’impianto da 10000 Watt, la birra, le luci psichedeliche,
la massa in bacchico delirio) l’unica cosa che puoi fare è
chiudere gli occhi e lasciarti trasportare dalle vibrazioni dei
woofer che ti percuotono lo stomaco sotto la spinta dei bas-
si giungle di Seamonkey o dei synth di No.22. Non appena
sei entrato nell’atmosfera, l’album ti spiazza con una più
eterea e dilatata Out of Sight, accompagnata dalla voce di
Apparat. Ah, e comunque quella notte a Castelbuono non
c’ero: ero fuori dall’Italia. Ma quello che i Moderat mi han-
no sempre trasmesso e continuano a trasmettere è questa
gamma di sensazioni, e per questo, li amo.

2009

di VITO POMPEO

PATRICK WOLF
The Bachelor
2009

ETICHETTA: Glitterhouse
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Electro Pop
BRANI MIGLIORI: Hard Times,
Damaris, Theseus
DOVE ASCOLTARLO: Guardando
un palcoscenico vuoto
SE FOSSE UN COLORE: Verde
SE TI PIACE ASCOLTA: David Bowie,
Nine Inch Nails, Todd Rundgren,
Franco Battiato

2009


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