MI FACCIO LA SPECIAL
di E. Mosca
Alessandro Migliavacca, specialista di auto inglesi, voleva farsi una “special” su
base Austin Healey 1006 BN4 prendendo spunto dalle “fast road” che correvano
su strada negli anni Cinquanta. La vettura, infatti, è stata denominata “Brighton”,
in onore di una delle corse più famose d’oltremanica. Il risultato finale è stato
talmente bello che un cliente capitato per caso in carrozzeria l’ha voluta per sé.
Al cuore non si comanda. Già, la passione è quella cosa che molto spesso ti spinge a fare
delle cose che, almeno apparentemente, hanno ben poco a che vedere con la razionalità. Ma
proprio la spinta e la determinazione che ne deriva contribuiscono a fare un lavoro con il cuore
ottenendo un risultato finale davvero eccellente. E’ il caso dell’automobile del nostro servizio e
delle motivazioni che hanno dato il via al suo concepimento e realizzazione. Tanto che un
apprezzato addetto ai lavori quando l’ha vista non ha potuto fare a meno di esclamare “bellis
sima! E’ la macchina che tutti noi avremmo voluto avere il coraggio di realizzare”. Già, perché
è facile dirlo dopo, davanti alla vettura finita che ti fa brillare gli occhi. Invece il vero appassio
nato è quello che armato di una sorta di lucida follia è pronto a sacrificare una vettura d’epoca
di un certo valore e tante ore di lavoro, quindi vil denaro e tanta fatica, per imbarcarsi in
un’avventura dall’esito tutt’altro che scontato. Anche perché il mondo dell’auto d’epoca è
frammentato in varie fazioni e, sostanzialmente due correnti di pensiero. Da una parte gli inte
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gralisti dell’originale, solitamente i collezionisti più legati agli ambienti espositivi più esclusivi
ma non solo, che non ammettono alcun seppur minimo intervento che non rispetti l’assoluta
originalità della vettura. Dall’altra coloro che vivono la propria passione per la storica in manie
ra più elastica, solitamente chi è più coinvolto in ambito sportivo, non considerando sacrilego
un intervento volto a migliorare affidabilità, fruibilità e, perché no, prestazioni. Fino ad
ammettere le repliche, purché dichiarate, di particolari vetture altrimenti alla portata di pochis
simi fortunati, oppure la personalizzazione di una vettura fino a renderla a tutti gli effetti un
pezzo unico, come le “fast road” che correvano su strada negli anni Cinquanta. Una filosofia
ormai sdoganata in Inghilterra, dove è attivo un mercato molto florido di repliche e fast road,
mentre da noi la tendenza è più conservatrice.
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Ispirazione
Un bel giorno, Alessandro Migliavacca, carrozziere pave
se nonché pilota e appassionato di vetture d’epoca, con
una spiccata predilezione per le inglesi di cui conosce vita
morte e miracoli, stava divorando l’ennesimo libro inglese
sull’attività racing oltremanica nel dopoguerra. Un’attività
che, come del resto avveniva ovunque all’epoca, si
svolgeva soprattutto con gare in salita e su strada, sulla
distanza. La più celebre delle quali è la LondraBrighton,
che si disputa ininterrottamente dal lontano 1927, tranne i
periodi di guerra e della crisi petrolifera. Scorrendo le pa
gine, il carrozziere volante pavese fu colpito dall’immagi
ne di una Austin Healey modificata in versione barchetta.
Quindi, navigando in internet alla ricerca di maggiori
informazioni su quella vettura scoprì che auto simili corro
no tuttora, portate in gara dallo specialista Jeremy Welch,
titolare della Welch Motorsport che realizza e commercia
lizza parti speciali per le Austin Healey, e da altri piloti.
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Due + due
Per dare vita al proprio progetto, Alessandro Migliavacca della AM Classic Sport Garage è
partito dalla base di una Austin Healey 1006 BN4 del 1957, l’ultima serie di questo modello
poi sostituito nel 1958 dalla Austin Healey 3000. Donal Healey, apprezzato progettista e
designer automobilistico, nonché valido pilota, presentò il progetto della 100 al Salone di
Londra del 1952. Si trattava di una spyder che utilizzava la meccanica della Austin 90, grossa
berlina a due porte spinta da un quattro cilindri di 2.660 cc che sviluppava 90 cv, le cui linee
agili e filanti piacquero subito ai dirigenti BMC (British Motor Company) che si accordarono
con il progettista per produrla. La produzione della prima serie 100 siglata BN1, il cui nome
indicava la massima velocità raggiungibile di 100 Miglia orarie (160 km/h), che andava a
sostituire la Austin A90 Atlantic, versione cabriolet della A90, prese il via l’anno successivo.
Nel 1956 fu sostituita dalla BN2, che montava un nuovo cambio a 4 marce in luogo del poco
sportivo tre marce con overdrive, mentre il resto restava praticamente identico. Di questa era
disponibile anche una versione “M”, con motore potenziato a 110 cv, inoltre venne realizzata
una serie speciale di soli 50 esemplari, quindi particolarmente ricercata dai collezionisti, con
carrozzeria in alluminio e motore ulteriormente potenziato a 132 cv. Lo stesso anno fu
presentata anche la 1006, con un nuovo motore 6 cilindri in linea di 2.639 cc che erogava
102 cv, disponibile in due versioni: la 2+2 BN4, base della vettura del nostro servizio, e la due
posti secchi BN6.
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Azione
La vettura presentava un aspetto esteriore un po’ vissuto ma era sana a livello di carrozzeria e
telaio, perciò non sono stati necessari grossi interventi di lattoneria, consentendo di mantene
re gran parte dell’originalità, tranne le modifiche per la trasformazione in barchetta. Certo, data
la trasformazione di tipologia della vettura potrebbe sembrare un controsenso parlare di origi
nalità, tuttavia salvaguardare il più possibile le origini di un’automobile, pur nella realizzazione
di una “Special”, rappresenta comunque un valore aggiunto perché mantiene il valore stesso
della vettura ma soprattutto perché sottolinea la cura e l’attenzione nell’esecuzione dei lavori.
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Trasformazione
La scocca, con il nucleo centrale in alluminio
e le parti esterne e asportabili (parafanghi
oltre a portiere e cofani) in lamiera di acciaio,
è stata separata dal telaio in longheroni e
pannelli sia per verificare le condizioni di
entrambi sia per poter eseguire i lavori di re
stauro e le modifiche. Inoltre, è stata
smontata tutta la parte meccanica, da revisio
nare ed elaborare, ottenendo il telaio nudo. Il
telaio è stato sabbiato, per arrivare la lamiera
viva e verificare l’effettivo stato di salute, per
fortuna buono, e dato che si ipotizzava un uti
lizzo racing è stato alleggerito asportando
tutti i particolari non necessari alle competizioni, staffe e pannelli vari, e rinforzato con
l’aggiunta di fazzoletti di lamiera saldata nei punti più sollecitati, soprattutto nella parte anterio
re in prossimità degli attacchi motore e sospensioni. Quindi è stato verniciato a polvere, meto
do che garantisce un’ottima resistenza. La scocca è stata invece sverniciata manualmente,
fino a raggiungere la lamiera viva che non ha richiesto interventi di ripristino o sostituzione.
L’intervento ha invece riguardato l’applicazione di un pannello nella parte posteriore superiore
dell’apertura abitacolo, opportunamente sagomato per “copiare” l’andamento dei due sedili
anteriori, per chiudere lo spazio dei due sedili posteriori. Il pannello, in alluminio come il nu
cleo centrale della scocca, è stato saldato a filo continuo con gas inerte e barra di alluminio.
Per stabilizzare questo pannello superiore è stata realizzata una “stampella”, in alluminio
scatolato e sagomato, che va a poggiare sul tunnel centrale. Nella parte sinistra è stato poi
realizzato un cupolino aerodinamico dietro la
testa del pilota, anch’esso in alluminio sago
mato e fissato nella parte inferiore con viti. Le
modifiche alla carrozzeria hanno riguardato
anche tre fori praticati nella parte frontale
inferiore, sotto la bocca principale, per au
mentare l’ingresso dell’aria verso il radiatore
e favorire il raffreddamento del liquido moto
re. Anche la bocca principale è stata “otti
mizzata”, con i particolari forniti nel kit di
Denis Welch che prevede una porzione di re
tina più stretta e due convogliatori d’aria ai
lati. Altri tre fori, per lo sfogo dell’aria calda,
sono stati praticati su entrambi i lati della
parte anteriore delle fiancate e, sempre per lo stesso motivo, sul cofano motore sono state
realizzate due griglie longitudinali.
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Racing Green
Terminato il lavoro di lattoneria la superficie della
carrozzeria è stata accuratamente lavata con pro
dotto sgrassante antisiliconico e interamente
carteggiata con carta abrasiva a grana grossa prima
di stendere uno strato di fondo epossidico, poi li
sciato con carta più fine. Quindi è stato steso un
leggero velo di stucco, così da coprire le aree inte
ressate da lavori di lattoneria tra cui le saldature alli
neando le superfici, poi “rasato” in modo tale da
lasciare la minima quantità possibile. A questo punto
sono stati montati tutti i particolari asportabili, con re
lative guarnizioni, per verificare in condizioni di
funzionamento l’allineamento delle superfici,
l’accoppiamento e le arie. Effettuata la verifica, i
particolari sono stati nuovamente smontati e sulla
scocca sono stati stesi, in forno ventilato, due strati
di fondo poliestere, che funge anche da “riempitivo” per eliminare piccole imperfezioni, lisciati
con carta abrasiva media, quindi uno strato di fondo di finitura, carteggiato a umido con vari
passaggi fino all’utilizzo di carta abrasiva finissima (P1000), come base per la verniciatura.
Per prime sono state verniciate, di colore grigio chiaro, le parti interne, abitacolo e vani motore
e baule, e il sottoscocca con uno strato di vernice piuttosto spesso, così da garantire una buo
na protezione. Poi è stata la volta della carrozzeria esterna, e contemporaneamente le parti
mobili, per la quale è stato scelto un colore “Racing Green” scuro, con due strati di vernice
intervallati da 10 minuti, successivamente essiccati in forno a 60° per circa 40 minuti. La
scocca verniciata è stata lasciata “riposare” per un giorno intero, per consentire alla vernice di
cristallizzarsi, prima di eseguire la “seppiatura”, tramite due passaggi di carteggiatura a umido
con carta a grana finissima (P2000 e P3000) per togliere l’effetto “buccia d’arancia” e dare alla
superficie un effetto liscio e successivamente, tramite la lucidatura a tampone utilizzando pa
sta abrasiva e polish lucidante, splendente.
Motore (leggermente) pompato
Notevole il lavoro di preparazione sulla parte
meccanica, sia sul motore sia per la ciclistica,
per la quale sono state utilizzate molte parti
acquistate attingendo dall’ampio catalogo di
kit forniti da Denis Welch. Dato che la desti
nazione della vettura prevedeva la possibilità
di partecipare a competizioni in salita o su
strada ma soprattutto un utilizzo stradale, la
preparazione non è stata estrema, fermando
si allo “step 3” dei 5 potenzialmente disponibi
li badando però ad eseguire tutte le modifiche
secondo le normative Fia, montando gli
accessori di sicurezza come estintore,
staccabatteria e serbatoio antiesplosione,
mentre non è stato applicato il roll bar perché non obbligatorio. Sul sei cilindri in linea maggio
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rato a 2.670 cc si è lavorato sulla testata, montando valvole maggiorate e lucidando e
raccordando i condotti, è stato montato un albero motore di materiale migliore, alleggerito e bi
lanciato così come volano e puleggia antivibrazioni, pistoni stampati e albero a camme con
profilo più spinto, mentre sono state mantenute le bielle originali, alleggerite e bilanciate, così
come i due carburatori tricorpo SU, dotati di
cornetti di aspirazione corti. Ci sarebbe anche
la possibilità di montare tre carburatori Weber
doppio corpo da 45, ma questa soluzione è
consigliata per un utilizzo più corsaiolo. Mi
gliorato anche il circuito di raffreddamento,
con radiatore acqua maggiorato in alluminio,
così come sono maggiorate le pompe acqua
e olio, inoltre è stato aggiunto un radiatore
olio motore piazzato a destra dietro il passa
ruota anteriore; tutti accessori accettati nelle
competizioni dell’epoca. L’impianto di scarico,
in acciaio inox, è di tipo sportivo, con collettori
singoli e doppi terminali che escono late
ralmente a sinistra. Infine, per limitare problemi di centrifugazione del lubrificante, nella coppa
olio sono state aggiunte alcune paratie. Il 6 cilindri inglese così preparato eroga una potenza
massima di 135 cv a 5.800 giri/min. Anche la frizione adotta un kit sportivo, con spingidisco più
rigido, cuscinetto rinforzato e disco in rame. Il cambio, a quattro rapporti più overdrive, è stato
adeguato a un impegno sportivo adottando ingranaggi, scorrevoli e cuscinetti di materiale più
resistente, così come il differenziale, con rapportatura più corta in modo tale da sfruttare al
meglio il motore, ed i semiassi.
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Assetto più rigido e preciso
L’assetto è stato irrigidito del 25% sostituendo la valvola dell’idraulica interna degli
ammortizzatori a leva Armstrong, e montando molle anteriori e le balestre posteriori di carico
maggiore. Inoltre, per garantire maggiore precisione, tutte le boccole di ancoraggio dei bracci
sospensione sono di materiale gommoso più rigido, così come è stata variata la rapportatura
della scatola dello sterzo per avere una sterzata più pronta che necessita di minore raggio di
azione sul volante. Le carreggiate sono state allargate montando cerchi, sempre a raggi con
fissaggio centrale a gallettone, con canale maggiorato (6Jx15”) e offset differente. Natu
ralmente anche l’impianto frenante, con pompa e circuito singolo, è stato adeguato lavorando i
tamburi e adottando una mescola differente del materiale d’attrito dei pattini.
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Tocco italiano
Per dare ancora più identità di barchetta alla Austin Healey, riprendendo l’idea di quelle che
correvano all’epoca, il parabrezza originale e relativi montanti sono stati sostituiti da in piccolo
parabrezza in plexiglass arrotondato. I due sedili originali sono stati mantenuti, ma il rivesti
mento è stato rifatto ex novo con pelle di colore marroncino. La stessa pelle è stata utilizzata
per i pannelli delle portiere, personalizzati con dei fori circolari che riprendono gli sfoghi d’aria
sulle fiancate. Gli strumenti originali sono stati sostituiti con altri sempre della stessa marca,
Smiths, ma di concezione più moderna e più precisi. Tra questi spicca il contagiri, con doppia
lancetta e doppia spia per consigliare il momento ideale di cambiata.
Colpo di fulmine
La particolarità della vettura e la cura della realizzazione non sono passati inosservati ad un
appassionato cliente del AM Classic Sport Garage, che capitato in carrozzeria per pro
grammare l’intervento su un’altra sua vettura è rimasto letteralmente folgorato dalla Austin
Healey “Brighton”, com’è stata denominata da Alessandro Migliavacca in onore di una delle
corse inglesi più famose, tanto da volerla acquistare ancora in fase di realizzazione. E ve
dendo il risultato finale come dargli torto. Infatti gli ultimi particolari, come la colorazione
esterna, i rivestimenti interni e il parabrezza, ma anche il grado di preparazione della meccani
ca, sono stati definiti insieme dal nuovo proprietario e da Migliavacca.
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