CARLO
FACETTI
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Pilotacollaudatore per definizione, gli piaceva soprattutto il
ruolo di tramite tra progettista e automobile. Ha riunito in sé
il doppio ruolo di pilota e preparatore riuscendo, grazie al
talento nella guida e alla profonda conoscenza tecnica, ad
essere velocissimo e vincente con ogni tipo di auto.
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AL SERVIZIO
DELLA TECNICA
Di Eugenio Mosca
Foto Mosca, Archivio Face e Archivio Alfa Romeo
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e costru ore. Insomma, qualcosa di
difficilmente replicabile.
Recentemente ho ricevuto una chia‐
mata da Face con l’invito in officina
per vedere, in occasione del restauro,
lo speciale motore di derivazione Fiat
Topolino C preparato nel 1950 da suo
papà Piero per le Zagato 750 che
partecipavano alle Mille Miglia ed a
molte altre corse su strada all’epoca.
Oltre all’incremento della cilindrata
da 569 a 718 cc e all’aggiunta del
terzo supporto di banco, Piero Face
aveva fa o realizzato albero motore,
bielle superleggere (con una speciale
lega derivata dalle eliche degli aerei
bellici) e pistoni speciali, e applicato
la pompa dell’acqua e due carburato‐
Non molto tempo fa, durante una ri Weber monocorpo spremendo dal
manifestazione Carlo Face passò a piccolo qua ro cilindri 38 CV (invece
trovarci al nostro box e, a ngendo dei 16 originali) a 6.000 giri/min.
dalla sua smisurata esperienza, ci Nell’occasione, piazzato su un ca‐
diede la dri a per risolvere un pro‐ valle o in un angolo dell’officina, no‐
blema ai freni come aveva fa o lui tai un par colare motore di evidente
stesso una volta dovendo intervenire derivazione Alfa Romeo, almeno
sul campo. nella parte inferiore mentre quella
Un giovane appassionato che si tro‐ superiore è decisamente modificata
vava lì con noi, incuriosito dalle spie‐ con una testata stre ssima e ali‐
gazioni tecniche così de agliate, mi mentazione a iniezione, marchiato
chiese informazioni su cosa facesse “Face ”. “Quello è un proge o
esa amente quel signore di cui aveva avviato autonomamente nel 1968 –
sen to parlare come pilota. Per spiega Face ‐. E’ un motore che u ‐
sinte zzare gli risposi che Carlo Fa‐ lizzavo per fare esperimen sui V
ce , probabilmente, incarnava stre , con angoli di 6° per le valvole
quello che ciascuno di noi appassio‐ di aspirazione e 4,5 per lo scarico.
na e pra can avremmo voluto es‐ Partendo da un basamento della Giu‐
sere, a livello di capacità e lie a 1.3, ho realizzato una testata
conoscenze tecniche. stre a con qua ro valvole per ci‐
Nell’automobilismo iperspecializzato lindro, albero motore, bielle, pistoni
dei giorni nostri sarebbe una specie e alberi a camme speciali, oltre all’ali‐
di marziano, perché ha corso, e vinto mentazione a iniezione. Poi un
((innumerevoli vi orie, un tolo Eu‐ giorno, mentre stavo facendo dei
ropeo Turismo, due Tricolori Proto pi collaudi a Balocco, un dirigente Auto‐
e GT, un Mondiale Endurance Gr. C2, delta mi fece capire che quella speri‐
un Europeo Turismo Autostoriche), in mentazione autonoma non era
ogni po di compe zione (su strada, apprezzata, perciò quando tornai in
nei rallye, in salita, in pista) e con officina a Bresso lo misi in una cassa,
ogni po di ve ura (Turismo, Rally, dov’è rimasto finora. Però prima una
monoposto, Proto pi), inoltre è stato frena na al banco gliela diedi: 164 CV
anche fine collaudatore, preparatore a 8.500 giri/min”.
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A pochi giorni dal suo 85.mo compleanno (il 27 giugno 2020),
l’entusiasmo e la soddisfazione che trasparivano mentre mi
raccontava di ques motori, mi fece tornare in mente qualche
anno prima quando Carlo mi diede un suo biglie o da visita
che lo inquadrava come “consulente meccanico”. Ora, che si
può dire festeggi le “nozze di ferro” (70 anni) con l’officina,
come allora non posso fare a meno di pensare che quella
definizione sinte zzava al meglio la sua passione.
“Mi piaceva correre, ma ancor più importante era ampliare la
conoscenza tecnica per migliorare nel mio lavoro di
preparatore e collaudatore – conferma Face ‐. Mi interessa
la sperimentazione, perciò ambivo a lavorare con l’ufficio
tecnico di una Casa. Sono nato come meccanico, il pilotaggio
mi serviva per valutare il mio lavoro o dare indicazioni ai
tecnici. Ai miei tempi non c’era la telemetria, perciò mi ero
creato un metodo”.
Quale?
“Non riportavo subito tu e le impressioni, che potevano
essere in parte non corre e. Indirizzavo i tecnici in una
direzione per verificare poi le modifiche apportate. Anche in
gara, il mio obbie vo non era quello di spingere al limite ma
di portare la macchina al traguardo, magari verificando
soluzioni nuove”.
Poteva capitare di finire una gara perché si conosceva bene
la macchina e le problema che meccaniche?
“È successo: per esempio alla 24 Ore di Le Mans del 1981,
con la Beta Montecarlo Gr. 5 ufficiale. Si ruppe la cinghia della
pompa dell’olio e per rientrare ai box conclusi il giro avviando
il motore per brevi tra e sfru are la spinta”.
Per la cronaca, fu l’unica Lancia al traguardo: 8^ assoluta e 1^
di Classe, con Cheever e Alboreto.
Anche nel ruolo di pilota‐collaudatore, Face ha conquistato
o mi risulta . Tra i trofei a cui è più affezionato, c’è la coppa
per il record sul giro a Daytona nel 1979, sulla Porsche 935, e
l’anello di “Maestro” del Nurburgring.
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nche Zagato, che dopo aver stravinto
a Monza con un nostro motore ci affi‐
dò tu e le sue macchine.
A me piaceva più lavorare in officina
che studiare, perciò già a 13 anni
scappavo da scuola per andare in
officina, così imparai presto una
parte dei segre del mes ere e de‐
bu ai come meccanico in corsa a 16
anni alla Mille Miglia”.
Dove poi debu ò solo due anni do‐
po (1956) anche come pilota. Come
Carlo Face ha respirato l’aria dei mai subito la gara più impegna va?
motori fin da piccolo, frequentando “Più che un debu o fu una follia. Al
l’officina paterna considerata nel do‐ sabato ma na Nino Merlo passò in
poguerra una delle migliori in Italia e officina a Cormano e mi caricò sulla
all’estero, tanto da collaborare con Fiat 1100 da gara per sos tuire il co‐
Case automobilis che come Alfa Ro‐ pilota. Prima della partenza qualcuno
meo e Lancia allo sviluppo di alcune ci mise dello zucchero nel serbatoio,
ve ure da compe zione. «Dopo aver smontai tu o l’impianto e il serbato‐
lavorato con pilo come Taruffi, io benzina terminando pochi minu
Cortese e il Conte Lurani ‐conferma prima della bandiera.
Face ‐ nel dopoguerra mio papà si Merlo si sen poco bene e mi chiese
mise in proprio. Tra i clien c’era di guidare la macchina. A Verona era‐
a vamo primi della nostra categoria,
ma non conoscevo il percorso. In un
paese affrontai una “esse” stre a in
quarta anziché seconda! Andai a
sba ere danneggiando carrozzeria,
sospensione, un disco freno e un
supporto motore. Prose‐
guimmo fino a Rovigo, dove
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volevo ri rarmi, ma i ragazzi dell’offi‐
cina Fiat si misero al lavoro con entu‐
siasmo ed eseguirono tu e le
riparazioni.
A Roma Taruffi in persona mi
convinse a proseguire. Sulla strada
del ritorno mi fermai ad aiutare un
cliente con una Fiat 8V, perciò a Pia‐
cenza pensammo di deviare per
tornare dire a Milano. Invece pro‐
seguimmo fino a Brescia vincendo il
Trofeo Nuvolari per il miglior tempo
di categoria nell’ul mo tra o”.
Dopo un 2° posto al debu o in pista
con la Giulie a SZ nel 1960 decise di
costruirsi una monoposto di F Junior,
perché?
“Non potevo acquistarne una, perciò
con l’aiuto di mio fratello Giuliano
misi in terra un motore Lancia Appia,
un cambio della 600 rovesciato, il se‐
dile, e da lì iniziammo a fare il telaio
in tubi. Che saldai di sera, perché mio
padre ci diceva sempre che prima ve‐
nivano i clien . Al debu o, nel Trofeo
Vigorelli, fui secondo, grazie anche al
motore Lancia con colle ori di aspi‐
razione speciali che si rivelò più po‐
tente dei Fiat. Disputai altre nove
gare, poi lo sviluppo fu
interro o per andare in
Argen na a fine stagione”.
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Per correre? instaurò una bella intesa. Forse
“In realtà ero par to con il compito perché era stato meccanico anche
di fare l’assistenza alle Giulie a lui, perciò comprendeva la mia
dell’importatore locale, Giuseppe situazione. Quando venne in Italia
Vianini, che era stato indirizzato da per invitare la Tecno alla Temporada
noi dal Portello. Lavorai giorno e mi chiese di accompagnarlo, dato che
no e per montare le macchine, poi ero loro collaudatore per le F3 e F2, e
mi fecero anche correre come o enne che schierassero una
assistenza veloce. Ma non ero macchina anche per me”.
esperto di sterra , mi ribaltai finendo
all’ospedale. Per la squadra però fu Nel fra empo è sempre proseguita
un successo, con due macchine terza la stre a collaborazione tra la vostra
e quarta assoluta su 400 officina e l’Alfa Romeo, vero?
partecipan . Tornai in Argen na per “Si. Poco prima della partenza per la
altri cinque anni, facendomi una 12 Ore di Sebring ‘62 dal Reparto
buona fama anche come pilota. E Esperienze Alfa Romeo mi avvisarono
conobbi anche Juan Manuel Fangio”. che a Sebring, tracciato duro per i
freni, sarebbe arrivata una cassa
Che ricordo ne ha? della Girling con il materiale
“Era una persona speciale. Con lui si necessario a trasformare i freni
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anteriori delle tre Giulie a da
tamburo in disco. Montai i par colari
su una ve ura e su strada effe uai i
collaudi scegliendo fra tre pi di
pompe e pas glie. I ricambi erano
misura , perciò optai per alles re
solo due delle tre auto. L’equipaggio
americano vinse la categoria (fino a
1500 cc, #63 Art Swanson/Ross
Durant, ndr), io e Massimo Leto di
Priolo arrivammo secondi e l’altra
ve ura (#61 Harry Theodoracopulos/
Giancarlo Sala), con i freni a tamburo,
si piazzò 6^ per alcuni problemi al
sele ore del cambio e ai freni, come
preven vato. Era la prima volta che
un’Alfa Romeo montava freni a disco
e al rientro a Milano riceve i
complimen dei responsabili Alfa
Romeo”.
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Come avvenne l’ingaggio come pilota ufficiale in Autodelta?
“Ero iscri o alla 1000 km di Monza del ‘69 con Tonino Nicodemi, che
aveva acquistato una Porsche 907. Nelle prove libere o enni il miglior
tempo davan alle Alfa Romeo 33. Carlo Chi volle vedermi l’indomani
ma na, in Autodelta, prima delle prove ufficiali. Mi fece visitare l’a‐
zienda, poi mi chiese di non correre a Monza, me endomi sul tavolo un
contra o per l’Europeo Turismo con la GTA 1.3. Ma io non potevo veni‐
re meno all’impegno e mollare Nicodemi: in gara restammo in testa fino
al ri ro per la ro ura del serbatoio dell’olio. Quindi Bussinello mi invitò
a correre sul Circuito del Mugello: rispe o alla Porsche 907, la 33 2.0
saltava molto, perciò all’inizio non mi trovai a mio agio. Comunque in
gara andai bene, così mi chiamarono anche per la 24 Ore di Le Mans.
Fui assunto dopo Le Mans, per seguire i collaudi e le evoluzioni in colla‐
borazione con i responsabili dei vari proge , e correre sia nella squadra
ufficiale sia con i clien . Cominciai con la GTA 1.3 per l’Europeo Turi‐
smo, proseguendo poi con la GTAm e i proto pi 33/2 e /3.»
Che differenze c’erano tra le auto ufficiali e quelle “clien ”?
«Nessuna. Posso assicurarlo.»
Ad un certo punto fu messo in “cas go”, cosa successe?
«In un rapporto sulla 33/3 V8 scrissi che la macchina non avrebbe ga‐
ran to la necessaria compe vità, perché non migliorava, era instabile
in frenata e lenta nei transitori. Fui estromesso dalla squadra ufficiale e
alla 1000 Km di Buenos Aires 1972 partecipai con la vecchia 105/80,
acquistata da un privato (Giovanni Alber , iscri o con lui insieme ad
Andrea de Adamich, ndr), arrivando terzo davan alle 33 ufficiali”.
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Da qui il reintegro, prima di lasciare E quindi?
defini vamente l’Autodelta, perchè? “Alles mmo uno spazio di 10 mq in
“Per il ‘75 non c’erano programmi officina, nascosto con dei teli. In
cer in Alfa, così acce ai il qua ro mesi io e un meccanico
programma di Cesare Fiorio per completammo la macchina: la Lancia
correre con la Stratos nell’Europeo ci diede il cambio ravvicinato e l’aiuto
Velocità contro le Porsche. Potevo dell’ing. Materassi. L’ing. Gioachino
usare la testa Ferrari a 4 valvole ma Colombo, in pensione, disegnò dei
costruzione e omologazione erano a portamozzi più robus per le gomme
mio carico. da pista. A fine stagione la macchina
Mio padre lo reputò un impegno era migliorata molto e anch’io mi era
troppo gravoso per la nostra officina, ada ato alla guida: al Giro d’Italia
ma con la Lancia avevamo già eravamo in testa a 60 km dal
lavorato molto bene: con le Appia traguardo, poi prese fuoco. La
avevamo vinto un Campionato versione Gr. 5 turbo, con 520 CV, era
Italiano e con la Fulvia avevamo compe va con la Porsche 935. Vinsi
sviluppato le coupé 1200 e HF 1.3 e il Giro d’Italia ‘76, ma il programma
1.6”. fu sospeso”.
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parte centrale dei cilindri era in ghisa,
per essere parzialmente portante. La
testa aveva gli stessi interassi del
motore Ferrari, con l’ingresso
dell’acqua nella parte superiore per
mantenere fresche le camere di
scoppio, e aveva l’iniezione d’acqua.
Era pensato per due categorie: 1.420
cc per la Sport fino a 2.0, con regime
di 9.500 giri per limitare i consumi, e
1.850 cc per la categoria superiore
con regime di 8.000 giri per
competere nell’endurance con il
Cominciò così nel 1977 l’avventura Cosworth 3.5”.
della CarMa, dalle iniziali del suo
nome e quello di Mar no Fino o... Si ven lò anche di un impiego di
“Ma non eravamo soci: io ero questo motore in F1, come mai non
s pendiato come dire ore tecnico. In andò in porto?
dodici anni abbiamo costruito due “Emerson Fi paldi cercava un
motori 4 cilindri turbo, preparato due motore per la Copersucar e Achilli,
V8 Ferrari per la Silhoue e e l’IMSA, che era suo amico, ne parlò con
realizzato la Ferrari 308 Gr. 4 e Gr. 5, Fino o. Io fui contrario fin dall’inizio,
la Talbot Gr. 4 e preparato i motori perché non avevamo la stru ura per
Lamborghini per l’off‐shore Achilli un tale impegno. Noi puntavamo alla
Motors. La prima gara con Fino o fu nuova categoria C2 del Mondiale
la 24 Ore di Daytona del ‘77 con la Endurance con l’Alba di Giorgio
Porsche 935: eravamo in testa, poi S rano, con telaio in composi , ma il
all’ul mo cambio gomme la polvere motore doveva essere marchiato da
delle pas glie finì sul piano di un Costru ore. O enni
appoggio di un cerchio ruota, Fino o l’omologazione dalla Giannini, grazie
dove e rientrare ai box perdendo il alla disponibilità del Commedatore
vantaggio. Comunque fummo Polverelli, un vero appassionato e
secondi e primi di classe. L’anno dopo intenditore, che aveva acquistato il
vinsi l’Italiano con la Ferrari 308 Gr. 4 marchio. Nel 1983 vincemmo il
e il Gr. 5 con la Porsche 935; nel ‘79 Mondiale Gr. C2 con la Alba‐Giannini,
con Fino o vincemmo l’Europeo mentre nel 1988 e ‘89, con la stessa
Turismo con la BMW 3.0 CSL e nel ve ura e un nostro motore Ferrari V8
1980 la classe alle 24 Ore di Daytona a 4 valvole vincemmo altri due toli
e Le Mans con la Beta Montecarlo Gr. mondiali”.
5. Un bel contributo all’iride Marche
Lancia”.
Perchè realizzaste un motore 4
cilindri turbo?
“Fino o voleva farsi una macchina in
casa. Gli ingegneri Degan e Corbe a
misero sulla carta le mie idee: la
parte inferiore del basamento e la
testa erano in alluminio, mentre la
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La pista preferita?
“Il vecchio Nurburgring, di cui ho o mi
ricordi”, dice mostrando l’anello di
“Meister” del Ring.
Nel 1996 è tornato al volante e ha vinto
l’Europeo Autostoriche. Cosa pensa di
queste gare?
“Ho trovato una macchina molto
migliorata, so o vari aspe : benzina,
asse o, freni e altro. Ed è stato bello
ritrovare pilo contro i quali avevo corso in
Poi ci fu una parentesi in Lamborghini, passato, come Hezemans, Quester,
con quale incarico? Fitzpatrick. Adesso, invece, mi pare che
“Aude o mi volle come responsabile del tu o venga vissuto con troppa
montaggio motori di F1. Ma rimasi esasperazione e, forse, esaltazione”.
dipendente Carma, dove tornai a lavorare Da alfista cosa pensi del ritorno, seppur
“parziale”, in F. 1 dell’Alfa Romeo?
due anni dopo”.
Quale macchina ricorda con maggior “Penso sia una bella cosa che tu o il know‐
piacere? how della Ferrari venga messo a
“Come proto po la 33 TT 12, perché il 12 disposizione di un’altra Casa dello stesso
cilindri era davvero un gran motore. Tra le gruppo. Magari con l’obbie vo di crescere
Turismo la GTAm, una ve ura dei giovani pilo italiani”.
affidabilissima che però trovò sulla sua 1870
strada la Ford Capri, imba bile sulle piste
veloci”.
E tra i compagni di abitacolo?
“Con Rolf Stommelen mi sono trovato
par colarmente bene, anche come
persona: andava molto forte, sopra u o
con i proto pi, mentre le Turismo gli
piacevano poco. E con Fino o, un grande
gentleman con prestazioni da
professionista”.
Nel 1974 tentò di correre il GP d’Italia F1
mancando però la qualifica, è un
rimpianto?
“Non c’erano i presuppos per essere al
via di un GP. Quell’anno andavo bene con
l’Alfa Romeo e l’ACI mi diede un aiuto: su
una delle due Brabham di Fino o fu
montato un motore neppure provato al
banco. Rimasi fuori per tre decimi. Ma
correre in F1 non era il mio obbie vo
primario”.
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realizzato da : Gianluca Mazzu o
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