ESTATE | | 49 rigogliosi e resilienti. Un giardiniere deve infatti coltivare prima di tutto un suolo sano e ricco di sostanza organica. Si consiglia l’utilizzo di lapillo vulcanico (roccia fusa che viene prodotta dall’eruzione dei vulcani), contraddistinta da una ricca quantità di sali minerali e dall’aspetto piuttosto poroso. Quest’ultimo viene utilizzato per migliorare l’aerazione, il potere drenante e regolare la ritenzione idrica. Il lapillo vulcanico non modifica il ph del terreno, i sali minerali in esso contenuti sono in grado di disciogliersi nel terreno con lentezza. Per una corretta e bilanciata nutrizione è sufficiente aggiungere sostanze nutrizionali di origine organica, per dare un corretto equilibrio ed aiutare le piante nella loro crescita. Senesi Emanuele giardini Via degli Ulivi, 3H - Missaglia (LC) - Tel: 039 92 01 093 info@senesigiardini.it - www.senesigiardini.it La Senesi Emanuele Giardini certificata dal 2009 “ISO 9001” è un’azienda specializzata nella realizzazione e nella cura del verde a 360° e opera nel settore da più di trent’anni. L’elevata qualità delle prestazioni, l’affidabilità di un servizio sicuro e puntuale, il costante aggiornamento del parco macchine e delle professionalità interne, oltre alla collaborazione con architetti, agrotecnici e paesaggisti hanno fatto della Senesi Emanuele una realtà imprenditoriale in costante crescita e sviluppo. Tutto questo ha contribuito a consolidare rapporti di lungo periodo con una clientela sempre più esigente sia a livello nazionale che internazionale.
50 |Letture | Amami Bisogni d’amore, tra intimità e dissacrazione Metti un illustratore, Massimo Giacon, nei panni di un dottore (psicanalista, psichiatra, strizzarcervelli? La definizione è ininfluente), che carpisce ossessioni e desideri più profondi dei suoi pazienti immaginari e li trasforma in ritratti allucinati (in cui ciascuno di loro pronuncia la parola “Amami”). Metti uno scrittore, Tiziano Scarpa, che recita la parte di un paziente, prima, e segretario, poi, del dottore, alle prese con lo schedario che contiene questa galleria di casi umani, di cui redige per ciascuno una meticolosa didascalia. Con questo gioco di ruoli si aprono le pagine di “Amami”, pubblicato nel 2007 dalla Piccola Biblioteca Oscar Mondadori e riproposto, nella sua seconda edizione, dalla casa editrice SuddenThougths. Sfogliare questo libro non lascia indifferenti: provate a immaginare cosa alberga in ognuno di noi quando si parla di sentimenti, pulsioni, erotismo. Il modo in cui si ama (e si chiede di essere amati) racconta tutto di una persona. Nella veste della seconda edizione, “Amami”, inteso come oggetto libro, si distingue già per una confezione sui generis: un cofanetto rosso, una lingua di tessuto nero e una copertina rosa con raffigurato un cuore. Non certo un asettico cuore stilizzato, bensì un pulsante muscolo gocciolante di sangue. Ci si prepara così ad entrare in questa selva di corpi che si toccano e avvinghiano, tra repulsione e attrazione. Esplicito, diretto, senza filtri (d‘altronde, il ruolo del dottore-illustratore è proprio quello di mettere i propri pazienti di fronte alla loro anima così com’è). Il nucleo originario delle illustrazioni era stato stato realizzato da Massimo Giacon per un’esposizione a inizio degli anni 2000. Tiziano Scarpa, che già aveva collaborato col disegnatore, era rimasto impressionato dal quel lavoro e aveva deciso di cucire su quei disegni un testo nuovo (invertendo un modo di lavorare più tradizionale, in cui in genere il testo precede l’illustrazione). GLI AUTORI Massimo Giacon è un illustratore che ha fatto i suoi primi passi come fumettista a inizio anni ’80, per intersecare negli anni anche grafica e design. Per dare un’idea del suo estro graffiante, basti pensare che per Alessi ha realizzato un tappo per vasca da bagno intitolato Mr Suicide, di Giulia Pirola
ESTATE | | 51 © riproduzione riservata sotto forma di un omino legato da una catenella al tappo, che vi guarda impassibile da sotto la superficie dell’acqua. Tiziano Scarpa è un romanziere (vincitore nel 2009 del Premio Strega con “Stabat Mater”) che ha fatto incursioni anche nel mondo della poesia, ha scritto programmi radiofonici, testi teatrali, oltre a sceneggiare fumetti. Scarpa e Giacon hanno pubblicato insieme anche la graphic novel “Il mondo così com’è” (2014). Esaurita la prima edizione di “Amami”, la nuova versione viene affidata ai tipi della casa editrice SuddenToughts, che a sua volta si basa su un sodalizio particolare: si tratta infatti di un progetto editoriale di Giampaolo Abbondio e Flavio Arensi. Quest’ultimo, storico dell’arte e organizzatore culturare, ha un certo gusto per l’ironia, se consideriamo che qualche anno fa aveva contribuito all’iniziativa “Testo critico standard, buono per ogni tipo di artista, vendesi a 50 euro”. Una trovata gogliardica (anche se a fin di bene, visto che i fondi servivano a finanziare iniziative culturali) che si offriva di arricchire, per una modica cifra, gli insipidi curricula di artisti scalcagnati. Giampaolo Abbondio è invece titolare dell’omonima galleria d’arte, nata nel 2001 a Milano come Galleria Pack, che di recente ha trasferito la propria arrività espositiva a Todi. Si legge sul sito della galleria che rientra tra le sue predilezioni “l’interesse per il corpo nelle sue varie rappresentazioni e manifestazioni”. Non stupisce quindi che un’opera come “Amami” abbia fatto breccia nel suo cuore. Nella nota introduttiva di Abbondio si legge: “Volevo lasciare qualcosa a mio figlio che lo portasse a scoprire che è giusto cercare l’amore in qualsiasi modo”. “Amami” di Massimo Giacon e Tiziano Scarpa Edizioni SuddenThoughts 144 pag. - 35,00 € Stampato presso Bellavite NonSoloCarta secondo la filosofia GreenPrinting® volta alla salvaguardia dell’ambiente attraverso l’uso di materiali a basso impatto ambientale, questo libro reca il logo ZeroEmissionProduct®, ovvero Bellavite NSC ha azzerato totalmente le emissioni di Gas a effetto Serra prodotte direttamente o indirettamente per la sua realizzazione.
La Fornace Artistica Riva, a Briosco, è un posto pieno di terra, disordinato, magico, incantato. Domenico Flavio Ronzoni le ha dedicato un libro, in cui ricostruisce le vicende dello storico laboratorio e del contesto in cui è sorto. Una storia fatta di fatica, ma anche di creatività. Di passato, ma anche di presente e di futuro Fornace Artistica Riva, dove l’argilla diventa meraviglia Ronzoni, quando è cominciata la lavorazione dell’argilla nella zona? In epoca romana. A Capriano sono stati trovati depositi di laterizi. Qui le primissime fornaci compaiono nel Basso Medioevo, ma per avere dati più sicuri dobbiamo arrivare in epoca più recente. Sappiamo che nel 1721 ci sono due fornaci, ma non il villaggio. Erano temporanee, con forni cosiddetti a pignone: si faceva una grossa buca nel terreno, si ricopriva di terra e si accendeva il fuoco. Il villaggio di Fornaci nasce 200 anni fa quando, con l’industrializzazione, serve molta manodopera in più. Ma la grossa novità interviene nel 1860, con l’arrivo del forno detto Hoffmann o a fuoco continuo, che permette di produrre una quantità molto maggiore di materiale. La fornace diventa struttura fissa, con più camere di calore e un’unica ciminiera. Il villaggio arriva alla massima espansione e la produzione aumenta. Com’erano le condizioni di lavoro in fornace? Pessime. Era un lavoro malsano, a contatto con acqua e fuoco e con sbalzi di temperatura terribili. Estrazione e cottura erano lavori maschili, donne e bambini pestavano l’argilla o mettevano a posto i mattoni. I bambini non andavano a scuola, in pieno Ottocento venivano avviati al lavoro a meno di dieci anni. L’argilla da dove proveniva? L’argilla veniva scavata sul posto. Il procedimento, tutto manuale, era estenuante. D’inverno era impossibile lavorare questo materiale, pertanto gli operai dovevano trovare altri impieghi per sopravvivere. Quando finisce l’epoca d’oro di Fornaci? All’inizio del Novecento arriva la concorrenza: sorgono aziende di grandi dimensioni che mettono in difficoltà l’industria del cotto a Briosco e soprattutto viene meno l’argilla. Le due guerre e la crisi post-bellica portano alla chiusura di tutti gli impianti. Tutti meno uno: la Fornace Artistica Riva. Ricostruiamone in breve la storia Viene fondata nel 1922 dai milanesi Augusto Rebattini e Guido Persico. Persico insegnava all’Umanitaria ed era un artista, per Rebattini il cotto lombardo non aveva segreti. Fanno vasi, comignoli per i tetti, piastrelle ma anche sculture. In breve iniziano ad arrivare gli artisti, 52 | Letture | Domenico Flavio Ronzoni di Clementina Coppini a cura di Domenico Flavio Ronzoni Storia, tradizione e arte del cotto lombardo LA FORNACE ARTISTICA RIVA LA FORNACE ARTISTICA RIVA Varcare il cancello che separa la strada dal piccolo cortile della Fornace Artistica Riva, a Fornaci di Briosco, significa affrontare un’esperienza che assomiglia a un salto indietro nel tempo. Circondati da mattoni, piastrelle, statue che ti guardano da ogni dove, santi e Madonne, divinità classiche e ballerine, stampi e forme centenarie, arrivi a chiederti se quello che vedi è reale, tanto strano ed estraneo alla tua esperienza è tutto ciò che ti sta intorno. Laboratorio, museo, deposito: è il regno di Corrado Riva, signore incontrastato di questa singolare fucina e dominatore dei tre elementi primordiali attorno ai quali ruota tutto il suo strano mondo: la terra, l’acqua e il fuoco. Argille rosse e grigie, miscelate a strati, rigirate, plasmate, tagliate con attrezzi che sembrano fuori dal tempo, per ottenere piastrelle dalle curiose venature variegate, non una uguale all’altra. Mani robuste che accarezzano sul tornio una forma ancora indistinta, dita che plasmano la terra amica per farne un vaso, un piatto, un’anfora. E infine, il fuoco del forno, controllato con sapienza antica, senza bisogno di termometri, dall’occhio vigile dell’uomo; un uomo che sa aspettare con pazienza (virtù oggi dimenticata) che il calore faccia il suo lavoro e che il forno gli restituisca, dopo due settimane, il frutto “cotto” di tanto laborioso operare. DOMENICO FLAVIO RONZONI ISBN 978-88-7511-454-1 9 788875 114541 15,00 € Domenico Flavio Ronzoni, scrittore e saggista, si dedica da molti anni alla ricerca storica, con particolare attenzione alla Brianza, la sua terra. Da alcuni anni si cimenta anche nella narrativa, in particolare nei racconti, che gli hanno meritato vari riconoscimenti in concorsi letterari a livello nazionale. Ha collaborato a lungo con l’editore Bellavite, per il quale ha progettato e diretto le collane ViviBrianza e Tesori di Lombardia. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo Il curioso della Brianza (Bellavite, 2016), Un italiano a Khartoum. Giuseppe Cuzzi un garibaldino dalla Brianza all’Africa (La Vita Felice, 2019), Di penna e di zappa (Bellavite, 2021). Un’altra sua passione, quella per la montagna, ha trovato spazio, oltre che su cime e sentieri, anche nei due volumi: Achille Ratti. Il prete alpinista che diventò Papa (Bellavite, 2009) e Il Claudio della Grigna (Bellavite, 2022). 9 788875 114541 66 dei giovani e con spirito di iniziativa, Corrado ha saputo rivitalizzare un’attività antica quanto l’uomo, facendo della Fornace Artistica uno dei luoghi di maggior interesse storico-culturale del Comune di Briosco. La Fornace Artistica Riva è oggi in grado di offrire una variegata gamma di prodotti in cotto, che va dai bassorilievi ai vasi, ai complementi di arredo, dai mattoni ed elementi in cotto per restauri alle statue, ai pavimenti in cotto classico e in cotto lombardo. Questi ultimi, prodotti a mano in modo completamente artigianale, sono da almeno trent’anni il vanto della Fornace Artistica, proiettata con Corrado Riva verso il futuro, aperta a nuove esperienze, ma profondamente radicata nella storia e nella tradizione. Sulla scia di Rebattini, di Carlo ed Emilio Riva, Corrado ha instaurato rapporti di collaborazione con numerosi artisti, italiani e stranieri, delle ultime generazioni, come Angiola Tremonti, Domenico Riva, Manuela Fanelli, Roberto Fumagalli, Pieralberto Filippi, Nando Crippa, Elena Mutinelli, Otobong Nkanga e Judith Hopf. Ha anche aperto la Fornace Artistica alle visite di gruppi organizzati, in collaborazione col FAI (Fondo Ambiente Italiano) e con l’associazione “Museo in Tasca” di Cinzia Cataldi, che nella Fornace organizza laboratori artistico-creativi per gli alunni della scuola dell’obbligo. L’ingresso della Fornace Artistica dalla strada (Via XI Febbraio) che attraversa Fornaci di Briosco (Foto D.F. Ronzoni). La Fornace Artistica Riva Storia, tradizione e arte del cotto lombardo a cura di Domenico Flavio Ronzoni - 96 pag., € 15,00
ESTATE | | 53 Fornace Artistica Riva, dove l’argilla diventa meraviglia che portano disegni a cui Rebattini dà forma. Nel 1966 il laboratorio viene acquistato da Carlo Riva. Oggi è il nipote Corrado a proseguire l’attività. La Fornace Riva rappresenta un ritorno alle origini, a una lavorazione rigorosamente artigianale. Come nasce il cotto lombardo? Da argilla e acqua lavorate a mano, come nell’era preindustriale. La particolarità risiede nelle striature: l’argilla chiara si unisce a quella rossa creando strati come in una torta. Il risultato sono piastrelle una diversa dall’altra con onde e volute ipnotiche. La Fornace Artistica Riva ha partecipato a importanti restauri di edifici antichi. Qualche esempio? Rebattini ha lavorato a Milano per San Satiro e per il Duomo. Corrado Riva ha creato il pavimento di Palazzo Barberini a Roma. La Fornace ha inoltre realizzato pavimenti e decori per la Basilica di Agliate, Villa Reale e Arengario di Monza, Palazzo Corsini a Firenze, la Bicocca degli Arcimboldi a Milano e per parecchi altri monumenti. Chi sono gli artisti che hanno lavorato e lavorano con la Fornace Riva? Moltissimi. Per esempio Andrea Cascella, Luca Beltrami, Giannino Castiglioni con Rebattini, Giuseppe de Feo con Carlo Riva. Più di recente Pieralberto Filippi, Nando Crippa, la nigeriana Otobong Nkanga e la tedesca Judith Hopf, per le quali Corrado ha realizzato parti delle sculture esposte a Milano City Life. Attualmente Corrado ha a bottega un artista ugandese. Si può visitare? Sì. La fornace, in collaborazione con il Fondo Ambiente Italiano, organizza visite guidate e, con l’associazione “Museo in Tasca”, laboratori creativi per bambini e ragazzi. Descrivi in poche parole cosa si prova entrando. La prima sensazione è di straniamento: sembra di essere caduti in un mondo a parte. Calchi, stampi, gessi lasciati lì e Corrado che ti viene incontro sporco di polvere. Un Presepe di cent’anni fa, dove per tutto il tempo c’è stato “un continuo mescolarsi... di artisti di fama e di artisti alla fame, di gente vestita per bene e di fornaciai con le mani perennemente imbrattate di argilla, la schiena rotta alla fatica”. Una realtà unica, insomma. 66 dei giovani e con spirito di iniziativa, Corrado ha saputo rivitalizzare un’attività antica quanto l’uomo, facendo della Fornace Artistica uno dei luoghi di maggior interesse storico-culturale del Comune di Briosco. La Fornace Artistica Riva è oggi in grado di offrire una variegata gamma di prodotti in cotto, che va dai bassorilievi ai vasi, ai complementi di arredo, dai mattoni ed elementi in cotto per restauri alle statue, ai pavimenti in cotto classico e in cotto lombardo. Questi ultimi, prodotti a mano in modo completamente artigianale, sono da almeno trent’anni il vanto della Fornace Artistica, proiettata con Corrado Riva verso il futuro, aperta a nuove esperienze, ma profondamente radicata nella storia e nella tradizione. Sulla scia di Rebattini, di Carlo ed Emilio Riva, Corrado ha instaurato rapporti di collaborazione con numerosi artisti, italiani e stranieri, delle ultime generazioni, come Angiola Tremonti, Domenico Riva, Manuela Fanelli, Roberto Fumagalli, Pieralberto Filippi, Nando Crippa, Elena Mutinelli, Otobong Nkanga e Judith Hopf. Ha anche aperto la Fornace Artistica alle visite di gruppi organizzati, in collaborazione col FAI (Fondo Ambiente Italiano) e con l’associazione “Museo in Tasca” di Cinzia Cataldi, che nella Fornace organizza laboratori artistico-creativi per gli alunni della scuola dell’obbligo. L’ingresso della Fornace Artistica dalla strada (Via XI Febbraio) che attraversa Fornaci di Briosco (Foto D.F. Ronzoni). 68 Due esempi di piastrelle in cotto lombardo (Foto S. Di Marco). Mani che impastano e che danno forma; il duro mestiere di chi lavora l’argilla (Foto S. Di Marco). un’argilla di altra natura, di origine glaciale, di colore grigio. Cuocendola, essa diventava molto chiara, quasi bianca; si usava anch’essa per produrre mattoni e pianelle, ma si deteriorava più facilmente. Ad un certo punto, forse attorno al XVI secolo, si cominciò a miscelare le due argille, rendendosi conto che in questo modo si ottenevano mattoni più resistenti, perché l’argilla bianca conferiva elasticità e la rossa una maggiore resistenza. Nacque da queste osservazioni l’idea di am68 Due esempi di piastrelle in cotto lombardo (Foto S. Di Marco). Mani che impastano e che danno forma; il duro mestiere di chi lavora l’argilla (Foto S. Di Marco). un’argilla di altra natura, di origine glaciale, di colore grigio. Cuocendola, essa diventava molto chiara, quasi bianca; si usava anch’essa per produrre mattoni e pianelle, ma si deteriorava più facilmente. Ad un certo punto, forse attorno al XVI secolo, si cominciò a miscelare le due argille, rendendosi conto che in questo modo si ottenevano mattoni più resistenti, perché l’argilla bianca conferiva elasticità e la rossa una maggiore resistenza. Nacque da queste osservazioni l’idea di am68 Due esempi di piastrelle in cotto lombardo (Foto S. Di Marco). Mani che impastano e che danno forma; il duro mestiere di chi lavora l’argilla (Foto S. Di Marco). un’argilla di altra natura, di origine glaciale, di colore grigio. Cuocendola, essa diventava molto chiara, quasi bianca; si usava anch’essa per produrre mattoni e pianelle, ma si deteriorava più facilmente. Ad un certo punto, forse attorno al XVI secolo, si cominciò a miscelare le due argille, rendendosi conto che in questo modo si ottenevano mattoni più resistenti, perché l’argilla bianca conferiva elasticità e la rossa una maggiore resistenza. Nacque da queste osservazioni l’idea di am- © riproduzione riservata
54 | Letture | Roberto Pozzi La storia di vite, olivo, castagno e gelso si lega alla storia dell’uomo ed è l’occasione per ritrovare usi, costumi, credenze, tempi della vita agreste nel Lario. Sono le stesse piante a prendere la parola e a raccontare la loro storia nel nuovo libro di Roberto Pozzi Vi racconto le piante del lario Un proverbio cinese dice che nella vita un uomo dovrebbe piantare tre piante, avere due figli e scrivere un libro. Roberto Pozzi ha fatto tutto questo: non solo ha piantato diversi alberi negli anni che ha trascorso in Cile da insegnante della scuola italiana, ma ora alle piante ha dedicato un volume ed è quasi pronto il secondo. Lei si è sempre occupato di storia locale, ha scritto poesie e racconti ambientati sul lago, tre anni fa “I promessi sposi di Corenno”. Ora invece un libro sulle piante del lago, come mai? Con la saggezza di chi ha radici ben piantate a terra e uno sguardo vecchio di secoli, ho pensato di dare voce a quattro piante per raccontare ancora una volta la vita della gente del lago che queste piante hanno aiutato a vivere. Vino, olio, castagne e bachi da seta hanno significato sostentamento e vita comunitaria, riti, poesie, tradizioni. Nel suo libro ci sono riferimenti biblici importanti e anche diversi passaggi da Alessandro Manzoni… I riferimenti biblici derivano dai miei studi teologici dopo la laurea in Pedagogia, mentre il Manzoni è proprio il nostro scrittore. Passava lunghi periodi a Lecco, conosceva questi luoghi, questi alberi, la nostra economia. Non a caso ci sono pagine bellissime dedicate alla vigna di Renzo, c’è la filanda. Nel capitolo 38 lo stesso Renzo diventa imprenditore rilevando con il cugino una vecchia filanda. Una pianta simbolo di questa terra? Il gelso che fa da cerniera tra un’economia rurale e il mondo imprenditoriale. Ho raccontato la storia di alcuni imprenditori che hanno aperto sul Lario le loro filande, come Carlo Orio. Nato a Dervio nel 1827, nel 1859 partecipa con il fratello a una spedizione in Cina alla ricerca di nuovi semi. Per il ritorno sceglie la pionieristica via d’America. Da Shangai raggiunge Yokohama in Giappone, da lì attraversa il Pacifico fino a San Francisco quindi l’Istmo di Panama, allora percorribile solo via terra; si imbarca per New York per attraversare l’Atlantico e approdare a Marsiglia. È il primo derviese e tra i primi italiani ad aver fatto il giro del mondo. Era il tempo in cui Bellano era la Manchester del lago… Sì, le filande crescevano come funghi, davano lavoro a tante ragazze che non si allontanavano da casa e con le loro mani e i loro sacrifici hanno reso fiorente questa terra. Ho fatto ricerche per ritrovare le loro cantilene, le tradizioni. Poi è sopraggiunta la crisi della produzione della seta… Cina e Giappone hanno messo fuori gioco la seta del lago. Adesso ci sono filande che sono cattedrali nel deserto, molte sono in vendita per di Rosella Redaelli
ESTATE | | 55 essere riconvertite in locali. Parliamo della vite che apre il suo libro? Racconto l’importanza della vite e del vino nella bibbia, poi ne racconto la coltivazione sul lago. Ho cercato negli archivi storici e ho trovato degli statuti Medievali che ho tradotto. Si producevano due vini, lo Stellaria e il Chiaretto, che potevano essere bevuti solo a Natale e a Pasqua. Erano liquorosi, con aggiunte di erbe. Ripercorre anche il calendario della vendemmia che non poteva iniziare prima della festa di San Michele, ma anche dell’uso dei raspi per il caffè autarchico… Sì, oltre al vino, la vite offriva la grappa e, in tempo di guerra, le donne contadine mettevano i vinaccioli in un barattolo di latta, li tostavano sul fuoco del camino, poi con un macinino ottenevano una polvere scura che era il caffè dei tempi di guerra. Si torna a produrre il vino del lago? Sono soprattutto i giovani che stanno ripiantando le vigne sui terrazzamenti. Ottengono vini pregiati, di nicchia, perché è una produzione poco meccanizzata che richiede un lungo lavoro. Anche il celebre Sfurzat della Valtellina è simile a un vino che si produceva un tempo a Bellano facendo seccare le uve sulla paglia. E gli olivi? L’olio e il vino sono alla base della nostra civiltà. L’olio è condimento, dal latino significa proprio fondamento come ricordavano i romani che contavano gli anni ab Urbe condita. Nel libro racconto la simbologia dell’olio che veniva usata anche nelle incoronazioni. Arrivati dalla Magna Grecia, gli olivi e l’olio non avevano fatto breccia tra le popolazioni celtiche che preferivano usare in cucina il grasso animale. È stata la chiesa, proibendo il grasso animale per molti giorni all’anno, a favorire l’introduzione dell’olio in cucina. Il castagno quando arriva sul lago? Più tardi quando inizia la fame sulla montagna gli uomini scoprono il frutto del castagno. Anche questa pianta sta avendo una ripresa, non tanto per il consumo dei frutti, quanto per la produzione di paste e farina di castagne. Nel libro compaiono anche diversi versi di poeti ispirati alle piante che ha narrato. Ada Negri, Pablo Neruda… Neruda lo lego a un ricordo personale. Lo incontrai negli anni dell’Università in Cile . Un ricordo indelebile. Si era complimentato con noi universitari che avevamo un programma per l’alfabetizzazione degli Indios. Aiutavamo anche le cooperative agricole incanalando l’acqua dei fiumi per l’irrigazione e seminando il Tamarugo . Il prossimo libro? Sto scrivendo all’ombra di una betulla, un albero elegante, molto presente dalle nostre parti. Ho già narrato dei limoni, che come tutti gli agrumi era una pianta borghese, coltivata come elemento decorativo nelle ville del lago, poi ci saranno quercia, frassino, faggio, noce e fico. In questo nuovo volume ho inserito più piante, ci sono quelle importanti per i loro frutti, ma anche quelle che hanno dato all’uomo il legname e hanno profondamente inciso su una terra di falegnami. La dedica è per sua moglie… È lei quella che in famiglia ha il pollice verde e parla con le piante. © riproduzione riservata Quattro piante raccontano la vita rurale del Lario La storia di vite, olivo, castagno e gelso di Roberto Pozzi - 352 pag., € 20,00
ESTATE | | 57 Quattro defibrillatori donati in Brianza, Valtellina e Valchiavenna Lions Club Brianza Colli al servizio del territorio Persone e Fatti Fedeli alla loro missione, ovvero dedicare tempo e risorse a favore della comunità, i membri del Lions Club Brianza Colli hanno avuto il piacere, lo scorso mese di maggio, di donare ben quattro defibrillatori al territorio. Questa donazione ha unito pubblico e privato, sensibilità personale e spirito di gruppo: val la pena ripercorrere la vicenda dall’inizio. Tutto nasce da una donazione privata da parte della famiglia Maranesi, in memoria di Franco Maranesi, titolare dell’azienda Gioma Varo, scomparso nel 2017. L’idea è di permettere l’acquisto di 4 defibrillatori, per promuovere consapevolezza e tempestività nel trattamento dei disturbi cardiaci. I destinatari sono 4 soggetti individuati in base a diverse motivazioni: il Comune di Monticello (paese di residenza della famiglia Maranesi), la parrocchia di Besana Brianza (che ha da poco subito il furto del proprio defibrillatore), il Rifugio Chiavenna (che Franco, assiduo frequentatore della zona di Madesimo, ben conosceva) e il Rifugio Bogani (un modo per rinsaladare il rapporto tra i Lions brianzoli e la Valsassina, dopo la posa della tavola di orientamento in Cima alla Grigna). E a proposito delle tentacolari iniziative dei Lions, ricordiamo che solo a pochi mesi fa risale la donazione del volume “Legati per la vita” di Enrico Consonni e Tarcisio Beretta (Bellavite Editore) a tutte le biblioteche delle province di Lecco e Monza e Brianza. Le copie del libro, costituito dai diari personali di due soldati (Enrico e Tarcisio appunto) all’indomani dell’armistizio del 8 settembre 1943, sono state donate dagli eredi degli autori ai Lions, perché questi potessero distribuirle sul territorio. Le biblioteche, in occasione degli 80 anni dall’armistizio, organizzeranno così incontri e presentazioni per celebrare la ricorrenza (si rimanda al sito bellavite.it per il calendario degli eventi). 23 maggio 2023: consegna del defibrillatore alla parrocchia di Besana Brianza da parte di Tosca Tarchi, moglie di Franco Maranesi. Rifugio Bogani: il 18 giugno riceverà un defibrillatore donato da Gioma Varo srl.
58 | Persone e Fatti Ricordando Claudio sulla sua Grigna Nuovo defibrillatore per il bivacco Comolli Era il 12 giugno 2022, un anno fa, quando Claudio Ghezzi salì per l’ultima volta sulla Grigna. Un lutto che ha colpito tantissime persone, unite nell’affetto che provavano per il “Claudio della Grigna”, alpinista infaticabile, persona riservata e amico fedele, divenuto famoso suo malgrado per aver salito 6.000 volte la cima da cui deriva il suo soprannome. A un anno di distanza il Cai di Missaglia vuole ricordarlo con una serie di iniziative. Si comincia sabato 10 giugno, presso il Rifugio Brioschi alle ore 20.30: sarà l’occasione per proiettare un video dedicato alla vita di Claudio e parlare del suo libro biografico, pubblicato lo scorso anno da Bellavite Editore e curato da Domenico Flavio Ronzoni. Domenica 11 giugno verranno invece scoperte le due targhe a lui dedicate, la prima sulla tavola di orientamento in cima al Grignone e la seconda in località Comolli, dove una via gli verrà intitolata. Sarà l’occasione per ricordare anche Giacomo Scaccabarozzi: amico strettissimo di Claudio, anche lui 25 anni fa perse la vita su queste cime. Il bivacco Girani-Riva è situato in località Comolli (e infatti viene spesso chiamato semplicemente bivacco Comolli) a 1830 m, lungo il percorso che sale fino al rifugio Brioschi in vetta al Grignone. Come tanti altri presidi alpini, verrà dotato di un defibrillatore. La consegna avverrà domenica 2 luglio, alla presenza del Soccorso Alpino Valsassina e in collaborazione con Sport Specialist. Sempre più, infatti, si sta diffondendo una cultura della sicurezza che mira a prevenire possibili infortuni per gli escursionisti. Il defibrillatore rientra tra quei dispositivi d’urgenza in grado di fare la differenza in caso di malore, specie in zone difficilmente raggiungibili dai soccorsi.
60 | Persone e Fatti BOTANICAL PORTRAIT Mostra fotografica di Emanuela Bizzozero e Federica Lissoni Le fotografie che costituiscono il corpus della mostra Botanical Portrait sono ritratti di persone realizzati da Emanuela Bizzozero (artista visiva) e Federica Lissoni (fotografa) con un taglio decisamente insolito e originale. Le due autrici “leggono” i soggetti ritratti e ne interpretano la personalità con elementi vegetali quali fiori, germogli, rami, radici, foglie in un profondo dialogo tra uomo e natura, tra arte visiva e fotografia. Fotografie dell’anima e non solo del volto che le due autrici cercano di far emergere in scatti di grande raffinatezza estetica ma anche di introspezione psicologica. Oltre alle fotografie esposte, la loro arte è a disposizione di coloro che desiderano farsi ritrarre secondo questa modalità, aprendo occhi e cuore all’obiettivo fotografico e predisponendosi ad uno styling personalizzato. Il progetto Botanical Portrait ha partecipato a Gallery Sweet Gallery OUTDOOR 2021, la biennale di arte contemporanea all’aperto che si svolge a Mariano Comense dal 2015 a cura di Elena Isella, che indaga il rapporto tra natura, paesaggio e arti visive. La mostra in programma in ARCgallery è itinerante ed ha già fatto tappa a Villa Sormani (Mariano Comense, 2021), Villa Carlotta (Tremezzina,2022) e Monastero della Misericordia (Missaglia, 2023). ARCgallery via Spalto Piodo,10 - Piazza Cambiaghi - Monza Mostra: 10 giugno/1 luglio 2023 - giovedì, venerdì, sabato 11/13-15/20 Info: www.arcgallery.it - info@arcgallery.it - cell. 335.6474162
ESTATE | | 61 Cerca il punto di distribuzione più vicino a te e ritira la tua copia! , lo trovi qui! Azienda Agricola Santa Croce Via alle Valli, 39 MISSAGLIA (LC) - Beretta Accademy Via Fratelli Bandiera, 12 TREZZO SULL'ADDA (MI) - Biblioteca Comunale "Don G. Dozio" Via Stazione, 20 OLGIATE MOLGORA (LC) - Blufrida Via delle Industrie, 17/A SIRTORI (LC) - C-Colzani Via Nazario Sauro, 47 CASSAGO BRIANZA (LC) - Cab Polidiagnostico Via A. Casati, 147 ARCORE (MB) Via IV Novembre 26/E BARZANÒ (LC) Via Cesare Battisti, 7/Q ERBA (CO) Via Bergamo, 60 MERATE (LC) Via Provinciale, 28 MONTICELLO B.ZA (LC) - Caldirola Via S. Bartolomeo, 8 MISSAGLIA (LC) - Carozzi Formaggi srl Via Provinciale, 14/A PASTURO (LC) - Cascina La Costa Via Galbusera Nera, 2 LA VALLETTA BRIANZA (LC) - Cascina La Salette Via Salette, 2 VERDERIO (MB) - CDB srl Studio Dentistico Via Don Pietro Mandelli, 59 SULBIATE (MB) - Consorzio Villa Reale e Parco di Monza Viale Mirabellino, 2 MONZA (MB) - Dago Red Via Provinciale, 20/H DOLZAGO (LC) - Enoteca Meregalli Via Italia, 24 MONZA (MB) - Galleria Melesi Via Mascari, 54 LECCO (LC) - Gioielleria Fasoli Via I Maggio, 67 OGGIONO (LC) - Golf Club Lecco fraz. Pizzighettone, 1 ANNONE BRIANZA (LC) - Il Mastroianni Via dei Mille, 25 BARZANÒ (LC) - Il posto giusto Via Bergamo, 16 MONTEVECCHIA (LC) - Inwega Via Statale, 5/O MERATE (LC) - Lariofiere Viale Resegone ERBA (LC) - Le Cose Pescarenico Via Antonio Corti, 12/14 LECCO (LC) - Libreria “Il Gabbiano” Piazza Giovanni Paolo II, 1 VIMERCATE (MB) - Libreria "Il libro è" Via Loreto, 35 LISSONE (MB) - Libreria La Torre Merate Via Collegio Manzoni, 50 MERATE (LC) - Lotto Cinque Coworking Via Strecciola, 5 MALGRATE (LC) M10Cafè Via Vincenzo Monti, 8 LESMO (MB) - Mascheroni Moda Via Piola, 23 GIUSSANO (MB) - Mascheroni Sportswear Via Prealpi, 28 GIUSSANO (MB) - MUST Museo del Territorio Vimercatese Via Vittorio Emanuele II, 53 VIMERCATE (MB) - Osteria Manzoni Via Roma, 87 BARZAGO (LC) - Pasticceria Comi Via Cavour, 4 MISSAGLIA (LC) - Pasticceria Sartori Via Alessandro Volta, 8/B ERBA (CO) - Ristorante Bar Le Palme Via Canova, 39 OLGIATE MOLGORA (LC) - Rossini Art Site Via Col del Frejus, 3 BRIOSCO (MB) - Sangiorgio Cotruzioni Edili Via Provinciale, 13/A GARBAGNATE MONAST. (LC) - Senesi Giardini Via degli Ulivi, 3 MISSAGLIA (LC) - Studio Associato Pirovano Via Vitt. Emanuele II, 62/B TRIUGGIO (MB) - Tenuta Valcurone Via Ostizza Località Cascina Casarigo MONTEVECCHIA (LC)
62 | Vivere con i libri Rosella Redaelli LIBRO DEL MESE Venezia e altri misteri di Cristina Sottocorno Eclissi editrice pp. 248 | euro 16,00 El Dondina e l’infame conte tre volte vedovo di Flavio Maestrini Bellavite Editore pp. 164 | euro 16,00 Torna El Dondina, per il settimo volume della saga dedicata al capo della squadra mobile nella Milano dell’Ottocento. E questa volta c’è da fare i conti con un duca misterioso… Il ritratto di Bellano di Carlo Borlenghi e Andrea Vitali Editore Cinquesensi pp. 444 | euro 50,00 Due amici, uno fotografo, l’altro scrittore, raccontano il paese del lago di Como attraverso i volti di oltre un terzo dei suoi 3500 abitanti. E c’è anche qualche sorpresa… Quasi niente sbagliato di Greta Pavan Bollati Boringhieri pp. 190 | euro 16,00 Citazione da “Il bombarolo” di De André per il romanzo d’esordio dell’autrice di Desio che si è fatta notare al Premio Calvino. Per raccontare la storia di Margherita sceglie la Brianza e una narrazione che non segue un ordine cronologico, ma i moti della memoria. Se esiste il genere “giallo-rosa” appartiene a Cristina Sottocorno che dopo “Fashion & victims”, il romanzo d’esordio e “Fashion Code(x)”, ambientati a Milano, pubblica “Venezia e altri misteri”. I misteri ruotano intorno all’isola di San Francesco del Deserto. Nella sede conventuale dei francescani è stata rinvenuta una copia manoscritta del “Picatrix”, un prezioso grimorio, libro di magia, di cui si erano perse le tracce, che si lega ad un codice leonardesco. La trama è capace di unire cultura e divertimento. La protagonista resta, come nei due libri precedenti, Ginevra Ferri, trentenne milanese, inguaribile fashion victim, affermata professionista nel ramo assicurativo delle opere d’arte e d’antiquariato. Apparentemente una vita tranquilla se non fosse per la sua innata propensione a trovarsi in situazioni rocambolesche da affrontare saldamente ancorata sul suo tacco 12. “Gli piace l’odore del truciolo scavato fresco e starnuta se respira la segatura fina fina, lui ti distingue a cento metri il noce dal rovere, il faggio dal palissandro, il compensato dell’Aiazzone” Capitan Brianza non ha nulla del supereroe. È l’archetipo del brianzolo, un gran lavoratore. È titolare, ça va sans dire, di un mobilificio. Vive nella Brianza degli anni Ottanta, quella che probabilmente non c’è più, insieme alla moglie Teodolinda e al figlio Lazzaro che è un eterno fuoricorso in Università. Dopo avere girato i teatri con lo spettacolo dedicato a Capitan Brianza, Davide Colavini ne ha fatto un romanzo per raccontare la sua terra. La storia nazionale fa capolino tra le pagine con il dramma della diossina di Seveso, il funerale di Battisti nel cimitero di Molteno. Si ride però anche molto di tanti clichés, di un parlare schietto in cui abbonda il dialetto, di un’autoironia che fa bene. LIBRIANZA Della vita di Capitan Brianza di Davide Colavini - Bellavite Editore pp. 104 | euro 14,90
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64 | Clementina Coppini Ultima fermata Il frutto di un’antica globalizzazione Ecco l’estate, stagione di frutti freschi e gustosi. Vi siete mai chiesti le loro origini? I Romani chiamavano l’albicocca mela d’Armenia, perché erano convinti arrivasse da lì. Invece viene dalla Cina. Dopo secoli di dimenticanza, venne reintrodotta in Europa dagli Arabi con il nome di al-Barquq, susina. Anche la pesca proviene dalla Cina, dove era coltivata fin dal primo millennio a.C., e non dalla Persia, come suggerisce il suo nome latino, prunus persica. Si diffuse nel I secolo d.C., ma i Greci la conoscevano dai tempi di Alessandro Magno, che ne era goloso. Il melone, cucumis melo, è un frutto della Mesopotamia, amato da Sumeri e Babilonesi. Presente nell’epopea di Gilgamesh, è citato anche nella Bibbia: Mosè, durante i 40 anni nel deserto, rimpiange la sua assenza. Era ben attestato nell’Impero Romano, come conferma Plinio il Vecchio, ma fu riscoperto da Carlo Magno, che lo adorava. Esistono due tipi di nespole: le germaniche, piccole e acidule, e le giapponesi, succose e dolci, giunte in Europa dal Paese del Sol Levante nel Settecento (ma cinesi anch’esse). Si tratta di due frutti diversi con lo stesso nome. La ciliegia viene da Asia Minore/Persia ed era cara ai Greci, che la ritenevano frutto sacro a Venere. Ha addirittura un santo protettore: San Gerardo dei Tintori, monzese, la cui festa si celebra il 6 giugno ed è ancora oggi chiamata Festa delle Ciliegie. Niente però è sinonimo di estate più del citrullus lanatus, il cocomero o anguria. L’esploratore Livingstone ne aveva viste estese piantagioni nel deserto del Kalahari: infatti è di origine africana e gli Egizi lo coltivavano già cinque millenni fa. Che dire? Gran parte della frutta estiva è il frutto di un’antica forma di globalizzazione.
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