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Al di là del destino narra le vicissitudini delle anime di Gary, un ragazzo morto suicida perché sopraffatto dalla depressione, e di Camilla, un’adolescente rimasta vittima di un grave episodio di cyberbullismo che l’ha indotta a togliersi la vita, entrambi puniti con la dannazione eterna, che, desiderosi di riscattarsi, grazie all’aiuto di due formidabili alleati fuggiranno dall’oscura prigione in cui erano stati relegati, instaurando un mirabolante viaggio all’interno del Mondo dell’Aldilà nel disperato tentativo di cambiare il loro destino.

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Published by Quelli di ZEd, 2023-11-07 06:49:22

Al di là del destino, Fabrizio Braggion

Al di là del destino narra le vicissitudini delle anime di Gary, un ragazzo morto suicida perché sopraffatto dalla depressione, e di Camilla, un’adolescente rimasta vittima di un grave episodio di cyberbullismo che l’ha indotta a togliersi la vita, entrambi puniti con la dannazione eterna, che, desiderosi di riscattarsi, grazie all’aiuto di due formidabili alleati fuggiranno dall’oscura prigione in cui erano stati relegati, instaurando un mirabolante viaggio all’interno del Mondo dell’Aldilà nel disperato tentativo di cambiare il loro destino.

In uscita il 24/11/2023 (15,50 euro) Versione ebook in uscita tra fine novembre e inizio dicembre 2023 (4,99 euro) AVVISO Questa è un’anteprima che propone la prima parte dell’opera (circa il 20% del totale) in lettura gratuita. La conversione automatica di ISUU a volte altera l’impaginazione originale del testo, quindi vi preghiamo di considerare eventuali irregolarità come standard in relazione alla pubblicazione dell’anteprima su questo portale. La versione ufficiale sarà priva di queste anomalie.


FABRIZIO BRAGGION AL DI LÀ DEL DESTINO ZeroUnoUndici Edizioni


ZeroUnoUndici Edizioni WWW.0111edizioni.com www.quellidized.it www.facebook.com/groups/quellidized/ AL DI LÀ DEL DESTINO Copyright © 2023 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-637-7 Immagine di copertina: Shutterstock.com Prima edizione Novembre 2023


ILTRAPASSO Ho da poco riaperto gli occhi, quando mi accorgo di essermi risvegliato sul fondo di un burrone, tutto nudo. È l’evento più traumatico della mia vita. Non capisco come sia potuto succedere. Ho la mente offuscata. Mi sento confuso, disorientato, ma non devo farmi prendere dal panico, o rischio di aggravare la situazione. Ancora stordito, mi siedo per qualche minuto con la schiena poggiata contro la parete di pietra, nel tentativo di rilassarmi e riacquistare un po’ di lucidità. Oh cavolo! Adesso ricordo. Mi ero recato sulle Montagne Rocciose con lo scopo di suicidarmi, lanciandomi giù da un precipizio. Non posso credere di essere sopravvissuto a un volo del genere senza riportare neppure un graffio. All’improvviso però, la mia pelle cambia colore passando di colpo da un rosa caldo e acceso, a un grigio opaco e spento. Non so cosa significhi, ma comincio davvero a preoccuparmi. È tutto così assurdo. Ero convinto di aver architettato il sistema più rapido e indolore per farla finita, ma a quanto pare qualcosa è andato storto. Maledizione! Ho fallito per l’ennesima volta, e ora sono di nuovo punto e a capo. Chissà, magari è un segno del destino, per cui forse è meglio che rientri subito a casa, specie per tranquillizzare mia madre che di sicuro sarà in pensiero. Tornerò domani per cercare i miei vestiti, che non ho la minima idea di dove e come possa averli persi. Nel frattempo, malgrado sia piena estate, la temperatura precipita in maniera repentina, e vengo assalito da intensi brividi di freddo, perciò mi rimetto in piedi e inizio a perlustrare l’area circostante nella speranza di scovare un sentiero che mi permetta di risalire


questo strapiombo, e raggiungere in fretta la mia macchina, prima che faccia buio. Che strana sensazione di leggerezza. Mi sembra quasi di fluttuare nell’aria. Inoltre intorno a me c’è un inquietante silenzio. Si ode solo il rumore del vento, e il gracchiare delle cornacchie. Mi auguro non sia un cattivo presagio. Intanto, setacciando la zona, faccio un’agghiacciante scoperta: nascosto in mezzo a due grossi massi trovo il cadavere di un uomo, ridotto a brandelli. Sono sconcertato. Finora ho visto scene così raccapriccianti solo nei film dell’orrore. Ci sono pezzi di organi interni sparpagliati dappertutto, e considerato il loro aspetto ancora vitale, suppongo che l’incidente sia appena avvenuto. Sto per avvicinarmi a lui per controllare che non sia agonizzante quando noto che ha indosso la mia maglietta preferita. È strappata e sporca di sangue, ma ho l’impressione che si tratti proprio della mia. Ho il terribile presentimento di aver intuito l’identità di quel poveretto, così, per togliermi ogni dubbio, rivolgo lo sguardo verso la sua testa, e, nonostante sia falcidiato da profonde ferite, riesco comunque a riconoscere i lineamenti del mio viso…


L’AVVENTO DI PETRA L’ANGELO NERO Sono sotto shock. Osservare il mio cadavere è uno spettacolo a cui non avrei mai voluto assistere. Ero certo di porre fine per sempre alle mie sofferenze gettandomi giù da quel burrone, ma temo di aver fatto male i calcoli. L’idea che questo possa essere soltanto un brutto sogno mi riempie di angoscia. Non vorrei svegliarmi all’improvviso in un letto di ospedale, e scoprire che i miei tormenti non sono ancora terminati. Sarebbe una vera tragedia. La depressione è una malattia con la quale non si scherza, e con l’insano gesto di cui mi sono reso protagonista, i medici potrebbero anche decidere di rinchiudermi in una clinica psichiatrica per il resto dei miei giorni. «Sei morto ragazzo, ti devi rassegnare» sentenzia una voce femminile alle mie spalle. Di riflesso, mi giro, e mi ritrovo davanti una donna affascinante dalla pelle mulatta, con un paio di grandi e tenebrose ali sulla schiena. Indossa una tunica nera lunga fino alle caviglie, e una cordicella marrone stretta attorno al ventre, alla quale sul fianco destro, è agganciata una voluminosa frusta di pelle. È scalza, e tra le mani tiene una tunica rossa simile alla sua. Il tono con cui ha pronunciato quelle lugubri parole era duro e perentorio, eppure ha un’espressione triste e malinconica dipinta sul volto, come se provasse compassione per me. «E tu da dove salti fuori?» domando in preda allo sgomento, coprendomi le parti intime per l’imbarazzo. Non posso fare a meno di contemplare il suo fisico alto e slanciato. «Non hai nulla di cui vergognarti, se non per la sciocchezza che hai appena commesso» mi rimprovera. «Non preoccuparti per i vestiti, non ti serviranno più. Quando lo spirito lascia il corpo, perde ogni


cosa – abiti compresi – perché è proibito portare oggetti nel Mondo dell’Aldilà.» La guardo in silenzio, senza capire e continuando a coprirmi, così prosegue: «Non temere… non sei il primo spirito che mi accingo a prelevare. Ne ho scortati a milioni nel corso dei secoli, quindi sono abituata a vedervi così» chiarisce, intuendo il mio disagio. Ha un caschetto di capelli corvini, con una leggera frangetta che le accarezza la fronte, e occhi di ghiaccio che incutono timore solo a guardarli. La osservo a lungo, con diffidenza. «Capisco… anche se devo essere onesto, fino a un minuto fa ero convinto che queste cose fossero soltanto delle antiche credenze popolari.» «Sì, lo supponevo» commenta scocciata. «Comunque adesso basta discutere, non sono venuta qui per chiacchierare. Coraggio! Indossa questa!» ordina, consegnandomi la tunica. «Che cos’è?» chiedo, soppesandola a lungo. «È l’abbigliamento ufficiale che ogni dannato ha l’obbligo d’indossare come segno distintivo.» Per non farla innervosire obbedisco, e me la infilo subito senza fare storie. Per integrare il mio vestiario, mi passa pure una cinta nera da legare intorno all’addome. Dopodiché mi comunica che è giunto il momento di andare. «Quindi sono deceduto sul serio, non è uno scherzo di cattivo gusto, vero?» chiedo titubante. «Ti sembro una a cui piace giocare?» replica irritata. «Direi di no.» «Allora piantala di blaterare, prima che perda la pazienza!» esclama. «Oh menomale, per un attimo ho avuto paura che la tua fosse solo una ridicola messinscena» confesso sollevato. Mi osserva, inarcando le sopracciglia. «Sembri contento.» «Tu non puoi immaginare quanto» confermo, concedendomi un sorriso. «Be’, quando verrai a conoscenza del terribile destino che ti aspetta, ti assicuro che cambierai atteggiamento.» «Qualunque sia la sorte che mi attende, dubito possa essere peggiore di tutto ciò che ho patito nel corso della mia inutile esistenza» ribatto con amarezza.


«Avrai tempo e modo di pentirti anche di quest’ultima frase durante la tua detenzione, e non solo di tutti i tuoi peccati, te lo garantisco» preannuncia minacciosa. «Sì, ma ti prego, non trattarmi come un criminale. Ti giuro che non ho mai fatto del male a nessuno» dichiaro in mia difesa. «Questo non spetta a me stabilirlo» chiarisce. «Anche se ti informo che il suicidio è considerato uno dei reati più gravi per gli esseri umani, perché la vita è il dono più sacro e prezioso che ci sia, e gli Dei pretendono che la onoriate fino in fondo, per cui la tua sarà una pena esemplare.» Mi stringo nelle spalle. «Ma sì, che sarà mai…» «Ti avverto ragazzo, non sopporto gli sbruffoni, perciò cerca di darti una regolata, e vedi di seguirmi senza opporre resistenza se non vuoi assaggiare la mia frusta» avvisa, con tono intimidatorio. Alzo le mani in segno di resa. «Stai tranquilla, non ho alcuna intenzione di ribellarmi, per cui non c’è bisogno di usare le maniere forti.» «Sarà meglio per te. E d’ora in avanti voglio che tu stia in religioso silenzio, d’accordo?» «Va bene, ma prima potrei sapere come ti chiami e dove stiamo andando, per favore?» «Il mio nome è Petra, e sono un angelo nero. Il mio lavoro consiste nel trasportare le anime dei defunti punite con la dannazione eterna nel Regno di Malgard. È lì che siamo diretti» sostiene. «Che posto è?» «Presto lo scoprirai» conclude, afferrandomi per un braccio per trascinarmi via con sé.


L’ATTENTATO Dopo una breve scarpinata tra le rocce, ci arrestiamo nei pressi di un lungo autobus sospeso a mezz’aria. Ha una carrozzeria scura, come i vetri, ed è sprovvisto di pneumatici. Petra mi spiega che si tratta della navetta in cui raduna le anime dopo averle catturate, e che le consente di attraversare le varie dimensioni per far ritorno nel luttuoso spazio dal quale proviene. La bizzarra costituzione del paraurti forma una specie di sorriso malefico che gli conferisce un aspetto ancora più tetro e sinistro. Fa venire i brividi, ma spero che sia soltanto un semplice espediente costruito ad arte per intimorire gli sfortunati passeggeri, e far sì che obbediscano con più facilità. Nonostante mi fossi impegnato a non proferire più parola, le domando se può svelarmi qualcosa di più sui viaggi che è solita intraprendere, per soddisfare le mie curiosità relative al mondo degli angeli di cui ignoravo l’esistenza. Siccome ho utilizzato un tono molto meno irriverente rispetto alla conversazione di prima, decide di accontentarmi, e comincia a raccontare nel dettaglio in che cosa consiste l’incarico che le è stato affidato. Dichiara di eseguire la trasvolata una decina di volte al giorno da più di un millennio a questa parte, e di aver visitato ogni angolo della Terra, constatando da vicino tutti i mutamenti climatici e strutturali che si sono avvicendati nel corso dei secoli. Dice di operare sempre da sola, malgrado sia consapevole dell’alto tasso di rischio che implica l’infausto mestiere che le è stato assegnato, poiché spesso i dannati sono inquieti, e, terrorizzati dall’orribile futuro che li attende, si accaniscono verso l’aguzzino di turno nello strenuo tentativo di ottenere una via di fuga. Tutto ciò rende faticoso il loro trasferimento, ma afferma che nel periodo di addestramento è stata istruita a dovere, e con l’esperienza che ha


maturato è perfettamente in grado di gestire anche le situazioni più complicate. «Coraggio! Sali a bordo!» esorta con veemenza. «E vedi di non creare problemi durante il tragitto, se non vuoi avere delle rogne prima del tempo» raccomanda. «D’accordo, con me puoi stare tranquilla, ma temo che con quei due non sarà lo stesso» replico, indicando un paio di detenuti appena balzati fuori dalla navetta. «Maledizione!» impreca. «Devo aver dimenticato il portellone aperto, e qualcuno ne ha subito approfittato per cercare di svignarsela, ma non importa. Peggio per loro, perché adesso si accorgeranno delle terribili conseguenze a cui va incontro chi trasgredisce le rigide regole del Regno di Malgard» preannuncia con risolutezza. «Resta dove sei, e guai a te se ti azzardi a muoverti da qui, hai capito?» Annuisco, e mi siedo su un masso. Petra invece si libra in volo, e si lancia a tutta velocità all’inseguimento dei due evasi come un falco che punta la sua preda. In pochi istanti atterra davanti a loro con le ali spiegate, e impone di rientrare subito nei ranghi se non vogliono conoscere l’efferatezza della sua ira, ma a dispetto degli avvertimenti ricevuti, pare non abbiano nessuna intenzione di arrendersi, e inveiscono contro di lei arrivando addirittura a minacciare di ucciderla pur di convincerla a lasciarli liberi di andare. Sono dei pazzi. Non credo si faccia spaventare da banali intimidazioni. Stando a quanto mi ha riferito un attimo fa, mi è sembrato di intuire che sia stata preparata anche ad affrontare questo genere d’inconvenienti, per cui non penso che si farà degli scrupoli a infliggergli una sonora punizione se dovessero perpetrare un atteggiamento così ostile. Come sospettavo, Petra sgancia la frusta di pelle dalla cordicella della sua tunica, facendola schioccare a qualche centimetro dalla coppia di ribelli, e li avvisa che se non desiderano avere un saggio delle sue straordinarie virtù, si dovranno inginocchiare con la fronte poggiata al suolo implorando il suo perdono, ma quegli scellerati si rifiutano di nuovo di prestarle ascolto, e corrono in mezzo al deserto con l’obiettivo di seminarla, dileguandosi tra le rocce.


Quest’ultima provocazione obbliga Petra a cambiare strategia, e a passare alle maniere forti. Dopo aver formato una specie di cappio all’estremità della frusta, la scaglia in direzione dei trasgressori e li agguanta entrambi, cingendoli in una morsa micidiale. Non ancora domi, provano a divincolarsi in ogni modo, ma Petra eroga una violenta scarica elettrica che li paralizza e li fa crollare a terra privi di sensi. Non avrei mai immaginato che quell’arma fosse tanto potente. Sono esterrefatto. Petra ha dimostrato di possedere un gran sangue freddo. Ho paura di avere a che fare con un vero e proprio demone dall’indole malvagia, che gode nel procurare dolore e sofferenza alle anime che le capitano a tiro. Anche se devo ammettere che quei due criminali davano l’impressione di essere disposti a tutto pur di scampare al loro destino, perciò è probabile che in simili circostanze non possa agire diversamente, altrimenti ci sarebbe il serio pericolo che i dannati prendano il sopravvento e vaghino indisturbati sul Pianeta a seminare il panico tra la gente. In ogni caso sarà meglio evitare di farla esasperare, se non voglio avere delle grane. Nel frattempo, sebbene si trovi a parecchi metri di distanza da me, riesco comunque a scorgere la mia perfida accompagnatrice caricarsi sulle spalle quei due disgraziati, e, con una calma glaciale, tornare indietro per riportarli sul suo velivolo. In meno di un minuto, riappare, e viene a riprendere anche me. «Bravo, noto con piacere che ti sei attenuto alle mie istruzioni alla lettera» proclama, soddisfatta nel rilevare che non mi sono mosso dalla mia posizione, come pretendeva. «Mi auguro che lo spettacolo a cui hai assistito ti serva da lezione, e che d’ora in avanti conserverai questa condotta» auspica. «Sì, come ti ho già detto, con me non hai nulla di cui preoccuparti» rispondo, abbassando lo sguardo in segno di totale sottomissione. «Bene, e che sia chiaro: esigo ordine e disciplina sulla mia navetta. Per oggi ne ho avuto abbastanza delle vostre stupide insurrezioni» lamenta, abbrancandomi per la veste per trascinarmi via con lei. Per non farla imbestialire, permetto che mi scorti sul suo misterioso pullman senza opporre resistenza.


Una volta a bordo, procediamo adagio camminando nel corridoio che attraversa l’intero mezzo illuminato soltanto da dei piccoli faretti installati sul pavimento, che emanano un leggero bagliore. Le file sono tutte gremite di spiriti con indosso una tunica rossa identica alla mia, che mi fissano con occhi colmi di angoscia, esalando flebili mugugni pieni di rassegnazione. Ho il timore che a breve pure io avrò la loro stessa espressione mesta e sconsolata. Giunti a circa metà del percorso, m’intima di fermarmi, e di pormi accanto a una ragazzina dai capelli secchi e sbiaditi, rannicchiata su un grosso sedile di ferro situato in prossimità del finestrino. Poverina. Trema come una foglia. Dev’essere terrorizzata. A giudicare dal suo aspetto, pare sia poco più che una bambina. Mi chiedo di quale delitto si sarà mai macchiata per meritare una pena così atroce. Per non fare indispettire Petra, obbedisco, e mi accomodo con prontezza. Una volta verificata la mia corretta collocazione, si gira per dirigersi verso la cabina di comando, ma nel medesimo istante, uno dei dannati alla mia sinistra, balza in piedi impugnando un bracciolo dalla punta affilata, che deve aver sradicato di nascosto da uno dei numerosi seggiolini che compongono l’interno di questa lugubre navetta, con lo scopo di accoltellarla alle spalle. «Attenta!» urlo, gettandomi contro di lui un attimo prima che la trafigga. Menomale. Sono intervenuto giusto in tempo. Non oso immaginare la tremenda reazione che avrebbe avuto Petra in caso avesse portato a termine il suo piano. Questa follia ci sarebbe potuta costare molto cara se si fosse realizzata. Per scongiurare il rischio di nuove aggressioni, scaravento l’arma sotto ai sedili con un calcio. «Ma tu da che parte stai?» mi grida in faccia, stringendomi le mani al collo. «Sei un infame! Hai sprecato l’ultima speranza di salvezza che avevamo!» «Che cavolo state combinando voi due eh?» domanda furiosa Petra, voltandosi di scatto. «Io non c’entro niente!» provo a discolparmi con affanno. «Ti stava per attaccare, ho solo cercato di proteggerti.»


«Adesso basta!» esclama lei, togliendomelo di dosso. «Ora ti farai tutto il viaggio chiuso nel bagagliaio» gli comunica, bloccandolo per i polsi con la sua frusta. «Tu invece rimettiti seduto, se non vuoi che ti spedisca in gattabuia assieme a questo mentecatto» decreta inviperita, allontanandosi con il suo prigioniero. Per non esacerbare gli animi mi risiedo, osservandola mentre abbandona il veicolo per relegare quell’invasato in cella. Certo che avrebbe potuto almeno concedermi la possibilità di difendermi e chiarire l’accaduto, prima di trarre conclusioni affrettate. Deduco che gli angeli neri non abbiano la minima idea di che cosa sia la gratitudine. Pazienza. Considerata la cattiveria del personaggio, credo di potermi già ritenere fortunato che abbia stabilito di non punirmi, e che si sia limitata solo a rimproverarmi. Risalita sulla navetta, serra il portellone e, prima di mettersi al volante, controlla che tutti siano al loro posto. Dopodiché accende i motori e si fionda a gran velocità verso l’ignoto, dando ufficialmente inizio alla mia avventura nel Mondo dell’Aldilà.


UNA STORIA DRAMMATICA Siamo in viaggio già da un po’. Intorno a me è calato un inquietante silenzio. La freddezza che Petra ha manifestato, e i metodi brutali che ha adottato per sedare le intemperanze dei vari rivoltanti, hanno contribuito a creare un clima di terrore tra tutti i dannati, e nessuno osa più emettere fiato. Dalla mia posizione posso osservare soltanto le sue grandi ali nere schiacciate dentro l’abitacolo, ma guardando con maggiore attenzione, su uno dei vetri laterali, sono in grado di distinguere la sua immagine riflessa. Sembra più distesa. Nell’espressione del suo volto, illuminato dalle luci del computer di bordo, leggo di nuovo quell’aria triste e malinconica che aveva prima dei due gravi episodi di ammutinamento che è stata costretta ad affrontare. Scrutando l’orizzonte oltre il lunotto anteriore, si scorge solo un profondo buio, per cui non capisco come riesca a orientarsi. È probabile che questa navetta sia dotata di pilota automatico o qualche congegno simile, anche se considerando la sua esperienza secolare suppongo conosca il tragitto a memoria, e oramai sia abituata a muoversi nell’oscurità delle tenebre. L’attesa è snervante. Chissà quanto durerà ancora questa lugubre traversata. Presumo che la tetra dimensione in cui siamo diretti sia parecchio distante dalla Terra. Devo cercare di rilassarmi e svuotare la mente, o rischio d’impazzire, ma sgranchendomi le gambe, sfioro in maniera accidentale la tunica della mia vicina che si raggomitola contro il finestrino intimorita. «Perdonami, non volevo spaventarti» mi giustifico per tentare di calmarla. «Ti prego non farmi del male» supplica con un filo di voce, in preda allo sgomento. «Non devi avere paura. Non sono un malvivente come lo scellerato che prima ha provato ad assassinare l’angelo che ci sta trasportando


nell’Aldilà, altrimenti non glielo avrei mai impedito, non trovi?» sostengo per rasserenarla. Lei sembra distendersi. «Hai ragione, sembri diverso dagli altri, e il tuo gesto è stato davvero eroico. Petra mi ha però consigliato di non dare confidenza a nessuno, per scongiurare il pericolo che qualcuno possa aggredirmi approfittando del fatto che sono poco più che una bambina. Comunque mi ha garantito che fino a quando sarò sotto la sua responsabilità, non mi accadrà niente.» «Visto come mi ha trattato forse avrei dovuto farmi gli affari miei e lasciare che andasse incontro al suo destino, quell’ingrata. Comincio a credere che sia stato un errore aiutare una creatura così perfida e crudele» esterno indispettito. «Ti sbagli» scuote la testa. «Petra non è cattiva, anzi, con me è stata dolce e comprensiva, soprattutto quando le ho raccontato la mia storia.» Aggrotto la fronte, esterrefatto. «Sul serio?» Annuisce. «Sì, e pensa che alla fine mi ha addirittura abbracciato per incoraggiarmi, perché sono scoppiata a piangere disperata. Perciò ho deciso di fidarmi di lei, e di prestare ascolto a ogni sua raccomandazione.» «D’accordo, scusa se mi sono permesso di screditarla, fa’ pure come preferisci. Ti prometto che d’ora in avanti non ti disturberò più, se ti fa stare più tranquilla» borbotto stizzito. «Dai, così mi fai sentire in colpa» si rammarica. «E va bene, in fondo salvando Petra hai dimostrato di essere un bravo ragazzo, per cui se hai bisogno di parlare, puoi contare su di me» si ravvede, accennando un leggero sorriso. «Ne sono felice» affermo soddisfatto. «Be’, intanto potresti dirmi il tuo nome.» Sorride. «Mi chiamo Camilla.» «Piacere di conoscerti, io sono Gary» mi presento. «Piacere mio.» «Non vorrei essere indiscreto, ma potrei sapere quanti anni avevi quando sei deceduta?» la interrogo incuriosito. «Tredici, e tu?» «Cosa?» sbotto sconcertato. «Io ne avevo ventuno… Ma com’è successo? Eri malata per caso?»


«No, godevo di ottima salute per fortuna» riferisce. «Sono morta precipitando dal tetto di un palazzo.» La guardo sconvolto. «Stavi giocando con qualche tuo amico e sei scivolata?» «No, nulla di tutto ciò purtroppo» replica, turbata. «Sai, è da quando mi sono sistemato al tuo fianco che mi domando cosa ci faccia una ragazzina come te insieme a questo branco di mascalzoni, e di quale tremendo crimine ti sia mai potuta macchiare per meritare una pena tanto severa» paleso disorientato. «Non sei obbligata a dirmelo se non vuoi, ma a giudicare dal tuo atteggiamento, ho il sospetto che tu abbia combinato qualcosa di orribile, è così?» insinuo. «Ecco…» inizia, con tono incerto. «La verità è che mi sono buttata di mia spontanea volontà» confessa avvilita. Sbarro gli occhi, sorpreso. «Ti sei uccisa?» «Già» mugugna tra le lacrime. «Ti prego Gary, tu sei l’unico che pare abbia conservato un briciolo di umanità tra i vari condannati che ho incrociato finora, e io non so quanto riuscirò a resistere da sola in mezzo a tutti questi delinquenti senza scrupoli. Ti chiedo di non abbandonarmi» supplica, singhiozzando. «Non preoccuparti, ti rimarrò accanto volentieri se ne avrò la possibilità, e giuro che cercherò di difenderti con tutte le mie forze se sarà necessario» dichiaro con fermezza. «Non so davvero come ringraziarti» risponde confortata appoggiando la testa sulla mia spalla. Quel gesto di tenerezza e vicinanza riesce a mitigare il mio umore, facendomi sentire più rinfrancato. «Be’, forse sono io che dovrei esserti riconoscente, perché mi hai appena dato un motivo valido per continuare a lottare.» «È un vero sollievo aver incontrato un ragazzo gentile come te, altrimenti non so come avrei fatto ad affrontare tutto questo da sola» commenta, stringendomi una mano. «Sei troppo buona. Inoltre, se ti può consolare, con me non dovrai mai vergognarti per ciò che hai fatto, dal momento che anch’io mi sono suicidato…» Mi guarda sorpresa. «Uh, non immaginavo che pure tu ti fossi tolto la vita.»


«Già, e secondo te anche il resto del gruppo che sta volando con noi si trova qui per il nostro stesso reato?» «Non ne sono sicura, ma da quello che mi ha accennato Petra del suo lavoro, mi è sembrato di intuire che catturi le varie anime dannate segnalate dai suoi superiori in base all’ordine in cui sono avvenuti i loro decessi.» «Quindi se è così, io e te dovremmo essere defunti a pochi minuti di distanza uno dall’altro» rilevo. «Tu di dove sei?» «Italiana. Sono nata e cresciuta a Milano, dove vivevo con i miei genitori. Tu invece?» «Io sono originario di Denver, in Colorado.» «Non credevo abitassi tanto lontano da me.» «Nemmeno io, per cui presumo che questa navetta si sposti a una velocità supersonica, e che sia persino capace di piegare lo spaziotempo in modo da raggiungere in un battibaleno dimensioni di cui noi ignoriamo l’esistenza.» Annuisce. «Sì, è probabile.» «Però quello che non mi spiego è come facciamo a comunicare malgrado siamo di nazionalità diversa» manifesto perplesso. «Questo lo so. Nella conversazione che abbiamo avuto quando è venuta a prendermi, Petra mi ha spiegato che nel Mondo dell’Aldilà si usa la lingua divina, una sorta di dialetto universale prescritto dal Signore che lo governa, per far sì che gli spiriti recepiscano le disposizioni impartite dagli angeli e possano chiacchierare tra di loro senza difficoltà.» «E noi quando l’avremmo imparato?» chiedo scettico. «Lo si acquisisce in maniera naturale una volta effettuato il trapasso.» «D’accordo, grazie per l’informazione» sorrido. «Figurati.» Restiamo in silenzio per alcuni istanti, poi mi schiarisco la voce prima di parlare di nuovo: «Posso farti una domanda personale?» «Certo» acconsente con un po’ di timore. «Ecco, non riesco a capacitarmi che una ragazza di soli tredici anni possa addirittura arrivare a uccidersi. Cosa ti ha spinto a farlo? Eri depressa per qualche ragione?» «Non proprio» replica angosciata.


«Scusa, non era mia intenzione farti ripiombare nello sconforto. Se non te la senti di parlarne non importa, ci mancherebbe.» «No, non preoccuparti, ce la faccio» mi rassicura. «Ecco, come ti ho già detto in precedenza, non ero malata e non avevo particolari problemi, anzi, avevo ottimi voti, e un sacco di amici, ma un paio di mesi fa cambiò tutto di colpo perché uno sporco pedofilo dalla mente deviata, mi contattò su un social network celandosi dietro un falso profilo, e cominciò a ricattarmi» racconta tormentata. «Che cosa voleva?» «Pretendeva che iniziassi con lui un gioco sadico e perverso basato sull’autolesionismo, e se avessi osato rifiutare, mi avrebbe massacrata di botte insieme alla mia famiglia.» «Perché non lo hai bloccato e non hai sporto denuncia alla polizia?» «Ho avuto paura che potesse fare del male a me o ai miei genitori. Non so come, ma conosceva il mio indirizzo, e l’istituto che frequentavo, perciò, dopo avergli strappato la promessa che se avessi rispettato alla lettera tutte le sue indicazioni fino alla fine mi avrebbe poi lasciata in pace, mi sono convinta che accontentarlo fosse la soluzione migliore per chiudere in fretta questa brutta storia.» «Perdona la franchezza, ma non avresti dovuto dare corda a quel folle…» Abbassa lo sguardo, desolata. «Già, solo che me ne sono resa conto troppo tardi.» «Ti va di raccontarmi cosa ti ha costretta a fare?» «Ecco… mi scriveva a tutte le ore, anche nel cuore della notte, per assegnarmi una serie di compiti da svolgere nel giro di trenta minuti, o avrei dovuto pagare una penitenza. M’intimava di procurarmi ferite, tagli, e bruciature in ogni parte del corpo, e per fornirgli la prova concreta che stavo eseguendo sul serio ogni suo ordine, mi obbligava a inviargli delle mie foto nuda. Soltanto allora il test di turno lo considerava superato, e decretava di passare a quello successivo. A un certo punto, però, mi sono stufata e ho cercato di tirarmi fuori, implorandolo di smettere di bombardarmi di messaggi, ma quel vigliacco ha minacciato di diffondere le immagini che gli avevo mandato in rete. Così, per la vergogna che mio padre e mia madre potessero vedermi in quello stato pietoso, ho deciso di andare fino in fondo. Sono giunta alla sua ultima richiesta allo stremo delle forze. L’ansia m’impediva di dormire, e facevo fatica persino a


mangiare, per cui ero ridotta uno straccio, per quanto cercassi di nasconderlo. Un giorno mi disse che se desideravo riprendere in mano la mia vita, dovevo gettarmi da un’altezza di almeno venti metri. Ormai ero in preda a un esaurimento nervoso, così mi sono arrampicata sul tetto del mio condominio, e mi sono buttata di sotto…» conclude, turbata. «Ma è assurdo!» esclamo allibito, attirando l’attenzione degli altri dannati. «Tu non dovresti trovarti qui. Non hai nessuna colpa da espiare. L’unico responsabile per tutto ciò che è accaduto, è il verme schifoso che ti ha plagiata inducendoti a compiere un gesto estremo!» dichiaro indignato. «Calmati, Gary. Lo sai che atteggiamenti di questo tipo non sono tollerati» mi rimprovera, guardandosi intorno. «Petra mi ha garantito che anche lui sconterà una pesante pena per le azioni ripugnanti di cui si è macchiato quando la sua anima sbarcherà nel Regno di Malgard, ma purtroppo questo non giustifica quello che ho fatto. Secondo lei avrei dovuto reagire, invece sono stata debole e ingenua, e adesso mi tocca pagarne le conseguenze. Però sono sicura che se ci mostreremo davvero pentiti per ciò che abbiamo fatto, saremo assolti» si auspica. Non sono sicuro che sia davvero così, ma non voglio avvilirla, così cerco di sorridere. «Sì, hai ragione. In un contesto del genere bisogna evitare di perdere il controllo se non vogliamo rischiare di aggravare la nostra posizione, per cui seguirò il tuo consiglio.» Volgo lo sguardo oltre il lunotto anteriore, in mezzo al buio delle tenebre che invadono l’orizzonte, e scorgo un lieve bagliore che mi fa intuire che forse stiamo per arrivare a destinazione.


IL REGNO DI MALGARD A conferma che la mia ipotesi era corretta, Petra ci annuncia tramite l’altoparlante che a breve approderemo nel Regno di Malgard. Per poter scrutare ogni dettaglio di quella che presto diventerà la mia nuova casa, mi sporgo in avanti verso il lato del corridoio. In questo momento stiamo attraversando un fitto strato di nuvoloni oscuri, illuminati da vasti lampi e spaventose saette. Pochi istanti dopo piombiamo al di sopra di un ampio piazzale, in cui vi è una lunga serie di navette identiche alla nostra, parcheggiate ovunque. Per ognuna di esse vi è un angelo nero munito di frusta, impegnato a guidare, con metodi brutali, verso l’esterno una gran quantità di dannati. Nonostante la fitta nebbia che avvolge l’intera area, riesco comunque a distinguerli mentre si accaniscono sui rispettivi gruppi, fustigando chiunque gli capiti a tiro, senza alcuna pietà. Non credevo che Petra avesse dei collaboratori visto che aveva affermato di lavorare in completa autonomia, ma a quanto pare mi sbagliavo. Sono scioccato. Ero convinto che saremmo sbarcati in una specie d’immensa landa desolata, in cui il silenzio assoluto l’avrebbe fatta da padrone per favorire l’eterno riposo dei defunti. Non mi sarei mai immaginato di trovarmi, invece, di fronte una folla simile, sorvegliata da un esercito di guardie armate disposte a tutto pur di far osservare le rigide regole che presumo siano in vigore in questo luogo infame e nefasto. Inizio a preoccuparmi. Ero certo che gli avvertimenti di Petra fossero un semplice stratagemma per tenermi buono durante il tragitto, ma temo di aver frainteso le sue reali intenzioni. Intanto la nostra misteriosa trasportatrice, dà il via alle procedure di atterraggio, e posteggia il suo tetro velivolo in uno dei numerosi spazi vuoti presenti nei dintorni.


Spenti i motori, si posiziona vicino al portellone, e dopo averlo spalancato ci esorta a uscire uno alla volta, raccomandandoci di non allontanarci dalla navetta. Senza indugiare oltre, ci alziamo e ci riversiamo nella corsia centrale. Camilla cammina dietro di me, e per mantenere il contatto con lei, la prendo per mano. Per ora non mi sembra di rilevare particolari turbamenti negli altri dannati. La situazione appare tranquilla, e ognuno si muove con ordine rispettando le direttive di Petra. Forse si sono rassegnati al triste destino che li attende. Con l’avanzare del percorso, però, poggio un piede su qualcosa di morbido. Di riflesso volgo lo sguardo verso il basso, e mi accorgo di aver calpestato una sfolgorante piuma bianca. Come sarà finita qui? Qualcuno potrebbe averla smarrita, anche se mi domando di chi sia, considerando che gli spiriti sono sprovvisti di ali e che quelle di Petra sono nere. Approfittando della confusione, la raccolgo, e la infilo dentro la tunica senza farmi notare. Mi auguro solo che non mi accusino di averla rubata. In fondo non l’ho sottratta a nessuno, però a scanso di equivoci reputo che la cosa migliore sia informare Petra del mio ritrovamento, per scongiurare il rischio di eventuali sanzioni. Nel frattempo, alle mie spalle percepisco che alcuni detenuti cominciano ad agitarsi, perciò per evitare grane, io e Camilla ci spostiamo e facciamo defluire ciò che resta della mesta comitiva ancora a bordo dell’autobus, in modo tale da abbandonarlo senza problemi. In pochi minuti lo scompartimento si sgombera del tutto, così ci dirigiamo verso lo sportello d’ingresso presidiato da Petra. Voglio mostrarle la piuma, così che magari possa restituirla al legittimo proprietario. La guardo in attesa, ma rifiuta di darmi retta e mi manda via in malo modo, spingendomi giù dal veicolo. Meglio non insistere, o potrebbe irritarsi. Pazienza. Significa che la conserverò con estrema cura, sperando che mi porti fortuna. Magari apparteneva a qualche uccello che per errore si è intrufolato nella sua navetta nel corso di uno dei suoi innumerevoli viaggi sulla Terra, e mi sto preoccupando per niente. Balzati all’esterno, Petra ci intima di riunirci subito con i nostri compagni, mentre lei si precipita nella zona del vano posteriore per liberare lo sciagurato che aveva confinato in precedenza nel


bagagliaio. Dopo averlo slegato, lo costringe a ricongiungersi con noi. A giudicare dal suo atteggiamento remissivo, deduco che abbia imparato la lezione e dubito che inscenerà ulteriori agguati. Nel medesimo istante veniamo circondati da una nutrita squadra di angeli neri che, con tono intimidatorio, ci impongono di seguirli. Per non farli innervosire obbediamo senza fare storie, ma tra lo stupore generale, la piccola Camilla si svincola da me, obbligando tutti ad arrestarsi. È impazzita per caso? Che diavolo le è saltato in mente? Per paura che possano maltrattarla, le corro dietro e le urlo di rimettersi in fila, ma incurante delle possibili conseguenze, procede dritta per la sua strada, gettandosi tra le braccia di Petra. È probabile che desideri soltanto salutarla, ma in ogni caso non può agire di testa sua, e comportarsi come se stessimo facendo una gita turistica. Intanto sono riuscito a raggiungerla, tallonato però da un paio di angeli neri che impugnano le loro fruste, pronti a castigare entrambi per l’atto d’insubordinazione di cui ci siamo appena macchiati. «Vi prego, non picchiatemi!» li supplica Camilla, terrorizzata. «Non volevo scappare, lo giuro» si giustifica con affanno, avvinghiandosi a Petra. «Aspettate!» esclama Petra. «Lasciateli a me. Penserò io a infliggergli la punizione che si meritano, e assicurarmi che si sistemino in fila per il Tribunale assieme a tutti gli altri. Voi andate pure. Per oggi abbiamo perso fin troppo tempo.» Dall’espressione dei loro volti trapela scetticismo, ma stabiliscono comunque di deporre le armi senza sollevare obiezioni, e si dileguano in mezzo alla foschia. A quel punto Petra ci trascina di nuovo all’interno della navetta, serrando addirittura il portellone. «Adesso ci torturerai, vero?» chiede Camilla, intimorita. «No piccola, stai serena» la rincuora, accarezzandole i capelli. «Ma mi spieghi che cavolo ti è preso?» la rimprovera. «E tu come mai non l’hai fermata?» chiede, rivolgendosi a me. «Ci ho provato, ma mi ha colto di sorpresa e non ce l’ho fatta» replico rammaricato.


«Sei solo un incapace! Ti ho fatto sedere accanto a lei per permettervi di stringere amicizia e far sì che una volta sbarcati, Camilla potesse avere vicino qualcuno dotato di un minimo di senso di responsabilità che l’aiutasse a stare lontana dai guai, invece guarda cos’hai combinato in neanche cinque minuti di permanenza nel Regno di Malgard!» Sgrano gli occhi, costernato. «Mi dispiace. Ti prometto che d’ora in avanti starò più attento.» «Perdonami, Petra. È stata solo colpa mia. Gary ha tentato di bloccarmi, ma non gli ho dato ascolto. Non volevo fare del male a nessuno. Volevo soltanto dirti addio e ringraziarti per essere stata gentile con me. Tutto qui» confessa Camilla, mortificata. «Sì, ma capisci che hai rischiato di essere fustigata?» la sgrida. «Apri bene le orecchie, come ti avevo anticipato sulla Terra, qui non potrò difenderti se dovessi finire nei pasticci, perciò d’ora in poi cerca di obbedire agli ordini che ti vengono impartiti, se non vuoi che ti accada qualcosa di brutto.» «D’accordo» annuisce. «Dunque è già giunto il momento di separarci?» domanda addolorata. «Esatto. Non appena vi avrò condotti di fronte al Tribunale dei Dannati in cui sarete processati dal Giudice Law, dovremo dividerci, e non ci rivedremo mai più» spiega. «E chi sarebbe?» chiedo io. «È colui che sancisce il destino di ogni singolo dannato.» Camilla guarda prima lei e poi me. «Secondo te mi farà rimanere con Gary?» la interroga, allarmata. «Sì, ma a condizione che vi sia attribuita la stessa pena.» «E che tipo di condanna credi che ci assegnerà?» «Suppongo che vi rinchiuderà entrambi in una delle terribili Prigioni che costituiscono il Setticlavio, ossia in quella dei suicidi» stima. Qualcosa mi dice che non sarà una passeggiata, ma indago per capire cosa ci attende: «Che posto sarebbe?» «È uno sconfinato labirinto di gallerie sotterranee, scavate nella roccia e illuminate solo da fievoli fiaccole.» «Be’, non sembra un luogo tanto ostile e minaccioso nel quale soggiornare» rilevo perplesso. «Sì, non ci sono pericoli particolari. Dovrete soltanto badare a non scivolare nella Gola di Malgard» avverte.


«Di che si tratta?» domanda Camilla. «È una profonda voragine situata nella zona centrale, in cui confluiscono tutti i tunnel che la compongono.» «E cosa succederebbe se dovessimo cadere lì dentro per sbaglio?» chiedo io. «Precipitereste in un oscuro baratro senza fine, svanendo nel nulla» riferisce. «Scusa se insisto, ma io non lo reputo un castigo così tremendo da sopportare. Certo, non sarà un albergo a cinque stelle, però tolto quel burrone, mi pare che sia un’area abbastanza tranquilla dove poter riposare in pace» ribadisco con arroganza. «Tu non puoi immaginare quanto sia frustrante e opprimente vagare senza meta in mezzo a stretti cunicoli intrappolati in un paesaggio simile a un’immensa catacomba. Coloro che vengono relegati laggiù, non resistono a lungo, e pur di fuggire da quell’incubo scelgono di lanciarsi all’interno dell’orribile abisso di cui vi ho parlato, piuttosto che continuare a girare a vuoto per tutta l’eternità» proclama. «Adesso basta discutere. Dobbiamo andare se non vogliamo destare sospetti» sollecita con nervosismo. «Come vuoi. Grazie per le preziose informazioni che ci hai fornito. Sono sicuro che ci saranno molto utili» paleso in segno di riconoscenza. «Spero che le userai per proteggere Camilla, e non per salvaguardare i tuoi interessi personali» auspica. Annuisco. «Sì, non ti deluderò» garantisco. «Me lo auguro, o tutta la fatica che ho fatto per agevolarvi sarà stata vana… Adesso forza! Scendete!» intima, spalancando il portellone. Smontati dalla navetta, Petra ci scorta nei pressi di una gigantesca piramide di pietra, che rivela essere il famigerato Tribunale dei Dannati. La fitta foschia che lo circonda lo rende ancora più inquietante. Ai piedi della costruzione scorgo due ampi ingressi dalla forma arcuata, collocati a diversi metri di distanza uno dall’altro. Davanti a quello di destra, c’è un’estesa processione di anime allineate in perfetta fila indiana, sorvegliate con cura da un nutrito schieramento di angeli neri sistemati da ambo i lati. L’apertura di sinistra, invece, presumo serva per farle defluire al termine del processo. Se ne osservano a decine uscire con sequenza regolare con lo sguardo basso, compressi nella morsa di alcune guardie che li


accompagnano verso un sentiero che si protende su un mare composto da acque tetre e burrascose scomparendo nella nebbia. «Ecco. Siamo arrivati. Disponetevi dietro all’ultimo della serie, e siate disciplinati, mi raccomando» esorta Petra. «Io sono costretta a salutarvi qui. Addio ragazzi. Buona fortuna.» Camilla ha un’espressione triste e malinconica, mentre la guarda allontanarsi. Doveva essersi affezionata molto a lei, nonostante la breve conoscenza, ma purtroppo temo che non la incontrerà mai più. Però devo ammettere che aveva ragione nel ritenere che in fondo non fosse poi così cattiva come pensavo. Ora non ci resta che far tesoro delle sue indicazioni, per affrontare nel migliore dei modi il funesto futuro che si prospetta per noi.


IL RIGIDO PROCESSO DEL GIUDICE LAW Siamo in coda già da un po’. L’atmosfera è pesante, e ognuno aspetta che arrivi il proprio turno restando in religioso silenzio. Non mi preoccupa più di tanto la sorte che Petra ha pronosticato per me, anzi, sono convinto che me la caverò senza grosse difficoltà, ma mi dispiace per Camilla. Desidero con tutto il cuore che il Giudice Law le conceda pietà e decida di risparmiarle ulteriori sofferenze, facendola trasferire nella dimensione in cui risiedono le anime immacolate, perché è quello il luogo che più le si addice. D’altronde non merita di essere punita per le atrocità che ha commesso verso se stessa, ed è giusto che sia l’infame che l’ha indotta a compierle a pagare per lei. Anche se in tutta sincerità, preferirei che si fermasse qui con me. Non ho mai avuto un’amica così dolce e sensibile al mio fianco, e il solo pensiero di perderla mi terrorizza, ma non voglio passare per uno squallido egoista, perciò se ne avrò la possibilità, testimonierò in suo favore. Nel frattempo, malgrado sia consapevole che stia camminando alle sue spalle, per farle sentire la mia presenza e infonderle un po’ di serenità, le accarezzo la schiena con delicatezza. Questa mia semplice premura però, scatena l’ira di uno degli angeli neri addetti al piantonamento che, senza il minimo preavviso, m’infligge una violenta frustata sulle mani, e mi ordina di tenere le braccia aderenti al corpo. Non credevo fossero così inflessibili. Sarà meglio obbedire, e rispettare le rigide regole che ci vengono imposte, o rischio di mettere nei guai pure la mia giovane compagna. Questa attesa è interminabile, e tutto ciò non fa altro che aumentare la mia ansia. Sono curioso di sapere cosa si celi dentro quella gigantesca piramide, e conoscere il fantomatico giudice citato da Petra.


Finalmente, dopo una lunga agonia, penetriamo all’interno del Tribunale procedendo con estrema calma. Attraversato un breve corridoio buio e gelido, piombiamo in uno spazioso salone illuminato da una serie di torce infuocate appese alle pareti, dove al centro, dietro a un’ingombrante scrivania di legno, vi è posizionato un imponente trono di roccia occupato da un misterioso individuo dalle sembianze umane. Presumo sia lui il Giudice Law. Indossa una toga scura che lo copre fino alle caviglie, e una fascia rossa a tracolla. Ha i capelli lisci e viola, occhi grigi e spenti, ed è provvisto di un paio di grandi ali cupe e tenebrose. Non mi pare munito di un fisico muscoloso, però nonostante sia seduto, ho l’impressione che sia parecchio più alto di un uomo normale. Con la mano destra brandisce un martello dorato che serve a decretare la fine delle udienze. È il turno di Camilla. Poverina. Si percepisce con chiarezza il suo disagio, ma deve riuscire a non farsi prendere dal panico, e sono certo che verrà assolta. Un paio di angeli la scortano al cospetto dell’enigmatico giudice, e la obbligano a poggiare il palmo della mano sopra un voluminoso libro nero depositato sul suo tavolo. Chissà, forse si tratta di un testo sacro utilizzato per prestare giuramento, ma per togliermi ogni dubbio, provo con discrezione a chiedere lumi alla guardia che mi sorveglia più da vicino, auspicando che non si spazientisca. Per fortuna, avendo riscontrato in me un atteggiamento pacato e gentile, mi risponde senza problemi, e mi riferisce che grazie a quel rituale, lo speciale manoscritto dapprima costituito da una miriade di pagine bianche, si riempie d’incanto, descrivendo in maniera dettagliata l’intera vita del defunto sotto processo per poi tornare allo stato originale al termine di ogni sessione. Con questo sistema il Giudice Law è in grado di capire la pena adatta da attribuire a ciascuno dei dannati. È fantastico. Una volta decifrata la terribile storia di Camilla, non potrà esimersi dal proscioglierla. Spero soltanto che si comporti con onestà, ma che soprattutto sappia che cosa sia la giustizia, altrimenti ho paura che non avrà nessuna via di scampo e sarà costretta a restare insieme a me per sempre.


Ci siamo. Penso che il Giudice Law si stia preparando a esaminare il suo caso. Con la sola forza della mente, attrae verso di sé il lugubre libro, e lo sfoglia a una velocità pazzesca, richiudendolo nel giro di qualche secondo senza nemmeno sfiorarlo con un dito. È assurdo! Come avrà fatto a leggere la pur fugace esistenza di Camilla in un lasso di tempo così ridotto. Dev’essere dotato di poteri sovrannaturali che vanno al di là ogni immaginazione. Non vedo altre spiegazioni. «Suicidi!» sentenzia con ineguagliabile crudeltà, dando un colpo di martello. «Il prossimo!» proclama poi, con tono perentorio. Sono sconcertato. Non l’ha neanche degnata di uno sguardo. Non mi sarei mai aspettato che fosse tanto spietato persino nei confronti di una bambina. Vorrei oppormi e avanzare delle obiezioni, ma purtroppo temo che il suo giudizio sia inappellabile. Inoltre, reputo che potrebbe rivelarsi controproducente inscenare un’aspra polemica con quel mostro, perché considerando la malvagità che ha dimostrato di possedere, se dovessi esasperarlo, sarebbe capace di spedirmi in una zona diversa dalla sua, soltanto per il gusto di farmela pagare. Camilla appare sconsolata. Si sarà rassegnata al triste destino stabilito per lei, ed è probabile che si sia lasciata sopraffare dallo sconforto. Prima che venga condotta fuori dalla struttura, riesco a dirle al volo di resistere, e che tra poco la raggiungerò. I suoi aguzzini non le consentono di replicare e la portano via subito, ma perlomeno sul suo volto mi è sembrato di scorgere un leggero sorriso. Mi auguro di averla rincuorata, e che non le succeda niente di male fino al mio arrivo. Adesso tocca a me scoprire la condanna che dovrò scontare, e come previsto da Petra, il Giudice Law mi manda nella stessa Prigione di Camilla, così avrò modo di mantenere la promessa fatta sulla navetta, e proteggerla per l’eternità.


LA PRIGIONE DEI SUICIDI Scortato da un paio di angeli neri, mi accingo a imboccare il sentiero che avevo adocchiato in precedenza, che suppongo conduca nelle varie carceri che compongono il Regno di Malgard. Il Tribunale dei Dannati è ormai alle spalle, ma il clima di terrore che si respirava in quel maledetto edificio persiste. Mi sento sotto tiro. Entrambe le guardie addette alla mia deportazione, impugnano le loro micidiali fruste, pronte a flagellarmi alla prima mossa falsa. La strada rocciosa su cui stiamo transitando è parecchio ristretta e dissestata. In più viene inondata di continuo dalle funeste acque che la bagnano da entrambi i lati, rendendo la superficie viscida e pericolosa. Sono inquietanti. Ho come l’impressione che vogliano abbrancarmi per trascinarmi negli abissi. Non avevo mai visto un mare così oscuro e tempestoso. Mette i brividi soltanto a guardarlo. Dopo una lunga scarpinata, giungiamo alla fine del percorso che sfocia in uno sconfinato deserto di pietra, all’apparenza disabitato. Dinanzi a noi c’è solo un’immensa desolazione avvolta nel silenzio più assoluto. Nel frattempo, i miei aguzzini mi agguantano per le braccia e mi accompagnano nei pressi di una specie di tombino di ferro. Senza indugiare oltre, lo scoperchiano e mi intimano di infilarmi dentro. Ma certo! Deve trattarsi dell’ingresso della Prigione. Che sciocco. Mi ero scordato che Petra ci aveva avvisato che era collocata nel sottosuolo. Per non farli imbestialire, m’insinuo nel buco, e precipito in un tunnel scavato nel terreno. Incuranti delle mie condizioni, i due serrano di colpo l’entrata, generando un boato che riecheggia all’interno della galleria nella quale sono franato, e che fa tremare le pareti come se fossi nel bel mezzo di un violento terremoto. Mi auguro che non mi crolli il soffitto in testa. Non mi va di trascorrere l’eternità sepolto da una valanga di macerie.


Per fortuna le vibranti scosse cessano in fretta, e adesso che la situazione pare essersi stabilizzata, posso farmi un’idea più precisa del luttuoso sito in cui sono capitato. La botola da dove sono penetrato non è piazzata troppo in alto. Potrei arrampicarmi senza problemi fin lassù, ma dubito che sarei in grado di scardinarla, perciò ritengo che per ora la cosa migliore sia accantonare ogni proposito di fuga, e concentrarmi sul mio obiettivo principale, ovvero ricongiungermi con Camilla per difenderla dalle eventuali insidie che quest’area potrebbe riservare. Chissà dove si sarà cacciata. Non può essere andata lontano. Eppure dovrebbero averla segregata qualche istante prima di me. Provo a urlare il suo nome, in modo da intuire in quale lato volgermi, ma nonostante i miei ripetuti richiami non ricevo nessuna risposta. Meglio non sprecare altro tempo e cominciare a cercarla, o c’è il serio rischio che finisca nei guai. Inoltre presumo che sia terrificata. Un posto del genere spaventerebbe a morte anche un adulto, figuriamoci una ragazzina. Ho il sospetto che per scovarla sarò costretto ad affidarmi all’istinto. Decido di spostarmi verso destra, sperando di scorgerla a breve. Lo spazio per muovermi è molto limitato. I cunicoli che sto perlustrando saranno larghi non più di un metro e sono illuminati soltanto da fievoli fiaccole conficcate nelle mura. Perlomeno non siamo al buio, altrimenti sarebbe stata un’impresa quasi impossibile rintracciarla. Per poter avanzare, devo gattonare tra cumuli di fango e profonde pozze d’acqua stagnante, e in alcuni frangenti sono obbligato addirittura a strisciare, poiché il varco si restringe all’improvviso, dando il terribile effetto ottico di essere stritolati in una morsa letale. Petra aveva ragione: vagabondare quaggiù è come attraversare un’interminabile serie di loculi identici in cui è facile smarrire l’orientamento. Maledizione. Ho la sensazione di girare a vuoto, mi sembra d’impazzire. Ho il timore che non riuscirò mai a trovarla perciò mi fermo demoralizzato, e mi lascio sopraffare dallo sconforto. Devo calmarmi o così farò il loro gioco. Credo che abbiano costruito questo smisurato labirinto senza sbocchi con l’unico scopo di portarci all’esaurimento nervoso, ma non mi arrenderò con tanta facilità. Non compirò gli stessi errori che ho commesso quand’ero in


vita. Ho fatto una promessa e ho intenzione di mantenerla a qualunque costo. L’aver interrotto per un po’ la mia affannosa ricerca, però, mi consente di ascoltare con maggiore attenzione i numerosi strepiti intrisi di dolore che si avvertono nelle vicinanze, così percepisco con chiarezza qualcuno strillare forte il mio nome, invocando aiuto. Non può che essere Camilla. Forse è in pericolo, per cui devo sbrigarmi e correre a salvarla. Mi rimetto in moto, e m’incuneo nel passaggio da cui reputo provengano quei lamenti disperati. Le grida sono sempre più intense. Ottimo. Significa che sono nella direzione giusta. Non ho dubbi che sia la sua voce. La riconoscerei tra mille. Malgrado dover procedere a quattro zampe sia piuttosto faticoso, accelero la mia andatura per raggiungerla alla svelta. Eccola là! Oh no! Un dannato le è balzato addosso e sta tentando di violentarla. Razza di pervertito! Me la pagherai cara. Per tramortirlo e metterlo fuori gioco, sradico un grosso sasso da una delle fiancate, e rallento il mio incedere in maniera tale che non si accorga della mia presenza. Giunto alle sue spalle, glielo scaglio con veemenza dritto sulla nuca, facendolo stramazzare a terra esanime. «Gary sei proprio tu!» esclama Camilla, sconvolta e alzandosi di scatto. «Ancora un minuto e non oso immaginare quello che sarebbe stato capace di farmi quel maniaco» dice tra un singhiozzo e l’altro. La abbraccio, tenendola stretta contro il mio petto. «Stai tranquilla. Adesso non hai più nulla da temere, ci sono io con te. Ma ora dobbiamo scappare, prima che questo farabutto si risvegli, o peggio, ne sopraggiungano degli altri, solo allora potremo rilassarci.» Le afferro una mano e la trascino via con me. Percorsi diversi tunnel, ci accampiamo in una zona del labirinto dove gli ululati strazianti degli spiriti che popolano quest’orribile Prigione appaiono più distanti. Sono esausto, e come se non bastasse la mia tunica è tutta rovinata all’altezza delle ginocchia. Sfregarla con quel vigore contro il pavimento sconnesso deve aver lacerato le cuciture. «Non ce la faccio più!» si lamenta Camilla. «Voglio tornare a casa mia!» «Quello temo sia impossibile, però ti garantisco che farò di tutto per farti uscire da qui, ma tu devi reagire. Anch’io poco fa ho avuto un momento di debolezza e ho pensato di mollare…» confesso. «E cosa ti ha spinto a continuare a lottare?»


«Be’, avevo giurato a una cara amica che mi sarei preso cura di lei, e non potevo abbandonarla a un destino così atroce e ingiusto con tanta leggerezza. Non me lo sarei mai perdonato» le sorrido. «Sei davvero dolce» mormora avvinghiandosi a me. «Che cos’hai qua sotto?» chiede, toccandomi il petto. «Una piuma bianca» svelo, tirandola fuori. La guarda stupita. «Wow! Ma è stupenda! Dove l’hai trovata?» «L’ho notata sul pianale mentre eravamo in coda per scendere dalla navetta. L’ho calpestata e raccolta, e ho deciso di conservarla come portafortuna.» «Secondo te apparteneva a una delle anime che viaggiava con noi?» «No, lo escludo» scuoto la testa. «È probabile che l’abbia persa qualche uccello che magari si era intrufolato nel velivolo di Petra per errore durante una delle sue traversate sulla Terra, altrimenti non me ne sarei mai impossessato e gliel’avrei subito consegnata.» «Sì, può essere.» «Se vuoi te la regalo» offro, porgendogliela. «No, io ho già l’anello che mia nonna mi donò sul letto di morte a darmi un po’ di conforto» sostiene esibendo una fedina d’oro massiccio costellata di diamanti infilata all’indice della mano destra. «Com’è possibile che tu ce l’abbia ancora?» domando allibito. «È stata una gentilezza di Petra. L’idea di separarmene mi addolorava troppo, così mi ha concesso di recuperarlo dal mio cadavere e portarlo via con me, a condizione però che lo tenessi nascosto, perché se uno dei suoi colleghi lo avesse scoperto, me lo avrebbe senz’altro sequestrato.» «Non credevo che fossi riuscita a intenerirla fino a questo punto…» osservo scettico. Sorride con dolcezza. «Petra è buona e generosa. Vedrai che un giorno lo capirai.» «D’accordo, se lo dici tu…» replico, imboscando di nuovo la piuma dentro la tunica. «Adesso che ne diresti di riposarci un po’?» propongo. «Oh sì, sono distrutta» avalla stremata. «Dai, coricati e mettiti comoda allora.» «E tu che farai?» «Starò di guardia. Meglio essere prudenti ed evitare rischi inutili, considerate le circostanze.»


«Quindi non dormirai?» «Certo, ma faremo a turno, così uno potrà avvisare l’altro nel caso in cui qualche dannato cerchi di aggredirci.» «Va bene, buonanotte Gary» sussurra, sdraiandosi. Per farla sentire protetta, mi adagio accanto a lei, e la coccolo finché non si addormenta. Sono stato uno sciocco a ignorare gli avvertimenti di Petra. Non mi aspettavo che sarebbe stata così dura e opprimente la nostra detenzione. Ho sbagliato a sottovalutare la situazione, ma soltanto ora me ne rendo conto. Però almeno ho ritrovato la grinta e la voglia di combattere che nell’ultimo periodo della mia vita avevo smarrito del tutto, ed è solo merito di Camilla. Averla incontrata è stata la cosa migliore che potesse capitarmi, perché con la sua energia positiva, mi ha trasmesso la forza per reagire di fronte alle difficoltà, come mai ero stato in grado di fare nel corso della mia esistenza.


ILPASSATO TORMENTATO DI GARY «Cos’hai Gary? Rispondimi ti prego!» sollecita Camilla svegliandomi di soprassalto. «Che succede?» esclamo, inquieto. «Qualcuno ha tentato di nuovo di attaccarti?» «No tranquillo» mi rincuora. «Ti ho svegliato perché continuavi ad agitarti nel sonno, ed ero in ansia per te» rivela. La guardo spaesato, passandomi una mano sul viso. «Scusami, devo essere crollato, e suppongo di avere avuto un incubo.» «Non preoccuparti, l’importante è che stai bene. Ti va di raccontarmi che cosa hai sognato?» chiede incuriosita. «Ecco, non mi ricordo granché a dire la verità. Nella testa ho solo una serie d’immagini confuse e sfuocate riguardanti il mio triste passato…» «Capisco, e allora ti andrebbe di raccontarmi la tua storia?» chiede, accennando un timido sorriso. «Non so praticamente nulla di te, eccetto il tuo nome e che sei originario di Denver, per cui mi piacerebbe conoscerti meglio se per te non è un problema.» Resto alcuni istanti in silenzio, chiedendomi se sia davvero il caso di rivelarle il mio passato. Poi con voce titubante acconsento: «Certo, però non saprei da dove cominciare…» «Potresti iniziare con l’accennarmi qualcosa sulla tua infanzia, se vuoi» suggerisce. «Ok, anche se la prima cosa che mi viene in mente è la morte di mio padre in un incidente stradale» rammento con malinconia. Camilla mi guarda affranta. «Oh, mi dispiace. Io ho perso mio fratello minore a causa di una forma acuta di leucemia, per cui so bene quello che si prova, e con la stupidaggine che ho combinato non ho fatto altro che infliggere ai miei genitori un ulteriore dolore» rievoca afflitta. «Sono in pena per loro, chissà quanto staranno soffrendo in questo momento.»


Vedo le lacrime rigarle il viso, e la stringo in un abbraccio consolatorio. «Dai in fondo non è stata colpa tua, per cui non hai motivo di torturarti così.» Cerca di sorridere e annuisce, poi si asciuga le lacrime con il bordo delle maniche della tunica. «Perdonami Gary, non volevo concentrare tutta l’attenzione su di me. Ti prego prosegui. Giuro che d’ora in avanti non ti interromperò più.» «D’accordo. Comunque a parte il trauma per la scomparsa di mio padre, quand’ero poco più che un bambino, ho avuto un’adolescenza abbastanza spensierata, soprattutto grazie al supporto di mia madre che si è presa cura di me arrivando addirittura a fare i doppi turni pur di non farmi mai mancare niente. Purtroppo però, durante il mio quarto anno di liceo, fu licenziata per via del fallimento improvviso della fabbrica in cui lavorava come operaia, così dovetti rinunciare a iscrivermi all’università, perché con il suo misero assegno di disoccupazione, avevamo i soldi a malapena per pagare l’affitto e comprare da mangiare, perciò una volta ottenuto il diploma fui costretto a rimanere a Denver con lei, e buttarmi subito alla ricerca di un lavoro per darle una mano a tirare avanti. Solo che non avendo esperienza e un titolo di studio molto basso, non riuscivo a trovare nessuno disposto ad assumermi, per cui con il trascorrere dei mesi mi demoralizzai. Me ne stavo barricato nella mia stanza dalla mattina alla sera a piangermi addosso, finché un pomeriggio d’estate decisi che era giunta l’ora di porre fine a quell’inutile agonia.» Faccio una breve pausa, ripensando a quei momenti, poi riprendo: «Mi auguro almeno che mia madre, adesso che non deve più badare a me, possa ritrovare la serenità» auspico, angosciato. «Allora è per questo che ti sei suicidato. Ti sentivi un peso per lei, e ti eri convinto che l’unica soluzione per risolvere la questione fosse liberarla della tua presenza, giusto?» riassume. «Sì, ma se devo essere del tutto sincero, credo che la vera ragione che mi ha fatto cadere in depressione, e mi ha indotto a farla finita, sia stata la solitudine» confesso. «Come sarebbe?» «Ecco, come potrai immaginare, dopo il diploma tutti i miei amici sono partiti per il college e mi hanno lasciato da solo… tuttavia, la cosa più brutta era non avere accanto una persona capace di amarmi


per quello che ero, e che mi aiutasse a risollevarmi da quel periodo buio» manifesto sconfortato. Gli occhi di Camilla si sono velati di lacrime, e ha la voce incrinata quando dice: «Mi dispiace, avresti meritato l’amore, perché sembri davvero una persona speciale…» «Ti ringrazio» sorrido imbarazzato. «Sai, è un peccato. Se ti avessi conosciuta quand’ero in vita, adesso sarei ancora sulla Terra, perché mi avresti trasmesso la forza di reagire con la tua straordinaria positività.» «Ti sbagli» scuote la testa. «Per me ce l’hai sempre avuta. Salvando Petra da quell’attentatore, e mettendo fuori combattimento il dannato che mi aveva aggredita, hai dimostrato di possedere un enorme coraggio, per cui non avresti dovuto arrenderti, d’altronde avevi soltanto ventun anni.» «Già, solo ora mi rendo conto di aver commesso un gesto stupido e impulsivo, anche se non avrei mai pensato d’incappare poi in conseguenze tanto atroci, ma ti prometto che farò di tutto per rimediare ai miei errori e trascinarti via da qui» dico, e ci credo con tutto il cuore. FINE ANTEPRIMA. CONTINUA…


INDICE IL TRAPASSO ................................................................................... 5 L’AVVENTO DI PETRA L’ANGELO NERO ................................ 7 L’ATTENTATO ............................................................................... 10 UNA STORIA DRAMMATICA ..................................................... 15 IL REGNO DI MALGARD ............................................................. 21 IL RIGIDO PROCESSO DEL GIUDICE LAW ............................. 27 LA PRIGIONE DEI SUICIDI .......................................................... 30 IL PASSATO TORMENTATO DI GARY ...................................... 35 LA GOLA DI MALGARD ..... Errore. Il segnalibro non è definito. L’INCONTRO CON PROBEOErrore. Il segnalibro non è definito. BLAST IL TERRIBILE .......... Errore. Il segnalibro non è definito. UN AMORE SENZA FINE .... Errore. Il segnalibro non è definito. LA PIUMA DI PETRA ........... Errore. Il segnalibro non è definito. LE CHIAVI DI MALGARD ... Errore. Il segnalibro non è definito. LA PRIGIONE DEGLI INQUINATORI Errore. Il segnalibro non è definito. LA PRIGIONE DEI VIOLENTI ............ Errore. Il segnalibro non è definito.


LA PRIGIONE DEI TRADITORI ......... Errore. Il segnalibro non è definito. LA PRIGIONE DEGLI AVARI............. Errore. Il segnalibro non è definito. LA PRIGIONE DEI LADRI ... Errore. Il segnalibro non è definito. LA PRIGIONE DEI BESTEMMIATORI . Errore. Il segnalibro non è definito. LA TORRE DI MALGARD ... Errore. Il segnalibro non è definito. LA SORELLA DI PETRA ...... Errore. Il segnalibro non è definito. A GIUDIZIO DA RE PROPER ............. Errore. Il segnalibro non è definito. IL CIELO DELL’ETERNO RIPOSO .... Errore. Il segnalibro non è definito. IL CIELO DEGLI INNAMORATI ........ Errore. Il segnalibro non è definito. IL CIELO DEGLI ORFANELLI ........... Errore. Il segnalibro non è definito. IL CIELO DEI BENEFATTORI ............ Errore. Il segnalibro non è definito. IL CIELO DEI PACIFISTI ..... Errore. Il segnalibro non è definito. IL CIELO DEI NATURALISTI............. Errore. Il segnalibro non è definito. IL CIELO DEI CREDENTI .... Errore. Il segnalibro non è definito. IN MISSIONE PER CONTO DELLA DEA VEGAN ....... Errore. Il segnalibro non è definito.


NEL SANTUARIO DELLA DEA CLOROFILLA ........... Errore. Il segnalibro non è definito. AL COSPETTO DELLA DEA VIDA ... Errore. Il segnalibro non è definito. IL TEMPIO DEL SUPREMO BELFARD Errore. Il segnalibro non è definito. UN NUOVO ANGELO .......... Errore. Il segnalibro non è definito. DI NUOVO INSIEME ............ Errore. Il segnalibro non è definito.


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