CI VEDIAMO A DAKAR
di E. Mosca
Stefano Rossi, al via per il secondo anno consecu vo dell’Africa Eco
Race, ci spiega come la gara organizzata da Rene Metge riprende
davvero in pieno lo spirito della Dakar originale. Non a caso anche
sul manifesto ufficiale è riportata la frase “sulle orme di Thierry
Sabine”.
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Sulle prime ci verrebbe quasi automa co definirla “l’altra Dakar”, dato che si svolge
pra camente in contemporanea con quella “ufficiale”. Poi, pensandoci bene, è l’Africa
Eco Race che ripercorre buona parte del tracciato della Dakar “originale” arrivando,
come da tradizione, sulle sponde del Lago Rosa della capitale del Senegal. E allora, a
rigor di logica, sarebbe questa ad avere tolo per potersi fregiare con il mi co nome.
Già, ma poi subentra il business e allora nome e marchio passano di mano e, da i
problemi organizza vi incontra anni fa in Africa, si pensa bene ad emigrare nel più
tranquillo Sudamerica. Le Case ufficiali seguono il carrozzone, che nel fra empo ha
avuto pure l’egida della FIA, portandosi ovviamente appresso i migliori pilo , o per lo
meno i più quota , e investendo budget milionari per preparare mezzi sempre più
performan e per divulgare media camente la propria partecipazione. Se a questo
aggiungiamo che la gara è stata organizzata in modo tale da essere più fruibile anche
per il grande pubblico, a raversando o fermandosi nei pressi di grandi centri abita ,
ecco che il bilancio finale non può che essere posi vo. Tu avia, nonostante l’indubbio
successo, non possiamo fare a meno di notare che lo spirito originario si sia un po’
perso. Questo non significa affa o che l’a uale “Dakar” sia meno dura, anzi. Sia
parlando con qualcuno che ha disputato entrambe le versioni della Dakar, sia
analizzando le difficoltà inserite nel percorso e valutando l’elevato livello di performance
raggiunto dai concorren e richiesto dalla pologia di gara, lungi da noi questo pensiero.
Così come il nostro obbie vo non è certo quello di ingaggiare una sorta di derby tra le
due Dakar: quella “ufficiale” e quella che si rifà all’originale.
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Sulle tracce di Thierry Sabine
Semplicemente nell’occasione vogliamo parlare di
quest’ul ma, l’Africa Eco Race, a nostro avviso
troppo snobbata dai Media. Una decina di anni fa
Hubert Auriol, uno dei pochi pilo (con Peterhansel e
Roma) capaci di vincere la “Dakar” sia in moto che in
auto oltre ad emozionare tu o il mondo quando nel
1987 dove e abbandonare la gara dopo avere
portato a termine la prova con entrambe le caviglie
fra urate, insieme a un manipolo di fedelissimi che a
vario tolo avevano fa o parte della grande famiglia
della Dakar decise di rime ere in moto “quella” gara,
che pur non potendosi più fregiare della
denominazione ufficiale ne replicava l’anima e la
filosofia. Di avventura certamente, ma anche di
salvaguardia dei luoghi a raversa dalla
compe zione e aiu nei confron delle popolazioni
incontrate durante il percorso. Poi il tes mone è
stato rilevato da un altro dakariano DOC, Jean Luis
Schlesser, che ha inves to del ruolo di dire ore di
gara un altro vincitore della maratona africana, Renè
Metge. Quest’anno si è disputata la 11.ma edizione della gara, con partenza dal
principato di Monaco, trasferimento a Sete per l’imbarco verso il Marocco da dove la
carovana degli oltre 130 partecipan (60 auto, altre ante moto e 9 camion) si è
addentrata in Africa per a raversare Mauritania e Senegal e arrivare, dopo oltre 6.000
km percorsi su varie pologie di fondi, sul mi co Lago Rosa di Dakar. Insomma, una gara
molto vicina come filosofia a quella del suo inventore. Non a caso, anche nel manifesto
ufficiale compare inequivocabile la scri a “Sur les traces de Thierry Sabine!”
Non ha dubbi in proposito Stefano Rossi, alla seconda partecipazione alla gara, che
affiancato da Alberto Marcon vanta il primato tra gli equipaggi italiani a qua ro ruote,
oltre che 3° della categoria T1 benzina e 31° assoluto.
“Nella Dakar sudamericana c’è il marchio, che indubbiamente è d’impa o, ma dal punto
di vista dell’amatore della specialità questa gara te la godi di più. Bas considerare che
sei in Africa e percorri circa 500 km al giorno di speciale, con pochissimi tra di
trasferimento, quindi è molto meno noioso. Inoltre si sta al bivacco, dove si arriva e si
riparte la ma na. E questo per un amante del fuoristrada e di queste gare come il
so oscri o è il massimo, perché vivi veramente la gara e l’ambiente. Che peraltro è
meno esasperato rispe o a quello della Dakar. Naturalmente queste sono valutazioni
personali, ma sto notando che in mol cominciano a fare questa scelta. Bas pensare
che quest’anno noi italiani eravamo il secondo gruppo più numeroso di iscri , con ben
14 motociclis ”. Da so olineare che tra le due ruote la vi oria è andata al nostro
Alessandro Bo uri.
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Ma sono valutazioni in parte forse de ate anche dai cos inferiori?
“Beh, questa è proprio la mia materia, perché nella vita di tu i giorni faccio il
commercialista. E da buon ragioniere, dopo aver fa o un’a enta analisi dei cos ‐
benefici posso dire che non è certo questo l’ago della bilancia ad aver fa o pesare la
scelta verso l’Africa Eco Race. Certo per una partecipazione come quella del nostro team
si risparmiano circa 10.000 euro, per varie voci come la tassa di iscrizione ed i buoni
benzina inferiori, così come per i voli e il rientro dei mezzi, ma dopo aver partecipato
l’anno scorso a questa gara la mia è stata una scelta de ata dal cuore. Perché a parte il
Mali e l’Algeria dove non si può andare per mo vi poli ci questa gara è come la Dakar di
una volta”.
I cos inferiori non incidono sul livello dell’organizzazione?
“L’organizzazione è stata davvero impeccabile in tu o. Il road‐book era perfe o. In
alcuni casi c’erano dei trabocche per rendere più difficoltoso ai concorren trovare il
punto di controllo mbro, ma tu o ben segnato e so o il controllo dell’organizzazione.
In uno di ques pun ricordo che c’era una duna da aggirare, dietro la quale era
parcheggiato l’elico ero con il dire ore di gara e il responsabile del road‐book che
accoglievano con un sorriso sornione gli equipaggi che ci arrivavano. Mi sono trovato
come in famiglia, sia con gli organizzatori che fanno sen re parte del gruppo e non
solo un numero sia so o tu gli aspe al bivacco. E lo posso dire perché avendo avuto
necessità dell’infermeria ho potuto verificare che tu sono tra a bene. Così come
sono stato tes mone di un equipaggio in piena crisi perché in panne nel deserto,
prontamente soccorso dall’equipe medica che li ha accudi in tu o. Una bella garanzia
per i concorren , perché questa è una gara dura, ma nessuno viene abbandonato.
Anche la sicurezza è sempre stata garan ta in ogni occasione: in alcune zone ci sono
sta i solda dell’ONU a farci da scorta, oppure la polizia locale. Ma in generale devo
dire che in ogni posto abbiamo avuto una bella accoglienza, con la popolazione locale
addiri ura a spronarci per andare più forte e farli diver re. L’unica lacuna di questa gara
è la promozione, che non è sviluppata a dovere. Questo fa si che se ne parli poco e di
conseguenza sia conosciuta da poca gente. E questo è un vero peccato, perché quelli
che la conoscono l’apprezzano e ci tornano volen eri”..
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Andiamo più nel tecnico, com’era il percorso di questa edizione?
“Devo veramente complimentarmi con gli organizzatori, che hanno in parte modificato il
percorso rispe o all’anno scorso rendendolo davvero bello e inserendo diversi tra di
pura navigazione. In defini va, questa edizione era più complicata, sia per il tracciato più
difficoltoso sia per la navigazione più impegna va. In più, alcuni tra del percorso
erano sta devasta dalle alluvioni, sopra u o in Marocco e Mauritania dove c’è molta
più vegetazione perciò le piste erano ancora più rovinate”.
E questo vi ha creato diversi problemi, vero?
“Sopra u o i primi tre giorni. Nonostante l’a enzione che ci ho messo nella guida lo
stato disastroso delle piste ci ha le eralmente smontato macchina: prima si è ro o il
cappello di un ammor zzatore, poi abbiamo ro o i silent block e perso la barra
panhard. Abbiamo provato a rimontarla ma senza silent‐block la macchina andava da
tu e le par , poi abbiamo perso di nuovo l’ammor zzatore. Per fortuna Alberto
Marcon, che oltre a svolgere il ruolo di navigatore è pure un bravo meccanico, con
interven di fortuna è riuscito a riparare in qualche modo la macchina e consen rci di
arrivare a fine prova”.
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E’ una bella sicurezza avere al fianco una persona così?
“Certamente. Perché appena sorge un problema lui riesce a capirne l’origine cercando il
possibile rimedio. Bas pensare che nei primi giorni ha rimesso insieme la macchina con
fasce e e nastro adesivo. Ma sopra u o sa capire se è il caso di con nuare oppure si
rischia di fare danni ancora peggiori. Inoltre, non avevamo mai corso insieme ma
abbiamo trovato immediatamente una bella intesa. Abbiamo sofferto e gioito insieme.
Sopra u o all’inizio è stato difficile, perché restando a arda per i problemi meccanici
poi abbiamo trovato traffico sulle piste, pagando parecchio tempo per vari
insabbiamen . In una occasione abbiamo perso due ore per uscire da un buco
incredibile, cambiando dieci volte le piastre. Questo da’ l’idea della tenacia e
determinazione che avevamo nel superare le difficoltà. Questo ha rafforzato l’intesa. E
in gare così lunghe e difficili l’unità dell’equipaggio è fondamentale. Ma in generale tu o
il team ha funzionato a meraviglia”.
Anche perché avete dovuto superare altri problemi, vero?
“Al terzo giorno ci è esplosa la frizione, perciò abbiamo dovuto soffrire per tu o il
giorno per arrivare a fine prova, dove è stata riparata durante la no e dall’assistenza.
Devo veramente complimentarmi con loro: Nicola Collodel, Denis Ceo o e Paolo Dalla
Libera, che peraltro il giorno dopo hanno dovuto sos tuire anche la frizione del camion,
anch’essa nuova. Così come un grazie va anche a Debora, che ges sce da casa gli aspe
organizza vi. Per fortuna dopo ques inconvenien le cose sono andate un po’ meglio e
sulle prove sabbiose abbiamo anche recuperato parecchio tempo e qualche posizione.
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Grazie anche agli pneuma ci BF Goodrich KL3 che hanno garan to la necessaria
resistenza sulle rocce del Marocco consentendoci di scendere fino a 0.6 di pressione
sulle dune”.
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Però non vi siete fa mancare pure un brivido finale…
“Già. La macchina ha pensato bene di farci un bello scherzo proprio alla partenza
dell’ul ma prova sul Lago Rosa. Per fortuna Alberto ha fa o un’altra magia delle sue,
individuando subito il problema: uno spino o riempito di sabbia che non faceva più
conta o. E’ bastato staccarlo e ricollegarlo per res tuirci la… vita. Sarebbe stato davvero
uno smacco non poter salire sul palco finale”.
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E ora, che programmi hai?
“Certamente la partecipazione all’Africa Eco Race 2020. Sto facendo un pensierino
anche alla gara FIA in Turkmenistan, ma dato che sarà in maggio dipenderà dai tempi
necessari per il rialzo della Nissan Patrol”.
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