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Published by Beppe Curtale, 2020-01-31 17:18:24

Ricerca sul Piemonte

Ricerca sul Piemonte

Keywords: piemonte,Ricette piemontesi,città del piemonte

Il piemonte…secondo noi!
Ricerca di geografia

A cura degli alunni di 5d
scuola di vittorio gennaio 2020

Ricerca di Federico Curtale e Federico Atzeni

Storia di Torino

La storia di Torino, capoluogo del Piemonte, si estende per più di 2000 anni e alcuni dei suoi resti
sono ancora visibili nei principali monumenti, vie e piazze.

Le scarse fonti storiche risalgono al terzo secolo a.C., riportando testimonianze sulle quali il
dibattito è ancora aperto.

Da una parte, l’ipotesi di un insediamento dei
Taurisci, ovvero dei Celti originari della Baviera
(Germania), anche se diffusasi poi gradualmente
in tutto il nord- Italia, mentre dall’ altra l’ipotesi,
è tuttavia legata alla prima, di un insediamento
dei cosiddetti Taurini, ovvero un particolare
gruppo etnico dei Celti-Liguri, localizzato
geograficamente nei soli monti Occidentali delle antiche Alpi, quindi insediati lungo le zone a sud
e a nord della Dora Riparia.

In entrambe le ipotesi, secondo gli storici Polibio ed
Appiano già nel terzo secolo a. C. era presente un grande
villaggio, probabilmente collocato alla confluenza dei
fiumi Po e Dora, che si sarebbe chiamato Taurasia (o, per
altre fonti, Taurinia).

Nel 218 a. C., il condottiero cartaginese Annibale entrò in
Piemonte, alleandosi con numerose tribù, tra cui gli
Insubri.

È probabile che i Taurini-Taurisci abbiano rifiutato l’alleanza e tentato di contrastare l’invasione:
secondo i documenti, il villaggio resistette ben tre giorni, prima di crollare.

Riguardo al toponimo e alla radice Taur, esistono varie ipotesi: la più probabile è legata
all’indoeuropeo Taur, a sua volta legato al greco antico opoc (oros, cioè montagna), e al sanscrito
sthur (massiccio, robusto, o selvatico), quindi associato alle caratteristiche montanare tipiche delle
tribù dei Taurisci e dei Taurini dal settimo e il quinto secolo a. C., ma anche dei Taurasi-sanniti,
questi ultimi insediati anticamente in Irpinia.

Nel 28 a.C. venne fondata la città di Augusta Taurinorum dal
romano Augusto.

Il 30 gennaio del 9 a.C. la colonia fu inscritta come tribù romana.

Nel I secolo d.C. furono costruitele mura di cinte della città.

Si vedono ancora i resti della città romana (Porta Palatina).

Nel 940 d.C. Arduino il Glabro divenne conte di Torino. Subito
dopo si insediò la famiglia Savoia che nel 1400 dichiarò Torino
capitale del gran Ducato di Savoia.

Nel 1620 Carlo Emanuele l diede inizio al primo grande
ampliamento della città di Torino.

Furono chiamati dalla corte di casa Savoia, grandi architetti come: Carlo di Castellamonte, Guarino
Guarini e Filippo Juvarra.

Dai sapienti progetti di Carlo di Castellamonte, furono quindi realizzate la via Nuova (oggi via
Roma), la Piazza Reale, adibita a mercato e botteghe artigiane (oggi Piazza San Carlo), fino alla
nuova porta meridionale, ovvero la "Porta Nuova"

Terminata quindi la seconda guerra di indipendenza e l'impresa dei Mille, il 18 febbraio 1861,
Cavour riunì per la prima volta il Parlamento del neonato Regno d'Italia dentro Palazzo Carignano,
con l'elevazione della città a capitale e Vittorio Emanuele II proclamato Re d'Italia.

Nel 1864 la capitale fu trasferita da Torino a Firenze. Alla perdita d'importanza politica, la città
reagì dando inizio a quello sviluppo industriale che l'avrebbe resa in seguito così rilevante per
l'economia nazionale.

Tra le grandi industrie nate a Torino troviamo
sicuramente la FIAT (Fabbrica automobili Italiana)
fondata nel 1898.

Nel 1911 in occasione del 50° Anniversario dell'Unità
d'Italia, fu organizzata una nuova Esposizione
Internazionale dedicata alla produzione industriale.

Nel 1916, in pieno conflitto bellico, fu costruito lo
stabilimento industriale automobilistico FIAT del
Lingotto, la superficie utilizzata fu di 378.000 m² e poteva accogliere 12.000 operai e 500 impiegati.
Venne inaugurato alla presenza del re Vittorio Emanuele III di Savoia soltanto nel 1923.

Durante la prima guerra mondiale (1914 – 1918) il Teatro Regio fu utilizzato come deposito
militare, molte donne dovettero sostituire gli operai nelle fabbriche poiché partiti per il fronte.

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Durante la seconda guerra mondiale (1939 – 1945), a causa
della sua industrializzazione, il capoluogo piemontese fu la
prima città ad essere bombardata (12 giugno 1940) e quella
più pesantemente danneggiata dalle incursioni aeree
alleate, che procurarono ingentissime perdite e sfollamenti
della popolazione verso le campagne circostanti.

Nel 1943 più della metà della popolazione torinese,
all'epoca composta da circa 600.000 abitanti, aveva
abbandonato la città.

Nel 1950 la rinascita della città, sia a livello industriale che
economico, fu quasi immediata. La città verrà quasi sempre
identificata con la fabbrica di automobili e coi suoi
proprietari, la famiglia Agnelli.

L'incipiente produzione di massa di automobili per tutta
l'Italia e oltre, soprattutto i modelli popolari della Fiat 500
e della Fiat 600, richiameranno un flusso migratorio interno
di lavoratori, provenienti da tutta l'Italia Meridionale e dal

Triveneto.

Nel 2014 la produzione industriale degli stabilimenti di Mirafiori venne drasticamente ridotta e la
FIAT, tradizionalmente torinese, verrà inglobata in Fiat Chrysler Automobiles.

Torino tentò quindi di indirizzarsi maggiormente
sulla cultura e sul turismo in genere, ad esempio
con la riqualificazione del Museo Egizio, del Polo
Museale Reale, della decentrata Reggia di
Venaria Reale, ma anche attraverso la
promozione di numerosi eventi fieristici annuali o
biennali (il Salone internazionale del libro e il
Salone internazionale del gusto).

Nel 2006, Torino ospitò i XX Giochi olimpici invernali e i IX
Giochi paraolimpici invernali, eventi che diedero un piccolo
impulso di rinascita della città.

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Linea del tempo della storia di Torino







Giorgia e noemi

LE COLLINE DEL PIEMONTE

Il territorio della regione PIEMONTE è composto:
 43% circa da montagne
 30% circa da colline
 27% circa da pianura

L’area collinare del Piemonte è abbastanza estesa.
Si possono infatti individuare quattro principali sistemi collinari:
 Colline del Canavese – Intorno a Ivrea (origine morenica)
 Colline del Po o anche dette Colline di Torino – a sud del fiume PO
 Colline del Monferrato – tra il Po e il Tanaro (origine tettonica)
 Langhe – attraversate dal fiume Belbo vicino all’Appennino Ligure:
le Langhe sono colline che raggiungono la maggiore altitudine,
infatti arrivano fino a 700 m ed hanno origine tettonica.
- Origine morenica significa che queste colline si sono formate da
depositi glaciali

- Origine tettonica significa che derivano da corrugamento della
crosta terrestre e dal sollevamento dei fondali marini.

COLLINE DEL CANAVESE

Il Canavese è uno splendido angolo del Piemonte che racchiude
un’infinità di tesori naturalistici, storici e artistici, tra i quali castelli,
torri e antiche chiese.

Città di Ivrea

Le colline del canavese si trovano sotto le Alpi e sono spettacolari
per l’unicità e la dimensione dell’Anfiteatro Morenico d’Ivrea con
la Serra d’Ivrea.
Percorso dalla Dora Baltea è un territorio estremamente ricco di
acqua, con i suoi laghi morenici come il lago di Viverone, quello di
Candia Canavese e i cinque laghi d’Ivrea.
Inoltre,ci sono diversi i torrenti tra cui l’Orco e il Chiusella.
Il Canavese arriva sino alla città di Chivasso e prosegue verso il
Parco del Gran Paradiso.
I maggiori centri urbani che si estendono su queste colline sono
Ivrea, Chivasso, Rivarolo, Castellamonte, Ciriè e Cuorgnè.
I piccoli borghi canavesani sono distribuiti nella pianura, nelle
colline dell’Anfiteatro Morenico d’Ivrea e nelle vallate che lo
circondano.
La popolazione del Canavese, molto forte ha dato ottimi minatori
e terrazzieri a tutto il mondo. Oltre che all'agricoltura si dedica
all'industria, che è molto importante a Ivrea, Chivasso, Rivarolo,
Cuorgné, Castellamonte, Caluso, Pont, Cirié, ecc.; che sono anche
i maggiori centri abitati della regione.
Le comunicazioni sono favorite dalla ferrovia centrale del
Canavese.

COLLINE DEL PO

La Collina del Po

Il Parco del Po e la Collina di Torino
Le Colline del Po sono rilievi di modesta altezza a sud
del Po torinese e a est della città di Torino. Un tempo conosciute
come la Montagna di Torino, oggi sono anche note come Colline
torinesi.
Le Colline del Po sono separate dalla Pianura Padana a nord e ad
ovest dal fiume Po.
Il rilievo più elevato è il Bric della Maddalena a 715 m s.l.m. vicino al
quale sorge il Bric della Croce di simile altezza (712 m).
Altre cime sono Superga (672 m), il Bric San Vito (614 m), il Monte
Cervet (578 m) e il monte Calvo (592 m).
L'origine dei rilievi è legata all'orogenesi appenninica.
Parte dell'area è naturalisticamente protetta dal Parco naturale
della Collina Torinese.
Uno dei monumenti più importanti delle colline torinesi è la Basilica
di Superga.

La Basilica di Superga a Torino

COLLINE DEL MONFERRATO

Paesaggio delle Colline del Monferrato

Colline del Monferrato d'Asti

Il Monferrato è una regionestorico-geografica del Piemonte.
Il suo territorio, quasi esclusivamente di natura collinare, è
compreso principalmente all'interno delle province di Alessandria e
Asti.
Il Monferrato si divide in tre parti principali:
 Basso Monferrato: si caratterizza per le sue morbide colline che, ad
esclusione del Sacro Monte di Crea (455 m), non raggiungono mai
altezze superiori ai 400 metri; territorialmente comprende la parte
della provincia di Alessandria. Viene delimitata a nord e a est dal
corso dei fiumi Po e Tanaro. Altra città rilevante è sicuramente
Valenza. Il territorio rappresenta un’unionetra il paesaggio collinare
e la pianura che si caratterizzano, rispettivamente, per la
coltivazione vitivinicola e quella risicola. Numerosi sono i castelli
così come caratteristici sono i borghi spesso contraddistinti dalla
tipica "Pietra da Cantone" di cui sono costituiti.

In bicicletta nel Basso Monferrato

 Monferrato Astigiano: identifica buona parte della Provincia di Asti
ed è caratterizzato da una conformazione prevalentemente
collinare e da diversi borghi storici quali ad esempio Moncalvo,
Grazzano Badoglio, Nizza Monferrato.
Asti è il cuore geografico di questo macro-territorio, delimitato a
sud dalla valle del fiume Belbo e ad ovest approssimativamente
dal percorso del torrente Versa. Il punto più alto del territorio è la
collina di Albugnano a 549 metri s.l.m.

Forme e colori del Monferrato Astigiano

 Alto Monferrato:si estende verso sud a partire dalla Val Bormida
sino a toccare i piedi dell'Appennino Ligure; viene delimitato ad
ovest dalla valle della Bormida di Spigno e ad est dalla porzione
occidentale della media valle Scrivia. Il centro principale è Acqui
Terme.

Alto Monferrato

LANGHE

Le Langhe sono un territorio del Piemonte situato tra le province di
Cuneo e Asti.
Sono costituite da un esteso sistema collinare, definito dal corso dei
fiumi Tanaro, Belbo, Bormida di Millesimo e Bormida di Spigno.
Si suddividono in:
 paesi delle Langhe a bassa quota: zona con quote
genericamente inferiori ai 600 m; famose per essere una zona di
vini e tartufo (rinomato il bianco di Alba).

 paesi delle Langhe ad alta quota: zona con quote fino agli 896 m.
dominano questa zona i boschi e la coltivazione della pregiata
varietà di nocciole "tonda gentile delle Langhe".
Le Langhe, rappresentano una terra conosciuta per la sua
produzione di vino, come il Barolo, il Dolcetto e il Nebbiolo.
Infatti,ha un posto d’onore addirittura nel cuore degli americani
che la chiamano la Food Valley, soprattutto perché in questi
luoghi si trovano prodotti di alta qualità come ad esempio iltartufo
bianco di Alba e i formaggi della provincia di Cuneo.
Le Langhe non sono rinomate solo per il vino e il buon cibo, ma
anche per la natura e l’arte, come i borghi medievali, che nelle
Langhe assumono un fascino del tutto particolare.
Infatti,in questa zona si può visitare il castello di Barolo,anche
chiamato Castello Falletti che rappresenta un posto unico dove
basterà salire su in cima per godere della vista delle dolci colline
delle Langhe.
C’è poi Bergolo, il paese tutto di pietra; Neive, con le sue trattorie;
Dogliani, col mercato contadino del martedì; Bossolasco, col suo
delizioso centro storico tutto punteggiato di rose.
Ed infine c’è Barolo,la città conosciuta per il suo vino celebre oltre
ad assaporarlosi può anche assistere alla sua produzione.

Ricerca di elisa, giada e sara

I musei di Torino

Il museo è una raccolta, pubblica o privata,di oggetti ad uno o più settori della
cultura tra cui in particolare l’arte.
Torino è una delle più ricche dal punto di vista artistico.
Accoglie un vasto numero di musei.
Molti di questi musei rivestono una grandissima importanza sia a livello
nazionale che a livello mondiale.
Alcuni sono unici nel loro genere.
Museo Nazionale del Cinema, unico esempio in Italia di museo dedicato alla
settimana arte, al Museo Egizio, il secondo più importante dopo quello de Il
Cario.
Ci sono musei di vario genere dall’arte classica alla contemporanea, dai musei
educativi per i bambini a quelli scientifici , da musei per appassionati di storia a
quelli dedicati all’ arte della fotografia.

Il museo della Lavazza

Il Museo Lavazza è uno dei più

recenti musei di Torino.

Ubicato nel quartiere Aurora, ha

sede nel complesso della

Nuova Lavazza.

Inaugurato del 2018 il museo,

progettato dallo studio

internazionale di Ralph

Appelbam, permettere coscienza dalla cultura del caffè ripercorrendo, anche il

modo interattivo, sia la storia della famiglia Lavazza sia quella dell’industria

italiana del XX secolo con riferimento a tutta la filiera del caffè.

L'allestimento del museo è diviso in 5 aree tematiche, tutte dotate di

installazioni interattive e contraddistinte da precise tematiche: Casa Lavazza

ossia la Storia degli oltre 120 anni di storia della famiglia Lavazza, della

produttività del caffè e dello sviluppo del marchio; la Fabbrica con i suoni, i

colori, gli aromi dei caffè; dalle piantagioni alla raccolta alle modalità di

produzione e di distribuzione delle diverse varietà; la Piazza con il design e le
diverse macchine per caffè; l’Atelier con il Carosello, le scenografie ed i
testimonial delle pubblicità e con l'interattività mediatica delle telecamere;
l’Universo con un'immersione a 360° nelle diverse ambientazioni relative al
mondo del caffè. Il museo è dotato di pannelli, schermi luminosi e sonori ed
altre installazioni tecnologiche, che attraverso una speciale tazzina di caffè,
permettono al visitatore di essere coinvolto ed interagire attivamente durante
la visita attraverso storie, curiosità ed aneddoti.

Il museo del cinema

Il primo progetto di costruire un museo

italiano del cinema risale al giugno 1941,

quando la studiosa piemontese di storia e di

cinema Maria Adriana Prolo cominciò a

lavorare per realizzare l’idea.

Col sostegno artistico di alcuni pionieri del

cinema , tra cui il regista torinese Giovanni

Pastrone , che nel 1941 diresse proprio a Torino

“Cambria”, il primo Kolossal muto italiano e col

sostegno giornalistico di Francesco Pasinetti e

Alberto Rossi, arrivarono i primi contributi

finanziari per l’acquisto di cimeli e

documenti della storia del cinema italiano .

Il materiale fu inizialmente immagazzinato in una sala della Mole Antonelliana.

Il 7 luglio 1953, si costruì ufficialmente l’Associazione Museo del cinema, che

aveva tra soci fondatori il registra Pastrone.

Nel 1995, in occasione del centenario della nascita del cinema, fu deciso di

trasferire l'allestimento del museo presso l'interno della vicina Mole

Antonelliana così come fu inizialmente raccolto nel 1946. In una scenografia

suggestiva, organizzata dall'architetto torinese Gianfranco Gritella e lo

scenografo svizzero François Confino, nel luglio 2000 venne inaugurata l'attuale

sede, presso l'interno della Mole Antonelliana. In breve tempo il museo divenne

tra i più visitati, con oltre due milioni di visitatori nei primi cinque anni e mezzo

di attività.

Nel 2004 il regista Davide Ferrario ambientò qui il film Dopo mezzanotte

facendo conoscere il museo al grande pubblico. In occasione dei XX Giochi

olimpici invernali di Torino 2006, l'allestimento fu rinnovato con nuove
postazioni multimediali e interattive, tre nuovi ambienti dedicati al western, al

musical e alla fantascienza, e un restauro del film Cabiria di Giovanni Pastrone.

Il museo Egizio

Nel 1759 un appassionato
egittologo di Padova, Vitaliano
Donati, si recò in Egitto per
effettuarvi scavi e ritrovò vari
reperti, che furono inviati a
Torino.[10] All'inizio dell'800,
all'indomani delle campagne
napoleoniche in Egitto, in tutta
Europa scoppiò una vera e
propria moda per il
collezionismo di antichità
egizie. Bernardino Drovetti, piemontese, console generale di Francia durante
l'occupazione in Egitto, collezionò in questo periodo oltre 8 000 pezzi tra statue,
sarcofaghi, mummie, papiri, amuleti e monili vari. Nel 1824 il re Carlo Felice
acquistò questa grande collezione per la cifra di 400.000 lire unendovi altri
reperti di antichità classiche di Casa Savoia, tra cui la collezione Donati, diede
vita al primo Museo Egizio del mondo.
Sul finire dell'Ottocento il direttore del museo, Ernesto Schiaparelli, avviò nuove
acquisizioni e si mise personalmente a condurre importanti campagne di scavi in
Egitto. In questo modo, intorno agli anni trenta del '900, la collezione arrivò a
contare oltre 30 000 pezzi in grado di testimoniare ed illustrare tutti i più
importanti aspetti dell'Antico Egitto, dagli splendori delle arti agli oggetti
comuni di uso quotidiano.
Il museo è dedicato esclusivamente all'arte egizia. Al suo interno si possono
trovare mummie, papiri e tutto ciò che riguarda l'antico Egitto (compresi animali
imbalsamati).
Nel 2013 il museo è stato inserito dal quotidiano britannico The Times nella
classifica dei 50 migliori musei del mondo.
Dopo lavori di ristrutturazione e ampliamento, il 1º aprile 2015 il museo, con
un'estensione di 60000 m², completamente ristrutturato è stato nuovamente
inaugurato con una superficie espositiva più che raddoppiata, una sala mostre, e
aree per la didattica. Il museo risulta suddiviso in quattro piani (tre piani fuori

terra e uno sotterraneo) con un percorso di visita cronologico. Alcuni di questi
interventi di ampliamento sono stati realizzati grazie al Gioco del Lotto, in base a
quanto regolato dalla legge 662/96.
Inoltre il museo è fornito di un'importante biblioteca, spazi di restauro e studio
di mummie e papiri e dal giugno 2015 partecipa a una spedizione archeologica
internazionale in Egitto.
Dopo un anno dalla riapertura, con il nuovo allestimento il risultato è di quasi 1
milione di visitatori, posizionandosi così tra i musei più visitati d'Italia.

Il museo delle Carceri

Il complesso carcerario "Le

Nuove" è stato edificato tra il 1857

e il 1869 su progetto

dell'architetto Giuseppe Polani, sotto

il regno di Vittorio Emanuele II. La

sua edificazione aveva il preciso

intento di sostituire le

numerose ma inadeguate

strutture adibite a prigione,

sparse per la città. Torino infatti non

disponeva di un'unica struttura

carceraria, bensì di molti luoghi di reclusione a carattere specifico. In Via San

Domenico 13 vi era il carcere criminale principale, mentre al civico 32 della

medesima via, vi erano le prigioni dette "Le Forzate", adibite a carcere

femminile. In Via Stampatori 3 era invece ospitato il carcere correzionale per

accusati di pene minori, mentre presso le torri della Porta Palatina vi era un

secondo carcere femminile. La memoria popolare ed alcuni libri di memorie,

ricordano anche il famigerato croton (cantinone), ovvero un grande locale posto

nei sotterranei di Palazzo Madama, usato come "camera di sicurezza" per coloro

che erano arrestati dalla Polizia, che occupava alcuni locali di Palazzo Madama,

nel lato rivolto verso la via Po.

Durante il fascismo Le Nuove ospitarono molti oppositori e dissidenti politici,

mentre durante l'occupazione nazista, il braccio gestito dalle SS fu teatro di

incarceramenti e cruente torture di partigiani ed ebrei, come Ignazio Vian ed

Emanuele Artom, deportati e condannati a morte. La struttura del penitenziario

non subì modifiche di rilievo fino al 1945. A partire da allora si iniziano a

registrare lenti ma graduali cambiamenti nei regolamenti, in virtù del rispetto

dei princìpi fondamentali della Costituzione.

Nel corso degli anni cinquanta vengono ampliate le finestre delle celle, si
istituisce un asilo nido per i figli delle detenute e si restaurano vari spazi comuni,
comprese le due cappelle. In seguito si organizzano anche i locali che
ospiteranno i corsi professionali e vengono abbattuti i vari muri che dividono i
cortili creando un unico grande spazio. Dal 1975, con la legge della riforma
penitenziaria ogni cella viene dotata di termosifoni, lavandino e di un gabinetto
e ciascun braccio viene suddiviso in tre piani sovrapposti, eliminando le tipiche
balconate del primo e secondo piano. Dagli anni ottanta "Le Nuove" verranno
progressivamente sostituite dal nuovo penitenziario nella zona più periferica
delle "Vallette", ma parte dei locali verranno ancora utilizzati per la collocazione
dei detenuti in regime di semilibertà (fino al 2003) e come sede operativa per la
formazione di Agenti di Custodia della Polizia Penitenziaria. A partire dagli anni
duemila, il complesso "Le Nuove" è stato oggetto di restauro ed è sede di
saltuarie visite guidate e iniziative culturali, ospitando inoltre un museo.

Il museo Palazzo Reale

Il Palazzo Reale di

Torino è la prima e più

importante tra le

residenze sabaude in

Piemonte, teatro della

politica del regno

sabaudo per

almeno tre secoli.

È collocato nel cuore

della città, nella

Piazzetta Reale

adiacente alla

centralissima Piazza Castello, da cui si dipartono le principali arterie del centro

storico: via Po, via Roma, via Garibaldi e via Pietro Micca.

Rappresenta il cuore della corte sabauda, simbolo del potere della dinastia e,

congiuntamente alle altre dimore reali della cintura torinese, come la reggia di

Venaria Reale, la Palazzina di caccia di Stupinigi o il castello del Valentino, è

parte integrante dei beni dichiarati dall'UNESCO quali Patrimonio dell'Umanità.
Nel 2016 confluisce nei Musei Reali[1] insieme alla Galleria Sabauda, Armeria

Reale, Biblioteca Reale, Palazzo Chiablese e Museo di antichità. Nel 2018 l'intero

complesso, incluse le mostre ospitate nelle Sale Chiablese, è stato visitato da

515.632 visitatori.

Il palazzo, destinato a residenza reale, venne progettato tra la fine del
Cinquecento e l'inizio del Seicento da Ascanio Vittozzi. Alla morte di
quest'ultimo, i lavori vennero affidati, durante la reggenza di Cristina di Francia,
a Carlo di Castellamonte. La facciata presenta una parte centrale affiancata da
due ali più alte, secondo il progetto seicentesco di Carlo Morello. Le sale del
piano nobile sono decorate dalle immagini allegoriche che celebrano la dinastia
reale, realizzate dalle mani di diversi artisti. Alla fine del Seicento Daniel Seiter
viene chiamato per affrescare il soffitto della Galleria, che verrà chiamata anche
Galleria del Daniel, e Guarino Guarini edifica la Cappella della Sindone per
ospitare la preziosa reliquia. Nel Settecento viene chiamato, per alcuni
interventi di modifica, l'architetto Filippo Juvarra. Egli realizza per il Palazzo la
Scala delle Forbici costituita da doppie rampe e il Gabinetto Cinese decorato
dagli affreschi settecenteschi di Claudio Francesco Beaumont, artista di corte
durante il regno di Carlo Emanuele III.
Nell'Ottocento i lavori di restauro e modifica vengono affidati a Ernesto Melano
e Pelagio Palagi che si ispirano all'antichità e alla cultura egizia. Il Palagi realizzò
la grande cancellata con le statue di Castore e Polluce, che chiude la piazza
antistante il Palazzo. Poco dopo l'Unità d'Italia viene realizzato lo Scalone
d'Onore sul progetto di Domenico Ferri. Trasferitasi la capitale a Roma, il
Palazzo si trasforma da abitazione a Museo pubblico. Il Giardino venne
riprogettato a fine Seicento da André Le Nôtre con vari bacini e suggestivi
sentieri ornati da fontane e statue. Il Giardino venne negli anni risistemato e
restaurato da diversi architetti.

Greta e alessia

PROVERBI PIEMONTESI
L’om sensa fumna a l’è ‘n caval sensa brila, e la fumna sensa l’om a l’è na barca
sensa timun.
L’ uomo senza donna è un cavallo senza briglie, e la donna senza uomo è una
barca senza
timone.
L’ aso ‘d Cavor as lauda da sol.
L’ asino di Cavour si loda da solo.
Chi a l’à vedù Turin e nen la Venaria l’à cunusu’ la mare e nen la fia.
Chi vide Torino e non la Venaria conobbe la madre e non la figlia.

Venaria

Cavour

ËL CIT PRINSI (IL PICCOLO PRINCIPE)
A l’ è lòn ch’i l’ hai vivù da sol sensa gnun da podèj-je parlè s-cet, fin-a che, a fa
ses agn, a l’è capitame n’assident,ant ël desert dël Sahara.
Così ho trascorso la mia vita solo, senza nessuno cui poter parlare fino a sei anni
fa quando ebbi un incidente col mio aereoplano, nel deserto del Sahara.
“A l’è antlora ch’a l’è sautà feura la volp:
-Bondì – a l’ha dit la volp.
-Bondì – a l’ha rëspondù, cortèis, ël cit prinsi, e a l’è virasse, ma al’ha nen vist
gnun.
- I son sì – a l’ha dit la vos – sota ‘l pomé…-
- Chi sh’it ses-to? – a l’ha dit ël cit prinsi – it ses prò pi grassiosin…-
- I son na volp – a l’ha dit la volp.
- Ven a dësmorete con mi – a l’ha ciamaje ‘l cit prinsi – I son tan ëd cativimor…-“
In quel momento apparve la volpe
<<Buon giorno>>, disse la volpe.
<<Buon giorno>>, disse il piccolo principe,voltandosi:ma non vide nessuno
<<Sono qui>>,disse la voce,<<Sotto al melo…>>
<<Chi sei?>>domandò il piccolo principe,<<Sei molto carino…>>
<<Sono una volpe>> disse la volpe.
<<Vieni a giocare con me>>,le propose il piccolo principe,<<Sono così triste…>>

SACRA DI SAN MICHELE
La Sacra di San Michele è un grande complesso architettonico che si trova
proprio sulla cima del monte Pirchiriano, in una posizione letteralmente
spettacolare.
Un luogo dal fascino indescrivibile, attorno al quale ruotano numerose
leggende.
All’interno della bellissima chiesa, situata su di un alto sperone roccioso, si trova
l’affresco della leggenda, che ha portato alla costruzione della stessa chiesa.
L’intenzione di San Giovanni Vincenzo era quello di costruire la chiesa sul monte
Carpasio, ma gli Angeli decisero di trasportare in volo tutte le travi che
dovevano essere utilizzate per la struttura dell’edificio proprio sul Monte
Pirchiriano.
Perché proprio quel luogo?
Il punto esatto dove sorge la Sacra di San Michele è perfettamente allineato con
altre due basiliche: quella di Mont Saint Michel in Normandia e quella di Monte
Sant’Angelo in Puglia.
Una sorta di linea immaginaria del pellegrinaggio, perfettamente dritta e che
unisce questi tre luoghi sacri.

La spettacolare Sacra di San Michele

Tra le tante leggende che questo fantastico luogo ha fatto nascere, una è la più
famosa: la LEGGENDA DELLA TORRE BELL’ALDA DELLA SACRA DI SAN MICHELE.
Protagonista è una fanciulla, Alda, la quale si rifugiò sulla cima dell’alta torre,
per sfuggire alla cattura di spietati soldati di ventura.
Ma i soldati cominciarono a salire sulla torre per raggiungere la giovane che
decise di lanciarsi nel vuoto pur di non cadere nelle loro mani.
Si lanciò nel burrone, ma non morì: alcuni angeli l’afferrarono durante la caduta
e la portarono a terra sana e salva.
La fanciulla cominciò a raccontare questa sua avventura a tutti i compaesani, ma
nessuno credeva alle sue parole.
Così decise di ripetere il gesto: si lanciò di nuovo nel vuoto.
Questa volta nessun angelo giunse in suo soccorso e Alda morì: rimase uccisa
dalla vanità del suo gesto.

TORO ROSSO

Si narra che nei boschi attorno alla città vivesse uno spietato drago, che portava
con sé solo tanta distruzione ,terrorizzando la vicina città di Torino.
La paura era tanta, così come porre fine a questa assurda situazione , che
costringeva le persone del luogo a vivere costantemente nel terrore.
Provarono di tutto, ma ogni tentativo risultò letteralmente inutile.
Il drago era troppo forte e spaventoso per essere affrontato dagli uomini, anche
agendo tutti insieme.
Il villaggio decise, come ultimo tentativo, di non combattere più in prima
persona contro la bestia feroce, ma di mandare un altro animale, grande e forte,
per provare a sconfiggerla una volta per tutte.
Gli abitanti cominciarono a pensare all’animale giusto, tra quelli che avevano a
disposizione, che potesse aiutarli a sconfiggere il drago.
Scelsero un grande e robusto TORO dal manto rosso.
Tutte le speranze erano state riposte in questo animale.
Per rendere ancora più forte e per aumentare la possibilità di vittoria i Torinesi
fecero bere al toro una mistura di acqua e vino rosso.
Tra il drago e il toro ci fu una dura battaglia che si concluse con la vittoria del
toro.
Per celebrare la vittoria decisero di onorare il Toro inserendo la sua immagine
nello stemma della Città e scelsero di cambiare il nome della Città in “Torino”.

CURIOSITA’
Gli abitanti diedero il vino rosso al Toro per renderlo più irrequieto.

Il Toro dopo questa vittora divenne un simbolo molto importante per la Città di
Torino ed è possibile ammirare il toro in molti luoghi: il più frequente è il “Toret”
cioè le famose fontane di Torino.

TORET



IL PIEMONTE E I SUOI PIATTI TIPICI

RICERCA DI JIAKI, ALESSIA C., CHRISTIAN

Il Piemonte è una regione ricca di cose da vedere (paesaggi naturali
mozzafiato, dimore storiche, palazzi, musei, opere d’arte e tanto
altro), ma anche e soprattutto cose da mangiare. Dal punto
gastronomico la regione piemontese è difatti una delle più ricche e
variegate d’Italia: carni, verdure, formaggi, pasta, tartufi e poi
ovviamente i suoi incredibili vini, fiore all’occhiello della tradizione
vinicola Italiana.
Tra le decine e decine di piatti che fanno parte della tradizione
gastronomica regionale ce ne sono alcuni che rappresentano più di
altri la cucina piemontese. Altri invece, meno conosciuti al di fuori
del territorio, ma altrettanto ricchi e gustosi.

IL VITELLO TONNATO
Tra i più classici antipasti della cucina piemontese, il vitel tonnè è un piatto
gustoso realizzato con girello di fassone marinato nel vino bianco secco e
condito con carota, sedano, cipolla e alloro per almeno mezza giornata e poi
bollito in acqua insieme alla sua marinatura. Una volta cotta, la carne viene
tagliata a fette sottili e ricoperta di salsa tonnata realizzata con il tonno, il tuorlo
delle uova sode, olio d’oliva, capperi, acciughe, vino bianco, qualche goccia di
succo di limone, sale e pepe.

CARNE CRUDA ALL’ALBESE
La carne cruda all’albese, chiamata più semplicemente albese, è un altro tipico
antipasto regionale, originario delle Langhe, ma consumato in tutto il Piemonte.
Fette di vitello fassone crude tagliate sottilmente con il coltello e condite con
succo di limone, olio, aglio, sale e pepe.

BAGNA CAUDA
Un piatto semplice della tradizione contadina che si consuma quando le
temperature iniziano a scendere. La Bagna Cauda è una salsa che nasce dalla
lunga e paziente cottura di aglio, olio extravergine d’oliva ed acciughe. Servita in
tavola nel dian, il tegame di cottura in terracotta, è tenuta calda grazie ad uno
scaldino, la Bagna Cauda si mangia mettendociverdure di stagione crude e cotte
come cardi, topinambur, cavolfiori, cipolle cotte al forno, peperoni crudi o
grigliati, patate, rape.

TAJARIN AL TARTUFO BIANCI D’ALBA
Uno dei più preziosi ingredienti della cucina piemontese, il tartufo bianco
d’Alba, incontra in questo piatto i mitici tajarin (tagliolini), tipica pasta all’uovo
originaria delle Langhe Monferrato ma diffuso in tutto il Piemonte. Il tajarin
conditi con il burro e impreziositi dal profumo e il gusto dal tartufo bianco.

AGNOLOTTI AL PLIN
In dialetto si chiamano angnòlot del plin, maggiormente diffusi nella zona delle
Langhe e del Monferrato; si tratta della tipica pasta ripiena piemontese.

FRITTO MISTO ALLA PIEMONTESE
Fricassà mescià è il nome piemontese di quest’altro grande piatto della
tradizione gastronomica regionale. Il piatto, di origine popolari, cervella,
animelle, filoni, fettina di vitello, salsiccia, semolino dolce, semolino al
cioccolato, amaretto e mela. Il tutto viene accompagnato da carote saltate in
padella.

IL BRASATO AL BAROLO
Il Brasà ovvero il brasato al barolo,è uno stufato di fassone cotto a lungo
nell’ononimo vino. Uno dei piatti piemontesi per eccelenza dove la regina delle
carni incontra il re dei vini.

IL BONET
Il Bonet, pronunciato Bunet, è un antichissimo budino piemontese realizzato
con zucchero, uova, latte, cacao, rum e amaretti secchi. Un pasto piemontese
che si rispetti dovrebbe terminare con uno dei dolci tipici della regione.

Ricerca sulle Sagre, Feste e Tradizioni del Piemonte

La ricerca è a cura di
Ampola Lorenzo
Gagliardi Stefano
Rinaldi Davide

Il Piemonte è una regione italiana che confina con la Francia e la Svizzera,
situata ai piedi delle Alpi.

Il capoluogo è Torino, che offre numerosi esempi di architettura barocca e
ospita la celebre Mole Antonelliana, con la sua guglia altissima (poco meno di
168 metri).

Il Piemonte, terra ricca di bellezze uniche, propone suggestivi itinerari
naturalistici, culturali e spirituali, alcuni dei quali riconosciuti come patrimonio
UNESCO, che collegano borghi antichi, castelli, dimore storiche, in un
immaginario viaggio nel tempo che conduce dall’età romana al medioevo,

Arte e cultura si affiancano alle ricchezze proprie della tradizione
enogastronomica, che vanta eccellenze quali il Re dei vini, il Barolo, e i
“diamante grigio”, il tartufo. Profumi e sapori che coinvolgono i turisti alla
scoperta dei prodotti tipici.

Il Piemonte è una regione ricca di feste, sagre e tradizioni, che si tramandano
di generazione in generazione.

Di seguito ne affrontiamo alcune fra le più rappresentative.

FESTE

Il Carnevale di Ivrea

La battaglia delle arance è il simbolo del Carnevale di Ivrea,
che tiene sempre vivo il ricordo delle lotte che i cittadini hanno
portato avanti nei secoli per non soccombere ai soprusi dei
tiranni. La tradizione di lanciare le arance dai balconi sui carri e
viceversa, si dice che sia nata nel Medioevo, quando i feudatari
regalavano una volta all'anno una cesta di fagioli al popolo. Tale
ridicola elemosina, nel tempo, portò le varie famiglie a lanciare
con disprezzo i fagioli fuori dalla finestra.
Durante il Carnevale questo gesto di ribellione ha preso vita
attraverso diversi oggetti. Prima gli stessi fagioli, poi i coriandoli,
i confetti e in tempi recenti le arance, che venivano usate
soprattutto dalle ragazze, che dai balconi volevano farsi notare dai ragazzi sui carri.
Nel tempo quest'usanza è diventata una vera battaglia che attira tanti curiosi da tutta Italia per vedere questo
scontro all'ultimo spicchio!
Oggi si rischia di essere presi ad "aranciate" se si arriva al Carnevale senza il tradizionale copricapo rosso,
che deriva da un'altra leggenda molto cara agli abitanti della città piemontese: la storia della Mugnaia
Violetta, una leggenda che dimostra come il popolo si sia sempre ribellato alle ingiustizie dei potenti.
Violetta, era una bellissima ragazza, figlia di un mugnaio, che portava un cappello rosso, molto lungo che le
cadeva su una spalla. Promessa in sposa ad un ricco signore locale, una sera che era stata invitata al
palazzo dal tiranno, Violetta invece di sottomettersi, lo fece ubriacare e lo uccise.
Dopo questo gesto di protesta poi, la ragazza scese in piazza e sollevò tutto il popolo contro i ricchi del
paese.

San Giovanni a Torino:
il farò, la sfilata e lo spettacolo di Droni Luminosi

Ogni anno, il 24 giugno, a Torino si festeggia il santo patrono della città, ovvero San Giovanni Battista,
protettore del capoluogo piemontese da tempi molto lontani.

I festeggiamenti, che si svolgono nel centro di Torino, prevedono spettacoli in piazza, giochi, concerti e
musica dal vivo, animazioni per più piccoli, manifestazioni sportive e tanto altro. I tre eventi più importanti
della festa di San Giovanni a Torino sono senza dubbio: il Farò (falò), la sfilata in costume d’epoca per le vie
della città e lo spettacolo di Droni Luminosi, novità introdotta da un paio di anni che ha sostituito i
classici fuochi d’artificio di San Giovanni.

La Sfilata in costumi d’Epoca

La tradizionale sfilata in costume d’epoca passa
per tutte le vie più importanti del centro storico di
Torino. La sfilata d’epoca è composta da un
migliaio di figuranti che
camminano per le vie del centro vestiti di bellissimi
abiti di altri tempi per ricordare il ricchissimo
passato storico del capoluogo Piemontese.

Il Farò di San Giovanni, storia e credenze popolari

Tradizione vuole che la sera prima di San Giovanni, il 23 giugno dunque, si svolga il Farò (parola in
piemontese che significa “falò”). Questo fuoco, acceso in Piazza Castello davanti Palazzo Madama, illumina
la piazza per tutta la notte tra il 23 e il 24 giugno. Al centro del Falò viene issata la sagoma di un Toro, che a
seconda della direzione in cui cade porterà fortuna o sfortuna alla città durante l’anno a venire. Se il Toro
cade verso Porta Nuova, leggenda vuole che l’anno che si apre sarà propizio. Se invece l’immagine taurina
cade in direzione opposta a Porta Nuova, la tradizione vuole che l’anno sia infausto.

Lo spettacolo di Droni luminosi

I due giorni di festeggiamenti ed eventi per la festa patronale di Torino si chiudevano tradizionalmente
con i fuochi pirotecnici sul fiume. Da circa tre anni invece il comune ha deciso di sostituire i classici fuochi
con uno spettacolo di droni luminosi. Centinaia di droni luminosi si alzano in volo sulla città proponendo uno
straordinario spettacolo di luci e piroette nell’aria a cui si affiancano giochi di luci e musiche.
L’amministrazione comunale ha scelto questo spettacolo come alternativa perché a basso impatto acustico e
ambientale.

Palio di Asti

Il Palio di Asti o Palio Astese è una festa tradizionale astigiana che ha radici medievali nata nell'ambito delle
celebrazioni patronali di San Secondo e culmina con una corsa di cavalli montati a pelo, ovvero senza sella.

Il termine palio, derivante dal latino pallium (telo di stoffa
rettangolare indossato come soprabito sopra la tunica
romana), indicava in origine solamente la pezza di stoffa
preziosa che era posta al punto d'arrivo e che era
assegnata al vincitore della tenzone. In seguito, il
significato venne allargato alla festa in generale,
intendendo per palio l'insieme dei riti e delle
consuetudini strettamente collegate alla corsa vera e
propria.

Il primo premio è il Palio o Sendallo ovvero
una tela rettangolare istoriata a forma di
labaro di circa 100 per 70 centimetri,
confezionata in un tessuto misto seta/cotone
raffigurante San Secondo a cavallo,
lo stemma della città di Asti.

Il secondo premio, dal 1929, è una «Borsa con monete d'oro». La Borsa si presentava, in sostanza, come un
quadrato di velluto di modeste dimensioni, ma dalla ricca decorazione.
Il terzo premio è un paio di «speroni». Erano di ferro, argentati o più spesso dorati.
Il quarto premio è un «gallo vivo». Era ed è un premio dalle forti valenze simboliche: rappresenta infatti la
libertà comunale, la vittoria del bene sul male, l'ardimento e la riscossa dell'anima sul peccato.
Il quinto premio è una «coccarda» con i colori della città: bianco e rosso.
Una volta partiti, i cavalli devono percorrere tre giri di piazza, per un totale di circa 1.350 m.
Il palio viene vinto dal cavallo, con o senza fantino (scosso), che arriva per primo alla bandiera del traguardo.
A seguire si festeggia fra musica e buon cibo.

Piazza Campo del Palio

SAGRE
Sagra della Castagna a Montaldo di Mondovì

Sagra della Castagna di Montaldo di Mondovì è una festa che celebra l'autunno e il suo prodotto più
rappresentativo: la castagna. La manifestazione propone una giornata da vivere nel castagneto per sentire il
profumo del legno, per scaldarsi attorno ad un fuoco mentre si gustano i prodotti del bosco.
I produttori locali esporranno le loro produzioni tipiche, potrete trovare castagne, il Brus, la Raschera, la
polenta e le paste di meliga.

Storica fagiolata di San Defendente a Castiglione

A Castiglione, frazione di Asti, si svolge a inizio gennaio, la Storica fagiolata di San Defendente.

Questa tradizione prevede la cottura in piazza di diversi calderoni di fagioli, che, una volta cotti, vengono
offerti ai più poveri e a tutti coloro che si presentano. La fagiolata è la prima festa dell'anno e da 800 anni
unisce tradizione e solidarietà.
La zuppa di legumi, con zampino e cotiche di maiale è una pietanza molto semplice e in passato veniva
preparata per i poveri secondo la volontà di Guglielmo Baldissero, il Signore del luogo, che pagando un
debito a redenzione della sua anima e di quella dei suoi predecessori, chiese ai suoi concittadini che dopo la
sua morte, una volta all’anno questi celebrassero una messa donando ai poveri un piatto di fagioli. Dal 1200
ad oggi questa tradizione viene tramandata e ripetuta anno dopo anno.

Sagra del Polentone a Monastero Bormida

Durante la Sagra del Polentone a Monastero Bormida si cucinano tanti chili di polenta in un enorme paiolo di
rame. La polenta viene consumata in piazza, tutti insieme, per ricordare un'antica leggenda. La sagra si
tiene nella piazza medievale antistante il castello dal lontano 1573. La leggenda narra di un atto di
generosità del Marchese del Carretto, che sfamò con polenta, frittata di cipolle e salsiccia un gruppo di un
gruppo di calderai stremati dalla fame. Quest'ultimi in segno di riconoscenza regalarono al paese l'enorme
paiolo di rame in cui viene tuttora cotta la gigantesca polenta, che viene servita al pubblico con
accompagnamento di salsiccia e frittata di cipolle.

Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d'Alba

Il tartufo bianco di Alba è la specie di tartufo più preziosa sia dal punto di vista gastronomico che da quello
economico. Il tartufo bianco è diffuso nel sud Piemonte (Langhe, Roero, Monferrato e Monregalese) e
soprattutto nell'area di Alba, dove ogni anno si tiene l'asta mondiale del Tartufo bianco d'Alba.
La Fiera internazionale del tartufo bianco d'Alba non dimentica la cultura, l’arte, il folklore e la tradizione che
da sempre fanno da magica cornice a questa prestigiosa manifestazione. Tra i tanti eventi, si svolge anche il
Palio degli Asini.

Sagra del peperone di Carmagnola

Ogni anno, agli inizi di settembre, Carmagnola ospita la Sagra del Peperone, un evento importante non
soltanto per la valorizzazione del prodotto tipico della città, ma anche perché permette di conoscere meglio
le bellezze artistiche, le tradizioni e la cultura di Carmagnola.
Oltre alla tradizionale esposizione di peperoni e ai relativi concorsi, si propongono degustazioni, la sfilata
di Re Povron e la Bela Povronera e le esibizioni dei gruppi folkloristici carmagnolesi. Un'area è dedicata agli
espositori e alle bancarelle.

Fiera del bue grasso a Carrù

La Fiera del bue grasso è un tradizionale appuntamento commerciale e folkloristico di Carrù. Alle prime luci
dell’alba, messi alla prova da un freddo intenso, arrivano i migliori capi bovini di razza piemontese. Le giurie
si metteranno a lavoro, valuteranno e premieranno il bue più grasso con le prestigiose gualdrappe.
Dopo la premiazione si festeggia tutti insieme con scodelle di minestra di trippe e con il gran bollito di Carrù.
Ogni aspetto della Fiera del bue grasso racconta un pezzo di storia, viverla permetterà di apprezzare al
meglio il fascino di una delle più antiche fiere del Piemonte.

TRADIZIONI

Il Piemonte è una regione ricca di curiosità e tradizioni. E’ una terra che trasuda storia da ogni angolo,
celebre per le sue eccezionali produzioni vinicole e per la genuinità della sua cucina. Inoltre, custodisce
numerosi borghi medievali, alcuni ancora protetti dalle cinta murarie originali, che sono stati inseriti tra i
borghi più belli d’Italia

Produzioni vinicole

Fino alla prima metà del diciannovesimo secolo i vini Piemontesi erano prevalentemente dolci. Questa
tradizione è da ricondurre a motivi commerciali, dal momento che la maggior parte dei vini veniva esportata
dalla repubblica marinara di Genova via mare, i vini dolci garantivano maggiore conservabilità durante i
lunghi viaggi marittimi.
L’origine del Barolo risale a circa 2500 anni fa con
la popolazione dei Liguri Stazielli, che diedero vita
ai primi rudimentali impianti a vigneto per la
coltivazione della vite. Tra i primi estimatori ci
furono poi i Galli. Successivamente
le Langhe attirarono le mire espansionistiche dei
Romani, così colpiti dalla qualità del vino
della zona di Alba che Giulio Cesare, tornando
dalla Guerra Gallica, volle portarne a Roma una
buona quantità. La prima citazione
dell’uva Nebbiolo si ha nel 1268: in alcuni
documenti storici conservati al castello di Rivoli si
parla, infatti, di “Nibiol”. La coltivazione di questa
uva e il vino da essa prodotto ebbe, però, un
maggiore sviluppo durante il periodo
rinascimentale. Le caratteristiche climatiche e la
conformazione del territorio rendono unica la
coltivazione del Nebbiolo.
La sua storia nasce da un matrimonio, quello tra Carlo Tancredi Falletti di Barolo con Juliette Colbert. La
Marchesa donò 150.000 litri di vino a Carlo Alberto di Savoia che aveva sentito parlare molto di questo
rinomato vino. Al Re piacque tanto che decise di comprare la tenuta di Verduno per produrlo da sé. Da
quanto si dice, pare che il primo vino Barolo, così come lo beviamo oggi, sia uscito dalle cantine dei
marchesi grazie all’interessamento di Camillo Benso Conte di Cavour e, soprattutto, alla volontà della
marchesa stessa. Il conte chiamò l’enologo francese Luis Oudart, che introdusse un nuovo tipo di
vinificazione. Nacque, così, quel vino sorprendente destinato a diventare prima il fiore all’occhiello dei
Savoia in tutta Europa, poi l’orgoglio vinicolo del Piemonte e d’Italia in tutto il mondo. Il vino Barolo
continuò, poi, a conquistare le tavole di corte tra il XIX e io XX secolo. Nel 1909 il comizio Agrario
d’Alba delimitò ufficialmente la zona di coltivazione delle uve Nebbiolo da Barolo.
Il Piemonte conta su più di 50.000 ettari di vigneti. Più del 90% della produzione vitivinicola del
Piemonte avviene nelle zone collinari. che creano differenti condizioni micro-climatiche, e il clima stesso,

temperato freddo continentale caratterizzato da stagioni ben definite, consentono alle uve di esaltare aromi
particolarmente fini e intensi.
L’area vitivinicola del Piemonte costituta dalla triade Langhe, Roero e Monferrato gode, dal 2014, del titolo
di Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e
la Cultura).
L’UNESCO descrive questi luoghi come
“Una eccezionale testimonianza vivente
della tradizione storica della coltivazione
della vite, dei processi di vinificazione, di
un contesto sociale, rurale e di un tessuto
economico basati sulla cultura e tradizione
del vino”

Genuinità della sua cucina

Dalle montagne, alle valli, passando per le Langhe, il Roero e il Monferrato, la tradizione culinaria
piemontese si compone principalmente di prodotti caseari, salumi ed eccellenze quali i vini e i tartufi.

Tra i primi piatti, degni di nota sono gli agnolotti, figli dei
ravioli liguri, hanno un ripieno che varia a seconda della
zona, ma che parte comunque da una base di carni
trite, uova e formaggio.

La fonduta è uno dei fiori
all’occhiello della cucina
tradizionale piemontese: è
una crema di fontina o toma,
servita caldissima con fettine di
tartufo.

I Tajarin sono sottilissime tagliatelle all’uovo
tirate a mano, tipiche delle Langhe. Non
mancano poi i risotti, realizzati con diversi
ingredienti, che costituiscono la base
dell’alimentazione di questa regione ricca di
risaie.

Gode di grande fama anche la bagna cauda, una
sorta di intingolo che viene servito a tavola in
recipienti di terracotta, tenuti costantemente in
caldo.
I secondi piatti della tradizione Piemontese sono
il brasato al barolo e le lumache al Barbera per
chi ha il coraggio di mangiarle.


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