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Published by goroiamanuci, 2023-02-26 09:22:34

Inferno Dante Giude's to Hell ita

Inferno Dante Giude's to Hell ita

La Selva Oscura “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!” Dante Alighieri Inferno, Canto I, 1-6 Da qui in poi, questo manuale provvede a fornire una dettagliata descrizione dei Nove Cerchi, dell’Antinferno e della Selva Oscura. Questa relazione contiene moltissime informazioni a cui in teoria gli Smarriti possono accedere, soprattutto nel corso del loro viaggio, e le abbiamo qui inserite per tale motivo. Tuttavia, si tratta anche di notizie e situazioni che si vanno incontrando o palesando durante il gioco, e leggere tutto in anticipo potrebbe ridurre il piacere della scoperta progressiva, dell’esplorazione e della discesa agli inferi. Il gruppo può decidere che tali informazioni rimangano riservate alla Guida e da questi snocciolate quando necessarie. La Selva Oscura “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!” Dante Alighieri Inferno, Canto I, 1-6 Da qui in poi, questo manuale provvede a fornire una dettagliata descrizione dei Nove Cerchi, dell’Antinferno e della Selva Oscura. Questa relazione contiene moltissime informazioni a cui in teoria gli Smarriti possono accedere, soprattutto nel corso del loro viaggio, e le abbiamo qui inserite per tale motivo. Tuttavia, si tratta anche di notizie e situazioni che si vanno incontrando o palesando durante il gioco, e leggere tutto in anticipo potrebbe ridurre il piacere della scoperta progressiva, dell’esplorazione e della discesa agli inferi. Il gruppo può decidere che tali informazioni rimangano riservate alla Guida e da questi snocciolate quando necessarie.


La Selva Oltre il Mondo La Selva Oscura sorge nel nostro mondo, ma nessuno sa bene dove. Nessun cartografo, nessun dotto o esploratore è mai riuscito nell’impresa di trovarla con metodi convenzionali. Solo chi lascia la via tracciata dall’Amor Divino può ritrovarsi tra i suoi tronchi contorti. Solo uno Smarrito, come te e me. L’oscurità della Selva è più della semplice ombra gettata dall’intreccio dei rami scheletrici: la tenebra entrerà sotto la tua pelle, Viaggiatore. Al primo passo sul terreno arido, al primo respiro dell’aria acre, non saprai più come sei giunto nella Selva e il tuo sembiante diverrà quello del tuo Archetipo. A questo punto sarai davvero Smarrito. Il dedalo di alberi rinsecchiti, rovi spinosi e cespugli moribondi si dipana in ogni direzione, un groviglio privo di sentieri e di qualsiasi segno di vita animale. Gli uccelli non cantano tra i rami, non ci sono né tane né orme. Nemmeno gli insetti fanno della Selva Oscura la loro casa. Ma questo non è un luogo silenzioso: una brezza fredda accarezza le piante di continuo, suonando una melodia di gemiti e scricchiolii. A volte sembra anche di sentire una voce, o una bassa risata, riecheggiare nei tronchi vuoti. Altre volte un sussurro, flebile, una richiesta d’aiuto o forse di pietà. Potrebbe essere solo uno scherzo della mente, ma non è detto, Viaggiatore. In fondo, questa vegetazione non è altro che la prole sciagurata di un veleno che filtra da sotto la Porta Eterna. Non l’odio e l’invidia prima di Lucifero, bada bene. Il fiele di cui parlo è la sozzura dell’animo umano, la marea fetida di innumerevoli peccati e coscienze in suppurazione. Puoi sentirlo nel vento, assaporarlo tra un respiro e l’altro. Cenere sulla lingua. Sangue rancido attaccato al palato. Non lasciarti distrarre dalla tetra boscaglia o potresti non trovare mai l’uscita. Solleva gli occhi dalla via, puntali ai pochi raggi di sole che si fanno strada tra i rami. L’astro mosso dal Primo Amore ti guiderà tra valli spinose, sull’orlo di voragini scoscese, oltre ruscelli dall’acqua amara, fino al cuore della Selva stessa. Qui gli alberi sono ancora più densi e la luce assume una tinta grigiastra. Tra la vegetazione, qua e là, spuntano ruderi ormai avviluppati dalla Selva. La loro natura e la loro origine? Non è più dato di conoscerle. Lungo una Piaggia Silenziosa Alcuni Viaggiatori narrano della presenza, nel cuore del bosco, di una radura con uno stagno al centro, illuminato da uno strano bagliore sul fondo. Sembra che essa attragga i viandanti sperduti e le anime in pena, e funga da unico punto di raccolta tra coloro che qui si smarriscono. Non temere le sue rive, ché esse potrebbero essere l’unico punto sicuro per te, nella foresta, ma allo stesso tempo non cercare di catturare il lucore che risplende sul suo fondo, perché esso è al di fuori della tua portata. Qui però puoi attendere altri Smarriti, che prima o poi raggiungeranno lo stagno, e magari concordare di compiere il Viaggio assieme. Si narra addirittura che questo sia l’unico luogo in cui alcuni reietti dell’Inferno, angeli ignavi, dannati e spiriti magni, a volte possano giungere dopo aver aggirato per altre vie la Porta Eterna, e presentarsi agli Smarriti come compagni e guide. 102 Capitolo II - Inferno


Le Custodi della Selva Anche se diventa sempre più arduo, cerca di stare lontano dalle piante: qui le radici strisciano come serpi e i rami cercano di ghermirti. Spine e artigli lignei hanno cercato di spargere il mio sangue quando sono passato, forse assetate dell’unica cosa davvero viva in quella foresta. Un ultimo sforzo e, superata una barriera di arbusti, giungerai a un arco di roccia. Poco oltre, il terreno sale a un colle e la Selva Oscura si dirada. Ma il passaggio è sorvegliato, Viaggiatore. Stai in allerta. Tre figure emergono dalla boscaglia, una ad una. Per prima giunge la Lonza maculata, snella e agile. Secondo il Leone, splendente di tronfia superbia. Ultima la Lupa, consumata da una fame imperitura. Le Tre Fiere hanno il compito di frapporsi agli Smarriti e cercare di infrangere in loro la Speranza dell’Altezza. Questa è la prima vera prova che ti troverai ad affrontare, ma non temere: tutti gli Smarriti hanno una Guida. Allor si Mosse, ed io gli Tenni Dietro C ome Virgilio si è rivelato a Dante Alighieri all’apparire delle Tre Fiere, così la tua Guida, se sarai così fortunato ad averne diritto, farà la sua comparsa al tuo fianco proprio nella Selva. Non per aiutarti a superare tale luogo e condurti al colle luminoso, questo no, a nessuna Guida è concesso tale privilegio. Dopo tutto si tratta di scoprire se sei degno di intraprendere il viaggio verso la Città Dolente. La Guida è qui per qualcosa di molto più importante: rammentarti della Speranza dell’Altezza e spronarti a superare ogni paura. Nel regno senza sole, l’arma più forte a tua disposizione sarà una mente affilata e l’armatura più resistente sarà un’anima riforgiata dalla penitenza. Una volta sconfitte o aggirate le Tre Fiere, la Selva Oscura allenta la sua presa. Le piante si diradano e i raggi solari si fanno strada tra i rami. La tua Guida già riparte, seguila. Essa ti condurrà nella direzione opposta al colle luminoso, nel fitto più fitto, laddove espira il fiato dell’Inferno, sulla soglia del Cieco Mondo. Di fronte a te ora si erge una porta, incassata in una roccia nera come un dente marcio. Sembra non avere sostegni e aprirsi sul nulla, ma quando ti avvicini appare come infissa in una muraglia nera, che continua all’infinito sia a destra che a sinistra, perdendosi tra gli alberi. La porta è di metallo, cupo e corroso, antico quanto i cancelli del paradiso terreno. Su di essa campeggia una scritta che spicca come un’ombra nel cielo di mezzanotte, nero su nero. Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Seguendo la campagna inserita in Virgilio’s Untold Tales, la Selva Oscura è il luogo primo dove si ritrovano i Viaggiatori, prendono consapevolezza della loro situazione e della propria natura e si preparano al Viaggio. Questo Primo Canto e tutte le informazioni relative ai suoi pericoli e ai suoi Custodi, le Tre Fiere, si trovano nel manuale dedicato alla Guida. Capitolo II - Inferno 103


L’Antinferno “Ed elli a me: «Questo misero modo tegnon l’anime triste di coloro che visser sanza ’nfamia e sanza lodo. Mischiate sono a quel cattivo coro de li angeli che non furon ribelli né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro. Caccianli i ciel per non esser men belli, né lo profondo inferno li riceve, ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli».” Dante Alighieri Inferno, Canto III, 34-42 L’Antinferno “Ed elli a me: «Questo misero modo tegnon l’anime triste di coloro che visser sanza ’nfamia e sanza lodo. Mischiate sono a quel cattivo coro de li angeli che non furon ribelli né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro. Caccianli i ciel per non esser men belli, né lo profondo inferno li riceve, ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli».” Dante Alighieri Inferno, Canto III, 34-42


Oltre la Porta Eterna Dinanzi a me non fuor cose create se non etterne, e io etterno duro. Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate. Q ueste le parole incise a divino fuoco sulla Porta Eterna, abbastanza temibili da scuotere il cuore più saldo. Ma non travisare il loro consiglio: la Speranza che finora hai custodito nel tuo cuore non si dissolve appena sei entrato. Piuttosto essa rimane con te fin quando non la dilapiderai personalmente e per tua scelta, tramite l’arbitrio che distingue l’uomo dalla belva. Solo allora, solo quando la impiegherai per andare avanti e salvarti dai tormenti infernali, l’avrai persa davvero e sarà estremamente arduo, se non impossibile, recuperarne una frazione, non nel luogo dove sei appena entrato. Tienitela dunque ben stretta e spendila con parsimonia: è questo l’unico modo in cui potrai lasciare il Cieco Mondo. Una spinta e la porta si spalanca. Il mondo dei vivi svanisce in un baleno, un cambiamento impercettibile come il momento in cui la veglia cede al sonno. Non serve compiere neanche un singolo passo per entrare nella dannazione eterna, visto che ci sei sempre stato, fin dal momento del tuo primo peccato. Benvenuto all’Inferno, Viaggiatore. O meglio, al suo ingresso: l’Antinferno. Il vero tormento si annida più avanti, questo è il luogo per gli infelici a cui è negata la luce dell’Onnipotente ma che non si sono meritati l’eterno dolore. L’Anticamera del Cieco Mondo Urla, pianti, percosse e battere di mani echeggiano nella vastità buia e cieca, asfissiata da vapori maleodoranti. Il terreno fangoso scende con una lieve inclinazione tra ruderi di templi antichi, acquedotti in rovina e anfiteatri demoliti. Torri mezze affondate nella fanghiglia si sgretolano a poco a poco, mentre il ribollire di alcune pozze acquitrinose tradisce la presenza di orrori in attesa sotto la superficie. Quali acque portavano quei condotti, quali artigiani hanno lastricato tali strade, quale pubblico ha gremito quegli spalti? Nessuno può saperlo e non abbiamo ipotesi a riguardo, se non una. Essi non sarebbero i resti di un tempo in cui gli inferi erano davvero abitati, né appartengono al tempo degli dèi falsi e bugiardi, né mai, ma pezzi del mondo degli uomini che sono essi stessi finiti all’Inferno, percolando dalle crepe della terra in tale luogo, e qui rovinando eternamente, come le anime degli uomini che vi si aggirano attorno... Anime Ignave È qui che coloro che non si sono schierati né dalla parte del bene né da quella del male, gli ignavi, vagano nel perenne grigiore. Questi pusillanimi arrancano dietro a vessilli grigi privi di significato, stracci animati da volontà demoniache che serpeggiano tra rocce bitorzolute e rigagnoli maleodoranti. Vespe, tafani, mosconi e altri insetti fastidiosi pungono i loro corpi nudi. Molti inciampano sul terreno putrido o vengono gettati a terra dai frequenti tremiti del mondo. Sul terreno li attendono vermi, larve e scolopendre, che strisciano su di loro e cercano di tenerli al suolo. Ma gli ignavi si rialzano sempre e riprendono l’inutile marcia. Sotto le lacrime e il sangue che lorda i loro volti si legge un desiderio che li consuma come l’inedia. Non una brama precisa, ma la tremenda, atterrente voglia di provare qualcosa oltre a questa faticosa e fastidiosa esistenza. Qualsiasi cosa. Per questo, come vedrai più avanti, alcuni ignavi agognerebbero perfino le torture che aspettano i dannati oltre l’Acheronte, preferirebbero financo il fuoco infernale a questo eterno prurito dell’anima. Un destino che però sarà loro negato. 106 Capitolo II - Inferno


La massa di dannati traslucidi e biancastri si confonde a tratti con la bruma, ma alcuni tra di loro risaltano alla vista: angeli. Nella primeva guerra tra le schiere angeliche di Nostro Signore e quelle che si unirono all’Avversario, loro si sono dichiarati neutrali. Maestosi e regali nonostante la loro condanna, gli angeli ignavi sono alti almeno il doppio di un uomo e hanno le ali bloccate da anelli dorati o catene. Il loro volto non è quasi mai visibile: una maschera, un cappuccio o un sudario impediscono sempre agli ignavi di scorgere la portentosa bellezza degli angeli, cosa che porterebbe loro sollievo in mezzo alla desolazione. L’Acheronte Seguendo le torme di ignavi, sia umani che angeli, si può raggiungere un fiume immenso, la cui sponda opposta è celata alla vista dall’estrema distanza e da banchi di nebbia rossastra. Questo è l’Acheronte, i cui flutti scuri corrodono e annichiliscono chi può ancora trarre respiri. C’è un solo modo per passare dall’altra parte: salire sulla barca di Caronte, il gigante dagli occhi di bragia. Caronte appare a intervalli regolari, 108 Capitolo II - Inferno


pronto a imbarcare le anime in attesa del loro eterno castigo. La sua figura è mastodontica, i suoi occhi brillano come fari nella bruma, ma lo sentirai molto prima di vederlo. Il remo affonda nell’acqua con tonfi terrificanti e dalla sua bocca prorompono di continuo ingiurie verso i dannati. Quando appare, il suo sembiante atterrisce il coraggio dei presenti, inchiodandoli al suolo. Immenso, con barba e capelli di un bianco niveo, Caron Dimonio appare come un titano nelle cui vene scorre lo stesso fiele tumultuoso dell’Acheronte. I demoni nocchieri che brulicano sulla barca respingono con forconi e remi la calca di ignavi che cercano di salire a bordo, lasciando passare solo le anime destinate all’altra sponda dell’Acheronte. Salvo che per ordine di Caronte, non lascerebbero mai che un vivente possa salire sulla barca. Quindi dovrai trovare un modo per ingraziarti il capitano del vascello. Non è raro che Caronte debba liberarsi di qualche incombenza, quindi offriti di aiutarlo e potrebbe concederti di salire a bordo. Una volta sulla barca, il viaggio è breve. Un forte vento agita i capelli del gran demone e un bagliore vermiglio spazza la foschia di fronte a lui. Con ogni remata Caronte scivola attraverso l’eternità e attira a sé la sponda opposta, accorciando un viaggio che per chiunque altro sarebbe più lungo della distanza tra il fondo degli oceani e la sommità più alta del mondo. Giunto in vista della riva, Caronte immerge il remo nell’Acheronte e con un tuono la realtà si solidifica nuovamente. Sei arrivato dall’altra parte, Viaggiatore. Seguendo la campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales, l’Antinferno è la prima tappa del Viaggio. Da qui in poi, i Viaggiatori possono incontrare anime perse e Spiriti Familiari, ma soprattutto inizieranno a lasciarsi dietro la Speranza, senza o quasi possibilità di recuperarne. Alla traghettata dell’Acheronte è inoltre dedicato uno dei Canti opzionali e aggiuntivi della campagna. Tutte le informazioni relative a questi pericoli e al Secondo Custode, Caronte, si trovano nel manuale dedicato alla Guida. 109


Primo Cerchio – Il Limbo “«Or discendiam qua giù nel cieco mondo», cominciò il poeta tutto smorto. «Io sarò primo, e tu sarai secondo». E io, che del color mi fui accorto, dissi: «Come verrò, se tu paventi che suoli al mio dubbiare esser conforto?». Ed elli a me: «L’angoscia de le genti che son qua giù, nel viso mi dipigne quella pietà che tu per tema senti. Andiam, ché la via lunga ne sospigne». Così si mise e così mi fé intrare nel primo cerchio che l’abisso cigne.” Dante Alighieri Inferno, Canto IV, 13-24 Primo Cerchio – Il Limbo “«Or discendiam qua giù nel cieco mondo», cominciò il poeta tutto smorto. «Io sarò primo, e tu sarai secondo». E io, che del color mi fui accorto, dissi: «Come verrò, se tu paventi che suoli al mio dubbiare esser conforto?». Ed elli a me: «L’angoscia de le genti che son qua giù, nel viso mi dipigne quella pietà che tu per tema senti. Andiam, ché la via lunga ne sospigne». Così si mise e così mi fé intrare nel primo cerchio che l’abisso cigne.” Dante Alighieri Inferno, Canto IV, 13-24


Sull’Orlo dell’Inferno I n contrasto alla melma palustre dove vagano gli ignavi, questa riva è rocciosa e solida. La via da seguire è una sola: a destra e a sinistra emerge una selva di monoliti imponenti, così addossati l’uno all’altro che è impossibile passarci in mezzo. La nebbia ammanta e offusca ogni cosa, e anche chi fosse in grado di penetrare le tenebre di questo cerchio troverebbe lo sguardo accecato dall’eterna foschia che inonda ogni cosa. Solo al bagliore della Divina Fiamma, uno sguardo molto attento può notare che su ogni pietra sono incise figure di eroi, falsi dèi e mostri appartenenti alle più svariate culture. Oltre questo cammino iniziale si apre un abisso così profondo e buio che è impossibile vederne la fine, lungo le cui pareti si inanellano vaste cerchie in pendenza su cui si affollano i dannati. La prima di tali cerchie, quella in cui ti trovi adesso è il Limbo, “l’orlo”, il luogo che ospita uomini, donne e bambini che, sebbene non abbiano mai commesso peccato, non hanno ricevuto il dono del battesimo. Anche le anime prive di macchia nate prima di Nostro Signore si trovano in questa bruma. Non ci sono urla e lamenti, solo sospiri di un profondo desiderio. A differenza degli altri dannati, però, gli abitanti della prima cerchia hanno ancora in sé una scintilla della Divina Fiamma: è già successo in passato, infatti, che la Pietà Divina abbia sottratto anime illustri al Cieco Mondo per elevarle in beatitudine. Gli Spiriti nell’Alto Castello E d è proprio la Divina Fiamma ad alimentare un gigantesco falò, l’unica pira di luce visibile in quelle lande, seppure offuscata dall’eterna foschia, che si scorge in cima al colle attorno a cui sorge un poderoso castello. Alimentato dallo stesso fuoco che incendia la fiaccola portata dalla tua Guida, esso promana un bagliore chiaro, che si innalza in leggiadre pennellate di luce. È quello il Castello degli Spiriti Magni. Tale miracolosa cittadella cinge per intero quel colle, che solo si eleva tra le plaghe nebbiose, e lo fortifica dal basso via via tutto attorno fino in cima. I suoi bastioni sono un amalgama degli stili architettonici più disparati, come se qualcuno avesse abbattuto centinaia di palazzi in giro per il mondo e li avesse ricostruiti assieme senza criterio alcuno, in una singola fortezza. Sette cinte di mura lo attorniano, e torri, e porte. Obelischi iscritti di geroglifici, tetti spioventi, minareti, piramidi a gradoni, campanili spuntano in punti casuali delle mura e dell’interno. Un fiume dalle acque cristalline fa da fossato e non sembra esserci alcun modo di superarlo. Non farti ingannare: se porti con te la Divina Fiamma potrai camminarci sopra come fosse terra solida e giungere al cospetto degli Spiriti Magni, i savi eruditi e pii uomini dell’antichità, graziati dalle pene infernali e in attesa del giudizio finale. La Corte di Minosse Se continuerai invece a scendere verso il Secondo Cerchio, ti ritroverai in mezzo a una folla di dannati. La strada si fa stretta e i monoliti ritornano ad affiancare il cammino. Ben presto la roccia si curva e sigilla, formando una galleria senza la minima intercapedine, dinnanzi alla quale si accalcano le interminabili legioni dei morti provenienti da tutto il mondo, diretti al giudizio di Minosse. Ricorda che le anime sono diafane, Viaggiatore, ma spingere per farti largo potrebbe scatenare l’ira dei demoni guardiani. In fondo alla galleria lo spazio si apre in una sorta di teatro, gremito da un incalcolabile numero di anime. Sei già nel Secondo Cerchio, dopo aver superato lo sprofondo tra i primi due anelli dell’Inferno tramite quell’orrido cunicolo gremito di spiriti. 112 Capitolo II - Inferno


Sull’orlo esterno del Secondo Cerchio torreggia il salto infinito di roccia nera che ascende fino al Limbo, simile a un’interminabile parete montuosa. Ora davanti a te ci sono crepe ovunque, gli spalti di quel colossale teatro si sbriciolano sotto i piedi e le torce morenti che dovrebbero illuminare il tutto sono ridotte a carboni appena accesi. E c’è qualcuno sul palco. Davanti a te si erge il giudice infernale, Minosse, Terzo Custode degli Inferi. Il suo volto è una maschera ferina: dal labbro inferiore sporgono zanne da verro e, mentre ringhia, le lunghe orecchie pelose tremolano come canne al vento. La sua coda, squamosa come un serpente, striscia tra la polvere. Una a una le anime si genuflettono e vomitano tutte le loro colpe in un fiume di parole e pianto. Minosse non risponde, ma attorciglia la coda attorno al corpo un numero di volte pari al cerchio a cui è destinato il dannato. Poi, con un gesto, scaglia via l’anima nel luogo in cui sconterà le sue pene. Superarlo non sarà facile, Viaggiatore. Il Terzo Custode è inflessibile, il suo giudizio è inappellabile. Ma puoi sfruttare la debolezza che si porta dietro dai tempi in cui regnava su Creta: Minosse apprezza ciò che è bello. Lo stesso punto debole che portò alla tragica nascita del Minotauro potrebbe garantirti un passaggio sicuro. Certo, trovare la bellezza all’Inferno non è impresa facile, avrai bisogno di creatività e spirito di improvvisazione. Una volta placato Minosse, la via per l’abisso sarà libera. Prima però, se puoi, trova ristoro e conforto tra gli Spiriti Magni, chiedi loro un frammento del falò per rischiararti lungo il cammino e ascolta i loro consigli: quello è l’ultimo luogo accogliente e protetto, per quanto miserevole e transitorio, che incontrerai durante il Viaggio. Là troverai il ristoro dell’alta fiamma e potrai apprendere molto da saggi ed eroi del passato. Avrai bisogno di tutto l’aiuto possibile per affrontare il viaggio che ti attende più in basso, dove il vento ulula e il pianto cade come grandine. Anche il cammino attraverso il Limbo e poi fin giù verso la sede di Minosse è oggetto di diversi Canti e Strofe della campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales. Tutte le informazioni relative ai pericoli di queste lande sotterranee e al Terzo Custode si trovano nel manuale dedicato alla Guida. 113


Il Castello degli Spiriti Magni Un Rifugio nelle Tenebre Se viaggi con un frammento della Divina Fiamma, posa senza paura il piede sul fiume che circonda le mura del Castello degli Spiriti Magni. Al tocco, le acque si fanno dure come pietra, garantendo il passaggio. All’interno si sviluppa una vera e propria cittadella, l’unico luogo davvero abitato dell’Inferno. Edifici di ogni luogo ed epoca si intrecciano in una confusione che, contrariamente a quanto si potrebbe credere, ha una sua eleganza. Qua e là spuntano torri e palazzi, affastellati in ogni dove fin sulla cima del colle, dove arde il gran falò, visibile da ogni angolo del Castello. Per raggiungerlo si passa sotto portici ornati da affreschi e mosaici, tra canali solcati da ogni genere di barca, sopra ponti, in mezzo ai vicoli di un serraglio, carruggi, calli e scalinate di marmo. Spezie dall’oriente solleticano il naso, fiori e frutti di isole senza nome spandono le loro fragranze dai balconi. Tra le case si spalancano ampi prati smeraldini, cresciuti al riverbero della Fiamma, su cui risuona una melodia impossibile da udire altrove: arpe, sitar, tamburi delle steppe, corni e gorgheggi si mescolano in una melodia sorprendente. Sia nelle oasi verdi che per strada si raccolgono gli Spiriti Magni, donne e uomini che hanno guadagnato larga fama in vita e si sono distinti tra tutti. Da Cesare a Cicerone, da Aristotele a Platone. Saggi delle lande dove sorge il sole, matematici alla corte dei sultani, poetesse di terre ignote adorne di piume sgargianti. Tutti si trovano in questo luogo e, per grazia divina, si capiscono l’un l’altro in qualsiasi lingua parlino. Non sprecare l’occasione, Viaggiatore: saranno ben felici di aiutarti con conoscenze e manufatti, se saprai risvegliare il loro interesse. Non potendo lasciare il Limbo, qualsiasi reliquia o conoscenza degna di nota portata da fuori può essere un’ottima moneta di scambio. È bene ribadirlo, non è impossibile, in effetti, che qualcuno di loro possa unirsi al tuo viaggio, come fece Virgilio con Dante Alighieri. Il Falò dell’Eterno Ritorno Una volta concluse le contrattazioni è l’ora di raggiungere il gran rogo che mai si esaurisce. Sulla cima del colle oltre le sette cinte ascendenti, si apre una corte ampia e invitante, e al centro di essa arde la vampa divina, rifratta nei mille corpi traslucidi delle anime qui riunite. Al suo cospetto, una frazione della beatitudine senza tempo tocca il tuo cuore, riscaldandolo con la Speranza dell’Altezza e rinforzando il tuo spirito. Se sarai abbattuto lontano dalla fiamma della tua Guida, ti ritroverai rinato dalle ceneri di questo falò, pronto ad affrontare di nuovo da capo i pericoli dell’Inferno. La piazza stessa è degna di nota: circolare e attorniata da edifici dal tetto a punta, ricorda una gigantesca corona. Le pietre a terra formano l’immagine di un serpente trafitto dai raggi di un sole dorato. Il fuoco brucia in una conca all’interno dell’astro e, forse per un gioco della sua bianca luce, a volte il rettile sembra colto da spasmi. Al Castello degli Spiriti Magni e al cammino per giungervi sono dedicati due Canti della campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales. Tutti i segreti di queste due tappe si trovano nel manuale dedicato alla Guida. Il Falò dell’Eterno Ritorno Una volta concluse le contrattazioni è l’ora di raggiungere il gran rogo che mai si esaurisce. Sulla cima del colle oltre le sette cinte ascendenti, si apre una corte ampia e invitante, e al centro di essa arde la vampa divina, rifratta nei mille corpi traslucidi delle anime qui riunite. Al suo cospetto, una frazione della beatitudine senza tempo tocca il tuo cuore, riscaldandolo con la Speranza dell’Altezza e rinforzando il tuo spirito. Se sarai abbattuto lontano dalla fiamma della tua Guida, ti ritroverai rinato dalle ceneri di questo falò, pronto ad affrontare di nuovo da capo i pericoli dell’Inferno. La piazza stessa è degna di nota: circolare e attorniata da edifici dal tetto a punta, ricorda una gigantesca corona. Le pietre a terra formano l’immagine di un serpente trafitto dai raggi di un sole dorato. Il fuoco brucia in una conca all’interno dell’astro e, forse per un gioco della sua bianca luce, a volte il rettile sembra colto da spasmi. Al Castello degli Spiriti Magni e al cammino per giungervi sono dedicati due Canti della campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales. Tutti i segreti di queste due tappe si trovano nel manuale dedicato alla Guida.


Secondo Cerchio – La Bufera “Quando leggemmo il disïato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante».” Dante Alighieri Inferno, Canto V, 133-138 Secondo Cerchio – La Bufera “Quando leggemmo il disïato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante».” Dante Alighieri Inferno, Canto V, 133-138


Nel Cerchio degli Amanti S perando che tu riesca a superare Minosse, troverai ad attenderti oltre la sua sede un ingresso: uno stretto passaggio tra macerie e rovine accatastate alla rinfusa, spuntoni taglienti, rupi frastagliate e lastre seghettate che emergono dal suolo. Sopra di esso vi è un arco di pietra, con un fregio che raffigura un uomo e una donna in altorilievo, tesi l’uno verso l’altro con le punte delle dita, senza mai riuscire a sfiorarsi. Sono gli Amanti, il simbolo più celebre del Secondo Cerchio, eppure un simbolo che parla non di amore e affetto, bensì di peccato, tormento ed eterna pena. Oltre di esso, infuria la Bufera, che dà il suo stesso nome al Secondo Cerchio tutto. Nella notte più nera un vento possente urla come mare in tempesta, così forte che è difficile cogliere le grida e le bestemmie dei dannati. Come sia possibile avere una burrasca così vasta in questi antri è presto detto. Sotto la sferza di alcuni diavoli tempestari, alcuni titanici uccelli primordiali, chiamati ziz, battono continuamente le proprie ali per reggersi a mezz’aria, e alitano il loro fiato nero verso il centro del loro cerchio, e così generano le nubi e i venti della Bufera e tutti i suoi effetti. Lampi e folgori rosse, generate dalle penne metalliche degli ziz, rischiarano continuamente le nuvole fosche, permettendo di vedere tutto intorno. Le rocce sparse per il burrone sono lisce e taglienti come vetro, consumate dalla furia degli elementi. L’unica zona di calma, occhio di questo ciclone immenso, è quella rischiarata dalla Divina Fiamma, se la possiedi, che risulta intoccabile e neppure sfiorata dai neri venti dell’abisso. Attraverso il riverbero di questo fioco barlume, o al chiarore dei fulmini sanguigni, puoi scorgere i Lussuriosi. La Bufera strattona e sbatte miriadi di anime diafane, tutte macchiate dalla lussuria. In vita hanno seguito le loro pulsioni verso una fine violenta, e adesso è la tramontana infernale a trascinarli. Si schiantano contro i muri, rimbalzano contro le rocce che rotolano e vengono trascinate dalla tormenta, e cercano di avvinghiarsi l’una all’altra, nel tentativo di avere un qualsiasi punto di contatto. Ma all’Inferno ognuno è solo. La brace dell’amore carnale non è nulla rispetto allo splendore del Primo Amore da cui sono separati. La Bufera Di fatto questo cerchio altro non sarebbe che un pendio scosceso e ripido di roccia nera, che dalla parete del Limbo discende verso i fanghi della Fossa, ma l’immane e inestinguibile bufera che imperversa al suo centro è l’unica cosa che si scorge, gli dà forma e senso. Le Dolorose Genti qui assegnate da Minosse, mai non giacciono riverse al suolo, ma fluttuano eternamente nell’aria vuota al centro del baratro, per sempre sferzate e trascinate dai suoi venti. Nel ciclone imperversano anche pietre aguzze, nugoli di ciottoli, lastroni delle dimensioni di un uomo e perfino giganteschi massi, strappati al suolo e sollevati dai turbini maledetti in cerchi e parabole infinite. Per attraversare questo pozzo tempestoso dovrai affidarti alla Divina Fiamma e confidare nella tua natura corporea, che ti differenzia da quella delle anime morte. Attorno alla tua luce, i venti cadono di colpo, l’ululato della bufera si calma e si può addirittura avere una conversazione con i dannati. E tuttavia, alcuni dei numerosi pericoli del cerchio possono superare tale difesa. 118 Capitolo II - Inferno


Sotto un Aere Fosco e Burrascoso Prima fra tutti, la grandine: le lacrime dei Lussuriosi si tramutano infatti in frammenti di ghiaccio che, affilati come pugnali, volano ad alta velocità in “stormi” acuminati e piovono d’intorno come strali. Perfino la Divina Fiamma, nonostante sia in grado di quietare i turbini infernali, non riesce ad arginare del tutto la corsa della grandine, che può colpire a tappeto anche attorno a essa. Bisogna perciò trovare subito riparo non appena si avvista uno scintillio nel buio. Altro problema sono i Tempestari, i diavoli custodi del Secondo Cerchio, che suscitano, alimentano e governano la Bufera sferzando gli ziz con fruste e arpioni, o tramite cornamuse, buccine e altri strumenti ignominiosi. In piedi sulle rocce più grandi, in cima a torri diroccate o rupi, o anche e persino a mezz’aria essi stessi, questa legione di angeli caduti è preposta a pungolare quegli alati titani primordiali, indirizzando i venti e aggrovigliando i turbini, e ingenerando la matrice stessa della tormenta che tutti via trascina. Essi non ti sono direttamente ostili, e si curano principalmente del loro officio, degli ziz e dei dannati a loro assegnati, a meno che tu stesso non ti porrai contro di loro o ti farai altrimenti notare. In tal caso, essi rivolteranno la Bufera contro di te, scagliandoti addosso pietre, grandine e perfino gli stessi Lussuriosi. E se i refoli della tempesta non possono nuocerti fin quando rimani al rischiaro della fiamma, i Tempestari potrebbero scuotere le rocce fluttuanti, ribaltarle, frantumarle o schiantarle tra di loro facendotele rovinare addosso. L’ultimo e forse più grande ostacolo sono i Lussuriosi stessi. Alcuni che ti hanno conosciuto in vita, i tuoi Spiriti Familiari, potranno manifestarsi e attaccare mossi da gelosia o da irrefrenabile desiderio. Altri ancora cercheranno di impadronirsi della Divina Fiamma per avere un attimo di riposo nella Bufera (cosa che è impossibile, ma nella loro brama potrebbero metterti in pericolo). Infine, alcuni Lussuriosi non desiderano altro che raccontare ciò che li ha condannati a tale pena. Ascoltali, Viaggiatore, ma non lasciarti prendere dalla compassione. Il vento qui si alimenta anche delle passioni terrene e potrebbe prendere tanta forza dalla commiserazione di uno Smarrito da rompere le tue difese e rapirti. Una volta nella Bufera dovrai fare affidamento a tutta la tua prontezza d’animo e alla tua agilità. Afferra la prima sporgenza disponibile, riparati sotto ammassi di rupi gettate al suolo, tra anfratti e dietro tutte le coperture che troverai, o sarai scaraventato qua e là come un fantoccio, come i dannati. E quando ti sarai lasciato la Bufera alle spalle e ormai lontana sopra la testa, credendoti scampato a un gran tormento, ecco che ti ritroverai nel Terzo Cerchio. Al cerchio dell’Eterna Bufera è dedicato uno dei Canti opzionali e aggiuntivi della campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales. Tutti i segreti di questa tappa facoltativa si trovano nel manuale dedicato alla Guida. Sotto un Aere Fosco e Burrascoso Prima fra tutti, la grandine: le lacrime dei Lussuriosi si tramutano infatti in frammenti di ghiaccio che, affilati come pugnali, volano ad alta velocità in “stormi” acuminati e piovono d’intorno come strali. Perfino la Divina Fiamma, nonostante sia in grado di quietare i turbini infernali, non riesce ad arginare del tutto la corsa della grandine, che può colpire a tappeto anche attorno a essa. Bisogna perciò trovare subito riparo non appena si avvista uno scintillio nel buio. Altro problema sono i Tempestari, i diavoli custodi del Secondo Cerchio, che suscitano, alimentano e governano la Bufera sferzando gli ziz con fruste e arpioni, o tramite cornamuse, buccine e altri strumenti ignominiosi. In piedi sulle rocce più grandi, in cima a torri diroccate o rupi, o anche e persino a mezz’aria essi stessi, questa legione di angeli caduti è preposta a pungolare quegli alati titani primordiali, indirizzando i venti e aggrovigliando i turbini, e ingenerando la matrice stessa della tormenta che tutti via trascina. Essi non ti sono direttamente ostili, e si curano principalmente del loro officio, degli ziz e dei dannati a loro assegnati, a meno che tu stesso non ti porrai contro di loro o ti farai altrimenti notare. In tal caso, essi rivolteranno la Bufera contro di te, scagliandoti addosso pietre, grandine e perfino gli stessi Lussuriosi. E se i refoli della tempesta non possono nuocerti fin quando rimani al rischiaro della fiamma, i Tempestari potrebbero scuotere le rocce fluttuanti, ribaltarle, frantumarle o schiantarle tra di loro facendotele rovinare addosso. L’ultimo e forse più grande ostacolo sono i Lussuriosi stessi. Alcuni che ti hanno conosciuto in vita, i tuoi Spiriti Familiari, potranno manifestarsi e attaccare mossi da gelosia o da irrefrenabile desiderio. Altri ancora cercheranno di impadronirsi della Divina Fiamma per avere un attimo di riposo nella Bufera (cosa che è impossibile, ma nella loro brama potrebbero metterti in pericolo). Infine, alcuni Lussuriosi non desiderano altro che raccontare ciò che li ha condannati a tale pena. Ascoltali, Viaggiatore, ma non lasciarti prendere dalla compassione. Il vento qui si alimenta anche delle passioni terrene e potrebbe prendere tanta forza dalla commiserazione di uno Smarrito da rompere le tue difese e rapirti. Una volta nella Bufera dovrai fare affidamento a tutta la tua prontezza d’animo e alla tua agilità. Afferra la prima sporgenza disponibile, riparati sotto ammassi di rupi gettate al suolo, tra anfratti e dietro tutte le coperture che troverai, o sarai scaraventato qua e là come un fantoccio, come i dannati. E quando ti sarai lasciato la Bufera alle spalle e ormai lontana sopra la testa, credendoti scampato a un gran tormento, ecco che ti ritroverai nel Terzo Cerchio. Al cerchio dell’Eterna Bufera è dedicato uno dei Canti opzionali e aggiuntivi della campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales. Tutti i segreti di questa tappa facoltativa si trovano nel manuale dedicato alla Guida.


Terzo Cerchio – La Fossa “Io sono al terzo cerchio, de la piova etterna, maladetta, fredda e greve; regola e qualità mai non l’è nova. Grandine grossa, acqua tinta e neve per l’aere tenebroso si riversa; pute la terra che questo riceve. Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole caninamente latra sovra la gente che quivi è sommersa.” Dante Alighieri Inferno, Canto VI, 7-15 Terzo Cerchio – La Fossa “Io sono al terzo cerchio, de la piova etterna, maladetta, fredda e greve; regola e qualità mai non l’è nova. Grandine grossa, acqua tinta e neve per l’aere tenebroso si riversa; pute la terra che questo riceve. Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole caninamente latra sovra la gente che quivi è sommersa.” Dante Alighieri Inferno, Canto VI, 7-15


La Fossa della Fame e del Tormento Uno scroscio continuo, fragoroso, malamente illuminato dalle saette che imperversano sopra di te, nella tempesta. Il Terzo Cerchio si presenta fin dal primo sguardo come una vasta conca fangosa, un burrone franoso e inclinato attraversato da continue colate e valanghe di terra alluvionale, sferzata dai rovesci continui di acqua e grandine che giungono dalla Bufera e gremita di anime che strisciano sotto una pioggia impietosa. Precipitazioni incessanti, chicchi di ghiaccio e nevischio martellano il terreno con tale forza da schiacciare al suolo i dannati e ricacciarli nella melma da cui sono costantemente ricoperti. La pioggia ha il tanfo di una latrina e punge la pelle, fredda e acida. Denti cariati, lacrime e sangue dei Lussuriosi, liquami e cibo semidigerito cadono insieme all’acqua sporca, creando uno strato di poltiglia rivoltante che arriva alle caviglie. Tutto cade dalla tormenta eterna che copre il Terzo Cerchio per intero, che dal di sotto appare come un bizzarro temporale senza tuoni né lampi che si contorce come una creatura viva. Ancora una volta, l’effetto della Divina Fiamma si fa sentire e protegge i Viaggiatori dai tormenti più assillanti: il bagliore rischiara il terreno e permette di evitare le fosse e i rivoli più pericolosi, mentre pioggia e grandine sembrano quasi del tutto evaporare al momento di entrare nella sfera di luce della Fiaccola. È comunque fastidioso essere inondati in tale modo, e gli abiti del tuo sembiante diverranno comunque zuppi e fradici, ma dovresti riuscire a rimanere in piedi per buona parte del tempo. Occhi Vermigli, Barba Unta e Atra Poi, nella cortina liquida di buio e rovesci infiniti, si accendono sei occhi. Cerbero, orrenda bestia canina a tre teste, latra e digrigna i denti. Il Quarto Custode dell’Inferno continuamente squarta i dannati, li mastica e li sputa, li calpesta, li graffia, salta da una parte all’altra come un cucciolo curioso in un cortile. E i dannati, riversi a terra, non hanno neanche le forze per fuggire. Tale tremendo destino è riservato ai Golosi, disgustosi incontinenti delle fauci e dello stomaco, che in vita hanno indugiato in infiniti eccessi per soddisfare la propria ingordigia. 124


Gargolle e Bemotti Se riesci a superare Cerbero puoi avanzare più a fondo nel cerchio, scendendo verso il centro della conca e dunque la sottostante Lacca. Ma prima di arrivarvi, ai margini di essa, la sporcizia e i detriti si accumulano in una sorta di fossato, da cui spuntano concrezioni composte da denti, cibo indurito e pelo di Cerbero. Queste formazioni si innalzano come stalagmiti, colonne e scogli, cancrene del terreno e bezoari di borra e materia agglutinante. Alcune potrebbero sembrare statue bizzarre dall’aspetto umanoide o di bestie atroci. Stai lontano da queste ultime, Viaggiatore: possono prendere vita all’improvviso, l’ho visto con i miei occhi. Sono Gargolle, esseri di roccia e fame, gargarozzo e ventre. Sembra che il loro compito sia punire i Golosi quando Cerbero si è allontanato per troppo tempo, o quando le Dolorose Genti cercano sollievo su un terreno più solido. D’altra parte, chi prova a tenersene lontano rimanendo nelle colate più liquide di fango e melma, si imbatterà in un altro dei mostri della Fossa. Sono i Bemotti, fiere colossali e primordiali, dimenticate da millenni, che giacciono a fondo nel liquame e afferrano da sotto i dannati che capitano loro a tiro, inghiottendoli in un sol boccone. Il loro corpo è immane, le fauci sproporzionate, la pelle grigia, lucida e sempre ricoperta di fango tanto da esserne indistinguibile. I Bemotti hanno quattro zampe e si possono trascinare anche al di sopra della melma, ma preferiscono stare acquattati nelle pozze e nei pantani più molli, dove possono colpire non visti e inaspettati, divorando con schiocchi e rumori i Golosi che vi affondano. D’altronde il mastino infernale è uno solo e i dannati sono una moltitudine... Infine, guadando queste fosse o passando da una concrezione all’altra, si può raggiungere un terrapieno di molari e ossa, che ha il compito di arginare le valanghe della Fossa e recintare la vallata sottostante, il Quarto Cerchio. Al Terzo Cerchio e a Cerbero è dedicato uno dei Canti opzionali e aggiuntivi della campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales. Tutti i segreti di questa tappa facoltativa e al Quarto Custode si trovano nel manuale dedicato alla Guida. Gargolle e Bemotti Se riesci a superare Cerbero puoi avanzare più a fondo nel cerchio, scendendo verso il centro della conca e dunque la sottostante Lacca. Ma prima di arrivarvi, ai margini di essa, la sporcizia e i detriti si accumulano in una sorta di fossato, da cui spuntano concrezioni composte da denti, cibo indurito e pelo di Cerbero. Queste formazioni si innalzano come stalagmiti, colonne e scogli, cancrene del terreno e bezoari di borra e materia agglutinante. Alcune potrebbero sembrare statue bizzarre dall’aspetto umanoide o di bestie atroci. Stai lontano da queste ultime, Viaggiatore: possono prendere vita all’improvviso, l’ho visto con i miei occhi. Sono Gargolle, esseri di roccia e fame, gargarozzo e ventre. Sembra che il loro compito sia punire i Golosi quando Cerbero si è allontanato per troppo tempo, o quando le Dolorose Genti cercano sollievo su un terreno più solido. D’altra parte, chi prova a tenersene lontano rimanendo nelle colate più liquide di fango e melma, si imbatterà in un altro dei mostri della Fossa. Sono i Bemotti, fiere colossali e primordiali, dimenticate da millenni, che giacciono a fondo nel liquame e afferrano da sotto i dannati che capitano loro a tiro, inghiottendoli in un sol boccone. Il loro corpo è immane, le fauci sproporzionate, la pelle grigia, lucida e sempre ricoperta di fango tanto da esserne indistinguibile. I Bemotti hanno quattro zampe e si possono trascinare anche al di sopra della melma, ma preferiscono stare acquattati nelle pozze e nei pantani più molli, dove possono colpire non visti e inaspettati, divorando con schiocchi e rumori i Golosi che vi affondano. D’altronde il mastino infernale è uno solo e i dannati sono una moltitudine... Infine, guadando queste fosse o passando da una concrezione all’altra, si può raggiungere un terrapieno di molari e ossa, che ha il compito di arginare le valanghe della Fossa e recintare la vallata sottostante, il Quarto Cerchio. Al Terzo Cerchio e a Cerbero è dedicato uno dei Canti opzionali e aggiuntivi della campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales. Tutti i segreti di questa tappa facoltativa e al Quarto Custode si trovano nel manuale dedicato alla Guida.


Quarto Cerchio – La Lacca “«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!», cominciò Pluto con la voce chioccia; e quel savio gentil, che tutto seppe, disse per confortarmi: «Non ti noccia la tua paura; ché, poder ch’elli abbia, non ci torrà lo scender questa roccia».” Dante Alighieri Inferno, Canto VII, 1-6 Quarto Cerchio – La Lacca “«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!», cominciò Pluto con la voce chioccia; e quel savio gentil, che tutto seppe, disse per confortarmi: «Non ti noccia la tua paura; ché, poder ch’elli abbia, non ci torrà lo scender questa roccia».” Dante Alighieri Inferno, Canto VII, 1-6


La Vallata del Pianto e dello Stridor di Denti Giù, giù, nelle viscere dell’Inferno, un altro cerchio, un’altra pena. Le frane e le fiumane di fango della Fossa, a malapena arginate dal terrapieno e dal fossato che sanciscono il confine con il Terzo Cerchio, scorrono e inondano una conca infernale, la Lacca, una vallata allagata. Questa grigia contrada è punteggiata da sorgive e striata da rivoli di acqua lercia: sono le lacrime e i liquami venuti giù dalla Bufera e dalla Fossa a intriderne il terreno. Ben presto, gli zampilli e i fossati scuri convergono, superano balze e ripe, e uno dopo l’altro discendono il pendio leggero che giunge su una riva dello stesso incolore bigio dei suoi fanghi. I margini di questa landa adesso quasi pianeggiante sono dunque intesi come Quarto Cerchio, mentre una torbida palude ad anello occupa il centro di essa: è lo Stige, il Quinto Cerchio. E già da qui, oltre lo Stige, occhi penetranti potrebbero scorgere le alte e corrusche mura di Dite, la Città Dolente, che di per sé costituisce il Sesto Cerchio. Scoprirai più avanti che l’Alto Inferno termina lì, alle mura di Dite, mentre al centro della capitale dei diavoli il burrone prosegue e si affonda ancora verso il centro del mondo, il Basso Inferno. Le Insidie del Quarto Cerchio Ma adesso occorre prestare attenzione al Quarto Cerchio, malamente illuminato dalle folgori della Bufera, molto più in alto, e dai fatui bagliori vermigli che avvampano sulla superficie dello Stige. Un suono continuo sovrasta ogni altro: è il rotolare di massi e valanghe che giungono dall’alto e inondano la conca, mentre il fango grigio pian piano indurisce e diventa un suolo duro e spaccato, che si solleva ora in alte colonne di polvere al passaggio dei dannati. La folla è immensa, divisa in due gruppi urlanti: uno gira in senso orario intorno allo Stige, e l’altro in senso antiorario. I primi sono gli Avari, coloro che in vita hanno amato tanto il denaro da non spenderlo mai, né per sé né per gli altri. I secondi sono i Prodighi, che invece hanno speso oro in quantità astronomiche per soddisfare ogni singolo desiderio. Entrambe le torme spingono col petto le pesanti pietre che hanno dato forma al paesaggio, franate giù dalla Fossa. Ognuna delle due parti accusa l’altra di impedire il passaggio e si scatenano violenti litigi, ma la loro inesplicabile opera sembra tanto importante che presto riescono a districarsi e riprendono a spingere. Molti portano in capo la tonsura dei chierici, ma tutti, dal primo all’ultimo, hanno il volto deformato: gli occhi sono tondi come monete, le bocche sempre aperte in un urlo di agonia e i nasi schiacciati per il continuo impatto con il loro fardello rotolante. 130 Capitolo II - Inferno


L’Orrendo Lupo Al bordo dell’abisso si aggrappano due mani scheletriche, le cui dita sono ciascuna più grande di un uomo. Poi spunta una testa da lupo, montata su un lungo collo serpentino: è Pluto, guardiano di questo cerchio. Decine di anelli, scintillanti di gemme, adornano le sue dita. La criniera è incrostata di rubini, zaffiri e diamanti, mentre delle lunghissime catene d’oro si arrotolano attorno alle braccia. Tra i suoi denti da cane si intravede lo scintillio di monete di ogni foggia e perfino negli occhi da serpe baluginano frammenti di metalli preziosi. Pluto è incatenato alla parete della voragine, quindi osserva i dannati girando il collo flessibile tutto attorno al cerchio. Quando Avari e Prodighi si scontrano lui ride, poi si unisce ai litigi dei due gruppi, spronandoli alla rabbia e prendendosi gioco di loro. Se qualcuno scivola o smette di spingere, Pluto lo prende tra le fauci e lo raddrizza con una spinta dolorosa. Al Quarto Cerchio e a Pluto è dedicato un approfondimento della campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales. Tutti i segreti di questa tappa facoltativa si trovano nel manuale dedicato alla Guida.


Quinto Cerchio – Lo Stige “Lo duca mio discese ne la barca, e poi mi fece intrare appresso lui; e sol quand’io fui dentro parve carca. Tosto che ’l duca e io nel legno fui, segando se ne va l’antica prora de l’acqua più che non suol con altrui. Mentre noi corravam la morta gora, dinanzi mi si fece un pien di fango, e disse: «Chi se’ tu che vieni anzi ora?».” Dante Alighieri Inferno, Canto VIII, 25-33 Quinto Cerchio – Lo Stige “Lo duca mio discese ne la barca, e poi mi fece intrare appresso lui; e sol quand’io fui dentro parve carca. Tosto che ’l duca e io nel legno fui, segando se ne va l’antica prora de l’acqua più che non suol con altrui. Mentre noi corravam la morta gora, dinanzi mi si fece un pien di fango, e disse: «Chi se’ tu che vieni anzi ora?».” Dante Alighieri Inferno, Canto VIII, 25-33


La Gora dell’Eterno Furore Seguendo l’acqua scura si arriva a un pantano di melma color pece. Questo è lo Stige, un immondo acquitrino immoto e profondissimo, punteggiato di Dolorose Genti immerse a vario grado nel liquame. Le masse di corpi pallidi seminati nel paesaggio desolato sono Iracondi. Lottano l’uno con l’altro, mordendosi e scalciando per cercare di tornare in superficie, più bestie che uomini. Alcuni si fanno letteralmente a brandelli, strappando via le carni con i canini, ma le orrende ferite si rimarginano dopo pochi istanti. Altri sono così a fondo nel pantano che si notano soltanto le bolle provocate dai loro sospiri. Qua e là ondeggiano fuochi fatui rossastri, che spandono la loro tenue luce sulla cupa superficie. Piante simili a enormi tentacoli avvitati spuntano dal pantano, ma sembrano tutte morte da tempo. Attraversare la palude a piedi è impossibile: la pozza è tanto profonda che in certi punti pare non avere fine e gli Iracondi sono sempre in agguato per trascinarti sotto con loro. Le Torri e le Vedette Costeggia dunque lo Stige, Viaggiatore, rimanendo sulle sue sponde fangose. Raggiungerai una delle molte torri che circondano la palude, coperte per intero di rossi rampicanti. Sulla cima di ognuna di esse vegliano a volte le Vedette, i diavoli custodi che sovrintendono a ciascun posto di guardia e al tormento continuo degli Iracondi, ma capita anche che la torre sia in disuso o abbandonata, e il suo custode altrove. Così starà a te entrare nella torre, Viaggiatore, e attivare il segnale che ti permetterà di passare oltre l’acquitrino. In cima a ognuna di esse vi sono infatti dei boccioli, ciascuno delle dimensioni di un fanciullo, i cui petali rossi custodiscono grandi fiamme fatue come quelle della palude. All’interno la torre è un groviglio rosso scuro, le sinistre e carnose piante che imbevono le radici nel sangue dei dannati si infilano tra le pietre e producono piccoli boccioli simili a quelli che crescono sulla cima. Le scale in pietra sono crollate in più punti e per salire dovrai spesso fare affidamento ai rampicanti. Cerca di evitare i piccoli fiori che spuntano dalla pianta: possono schiudersi come bocche avide e dotate di minuscoli denti, e attaccarsi a te come opercoli di sanguisughe. Sulla cima troverai infine le grandi corolle richiuse, un paio in genere, che pulsano di continuo come cuori ancora incastonati in neri petti. Suscitando quegli immondi fiori richiusi, essi possono schiudersi e produrre un’alta fiamma fatua, rossa come bianca è quella divina, maligna come l’altra è benevola. Capitolo II - Inferno 135


Il Traghettatore dei Diavoli Q uando quei grandi fuochi impalpabili avranno svampato, dal lato opposto dello Stige si accende in risposta un’altra luce: è Flegias, il traghettatore della palude, che segnala la sua partenza. Rapido e leggero come un falco, Flegias scivola sulla superficie del nero pantano, e la sua barca sembra non toccare neanche la melma. Egli non è però, bada, come Caronte, che traghetta le anime all’Inferno dai suoi neri e ignavi vestiboli. Tutte le Dolorose Genti assegnate a Dite e al Basso Inferno vi sono mandate infatti direttamente da Minosse. Flegias è qui per i diavoli terragni, gli Smarriti, e altri viaggiatori che non posseggono ali e devono giungere alla Città Dolente. Egli non ti deve nulla, non è tenuto a obbedire a nessuno che non sia la Regina dell’Eterno Pianto, Pluto, o il Signore. Quando giunge a riva, le luci si spengono e un vento che sa di cenere e furore si leva sulla palude. Ed eccolo, Flegias, alto e muscoloso, con gli occhi tanto infossati che sembrano scomparire nell’ombra. Si appoggia al timone e scende dalla barca, con le corna ricurve che svettano sul cranio calvo e le vesti lerce che si agitano di vita propria come prese dalla tramontana. Sferza la coda al suolo, digrigna i denti affilati e sputa a terra. Questo significa che ti ha sfidato, quindi scendi ad affrontarlo e otterrai il passaggio. L’umore di Flegias è focoso come quello degli Iracondi che si straziano nel fango e non attende altro che una buona lotta. Difficile che le parole possano placarlo o convincerlo, perfino quelle della Guida avranno poco effetto sul nocchiero. Non rimane altro da fare che assecondare i suoi desideri d’ira e affrontarlo in combattimento. Una volta battuto, Flegias si rivela molto più accondiscendente, forse per una sorta di perverso senso dell’onore. In ogni caso, non si opporrà in alcun modo per portarti oltre lo Stige, Viaggiatore. Il viaggio non sarà rapido come con Caronte: Flegias può muoversi veloce soltanto se la sua barca è carica di anime. Non appena metterai piede su di essa la sentirai sprofondare. Al Quinto Cerchio e a Flegias è dedicato un approfondimento della campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales. Tutti i segreti di questa tappa facoltativa e del Quinto Custode si trovano nel manuale dedicato alla Guida. Il Traghettatore dei Diavoli Q uando quei grandi fuochi impalpabili avranno svampato, dal lato opposto dello Stige si accende in risposta un’altra luce: è Flegias, il traghettatore della palude, che segnala la sua partenza. Rapido e leggero come un falco, Flegias scivola sulla superficie del nero pantano, e la sua barca sembra non toccare neanche la melma. Egli non è però, bada, come Caronte, che traghetta le anime all’Inferno dai suoi neri e ignavi vestiboli. Tutte le Dolorose Genti assegnate a Dite e al Basso Inferno vi sono mandate infatti direttamente da Minosse. Flegias è qui per i diavoli terragni, gli Smarriti, e altri viaggiatori che non posseggono ali e devono giungere alla Città Dolente. Egli non ti deve nulla, non è tenuto a obbedire a nessuno che non sia la Regina dell’Eterno Pianto, Pluto, o il Signore. Quando giunge a riva, le luci si spengono e un vento che sa di cenere e furore si leva sulla palude. Ed eccolo, Flegias, alto e muscoloso, con gli occhi tanto infossati che sembrano scomparire nell’ombra. Si appoggia al timone e scende dalla barca, con le corna ricurve che svettano sul cranio calvo e le vesti lerce che si agitano di vita propria come prese dalla tramontana. Sferza la coda al suolo, digrigna i denti affilati e sputa a terra. Questo significa che ti ha sfidato, quindi scendi ad affrontarlo e otterrai il passaggio. L’umore di Flegias è focoso come quello degli Iracondi che si straziano nel fango e non attende altro che una buona lotta. Difficile che le parole possano placarlo o convincerlo, perfino quelle della Guida avranno poco effetto sul nocchiero. Non rimane altro da fare che assecondare i suoi desideri d’ira e affrontarlo in combattimento. Una volta battuto, Flegias si rivela molto più accondiscendente, forse per una sorta di perverso senso dell’onore. In ogni caso, non si opporrà in alcun modo per portarti oltre lo Stige, Viaggiatore. Il viaggio non sarà rapido come con Caronte: Flegias può muoversi veloce soltanto se la sua barca è carica di anime. Non appena metterai piede su di essa la sentirai sprofondare. Al Quinto Cerchio e a Flegias è dedicato un approfondimento della campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales. Tutti i segreti di questa tappa facoltativa e del Quinto Custode si trovano nel manuale dedicato alla Guida.


Sesto Cerchio – Dite “E altro disse, ma non l’ho a mente; però che l’occhio m’avea tutto tratto ver’ l’alta torre a la cima rovente, dove in un punto furon dritte ratto tre furïe infernal di sangue tinte, che membra feminine avieno e atto, e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine, onde le fiere tempie erano avvinte.” Dante Alighieri Inferno, Canto IX, 34-42 Sesto Cerchio – Dite “E altro disse, ma non l’ho a mente; però che l’occhio m’avea tutto tratto ver’ l’alta torre a la cima rovente, dove in un punto furon dritte ratto tre furïe infernal di sangue tinte, che membra feminine avieno e atto, e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine, onde le fiere tempie erano avvinte.” Dante Alighieri Inferno, Canto IX, 34-42


La Città Dolente Accedere a Dite è già una prova ardua per qualsiasi Smarrito. I diavoli assiepati sulle mura sbeffeggiano i Viaggiatori e lanciano imprecazioni, forconi, fuoco e letame per rimandarli indietro. Se non ti spaventano le altezze e sai come superare una parete di ferro nero arroventato, è possibile scalare la muraglia, sfruttando le fessure e schivando l’assalto dei demoni guardiani. Una volta in cima non è difficile scendere e aprire il portone per gli altri che affrontano il cammino insieme a te, sempre se riuscirai a tenere a distanza i diavoli inferociti. Oppure potresti sfidare uno dei diavoli a una qualsiasi competizione e, sconfiggendolo, ottenere il lasciapassare per il Cancello Superiore, il portale principale della città. Il tedio è molto diffuso tra la miserabile marmaglia infernale, quindi potrebbero accettare la tua sfida. Fai solo in modo che il Signore del Cancello Superiore non sia presente al momento: il Granduca Agares, secondo nella scala del potere di Dite dopo Ecate, è un vecchio avido e superbo che renderebbe la tua sfida estremamente ingiusta e avversa. Oppure potresti fare come me, Viaggiatore, e passare dalla postierla nascosta nelle mura, nel lato esattamente opposto al Cancello Superiore. Questa seconda entrata si nota a malapena: è solo un sottile spiraglio tra gli angoli contorti delle mura di ferro, da cui fuoriesce aria fetida. È stato il mio naso a individuarla, in effetti, ben prima dei miei occhi. I prìncipi, i ministri e i vassalli di Dite la usano quando vogliono entrare e uscire dalla Città Dolente senza farsene accorgere da Ecate e dalle sue Furie; proseguendo oltre, si accede a una lunga galleria che porta direttamente a un’altra porta segreta, la quale si apre in un vicolo cieco dell’Arco di Salamandra. Ti consiglio di tenere una fonte di luce a portata di mano, poiché il passaggio nascosto brulica di serpenti di ferro velenosi. Attenzione a dove metti i piedi, Viaggiatore. Nel Regno dell’Eterno Pianto U na volta all’interno, in qualsiasi modo sarai riuscito a entrare, ti ritroverai in un ambiente sconcertante e minaccioso. La Città di Dite per certi versi è estremamente simile a una qualsiasi cittadella fortificata, se non che il suo muro ha una lunghezza interminabile e circonda completamente il baratro del Basso Inferno. All’interno, tutti gli edifici e i palazzi sono di ferro fuso o inchiavardato, un metallo nero e sporco, costantemente arroventato. Tutte le strutture sono alte, arcigne e sinistre, tutte di foggia e funzione militare, come se la città si aspettasse di venire assediata da un momento all’altro. I vicoli stretti e labirintici convergono verso una piazza d’arme centrale, in cui 140 Capitolo II - Inferno


si innalza un’immensa caserma dai tetti aguzzi e pinnacoli agghindati da feritoie e barbacani. Sui tetti, nei bastioni e nelle torri di guardia vegliano diavoli armigeri e demoni soldati, mentre nell’aria fosca volteggiano bestie infernali e pipistrelli di ferro. Le strade principali sono disseminate di sepolcri, da cui fuoriescono di continuo lamenti e lingue di fuoco. I vicoli sono illuminati da teschi con le orbite in fiamme inchiodati alle mura. E lo strapiombo che si affaccia al suo interno è sempre presente... L’Inferno Abitato Dite è una città, ed è una città ad anello, che si sviluppa tra le sue mura e il baratro centrale, affacciato sul Basso Inferno. Dall’orlo dello strapiombo, Ecate e i suoi ministri, le sue furie e i suoi vassalli, amano affacciarsi verso quell’abisso e godere l’incredibile spettacolo del Cieco Mondo che si dipana all’infinito sotto di loro fino al Cocito, gremito di diavoli e infestato di dannati. Questo anello di mura, calli tortuose, vicoli ciechi e strapiombi è suddiviso in quattro archi, quelli che in città più comuni sarebbero chiamati quartieri e ne avrebbero la forma. Da ognuno degli archi parte poi un lungo e arcuato ponte in ferro fuso, stretto e privo di protezioni laterali, che si congiunge agli altri al centro dell’abisso, proprio sopra la voragine del Basso Inferno. I ponti, innaturalmente levigati e costantemente arroventati si tendono per miglia e miglia e varcano tutto il vuoto tra i vari settori dell’anello cittadino. Laddove essi si intersecano, vi è poi un’ampia predella di ferro nero, sopra cui è eretto il Palazzo del Fuoco Sotterraneo, residenza di Ecate e della sua corte più ristretta, in cima al quale si erge l’Alta Torre della Regina. Guàrdati da questi luoghi, Viaggiatore, trova la via più sicura verso il Basso Inferno e abbandona Dite senza guardarti indietro, scrollando via la limatura di ferro da sotto i calzari. Il tuo cammino è ancora lungo e periglioso, e non ha senso rischiare ulteriormente la tua Speranza in tali luoghi. Al Sesto Cerchio e a tutta la pseudomonarchia dei demoni è dedicato uno dei Canti opzionali e aggiuntivi della campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales. Tutti i segreti di questa tappa del viaggio si trovano nel manuale dedicato alla Guida.


Settimo Cerchio – I Gironi “Oh cieca cupidigia e ira folle, che sì ci sproni ne la vita corta, e ne l’etterna poi sì mal c’immolle! Io vidi un’ampia fossa in arco torta, come quella che tutto ’l piano abbraccia, secondo ch’avea detto la mia scorta; e tra ’l piè de la ripa ed essa, in traccia corrien centauri, armati di saette, come solien nel mondo andare a caccia.” Dante Alighieri Inferno, Canto XII, 49-57 Settimo Cerchio – I Gironi “Oh cieca cupidigia e ira folle, che sì ci sproni ne la vita corta, e ne l’etterna poi sì mal c’immolle! Io vidi un’ampia fossa in arco torta, come quella che tutto ’l piano abbraccia, secondo ch’avea detto la mia scorta; e tra ’l piè de la ripa ed essa, in traccia corrien centauri, armati di saette, come solien nel mondo andare a caccia.” Dante Alighieri Inferno, Canto XII, 49-57


La Soglia del Basso Inferno Al centro di Dite, al di sotto del Palazzo, il baratro abissale continua e diventa sempre più scosceso. Le mura e le cancellate interne della Città Dolente fungono da confine con il Settimo Cerchio, che punisce i violenti d’ogni risma, e sono sorvegliate anch’esse da diavoli e prìncipi infernali. Attraversando il Cancello Inferiore o gli altri segreti passaggi che abbandonano l’anello cittadino, percorri un breve tragitto sotterraneo, immerso nel buio totale. Poi emergi su un costone di roccia, un terrazzamento in mezzo al gran burrone, che sovrasta un’ampia valle digradante, ancora una volta, verso il centro del mondo. Un tanfo insopportabile, così potente da ridurre un uomo al pianto, infrange i tuoi sensi: sangue rancido, puzzo di ferite in suppurazione e olezzo di una intera foresta morta e putrefatta. Non c’è niente da fare se non resistere e abituarsi, l’odore nefando aumenterà più avanti, man mano che si procede. Appena sei pronto, continua lungo il profilo roccioso, Viaggiatore, sotto la fioca luce dei riflessi rossastri che baluginano da Dite, e stai attento alle frane che qui sono frequenti. Da adesso in poi, rimani sul percorso della tua Guida e non allontanarti troppo: è facile perdersi tra i violenti e rimanere con loro. D’altronde, quante volte hai ricorso alla violenza per poter giungere fin qui? Tieni sempre a mente la Speranza dell’Altezza e l’obiettivo del tuo peregrinare. Che siano la tua stella polare in questo cielo vuoto. Il pendio scosceso che conduce nel cuore del Settimo Cerchio è inclinato e arduo come quello della Fossa dei Golosi, ma stavolta secco e riarso. La discesa nel dirupo è impervia e le pietre spesso rotolano via sotto i piedi per andarsi a schiantare nell’abisso sottostante. Muoviti con cautela, dunque, e distogli lo sguardo dal fondo lontano. C’è un altro pericolo molto più prossimo che necessita della tua attenzione. L’Infamia di Creta Più in basso, su uno sperone di granito, riposa un mostro, il più violento dei violenti. Metà toro e metà uomo, una creatura uscita dai miti e dagli incubi. Il Minotauro muggisce, un suono che scuote tutta la valle e provoca l’ennesima piccola frana. Non potrai continuare la discesa senza aver superato in qualche modo il Minotauro, l’Infamia di Creta, Custode del Settimo Cerchio. La sua brama di carne umana ben si adatta al cerchio sottostante ed esso incarna perfettamente ogni forma di violenza avendola esercitata verso tutte e tre le vittime che la possono subire, divisione secondo la quale il Settimo Cerchio è ripartito in tre gironi. Il primo è il girone dei Violenti verso il prossimo, che per cupidigia hanno recato danni a cose e persone. Qua sono puniti tiranni, assassini e briganti. Il Minotauro divorava i giovani ateniesi offerti in tributo, dunque si è macchiato spesso di questa violenza. Il secondo è il girone dei Violenti verso se stessi, sia verso la propria persona fisica che verso il proprio patrimonio. Qua sono puniti suicidi e scialacquatori. Il Minotauro si morde per la rabbia, sbatte le corna sulle rocce e cerca continuamente di porre fine al suo tormento, senza però riuscirci. Odia la propria natura mostruosa con efferata intensità e per questo incarna anche questa violenza. Il terzo è il girone dei Violenti verso il Signore. Questa violenza è data dagli atti che rendono profonda offesa al volere dell’Onnipotente. L’offesa può essere rivolta direttamente al suo nome, alla natura o all’operosità umana. Qua sono puniti bestemmiatori, sodomiti e usurai. La stessa esistenza del Minotauro è un affronto al cospetto del Signore, una violazione di tutte le leggi naturali. Non so quale terribile rito o maledizione abbia originato la sua esistenza ibrida, ma di certo si tratta di violenza verso l’Altissimo. A dire il vero, non saprei se il Minotauro sia da Capitolo II - Inferno 145


annoverare tra i guardiani infernali o tra i dannati di questo cerchio. Il Minotauro ha vissuto tutta la sua vita nell’opera di Dedalo e per questo la sua tattica preferita è prendere alla sprovvista le sue prede, attaccandole all’improvviso. È impossibile ragionare con lui, l’unico linguaggio che comprende è la violenza. Se riuscirai a tenergli testa, tuttavia, scapperà a gambe levate, alla ricerca di un angolo dietro il quale nascondersi per leccarsi le ferite. Ma qui non ci sono labirinti e il Minotauro esiste nel terrore costante di questi spazi aperti. Lungo il Fiume di Sangue Dopo aver superato il Custode, giungi a un ampio fossato nel quale scorre il Flegetonte, che sciaborda e produce l’odore nauseabondo che hai avvertito anche dall’alto. Il motivo è presto detto: le acque del fiume sono sangue in ebollizione, le sue sponde sono carne viva sorretta da costole, e dal terreno sbucano alberi calcificati simili a spine dorsali contorte, con rami che sono braccia di scheletri... tutta materia paraorganica prodotta dalle continue e infinite torture e macellazioni dei dannati nei cerchi superiori, che qui percola e giunge ad alimentare tale abominevole rivo e le sue sponde. Il Flegetonte è soglia del Settimo Cerchio, e al contempo la sua fossa costituisce il primo dei tre gironi. Metà uomini e metà cavalli, entrambe le parti feroci e mostruose, i Centauri sono i suoi guardiani. Purtroppo per te, Viaggiatore, vedono qualsiasi intruso come un possibile bersaglio. Le loro frecce, ricavate dagli alberi ossei della valle, volano veloci e letali. I loro zoccoli sono pronti a travolgerti e le loro menti sono votate alla guerra. Oltre di esso si trova un bosco atro e lamentoso, la Selva dei Suicidi, che ti invito ad attraversare rapidamente, e infine, oltre di essa, giace una piana di sabbia riarsa, di colore giallo spento e cenere. Il Fiume di Sangue compie qui il suo terzo e ultimo giro e si va poi essiccando progressivamente nel terreno riarso, dopo aver abbeverato di sangue bollente le radici della foresta che si estende tutto intorno. Cerca quindi di evitare tutti questi pericoli e gli ultimi rivoli del Flegetonte ti porteranno a una voragine, in cui il sangue scroscia giù in un’imponente cascata. Là sotto c’è la prossima tappa, l’Ottavo Cerchio. Non temere, non dovrai gettarti nel vuoto. Temi invece ciò che ti aiuterà nella discesa. Questa è la dimora di Gerione. Al Settimo Cerchio, al Minotauro e agli altri pericoli dei gironi è dedicato un approfondimento della campagna Per una Via Lunga e un Cammin Malvagio, inserita in Virgilio’s Untold Tales. Tutti i segreti di questa tappa del viaggio e del Sesto Custode si trovano nel manuale dedicato alla Guida. 146 Capitolo II - Inferno


Ottavo Cerchio – Le Malebolge “Luogo è in inferno detto Malebolge, tutto di pietra di color ferrigno, come la cerchia che dintorno il volge. Nel dritto mezzo del campo maligno vaneggia un pozzo assai largo e profondo, di cui suo loco dicerò l’ordigno. Quel cinghio che rimane adunque è tondo tra ’l pozzo e ’l piè de l’alta ripa dura, e ha distinto in dieci valli il fondo.” Dante Alighieri Inferno, Canto XVIII, 1-9 Ottavo Cerchio – Le Malebolge “Luogo è in inferno detto Malebolge, tutto di pietra di color ferrigno, come la cerchia che dintorno il volge. Nel dritto mezzo del campo maligno vaneggia un pozzo assai largo e profondo, di cui suo loco dicerò l’ordigno. Quel cinghio che rimane adunque è tondo tra ’l pozzo e ’l piè de l’alta ripa dura, e ha distinto in dieci valli il fondo.” Dante Alighieri Inferno, Canto XVIII, 1-9


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