174 andavano poi a incendiarsi contro il mio cristallino temperato: "Ma ti pare giusto, con gli appunti davanti!? Son bravi tutti!" Non era raro che il dirigente accompagnasse il suo angelo fin sulla porta, per utilizzare, evidentemente, pure quel prezioso tempo che lei impiegava per raggiungerci dal suo ufficio, che in effetti non era dietro l’angolo. Era sempre quel dirigente che lei ci rendeva noto sul fatto che la teneva così tanto occupata, a causa di quella sua veste di vice preside, per la quale doveva lavorare pure la sera anche da casa, per mezzo delle mail. Lei ci informò di quel dettaglio, che li accomunava, per dimostrarci che era possibile lavorare su un progetto condiviso senza necessariamente incontrarsi di persona. Di questo avrei potuto dare ampia conferma, in quanto quel metodo era diventato oltre che utile, ormai indispensabile nella mia ormai defunta vita. E fu già allora interessante notare, che il fenomeno della corrispondenza via cavo, che lo avevo visto praticamente nascere, dove la sua evoluzione passò abbastanza velocemente, da poche righe informali, fino a diventare di tutto. Dalle lettere formali, a quelle commerciali, e quindi con tanto di intestazione personalizzata, con la possibilità che non ricordo se fu consegnata già al suo esordio, di inviare anche degli allegati, cioè foto, pdf, e ogni genere di file. Mi sono soffermato su questo strumento perché ho visto che, mentre fra le aziende, ha di fatto sostituito anche la normale corrispondenza, nel privato è quasi sconosciuto, ed è un peccato perché offre molto di più delle note piattaforme, migliorando la qualità della comunicazione. In altri termini, questo tipo di corrispondenza digitale, riporta in auge la tanto amata lettera, che anch’io un tempo ho avuto modo di utilizzare, che poi con l’avvento del telefono, è gradualmente scomparsa, così come le simpatiche cartoline. Non è vero che il motivo per cui la corrispondenza cartacea è diventata meno usata perché il telefono ha accorciato notevolmente i tempi, perché anche
175 le mail arrivano a destinazione immediatamente, e quindi sono una valida alternativa, che offre appunto maggiore qualità. Mentre la prassi ufficiale per l’ingresso in aula dell’avvocato, era che il suo superiore, si fermava sulla soglia, e continuava a sostenerla con lo sguardo sorridente fin quando non si fosse calata nel suo diverso ruolo, la quale ometteva in quel caso, di saggiare il pavimento, e lui chiudeva la scena con delle battute che si usavano un tempo per rinvigorire gli addominali ai cadetti. Una sera gli uscì: "Non affaticatemi troppo la professoressa, vedete che è stanca, avrà consumato ieri sera" e volgendosi a lei alzando un po’ il volume, mentre stava già consultando il monitor, saltando quindi anche l'altra consuetudine prima dell'appello: "Ha consumato ieri sera professoressa!?" con una tonalità finale che non si capiva se fosse interrogativo o esclamativo. Non ricordo se gli rispose qualcosa, ma quel che formulò l'occhiata, che aveva sorvolato immediatamente le nostre teste, era: "Non fare di queste battute davanti alla classe!". Qualcuno infatti, lì davanti, rimase con un sorriso ebete, e con gli occhi che cercavano dove fossero finite quelle due frecce così acuminate, e lui consegnò a tutte quelle palle perplesse: "Perdonate la battuta, ma qua siamo tutti adulti, vero?!" e continuando a sorridere scomparve. Nell'ora successiva, sempre in quella serata successiva all’infiammata riunione con i nostri docenti, quella di francese, dopo il suo ingresso in classe esordì con un tondo, che non ha bisogno di esclamativi: "Avete fatto bene", confermando così, anche a loro, il suo sentirsi vicina con quanto mi aveva sostenuto da vicino, fuori da quel coro infastidito, seduta, guarda caso, al mio fianco destro. Fin da subito quell'insegnante si era dimostrata di voler essere una professionista; si vedeva che insegnare le piaceva e che adorava
176 quella lingua più di qualche loro patriota: e sappiamo che essere più patriota di un gallico è davvero difficile. Lei era attenta che gli studenti seguissero ed apprendessero durante il tempo delle sue lezioni, e come completamento, ci assegnava soltanto tre esercizi come ripasso, che la volta successiva noi andavamo ad esporre in classe e si correggevano insieme; ma se non si era riusciti a farli, lo smemorato, che prontamente segnalava l’impedimento, partecipava comunque all'attività iniziando per primo, ma senza che spuntassero degli occhi severi da sopra delle lenti. Anche il suo tono, con una favella sciolta e giusto un po’ sibillina, essendo riuscita ad ammosciare leggermente pure la erre, che come è noto è tipico nei francesi, ci confermava che era consapevole del sacrificio che comporta la frequentazione di un serale e ci riconosceva quel più forte impegno che dimostravamo, rispetto ai giovani studenti con i quali aveva lezione al mattino. Mentre quella che si mostrò subito entrando, formalmente imbufalita, chissà perché, ho la sensazione che lo si possa già immaginare, la quale sbottò, con un perfetto sguardo indignato di tre quarti: "Scusate, ma sono molto delusa!". E proseguì con la sua sequela, andandosi a piazzare dietro la scrivania, dopo aver lasciato andare la cartella senza curarsi se si era seduta al suo posto: che non si possono tagliare argomenti..., che sono tanti..., che sono tutti importanti..., e quando sarete in quinta come farete!... continuando a volgere lo sguardo nella mia direzione ogni volta che aveva finito un che. E nel concludere, avvicinandosi e puntandomi direttamente, non trascurando di sorridere: "Come farete il prossimo anno a comprendere le patologie. Vero signor rappresentante?", riuscendo a contenere quei tre esclamativi vocali, che fuoriuscirono dalle sue orbite rimbalzando senza alcun effetto sui miei.
177 Avevo già vissuto scenate molto più drammatiche e sapevo che era necessario incassare, senza aggiungere altri legni al fuoco, che avrebbero scaldato ancora di più gli animi, anche a lungo, compromettendo il mio controllo, e vanificare quanto avevo fatto. E non mi meravigliò, ne abboccai con quanto lei continuò a ripetere quelle frasi durante le sue lezioni successive, diventando il suo loop 86, come una base musicale in un film, quando il regista vuole indurti un certo stato emotivo. Ma fui sorprendentemente confortato dal riscontrare, già dalla volta successiva, che fu proprio lei quella che cambiò decisamente metodo. Alla presentazione a braccia conserte con dietro la sua opera d’arte messa in risalto dal suo rigenerante proiettore, aveva integrato la scrittura alla lavagna! In quelle due fasce della nostra ardesia che quel telo la lasciava libera di mostrarsi, dove si intravedevano appena trenta centimetri a destra più altri venti di sotto, lei annotava, nonostante quel gesso che secca in modo fastidioso le dita, tutte le informazioni che prima volavano. “Scusa eh!? Ma perché non alzare il telo!?” “ ah! questa è una bella domanda” “Quale bella domanda, è una cosa così ovvia da fare, no!? O si era rotto il meccanismo?” “no, non era rotto, però per tornare poi a stenderlo era necessaria una certa altezza” “Ma scusa eh! bastava allungare un po’ la cordicella, no?!” “ma non trovi positivo che gli studenti a scuola vengano provocati a farsi delle domande !? “ Io stesso non tolleravo quella polvere sulle dita, ed ero costretto ad una volata per sciacquarmi le mani anche se i bagni non stavano proprio dietro la porta, ma era sempre utile per scaricare la tensione. “ Anche questo, tutto calcolato, quindi!?”
178 “ può essere, ma il guaio è che non sono scaturite le domande :D “ Ecco che miracolosamente, tutto ciò che nelle lezioni precedenti ci aveva egregiamente messo in fila nell'aria, ora potevamo vederlo ordinatamente giustificato in colonna, e si poteva ricopiare con i tempi della sua scrittura che era incredibilmente umana; e per svolgere diligentemente questo compito non esitava ad allungarsi oltre la sua portata, e a scrivere anche inclinato dove non arrivava, sulla parte più bassa. Era pure paziente a fermare la sua cascata di termini, e a tradurre per chi non riusciva a leggere, mostrando un’espressione davvero soddisfatta sopra quelle teste di quei bravi scrivani, perché sicuramente consapevole, che con quello sforzo, potevano essere soggetti ad uno grafospasmo 87; disturbo ovviamente noto in quell'ambiente, ed infatti era comprensiva che ce ne fosse qualcuno di più lento, sorridendo con tanta tenerezza, a quel a dir poco diligente capo chino, mentre attendeva pazientemente il suo permesso per cancellare, per poi continuare a riversare in quel piccolo mar nero, che è pur sempre un mare. Anche per le verifiche applicò dei cambiamenti, ci disse, con il tono della buona notizia, che le avrebbe sottoposte di volta in volta dopo un ripasso in aula. Questo quando il tema era solo un mare, mentre per gli oceani ci comunicava a voce delle probabili domande, ma che soltanto alcune delle quali sarebbero apparse nella verifica. E andò così infatti. Tutta un'altra musica quindi, ma che ancora non aveva avuto modo di deliziarsi la compagna 49√, che ancor prima di essere aggiornata su quanto avevo comunicato in quel consiglio, in qualità di rappresentante evidentemente soltanto di alcuni, di fronte alla costernazione dell'insegnante, lei si dichiarò estranea, aggiungendo che si trattava di richieste infantili. E con quella precisazione i suoi occhi di quel colore azzurro chiaro, ben intonati dentro un nobile e
179 curato bianco, si scontrarono con i miei, andando a ghiacciare la superficie dei banchi che ci separavano, dove qualsiasi parola, per i secoli a venire, sarebbe scivolata miseramente a terra. L'altra insegnante che si dichiarò delusa fu proprio quella delle due che si mostrarono più accese. Era l'insegnante che applicava con più diligenza il metodo asimmetrico, con la particolarità che a quegli sbadati dei suoi “colleghi”, d’oltre oceano, era sfuggita, cioè che gli studenti dovevano rivolgersi a lei con il Lei, e soltanto Lei poteva dare del tu. Si trattava di una giovane donna, pur non capacitandomi in quale fascia si fosse incastrata, forse per il modo di vestirsi, un classico Vittoriano 88 per taglio, merletti e quell'atteggiamento di tenere le mani giunte. Ricordava una damigella seduta a quel tavolo con tutte le gambe, incluse quelle del tavolo, coperte fino alla caviglia, alla quale non mancavano, la carnagione bianca con le lentiggini e i capelli biondo rosso, che erano il suo tormento, per quanto cercasse di farli stare da qualche parte; e a volte usava tutt'insieme: mani, occhi e sbuffo, mentre era evidente che li aveva sfibrati nel volerli lisci. Di questo ne ero diventato esperto, avendo visto quanta dedizione impegno e tempo dedicano le donne a trasformare i loro capelli; e alla fine ci si fa una ragione, che spesso per una donna è comunque una condanna, da combattere, sia nascere con i capelli ricci, che lisci.
180 3.6 Il Canovaccio Credo fu grazie a questa insegnante che iniziai a riportare sul mio telefono le scene più significative, anche perché con †43, che era un amante del cinema italiano, in particolare dell'esilarante commedia con Sordi, Tognazzi, Verdone, Villaggio.., si parlò in quel primo periodo, di fronte alle numerose spontanee scenette in classe, di realizzare degli sketch teatrali. Ci eravamo così accordati che avrei preso nota di quelle che sarebbero state delle perfette partiture di uno spettacolo teatrale, dove non c'era bisogno di inventarsi nulla, per organizzare uno spettacolo presso il teatro della scuola, dove lui avrebbe istruito gli attori, con la sua particolare attitudine a cogliere e imitare i tipici modi di esprimersi di quella di igiene, di diritto, e del 41, per il quale si rifaceva a Fantozzi, e delle due inseparabili "25 & 33", delle quali, la prima era semplice farlo perché bastava la sua orribile voce effeminata, virgolettando con le dita dei termini importanti. Quel gesto che fanno gli americani alzando due dita delle mani per dare enfasi o fare dell'ironia su un termine. (Alla faccia che son gli italiani che gesticolano quando parlano). « Sono passati due mesi e la prof. di Psico, da dentro la sua postazione, sta facendo il ripasso sfogliando il libro, e questo gli lancia le domande da fare, che lei rivolge alla classe: cos'è questo, cos'è quella,... ma il feedback della classe è imbarazzante, con facce strane, facce vuote, interrogative, sguardi che deviano, e il Fritz, l'eccellente, che tiene la testa bassa guardando tutt'intorno da sotto le rigogliose sopracciglia. C'è quello solito che risponde qualcosa, proprio quando lei è girata dall'altra parte, e il Fritz con quegli occhiali spessi da scienziato, in
181 cui gli occhi spalancati diventano palle da biliardo, gli si gira verso con: "Sei un mostro!" e torna repentinamente a capo chino sul banco. Ecco che la prof. al suono di quella sua creatura, si illumina e gli si rivolge come ad un neonato dentro la carrozzina di un'altra, proferendo quel suo nobile nome, come una dolce carezza: "Cosa hai detto...?" "Ehm... niente niente.. gnum" e lei che insiste suadente, aggiungendo un altra tenera carezza alla fine: "Stavi dicendo qualcosa, dimmi..." "Ehm... scusi... ehm... lavoro" e protendendosi verso di lui, allungandosi sopra la scrivania, ancora più teneramente e sommessamente: "Anche se sbagliato, dai dì qualcosa " "Ehm... scusi... ehm... non ho studiato" ritraendo paonazzo ancora di più la testa dentro le spalle a guardare il banco. Allora lei alza la sua di testa, leggermente più accesa del suo solito pallore, a voler essere risoluta, orientandola su tutti gli altri, mentre il rigido busto, la riportava al suo posto: "Ma ragazzi! Mi preoccupo! Queste cose le stiamo ripetendo da due mesi!" E allora ritorna ancora più convinta su quegli argomenti, questa volta si è alzata in piedi, e prova a parlare a braccio uscendo dalla scrivania, mentre il libro la tiene con un forte elastico, con quel fare incerto, con gli occhi che le girano la testa da quella parte, grattandosi, bloccandosi che non gli viene il termine, e tornando verso di esso: "Com'è che dice il libro... ah ecco...", dopo aver letto, parte di nuovo col braccio, e dopo tre parole, si ferma, si tocca i capelli, torce la bocca, strizza dentro l'occhio che vuol andare dal suo amore, torna dentro la scrivania, stando in piedi ma le scappa l'occhio dentro il libro, allora si siede , legge e si rialza per ripartire decisa ma rimbalza indietro sul libro perché non aveva letto bene e vinta, vi rimane.
182 Sul finire della lezione: "Ragazzi la prossima settimana inizio ad interrogare, chi si offre?" Alza immediatamente decisa la mano l'esperta di Freud: "Io! prof., Quali argomenti !? " e da dietro: "vuoi farti interrogare e non sai quali argomenti?", "Tu cosa vuoi? Fatti gli affari tuoi" Mentre la prof dalla scrivania nel chiamare quel capo girato, con un sorriso compassionevole, aggiunse: "Gli argomenti che stiamo ripetendo da due mesi..." Arriva il giorno dell'interrogazione e l'intrepida "25 affronta per prima e decisa la sfida; e dopo un avvio incoraggiante, in cui riesce a virgolettare un paio di termini importanti, alle successive domande passa sulla difensiva, ed ad altre ancora, avendo esaurito anche le virgole, si accascia sopra il banco, muta. "Mi spiace, non riesco a darti la sufficienza". E lei voltandosi indietro va a cogliere proprio quel momento in cui quel capo sta scuotendo, con dentro una smorfia » « In un successivo ripasso, la stessa prof. sfogliando il libro, dopo aver visto che il "Cos'è questo, cos'è quella e quell'altra" continuava a consegnare scarse e scarne risposte, guardandosi attorno ancora più sconfortata e preoccupata, lancia!: “allora fate voi le domande!!”. Ad un certo punto, quando tutte le palle lanciate dalla prof erano ferme e lasciate a terra, qualcuno infila dentro a quell'imbarazzante situazione: "Cos'è l'Insight?" e lei senza occuparsi della fonte: "Sì, ragazzi, cos'è l'Insight?" Silenzio e lei con l’espressione incredula e scandendo le sillabe: "Ragazzi?! Cos'è l'insight!?" Silenzio
183 "Dai su! non ditemi che non lo sapete!?" Tutti muti, e allora lei con una veloce sfogliata a due mani e un soffio preciso infilato tra le centinaia svolazzanti, la scova quasi subito, e ne legge la definizione» Se nel leggere l'ultima scena vi è venuta in mente la risposta, perché l'avete letta qualche giorno fa nelle prime pagine, può essere il segnale di quanto sia inspiegabile che quelle persone l'avessero già dimenticato dopo che era stato spiegato in modo straordinario, con anche la visione di un video dell'epoca.
184 3.7 Il Moodle ? Ma che “caspita” è!? Le sue lezioni, semmai fosse sfuggito, erano rigorosamente comandate dal libro, che leggeva e commentava, ben attenta che anche i riscontri con la realtà, gli esempi per intenderci, che tutti sanno che servono per comprendere la teoria, fossero esclusivamente quelli riportati là dentro, ma lei, nonostante tutta quella attenzione alla forma, non aveva ben inteso da sopra le sue nuvole, perché dubito che non fosse stata informata, di quanto aveva disposto la presidenza. A quanto risultava, sembrava non preoccuparsi affatto, di caricare quanto lei aveva letto così accuratamente in classe, sulla piattaforma Moodle; ne si sono mai viste essere consegnate delle fotocopie a chi era sprovvisto di quelle sacre scritture. Che fossero reliquie, lo avrebbe colto chiunque che avesse visto il modo con cui estraeva quel volume, con la grazia del come lo appoggiava al duro legno, sfiorando le pagine come un antico reperto al quale consegnare il massimo rispetto e dedizione. Mentre il dirigente, sia con la sua, quando ci accolse con il suo benvenuto in una delle prime serate di quel corso, sia in seguito attraverso la bocca della coordinatrice, aveva specificato dopo l'ennesima richiesta: "... non è obbligatorio l'acquisto dei libri e gli insegnanti devono consegnare di volta in volta, o caricare su Moodle, le copie di quanto è stato esposto in classe". Ma tale piattaforma online aveva anche ben altri scopi, questo sempre stando a quanto ci aveva informato la seconda fonte ufficiale, con sempre nella consueta forma del verbo svolazzante; e ci vollero
185 diversi mesi perché fosse chiaro a tutti, soprattutto al mio compagno, magari perché non era stato presente in quelle occasioni. In un'assemblea infatti, mi trovai a dargli contro, a seguito una sua accaldata discussione, dovendogli spiegare che quello strumento informatico non era semplicemente una sorta di libreria da consultare online ma era un metodo didattico integrativo ufficiale, che doveva essere anch’esso frequentato, in quanto il tempo trascorso online veniva calcolato come tempo integrativo di presenza in aula. Ora che ci penso a questo strumento didattico furono pure dedicate un paio d'ore presso l'aula di informatica, la quale era dotata, sopra ogni banco, di una postazione completa di monitor e tastiera, e la responsabile di quella piattaforma, che era un'insegnante del nostro Istituto, dopo averci invitato ad entrare ciascuno in quella aula virtuale, ci spiegò come andava utilizzata, invitandoci al termine, di contattarla per eventuali problemi. Successivamente andando a girovagare dentro, non limitandomi quindi a fare il download dei documenti (quand'è che i nostri ferrati linguisti, inseriranno una parola diversa da quello "scaricare", che già hanno adottato i medici, giacché quel termine anglosassone risulta essere troppo roboante per i nostri fini timpani) ebbi invece modo di riscontrare che si trattava di un utile strumento, dotato anche di una sezione per formulare delle domande all'insegnante (inutilizzata), o per aprire una discussione di gruppo (inutilizzata) e aveva pure un calendario dove segnare degli eventi, come le verifiche, (inutilizzato), ma mancava a mio avviso di una funzione che ormai è immancabile in qualsiasi applicazione moderna: la notifica. Tutti ormai conosciamo di cosa si tratta, quel caro prezioso campanellino che ci avvisa con anche un messaggino, che in quel caso poteva dirci: c'è posta per te! Notifica che era stata invece predisposta e funzionante per gli insegnanti, che si attivava quando eravamo noi a caricare qualcosa sulla piattaforma per loro.
186 Ovviamente segnalai la cosa alla responsabile ma non ebbi alcun tipo di riscontro. Fu però sorprendente, cosa la stessa insegnante di psicologia trovò il modo di ottenere dentro quell'aula virtuale. Verso la fine del corso, dopo che ebbe inteso da noi, una delle funzioni di quella piattaforma: "Ah! Quindi si possono fare le verifiche online?". Fu l'unica infatti, che dimostrò di sapere come pubblicare un test da eseguire da casa in un determinato tempo, anche se molto più semplice di quello che si faceva in classe: a crocette e con delle brevi risposte; ma l'aspetto interessante, era che lei aveva istruito il software per non permetterti di uscire, avvisandoci che si sarebbe abortito il test, e aggiungendo che il programma non ci avrebbe più permesso di accedervi, nemmeno per consultarlo in un secondo momento, mentre era riuscita anche a far sì che lo stesso programma ci fornisse immediatamente il punteggio ottenuto. Il mio compagno di banco invece, che non aveva sicuramente tempo nemmeno per accendere il computer, figuriamoci se stare un'ora dentro quella piattaforma, in quella riunione di classe aveva invece acceso una polemica, semi palese, di quelle in cui era ormai specializzato, dove a tutti facevano male le orecchie, inclusi ai muri e telefoni, tranne all'interessata, alla quale arrivò invece soltanto un certo suo nervosismo nei modi. Questo perché lui aveva preso alla leggera quel plico di esercizi di Inglese che la prof aveva caricato nella piattaforma senza campanello, con un termine preciso di consegna. Si trattava di mezzo centinaio di pagine scannerizzate, pure a colori, da un libro diverso dal nostro perché quelle del nostro già le consumavamo in quantità ad ogni lezione.
187 Fogli digitali dunque, che ho dovuto ridimensionare e adattare allo scopo per poter completare gli esercizi, e quindi essere a loro volta stampati in un foglio A4. Lui infatti, oltre ad esserne venuto a conoscenza dopo qualche settimana, oltre che della abnorme quantità, che in genere si completano durante un anno, era risentito del fatto che aveva mandato tutto direttamente in stampa, vedendo così sprecare un certo numero di fogli dell'ufficio, perché non erano dimensionate per un formato standard. Tale difformità mi fu subito evidente quando aprii quel documento con il computer, cosa che non tutti avevano tempo di fare ma che non sarebbe dovuto essere necessario, essendo un file esecutivo, ovvero è ormai noto a tutti che un documento in formato .pdf è un file pronto per la stampa, per quello che è lo standard accettabile su tutte le stampanti in Europa. E così, quando dopo il termine, quella scrivania gli chiese di consegnare il suo compito, presso il quale tutti gli abili scrivani avevano, in un modo o in altro eseguito, lui rispose che non aveva carichi da dargli, allora lei gli disse, facendo sbucare gli occhi da sopra gli occhialini, e quando uscivano in quel modo c'era da preoccuparsi, di provvedere quanto prima. Lui, trovandosi solo alle corde nel suo angolo, incassò dentro le spalle oltre che il collo, anche le difficoltà oggettive e soggettive, e iniziò a ruminare, credo quelle infinite questions già durante la lezione. Da lì iniziò ad instaurarsi una disarmonia con questa insegnante, dove lui si aspettava che lei fosse a conoscenza della sua particolare difficile situazione, mentre invece si vedeva preso di mira, di non essere valutato per quel che meritava, facendomi notare la generosa tolleranza che lei concedeva a delle colleghe che portavano a casa dei sette, quando, per loro stessa ammissione, quella lingua era stata, sino a pochi mesi prima, ascoltata soltanto in qualche canzone. < a proposito, come vanno le ripetizioni di inglese > < Ho appena finito la lezione di grammatica, "buona" ( non sempre accade). È fantastico quando realizzi e comprendi la costruzione
188 graduale delle frasi. Ti si apre un mondo, e mi si spiega anche il perché delle difficoltà a scuola.. Ora si spiega il terrore e panico della lezione di inglese> Tornando al libro, così indispensabile di Psicologia che disgraziatamente non avevo acquistato, confidando troppo in quella disposizione dall'alto, c'era una cosa però che ancora non sapevamo: esso risulterà essere inidoneo, per sostenere quanto siamo andati a studiare l'anno successivo. Tuttavia gli argomenti imposti andavano comunque ben memorizzati e fu grazie al codice stampato sul retro, che gentilmente mi consegnò il compagno †43, che riuscii a sostenere quell'impegno ottenendo l'accesso alla versione e-book. Si tratta della versione digitale di un libro scolastico, che ormai ogni editore pubblica on line, per riuscire, nel mio caso, a studiare un po' meglio rispetto alle foto che scattavo di volta in volta delle pagine di quel libro e di altri. Mi trovai perciò a convenire che per lo studio è sicuramente più efficace la vecchia cara carta, dove si può sottolineare o annotare qualcosa, ed è comunque sempre a portata di mano. Cosa che non si poteva fare con un libro virtuale in classe, perché con mia mezza sorpresa non era possibile collegarsi online attraverso lo spot Wi-Fi dell'Istituto: "Poi i ragazzi stanno sempre connessi tutto il tempo a giocare". Ma ancora non mi era chiaro perché, la prof che carezzava quel libro, si fosse così sentita presa di mira, da esordire con “Accipicchia ragazzi!“, per quanto avevo riportato in quel consiglio. Con lei infatti non avevamo ancora fatto una verifica e per questo motivo ci saremo trovati, di lì a breve tempo, con diversi capitoli molto impegnativi da imparare esattamente a memoria per appunto una multi verifica. Tale procrastinazione si era accumulata col tempo perché lei proponeva una data dietro l'altra a coloro che dovevano decidere, che erano quelli che, puntualmente, avevano ogni volta delle verifiche o
189 interrogazioni da fare, con altre materie, per la data che gli era stata proposta. Questa disponibilità, più facile da vedere che da scrivere, mi fu in seguito chiarita con una risposta dalla consueta fonte ufficiale: "Cerca di capire, voi la vostra vita l'avete già fatta, mentre questi sono dei giovani, e sono dei soggetti a rischio dispersione scolastica che stiamo cercando di recuperare con il serale, e i loro genitori sono fortemente preoccupati per il loro futuro" Anche con lei, sempre quella sera delle redini tirate, la giovane 49√ ebbe a precisare che quanto era stato riportato dai rappresentanti non era un pensiero che lei condivideva, ciò comportò un'ulteriore reciproca presa di distanze oltre a quella che lei aveva con quel corso già provveduto ad aggiungere con altro spazio fisico. Quell'anno infatti si andò a posizionare, da subito dietro che era, durante il propedeutico, a diversi banchi più in là, all'estrema sinistra. Tuttavia non mi ritenni offeso, ma fortemente imbarazzato questo sì nei confronti delle insegnanti, dimostrando anche lei di non conoscere il ruolo diplomatico che ha un rappresentante. Sapevo molto bene cosa comportava rappresentare un'Azienda, ovvero, avere la responsabilità con il proprio agire per il suo beneficio o danno, perché ciò che negoziavo con un cliente era in realtà l'Azienda che si esponeva, e questa doveva, oltre che incassare i profitti anche rispondere dei problemi. Ma mi rendevo conto che questa mia consapevolezza, così fortemente radicata, veniva da diversi anni di mandati di responsabilità e quindi continuavo a nutrire stima di lei, come se quel comportamento fosse stato la conseguenza di un malinteso, ma non era il caso di affrontarla per darci una spiegazione, era evidente il suo di imbarazzo ad affrontarmi direttamente, così come lo avevano
190 altre compagne, che si rendeva evidente con quella forte insicurezza che emergeva durante le interrogazioni. Nella scuola infatti, come avremo modo di riscontrare, non ci si occupa affatto di affrontare due aspetti estremamente importanti: il controllo delle emozioni e il metodo di studio. La cosa strana, è che anch'io mi sono trovato a dover combattere quell'imbarazzante condizione che ti attanaglia la gola, che ti fa perdere quella serenità per poter pescare precisamente dalla memoria, le nozioni e metterle tutte ordinate, da farle uscire in fila indiana per quello stretto passaggio. Non era quindi un caso quando vedevo che i bambini alla scuola materna venivano simpaticamente ammaestrati per quel tipo di attitudine che si vede anche nelle formiche, che suscita cosi tanta tenerezza nel vederli anche impacciati. Eppure quell'odioso stato emotivo lo avevo superato, portandomi ad affrontare ogni tipo di confronto in qualsiasi situazione mi fosse capitato di trovarmi; ricorderò sempre la mia prima vendita da agente, che fu “il mio battesimo”, così si espresse il mio direttore, in quel diverso ruolo. All’epoca, avevo quasi trent'anni e ne avevo vissute di esperienze a contatto con la gente, eppure in quel momento ero estremamente accartocciato, davanti a quel cliente che era lì ad un palmo dal naso, pur essendo io stato con scioltezza per fin troppi anni, di fronte a tanti clienti da dietro il bancone della bottega di famiglia. Ma evidentemente, quella fu l'iniziazione per il confronto diretto, del vero e proprio faccia a faccia, senza alcuna barriera protettiva, che ottenni attraverso la vendita di un prodotto non facile da piazzare, che mi permise di affrontare le successive trattative con sempre più sicurezza, e con sempre maggiore padronanza delle emozioni; fino ad arrivare, al livello successivo, che è quello di indirizzare il cliente,
191 così come deve saper fare un agente di commercio, per non soltanto fare aumentare le sue preferenze, nel proprio assortimento, ma orientarlo verso dei prodotti meno conosciuti, di piccole realtà che non potevano permettersi i feroci costi delle campagne pubblicitarie. E questo comportava un maggior margine, del quale godevano: la propria azienda mandante, l’agente, il negoziante ed anche il suo cliente. Successivamente quella sicurezza mi sostenne per delle sfide più importanti, con l'onore responsabilità ed anche soddisfazione, di gestire delle trattative sempre più complesse e consistenti; non più quindi a raccogliere ordini ma essere un valido collaboratore del cliente, nel fornire quindi anche una consulenza, oltre che un prodotto effettivamente utile, confrontandomi con titolari e manager spesso di importanti realtà. Trovarmi quindi, di nuovo, nello stato d'animo di un ragazzo era incomprensibile, seppur che le mie esposizioni erano le più sicure, e proprio lei, in un'occasione successiva, riconosceva quella mia padronanza nella conversazione in inglese, vedendomi come suo punto di arrivo. Ma come ebbi a spiegarle, tale mia soddisfacente competenza non era sicuramente arrivata dalle lezioni che ci regala lo Stato, anche perché allora l'inglese non era nemmeno previsto. Essa venne bensì da diversi e onerosi corsi, pagati di tasca propria, con dei full immersion all'estero. Così vengono definiti quei corsi in cui si viene inseriti fisicamente nella loro realtà: presso una famiglia, oltre che in un aula con insegnanti del posto e a vivere appunto il resto della giornata in quel diverso ambiente, dove non è possibile usare la nostra lingua. Però, alla mia prima esperienza ebbi modo di riscontrare che anche questo tipo di investimento può risultare facilmente vanificato, se nel posto si trovano dei compagni della nostra lingua nazionale o pseudo tale, come lo spagnolo.
192 Questo si verificò nonostante, chi mi aveva organizzato quella pur sempre onerosa trasferta, tutte le attenzioni al risparmio, fosse a conoscenza di questo problema che in genere si riscontra nella gettonata Londra, e andò quindi a scegliere una località più lontana, per raggiungere la quale era però necessario il pullman. Fu così, che quando finalmente toccai terra all’aeroporto con un ritardo di tre ore, per qualche miracolo sono riuscito a prendere l'ultimo pullman, che loro invece insistevano a chiamare “bas”, e non so come sia riuscito, una volta salito al volo, a comprendere quale fosse la mia fermata; ma una volta toccato di nuovo terra, da dietro mi arrivò un'imprecazione in dialetto veneto, così realizzai in due secondi che quell’investimento sarebbe stato per delle ferie... che furono anche piacevoli. Ma tale, per me indispensabile abilità, si costruì soprattutto con gli anni di pratica che le varie attività mi portarono a dovermi relazionare con numerose e diverse figure, nelle diverse modalità, dirette e indirette, dove nella seconda c'era oltre allo scritto, la più temuta e difficile: quella telefonica. Successivamente, in una serata che si avvertiva in classe una certa serenità, ma non ricordo quale fu l'occasione, quei due tacchi da 8 portarono 49 davanti a me, rivolgendomi con simpatia: "Quando hai un momento possiamo parlare?" al quale risposi con un "Volentieri", ma per me era già un forte segno di riconciliazione e il ghiaccio tornò a sciogliersi, senza però accorciare le distanze e senza nemmeno il bisogno del parlare, che farà qualche apparizione nel successivo corso. Tuttavia questo accenno di riconciliazione comportò a lei, come fui messo al corrente molto più tardi, la diffidenza e presa di distanze da parte del gruppo in capo. Non mancò però l'occasione per tornare a formulargli un cenno di approvazione per le sue sofferte ma lodevoli interrogazioni,
193 comprendendo molto bene quel grande impegno che lei vi stava riversando dentro, in quanto si vedeva, nonostante il suo look da sobria trentenne, che non era più tale e quale, e fu una sorpresa quando venni a conoscenza, in occasione di una festicciola, la sua, che in realtà aveva raggiunto 'la vetta di mezzo'. Se notate un'incongruenza in questa sorpresa, avendo riportato l'età di tutti i compagni, quel dato di anzianità dei compagni, che non mi interessava per nulla appurare durante il corso, ci fu reso evidente quando furono riportati i nostri dati personali insieme ai risultati alla fine del corso. Ad entrambi però, non ci balenava nemmeno come battuta, per ottenere un occhio di riguardo per le nostre prestazioni mnemoniche, che risultano pure scientificamente a decadere con l'avanzare dell'età, così come è normale che una persona, presso quell'altitudine, sia ritenuto normale che venga aiutato in quella scalata sempre più ripida, da delle lenti per leggere i caratteri più piccoli, che molto spesso sono quelli molto più importanti; lenti che in entrambi ma anche in ± 45, erano ben evidenti. Mentre i compagni, non perdevano occasione per farsi una liberatoria risata, sulle battute che uscivano quando si riscontravano le problematiche in cui incorrono gli uomini con la vecchiaia; rispetto alla quale qualcuno a me vicino, indicava con il pollice verso sopra il campione presente, per sottolineare un'evidente carenza d'udito, che lui attribuiva alla senilità ma lasciai loro supporre quella diagnosi. Non mi andava di rendere noto la vera causa di quel problema, sarebbe stato interpretato come una scusa per defilarsi dal proprio stato, un non accettare quella odiosa insulsa connotazione al vecchio, che personalmente accettavo quale ottimo risultato, considerando quanto di più avevo guadagnato rispetto a quel che avevo perso, che si trovava principalmente nell'aspetto. E spiegargli invece, che il mio
194 deficit era stata la conseguenza di un banale setto nasale deviato che aveva comportato una sempre più grave patologia diventando cronica, rischiando la Meningite 89, che con quel corso apprendevo di cosa si trattava esattamente. Constatai infatti, che allora avevo rischiato grosso per una semplice otite emersa a sei anni, che degli illustri e cari detentori di laurea si erano affacciati, con tanto di lume sulla fronte, ficcando ben dentro in tutti miei condotti e orifizi superiori, ogni genere di strumento, ma non avevano edotto che il problema dell'accumulo di muco era dovuto all'occlusione del setto nasale che comportava oltre che il blocco della sua fuoriuscita, anche come conseguenza, la scarsa ventilazione delle laringi, con il ristagno e la proliferazione batterica, la quale, con la collaborazione dei loro acuminati ferri, e con i numerosi ed insistenti lavaggi, hanno gradualmente si è corrosa tutta la parte interna dell'orecchio. La gravità della mia situazione, mi fu resa nota molto più tardi, da un giovanissimo medico in divisa che mi visitò presso l'ospedale militare di Roma, il quale come infilò dentro un occhio, si ritrasse con un salto sullo sgabello: "Oh mio Dio!" e dopo aver lanciato in aria: "Tenente! Venga a vedere!" Ritornò a osservare dentro, chiedendomi se ero al corrente di quanto andava a descrivermi, che dalle tonalità sembrava un meraviglioso universo. Mentre a me arrivò la notifica del congedo che mi prescrissero quasi immediatamente, raccomandandomi di provvedere subito con un intervento, per chiudere quella porta che stava spalancata all'ingresso per il cervello, a far entrare virus o batteri, per appunto evitare di contrarre quella terribile patologia. Ovviamente al mio rientro mi recai dal rinomato specialista che mi aveva in cura già da tempo e probabilmente mi rassicurò quel tanto che continuai a fare quel che facevo prima, incluse le sue visite a pagamento. Da notare che la mia attività per quasi tutto quel periodo era presso un ambiente ad alta esposizione batterica quindi il rischio era da prendere ancora più in considerazione.
195 Questo problemino mi fu risolto dieci anni più tardi, grazie all'insediamento di un nuovo primario in quel reparto, del quale si sparse subito la voce, che arrivò pure alle mie orecchie che diceva che si trattava di un bravo luminare che aveva praticato negli Stati Uniti. Fissai subito una visita e lui dopo aver ascoltato la mia storia, andò a controllare la situazione informandomi che sarebbe stata necessaria, non soltanto una completa timpano plastica, ma anche la ricostruzione del setto, e questa andava fatta immediatamente. Però il luminare si disse anche lui sorpreso del fatto che quella patologia non fosse evoluta in qualcosa di più grave, anche perché avevo smesso anche di fare visite specialistiche. Lo informai che avevo assunto delle cautele per mantenere il condotto uditivo arieggiato, con una regolare pulizia antisettica ed evitando l’entrata di acqua. E quando si raggiunse il suo primo obbiettivo, ricordo ancora la bella sensazione di tornare a respirare, di sentirmi libero da quell'impedimento, con perenni raffreddori, accreditati a delle allergie, con i frequenti e ripetuti controlli, con ogni sorta di prescrizione che risultavano dei palliativi; senza però, con il secondo intervento, recuperare totalmente le frequenze perse. Frequenze che vidi per la prima volta segnate su un grafico, che disegnavano in quella che era pur sempre una parabola discendente, un leggero miglioramento alle mie carenze, sempre grazie al medesimo chirurgo che voleva così darmi conto del miglioramento, dopo aver provveduto alla meticolosa ricostruzione dei piccolissimi organuli interni che erano andati totalmente persi. Il caso ritenne di farmi incontrare durante il ricovero il precedente primario, quasi irriconoscibile in borghese, che stanziava in quella che non era più la sua corsia. Sembrava più piccolo, senza nessuno attorno, incastrato dentro la parete verde, con testa spalle e braccia abbassate, in attesa di qualcosa; ci guardammo e non gli consegnai nient'altro riportando lo sguardo davanti, convinto che quella folla di pazienti, che avevano riempito in pochi giorni il suo reparto e
196 impegnato la sala operatoria per mesi, gli stavano già consegnando qualcosa di molto forte. 3.8 Con la verifica di francese L'attento osservatore †43 aveva però notato qualcosa che non andava anche nel nostro terzo elemento, di quel trio diventato un gruppo sempre grazie a quel generoso Social, che stranamente non si rendeva così disponibile alla collaborazione con la sola materia, matematica, in cui risultava in effetti, essere più preparato; prima lui e poi anch'io, gli avevamo chiesto di buttare giù uno schema con l’elenco delle regole di quanto si era fatto in classe, ma quel foglio, peraltro un po' deludente, si fece chiedere più del dovuto. In occasione della prima verifica di Francese, il matematico mi stava proprio a fianco ma ciò non era affatto necessario per notare il suo grande disagio, e una volta che io e †43 fummo usciti, avendola entrambi completata prima del termine, andavamo a condividere la penosa scena che avevamo assistito: "Hai visto che aveva il foglio ancora bianco?", "si ho visto, ed era anche molto nervoso", "Però è comprensibile, me l'ha detto lui che non ha mai fatto francese", e convenimmo che trovarsi al terzo anno delle superiori senza alcuna base in quella materia doveva essere un problema serio.
197 Quando venne il giorno della consegna di quella verifica con i risultati, †43 iniziò a farmi capire già con le espressioni, senza aspettare la pausa, che l'amico Fritz, quello che ci aveva conquistato, quello che ci aveva portato a consegnargli la nostra stima, non ce la stava raccontando giusta. L'amico si presentava come una persona a modo, rispettosa e gentile: il classico catechista, carico di buone maniere con la faccia da bravo ragazzo, che suona la chitarra nel coro della chiesa. L'aspetto era appunto sobrio, con tanto di occhiali neri da intellettuale, con un lavoro in una fabbrica distante “tanti chilometri” che gli comportava, come ci rendicontava, levatacce al mattino e le conseguenti corse, per raggiungere piegato e ancora in affanno il suo banco. Tale postura gli permetteva però il suo puntuale saluto ossequioso che sappiamo essere lusinghiero a chi lo riceve davanti, e tutt'altro per chi sta, pure seduto, dietro. Inoltre nei mesi successivi andrà a rendere noto, soltanto a quelle che si susseguivano lì davanti, che la moglie era in attesa di una bimba; e con quella notizia gli si collocherà stabilmente sopra il suo rigoglioso cespuglio nero, l'aureola. Era quindi, soltanto lui che si dimostrava essere quello con maggiori difficoltà, il più provato, da fargli cadere la testa sul banco e si addormentava, proprio lì, davanti alla prof d'igiene, e lei nel sorridere soavemente a quel capo sopraffatto dalla stanchezza: "E' dura eh!? Come la capisco, ma come la capisco...". | Mentre quella scena mi spiegava qualcosa che non avevo mai compreso, cioè mi ero sempre chiesto quale fosse il senso di parlare ad una persona addormentata. Con questi studi invece ho appreso che non è del tutto inutile, e ne vedremo il perché quando parleremo fra poco di una particolare caratteristica della nostra mente | Ed era soltanto per lui quella lettura delle sue performance al termine dell'interrogazione di Psicologia: "Hai una certa difficoltà ad esprimerti ma so che le cose le sai... ti dò otto, ti va bene?".
198 Così come quella di diritto, di fronte alla sua classica esibizione caricata di: "Dovrebbe essere..., mi sembra..., mi pare...", "ah ah si è vero...", "no no per carità"... lei seria e soddisfatta: "Non sei stato preciso, ma mi è piaciuto l'esempio che hai portato, ti dò otto". Otto per lei, ma non solo, era il massimo che raramente si era visto assegnare a chi come 49√ , che esponeva perfettamente la definizione con i termini esatti, mentre quando il mio vicino di banco, dopo aver pure lui consegnato, visto il grande risultato, un esempio in una interrogazione, che di certo a lui non mancavano quale dirigente in un'azienda con un certo numero di dipendenti, riportava deluso al banco un sette, e mimando la sua voce: "I termini mancano, i termini precisi voglio... “ “Vedi! pure l'esempio non è servito!". Sempre il caso volle, che nel fare una ricerca di psicologia mi imbattessi su una parte che l'insegnante ritenne in quel corso di saltare, dove veniva spiegato l'effetto alone, che non conoscevo espresso in quel modo e molto chiaramente. All'interno del capitolo, si leggeva quanto affermava lo Psicologo Edward Thorndike 90 (si è difficile da leggere, questo è solo un esempio di termini da memorizzare, che è già ostico soltanto da trascrivere, aspetta, o sarà per questo motivo che l’abbiamo saltato?) che ha approfondito ulteriormente come funziona l'apprendimento nell'uomo: - Nel 1920, Thorndike dimostra sperimentalmente l'effetto alone, una delle cause più comuni degli errori di giudizio, specialmente in ambito scolastico e nella selezione del personale... Per eliminare questa distorsione cognitiva oggi si usano procedimenti metodologici e statistici molto complessi che rendono più obiettivo l'uso dei test per le valutazioni. -
199 "Dove sono!? Hai visto mai tu!?" furono le domande che rivolsi al mio compagno, dopo che ebbe letto quanto stava nel suo libro, ma era un sfondare una porta aperta, lui infatti si diceva di aver visto molto più avanti, rendendomi nota un’altra teoria, quella del: "il Prescelto". Lui era convinto che la spiegazione di quella sfacciata anomalia, fosse dovuta dalla Scuola stessa, la quale, con l'intento di mantenere smalto e prestigio, puntasse su un elemento che facevano uscire con un brillante centodieci e lode, e questo qualcuno, secondo la sua logica e grande conoscenza sul come accadono le cose nel mondo, era stato imposto dall’indice di un Qualcuno molto importante. Non riporto le sue, ne riporterò le mie deduzioni, circa tutte le stranezze, che in ambito investigativo vengono chiamate coincidenze, che lui aveva annotato sul suo taccuino mentale, ma che sicuramente saranno saltate all’occhio dei lettori più attenti. Quando venne appunto la sera della settimana seguente, con la consegna della verifica in gallico corretta, durante la pausa, †43 iniziò a svuotare quel sacco che si era fatto ancora più gonfio: "Questo ci sta prendendo in giro, come è possibile che uno che non ha mai fatto francese, che durante la verifica aveva il foglio bianco, mentre noi due lo avevamo già consegnato da un pezzo, lui prenda dieci meno!!? E io che francese l'ho studiato per anni e lo conosco bene prendo nove?! Significa che questo non ha sbagliato nemmeno gli accenti !!" Allora mi racconta ciò che lo aveva più infastidito, quando dopo aver visto il suo eccezionale risultato, il più alto di tutta la classe, gli aveva chiesto in modo bonario "Hai copiato vero?!" E mi dice che ha negato. La cosa lo irritò molto ma non lo assecondai più di tanto, in quanto sono orientato a farmi un’idea in base a dei riscontri personali, pur tendendone conto perché la sua convinzione poggiava
200 anche su qualcosa che avevamo visto entrambi ma si trattava pur sempre di una deduzione logica non di una prova certa. Ma lui già il giorno seguente mi informò che aveva puntato il suo radar, suoi movimenti dell'eccellente, e sapevo quanto sarebbe stato accurato, perché con il suo lavoro iniziava molto presto al mattino per effettuare dei controlli o delle assistenze, e in alcuni giorni lui transitava per le strade prossime alla sua azienda che aveva sede nella nostra cittadella dove era necessario attraversarla per raggiungere diverse destinazioni; e alla sera mi arrivò: "Hai capito il Siignoore!? Sono diverse mattine che lo vedo verso le otto, sereno e sbarbato, che con la sua macchinetta che va verso... e poi lo vedo verso le sedici, tornare da quella parte.. Quindi il Ssignoore, ha il tempo di tornare a casa, fare le sue belle cose, lavarsi, cambiarsi, dare un bacio alla moglie e venire a scuola... proprio bravo il Signoree...." Non c'era bisogno però, con ciò che aggiunse dopo il mio compagno, informandomi su quanto non era a lui affatto possibile, che quasi sempre arrivava direttamente in aula con l'abbigliamento impregnato di almeno dodici ore di attività, rilasciando i vapori dalle estremità inferiori, appesantite dalle rigide scarpe anti infortunistiche, che provvedeva a stendere nella zona circostante. Ricordo che spiegò alla mia faccia interrogativa, il perché portasse quelle pesanti calzature con la sua qualifica, dicendomi che si era offerto di fare da tester sulla qualità e confort, ma rimasi con la mia perplessità, la quale non aveva certo bisogno di una spiegazione scientifica al suo problema. Due settimane dopo, arrivarono in sequenza sempre nella sede più lontana, due verifiche: quella di Storia e di Italiano. Caso vuole che con la prima, con un'occhiata fortuita poco prima dell'inizio, vidi l'eccellente che mi stava sul banco accanto, che aveva l'avambraccio sinistro steso sopra, completamente rivestito di biglietti attaccati con
201 lo scotch, e che immediatamente andava a coprire con la manica, alla vista dei miei occhi sbalorditi. E durante la successiva verifica di italiano, per la quale si era distanziato, sopra al banco stava con il suo consueto atteggiamento di grande difficoltà, con davanti il foglio bianco, per poi ogni tanto far scendere la testa appoggiando i capelli sul bordo così che gli occhi potessero consultare il telefono che teneva appoggiato sopra il ginocchio. Posizione alquanto scomoda, perché andava a formare un triangolo acuto sul retro, che Pitagora stesso si sarebbe rifiutato di calcolare. Ancora non bastò a farmi indignare e prendere posizione, perché ancora non potevo credere a quanto stavo vedendo, e non accennai nulla a †43, non volevo alimentare un fuoco che già divampava anche perché non lo accettavo nemmeno con me stesso. Quella discrezione servì a poco. Dopo che arrivarono i risultati di quelle due verifiche, nelle quali avrebbe dovuto essere lui a spiccare maggiormente, quanto meno in quella di storia che era la sua passione, inviò un audio nel nostro trio dove con un tono acceso, dentro una difficile compostezza, chiedeva a tutti i membri di non essere più definito "Mostro", e aggiunse che da quel momento in avanti si sarebbe offeso se fosse stato definito ancora come tale, perché i risultati stavano dimostrando che il mostro era un altro. Ho riportato solo una parte di quel vocale, risparmiandovi quella in cui era riuscito a far stare dentro il messaggio il mostro una decina di volte rispettando la sua identità. Il messaggio era rivolto al terzo membro del nostro trio, che aveva l'abitudine di usare quel "Sei un mostro!" ogni volta che qualcuno dava prova in modo brillante delle proprie competenze, rispondendo a delle domande a sorpresa o fornendo delle integrazioni a quanto
202 l'insegnante stava esponendo; cosa che non potevamo restituire in quanto lui non interveniva per nulla, se non per raccontare un aneddoto o per aggiornare le insegnanti, ma non tutte, sui progressi del feto mostrando le nuove foto delle ecografie. Dopo aver inviato l'audio, come sempre accadeva, mi chiamò per riversarmi senza giri di parole quel che pensava del soggetto dietro la maschera del mostro, e concludere: "Dobbiamo fare qualcosa perché non credo sia il solo", e partì la sua caccia al disonesto. Io evitavo di interessarmi, ne tantomeno andavo ad allungare gli occhi oltre la mia discrezione, mentre lui, non so come, riusciva a vedere o sentire i risultati di quasi tutti i compagni, che puntualmente mi scriveva a matita su ciò che avevo sul banco; e questo, sia che fosse quaderno o libro, mano a mano che ne intercettava uno, a volte aggiungendo a fianco: "Ha copiato". Mentre quello che non potevo non vedere, era la soddisfazione che montava nell'Eccellente quando gli veniva consegnato il suo lavoro, che come leggeva il risultato diventava nero rossastro per la difficoltà di mantenere l'espressione di indifferenza. Fatto sta che quell'onda anomala che esondava dal telefono, con dentro disprezzo e richiami alla giustizia e correttezza, mi riportò presso quel grande tavolo, dove con quei frastornati docenti mi ero impegnato con: "...Noi siamo persone adulte che non facciamo giochetti", parole che andarono a far scattare, come un salva vita di una casa, il mio senso di responsabilità per la parola data, dentro peraltro una veste e sede ufficiale. < Si, ......., sono profondamente deluso. Con un'altra persona non avrei scritto nulla e avrei preso le distanze, ma ti scrivo proprio perché sono ancora convinto che tu sia una persona onesta. Ma solo tu puoi porre rimedio in ciò che hai sbagliato. Io ti ricordo che mi sono speso, ho speso la mia parola garantendo ai professori che noi siamo persone adulte, serie ed oneste: che non fanno giochetti. Per questo motivo mi sono pure subito le critiche ed antipatie.
203 Ma per questo motivo c'è chi ci da più fiducia. Per me questa cosa è fondamentale, e non voglio rinunciare ovvero tornare ad avere una situazione di sfiducia e controllo. Non voglio essere trattato come un ragazzetto che fa il furbo. Ho chiesto questa cosa convinto che anche gli altri avessero il mio sentire, ma non mi aspettavo certo che uno del trio arrivasse al punto di fare quello che hai fatto tu. Io posso capire ma è comunque sbagliato, quell'uomo che ruba per mangiare, per portare a casa.. ma tutt'altra persona è chi ruba per arricchirsi, per mostrarsi più bravo degli altri. E ovviamente negare. Se tu vuoi continuare ad agire in quel modo, abbi la cortesia di farlo allontanandoti da me. Al mio fianco voglio avere una persona onesta e leale. Ora decidi tu cosa fare, perché io sono nell'imbarazzante situazione di dover andare a comunicare, che non siamo persone che meritano la loro fiducia. Ovviamente ciò comporterà che i miei compagni non gradiranno, e vorranno sapere i nomi ecc. un casino.. Ma non sono io ad aver sbagliato, io ho solo una faccia ed una sola parola. Oltretutto sono un padre, che vuole e deve essere coerente. Ti invito a non farti vivo con me per raccontare scuse o balle. Avrai il mio rispetto se saprai fare quello che è giusto: restituire il maltolto. Chiaro che servirà del tempo che le cose tornino come prima. Ti invito ad agire questa sera stessa, perché io non ho intenzione di stare molto in sospeso. > Lui cercò di contattarmi ma lo ignorai, non volevo assolutamente assistere per l'ennesima volta, alla vomitevole scena di chi nega anche di fronte all'evidenza, che avevo già ravvisato dal suo messaggio: <Ho parlato con †43 e ci siamo chiariti, se hai un attimo ti chiamo> mentre †43 dall'altra parte mi scriveva che non aveva chiarito nulla, e tornai a digitare: <Ho ben chiara la situazione. Se vuoi parlare con qualcuno fallo con tutti e soprattutto con i professori, da persona onesta ovviamente>.
204 3.9 Il metodo Escargot, no, non quello del Fibonacci La sera dopo ci fu la verifica di psicologia, ma ero preparato e ciò mi diede l'occasione, finendo prima del tempo, di smaltire la tensione temporeggiando la consegna, così sollevai lo sguardo sulla classe. L'Eccellente, che mi stava davanti, si era attorcigliato in una posizione ancora più difficile, che solo un contorsionista può sentirsi a suo agio. Sopra quel banchetto verde, delle stesse dimensioni che hanno i bambini delle elementari, riusciva ad appoggiare tutto il braccio sinistro che curvava verso l'interno, premendo la testa sopra la spalla per appoggiarvi pure quella, facendo stare dentro quella posizione a chiocciola, il foglio, sopra il quale erano appoggiati gli occhi, dove sicuramente mancava l'aria oltre che la luce. Era impossibile vedere cosa stesse facendo dentro quell'abbondanza, alla quale lui aveva aggiunto, giusto per dimostrare quella sua abilità, anche una nuova giacca da neve, con giustamente il cappuccio di pelliccia, di almeno due taglie più grande. Questo lo si capiva perché, oltre che dalle spalle larghe un metro, le maniche coprivano le unghie anche con la prova del gomito. Mentre vedevo chiaramente alla mia sinistra, i gesti appoggiati sopra un marcato labiale, tra la compagna che era rimasta al suo posto, al centro, e l'altra che si era spostata presso la parete laterale, rimanendo però perplesso su quanto potesse essere utile alla prova quello scambio.
205 Nel frattempo si era alzato il collega rappresentante Ω20, che era sempre il più veloce a consegnarla, a prescindere che fossero complete, e quando l'insegnante gli fece notare quello che gli fu subito evidente, aggiungendo: "...hai altro tempo se vuoi completarla", lui, come quando le mamme ci provano, per distogliere il “figlioletto”, da quel maledetto affare, inventandosi la decima sinonimia del tipo: “Metto sul piatto?”, “Vuoi del formaggio?”, "Dai che poi si raffredda"..., lui rispondeva secco e sbrigativo: "Questo è quello che so". Probabilmente quel silenzioso rovistare dentro l'astuccio, non gli aveva fornito la penna giusta ma di questa sua particolarità, durante le verifiche, fui aggiornato molto più avanti. Decisi quindi di uscire da quell'atmosfera, e nell'alzarmi per andare a consegnare la prova, mi girai verso il banco che stava dietro e un occhio si orientò sul foglio della compagna -22, che mi confermava che era in difficoltà, e alla sua espressione interrogativa, appoggiai l'indice su una risposta a crocette. Una volta usciti, ci seguirono subito dopo le due ragazze del centro, che ora si passavano quelle parole da vicino e una mostrava all'altra l'interno della mano dove erano state annotate. Ascoltavo e osservavo, cercando di capire quale fosse la differenza con l'Eccellente e realizzai che quelle ragazze cercavano di boccheggiare appena sopra la sufficienza, che quindi non ambivano al massimo risultato, ne prendevano in giro i compagni. Il malfatto era palese ma con la dovuta discrezione rispetto all'insegnante. Infatti, la cosa strana che in quel periodo non avevo invece considerato, che da quella postazione, che aveva di fronte a sé la panoramica di tutta la classe, chiunque, se anche gli occhi fossero stati orientati sul monitor, e se anche avesse avuto delle carenze di udito, sarebbe stato consapevole di quanto stava succedendo fra i banchi.
206 Quando stavamo rientrando in classe mi affiancai al collega Ω20 e decisi di chiedergli cosa pensava del copiare. Puntai su di lui non soltanto perché era il rappresentante ma perché godeva di un certo ascendente con i compagni; credo per quel modo di esprimersi così forbito che da l'impressione di una spiccata intelligenza e vaste conoscenze. Su questa modalità di valutare l'intelligenza però, sono stato corretto da quanto, ancora una volta, mi hanno erudito gli studi presentati in quel corso. Quello che emergeva in Ω20 era la padronanza di un linguaggio ricercato, determinato dalla ricchezza del suo lessico che fa appunto supporre delle profonde conoscenze. Si poteva così supporre che il suo Quoziente Intellettivo 91 fosse il più elevato della classe, ma anche questo può essere il segnale di una predisposizione, di un potenziale, che per la psicologia l'intelligenza invece è: - La capacità di rapportarsi in modo nuovo e diverso per risolvere problemi sempre più complessi. - Un esempio di non intelligente è il nostro computer che ancora non viene definito tale, pur essendo in grado di "memorizzare" in modo preciso, ed utilizzare moltissime informazioni rispetto all'uomo. Però, l'aspetto paradossale è che se si fosse applicato lo stesso metodo di valutazione alla macchina che veniva utilizzato con noi, qualsiasi computer quelle prove le avrebbe superate brillantemente. In altri termini, i parametri di valutazione della scuola sull'uomo sono quelli che si potrebbero utilizzare per valutare le capacità di memorizzazione di un computer, e infatti il complimento che viene elargito a una mente brillante: "Sei come un computer!".
207 Può sembrare una banalità ma da qualche decade esso è diventato l'elemento a cui fare riferimento, mentre prima erano sicuramente e solamente degli uomini con le loro caratteristiche, pur sempre umane, a far da parametro. Tuttavia la definizione umana dell'intelligenza, che ho riportato sopra, ce la presentò il nostro primo insegnante, con il medesimo tocco del noto psicologo pedagogista H. Gardener 92, il quale, oltre ad essere vivente, recentemente ha studiato a fondo tale caratteristica nell'uomo, dando una spinta evolutiva a quel criterio di valutazione con un numero, sviluppando l'affascinante teoria delle intelligenze multiple 93, dove lui spiega lo straordinario e vario potenziale dell'uomo nei diversi ambiti che ciascuno esprime, in modo diverso. E così in un primo momento rese note queste intelligenze, per poi successivamente, consegnarne ancora tante altre: • Intelligenza logico-matematica • Intelligenza linguistica • Intelligenza cinestetica • Intelligenza musicale • Intelligenza interpersonale • Intelligenza spaziale Ma egli dedusse anche qualcos'altro, credo di ancora più interesse, che vede, pensate un po', la scuola quale elemento attivo per stimolare questo valore aggiunto nell'uomo, 'termine', l’intelligenza, che però in quel contesto non veniva mai espresso, sicuramente verbalmente, da far pensare che sia un vero e proprio tabù, così come lo è sicuramente un'altra parola che non deve essere tanto meno messa in atto: la competizione. No, non ho appurato il perché, forse perché avvertivo che mi sarei scontrato ancora una volta, e la mia esperienza in quell’ambiente, mi diceva che non ne valeva la pena, sarebbe stata una discussione senza fine, tra chi quella dinamica la conosceva e l'aveva vissuta, constatando invece la sua efficacia per il miglioramento, e che dalla quale, nel mio ex mondo reale intendo, non ci si può neppure sottrarre, perché è in ballo la propria sopravvivenza, rispetto a chi
208 invece non è obbligato a competere con nessuno per mantenere il proprio reddito cioè il proprio posto di lavoro. Mentre, come dicevo, era molto interessante quanto veniva espresso nel libro: - L'intervento educativo auspicato da Gardner non è quello di un'istruzione nozionistica ma di una mediazione didattica che di fronte all'imprevedibilità delle esigenze dell'adulto del futuro, favorisca la comprensione di contenuti basilari e soprattutto la padronanza degli strumenti di accesso ai vari ambiti culturali, affinché il soggetto possa costruirsi il proprio sapere in autonomia anche attraverso la possibilità di scelta di quei saperi maggiormente affini alla propria natura. - Ed infatti in quel contesto, i risultati del nostro Ω20 non dimostravano il suo talento, come del resto mi era noto che lo stesso Albert Einstein non brillasse in un primo momento a scuola. Guarda caso, andando ad approfondire l’argomento, appurai che fu per dei metodi di insegnamento che lui non approvava, che entrò in contrasto con gli insegnanti, ed è soltanto a seguito il suo trasferimento all'estero, dove ha potuto frequentare un altra scuola, che successivamente l'umanità ha ottenuto quanto quel genio gli ha regalato. A confermare questa teoria fu il nostro stesso compagno nell'informarci sul tipo di impegno che dedicava all'argomento da studiare, che spesso si trattava di una veloce lettura prima della prova, e quindi utilizzava la sua capiente capacità mnemonica, per superare quel percorso che non lo interessava così tanto. Sicuramente non come, con ciò che il telefono lo impegnava perennemente, ma non era il solo, dal quale non riuscivano a staccarsi neppure durante le lezioni. Salvo non intervenire, come un tuono dopo il lampo, ovvero quando il suo ascolto dicrotico 94 gli aveva recapitato ciò che un professore aveva pronunciato cinque minuti prima, tempo
209 necessario al suo processore per riconoscere un termine e collegarlo ad un argomento di suo forte interesse, di ordine etico-morale come: l'aborto, la genetica e qualcun altro che ora non ricordo. Ma credo che interesserà riconoscere anche in voi stessi, che questo tipo di ascolto inconscio è quella particolarità che ha la nostra mente di ascoltare qualcosa oltre a ciò che stiamo prestando attenzione davanti a noi. Cioè quando essa capta qualcosa di importante che proviene dal di fuori di una sfera relazionale, dove si è impegnati ad ascoltare qualcosa di diverso. Si tratta di un processo che si attiva inconsciamente, che memorizza quell'informazione, e che in un secondo momento, ma non necessariamente immediatamente, viene inviata alla parte consapevole. La cosa ancora più sorprendente è che alcune informazioni indirette, pur non avendo la nostra attenzione diretta, rimangono memorizzate per un certo periodo di tempo, tornando involontariamente presenti a distanza di tempo. Mentre la risposta del collega sul copiare si rivelò in linea con la sua idea di dovere civico che si basa sul libero arbitrio: cioè che ognuno è libero di fare ciò che ritiene di fare, e che spettava agli insegnanti la dissuasione e il controllo. Di quel fatto increscioso che i miei occhi videro personalmente, parlai anche con la compagna di banco del Fritz che era una persona che godeva di una mia maggiore stima per una singolare reazione che ebbe durante una verifica nel precedente corso propedeutico. Come ho già accennato, quel corso di tre mesi l'avevo vissuto piuttosto all'acqua di rose, trovandomi di fronte anche a situazioni che, rispetto a come era cambiata la situazione con l'anno accademico in corso, sembreranno cose dell'altro mondo. Le verifiche si facevano senza isolarsi, cioè non ci si staccava dagli altri compagni e non si veniva richiamati se ci si scambiava una parola ma un insegnante, andava ben oltre. Il suo metodo prevedeva che durante la prova, tutti avessero a disposizione la dispensa con gli
210 argomenti trattati, per sostenere la verifica. Intuii quindi che questo consentiva allo studente di utilizzare quella fonte come se quel metodo fosse un modo per imparare, senza ovviamente trascrivere le definizioni ma argomentando la risposta in modo personale, dimostrando così di aver compreso quanto veniva espresso. Non fu proprio una sorpresa quindi, quando riscontrai, sempre dalla nostra preziosa fonte, in un capitolo che avevamo affrontato, dove degli studiosi mettevano in risalto una diversa modalità di apprendimento più efficace, che consisteva nel fornire delle indicazioni per stimolare la cosiddetta zona di sviluppo potenziale 95, dimostrando che gli alunni riescono ad aumentare le loro capacità cognitive se vengono messi nella condizione di ragionare. A supporto di questa teoria il testo illustrava un esperimento condotto su due gruppi di studenti, dove al primo veniva assegnato un compito in modo consueto, e al secondo venivano date delle indicazioni. E come volevasi dimostrare nel secondo si ottennero i risultati migliori. Detto così capisco che può apparire ovvio, però non posso riportare tutta la spiegazione con tutti i dettagli di quell'esperimento e mi limito a trascrivere un passaggio di quello che il libro riportava a conclusione di questo argomento che lessi in classe durante un'assemblea, a supporto di quanto cercavo di spiegare ai compagni di ciò che a loro era evidentemente sfuggito, pur avendo studiato quel capitolo: - ... la pretesa che si possa trasmettere un sapere già confezionato è illusoria. Anziché trasmettere nozioni, l'insegnante dovrebbe progettare situazioni e ambienti dove gli allievi possano imparare attraverso esperienze il più possibile simili a quelle del mondo reale.- Ecco che questa spiegazione, va ad integrarsi con quanto ha affermato Gardner, andando così a collegare due teorie diverse di due appunto psicologi, che onestamente in quel momento non notai.
211 Andando invece ad approfondire per comprendere, il metodo del prof. di diritto, rilevai che psicologi e pedagogisti svilupparono quella tematica mettendo a punto un metodo definito Scafolding 96, termine che rappresenta una metafora, cioè il costruire un ponteggio, un supporto. Un'impalcatura dunque, che quell'insegnante di diritto aveva ritenuto di metterci a disposizione per costruire la nostra conoscenza su quell'argomento. Con la compagna ±45 era successo che mentre stavamo fianco a fianco per sostenere una verifica di scienze, mi accorsi, quando la ebbi ultimata, che le sue risposte erano ancora righe vuote, allora feci il gesto di fargli vedere il mio foglio, e lei, con mia sorpresa, si scandalizzò e si girò dall'altra parte. Una persona fermamente onesta pensai, quando però gli raccontai del comportamento del suo vicino di banco, lei non si dimostrò per nulla indignata, ne prese posizione contro quel fenomeno quando gli formulai la medesima domanda fatta al collega, e quindi assunsi io una posizione.
212 4. La sospensione, che non voleva nessuno < Mi sono preso alcuni giorni per riflettere, ma la mia posizione non è cambiata, rispetto a dei fatti che sono accaduti nella nostra classe e pare anche in quella dell'altro Istituto. Io mi trovo in una posizione molto imbarazzante, sia per i miei principi, sia nei confronti dei compagni onesti e anche nei confronti dei professori. Come sapete, io ho quasi preteso nel consiglio di classe, mettendo in gioco la mia faccia e credibilità, per chiedere di essere trattati da adulti responsabili. Ho garantito che noi non facciamo giochetti, per ottenere la loro fiducia. Ora io mi trovo nella posizione molto scomoda, di aver riscontrato che non solo, si scopiazza per "salvarsi" ma c'è chi copia per ottenere risultati eccellenti. Questo è inaccettabile, anche per rispetto di chi, con lealtà, accetta un voto insufficiente. Già mi immagino la faccia indignata della preside, che mi direbbe: "ha visto! non siete migliori degli altri!" Non ho quindi intenzione di subire anche questo. Se a voi sta bene continuare in questo modo, io mi ritiro.. > Non ci fu alcuna risposta e si aggiunsero invece sotto, numerose conversazioni per gli auguri di buon compleanno ad una compagna. Mentre a sostenermi, seppur dietro le quinte, oltre che dal vicino di banco, il quale si biasimava sentendosi responsabile della mia decisione, fu una compagna che non mi sarei aspettato. Era -22 che mi contattò per informarmi che riteneva giusta la mia posizione, anche lei era d'accordo che il copiare era sbagliato e che lei accettava i suoi risultati, anche se a volte erano scarsi ma mi esortava a rivedere la mia decisione e rientrare. Ovviamente non l'assecondai e dopo aver atteso altri giorni, non ricevendo alcun riscontro dalla classe, decisi che era necessario far prendere una posizione ufficiale a ciascuno di loro su questo malcostume e dare quindi un riscontro oggettivo al mio ritiro.