sempre con un tacco di ironia la Parte seconda Capitolo 3
125 3. Avanti con la terza! Anche il periodo estivo passò in fretta e la data d'inizio coincideva con lo stesso giorno di settembre dei colleghi del diurno, con di fronte a noi, non più tre mesi ma nove. 3.1 I fruitori delle nozioni Quella prima sera nello spogliarmi dell'auto, mentre mi avviavo spedito sul marciapiede, mi ritrovai appresso un serioso adulto che procedeva con un passo che sembrava essersi adattato al mio, che procedeva anche lui deciso, che varcava lo stesso cancello, che percorreva il lungo corridoio, che entrava dopo di me nell'aula, con un foglio di carta appiccicato a fianco della porta con su scritto 3/4 OSS, e che prese posto, puntando deciso fra tutti i banchi liberi, quello alla mia destra. Ma la cosa sorprendente fu scoprire, quando ognuno si presentò al primo insegnante, che il determinato vicino con soli †43 anni, abitava non molto distante, nella stessa zona dove avevo portato la mia residenza da quasi vent'anni. Questo nuovo compagno di banco aveva un aspetto che sembrava ne avesse spesi tanti di più nella vita, cioè quello che sapevo accadere a chi da fondo al pedale della frenesia del fare, e che ruba diverse ore al sonno per riuscire a fare tutto; attività che conoscevo molto bene quando anni prima mi trovavo persino durante la notte, con il cervello che non voleva spegnersi, pur essendo stanchissimo.
126 Ma un'altra sorpresa fece ad entrambi rilanciare una composta risata quando un compagno, che ci dava le spalle proprio lì davanti, nominava come domicilio il nostro piccolo paese, nel quale pure lui aggiungeva di essere stato acciuffato da una sabina del posto, a noi due però ci costò la criniera con anche l'incremento progressivo delle taglie, che nel mio caso andarono a ridursi proprio con quel corso. L'aula finalmente era una vera aula luminosa grazie a tutta una parete di finestre, e sebbene che eravamo aumentati di numero continuava ad essere ancora molto grande offrendo anche un terzo del pavimento libero proprio sotto quei vetri, mentre la disponibilità di banchi era così ampia che si crearono diversi gruppetti distanziati tra loro. C’erano quindi dei nuovi arrivati, che erano in prevalenza giovani che andai ad aggiungere al nostro gruppo "il nome lo troveremo", dal quale, come a sembrare una risposta, abbandonava silenziosamente come già allora ci aveva anticipato, una di quelle due compagne di banco, confermando così che quel "forse" era proprio un addio. L'altra compagna di banco invece, con ±45 anni fece il suo usuale ingresso consegnandomi il suo sorriso un po' contenuto, ma questa volta scelse un banco a ridosso della scrivania ponendosi a fianco del compaesano con 41 sulle spalle; mentre lei oltre a non dimostrare precisamente la sua età usava molto spesso quel "più o meno" nel suo esprimersi. Sulla loro stessa riga orizzontale, all'estrema sinistra, avevano di fatto preso le distanze, le due compagne "25 & 33, confermando al tempo stesso la loro reciproca simpatia maturata pochi mesi prima. Dietro di loro, sempre in solitaria, seppur ben collegata con quelle davanti, la giovane 49enne, che stava perennemente sopra a non meno di otto centimetri √, e alle sue spalle andrà a prendere posto una giovane coppia con ø22 e h23 anni, che in quel primo momento erano più vicini ad un trio, con due lucide perle nere al centro, che si era letteralmente barricato dietro le nostre spalle, con: Ω20, -22 , 19.
127 Forse vi starete chiedendo cos’è quel simbolo ø, che si scrive phi, che ho associato a 22, per via delle sue alte prestazioni in matematica, che non è così conosciuto come tanti altri; esso rappresenta qualcosa di magico, di divino per un matematico, e ho riportato quanto veniva spiegato in un sito, molto meglio di quanto potrei fare io: La sezione aurea, o rapporto aureo, è il nome che viene dato ad una particolare costante matematica che, solitamente, si indica con la lettera greca ϕ…Per secoli, questo numero ha affascinato e influenzato generazioni di matematici, ma anche pittori, architetti, scultori e persino musicisti. Alcuni esempi celebri sono: • il Partenone, le cui dimensioni seguono le proporzioni del rettangolo aureo (che illustreremo più avanti); • molti dipinti di Leonardo da Vinci, tra cui la Gioconda e l’Ultima Cena, sono stati realizzati seguendo complesse strutture geometriche che fanno uso della costante \phiϕ; • il compositore francese Claude Debussy scrisse alcuni brani seguendo particolari relazioni numeriche che rimandano proprio a questo numero. Tuttavia, dato che nell’articolo si citano degli artisti che lo avevano usato, è necessario io credo, aggiungere che quel numero è stato usato, e questo è stato riscontrato, insieme alla più nota sequenza di Fibonacci 73 , altro elemento così straordinario da essere chiamata: impronta di Dio, o con altri riferimenti aulici. In quanto la sequenza rappresenterebbe lo sviluppo della creazione, con una precisa appunto sequenza, e il phi, rappresenta, sempre secondo dei matematici, il suo limite, che personalmente preferisco chiamare orientamento. Per cui ottenere la bellezza, una bellezza fatta di proporzioni, di armonia che i nostri occhi percepiscono come se ne fossimo parte, costruiti con lo stesso principio, ed infatti i riscontri si trovano anche nel corpo umano... .
128 Tale posizione, del trio praticamente in trincea, che sappiamo permette di vedere senza essere visti, era congeniale soprattutto ai due giovani sui lati che potevano far presenza senza essere disturbati nella loro perenne attività con il loro piccolo schermo che iniziò immediatamente. Quel meno invece, in 22, sta ad indicare che quel musetto ne dimostrava di meno, forse per via di quelle grandi perle nere lucide che in genere si vedono in una creatura. Successivamente si aggiungeranno altre tre ragazze che andranno ad occupare i banchi liberi della nostra seconda fila, con pur sempre le dovute distanze. Stando a quanto ognuno presentò di sé stesso, fra quelle otto nuove presenze, c'era chi era stato respinto nel corso precedente: uno dal serale e un altro dal diurno, e due che avrebbero dovuto sostenere un esame che si sarebbe tenuto di lì a pochi giorni, per le medesime materie che noi del propedeutico, avevamo visto nel corso precedente. Questo perché, come mi spiegarono loro stessi, anche loro avevano dimostrato delle pagelle di un lontano passato di qualche anno alle superiori, e con quell'esame avrebbero di fatto saltato il corso propedeutico. Erano proprio i miei vicini †43 e 41 ai quali inviai il materiale che avevo raccolto e sistemato nei mesi precedenti, perché quella risma di fotocopie che gli era stata consegnata da qualcuno al piano superiore, l’avevano trovata incomprensibile. Dopo avergli consegnato pure la mia perplessità, con dentro un ironico "auguri", per quella titanica impresa da autodidatti, suggerii loro di concentrarsi sulle definizioni più importanti per riuscire ad esprimere almeno un concetto agli esaminatori. Raccontai a loro infatti, quanto fu difficile per noi dire qualcosa nelle interrogazioni, pur avendo puntualmente frequentato le lezioni.
129 Con questo corso i professori non si presentarono tutti nei primi giorni poiché alcuni non erano ancora stati assegnati. Questa era la conseguenza, così come ho inteso, dell'attività della segreteria che provvede alla cernita delle domande e all'assegnazione delle cattedre nello stesso momento in cui inizia l'anno scolastico, ciò è reso peraltro complicato da una serie di cause, che in parte vedremo, e che comporta ogni anno, un turn over 74 molto elevato, rispetto a quello molto più stabile che avevo visto nelle scuole di grado inferiore con i miei ragazzi, dove il medesimo insegnante seguiva gli alunni per tutti gli anni, accompagnandoli ogni volta fino all'ultimo traguardo. Ovviamente, come ogni medaglia che ha sempre il suo rovescio, se si beccava l'insegnante "sbagliato", sia i ragazzi che i genitori dovevano assoggettarsi a quell'infelice destino o cambiare Istituto, ma questa era una scelta che implicava delle altre conseguenze; oltre al distacco da degli affiatati compagni, se si avevano un paio di ragazzi da portare e ritirare, si andava incontro ad un raddoppiato impegno giornaliero, e nel caso di due gambe soltanto, diventava molto più complicato far coincidere gli orari con il lavoro. Ciò nonostante, ho visto delle mamme farsene carico per risolvere delle problematiche di incompatibilità della propria creatura, cosa che non mi passò neppure per il cervello, nonostante mia figlia fosse incappata con una insegnante che usava il fischietto in classe; e anche nonostante che mi fosse stato riferito che questa insegnante nel corso precedente aveva procurato molta ansia, per cui una bambina si ferì in classe. Ma non volli neppure dare peso a ciò che accadde proprio a mia figlia pochi giorni dopo il suo timido esordio alle elementari. Da nemmeno due settimane è iniziata la scuola e anche la nostra bambina è passata entusiasta alle elementari, ma è ancora molto timida, e qualche giorno dopo mentre ero al lavoro mi giunse la chiamata dalla scuola che mi fece salire il cuore in gola, limitandosi a dire: "abbiamo già contattato sua moglie, ma stiamo chiamando
130 anche lei, in quanto la bambina sta poco bene, se può venire alla scuola" Mi fiondai con tutti i cavalli che c’erano sotto il cofano, ingoiando, per fortuna, quei soli dieci kilometri, insieme alla mia ansia, in pochi minuti, e con due salti ero già dentro; cercando di mantenermi calmo cercai di vedere se qualcuno si faceva avanti, mentre invece vidi delle persone fuori da una porta che guardavano dentro e mi avviai spedito in quella direzione, e come arrivai sull'uscio, s’infilarono dentro gli occhi che videro la mia cucciola stesa su una scrivania, la quale al loro apparire, mi volse un sorriso smorzato come a scusarsi, con le maestre intorno che la coccolavano con parole e carezze. "ora sta meglio.." Mentre gli andavo appresso, alzai un attimo lo sguardo su dove proveniva quella rassicurazione, che riconobbi essere l'insegnante di mio figlio, di un anno più grande, che aggiunse con un sorriso un po’ amareggiato: ".. si è sentita mancare.. ora si è ripresa, ma avevano già chiamato l'ambulanza" Cos'è quel grande trasporto che ti antepone a voler per te più che per me Cos'è quel che farebbe di me scudo o lama per ogni Insidia Cos'è quel sentirti mia pur consapevoleche sarai di un'altro Cos'è che non mi farà offeso per darmi le spalle mentre io ti porterei ancora sulle mie Cos'è quell'incanto per ogni tua espressione forzandomi a non metterti a disagio Cos'è quel lasciarti libera pur consapevole che la tua innocenza sarà deturpata Cos'è che incatenerà me stesso a far brandelli chi oserà sfiorarti sgraziatamente
131 e alla mia espressione molto interrogativa "La devono portare comunque al pronto soccorso per accertamenti, è la prassi" Non feci trasparire il mio disappunto che per una banalità avevo dovuto interrompere, mollare tutto e perdere ancora altro tempo. Seguii quindi l'ambulanza, avvisando la moglie per organizzare il recupero dell’altro figlio, e ovviamente spiegare, per il tempo che trascorsi pazientemente in auto, quel poco che raccolsi, in quanto la sua sede di lavoro era piuttosto lontana, e poi le gambe seguirono la lettiga che entrava al pronto soccorso, con tutte le procedure che si attivarono dove un medico impartì il da farsi, cioè i prelievi del sangue e poi una flebo. La dimisero nel tardo pomeriggio, non avendo rilevato nulla. Ovviamente quegli accertamenti furono resi necessari perché non era stato spiegato al personale medico cosa era accaduto, cosa che venni a conoscenza in seguito. In pratica la piccola intimidita dalla nuova situazione, dove all'asilo aveva vissuto in un clima ovattato, si trovò con la novità di una maestra autoritaria con tanto di fischietto, la quale non aveva sentito la sua sommessa richiesta di aiuto, e la maestra pensando ad un capriccio le intimò lo stare al posto e di fare silenzio, e lei iniziò a impallidire e si accasciò sul banco. Aveva urtato contro la formica sollevata del banco e si era aperta una piccolissima ferita dell'indice, e alla vista di una goccia di sangue, altra novità, con lo stato emotivo già molto teso, l'aveva disturbata. La maestra rendendosi conto che la bambina stava male, la sollevò dalla seggiola e la trascinò verso il bagno, ma per fortuna accorse qualcuno che fece stendere a terra la bambina. Mi chiedo chi altro vedrà in te ciò che di meraviglioso vedo io chi mai potrà meritarti apprezzarti mantenerti cosi dolce garbata frizzante .. mio angelo mia gioia mio amore
132 Col senno del poi compresi che si attivò in me il medesimo atteggiamento di mio padre, cioè il lasciare che le cose accadessero perché era, anche se doloroso da accettare, era necessario che anche i miei figli non fossero protetti da ogni avversità. Quindi non andammo a fare alcuna rimostranza e nemmeno andammo a pensare di spostare nostra figlia in un'altra scuola. Mi meravigliai invece che in una scuola le maestre non avessero alcuna nozione di pronto soccorso quando nelle aziende, seppur che fosse un ufficio con un dipendente, era obbligatorio. Tornando dentro la mia scuola dove non ebbi il piacere di trovarne una col fischietto, quella che comparì sorridente per prima e puntuale fu la coordinatrice, questo perché aveva la sua stabile cattedra in quell'Istituto, e come mi aveva anticipato, si presentò in qualità di insegnante di economia, non prima di averci caricato tutti su un gruppo in WhatsApp dove pubblicò subito la foto dell'orario provvisorio, nel quale trovammo conferma che anche quell'anno avremmo frequentato delle lezioni nell'altro Istituto, con altri studenti ed insegnanti: il martedì e il giovedì sera. Personalmente trovavo ragionevole condividere degli insegnanti per quelle materie di comune interesse, con altri studenti di altre classi, che in quel corso erano: Italiano, Storia, Matematica e Francese, ma tanti altri non la pensavano così. La mia positività era determinata non solo dalle persone nuove, con sempre qualcosa di interessante da conoscere ma anche dall'aspetto del secondo Istituto: più accogliente, luminoso e con spazi più ampi. Il nostro istituto era obbiettivamente meno invitante, un po' opprimente per via del tipo di struttura e della poca luminosità nonostante l'illuminazione. Come appresi più tardi, tale differenza strutturale fu determinata dal tipo di progettazione che nel secondo Istituto era stata dovuta
133 evidentemente, all'incursione dell'estro di un architetto con le note più ampie competenze, il quale tenne conto di quegli aspetti che sono altrettanto importanti nel costruire un edificio anche se scolastico, come: l'ergonomia, l'illuminazione naturale, i grandi spazi interni e il verde tutto intorno; mentre il nostro Istituto sembrava essere stato progettato da un vecchio geometra, rigorosamente squadrato, con una scelta di colori che andavano ad assorbire la luce dei diffusori, e questa ambientazione metteva in peggior risalto quanto saltava agli occhi. Anche se non si era un esperto, risultava essere alquanto logorato e trascurato, con inoltre quanto sapevo riconoscere molto bene, perché il pulire e "disinfettare" fu uno dei primi insegnamenti dentro quella bottega, seppur consegnato in malo modo. Nel nostro negozio si eseguiva una pulizia accurata tutti i giorni anche perché era costantemente sottoposto a ispezioni a sorpresa da parte del veterinario provinciale che prelevava dal pavimento un campione per verificare la carica batterica, la quale se era alta c'erano le sanzioni oltre che la sospensione dell'attività. Mi faceva specie che fosse considerato pulito, quando anche all'olfatto non gli risultava, dietro a quel velo di profumo. Era ovvio che non fosse soltanto il risultato di quello che vedevo eseguire da quel gigante che entrava deciso al primo cenno dell'ultima campanella (e la cosa rimarrà un mistero in quanto quel pulsante, che obbediva soltanto al suo dito, stava distante cento metri chiuso dentro al suo front desk) per svuotare i tre contenitori vicino alla porta per la raccolta differenziata, i quali ogni sera avevano disatteso le loro corrette istruzioni e il variegato carico finiva dentro un unico sacco. Nel frattempo che avevo visto questo, lui si era portato con tre passi dietro l'insegnante e con un altro spugnava la lavagna senza bisogno di alzare il braccio, per poi sparire dietro la colonna e rispuntare immediatamente con fra le mani quell'affare, che ha eliminato la scopa, e con la convinzione di uno spazzaneve, spingeva
134 ciò che stava sotto i banchi e chi stava ancora lì per ascoltare la fine dell'ultima frase dell'insegnante. Era evidente che quella occupazione lo aveva sfinito, quelle ripetitive azioni lo avevano logorato internamente e non vedeva l'ora, non soltanto di andare a casa a quella tarda ora, ma di andare in pensione, cosa che avevo saputo da lui stesso, così propenso ad informarmi dei motivi del suo malcontento, come se il parlarne lo facesse stare meglio, mi aggiornò che avrebbe finalmente lasciato quel posto l'anno seguente. I motivi però, con mia sorpresa stavano in maggior misura dentro i bagni delle ragazze che lui trovava ancora più maleducate dei ragazzi. Ma ciò che mi feriva invece interiormente, in modo duplice, era osservare quei segni, quei danneggiamenti a qualcosa che sentivo nostro, cioè quello che era uno storico investimento ottenuto grazie al sacrificio di chi aveva pagato le pesanti tasse, ma ancor prima e ben più importante, riscontrare nei nostri studi, cosa era costato farci ottenere quel diritto dovere, per tirarci fuori dal cosiddetto male dell'ignoranza. Un bene comune che invece doveva servire ancora per molte altre generazioni, che riscontravo piuttosto degradato non soltanto a causa dell'usura fisiologica. Si vedeva chiaramente che alcuni materiali utilizzati, come per la pavimentazione per esempio, non si erano rivelati idonei a quel numeroso e costante calpestio, così come mancavano i dispositivi anti usura per gli spigoli. Ma emergeva anche un sentimento contrapposto che invece mi faceva leggere dietro quei danneggiamenti dentro le aule, delle rabbiose testimonianze, dei colpi di precedenti battaglie, con quelle tracce di profonde lesioni agli angoli di cemento, dentro le classi, di banchi lanciati con violenza contro, con scavi e scritte indelebili ovunque, che ricordavano quelle dei carcerati per sfogare in quell'unico modo ciò che era evidentemente leggibile, per chiunque,
135 nel messaggio che oltre a ciò di volgare che si leggeva, nella forma diceva: energia che sfogava nel negativo. E mi chiedevo in quali condizioni o quale aspetto avrebbero avuto quelle pareti e suppellettili se lo stato d'animo di quei ragazzi fosse stato sereno e positivo, al tempo stesso ero quasi certo che se avessi portato lì alcune persone di mia conoscenza la tentazione sarebbe stata grande per metterci all'opera per riparare e tinteggiare, così come ci sarebbero stati sicuramente altri padri o madri che avrebbero fatto il medesimo pensiero ma sapevo che la burocrazia avrebbe soffocato le buone intenzioni. Avevo già sorseggiato quell'amarezza che colò da delle modeste scrivanie, di altisonanti titoli di dirigenti, che riuscì a spegnere gli animi entusiasti dei giovani imprenditori, con i quali avevo lavorato, su un progetto per aiutare le piccole imprese artigiane. Esattamente dieci anni prima, nel periodo in cui si affacciò pesantemente sulla scena produttiva di tutto il mondo, la Cina che aveva messo in forte difficoltà anche le nostre piccole Aziende produttive locali, mi fu chiesto di candidarmi per la guida della CNA comunicazione per portare delle novità, che espressi, con un discorso, davanti ad una platea dalla quale uscì la mia preferenza. Fu così che insieme ad uno sparuto gruppo di volenterosi neo laureati, anche loro indicati da quella platea, elaborammo un progetto definito "Team Box". L'immagine che lo contestualizzava era appunto quella di un gruppo di meccanici attorno ad una Formula Uno, che rispecchiava molto bene l'attività che ci prefiggevamo di offrire gratuitamente; con l’intenzione di far aumentare la professionalità degli artigiani, ovvero per gestire meglio la propria azienda, allo scopo di ottimizzare le loro attività e per porsi nel mercato in modo più efficace.
136 Ovvio che la nostra aspettativa era anche quella di ottenere di essere conosciuti, per cui potevano scaturire delle richieste più specifiche su quanto ciascuno di noi poteva offrire. Ognuno di noi aveva infatti delle approfondite conoscenze, chi in informatica, chi nella comunicazione e nel mio caso, in ambito promozionale pubblicitario, ma dopo la presentazione del progetto su diversi tavoli, dove ci fu manifestato anche un certo consenso, non si ebbe notizia di alcuna iniziativa da parte dei dirigenti nel renderlo operativo e fu davvero mortificante ascoltare oltre che leggere le espressioni dei giovani colleghi che accettavano molto meno delusi di me, come se fossero già esperti di quel non senso, cioè il dover accettare quell'assurdo nulla di fatto che manteneva le nostre aziende in quello stato di difficoltà. Oltretutto si trattava di un modello che si prestava ad essere esteso a tutte le Aziende italiane essendo la CNA un organismo nazionale. cÊ*À}iÌÌ\Ê/i> "8 -Êâ>Ê`>ʵÕÊ«iÀV m¶ ÊiÊ/i> "8ÊÛiiÊ`>ÌÊ«iÀÊ>ÃÃV>âiÊ`Ê`ii]Ê>ʵÕiÊ V iÊ>ÛÛiiÊiÊLÝÊVÀÃiÊiÀÀ>ÀÊ`ÕÀ>ÌiÊÕ>Ê}>À>° ÊÌi>ÊmÊV«ÃÌÊ`>ÊÕÊ}ÀÕ««Ê`ÊiëiÀÌ]ÊV>ÃVÕÊVÊÕ>Ê >ÃiÊëiVwV>ÆÊÃÊVVÕ«>Ê`ÊÕ>É`ÕiÊ>VV i]ʵÕiiÊ V iÊ`iÛÊ}>Ài}}>Ài° -Ê>ÊÃÌÀiÌÌÊVÌ>ÌÌÊVÊ>Êv>LLÀV>]ÊVÊÊÛ>ÀÊÃiÌÌÀ\ «À`Õâi]ÊÀViÀV>]Ê`iÃ}°°° Ê/i> "8ÊvDÊ`>Ê>«À«ÃÌ>Ê«iÀÊÕÛiÊÃÌÀ>Ìi}i]ÊvDÊ`>Ê ÌÀ>]Ê iÌÌiÊÃiiÊÊi}]ÊÃiiâ>ÊiÊÀÃÀÃi]ÊÃÊ>ëiÌÌ>ÊÊi}]Ê >ÌÌÀ>ÛiÀÃʵÕiÃÌiÊ«iÀ>âÊiÌÌiÊÊÀi>âiÊÊÛ>ÀÊÃiÌÌÀ° Ài>âiÊ`iÊÌi>Ê >`>\ iÊVÃ>ÊÃiÀÛiÊ>`ÊÕ>Ê>âi`> «iÀÊ}À>ÀiÊiÊVÀiÃViÀi¶Ê ,ëÃÌ>\ 1Ê}ÀÕ««Ê`ÊiëiÀÌ° Ê/i> "8Ê«Õ¢Ê`ÀiÊ>ÊÃÕ>ÊÃÕÊ>À}iÌÊVi\Ê UÊvÀ>ÌV>Ê>À`Ü>ÀiÉ-vÌÜ>Ài®ÊiÊÕÛÊi`>ÊÌiÀiÌÉ/iiv>-fi-®Ê°°°°°°° >ÕV>Ê>LL>Ê UÊ*ÕLLVÌDÊiÊ`iÃ} °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° ««Ê>>Ê6>Ê UÊ/À>`iÊ- ÜÊfi>ÀiÌ}ÊiÊiÀV>i °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° >V>ÀÊ->ÌÊ UÊ*ÀViÃÃÊ`ÊÃÌ>«> °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° -iÊ iVV >Ì UÊÌ}À>w>Ê°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° >LÊfi>ÌÛ> Ê}ÀÕ««\ fi>ÀiÌ}Ê>âi`>iÉÀ«À>ÌiÊ`iÌÌÞÊ
137 3.2 Tu guarda cosa ti combina una Asimmetria Le lezioni presero avvio nello stesso modo che riconobbi del mio lontano passato, che ora vengono definite lezioni frontali. Come nel collegio di allora, l'insegnante si colloca più o meno stabilmente seduta dietro la scrivania, la quale si trova sempre in prossimità dell'ingresso e con di fronte agli studenti tutti allineati, però dentro quelle alte mura perimetrali con i cocci di vetro cementati sopra, o con la nota rete e filo spinato, la posizione della cattedra poteva anche essere collocata sopra una piattaforma, per elevare il docente in una posizione con più visibilità, come nello Studio, che era un enorme sala che conteneva un centinaio di collegiali, e da là sopra il prelato ci controllava per diverse ore. Ma non era una novità, gli occhi li avevamo sempre addosso, anche nei bagni in cui delegavano qualcun altro a farlo, con una scritta posta là in alto: -DIO TI VEDE-. Non è un caso che ho descritto la posizione della scrivania, perché dovrebbe essere preso in considerazione come cambierebbe il rapporto fra insegnante e la classe se egli passasse attraverso, e fra gli studenti per andare al suo posto entrando dalle ultime file. Io ritengo che l'entrare da davanti rispecchi esattamente l'entrata in scena che si usa a teatro, dove, è naturale recitare a copione ed avere una platea di spettatori; così come viene vissuto come normale, dagli spettatori, che ci sia qualcuno nel palco e quelli sotto se ne stanno zitti ad ascoltare. Se non ricordo male nell'aula del meraviglioso film "Attimo fuggente" lo straordinario Robin Williams nelle vesti di un rivoluzionario insegnante di lettere faceva appunto il suo ingresso dal fondo dell'aula.
138 In realtà, se questa cosa non vi convince, si tratta di un osservazione che tiene conto della immancabile conoscenza delle leggi della comunicazione, la quale non è soltanto verbale e che stabilisce il tipo di relazioni in funzione alla sua forma e qualità. Per comprendere questo importantissimo aspetto, che ritengo essere fondamentale non soltanto in quello che si vedrà accadere nella nostra classe, ma soprattutto in ogni situazione della vita reale in cui si instaurano delle relazioni, ci aiuta ancora una volta quanto abbiamo appreso dai nostri studi di Psicologia Sistemica 75, che è sempre quella che ci ha fatto conoscere il feedback. - Dal tipo di impostazione fisica e/o personale, fra individui, si possono determinare due tipi di relazione. - Questo in sintesi è quanto dichiara con assoluta certezza il quinto assioma della comunicazione, stabilendo che le relazioni possono essere Simmetriche o Asimmetriche 76. Tranquilli, si tratta di termini presi a prestito dalla geometria; infatti, loro piuttosto che assegnargli un altro dei loro nomi, quegli straordinari psicologi adottarono un termine che oltre ad essere facilmente recuperato dalla memoria, contenesse al tempo stesso un cenno di spiegazione intrinseca. La stessa tecnica che si usa per i segnali stradali, dove da un simbolo si evince di cosa si tratta anche senza necessariamente aver fatto la scuola guida, e si riscontra infatti che esso è abbastanza comprensibile e memorizzabile da chiunque. Per simmetrico si intende quindi, due figure simili, o paritetiche, o sullo stesso piano... come ad esempio le ali della farfalla che sembrano uguali e speculari oltre ad essere sullo stesso asse, per rappresentare quel tipo di relazione che loro andavano ad utilizzare con simmetrico, per tutte quelle relazioni dove le persone si relazionano sullo stesso piano, cioè quelle che si instaurano fra colleghi, conoscenti, amici, parenti...
139 Mentre la relazione diventa asimmetrica quando due persone o più persone, si trovano, in modo fisico o figurato, su livelli diversi, dove uno sta sopra e gli altri stanno ai piani inferiori; e il primo, come spesso succede, è il soggetto che ha un'autorità, o un grado, o un ruolo superiore... Come nel caso quindi, di un titolare e i dipendenti, ma anche di un vigile sull'automobilista, di un comandante su un soldato, di un infermiere su un paziente, così come un professore quando prende le distanze dall'alunno, con o senza forma, per ottenere il rispetto. Nella lingua italiana, a marcare ulteriormente questa asimmetria, ed è interessante notare, se non chiedersi perché sia ancora molto radicata, sappiamo essere molto usato il pronome in terza persona; il Lei, che nella forma scritta, specie in una lettera ufficiale, deve essere pure "maiuscolato", e in un tempo non molto lontano si usava addirittura il "Voi", anche con le persone più autorevoli in famiglia che erano i nonni. Ricordo che quello burbero da parte di mia madre pretendeva la terza persona intimandolo con molta severità, ma con scarso risultato. Fin qui dunque acqua tiepida sul fronte sistemico relazionale, salvo un dettaglio non certo trascurabile, che ha poco o nulla a che fare con il doveroso rispetto, che veniva anche questo riportato nel nostro libro. Gli psicologi di Palo Alto, nello scavare più in profondità nelle dinamiche delle relazioni, constatarono degli aspetti molto importanti, ovvero compresero perché una relazione asimmetrica può diventare la causa di gravi conseguenze alla salute psichica dell'individuo, provocando gravi disturbi se il soggetto è giovane o provato psicologicamente. Essi dimostrarono che questo tipo di relazione può infatti provocare frustrazione nel soggetto subalterno, se interviene l'atteggiamento di
140 disconferma, e questa diventa ancora più dannosa quando si verifica una situazione definita: di doppio legame 77. Quest'ultima si manifesta quando un soggetto è, o si sente, totalmente dipendente dall'altro, ovvero se la sua sopravvivenza o la qualità del suo futuro, dipende da chi ha questo potere, o questo controllo su di lui. Tale assoggettamento, se viene praticato arbitrariamente, comporta nel soggetto dipendente un grave stato di mortificazione che con il passare del tempo, e in funzione alla gravità con cui viene praticato o vissuto, comporta quindi oltre a dei gravi disturbi alla personalità, anche la schizofrenia 78. "Something sound good there?" "Capite bene", come invece gli piaceva usare con due toni gravi e un acciglio, la prossima prof di diritto, che Socrate tenendo le sue lezioni all'aperto, dove il libro era la realtà circostante, seduti sull’erba o su dei massi, formando un cerchio, come ci si trova con degli amici in spiaggia o in montagna, non comportava di queste problematiche; e dubito che qualche giovane gli mancasse di rispetto, mentre di qualche uscita ardita ne avrebbe colto la radice buona per piantarla nel terreno più idoneo.
141 3.3 Gli erogatori di nozioni Dopo il breve periodo iniziale di incertezza si passò a pieno regime con 6 ore per sera, vale a dire che si entrava alle 18:30 o 18:45, a seconda dell'Istituto, e si usciva non prima delle 23:30 o 23:45; tutti gli insegnanti però concedevano quei dieci minuti di tolleranza iniziali e spesso procedevano all'appello quando avevano riscontrato una certo riempimento dei banchi senza obbiettare nulla ai ritardatari. Tale elasticità era probabilmente determinata dalla consapevolezza della particolarità dell'orario, che si presentava dopo una giornata che si supponeva essere di lavoro, o quanto meno impegnativa per chi ha una famiglia. La nostra campanella infatti, dava il via ad una gravosa attività in una fascia oraria che in genere le persone con delle responsabilità sulle spalle, sentono il bisogno di rilassarsi, e invece dovevano fare i conti con una mole incredibile di nozioni, in particolare con l'insegnante di Igiene che per spiegare soltanto il titolo, quando ci presentò la sua materia, utilizzò entrambe le sue prime due ore, avvalendosi di una presentazione composta di quindici slide dove la prima titolava: "La disciplina che noi studiamo si chiama: IGIENE, ANATOMIA, FISIOLOGIA e PATOLOGIA del corpo umano". Titolo che metteva subito in chiaro, per chi si era fatto l'idea che l'igiene, con magari toh! anche la prevenzione, fosse se non l'unico argomento, quello quantomeno più pertinente per la nostra modestissima ed umile figura che si trova al livello più basso, che non è un livello, di quel gigantesco organigramma nella sanità,
142 mentre quel termine voleva essere evidentemente un'abbreviazione, seppur strana, tanto che quando più di qualcuno mi chiedeva: “Ma che materie studiate!? ” Con la faccia di chi si meraviglia, come se fra non molto anche un manovale dovrà farsi un diploma. “ igiene “ “ Ah, ho capito, ovvio “ “ no non hai capito, non si tratta di quella igiene “ e via dieci minuti a cercare di spiegare quella infinità in dialetto. “ quindi voi non studiavate proprio quell’argomento, pur essendo quello che farete “ “ beh, in realtà non lo può fare, perché si devono fare due corsi a parte” “ Che vengono chiamati Igiene “ “ no, vengono chiamati corsi di specializzazione e pratica “ “ Di igiene” “ no “ “ di cosa ? “ “ di ciò che è ovvio ma che non va detto” “ Però studiavate igiene che non era igiene “ “ aspetta, ora mi ricordo che ci fu un momento in cui la prof. ci informò, con una certa severità, di chi lo ha appurato di persona, che per lavare le mutande è necessario usare il detersivo da piatti “ “ Il detersivo per i piatti? “ “ sì, però per spiegartelo dovrei avere il proiettore, e pure un paio d’ore :-D “ Dopo quattro slide infatti, si era già inteso che l'igiene non c'entrava per nulla con quanto andava a prospettare quell'insegnante, la quale, con la naturalezza di un informatore scientifico, il quale usa quei termini anche per condire la pasta, che peraltro lei ci informò di aver esercitato per anni, iniziò a spiattellare tutta una serie di termini incomprensibili, che per comprendere il secondo, bisognava aver inteso il primo, e per il terzo, i primi due.
143 Questo succedeva con le prime slide, dove ancora c'era del testo in un italiano comprensibile, poi con le successive, passava ad un altro argomento, dove il testo esplicativo era sparito, e i termini circondavano delle figure del corpo umano, quest'ultimo disegnato in tutti i suoi strati, sezioni e prospettive, ponendo l'attenzione su particolari a malapena visibili con un microscopio atomico, ai quali erano stati attribuiti i nomi dei ricercatori che li avevano individuati, che non erano i discepoli dei nostri geni fondatori della scienza, ma stranamente, degli anglosassoni. Ci si doveva fare una ragione che quel lume, che per secoli da Atene si era spostato a Firenze, ad un certo punto aveva deciso di emigrare. Non c'è alcun dubbio che questo vezzo, non certo dei nostri sommi padri, questo auto-riconoscimento ai posteri, di perpetua, odiosa memoria, (pensate se il nostro Leonardo avesse dato un nome di figli, parenti, amici e nemici, a ogni organulo di ciò che scopriva nel corpo umano) comporta per i comuni mortali una più difficile memorizzazione in quanto il nostro cervello ha un suo criterio di memorizzazione. Senza essere degli esperti di Marketing tutti conoscono la nostra particolarità di ricordare dei nomi corti e facili con un significato intrinseco. Questo mi è stato confermato nel mondo in cui operavo, dove ho avuto modo di riscontrare il particolare studio che veniva adottato per attribuire un nome ad un prodotto, perché doveva essere facilmente memorizzato dal cliente, ovvero si applicava il concetto opposto. Erano i diretti interessati, coloro che avevano bisogno di vendere a far sì che il nome fosse facilmente memorizzato, e a questo scopo investivano cifre considerevoli. E così mi trovavo a dover usare tutta la mia motivazione contro la noia, la stanchezza e la sonnolenza, che procuravano quelle lezioni, su argomenti che mi avrebbero dovuto interessare, in quanto conoscere i misteri e le dinamiche di qualsiasi fenomeno mi hanno sempre affascinato, così come lo è suppongo per molti.
144 Eppure l'insegnante si avvaleva della proiezione di tabelle con anche delle foto o disegni, non stando neppure seduta dietro la scrivania, perché dunque tutto questo grande impegno non destava la nostra partecipazione ed interesse? In realtà ci eravamo resi conto che quando sentivamo giusto la punta di uno stimolo a partecipare, e si provava a formulare, con la dovuta attenzione al termine esatto, delle domande per un chiarimento anche per spezzare quel monologo atonico 79; per lei invece era un'occasione di implementare con altro di ancora più complesso, dimostrando quella che era, se ancora non fosse stato evidente, una grande biblioteca su due gambe immobili, che lei ci elargiva quel prezioso contenuto, senza consultare alcunché salvo una repentina occhiata al soffitto. Quelle sue compassate performance facevano un certo effetto al mio compagno, per via di quelle due fessure in cui si distingueva un'iride rara, marcate da una matita fluorescente che ne quadruplicava l'effetto, che ovviamente non voleva essere certo di seduzione. Ed era lui, che come vedremo, aveva un certo occhio ad individuare le peculiarità in ogni persona, e mi faceva notare che quando la sua testa entrava dentro il fascio di luce del proiettore, che in quell'Istituto stava sopra la scrivania, la sua espressione diventava davvero inquietante e ci si chiedeva per quale motivo questa particolarità si verificasse soltanto con lei, mentre a noi comuni mortali avrebbe procurato un danno alla retina. Perché sono dei fari allo xeno, diceva ridendo sommessamente il compagno, che erano costantemente puntati sui nostri quaderni sopra i banchi, assumendo uno sguardo severo e accigliato, dovuto alla sua postura per un'ipotetica scorretta curvatura del rachide 80, così come l'avrebbe definita lei stessa. Qualcosa di simile era presente anche in mio padre che lui attribuiva al suo incessante massacrante lavoro che lo privò anche dell'adolescenza e che lo tenne costantemente piegato verso il basso, per far uscire da quella terribile condizione, a soli dodici anni, la sua famiglia, con un padre invalido allettato a causa
145 del congelamento delle gambe procuratosi come artigliere in Russia, senza nessun sostentamento; fu così che gli si attaccò indelebile dentro, quel forte risentimento che fa scaturire la fame. Chissà se il motivo per cui lui adorava il film Via col Vento, era per quella scena dove la Rossella O'Hara cercando disperatamente qualcosa da mangiare dice: "Lo giuro davanti a Dio... non soffrirò mai più la fame!", e così fu anche per lui. Ma " il vecchio", come ultimamente lo chiamavano in terza persona i miei fratelli, teneva il capo più che alto a causa di quel carattere che voleva dar forma non soltanto all'acciaio, avendo fatto anche quello nella sua vita; mentre la fronte abbassata della nostra generosa erogatrice, con la postura piegata, sappiamo che comporta uno sguardo scrutatore ed interrogativo in ciò che per lei era indubbiamente la sua aspettativa: il prendere appunti, cosa peraltro complicata. Era effettivamente difficile trascrivere esattamente tutto quel che lei incessantemente ci riversava per aria, ed era impossibile organizzare quelle informazioni in uno schema concettuale, comprensibile successivamente, che comunque ai miei tempi non era un elemento di studio. Il prendere nota era sempre stato considerato uno strumento a supporto, di appendice, come lo sono le foto e gli esempi per ciò che in genere si trova spiegato esaustivamente, in modo prevalente, dentro un libro; dando la possibilità, ai comuni mortali di leggere e rileggere, salvo non essere un genio come il nostro eccellente, stando a quanto andranno a certificare gli insegnanti, il quale non ha avuto assolutamente bisogno di quello, che fino a prova contraria, è l'elemento irrinunciabile per lo studio. Quando quei fari finalmente si voltavano verso la scrivania, con pur sempre le parabole orientate dietro, ci si guardava con i compagni limitrofi e si conveniva, con un eloquente linguaggio non verbale,
146 per quella "Magnifica desolazione", come si espresse Buzz Aldrin, l'uomo del subito dopo il "Primo grande passo dell'umanità", del compagno Armstrong più famoso, che per primo imprimerà indelebile il suo calco su quel talco lunare, in quel trampolino per l'universo. Nel giro di venti minuti si sintetizzavano due nuove espressioni storiche, due concetti straordinari, guarda caso, non da illustrissimi filosofi, seppur eccezionali coraggiosi piloti, ma due uomini di cultura media in una condizione straordinaria. La nostra attempata e tranquilla fionda per il nostro splendido futuro invece, non ci induceva nessun entusiasmo e il nostro impegno si andava via via ad esaurire, e ad un certo punto la mente si rifiutava di ascoltare, con la mano che stremava sfinita. Qualcuno fra di noi affermava che era stata una disgraziata idea programmare quella materia nelle ultime due ore della serata, e qualcun altro ironizzava che averle avute prima avrebbero appesantito anche le altre, e qualcun altro ancora sdrammatizzava con: tuttavia ci preparavano a quello che avevamo bisogno subito dopo. La compagna ±45, notando quell'attimo che sembrava proprio la fine, prese coraggio e col timore di veder comparire altre slide, timore che era quello reverenziale, che funziona sempre, quello che qualcuno di loro esprimeva con quel rozzo volgare: "leccare". Cioè la lingua sciolta della vecchina Celestina del Melibeo, che un tempo metteva Signore, poi ha imparato anche a mettere Dottore, davanti a ciò che doveva chiedere ad uno importante; la nostra compagna fece uscire da dentro le spalle: "Quale libro ci consilia Professoresssa". E lei, nell'andare a regolare il registro sulla tacca più bassa, nel sembrar sorpresa ma pronta e benevola, come quando alla locandiera Celestina l'ultima amica chiede "gheto sentìo chi che ze mancà!?
147 Pierin!" e la Celeste giungendo le mani al petto, con un esile cenno del capo piegato su una spalla e una puntata al cielo: "Ah poarin, cossa che me dispiase " da lei fuoriuscì con uno sguardo affranto rassegnato che puntò dove era sepolto: "Mi dispiace, non esiste un libro", e i nostri occhi seguirono quell’auspicio nel suo lento rovinar a terra, dove spirò anche la più forte speranza. Tale richiesta partiva dal fatto che ci eravamo resi conto che il mattino seguente, dopo aver inspirato una grande boccata di coraggio e pure un'altra di motivazione per aprire il suo file, che si trovava già bello e pronto nella nostra casella mail, era già diventato incomprensibile, con quei termini che un cervello normale si rifiuta di assorbire. Ciò comportava che si doveva, ma non tutti avevano tutto quel tempo, smanettare in Internet per cercare di trovare dei video che spiegassero quell'argomento, e nonostante quell'infinita abbondanza, anche il Grande G. difficilmente trovava qualcosa espresso nello stesso modo che lo aveva presentato lei. Ed infatti, con la prima verifica si constatò quello che sarebbe stato il suo scrupolo nella valutazione, dove ci vedemmo assegnare dei voti che erano in funzione alla puntualità e precisione per quanto e per come lei si era espressa. Ma c'erano altri elementi che complicavano ulteriormente l'apprendimento, ovvero l'efficacia di quel poco che veniva recepito in aula. Non si tratta di un appunto nei confronti degli insegnanti ma di quanto è noto agli esperti di comunicazione, ovvero quale può essere la quantità di informazioni che una persona recepisce in una situazione passiva. Ed i professionisti, conoscendo molto bene l'argomento e consapevoli dello scarso risultato dei metodi improvvisati, hanno studiato delle modalità per ottenere la necessaria attenzione 81.
148 Questo lo appresi nei corsi che partecipai in Europa ed oltre oceano, che i formatori statunitensi chiamavano "University", dove fu un concetto che mi folgorò in modo particolare, che venne espresso così: "Il visitatore ci concede 3 secondi, e in quei pochi istanti devi averlo catturato; se no, lui va oltre e il vostro cliente ha vanificato un investimento importante". Questo voleva dire che la nostra attività non si doveva limitare a vendere un qualcosa ma bensì assumersi la responsabilità dei risultati del cliente. Subito dopo infatti, spiegavano cosa era necessario conoscere per realizzare una efficace scenografia che fermasse il visitatore e come doveva essere strutturata. Ma questo era soltanto per i primi tre secondi, poi era necessario conoscere anche le tecniche per costruire in una efficace relazione, per permettere di instaurare i presupposti di una trattativa proficua con il visitatore. Ecco che quei tre secondi, diventando indispensabili, mi spiegarono quanto può essere delicata, difficile e sfuggente la mente umana ad essere coinvolta se manca la professionalità, e in seguito iniziai a notare gli accorgimenti che venivano utilizzati, da tutte le modalità cosiddette di comunicazione, per riuscire a fermare lo spettatore sui propri tre secondi. Strategie però, che non vedevo applicare dentro quelle mura, ma chiunque avrebbe avuto questa chiara evidenza confrontando una puntata di Quark o di Ulisse, con una lezione di Igiene o di altre materie dei nostri insegnanti. "Perché come si dovrebbero chiamare secondo te?!" "scusa dove ti trovi?" "Cosiddette di comunicazione" "ci sono. nel mio navigare sono incappato su quanto affermava un certo Danilo Dolci negli anni '50" "Mai sentito nominare" "infatti, neppure io, ma devi pensare che già allora lui aveva compreso che i media non comunicano, ma trasmettono!" "Continuo a non capire, dove vedi la differenza?" "dai! non ti ricordi il terzo assioma della comunicazione?" "Guarda che io sto leggendo e non studiando!"
149 "sì, è vero, comunque dice che la comunicazione è circolare, non lineare. cioè la comunicazione è uno scambio: un botta e risposta, che si attiva con una relazione fra due o più soggetti" "Quindi di cosa si tratta? Non capisco dove sta il problema?" "tranquilla, anche a me era sfuggito, ma l'anomalia è facile da comprendere, perché con un televisore, una radio, un cartellone, un manifesto, una locandina, un libro... non si instaura una comunicazione circolare, ma soltanto mono direzionale" "Quindi anche gli insegnanti non sono dei comunicatori" "infatti, sono spesso anche loro dei trasmettitori. e questo Danilo voleva cambiare il metodo didattico, introducendo, pensa un po’: la Maieutica!" "Ma dai!" "ha costruito persino delle scuole per i bambini in Sicilia! Con tanto di insegnanti!" "Non ci posso credere, con quali soldi?!" "era un personaggio molto noto all'estero per la sua attività umanistica, e ha ricevuto numerosi premi e contributi, dalla Svezia, dalla Germania, persino dalla Russia! Milioni di lire, che lui spendeva tutti per i suoi bambini!" "Incredibile ! Mai sentito parlare" "cercalo su Google, c'è anche un video dove è lui stesso che spiega ai bambini la differenza fra trasmettere e comunicare" In ciò che viene professionalmente presentato, in quello che non è più da diverso tempo il piccolo schermo, l'efficacia dipende da delle figure specializzate che hanno ben chiaro, che devono essere loro a suscitare interesse, tenendo conto dei tempi dell'interlocutore, variando continuamente le modalità descrittive su degli argomenti, i quali devono basarsi su delle nozioni che devono essere: certificate, condivise, inoppugnabili e di ultima stampa. Mentre noi ci trovavamo nella condizione di essere in balia di qualcosa di arbitrario, come è normale che accada quando si lascia l'assoluta discrezionalità ad una persona, che ha disposizione: il chi, il cosa, il come, il quando, e pure il perché. La quale figura, si porta dietro tante diverse spiegazioni di altre generazioni di insegnanti, dove lo stesso argomento è stato presentato in modo sempre diverso, perché è una caratteristica dell'uomo metterci del proprio, ed è normale che diventi quello con il quale ci si trova meglio, in definitiva il concetto personale; andando a mettere in discussione il principio su cui si basa la scienza.
150 Fu per me significativo infatti ascoltare la raccomandazione, sottolineata con una certa preoccupazione, da parte di un'insegnante, mentre ci consegnava fisicamente la presentazione che lei stessa aveva preparato, che questa non doveva essere veicolata fuori da quell'ambiente. Il rigore non può essere soltanto per ciò che si fa riferimento, nel senso che oltre al termine o definizione esatta deve esserci la medesima modalità di esporlo e di spiegarlo. Invece questo valore, nella sua accezione marziale, si ha, più che la sensazione, la certezza che venga usato sul modo di esercitare quell'attività, per dar così maggiore importanza a ciò che viene espresso. In altri termini, c'è una certa differenza fra il convincere qualcuno per autorità con l'implicito “perché lo dico io” anziché convincere argomentando, e non a caso Einstein disse: "se non sai spiegare in modo semplice significa che non lo hai compreso abbastanza bene". Peraltro nella scuola che dovrebbe essere, dopo più di un secolo di attività, la sede più illuminata e stracolma di esperienza, su ogni aspetto dell'arte di insegnare, che già per gli antichi latini era imprimere un segno, non si tiene per nulla in considerazione di un'altra particolarità della psiche umana che è la resistenza all'apprendimento. Una difesa, un filtro naturale, istintivo, con il quale, detto in modo semplice, essa si irrigidisce per tutelarci, per non fagocitare di tutto, andando a fare invece, una cernita, una selezione. Infatti una delle condizioni necessarie, che quei formatori oltre oceano caldeggiavano, per superare questo ostacolo è ispirare fiducia, che è noto a tutti, che per ottenerla è necessaria la massima competenza, credibilità e coerenza. E' riconoscendo queste prerogative nell'altro che una persona si rende più disponibile, anche istintivamente, ad aprire la propria mente per accettare
151 l'insegnamento, e al tempo stesso restituisce apprezzamento e rispetto. Noi del serale però, dovevamo tenere testa a tanto altro su un altro fronte. Quando si rientrava a casa, pur essendo esausti, era necessario riempire un altro organo, possibilmente senza l'imbuto, in quanto non era affatto una buona idea farlo prima di recarsi a scuola, ammesso ci fosse stato il tempo, e che la cena fosse stata pure già pronta. Come è noto, dopo un pasto, soprattutto se si sta seduti, arriva la sonnolenza e quindi dovendo rinunciare, ci si premuniva: chi dei carboidrati, chi dei dolci, chi della frutta, chi delle bevande zuccherate, chi dell'acqua col marchio... e qualcuno teneva la sua scorta ben in vista sopra il banco. Tuttavia, se non si aveva la possibilità di passare per casa, tanti di quei prodotti, con anche altri caldi o freddi, erano disponibili nei numerosi distributori automatici, per nulla economici. Questo lo conoscevo perché ai miei tempi, i primi distributori di cioccolata calda, che versavano il medesimo liquido bollente nel medesimo bicchiere di plastica, chiedevano cinquanta lire, mentre oggi è necessario introdurre più di trentacinque centesimi che tutti credo abbiano presente che corrispondono a seicento lire, ovvero un incremento dodici volte superiore, e non mi risulta sia stato l'aumento del costo del cacao a determinarlo. Idem per un caffè, che i grandi di allora appoggiavano sul banco del bar cento lire, per la medesima tazzina di oggi, mentre noi quelle ambite grosse monete le inserivamo per una partita nel flipper, fate voi il calcolo di quanto è incrementato il costo per un paio di sorsi del medesimo energetico aroma o per lanciare cinque sfere di acciaio.
152 Tali marchingegni automatici, ormai presenti ovunque, oggi sono dotati di decine di pulsanti, e nella nostra scuola diventavano il punto di ritrovo durante le due pause della serata, ma che per una scelta forse infelice o forse volontaria, nel nostro Istituto erano adiacenti ai bagni, location non certo ideale per soffermarsi a gustare una bevanda. Ma non notai mai nessuno chiudere la porta lì adiacente, da dove fuoriuscivano le naturali esalazioni, mentre le macchinette erano molto gettonate oltre che essere strattonate e prese a calci, senza che queste si scomponessero. Difatti veniva da pensare che il loro costo fosse in realtà la parcella per la loro funzione terapeutica, un terapeuta molto più efficace del classico barista che può al massimo starti ad ascoltare e non ti sogni di insultarlo perché il caffè era acqua o gli sferri un pugno, o uno spintone con anche spallate e calci se non consegna quanto è stato pagato: e qualcuno riusciva ad ottenerlo. Una volta rientrati dentro le mura di casa, dove dominava il silenzio da qualche ora, che giustamente bisognava rispettare, con ovviamente la stufa che si era spenta, ci si portava cautamente dove se non altro le gambe trovavano compagnia sotto la tavola, e ci si nutriva con ciò che era rimasto sotto i coperchi, spesso freddo e scarso di quello che era stato più buono, perché sono i figli che hanno bisogno di crescere, anche se si fossero piegati per entrare dalla porta. Dopo di che era necessario restare svegli per almeno un'altra ora, per far sciogliere il bolo, come lo specificò la prof., quel tanto da permetterti di coricarti, sperando di non svegliarti col rigurgito, come spesso accadeva con nessuno che ti batteva sulla schiena, e ovviamente, la sveglia era la stessa che fa destare il mondo per il lavoro o per i figli. Ma il peggior nemico di tutta quella fatica, quello che provvedeva a formattare la mente di quel poco ch'era rimasto inciso: era il dormirci sopra.
153 Non è certo un caso che nella scuola ordinaria le lezioni si svolgono al mattino e i suoi giovani atleti per quella specialità, si cimentano con la mente riposata, con a disposizione l'intera giornata per metabolizzare; ecco che il ripassare diventa oltre che possibile, efficace. E invece ben presto ci rendemmo conto che quasi tutti gli insegnanti erano a loro modo esigenti e molto produttivi, assumendo l'atteggiamento: 'Hai voluto la bicicletta? Adesso pedala!'. Giustificando il grande carico di nozioni, con il fatto che stavamo concentrando il programma di due anni in uno, con il tono che anche un bambino comprende che due è il doppio di uno. 3.4 Il mio primo Consiglio di Classe Ma a parte le strette di mano che nella scuola non si trovano neppure sotto il banco, forse perché non c'è più traccia di quel ripiano sottostante dove sistemare le proprie cose, in quell'aula, non ci volle un mese per cominciare invece ad ascoltare i sentiti malumori da parte dei compagni, in particolare da chi mi era più vicino che affermava di essere impegnato col lavoro per tutte le ore dopo il suo buongiorno, che spesso era all'alba se non prima, e mi rendeva così conto, che erano necessarie altre ore di studio oltre il tempo lasciato a scuola, per tentare di memorizzare quelle dispense zeppe di termini scientifici, chiudendo la giornata con: “ Dove le trovo? “
154 Venne quindi per loro, l'atteso giorno dell'assemblea di classe durante la quale si sarebbero dovuti eleggere tre rappresentanti, mentre per me era tutta una novità. Non l'avevo mai vissuta e non conoscevo affatto come doveva essere organizzata, così come appresi molto più tardi, che le dichiarazioni espresse avrebbero dovuto essere verbalizzate. Non fu quindi un caso che il compagno di fianco 43, che mostrava sul petto, con orgoglio e fervida devozione una vistosa croce †, giustamente di legno, pronto anche a combattere a spada tratta, per tutto ciò che essa rappresentava, fu il primo del trio, che vedendo che si stavano candidando due ventenni mi invitò, seguito dallo sguardo perplesso del 41 che stava di fronte, invece abbottonato, dai polsi fin sopra il pomo con i villosi che spuntavano rigogliosi comunque e ovunque, confermando anche lui con un cenno che era necessario che ci fosse un rappresentante di quelli nati nel Novecento. Dopo averci riflettuto tre attimi, convenni col primo sull'occorrenza della voce di uno degli anta, e col secondo mi resi conto che ero l'unico di quel partito che poteva avere una certa disponibilità nell'orario per gli incontri con gli insegnanti che si tenevano durante il giorno, e quindi con lo scoccare del terzo attimo, avvertendo la responsabilità che i due compagni mi avevano fatto carico mi rivolsi alla classe con: "Mi è stato chiesto di candidarmi ma sappiate che se sarò eletto lo farò seriamente". In quel poco tempo che rimaneva dopo le elezioni, da dietro la scrivania insieme ai colleghi rappresentanti Ω20 e h23, spiegai che avrei fatto mie le forti difficoltà che erano emerse di quella parte di colleghi con la problematica del lavoro e del poco tempo per studiare, per ottenere dagli insegnanti una soluzione diversa. Soltanto la collega 49√, pur lavorando ufficialmente mezza giornata e ufficiosamente le altre ore del giorno e della sera, con quanto una moglie oltre che una madre ha da fare, si dimostrò poco convinta
155 rispetto a quella linea politica, perché si doveva essere consapevoli che avevamo chiesto noi quella bicicletta. L'incontro con i professori si concretizzò di lì a pochi giorni e mentre mi avviavo in direzione del nostro Istituto, mi contattò il collega Omega per informarmi che l'altro incaricato non avrebbe partecipato a causa del lavoro che lo teneva impegnato fino alle 18, e prima che potessi comprendere quella stranezza, aggiunse qualcosa di più importante ed urgente, ovvero che l'organo collegiale non si era riunito presso il nostro Istituto, ma bensì nell'altro. Consapevole che non era proprio dietro l'angolo ma in un'altra località, non proprio a portata di gambe, e dopo che ebbi avuto conferma, come già avevo notato precedentemente, che il collega non era auto munito, passai a prelevarlo, dando un'occhiata all'attempata seduta per aver conferma se avesse retto. Durante il tragitto mandai giù con una battuta senza lamentarmi, quella porzione di pasticcio freddo farcito con scarsa comunicazione, che in realtà non ci procurò un ritardo, anzi ci trovammo comodi dieci minuti seduti nell'atrio ad attendere, dandoci modo di rilassarci dalla corsa fatta anche a piedi dall'ultimo posto auto trovato libero in fondo al parcheggio. Quando si aprì la porta che puntavamo, uscì qualcuno che dopo averci cercato con gli occhi, ci invitò con un prego ad entrare, e andammo ad occupare i due posti liberi alla destra della dirigente, la quale reggeva quell'improvvisato tavolo delle riunioni, formato da tutti i banchetti accostati fra di loro, coperti di carte e fascicoli, che ospitavano anche le gambe dei nostri insegnanti; e in quello alla sua testa, stava appunto sicura e decisa la Dirigente, posizione che lei utilizzava per avere la visuale di tutte quelle che sembravano delle scolarette per come erano dritte e sull'attenti. Quella prima impressione mi spiegò il perché lei aveva immediatamente risolto il problema che gli avevo mandato a dire,
156 cioè che la classe che ci avevano assegnato in un primo momento, nel suo istituto, era stretta rispetto al numero elevato di studenti composto da tre diverse classi . Era questa donna dunque, dentro un classico del secolo scorso, dal viso familiare, più tardi gli collegherò una certa somiglianza con la Merini 82, che con un fiero sonoro accento emiliano teneva ben salde le redini di quelle discussioni, che aveva la responsabilità dell'Istituto il quale ci ospitava due sere a settimana in quella classe così bizzarra, per quanto erano diversi gli studenti, i quali mantenevano integra la loro diversità prendendo posto in tre distinte aree. Questo era ampiamente permesso dalla capacità dell'aula, che era anche dotata di una Lim, per mezzo della quale gli insegnanti, oltre ad usarla come supporto didattico, gestivano le informazioni degli alunni; ma non appurai perché dovevano usare anche i tradizionali registri per segnare le presenze con l'inchiostro. Quella moderna lavagna non era proprio una novità, l'avevo già utilizzata in mio supporto, circa due anni prima, in occasione di una iniziativa della Scuola dei miei figli, che aveva chiesto la partecipazione dei genitori, per presentare ai ragazzi nella classe dell'ultimo anno, degli aspetti a loro utili per conoscere la variegata realtà che avrebbero affrontato, con la loro licenza in mano. Per tale occasione pensai di realizzare una presentazione, per la quale serviva appunto un video proiettore, dove nello spiegare una parte della mia attività, rendevo noto a quei ragazzi che avevo seguito fin dall'asilo, i condizionamenti subliminali della pubblicità, in particolare delle sigarette e dell'alcol, che ancora oggi sono così potenti da far associare quello che è sostanzialmente veleno, con qualcosa di positivo, in realtà è noto che si tratta di surrogati compensativi a diverse carenze necessità.
157 Ed infatti, ciò che mi convinse a consegnare il mio contributo, e che mi fece individuare l'argomento da presentare e quindi avere un argomento da proporre al loro preside, promotore di quella iniziativa, fu l'aver notato una nuova compagna di classe di mio figlio, che frequentava per la seconda volta la terza media, fumare convinta di fronte all'ingresso della scuola. Di quella attività, purtroppo, non ebbi un riscontro oltre ai silenziosi assensi della loro insegnante che era rimasta in disparte ad ascoltare, cioè non mi pervenne ciò che avrebbe dovuto essere stilato dagli studenti, secondo quanto mi era stato spiegato, per esprimere le loro impressioni ma ho motivo di credere che a qualcosina sia servito. Mentre nella nostra moderna aula non si poteva non notare come quell'ardesia tecnologica costringesse l'insegnante ad uscire dalla scrivania, per farla andare nella postazione ad essa adiacente dove era collocato il computer, con il quale lei comandava quel grande schermo interattivo. Quella tecnologica lavagna infatti, era installata sulla parete a fianco della scrivania, e non dietro ad essa come nell'altra nostra classe, che quando si abbassava, in quel caso il telo per la proiezione, l’andava a coprire impedendone l'uso in simultanea. Cosa che invece l'insegnante in quella moderna aula poteva fare, in quanto la classica lavagna era fissata alla stessa parete sulla parte opposta, cioè alla sinistra della scrivania. E per chi stava in prima fila, a tre passi da quella evidentemente ancora utile, e immancabile antica ardesia, che sta ancora incorniciata dentro da almeno cent'anni ad un'umile legno, poteva capitargli il privilegio di qualche discreto spettacolo. Era il mio compagno di banco, che quando vedeva che si stava aprendo un sipario, orientava la penna a mo' di puntatore sull'ignaro obbiettivo, pur rimanendo impassibile. Era il suo superfluo segnale
158 che la più superba delle insegnanti aveva piegato le sue leve, senza sforzo da sembrare naturalezza, per scrivere fin sotto all'ultimo spazio, offrendo una prospettiva ancora migliore di quel suo dono sigillato perfettamente, che la natura concede raramente. Un mistero che gli scultori già nell'antica Grecia, ne immortalarono la forma, da cui credo si coniò: "come il marmo"'. Ma il compagno si perse di questa insegnante, a causa dei suoi consueti ritardi, un'altra performance. Lei l'aveva annunciato infatti, che la volta successiva avrebbe presentato: le Ellissi e le Iperbole, sottolineandolo con un rarissimo sorriso, come se si trattasse dell'argomento più bello e ambito del programma. Quella sera però arrivai leggermente in ritardo, e nell'aprire la porta con discrezione, vidi che nell'aula si era già avviata una presentazione professionale, con la platea che era avvolta soltanto dall'ultima, calda discreta soffusa, luce di quel giorno. Lei stava tenendo quella lezione in modo completamente diverso rispetto a quanto aveva fatto in precedenza, sia perché non aveva mai utilizzato quella modalità, sia rispetto a quanto si era visto fare dagli altri professori. In quel momento stava in piedi in fondo alla classe, offrendo alla vista il suo fianco, e con una penna che usava come puntatore, raccoglieva le parole dalla bocca e le lanciava precise sullo schermo; e mentre i suoi occhi mi accompagnavano severi verso la mia posizione, ritenni di abbassarmi e di non aprire neppure la cartella, per non disturbare quello che riconobbi essere qualcosa di speciale. Mano a mano che procedeva con l’esibizione, si spostava leggera, come di chi ha fatto danza, da un corridoio all'altro, avvicinandosi alla Lim, di volta in volta, soltanto per cambiare delle slide di qualità; e con l'ultima, quando in genere arriva il clou dello spettacolo, si andò a posizionare sul fianco sinistro della scrivania, poggiandovi sopra la parte alta di una sua leva e piantando l'altra sul
159 pavimento, allungandosi e spingendo i suoi occhi verso la nostra parte, come per accertarsi, passando attraverso tutti i nostri, se stavamo comprendendo quel complicato argomento. Una performance d’effetto, che non avevo mai vissuto in modo così ravvicinato, che in genere fanno i professionisti, mi riferisco a quelle magnetiche figure che sanno come catturare l'attenzione, o come si suol dire, che sanno come tenere nel palmo della mano il loro pubblico. Per quanto riguarda invece la sostanza presentata, quella sera fu l'unica volta che vidi presentare un argomento di "matematica" dove veniva spiegata l'utilità di quelle complesse procedure con degli esempi concreti nel mondo reale delle costruzioni. Ma una volta spenta la Lim, si tornò ad applicare quelle formule per la soluzione di numerosi problemi astratti senza alcun riferimento della loro utilità o applicazione, e questa metodologia continuò anche l'anno seguente. Non ho alcuna difficoltà ad ammettere che se fossi stato sottoposto ad un test su quella materia, anche solo dopo un mese da una prova, non avrebbe avuto un esito positivo, in quanto la mia mente si andava immediatamente a sbarazzare di ciò che non riteneva utile. Più di qualche volta qualcuno aveva provato a chiedere, perché si stessero studiando degli argomenti così complicati, con quelle formule che usano gli ingegneri spaziali, mentre il nostro diploma, facevano presente, era per un'attività di aiuto centrato principalmente sul benessere e igiene personale del paziente. La risposta era che la matematica stimola l'elasticità mentale, mentre chiunque avrebbe riscontrato, che tale beneficio non vedeva i suoi effetti sulla maggioranza degli studenti; ooh, certo che c'erano dei soggetti che apprendevano quei giochetti analitici con una certa facilità, con dei risultati anche notevoli.
160 Ma anche l'arte o la pittura per esempio, o la musica, o la filosofia, sono materie stimolanti per la nostra materia grigia, perché dunque stimolare soltanto la capacità di calcolo che ricordo essere la prerogativa di un computer. Tornando dentro a quella moderna aula, vi avevano preso posto, con lo spazio per non stare come sardine, dentro dei banchi pure per adulti, gli studenti di tre indirizzi di studio diversi; c'erano infatti, oltre al nostro corso "le ragazze" di economia aziendale e i giovani di informatica fra i quali se ne distinguevano due, che come avrebbe puntualizzato la prof di diritto, erano ancora sprovvisti della capacità di agire 83. Gli insegnanti invece, che si sfioravano i gomiti attorno a quella cornice di banchi, iniziarono uno alla volta a dar noi conto della situazione, convenendo tutti sui risultati molto soddisfacenti della nostra classe, con qualche ottimo, e soltanto con alcuni c'era qualche lieve difficoltà, apprezzando però la nostra serietà e impegno. Risposi ai sorrisi che stavano di fronte, con uno altrettanto garbato, ringraziando dei complimenti, che mi permettevano di esprimere il mio messaggio senza entrare in polemica, che proseguì con "... il nostro impegno è determinato dal nostro senso di responsabilità in quanto siamo tutti adulti, però diversi di noi devono fare i conti con un lavoro impegnativo, e il carico di argomenti da studiare è così grande che alcune persone stanno considerando l'eventualità di rinunciare" e caricai leggermente il tono con: "e questo impegno, per quanto possa essere importante, non può andare a scapito del lavoro". Com'era prevedibile, in quelle espressioni, man mano che avevo formulato quei però, si era spento il sorriso ma non nell'unico insegnante del sesso opposto che sicuramente non si sentiva preso in
161 causa in quanto si era dimostrato fin troppo consapevole della nostra situazione. Qualcuna iniziò a pretendere: "A quali materie si riferisce?" ritenni di non cedere alla richiesta; per rispondere a quella subito dopo: "Quello è il programma, non possiamo certo tagliare degli argomenti", " non ho detto questo", un'altra dal fondo mi lanciò da dietro: "Voi siete preoccupati del voto, invece si deve guardare il risultato finale!", che afferrai al volo e rilanciai preciso: “il voto è il nostro panino, non si vive soltanto di un pranzo finale" Non si fece attendere la preside che tirò a sé tutte quelle redini e volgendosi lentamente a destra di due gradi, con un tono pacato ma deciso: "Guardi sig. rappresentante che non c'è ombra di dubbio che gli studenti oltre a partecipare con impegno alle lezioni, è necessario che ripassino a casa quanto è stato spiegato", le risposi fermo volgendomi a mia volta di tre gradi, : "se è questo, lo sottoscrivo subito signora Preside". Continuai, concludendo quell'intervento rivolgendomi a tutti: "non sta a noi esprimere cosa fare o non fare ma potete contare sulla nostra piena collaborazione per quanto ci vorrete proporre di efficace per apprendere, in quanto, essendo in quella classe tutti degli adulti, non facciamo giochetti" Dopo esserci congedati, accompagnai il mio collega dove lo avevo prelevato mentre per strada lui ebbe modo di esprimere quello che poi ripeté ai colleghi di lì a qualche ora, quando ci trovammo di nuovo in classe, come necessaria sintesi di resoconto all'avvio della lezione: "Un bell'intervento".
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163 3.5 Neanche il tempo di.. Quando comparvero le insegnanti, una dopo l’altra, nel prendere in mano le nostre flosce redini, con mio stupore andavano ad affrontare l'oggetto del mio intervento senza che avessi avuto modo di aggiornare i compagni. La prima, l'insegnante di diritto lo affrontò in modo tranquillo, gestendo la sua arringa per portarli a convenire, come si fa con una giuria, con ciò che si ascolta soltanto dagli sguardi, che non era la sua materia a metterli in difficoltà. Il mio, non confermava ne negava, anche se i suoi occhi vennero a bussare più volte, ma questa non era una novità. Quelle due coppie, si erano già conosciuti nell'ufficio del dirigente, dove mi ero recato una mattina di quel trascorso giugno, accompagnato da altri due professori; uno dei quali era stato, l'insegnante di Scienze Umane del propedeutico, il quale fu lui a darmi il consiglio di presentare il mio progetto al dirigente del nostro Istituto. Progetto che si destò dal cassetto, nel quale riposava da qualche anno, durante una sua lezione, di qualche mese prima, mentre stava ultimando di spiegare l'argomento: l'uomo si adatta all'ambiente, e io richiamai la sua attenzione sparando inavvertitamente una domanda semi-retorica: "allora se si cambia l'ambiente, si cambia l'uomo!?" "Sì, certo, ma a cosa ti riferisci?" Gli accennai sinteticamente che avevo messo a punto un progetto per realizzare un'Azienda Etica, e
164 che avevo compreso in quel momento che quel progetto portava al cambiamento sociale, facendo, come ha dimostrato Darwin, assumere alle persone un atteggiamento etico per conseguenza. "Interessante, mi spiegherai meglio di cosa si tratta". Dopo aver ottenuto il nome della sua chiocciolina, gli inviai la mattina seguente quanto avevo preparato ed inviato qualche anno prima al primo cittadino, che però dopo un primo vistoso interesse, non si fece più vivo per venire a prendere visione, come lui stesso aveva chiesto in un primo momento, e assicurato in una seconda occasione, il prototipo che avevo realizzato, ed installato nella nostra abitazione, che era diventata essa stessa un artefatto per quanti ne ho applicato. Già dall'esterno viene riconosciuta come una casa singolare per via della facciata, che ho rivestito con un tessuto bianco, dove ho riprodotto in scala e in tutta la sua superficie un'opera di Mondrian 84, per rappresentare qualcosa di implicito e qualcos'altro di evidente. “Perché di tessuto?” Mi veniva chiesto da dei forestieri che passeggiavano in quella mezza strada rubata alle campagna, e che si erano fermati con delle espressioni interrogative. Perché, rispondevo, permette di ricevere molto meglio della calce, i vividi colori di una tavolozza, facendo spiccare esattamente la filosofia di quel geniale Artista che per una manciata di giorni non ha vissuto il suo successo, lasciando un grande regalo al mondo della comunicazione. Ovviamente non potevo dilungarmi, e decisi, anche per altre chiacchere che erano arrivate anche al mio orecchio destro, di stampare un cartello, che appesi alla recinzione, dove erano spiegati, oltre i motivi di quella insolita opera, la genialità dell’artista che aveva inventato un altro modo di riprodurre la bellezza, utilizzando delle linee nere e dei quadrangoli colorati su un fondo
165 bianco, nel quale sono: l'ordine, le proporzioni e l'equilibrio a far scattare l'incanto. Fu interessante constatare, quando mi informai meglio su quell'artista eremita, che stava dietro una finestra in cima ad un grattacielo, che trasformò anche l’interno del suo appartamento in una perfetta opera d’arte, da diventare poi un museo, diversamente da ciò che supponevo, cioè che si trattasse di un riferimento astratto puramente geometrico, mentre secondo quanto spiegava nelle sue lettere, la sua fonte di ispirazione era anche per lui la realtà. Lo scrisse lui stesso infatti, ad un suo amico, spiegando che quello che aveva riprodotto lo aveva colto osservando dall'alto, quell'ordinato caos di Brooklyn. Nella mia invece, di lettera inviata via etere, raccontavo al simpatico professore, come era nata l'idea di realizzare un'Azienda Etica, la quale avrebbe dovuto essere il soggetto ideale per mettere in produzione un dispositivo, che avevo ideato e realizzato per recuperare l'enorme quantitativo di calore, e di fumo, che vedevo disperdersi dal grosso tubo verso l'esterno, della stufa di casa. Fossi stato più giovane avrei avviato io stesso un’azienda, ma stanco e fortemente deluso dei numerosi tentativi di fare impresa, sia autonomamente che con dei soci, avevo deciso di donare quel prototipo alla nostra comunità per far avviare appunto un'impresa, che in quel momento vedevo come collettiva. Il come quel collettivo, si sia in seguito trasformato in Etica, mi rimane un mistero, in quanto non conoscevo esattamente cosa fosse l’Etica. Quindi tentai inutilmente di andare a verificare come si fosse costruita quella convinzione, andando appunto a cercare in tutte le memorie, che non mi consegnarono neppure un indizio, neppure in tutti i testi che scrissi in quel periodo, per informare delle persone che ritenevo poter essere interessate al suo inserimento nella nostra comunità.
166 Quando qualche giorno dopo mi incontrai con il prof., di fronte al nostro micro bar, dove proseguì la conversazione che avevamo discusso via mail, lui mi faceva presente che quel dispositivo era interessante perché utilizzava lo stesso principio delle stufe ad accumulo di calore tirolesi, con recupero dei fumi, ma che con il mio sistema si poteva ottenere il medesimo scopo, su delle normali stufe, e a costi molto inferiori, aggiungevo io. Mi chiese come mi spiegavo il mancato concreto interesse del primo cittadino, io non avevo una risposta, in quanto, primo non è da me tirare le giacchette, secondo, più importante, avevo poi considerato che tale azienda, doveva essere assolutamente etica, in modo da essere certi che il suo sviluppo non venisse contaminato dalle modalità di fare impresa che mi erano ben note. Per cui era necessario, prima di consegnarla ad una comunità, il suo studio e sviluppo, sia per la tipologia di azienda che del prototipo. Era opportuno quindi, che fossero entrambi valutati e presi in carico da
167 una Università, e lui: "Perché non prepari un piano di intervento e lo proponi a questo Istituto che ha laureati di ogni tipo e i laboratori di meccanica?". Subito dopo la mia più che ovvia approvazione, per quelli che erano anche gli impliciti vantaggi, a partire dal più banale della vicinanza, per vedere comparire, in quel secondo attimo, l’aspetto positivo per un Istituto della nostra zona... mi disse che mi avrebbe inviato le linee guida sul come organizzare quelle informazioni utilizzando un protocollo, spiegandomi che questo era il modo per presentare un progetto in modo chiaro ed efficace, che in quel caso era la presidenza. Anticipandomi quindi una modalità su carta, che avrebbe qualche settimana dopo spiegato in classe, e mi promise che avrebbe chiesto di farmi partecipare all'incontro che stavano per chiedere, lui ed un collega, al nostro dirigente, per presentare un loro progetto. Fu mentre preparavo la presentazione per il preside, che notavo la sempre più cruciale importanza dell’Etica, pur non conoscendone esattamente il significato, quale soluzione che avrebbe indotto automaticamente la modalità più congeniale per mettere insieme delle persone, su un progetto comune, trovandosi coinvolte in qualcosa di utile e proficuo, oltre che per se stessi, la comunità e l’ambiente, convincendo così con i fatti, e non con l’imposizione, che la scelta etica conviene. Al tempo stesso vedevo, in ciò che costruivo graficamente, la fondamentale importanza della Scuola, per cui individuare gli attori componenti, che potevano rendere possibile quel progetto, e su questa formula ho confezionato una presentazione utilizzando delle figurine, come delle carte da gioco, che avrei posato una alla volta sulla scrivania del preside, in quanto sapevo che non potevo contare di un supporto come un proiettore. Mano a mano che costruivo con il mouse quelle carte sul monitor, mi accorgevo che prendeva forma una prima strategia, dove l’elemento
168 che inizialmente consideravo più importante, l’artefatto, cioè il prototipo di un congegno da mettere in produzione, con il quale avviare un’azienda, diventava il jolly che poteva essere qualsiasi idea di prodotto, o servizio, e quindi che ad avere la massima importanza erano: l’Etica, l’Azienda Etica, la Scuola e la Collettività. Questi ultimi diventavano degli attori, che all’inizio avevo individuato nella sola comunità, ed invece avrebbe potuto essere coinvolto il mondo del web, mentre notavo ancora meglio, che la Scuola diventava il secondo attore indispensabile, con gli studenti e professori, per cui le conoscenze e i laboratori, e gli stessi studenti, successivamente, come operatori dentro le neo aziende, allo stesso tempo, anche altre scuole potevano attivarsi nel loro territorio. Inoltre notavo ancora, che l’azienda etica poteva costruirsi non soltanto in funzione alla realizzazione di un prodotto, bensì anche per un servizio, così come è la realtà delle aziende di tutto il mondo. E questo contributo scaturì dalla mia stessa lunga esperienza, conoscendo molto bene che si poteva costituire un’azienda, con le competenze per sostenere le aziende etiche, per consegnare tutte le utilità per farle crescere, così come fanno quelle realtà che si occupano di promozione, utilizzando ogni tipo di strumento di comunicazione, per cui consulenze, indagini di mercato... insomma tutto ciò che serve per ottenere le migliori performance. Ecco che questa azienda assumeva in quel quadro di meccanismi rotanti, di un orologio chiamato sistema economico sociale, un ruolo anche per essa strategico, per la particolarità, in questa azienda etica moltiplicativa, di svolgere un’attività veramente coinvolta, coinvolgendo tutte quelle aziende etiche; creando quindi un network vero e proprio, che significa sinergie, azioni comuni, interessi comuni... per ciò che in fondo sarebbe: l’interesse ed il bene della società.
169 Non fu difficile rendermi conto che anche questo ambizioso obbiettivo è realizzabile solamente con le aziende etiche, in quanto sono le sole che possono collaborare, condividere, essere solidali o aiutare anche le neo aziende o quelle in difficoltà, che appunto non si è mai visto fare con le classiche aziende, che peraltro sono in forte difficoltà, soprattutto a vederne nascere di nuove; in quanto la complessità e difficoltà di fare impresa è aumentata progressivamente nei passati decenni, anche per delle attività più semplici. In altri termini, questa appare essere la modalità per uscire dalla attuale stagnazione per la necessaria crescita, ma in modo corretto. Tuttavia non si è fermata lì, presso quella importante scrivania, la visione che ho prospettato per l’evoluzione del progetto, individuando successivamente, come intervenire per poter ottenere che il sentimento etico nelle persone, nei cittadini, scaturisca in modo spontaneo e generale, senza prediche, esortazioni, educazioni.. e tutto ciò che si è visto fare quasi inutilmente. Quasi perché è vero che in qualche modo l’etica si è vista applicare, ma non con la precisa volontà e consapevolezza di ciascuno in quanto si tratta di una scelta intelligente, invece perché è stata imposta, attraverso delle leggi che peraltro non citano neppure l’etica, ma sono costruite in funzione ai dei suoi valori fondamentali, ed è così che si è ottenuta una società che era quasi etica, ma non convinta. La nostra società invece è convinta, che sia compito dello Stato, ottenere una società migliore, giusta... ma dimentica che lo Stato sono i suoi cittadini. Certo lo Stato è stato dotato dei poteri per poter imporre un atteggiamento etico, ma l’etica, come ben sanno i filosofi antichi e anche i moderni, non può essere imposta, tantomeno in una società democratica. Il metodo impositivo è stato ereditato dai regimi, che appunto loro usavano ed usano il potere, con le punizioni
170 per ottenere l’ordine, il corretto comportamento, per il funzionamento della loro nazione. Le persone invece di una società democratica, che hanno avuto la fortuna di nascere in questa condizione così ambita da migliaia di anni, da essere ritenuta impensabile, per cui una vera utopia, da tutti coloro che ci hanno preceduto, non hanno ben chiaro che questo tipo di organizzazione sociale, che consegna e garantisce diritti a ciascuno, ha bisogno di essere etica. “ Quali sarebbero queste altre strategie? “ “ eccola! me l’aspettavo da te questa domanda “ “ Ovvio, ti sei fermato sul più bello! “ “ mi fa molto piacere che tu sia interessata a saperne di più, ma il racconto descrive come si sono sviluppati gli eventi, la storia del progetto.. “ “ Io credo che sia più importante conoscere ciò che è più importante, rispetto allo sviluppo del racconto, scusa eh!?. E come se per conoscere ogni singola scoperta scientifica, si dovesse prima leggere la storia del come è accaduto” “ io trovo che non sarebbe una cattiva idea, a me interesserebbe per esempio, come metodo di studio, e comunque questa non è una scoperta scientifica” “ Perché no!? “ “ ottimo ragazza, mi hai incastrato, stavo assumendo la stessa forma mentis, che si sono viste distinguere le scienze dure da quelle molli” “ Infatti, ho letto che hai accennato a questa mentalità nel mondo scientifico” “ questa presa di distanza, è dovuta al fatto che le scienze dure sono dimostrate e dimostrabili, cioè che le teorie poi hanno un riscontro reale, mentre le scienze molli hanno più difficoltà ad essere dimostrate, anche se non sono poche le teorie che lo sono state” “ e quindi le tue sono teorie, che ancora non hanno riscontri con la realtà” “ già, ma sono sostenute da analisi comparative con la realtà, e dalla logica “ “ Infatti, è per questo che trovo il tuo progetto molto interessante “ “ ecco, quello che hai espresso, è molto gratificante ma questo progetto non si attiverà mai, finché resterà soltanto interessante “ “ Perché no!? Se molte persone lo ritengono interessante, la cosa prende piede no!?“ “ la cosa può prendere piede, se ciascuno degli interessati, muove quel piede” “:D, questa mi è nuova, e cosa serve per far smuovere quei piedi?” “ che venga considerata importante “ “ Mi sa che devo darti ragione, l’interesse si può spegnere facilmente, ma per qualcosa di importante, di determinante, una persona diventa decisa” “ e ancora di più, se comprende che si tratta di qualcosa di cruciale “ “ Chiaro, ma il cruciale, scatta per qualcosa di drammatico “
171 “ questo perché le persone hanno da sempre reagito per il cambiamento, a seguito dei drammi, del grande pericolo... in realtà il cruciale non ha soltanto quel tipo di connotazione “ “ Già, è vero, si può anche comprendere che un qualcosa è di cruciale importanza “ “ infatti, senza attendere che sia il dramma a far muovere quel piede” “ Già, perché non si sa quale direzione possa prendere “ E quindi, dopo qualche mese mi trovai fiducioso e quasi entusiasta, perché non è consigliabile mostrarlo, specie se si è seduti di fronte ad una scrivania importante, e questa era anche molto spessa e larga, da chiedersi come avevano fatto a farla entrare, da una porta normale; così oltretutto carica di fascicoli, che pure quel monitor, che mi teneva più in disparte, riusciva con difficoltà a ricavarsi dello spazio. Spazio che andò a ricavarsi, un'ora dopo il nostro ingresso, quella appunto che non era ancora la nostra prof., quando entrò decisa e piegata da una vistosa collana composta di grandi biglie rosa, e da dei documenti che le scalpitavano impazienti in mano per ottenere la Sua firma. Il Dirigente nello scusarsi per l'interruzione, con un sorriso adatto a ciò che era entrato, al quale aveva aperto una contenuta apertura alare: "Questo è il mio angelo salvatore" e orientandosi nella mia direzione: "E questa è la persona giusta, che con le sue efferate competenze in diritto la potrà aiutare con il suo progetto". < Quindi quando qualcuno ti accoglie a braccia aperte, dobbiamo intendere che ci sta dicendo: sei il mio angelo! :D > <:D, non è forse così ? > <Devi aver visto anche tu molti angeli in giro :D > < :D, gli unici angeli ai quali ho aperto le mie braccia, lo sai chi sono > < Si lo so, e l’ho anche visto, da come ti caricavi tua figlia sulle spalle, quando usciva dalla scuola > < a voi donne non sfugge nulla :D > < Non era affatto difficile, erano tutti uomini quelli che si accalcavano di fronte al cancello > < :D, ecco la puntura dello scorpione >
172 < Ma scusa, che bisogno c’era di mettersi tutti lì davanti, che i bambini non riuscivano a passare?> < guarda che ho capito l’antifona, del perché tu ti posizionavi a cinquanta metri di distanza > < Bene, meglio tardi che mai > < guarda che ti vedo che te la stai ridendo a crepapelle > < : p > Lei, che stava col capo chino su ciò che era sicuramente molto importante, mentre lui andava a controllare i numerosi fogli che stava per siglare, sollevò soltanto le palpebre, e in quei due attimi che servirono, i nostri occhi si andarono a conoscere, senza scambiarsi nulla di più. Fu quindi una piacevole sorpresa quando la vidi entrare, con nulla di scalpitante in mano, sopra un lento incedere salutando con un sorriso, che era già tale prima di entrare: quello che in genere in quel contesto preoccupa più che rasserenare. Una biondina, per taglio, taglia ed età, con profonde occhiaie messe in risalto dal trucco, che ho visto essere di moda, sostenuta da un verace accento meridionale, che dopo aver saggiato con i piedi la zona antistante per qualche minuto, si andava a posare spossata davanti a quel portatile, che, non toccava prima di essersi accarezzata, con un gel disinfettante, le mani; ma non sempre, a volte invece, consumava delle patatine dopo un'occhiata furbetta, prima di infilarsi dentro al sacchetto, dicendo: "Scusate, ne ho bisogno per riprendermi." Nel presentarsi, ci raccontò la sua particolare storia di insegnante iniziata in giovanissima età, con una classe che nessuno voleva, ma che lei aveva orgogliosamente conquistato, mentre il tono, con un sorriso sostenuto da quell'annuire furetto, dicevano: "domato", e ci rese quindi noto ciò di cui era orgogliosa, che amava visceralmente: le leggi. Per le quali si aggiornava costantemente, con riviste
173 specializzate, con tanto di abbonamento, prendendo nota nella sua mente pure delle sentenze del giudice di Forum 85. Una grande competenza che continuavano a consultare, come lei gentilmente ci informò, gli ex colleghi dello studio, per delle cause complesse, con i quali aveva operato presumibilmente come tirocinante prima di abbandonarsi all'insegnamento. Era esemplare la sua intransigenza, che la metteva alla prova ancora prima con se stessa, nell'indovinare quale comma, articolo o riga, era necessario aggiungere al testo, più veloce quindi del grande G. che gli confermava, qualche secondo più tardi, correttamente il risultato di quella ricerca, pescato con grande difficoltà in quel marasma di leggi, pubblicate da centinaia di fonti diverse. Le frasi alle quali ricorreva spesso, con un registro tarato sul marziale, per sostenere le sue lezioni erano: "I termini e i codici dovete imparare", "Capite bene che è assolutamente necessario ricordare la definizione esatta”, “ ...ogni termine è insostituibile ed ha un suo preciso ordine e significato". Le sue interrogazioni ovviamente si rifacevano al suo ambiente, per cui, dopo averci tutti precedentemente appuntati in fila nel suo calendario, ne sentiva tre alla volta, dato ovviamente il grande numero di imputati, e questi, quando l'avvocato metteva la toga da giudice, li chiamava alla lavagna, che andavano a posizionarsi seduti in fila e rivolti verso la classe; ed il suo scrupoloso interrogatorio, consisteva nel metodo che usano in questura: quel che non risponde uno, risponde l’altro. C'era pure chi interveniva dall’aula, ancor prima di alzare la mano, quando vedeva un imputato appena in difficoltà, andandogli a sottrarre quell'unica possibilità di non essere condannato, e questo scatenava dei malumori, soprattutto nel mio compagno, che successivamente dava seguito a delle sommesse fiammate che