IL “SCIUR”
WILLIAMS
di Eugenio Mosca – Foto archivio Falle
Per Frank Williams Monza è come una seconda casa. D’altronde
la frequentava già cinquant’anni fa, quando correva e si
arrangiava commerciando in ricambi di auto da corsa, e qui ha
trovato amicizie a anche aiu per la difficile scalata alla F. 1. Le
tes monianze di Tino Brambilla, Giancarlo Falle e Arturo
Merzario.
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Frank Williams torna sempre volen eri a mondiali Costru ori e 7 Pilo , il tenace
Monza, che bazzicava già cinquant'anni fa. manager inglese ha dovuto fare una dura
Perché prima di guadagnarsi il tolo di Sir, gave a. E in quei periodi duri, qui in
onoreficenza ricevuta dalla Regina Brianza il buon Frank aveva trovato quasi
Elisabe a nel 1989, e diventare tolare di una seconda casa e anche qualche aiuto
una delle scuderie più importan e vincen per iniziare la difficile scalata ai ver ci della
della F. 1, con 114 vi orie negli oltre 600 F. 1. Come ci spiega in una intervista, con
GP disputa che hanno fru ato 9 toli naturalezza, umorismo e in italiano fluente.
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Quali ricordi ha di Monza e dell'Italia?
“Venni in Italia per la prima volta nel 63 per correre con la F. 3.
Pagavano 100 sterline come premio di partenza, feci delle gare a
Monza, Caserta e Imola, restando in Italia per sei se mane. Così
conobbi mol italiani, tra ques Tino Brambilla e Giancarlo Falle
che è sempre stato un amico molto leale”.
Infa , il giovane Frank faceva base presso l'officina di Tino Brambilla, tra i
pilo più veloci della F. 3 di allora.
“Lui viaggiava con un furgoncino scoperto sul quale normalmente dormiva. Quando ve‐
niva da me, invece, dormiva nella camere a di mia figlia – ricorda Brambilla – e gli pia‐
ceva molto il minestrone che cucinava mia moglie. Ricordo anche che si svegliava la
ma na presto per fare jogging. E' una delle persone che s mo di più, perché nono‐
stante ai tempi non navigasse certo nell'oro mol di noi si fidavano a dargli delle belle
cifre in contan per portarci i ricambi dall'Inghilterra e lui è sempre stato molto one‐
sto”.
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“Ringrazio Brambilla per queste parole – risponde Williams ‐, ma la regola base per so‐
pravvivere nel business è quella di essere chiari e ones , perché il mondo è piccolo e
quello delle corse è ancora più piccolo. Perciò se fai la fama del bandito è finita”.
Nell'ambiente si dice che Giancarlo Falle sia stato qualcosa in più di un semplice ami‐
co, partecipando anche in qualità di azionista nella nascente scuderia Williams, ma il
giornalista milanese (per anni inviato del Corriere della Sera ai gran premi di F. 1 e del
Motomondiale, ndr.) sorvola con signorilità limitandosi a dire che “mi interessa essere
considerato un amico da Frank, che negli anni non si è mai fa o negare una volta al te‐
lefono e tu ora quando entro nell'hospitality mi dice che posso considerarla casa mia.
Lo conobbi per la prima volta nel '63 a Caserta, dove si era presentato con una Brabham
nuova di zecca che rovinò uscendo subito alla prima curva. Gli piaceva correre ma
obbie vamente non aveva il talento per fare il pilota, così cominciò a fare correre gli
altri e per fare par re la sua scuderia si ada ò a fare tu i lavori; ad esempio, lui abita‐
va vicino all'aeroporto di Londra e di no e andava a pulire le piste perché alla ma na
veniva pagato immediatamente. Perciò tanto di cappello per un uomo che ha saputo
rimboccarsi le maniche per fare ciò in cui credeva, riuscendo ad arrivare al top di un
mondo difficile come la F. 1”.
Torniamo a Williams; perciò quando torna a Monza respira un'atmosfera
par colare?
“Certamente. Anche a Silverstone abbiamo fa o grandi gare, ma non c'è la stessa atmo‐
sfera. Qui c'è un pubblico veramente caloroso. Un po' come avviene per i fosi del
calcio, che si scaldano ancora prima del calcio d'inizio”.
Peraltro, proprio nel Gran Premio d'Italia del 1974 o enne il primo risultato
di rilievo in F. 1: 4° con la Iso pilotata da Arturo Merzario?
“Si. Lui quando correva in Italia aveva una carica in più, e la macchina andava
abbastanza bene”.
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Come conferma lo stesso Merzario.
“E’ stata una delle Formula 1 con le quali mi sono trovato più a mio agio. D’altronde
l’aveva proge a l’allora debu ante Giampaolo Dallara, ingaggiato da Piero Rivolta,
tolare della ISO per la quale avevo corso anche in moto. Il problema è che non
avevamo abbastanza denaro, perciò dovevamo arrangiarci con materiale scadente. Ma
proprio per questo devo dire che Frank riusciva a fare miracoli, perché oltre che una
persona squisita era molto capace a livello manageriale”.
Infa la vera svolta è arrivata con le sponsorizzazioni degli Arabi, com'è
avvenuto il conta o?
“Avevo un caro amico abbastanza aristocra co che correva in F. 3 negli anni 65‐66, ma
quando terminò i soldi dove e iniziare a lavorare presso il concessionario e importatore
Ferrari e Masera a Londra, presso il quale mol giovani arabi che erano lì per studiare
comperavano le macchine. Noi abitavamo nello stesso appartamento e mi raccontava di
ques giovani che spendevano un sacco di soldi, così mi fece conoscere alcuni di ques
ragazzi per convincerli ad inves re nella F. 1. Nel 1977 cominciammo ad avere le prime
piccole sponsorizzazioni, anche dalla Saudia con cui avevo tra ato personalmente, poi
dal 78 arrivarono cifre più importan e facemmo il salto di qualità”.
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La F. 1 di allora e quella di adesso sono due mondi completamente diversi,
quale le piace di più?
“Non mi interessa tornare indietro. Preferisco la tecnologia, il maggiore business e lo
spe acolo generale che è diventata la F. 1 a uale, in grado di a rare mol personaggi
in gamba sia dal punto di vista tecnico che commerciale. Credo che anche il pubblico
possa capire e apprezzare meglio quello che facciamo, che è uno sport molto sofis cato.
Per me è un grandissima opportunità, oltre che un piacere fare parte di questo mondo”.
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Le piace anche a livello regolamentare?
E' difficile fare un regolamento che acconten tu . L'importante è che ci siano regole
chiare e credo si sia anda nel senso giusto per limitare i cos ”.
La Williams ha vinto sei volte il GP d'Italia, ne ricorda qualcuno in modo
par colare?
Williams ci pensa un po', poi con il cara eris co humor inglese ma raccontando una
verità vissuta esclama sorridendo: “quello del '74, quando ero molto preoccupato
perché non potevo pagare il conto dell'albergo”.
Per la sua scuderia hanno corso tan grandi pilo , chi ricorda in modo
par colare?
“Mansell era veramente un leone, mentre Prost aveva uno s le più delicato ed era
molto intelligente. Senna aveva molte di queste do insieme: s le e determinazione. E'
un vero peccato che sia mancato prematuramente, perché sono convinto che avrebbe
potuto essere il più grande pilota di tu i tempi. Quando è morto era ancora giovane e
sarebbe stato imba bile ancora per altri cinque o sei anni”.
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Purtroppo ha dovuto vivere anche due grandi tragedie, con la morte di due
suoi pilo , Pier Courage e Ayrton Senna, ha mai pensato di
abbandonare?
“No. Perché l'automobilismo era la mia vita e il mio lavoro. E poi lasciare non avrebbe
potuto cambiare niente di quanto era successo. Furono anche situazioni molto diffe‐
ren . Con Pier avevo condiviso mol momen insieme, anche perché eravamo entrambi
giovani. Con Ayrton c'era un rapporto più professionale, sia per le ques oni economiche
sia per quelle tecniche. Nel suo lavoro era molto esigente e la sua morte è stata davvero
una grave perdita, ovviamente per lui ma anche per il Brasile e per noi, ma sopra u o
mi ha ferito il fa o che i fosi ci definirono una squadra non all'altezza”.
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