“PIEDONE”
L’ITALIANO
di E. Mosca
Mario Andre è una leggenda del motorsport, dove ha corso e
vinto pra camente con tu i pi di macchine. Ma oltre che un
grande campione è una grande persona. Ce l’ha confermato in
una intervista alcuni anni fa a Monza, autodromo che lui
considera magico, perché è dove è par to il sogno di diventare
pilota e dove si è concre zzato con il tolo mondiale di F. 1. Ma
anche tan altri ricordi, come il suo grande ritorno con la
Ferrari nel 1982.
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Il traguardo più recente tagliato da Mario Andre è quello degli 80 anni. Nell’occasione
abbiamo voluto dedicargli un’intervista realizzata nel 2014 a Monza, autodromo a cui è
molto legato perché qui è nata la sua passione per l’automobilismo e lo s molo a
diventare pilota e sempre qui ebbe il primo incontro con Enzo Ferrari e ha raccolto
grandi soddisfazioni. Tra tu e, come ci spiega nell’intervista, la conquista del tolo
mondiale con la Lotus e la fantas ca pole posi on con la Ferrari.
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Campione a tu o tondo
Non vi sono dubbi che Mario “Piedone” Andre sia uno dei personaggi più iconici del
motorsport. Innanzitu o perché rimane uno dei pilo più vincen nella storia
dell’automobilismo, peraltro con diversi pi di automobile come avveniva una volta
quando i campioni erano ecle ci, capaci di calarsi ogni domenica in un abitacolo
diverso e primeggiare, ma anche per la sua storia personale, quasi da film. Nel
dopoguerra è sfollato con la famiglia da Montona (Istria) a Lucca, dove da ragazzino
sviluppa la passione per le automobili lavorando come aiuto meccanico. Nel 1955 la
famiglia emigra in America, a Nazareth, e tre anni dopo con il fratello gemello Aldo
comincia a correre in auto nelle categorie Dirt Track, Turismo, Sport e Midget. Mario si
me e subito in evidenza, così comincia la scalata alle categorie professionis che ed i
successi, con toli e vi orie pres giose: campione Midget 1964, Usac (F. Indy) 1965 e
1966, vincitore della 500 Miglia di Indianapolis 1969 e 500 Miglia di Daytona Nascar
1967, Campione del Mondo F. 1 1978 e vincitore di 12 GP, più volte a podio a Le Mans
(2° 1995), dove però la vi oria gli è sempre sfuggita negandogli così la “tripla corona”,
vincitore della 12 Ore di Sebring con i proto pi e altre 1000 Km. Insomma, un campione
a tu o tondo e con i successi è arrivata la ricchezza, a completare una sorta di
sceneggiatura da film che incarna il cosidde o “sogno americano”, e le onoreficenze,
come il tolo di Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana (nel 2006) e
la ci adinanza onoraria di Lucca ai quali Andre ene molto per a accamento al suo
paese di origine, ma nonostante questo il campione italo‐americano è rimasto una
persona molto alla mano e disponibile verso gli appassiona . Insomma, un grande
campione ma prima ancora una grande persona.
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Amarcord
Ne abbiamo avuto la prova alcuni anni fa (2014), quando in occasione del Gran Premio
d’Italia esaudì al volo, senza alcun po di prenotazione contravvenendo alla rigida
scale a che gli avevano fissato, una nostra richiesta di intervista dedicandoci tu o il
tempo necessario. Perciò ci fa piacere ricordarlo con questa intervista, anche perché
Andre non tornava a Monza, dal 1982, quando chiamato in fre a e furia da Enzo
Ferrari per sos tuire l’infortunato Pironi, ul mo tragico evento di un’annata a dir poco
tragica per il Cavallino, conquistò con la 126 C2 turbo una fantas ca pole posi on
salendo poi sul terzo gradino del podio in gara. Ma non solo, perché nell’occasione
Mario Andre ci ha raccontato dei ricordi speciali lega all’autodromo brianzolo.
Cosa significa per te tornare a Monza?
“Monza per me è un posto magico. E non per modo di dire. Qui nel 1954, da ragazzino a
14 anni, vidi la mia prima gara di F. 1 con il mio idolo, Ascari, che lo ò a fondo arrivando
terzo dietro le Mercedes. Qui è cominciato il mio sogno di diventare pilota e sempre qui
si è completato vincendo il mio primo campionato mondiale di F. 1. Purtroppo in una
giornata triste, avendo perso un amico e compagno di squadra (Ronnie Peterson, ndr.).
Sono momen che si ricordano per tu a la vita. Qui ho corso anche due 1000 km, la
prima girando anche sull’anello di alta velocità, e vincendone una con la Ferrari in
coppia con Amon. Mancavo da mol anni, dall’82, quando feci l’ul ma gara con la
Ferrari”.
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Siglando una magica pole posi on, peraltro. Come ricordi quel wee‐
kend?
“Fu una bella sorpresa anche per me, perché mancavo dalla F. 1 da qualche anno e
guidavo per la prima volta il motore turbo. Ma quella trasferta era iniziata subito bene:
effe uai una giornata di prove a Fiorano stabilendo il record della pista. Poi qui a Monza
mi sono sen to subito a mio agio con la macchina, conquistando la pole posi on con un
bel giro. E se non avessi avuto dei problemi al turbo avrei anche potuto vincere il gran
premio, invece mi dove accontentare di arrivare terzo”.
Monza richiama alla memoria due marchi italiani con cui hai corso: Ferrari e Alfa
Romeo…
“Proprio qui conobbi il Commendatore nel 1969, alla mia prima esperienza nella 1000
Km con una Ferrari. Ricordo con piacere anche le gare con l’Alfa Romeo. Peccato non
avere potuto finalizzare tu o il potenziale in Formula 1, mentre con i proto pi ricordo
una 1000 km vinta proprio qui a Monza con la 33 insieme a Merzario. Ma certamente
ricordo in modo par colare l’ul ma gara corsa qui con la Ferrari. Non basterebbe un
libro per raccontare tu e quelle emozioni”.
Hai lavorato con Enzo Ferrari e Colin Chapman, due personaggi non certo teneri, come
li ricordi?
“Erano entrambi duri, però apprezzavano il pilota che ci me eva l’anima e bu ava il
cuore sul cofano della macchina. Non erano certamente pi da fare tan complimen ,
neppure la classica pacca sulla spalla, però conoscendoli bene ho imparato a capire dai
piccoli ges quando volevano gra ficare. Ad esempio, mi porto sempre nel cuore il
piccolo sorriso che mi rivolse il “Vecchio” quando feci il record a Fiorano prima di venire
a Monza”. Tan auguri Mario.
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