STUDI E DOCUMENTI DI ARCHITETTURA / 21
Numero speciale di: STUDI E DOCUMENTI DI ARCHITETTURA Rivista fondata da Luigi Vagnetti nuova serie - gennaio 2000 - N° 21 DIRETTORE: Giancarlo Cataldi VICE-DIRETTORE: Emma Mandelli REDATTORI: Alessandro Merlo, Michela Rossi CONSIGLIO DI REDAZIONE: Maria Teresa Bartoli, Gian Luigi Maffei, Paolo Vaccaro
NUMERO SPECIALE DI STUDI E DOCUMENTI DI ARCHITETTURA RIVISTA FONDATA DA LUIGI VAGNETTI NUOVA SERIE - GENNAIO 2000 - N° 21 LUIGI VAGNETTI ARCHITETTO (ROMA, 1915-1980) DISEGNI - PROGETTI - OPERE catalogo della mostra a cura di GIANCARLO CATALDI e MICHELA ROSSI
Copyright ALINEA editrice s.r.l. - Firenze 2000 50136 irenze, via A. Da Palestrina, 42 tutti i diritti di riproduzione anche parziale e con qualsuiasi mezzo sono riservati Mostra itinerante e catalogo realizzati con il materiale raccolto dall’Autore e conservato nell’Archivio Vagnetti del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura di Firenze, con il contributo di: - Presidenza della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze, - Dipartimento di Progettazione dell’Architettura - Sezioni Architettura e Contesto” e “Architettura e Disegno” Realizzazione e progetto graico del catalogo: Michela Rossi In prima di coperta: Particolare della facciata del Palazzo Grande a Livorno
MOSTRA ITINERANTE Firenze - Accademia delle Arti del Disegno - gennaio 2000 Anghiari (AR) - aprile 2000 Livorno - settembre 2000 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA LUIGI VAGNETTI ARCHITETTO (Roma, 1915-1980). DISEGNI - PROGETTI - OPERE a cura di Giancarlo Cataldi e Emma Mandelli
COMITATO D’ONORE: Lando Bartoli, Giovanni Battista Bassi, Paolo Blasi, Renato Bonelli,Franco Borsi, Salvatore Di Pasquale, Rosario Filosto, Gaspare De Fiore, Alessandro Gambuti, Francesco Gurrieri, Roberto Maestro, Gian Luigi Maffei, Anna Lisa Maniglio Calcagno, Laura Marcucci, Gabriele Morolli, Giulio Pediconi, Domenico Taddei, Ugo Saccardi, Gianfranco Spagnesi CON IL PATROCINIO DI: Accademia delle Arti del Disegno - Firenze Accademia “Francesco Petrarca” - Arezzo Centro Studi Luigi Vagnetti - Anghiari Comune di Anghiari Università degli Studi di Firenze Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze Dipartimento di Progettazione dell’Architettura di Firenze Un ringraziamento particolare alla Famiglia Vagnetti, per aver donato l’Archivio di Luigi Vagnetti al Dipartimento di Progettazione dell’Architettura di Firenze; si ringrazia inoltre il Dipartimento di Pregettazione dell’Architettura, nella persona del suo Direttore Carlo Chiappi, per la disponibilità dimostrata. Mostra realizzata a cura di Giancarlo Cataldi e Emma Mandelli COORDINATORE: Giancarlo Cataldi CON LA COLLABORAZIONE DI: Maria Teresa Bartoli, Massimo Battista, Silvana Benedetti, Enzo Crestini, Alessandro Giannini, Giulia Maraviglia, Alessandro Merlo, Michela Rossi, Maddalena Vagnetti
INDICE PRESENTAZIONE di Giancarlo Cataldi NOTE BIOGRAFICHE QUASI UNA BIOGRAFIA di Alessandro Giannini REGESTO DELLE OPERE a cura di Michela Rossi SCRITTI PRINCIPALI OPERE SCELTE CONTRIBUTI CRITICI LUIGI VAGNETTI A FIRENZE: LA RICERCA COME PROGETTO di Maria Teresa Bartoli LUIGI VAGNETTI E LA TRADIZIONE ITALIANA DEL RILIEVO URBANO di Giancarlo Cataldi LUIGI VAGNETTI E IL DISEGNO di Emma Mandelli IL PALAZZO GRANDE A LIVORNO di Alessandro Merlo LUIGI VAGNETTI: CONSIDERAZIONI SUL “CONTESTO” ROMANO di Giorgio Muratore STUDI E DOCUMENTI DI ARCHITETTURA indice dei numeri precedenti pagina 9 11 13 33 87 91 135 137 145 155 167 173 177
9 PRESENTAZIONE di Giancarlo Cataldi Questo è un numero veramente speciale di Studi e Documenti di Architettura, poiché costituisce il catalogo della mostra sull’opera architettonica del fondatore della rivista, Luigi Vagnetti, nel ventennale della scomparsa. E’ perciò un’occasione “retrospettiva” per rilettere su quanto è stato fatto inora, fare il punto sul presente, e “proiettarci” con le (buone) intenzioni nel futuro. C’è anzitutto nella vita (nei numeri) di Studi e Documenti una sorta di scansione temporale (ovviamente non programmata) che val la pena però di sottolineare in questa sede: con il primo numero “Omaggio ad Alberti”, nel dicembre del 1972 inizia la serie curata dal Professore, che si conclude con il suo magistrale numero doppio sulla prospettiva (nn.9-10) nel marzo del 1979; con l’undici si apre la nuova serie nel giugno del 1983 con “Omaggio a Vagnetti”, che si chiude (essendo passati ormai cinque anni da quella data) con il numero venti, nel luglio del 1994. Con questo numero ventuno su “Luigi Vagnetti, architetto”, che esce nel primo mese del primo anno del terzo millennio, diamo inizio dunque a una terza serie (di dieci numeri come le altre, se ne avremo il iato), che non dovrebbe comunque essere troppo diversa dalla precedente se non per il rinnovamento e il parziale ricambio della struttura redazionale. In una prospettiva di continuità e di lunga durata è necessario infatti che questo genere d’iniziativa sia concepita in maniera suficientemente lessibile per stare al passo dei tempi. A tale proposito, per quanto riguarda il passato, è quasi superluo rilevare le profonde trasformazioni che si sono avute nell’ultimo trentennio nell’università e nella società italiana, per non dire poi ciò che è avvenuto in campo tecnico nella composizione tipograica e nell’editoria, circostanze che hanno completamente cambiato il quadro (non solo produttivo) all’interno del quale nasce una rivista “universitaria” come Studi e Documenti. Il ché forse contribuisce a spiegare in buona sostanza le ragioni (diciamo così) dell’episodicità e della mancanza di programmazione con cui i vari numeri si sono ino ad ora succeduti. Ragioni che sono ovviamente legate a motivi contingenti di vario tipo, quali l’afluenza (occasionale e discontinua) di materiale da pubblicare, con argomenti a volte eterogenei, le numerose incombenze (a cui tutti noi siamo soggetti) di un mondo accademico frazionato, dilatato e freneticamente impegnato a star dietro a scadenze continue sempre più ravvicinate, che non lasciano il tempo di dedicarsi con costanza e serenità ad impegni culturali importanti come questo. Ma soprattutto la mancanza cronica di fondi, che vengono elargiti dai vari enti preposti con sempre maggiore dificoltà e minore dovizia, e che pertanto condizionano inevitabilmente - non garantendola - la regolare scadenza periodica. Tutto ciò non per giustiicare il ritardo con cui inalmente questa mostra s’inaugura, essendo passati ormai più di quindici anni da quando la Famiglia Vagnetti maturò la decisione di donare l’intero archivio del Professore al Dipartimento di Progettazione dell’Architettura. E da quando il sottoscritto con Emma Mandelli cominciò ad ordinare e a selezionare i tantissimi rotoli di disegni di un’attività professionale lunga e laboriosa, caratterizzata da più di cento progetti e di alcune decine di opere realizzate. Fortunatamente il proverbiale ordine (materiale e mentale) di Luigi Vagnetti ci ha facilitato il compito, soprattutto in chiave di redazione dei pannelli, avendo potuto usufruire in gran parte della documentazione che Egli era solito trasporre “in bella copia” nel suo curriculum che veniva continuamente aggiornato, allorché un determinato lavoro poteva considerarsi concluso. Si può dire che la Mostra è opera dello stesso Vagnetti, che oltre a lasciare una traccia assai netta del suo cammino professionale e didattico, la ha addirittura precisata in dettaglio, a tal punto
che i curatori non hanno ritenuto opportuno (selezione a parte) aggiungere alcun commento a quelli che il Professore stesso aveva personalmente apposto ai più di duecento cartoncini Bristol contenuti nelle cassette lignee (di mogano con i manici ottonati) appositamente progettate per il concorso a ordinario, riassuntive della sua attività. A differenza della mostra su Muratori (cfr. il numero 12, del giugno 1984, ampliato nel maggio del 1991 in occasione della mostra-convegno di Modena), realizzata senza poter consultare (né tantomeno usufruire) l’archivio Muratori, in questo caso il materiale era invece di gran qualità, originale, estremamente abbondante e articolato (disegni, schizzi, prospettive, tempere, foto di plastici, esecutivi, ecc). La fatica dei curatori, se così si può dire, è stata quella di “levare”, per mantenere le dimensioni della mostra e del catalogo in termini di spazio accettabili. Con i soli disegni d’archivio (tutti di altissimo valore graico e professionale) avremmo potuto benissimo realizzare un’altra esposizione non inferiore per quantità e qualità alla presente. Il cui (sotto-) titolo “Disegni-progetti-opere” intende appunto far riferimento non solo all’iter con cui di solito si procede nella prassi professionale, ma, in senso più speciico, alla grande varietà e ricchezza di documentazione dell’opera architettonica di Luigi Vagnetti. Alcune note inine sul catalogo. Che rilette ovviamente il carattere itinerante della Mostra. E che per tale ragione (non potendo tenere conto delle singole situazioni espositive locali) ha puntato soprattutto ad offrire al lettore un quadro il più possibile articolato di una personalità multiforme e complessa, come quella di un architetto che ha operato in un paese ricco di storia e di architettura come il nostro, in un trentennio dificile e tumultuoso come quello della ricostruzione e del boom economico del secondo dopo-guerra, sui due piani (diversi e complementari) della professione (nelle diverse accezioni scalari, dall’architettura all’urbanistica) e dell’insegnamento (nei due rami della didattica e della ricerca). Mantenendo sempre una grande coerenza e unità di visione, che a volte dall’esterno, in relazione ai cambiamenti sempre più rapidi di un mondo e di un’architettura che procedevano in direzioni diverse (e opposte) dalla Sua, poteva essere equivocata per rigida ed anacronistica, ma che in realtà, vista dall’interno, era il frutto sofferto “di fabbrica e di ragionamento”, una posizione forse “classicamente” vitruviana, che non trova purtroppo molti assertori di questi tempi. Sulla quale però è doveroso da parte nostra non tanto emettere giudizi, quanto offrire una documentazione il più possibile completa per una più attenta valutazione da parte degli storici futuri. Ecco perché alle selezione delle opere e dei progetti più importanti abbiamo ritenuto dover anteporre il regesto completo della sua opera (a cura dell’ottima Michela Rossi, studentessa dei suoi ultimi corsi iorentini). Che con la (quasi) biograia di Alessandro Giannini (che ce lo descrive dal punto di vista privilegiato - e a volte conlittuale - di osservatore familiare e di co-protagonista architetto e professore) dovrebbe concorrere a fornire un proilo completo (ancorché sintetico) di Luigi Vagnetti. Nella sezione conclusiva dei saggi critici i tre suoi assistenti “storici” iorentini (Emma Mandelli, Maria Teresa Bartoli e il sottoscritto) hanno cercato di mettere in evidenza i principali contributi della sua attività di studioso e ricercatore, relativamente a tre temi a Lui particolarmente cari, come quelli del disegno, della ricerca mensoria e prospettica, e del rilievo urbano. Sezione completata da altri due saggi, di Giorgio Muratore e Alessandro Merlo, che illustrano due momenti importanti della sua vita: e che trattano, l’uno della scuola romana nei primi anni della sua formazione universitaria, e l’altro della sua opera forse più importante e discussa: quel palazzo Grande a Livorno che Egli ebbe occasione di realizzare a soli trentacinque anni e che costituisce ancora oggi la principale opera di architettura “civile” della città labronica, a cui non a caso è stata dedicata l’immagine di apertura di mostra e catalogo. Giancarlo Cataldi
11 NOTE BIOGRAFICHE dai risguardi di copertina de “L’architetto nella storia di occidente” Luigi Vagnetti (Roma 1915-1980), architetto e professore ordinario nelle Università, ha studiato a Roma con A. Foschini, dove ha conseguito la laurea nel 1938. Parallelamente ad un lungo tirocinio didattico (1939-1961) come assistente di Composizione Architettonica nei corsi di A. Foschini (sino al 1954) e S. Muratori, ha conseguito due libere docenze in Composizione Architettonica (1948) ed in Urbanistica (1949) ed ha svolto per incarico il corso di Disegno dal vero in Roma (1950-63); in seguito è stato incaricato di Arte dei giardini in Palermo (1964-65). Nel 1962 ha vinto il concorso per la cattedra di Elementi di Architettura e Rilievo dei monumenti ed è stato titolare dei corsi della disciplina in Palermo (1962-65) ed in Genova (1965-71), ove ha diretto gli Istituti relativi; dal 1971 è stato direttore dell’Istituto di Composizione Architettonica I e II nell’Università di Firenze e titolare del corso omonimo. È stato visiting-professor nelle Università di Teheran (1964) e di Varsavia (1968 e 1972). Dal novembre 1973 è stato membro della I Sezione del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Sino dal 1943 ha svolto attività scientiica gradualmente crescente, dedicandosi in prevalenza allo studio dei problemi didattici del Disegno con numerosi articoli ed alcuni saggi; successivamente i suoi interessi si sono spostati sui problemi del rilevamento architettonico ed urbanistico, nell’indagine dei quali ha sviluppato personali ricerche sulla storia delle teorie speciiche e pubblicato alcuni saggi operativi su ricerche da lui coordinate. Dal 1954 ha attivamente partecipato con numerosi interventi al dibattito sulla riforma dell’insegnamento dell’architettura in Italia; ha inine concentrato le sue indagini sulla storia della formazione dell’architetto e ha svolto personali ricerche nel merito, condensandone i risultati in numerosi scritti. Per l’editrice Vitali e Ghianda di Genova ha diretto le collane “Architettura” (1958-71) e “Architettura del ventesimo secolo in Italia” (1969-71). Ha inoltre fondato e diretto le serie di Quaderni dell’Istituto di Elementi di Architettura e Rilievo dei monumenti di Palermo e di Quaderni dell’Istituto di Progettazione Architettonica di Genova ; dal 1972 ha diretto il periodico Studi e Documenti di Architettura in Firenze. Ha svolto prolungata ed intensa attività di progettista isolatamente o in collaborazione, tanto partecipando a concorsi nazionali ed internazionali per opere architettoniche o urbanistiche (oltre 30 concorsi coronati da numerose vittorie o premi) quanto esercitando la professione di architetto particolarmente impegnato nello studio di ediici pubblici, religiosi, complessi residenziali, nella problematica dell’incontro tra antico e nuovo e nella ricerca della deinizione esatta dei rapporti tra struttura, funzione e forma architettonica (oltre 65 progetti, dei quali 40 realizzati). Tra le opere costruite più signiicative sono: il Palazzo e CinemaTeatro Grande in Livorno (1949-52); il complesso Ina-Casa “Due Madonne” in Bologna, in collab. (1953-56); la sede della Banca d’Italia in Cremona (1954-59); il Palazzo dell’Urbanistica in Roma-Eur, in collab. (1954-55); la sede U.D.A.C.I. con Cappella in Roma (1955-58); il Santuario “Incoronata” presso Foggia (1955-71); il complesso Ina-Casa “Ponte Mammolo” in Roma, in collab. (1956-60) l’Istituto “M. Riboldi” in Roma (1959-63); il complesso parrocchiale “Nostra Signora della iducia” in Bologna (1960-73); la chiesa parrocchiale “Crocecoperta” in Imola (1961-63); il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni in Roma-Eur, in collab. (1962-73); il Palazzo San Matteo in Palermo , in collaborazione. (1962-65); il complesso parrocchiale “San Timoteo” in Roma Casal-Palocco (1963-69) due ediici di civile abitazione, negozi e ufici in Palermo, in collaborazione (1967-72).
Dal 1947 al 1950 ha diretto l’Uficio Progetti della Società Generale Immobiliare in Roma; dal 1960 al 1970 ha diretto il Bureau d’Etudes di consulenza urbanistica del Governo tunisino per le regioni nord-occidentali di quel Paese. Premio della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la Cultura nel 1962. Accademico delle Arti del Disegno (Firenze, 1967); Accademico di San Luca (Roma, 1970); corrispondente ed in seguito presidente dell’Accademia “Francesco Petrarca” di Arezzo (1971).
13 1 - L’UOMO, L’ARCHITETTO, L’INSEGNANTE. Non è facile scrivere di Vagnetti. La sua igura è assai tipica del tempo, ne riassume le speranze, le delusioni, le cose serie. Per parlarne bene, senza fare torti o errori gravi, bisogna farlo da un punto di vista alto e comprensivo. Questo scritto, ad esempio, accompagna una mostra dei lavori di architettura: perciò chiama in causa solo il secondo dei tre aspetti del titolo. Ma per nessun uomo di questa epoca, e in particolare per Vagnetti, è possibile separare i tre aspetti anzi, la loro compenetrazione e sintesi è essenziale per deinirlo (oggi questi uomini “a blocco”, sintetici, sono meno comuni, forse a causa della corruzione dell’educazione liceale classica). Soprattutto, Luigi Vagnetti è stato uomo moderno e la vita di un uomo moderno è tutta condizionata (negli interessi, nelle scelte, negli esiti) dalla sua coscienza rilessa. Dentro ogni aspetto è presente, cioè, il rilesso di tutti gli aspetti e non si può non tenerne conto, se no la igura di un uomo inisce con l’essere un enigmatico gioco di specchi. Per questo motivo scorreremo le tre facce del nostro personaggio secondo l’ordine del titolo ed entro ciascuna - nello stesso ordine - guarderemo i tre rilessi sforzandoci di restituire la igura a tutto tondo. 1. 1 – La personalità dell’uomo Uno grande è il capitolo dell’uomo, uno piccolo la personalità. Questa accompagna le circostanze: quindi bisogna parlare dell’ambiente. Vagnetti aveva un aspetto esterno fragile che rivestiva un animo molto forte. Era un animo fondamentalmente competitivo: ma in quale competizione? La sostanza di un personaggio-tipo di quegli anni (Luigi Vagnetti era nato nel 1915) è la pulsione a crescere, la spinta verso l’alto, la volontà di potere (detta libertà dell’individuo). In poche parole, il successo individuale. Non fattore di conlittualità ma elemento del generale accordo di esistenza basato su una forte stratiicazione sociale (classista) e sul sistema di cooptazione verso l’alto dei ritenuti migliori (per nascita o vocazione) in uso prima della seconda guerra. La professione in quanto lavoro, l’insegnamento in quanto carriera erano binari di corsa di questa espansione personale in un liquido sociale creduto immutabile (sempre si crede che il mondo in cui si vive non cambi mai). Luigi Vagnetti era formato ad essere un personaggio di questo tipo, come, in fondo, tutti quelli che erano o volevano diventare professionisti. (Il professionista era proprio questo: un imprenditore della virtù di se stesso). Dopo la laurea, nel ’38, Vagnetti si lancia alla conquista dell’avvenire “col pugnal tra i denti”, avanguardisticamente e romanamente, nell’università e nella professione: è un ragazzo ambizioso, un favorito dal destino. Ma il drastico cambiamento delle condizioni di vita causato dalla guerra umilia il ragazzo, ne distrugge gli ideali, rinvia l’inizio della vita ad un incerto dopoguerra. Dopoguerra: usiamo questa parola per dare nome al quindicennio che va - grosso modo - dal ’45 a tutti gli anni ’50. Il periodo della Ricostruzione. Come si connota quel periodo? E’ il momento in cui la cultura borghese dell’anteguerra (in Italia fascista ma anche razionalista, e poi fascista vuol dire anche quello: cultura borghese attiva) è forzata ad applicarsi ad immensi problemi concreti. Per breve tempo è un momento positivo. La Facoltà di architettura di Roma di quegli anni è un insieme di personalità - tutto calcolato - valide, riferimenti artistico-culturali di un capitalismo fondiario e imprenditoriale che a Roma è più forte che altrove - o ha meno alternative. I Del Debbio, QUASI UNA BIOGRAFIA di Alessandro Giannini
35 REGESTO DELLE OPERE a cura di Michela Rossi
37 Luigi Vagnetti ha esercitato la professione di architetto, intensamente, per tre decenni. L’attività è iniziata subito dopo il completamento degli studi, avvenuto alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale, per esaurirsi alla ine degli anni sessanta, coincidendo con il periodo di maggior espansione edilizia della storia del nostro paese. Solo o in gruppo, egli ha partecipato a numerosi concorsi, raccogliendo premi e segnalazioni; spesso questi sono stati seguiti, anche a distanza di tempo dall’esecuzione. Ai concorsi si afiancano alcuni progetti impegnativi per grandi opere pubbliche, eseguiti con gruppi di lavoro che, nella maggior parte dei casi erano riuniti dalla committenza con criteri indipendenti dalla impostazione progettuale dei singoli professionisti incaricati. Molti di questi lavori, in particolare le opere eseguite, sono stati pubblicati sulle riviste specialistiche contemporanee, non solo nazionali. Con questi presupposti, la compilazione di un regesto delle opere si presenta necessariamente come una selezione in grado di presentare un percorso signiicativo ed omogeneo di una produzione architettonica molto più vasta, già raccolta in modo critico dallo stesso autore quasi al termine della carriera. Il regesto, che a differenza della mostra dà lo stesso rilievo ad ognuna delle opere incluse, offre un panorama allargato rispetto alle opere scelte per l’esposizione. Esso la afianca quindi come una documentazione più vasta, che aiuta a comprendere il percorso formale di un architetto che in un lungo lasso di tempo ha afinato il suo linguaggio, rimanendo però coerente ad una concezione progettuale basata su un solido retroterra storico e culturale, che gli ha sempre permesso di trovare un raccordo tra il peso della ricca tradizione del passato e i principi dell’architettura moderna. Questa sua ricerca personale trova un riscontro nella posizione didattica del docente che, al termine della carriera, per introdurre gli allievi architetti alla progettazione, li forzava prima alla rilessione sulla concezione dell’architettura in relazione al momento culturale, sottolineando come questa trovi da sempre un corrispettivo nella formazione dell’architetto e nel ruolo che questo assume nella società. Una rilessione che era al tempo stesso analitica, in quanto approfondita e allargata a molteplici aspetti, e sintetica perchè multidisciplinare. Questo nella convinzione, da parte di un progettista affermato, coerente ai presupposti della sua lunga attività professionale ed accademica, che non ci si potesse avvicinare alla progettazione senza maturare prima un’adeguata preparazione storica e culturale, quindi senza aver acquisito il linguaggio e la conoscenza consapevole degli strumenti della sua espressione, primo fra tutti il Disegno. Nell’università che aveva appena vissuto la ventata contestataria che l’ha scossa per quasi un decennio, questa imposizione poteva sembrare anacronistica agli allievi del corso di Composizione Architettonica I, smaniosi di sfogare sulla carta la loro creatività. In un mondo che aveva appena cercato di rovesciare tutto, recidendo decisamente le sue radici nel passato, strideva la posizione indipendente di un professore dalla voce pacata e dai modi di altri tempi che, con parole convinte invitava ad aspettare, avendo già dimostrato con la sua opera che sarebbe venuto anche il tempo del fare. Sicuramente erano pochi quelli che conoscevano quanto avesse progettato l’architetto, e forse era proprio la ricchezza della sua produzione a consentire quell’apparente distacco dalla pratica, così stridente con l’ambiente di allora, proprio nell’introdurre i giovani alla progettazione.
Tra le tante immagini raccolte nell’archivio che gli eredi hanno lasciato al Dipartimento di Progettazione dell’Architettura dell’Università di Firenze, la scelta ha privilegiato i disegni di progetto, le fotograie dei plastici e le rappresentazioni prospettiche, talvolta dipinte, che corredavano sempre i suoi lavori. Questo a testimonianza del ruolo che il Disegno e le altre forme di rappresentazione hanno avuto tanto nella formazione, che nell’opera progettuale e nell’impegno didattico di questo architetto, ma anche come riconoscimento di quanto la sua posizione sia stata importante per lo sviluppo dell’attuale fecondità formativa di questa disciplina. E se in qualche caso esse possono sembrare ripetitive, questo rispecchia l’abbondanza e la ricchezza delle rappresentazioni, in particolare delle viste prospettiche, spesso eseguite da più punti di vista, o con tecniche diverse, nella ricerca dell’immagine più eficace. Il regesto documenta così, in parallelo alla sua opera costruita, la grande capacità graica di questo architetto, che seguiva con cura meticolosa ogni dettaglio, tanto nella progettazione che nella presentazione. Allo stesso modo, compilando il regesto sulla base del materiale raccolto e predisposto dall’autore per documentare la propria opera, è sembrato giusto includere le discalie che lo stesso Vagnetti aveva scritto a posteriori commentando i progetti con apparente distacco. Michela Rossi Le immagini che illustrano i progetti del regesto sono state scelte dallo stesso Autore, del quale sono anche i testi delle didascalie esplicative, scritte durante la stesura del curriculum vitae redatto nel 1961-62 e integrato nel 1971.
39 Ediicio per ufici con funzione rappresentativa e politica. L’area disponibile irregolare è stata occupata da un volume regolare, pulito, con trattamento unitario delle fronti, la cui faccia vista, in pietra rossa di Verona, è arricchita dal minuto chiaroscuro delle punte di diamante. 1) 1939 VERONA, CONCORSO NAZIONALE PER LA CASA LITTORIA. I° GARA in collaborazione con P. Marabotto, L. Orestano, D. Tassotti (vedi n. 7). Ediicio per ufici con funzione rappresentativa. L’area disponibile, limitata ed irregolare, limita il volume al quale Ediicio per ufici con funzione rappresentativa. L’area disponibile, limitata ed irregolare, limita il volume al quale tuttavia si cerca di mantenere pulizia e chiarezza d’impianto. La rinuncia al facile motivo della torre stimola la ricerca di elementi caratterizzatori delle fronti, tutte in pietra. 2) 1939 CAMPOBASSO, CONCORSO NAZIONALE PER LA CASA LITTORIA. I° e II° GRADO in collaborazione con L. Orestano, D. Tassotti.
3) 1939 ROMA, TRACCIATO E SOLUZIONE ARCHITETTONICA DI MASSIMA DELLA VIA IMPERIALE DALLE MURA ALL’E 42 in collaborazione con A. Baccin, B. Barletti, A. Cambellotti, N. Ena, P. Marabotto, L. Orestano, D. Tassotti, A Tomassini-Barbarossa (realizzato in parte). 5) 1940 BELGRADO, CONCORSO INTERNAZIONALE PER IL TEATRO DELL’OPERA DI STATO in collaborazione con P. Marabotto, L. Orestano, D. Tassotti, C. Rende (primo premio). Studio condotto in condizioni dificili, data l’eterogenea composizione del gruppo di progettisti, designati con criteri sindacali. Il progetto è stato coordinato e guidato dal prof. M. Piacentini. 4) 1939 ROMA, PALAZZO DEL MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI ALL’EUR in collaborazione con (realizzato al rustico, vedi n. 64) Il progetto, studiato accuratamente dal punto di vista distributivo, risente, nelle forme, del particolare momento politico in cui è stato studiato, e della giovanile inesperienza dei suoi autori. L’entrata in guerra dell’Italia e della Jugoslavia, poco dopo l’aggiudicazione del premio, ha interrotto ed annullato l’avviata trattativa per la realizzazione dell’opera
41 6) 1940 PALERMO, CONCORSO NAZIONALE PER IL PIA NO REGOLATORE GENERALE in collaborazione con L. Foderà, P. Marabotto, L. Orestano, A. Susini, D. Tassotti, A. Tomassini-Barbarossa (primo premio ex aequo). Ediicio per ufici con funzione rappresentativa e politica. L’area disponibile, regolare e ampia, ha consentito uno studio più rigoroso di quello condotto con la prima gara (vedi n. 1) ed ha facilitato la ricerca di un organismo unitario e bloccato che attinge vigore dalla elementare iterazione del suo partito formale. Le fronti sono tutte previste in pietra rossa di Verona. 7) 1940 VERONA, CONCORSO NAZIONALE PER LA CASA LITTORIA. II GARA in collaborazione con P. Marabotto, L. Orestano, D. Tassotti (vedi n° 1, menzione e rimborso spese).
8) 1940 PERSANO (SALERNO), ORFANOTROFIO PER SESSANTA RAGAZZI 9) 1941 O.N.D., CONCORSO NAZIONALE PER UN TEATRO AMBULANTE SCOPRIBILE DA 5.000 POSTI A SEDERE in collaborazione con D. Tassotti, O. Gorgonio (primo premio ex aequo).
43 Il progetto, scaturito da un’inchiesta minuziosa condotta sul luogo circa la necessità della popolazione operaia cui era destinato, è partito da un programma ambizioso (1° soluzione), dettato da considerazioni politiche, ed è passato poi ad una edizione più modesta (2° soluzione), che, realizzata in parte, è stata teatro di guerra durante i fatti dell’8 settembre 1943. I danni ingenti subiti dalle costruzioni in quella circostanza ne hanno successivamente consigliato la demolizione. 10) 1941 MONTEROTONDO SCALO (ROMA), PIANO REGOLATORE ED EDILIZIO DI UNA BORGATA PER FORNACIARI (realizzato parzialmente ed in seguito demolito per i notevoli danni di guerra). 11) 1941 VILLA IN UNA IMMAGINARIA ISOLA DEL MEDITERRANEO. Questo studio deve essere considerato come un divertimento, solo un’evasione fantastica dalla cruda raltà del tempo di guerra durante il quale è stato svolto, e nei limiti della campagna condotta dalla rivista ”Lo stile nella casa e nello arredamento” cui era appunto destinato, per una maggiore diffusione della conoscenza dell’architettuta moderna.