NOZZE D’ORO
CON PORSCHE
di E. Mosca
Messo in bacheca l’ennesimo alloro, il Tricolore GT4
Endurance con la 718 Cayman, con Orlando Redolfi
ripercorriamo mezzo secolo di storia Porsche. Grazie
all’esperienza dire a del tecnico e pilota bergamasco,
conosciamo meglio le cara eris che tecniche e di guida
delle ve ure, stradali e da corsa, che hanno reso celebre
il marchio di Stoccarda, dalle prime 911 fino ai giorni
nostri. Tra i tan pilo che hanno corso con le sue
macchine anche un… certo Toto Wolff.
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Per il suo 71.mo compleanno Orlando Redolfi il regalo se
l’è fa o in an cipo. Uno dei suoi preferi . L’ennesimo
alloro: il tolo Tricolore GT4 Endurance, conquistato da
Giuseppe Ghezzi e Riccardo Chiesa al volante di una delle
Porsche 718 Cayman schierate dalla squadra di
Pedrengo, l’Autorlando Sport. Un alloro che va a fare
compagnia ai tan già conquista sia come pilota sia
come preparatore, culmina con la vi oria nel
campionato GT Open 2007 e due terzi pos nella
categoria GT2 nel campionato Le Mans Series 2005 e
nella 24 Ore di Le Mans 2007. Ma anche il “Casco d’Oro”
alla carriera assegnatogli da Autosprint. Già, c’è chi
insegue “quota 100”, mentre il “mago” di Pedrengo di
stare parcheggiato in “garage” non ci pensa proprio.
“Orlando”, come viene comunemente chiamato da tu
nell’ambiente, con nua a preferire l’a vità in pista, nei
box e al mure o, ma anche nell’abitacolo delle sue
ve ure da corsa, come ci spiega più avan .
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Lo troviamo giustamente raggiante, sia perché la vi oria è arrivata sul filo di lana sia
perché lui, dall’alto della sua esperienza, nella GT4 ci ha creduto fin da subito. Vero?on
solo. Perché ormai voi siete roda per ques even motoris ci a cui è legata anche la
solidarietà, in che modo?
“Si. Infa tre anni fa abbiamo
modificato per conto nostro una
997 Cup secondo quelle
specifiche. Ed i risulta ci hanno
dato ragione: il primo anno
siamo arriva terzi, nel 2017
abbiamo vinto il tolo europeo
che l’anno scorso ci è sfuggito
per poco. Ci siamo rifa
quest’anno con la macchina
nuova. E’ stata una bella
soddisfazione, perché è stato un
campionato rato: noi ci siamo
un po’ complica la vita a
Misano, quando per le bizze del
meteo non abbiamo interpretato al meglio la gara perdendo una possibile vi oria.
Invece, nell’ul ma gara al Mugello tu o ha girato al meglio, pilo , squadra e
circostanze”.
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La GT4 pare avere tu o per crescere come categoria, cosa ci vuole per farle fare il salto
di qualità in Italia?
“La categoria è molto interessante, perché ha un buon rapporto tra cos e performance
delle ve ure, perciò può abbracciare un’ampia fascia di potenziali pilo , dai giovani che
vogliono fare esperienza prima di passare alla GT3 ai gentleman driver che si vogliono
diver re con una ve ura non estremamente impegna va ed a cos ragionevoli. Anche
le Case ci stanno credendo, tanto che in pista a livello internazionale ci sono ben 12
marchi (tra ques : Audi R8 LMS, Aston Mar n Vantage, BMW M4 e Z4, Alpine A110,
Chevrolet Camaro, McLaren
570S, Mercedes AMG, Gine a
G55, KTM X‐Bow) ed anche
Porsche ha appositamente
preparato la nuova 718 Cayman,
di cui noi abbiamo schierato
due ve ure. L’unico neo del
regolamento GT4, volendo dirla
tu a, è che tu i Costru ori un
po’ ci marciano, vendendo
alcuni ricambi, ad esempio
paraur e parafanghi, ad un
costo superiore di tre volte con
la scusa che sono alleggeri o
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modifica . Ma è quello che avviene anche con le auto stradali. Per fare crescere la GT4
anche in Italia è necessario che la Federazione ado un regolamento ferreo, in modo
tale da evitare con nue discussioni che destabilizzano l’ambiente. Una ques one che
pare finalmente risolta grazie all’impegno da parte di ACI Sport di ado are da
quest’anno gli stessi parametri u lizza a livello internazionale da RSO per GT3 e GT4,
così da poter avere un “BOP” (“Balance of performance”) costantemente aggiornato e
in grado di equiparare tu e le macchine”.
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A questo proposito, come va la 718 Cayman?
“Direi bene. Perchè in Italia ha vinto sia il tolo endurance, con noi, sia quello Sprint,
con un’altra squadra (Ebimotors). Perciò i tecnici Porsche hanno fa o davvero un bel
lavoro, preparando una macchina che può dare al gentleman driver tante soddisfazioni
con un elevato grado di sicurezza. E lo dico a ragion veduta, perché l’ho provata
personalmente per una decina di giri a Monza e mi è davvero piaciuta. Sono arrivato alla
staccata della prima variante a oltre 255 km/h, ho frenato a 110 mt e, grazie all’ABS e ad
un o mo cambio, sono entrato in curva senza problemi. Magari non è il top assoluto a
livello d performance, perché ad esempio la Mercedes deriva dire amente dalla GT3 e
anche la BMW ha un grande potenziale, ma sulla distanza va molto bene e ha il pregio
di non stancare i pilo ”.
Programmi per quest’anno?
“L’idea sarebbe di fare sia il campionato italiano sia l’europeo, magari schierando anche
la 997 che secondo me è ancora compe va e costa anche un po’ meno”.
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Ecco, il bello di quando parli con Orlando Redolfi è che riesce a dar un quadro
completo della situazione, dal punto di vista tecnico ma anche di come si comporta una
macchina in pista o su strada. Questa è la sua forza. Perciò grazie all’esperienza dire a
del tecnico e pilota bergamasco, iniziata nel lontano 1965, possiamo conoscere le
cara eris che delle ve ure, stradali e da corsa, che hanno reso celebre il marchio di
Stoccarda (ma ha preparato, corso, e vinto anche con Mercedes e Toyota) in oltre mezzo
secolo di storia. La sua stru ura di Pedrengo, infa , rappresenta un sicuro punto di
riferimento per gli appassiona porschis a 360 gradi. Per le ve ure stradali e da corsa,
dato che ha la qualifica di Centro Assistenza e Motorsport Porsche, ed anche per le
storiche perché molte delle ve ure che Orlando ha preparato e pilotato nella sua lunga
carriera oggi fanno la parte del leone nelle compe zioni storiche, rally, salita, pista e
Regolarità, perciò nessuno meglio di lui che ne ha seguito l’evoluzione passo passo ne
conosce i segre .
Com’è iniziata questa coinvolgente storia?
“Nel 1965 lavoravo come
apprendista presso la concessio‐
naria Porsche Bonaldi a Berga‐
mo. Era il momento di passaggio
dalla 356 alla 911, sulle quali c’e‐
ra qualche problema di carbura‐
zione, perciò ogni tanto
passavano i tecnici Porsche per
sistemare i problemi e darci indi‐
cazioni. Uno di ques mi invitò
per uno stage di sei mesi presso
la fabbrica: non prendevo s ‐
pendio ma mi assegnarono un
alloggio. Dopo tre mesi nell’area
dedicata alla ricerca guas e
messa a punto sulle ve ure stradali ebbi l’occasione di passare al reparto spor vo di
Weissach, dove tornai per sei mesi l’anno successivo. Fu un’esperienza che mi ha aiutato
mol ssimo, perché ho trovato
persone molto corre e sia a li‐
vello professionale che umano,
con le quali si è creato un bel
feeling e dalle quali ho ricevuto
informazioni molto importan .
Si dice che i tedeschi siano un
po’ rigidi, ma io credo che va‐
lu no a chi dare informazioni.
Con me sono sta molto dispo‐
nibili, anche successivamente
quando mol dei miei “mae‐
stri” sono sali nelle gerarchie
aziendali”.
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Un nome su tu : Jurgen Barth, ingegnere, collaudatore e pilota della casa tedesca,
pra camente un’is tuzione a Weissach, che non ha voluto mancare due anni fa a
Pedrengo in occasione della festa per il 70.mo compleanno di Orlando.
Cosa ha significato per un giovane e appassionato apprendista poter accedere al
reparto spor vo Porsche?
“Trovarsi a lavorare presso un Costru ore fu come essere catapultato su un altro
pianeta, anche perché vivevo una fabbrica con lingua, cultura, sistemi e organizzazione
diversi. Fu come se stessi vedendo tu o in televisione”.ma anche Renault 5 Coppa e una
Lancia Stratos preparata per la pista”.
Peraltro a Weissach fece un altro incontro determinante per la sua a vità, chi
esa amente?
“Bonomelli. Che veniva spesso a Weissach per acquistare materiale e ricambi. Mi
conobbe e mi propose di collaborare con lui. Infa quando dove e me ere a punto il
primo motore sei cilindri venne a prendermi il venerdì sera in Germania dove mi riportò
il lunedì ma na. Lui si era già fa o una bella fama con le Porsche, quindi terminato il
servizio militare acce ai la sua proposta di lavoro, anche se fu un’altra scelta non facile
perché tu i giorni dovevo par re alle se e da Bergamo per andare a Brescia, tornando
spesso a mezzano e”.
Fu così che si formò anche l’Orlando pilota, vero?
“Si – conferma sghignazzando ‐. Allora avevo una 500 che avevo un po’ “pompato”,
portandola a 650 cc, e modificato l’asse o. Ogni giorno cronometravo il tempo di
percorrenza tra casa mia e l’officina di Bonomelli, così da valutare i miglioramen miei e
della ve ura”.
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Tempi a parte, cosa apprese da Bonomelli?
“Da lui ho potuto capitalizzare le esperienze apprese sia in concessionaria sia nella grande
fabbrica, imparando la gestione quotidiana delle macchine, dei piloti e delle gare, di vario tipo
perché si spaziava dalla pista alle salite fino ai rally e le gare di durata, con le GT, prima le 2.0
e successivamente le 3.0, ma anche con i prototipi, 904, 906, 908 e 910. Si trattava di mettere
in pratica quello che avevo appreso alla Porsche confrontandomi però con l’economia di tutti i
giorni, perciò cosa serviva per la preparazione della macchina, quali ricambi ordinare e come
utilizzarli al meglio”.
Oggi, invece, sopra u o con le ve ure moderne, quasi non esiste più la figura del
preparatore, vero?
“Purtroppo è così. Noi da
Bonomelli facevamo tu o: dalla
costruzione allo sviluppo delle
ve ure, anche per trovare
qualcosa di diverso che poteva
fare la differenza e che magari
era difficile da reperire in
fabbrica. Oggi, invece, bisogna
acquistare ve ura e pezzi
standard dai Costru ori, perché
sono loro che determinano la
fiche di omologazione. Perciò
ora si tra a di u lizzare al
meglio quello che il Costru ore
me e a disposizione, anche in
funzione di chi guida la
macchina. Io mi sento
comunque gra ficato nel consen re anche al pilota gentleman, che magari va in pista
una volta al mese, di sfru are al meglio la ve ura. Però questo sistema ha fa o lievitare
i cos e messo in ginocchio mol preparatori, anche perché spesso una ve ura non è
più compe va dopo una sola stagione, quindi diventa difficile ammor zzare i cos ”.
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Quando è nata l’Autorlando?
“Lavorai due anni da Bonomelli, poi nel ’73 mi misi in proprio. Grazie ad un cliente,
Carlo Fabbri (“CAM”), che si era affezionato e mi affidò la prima macchina da corsa: una
914. Nel ’74 disputammo, un po’ di gare, sia in salita che in pista e l’anno dopo
vincemmo il Campionato Italiano Velocità proprio davan a Bonomelli. Quella fu anche
la prima macchina con cui corsi. Ce l’ho ancora”.
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Come andò?
“Debu ai nel ’76, in una gara in salita a Parma. A metà percorso non sapevo più dove
me ere le ruote, un po’ per l’emozione e un po’ perché da automobilista di tu i giorni
non avevo il senso delle traie orie, quindi sfru avo solo metà della strada. Poi andai a
Vallelunga e lì mi appassionai veramente. Quindi cercavo di correre quando potevo, ma
correre in pista divenne sempre più difficile perché i Gr. 4 furono soppianta dalle ben
più costose Gr. 5. Perciò ci concentrammo sui rally, dove riuscimmo a fare davvero la
differenza o enendo numerosi successi”.
Cosa faceva la differenza tra le sue macchine e quelle degli altri?
“Secondo me, fu determinata dal feeling che si era creato con le persone che lavoravano
in Porsche. Dal punto di vista tecnico prima o poi tu i preparatori di buon livello
trovavano le soluzioni giuste, però la con nuità con la quale potevo disporre dei pezzi
gius ed i consigli che mi davano i tecnici di Weissach su cosa prendere e come
impostare lo sviluppo in funzione delle evoluzioni che sarebbero arrivate hanno spesso
fa o la differenza. Un altro fa ore determinante veniva anche dall’aver guidato le
macchine che preparavo. Questo mi consen va di capire forse un po’ prima di altri
colleghi quello che poteva servire ad un pilota per fare la prestazione e cosa, invece,
poteva me erlo in difficoltà”.
Come considera l’Orlando pilota?
”Più che un vero e proprio pilota mi
sento un collaudatore‐preparatore.
Quando mi siedo in macchina penso
già al cliente che dovrà me ersi poi
al volante. Perciò pilotare le
macchine mi aiuta molto per dare al
gentleman che deve pilotare le
indicazioni corre e sulle reazioni che
queste possono avere in funzione
della messa a punto ado ata,
oppure per u lizzare in modo
o male gli pneuma ci e la frenata. E
questo viene apprezzato”.
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Tra le tante Porsche che ha pilotato, quale le è rimasta più nel cuore?
“Innanzitu o vanno dis nte le
varie epoche. Il modello a cui
sono più legato è la 911 3.0 Gr.
4, una vera macchina da corsa
che rappresentava il risultato di
un’evoluzione par ta dalla 914
e proseguita con le varie
cilindrate: 2.2, 2.4, 2.5, 2.7, poi
si passò al turbo. Un’altra
grande soddisfazione ce la
prendemmo con la 924 Gr. B:
fummo i primi a vincere con il
turbo e la Gr. B nei rally.
Ricordo che a Biella, Uzzeni con
quella macchina era addiri ura
davan al povero Be ega e agli
altri pilo ufficiali. Fu una grande soddisfazione per un pilota e un team privato”.
Quella più problema ca?
“Le 924 T e 928 all’inizio avevano qualche problemino. Probabilmente anche il fa o che
ce ne fossero poche in circolazione non agevolava lo sviluppo”.
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A proposito; ad un certo punto Porsche ha cercato una strada alterna va alla 911 con
questa serie ma senza successo, come mai?
“Le 924, 944 e 928 hanno avuto un discreto successo in America, d’altronde erano state
pensate per quel mercato, mentre in Italia non sono state capite. Credo che la stessa
Porsche non ci abbia creduto fino in fondo. Però secondo me la 928 S era una gran
macchina, anche se non facile da usare. In defini va credo che non abbia avuto un gran
successo perché non era né carne né pesce: non era comoda per una famiglia, per le
due porte e poco bagagliaio, ma non era neppure una vera spor va come la 911. La
Panamera ha probabilmente coniugato meglio ques due aspe , così come i SUV po
la Cayenne e ancora di più la Macan che ha un telaio fantas co e un aspe o più
spor veggiante”.
Ha avuto modo di pilotare le varie generazioni di Porsche da corsa, da quelle senza
alcun po di controllo ele ronico considerate per “uomini veri” a quelle a uali più
“gen li”, quali sono le differenze ad esempio tra la 911 3.0 Gr. 4 e le a uali GT3 o Cup?
“La 911 3.0 Gr. 4 era tosta, ma una volta compresa diventava un gioca olo da guidare,
perché aveva 300 cv su 1.000 kg di peso, un bell’appoggio a terra ed era molto sincera.
Poi con il turbo le cose si sono fa e più difficili, perché bisognava saper dosare bene la
potenza e saper frenare con decisione altrimen si arrivava troppo veloci in curva ed
erano dolori. L’arrivo della 996 ha rappresentato un bel salto rispe o alla 911, perché
aveva una bella frenata e un cambio molto manovrabile, ma per andare forte bisognava
saperci fare. La 997, con il cambio sequenziale e il trac on control è stata una grande
evoluzione, sopra u o per i gentleman driver, perché in precedenza bisognava trovare i
tempi gius di cambiata mentre con il sequenziale al volante basta pigiare il paddle
senza staccare le mani. Queste evoluzioni, unite a quelle telais che che ha fa o passi da
gigante con questa serie, ha reso la guida molto più fruibile consentendo sopra u o ai
gentleman driver di arrivare ad un livello già molto alto senza grossi problemi e con un
alto grado di sicurezza. Ancora meglio con il PDK u lizzato sulla 718 Cayman GT4, che
oltre ad un bel telaio e freni adegua ha tempi di cambiata perfe . Credo sia la
macchina ideale per il gentleman driver”.
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E quelle stradali?
“La serie 993, motorizzata sia con il 3.6 che 3.8 raffreddato ad aria, era una grande
macchina, già con una bella tecnologia. Invece l’arrivo della 996, con i motori raffredda
ad acqua, non è stata molto apprezzata. La ve ura aveva fa o un ulteriore passo avan
in termini di guidabilità, mentre il motore, sopra u o la prima serie, ha avuto qualche
piccolo problema in alcune par . Ma questo si può verificare quando si introducono
delle innovazioni tecnologiche. Comunque la 996 turbo, con il cambio meccanico, è una
gran macchina. La 997 ha fa o tesoro dell’esperienza mantenendo lo stesso confort ma
tornando ad essere più spor va. La 997 3.8 RS è una macchina che regala for emozioni
sia in pista sia su strada, peraltro con grande sicurezza grazie ai sistemi di controllo che
aiutano nella ges one. Le 991 e 992 sono uno step ancora più avanzato, con cui si può
apprezzare ancora di più questa evoluzione perché si viaggia dentro un salo o ma con
prestazioni da vera spor va. C’è tanta tecnologia che aiuta nella ges one della guida
quo diana, che si può comunque escludere in parte quando si vuole davvero godere del
mezzo. Tu avia, a mio avviso, sono forse troppo per un automobilista normale, perché
hanno un limite talmente alto che per godersele serve un certo grado di capacità e mol
km per abituarsi. Perciò, secondo me, non riescono a “far sudare le mani al volante”,
mentre la 997 la si può godere di più. Va comunque de o che al giorno d’oggi è
impensabile poter sfru are una vera spor va su strada. Infa se ci si vuole davvero
diver re alla guida consiglio a tu di andare in pista”.
Si è cimentato nelle varie specialità dell’automobilismo, rally, salite e pista, quale
preferisce?
“Qui sono un po’ in difficoltà. I rally di una volta rappresentavano senz’altro la specialità
più completa, ma oggi sono sta completamente snatura , quindi sono contento di
essere tornato alla pista”.
La più grande soddisfazione?
“La partecipazione alla 24 Ore di Le Mans, nel 2007,
è stata la ciliegina sulla torta. C’è voluto un pizzico di
follia per affrontare un impegno del genere, però
abbiamo preparato tu o per bene, come del resto
dico sempre ai miei ragazzi, sia che si tra di un
turno di prove libere sia una gara importante. Mia
figlia Rossella aveva preparato tu o
me colosamente, ingaggiando un ingegnere ex
Toyota e un tecnico francese per le comunicazioni
con la direzione gara. Inoltre eravamo gli unici, oltre
al team Audi, a disporre di una stazione meteo, che
si è rivelata determinante nella scelta degli
pneuma ci rain con il giusto an cipo. Ciascuno ha
fa o bene il proprio compito. Eravamo par alla
grande, con il miglior tempo nei test ufficiali, poi la
gara l’ho vissuta pra camente in trance e solo dopo
la bandiera a scacchi ho realizzato quello che
avevamo fa o. Siamo sta anche in testa alla gara e
ad un’ora e mezza dalla fine occupavamo la seconda
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posizione, poi purtroppo uno dei pilo è andato a sba ere. Fortunatamente è riuscito a
tornare ai box e anche con l’aiuto dei tecnici Porsche abbiamo riparato i danni,
sos tuendo due sospensioni e parecchia altra roba, perdendo alcuni giri ma arrivando
ugualmente terzi di categoria. Quindi una grande soddisfazione”.
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Con il boom delle gare storiche, sono tornate d’a ualità tante macchine sulle quali ha
lavorato negli anni, quali consiglierebbe ad un appassionato?
“Mi fa molto piacere quando un nostro cliente, o magari com’è capitato il figlio o il
nipote, tornano da noi per revisionare la macchina o il motore che avevamo preparato
mol anni fa, perché significa che abbiamo fa o un bel lavoro. Ed ora, poter contare su
materiali migliori per par colari come pistoni, ingranaggi del cambio o semiassi, aiuta
molto, non tanto per la prestazione quanto per l’affidabilità. Obbie vamente sia in
pista che nei rally le Porsche fanno la parte del leone. De o questo, innanzitu o
consiglierei un metodo da seguire per realizzare, magari passo dopo passo, una
macchina da corsa giusta: per prima cosa preparare bene il telaio, un lavoro
impegna vo e costoso ma determinante, perché solo su una buona base può
funzionare bene quello che poi si andrà a montare. Dopo il telaio conta un buon asse o
e buoni freni, quindi si passa a migliorare motore e cambio. Mentre mol fanno
l’opposto, trovandosi poi con una macchina incontrollabile”.
Nello specifico, quale modello e in che alles mento?
“Una 911 2.0 o 3.0 Gr. 3, che sono macchine quasi di serie sulle quali è sufficiente
montare un cambio ravvicinato, un autobloccante e freni di serie potenzia per
diver rsi senza spendere una follia, magari arrivando poi a una Gr. 4. A ualmente per
me ere in pista una macchina Gr. 3 bisogna me ere in preven vo una spesa che può
andare dai 30.000 ai 50.000 euro; con queste cifre si può correre con una bella 2.0, fino
agli anni ’70, oppure una 2.7 o 3.0, fino al ’75, e diver rsi nelle rispe ve classi. Per una
3.0 Gr. 4 fa a bene, invece, i cos possono salire da 110.000 a 130.000 euro, ve ura di
base a parte”.
Come trova l’ambiente delle gare storiche?
“Molto piacevole, perché si respira un clima molto più rilassato e spor vo rispe o ai
rally di vent’anni fa, per non parlare di quelli di adesso. D’altronde chi corre con le auto
storiche è un appassionato, che magari non ha potuto farlo da giovane. Anche se, come
sempre, non manca qualcuno che interpreta male lo spirito”.
Tra i tan pilo che hanno corso con le sue macchine figura anche Toto Wolff, nel
Tricolore GT 2002, com’è?
“E’ un grande appassionato e un buon
gentleman driver. A livello
manageriale già allora era uno molto
avan : comprava aziende in difficoltà,
le reimpostava e le rivendeva. Siamo
ancora in conta o, sopra u o con
mia figlia Rossella che ha invitato
anche nella sede Mercedes in
Inghilterra. Io sono stato al GP d’Italia
due anni fa, mi ha dedicato una bella
mezz’ora, facendomi incontrare anche
Hamilton e Rosberg, poi mi ha messo
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a disposizione due ingegneri che mi hanno accompagnato nel box per vedere da vicino
le macchine. E’ stata una cosa davvero piacevole. Ogni tanto ci manda qualche
messaggio chiedendoci della grappa bergamasca. Infa diceva sempre di essere venuto
nel nostro paese per imparare l’italiano invece ha imparato il bergamasco. Scherzi a
parte, è una persona che ha un grande carisma”.
Guardiamo al futuro: Porsche ha dichiarato che abbandonerà il motore termico per
passare all’ele rico, cosa ne pensa?
“Guardando avan direi che è abbastanza naturale. Anche perché Porsche ha sempre
cercato di essere all’avanguardia della tecnologia automobilis ca. Certamente ci
mancherà la musicalità del motore tradizionale, ma già esistono dei disposi vi per
o mizzare il sound di molte ve ure a uali. Certo per uno come me che ha vissuto
mezzo secolo di evoluzione del motore termico non è così facile da digerire. In
compenso sto restaurando un proto po 904 6 cilindri, recuperato in Uruguai”.
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