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Published by Notiziario Marina, 2023-11-28 05:50:55

Notiziario della Marina - Marzo 2023

Notiziario della Marina - Marzo 2023

49 opera della Fanfara dell’Accademia Navale, il tutto condito con i momenti esilaranti gestiti dagli artisti livornesi Claudio Marmugi e Stefano Santomauro. A fare gli onori di casa il Comandante dell’Accademia Navale, il contrammiraglio Lorenzano Di Renzo, mentre sugli spalti erano presenti tifosi d’eccezione come il Capo di Stato Maggiore della Difesa l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare l’ammiraglio di squadra Enrico Credendino, il Comandante dell’Accademia Aeronautica di Pozzuoli il generale di brigata aerea Luigi Casali, l’amministratore delegato di MBDA Lorenzo Mariani e il sindaco di Livorno Luca Salvetti. Alle ore 20 è iniziato il derby, giocato in due tempi, che ha visto entrambe le compagini studiarsi a vicenda, mettendo a segno canestri da tre punti e tiri liberi. Una partita giocata con agonismo ma nel pieno rispetto del fairplay. Per dovere di cronaca si riporta il punteggio finale: 36-50 in favore della Libertas ma in realtà non ci sono stati né vincitori né vinti. Nessun trofeo è stato alzato in alto. A fine gara è stato consegnato ai presidenti delle associazioni un maxi-assegno simbolico, riportante il numero dei tagliandi di ingresso venduti. Perché in occasioni speciali come questa, si gioca tutti nella stessa squadra, quella della solidarietà. Modigliani Forum, Livorno - 3 marzo 23. Momenti della partita di basket all’insegna della solidarietà. Presenti il capo di Stato Maggiore della Difesa ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e il capo di Stato Maggiore della Marina ammiraglio di squadra Enrico Credendino. A tal proposito anche noi in Accademia siamo in continuo aggiornamento e alla costante ricerca dell’equilibrio tra innovazione e tradizione. Una sfida ambiziosa che affrontiamo con i frequentatori, che si estrinseca nell’acquisizione di competenze e conoscenze. Un patrimonio che ognuno di loro deve interiorizzare e reinterpretare per adattarsi ed evolversi ai continui e repentini cambiamenti. Il connubio tra tradizione e innovazione è quindi insito nei valori fondanti dell’ Istituto e consente ai nostri allievi di diventare i Comandanti del futuro in grado non solo di condurre il proprio equipaggio, ma anche di promuovere e gestire il cambiamento.


N O T I Z I A R I O D E L L A M A R I N A - M A R Z O 2 0 2 3 Vi racconto il mio Open Day


51 di Rachele Gemignani Mi avvio al cancello con la convinzione sempre più forte di voler intraprendere questa avventura; perciò, rimbocchiamoci le maniche e sotto con lo studio che il concorso piano piano si avvicina! “ “


N O T I Z I A R I O D E L L A M A R I N A - M A R Z O 2 0 2 3 Accademia Navale: 133 posti messi a concorso per i cittadini italiani tra i 17 e i 22 anni suddivisi nei diversi iter di studio della 1ª classe dei Ruoli Normali per l’anno accademico 2023 -2024. A destra: Rachele Gemignani, 17 anni di Torre del lago (Lucca), ha partecipato all’Open Day in Accademia Navale il 28 gennaio.


53 Mamma : “Rachele svegliati altrimenti farai tardi all’Open day in Accademia Navale! ” Io: “Arrivo, ma che ore sono? Impossibile che sia così tardi, sono solo le … 07:30. Sono in ritardassimo!” Salve a tutti, sono Rachele, ho 17 anni e oggi è il giorno in cui vedrò, per la prima volta, il mio futuro e il passato di molte persone. Dopo una colazione veloce e un viaggio in auto verso Livorno, pieno di pensieri e di aspettative, mi ritrovo a immaginare le emozioni che proverò varcando il cancello d’ingresso dell’Accademia Navale. 09:00. Sono finalmente arrivata davanti al cancello di San Jacopo che aprirà le porte al mio futuro. Ho il cuore che mi batte fortissimo e le gambe che mi tremano, sarà l’emozione... o il freddo? Questo è uno dei momenti che aspetto da quando ho intrapreso l’avventura all’Istituto Nautico e ora siamo alla resa dei conti. Una volta entrati, insieme ad altri ragazzi, siamo stati affidati a tre ufficiali accompagnatori che ci hanno mostrano come prima tappa gli impianti sportivi. Qui si possono praticare molti sport e con immensa gioia ho scoperto che tra questi, potrò continuare a praticare le mie due passioni: il nuoto e la pallavolo. C’è anche un percorso di guerra tostissimo: “TERRORE” riuscirò a portarlo al termine? Seconda tappa, visita al simulatore. Appena si entra sembra di stare a bordo di una nave, in una plancia vera, in mezzo al mare, con una visuale dell’orizzonte a 180° circondata da navi militari. Ho immaginato me al comando di una nave ed ero totalmente rapita da quell’idea, da non voler uscire dalla plancia per lasciar entrare gli altri gruppi! Usciti dal simulatore, attraverso gli ampi corridoi, siamo arrivati nel grande piazzale, dove troneggia, di fronte al mare, una riproduzione di un veliero, un brigantino, il “A. Cappellini“, per l’esattezza, che permette agli allievi ufficiali di fare esercitazioni marinaresche. E con la brezza del mare che soffiava tra i miei capelli ho immaginato me stessa impegnata a esercitarmi con le bracciate e nelle manovre delle vele, come se fossi in mare aperto, provando un misto tra paura, adrenalina, orgoglio e un po’ di incoscienza nel pensare di dovermi arrampicare su quei due alberi e svolgere determinate manovre. Lasciato alle mie spalle il brigantino, siamo entrati in un corridoio pieno di sale suggestive. Tutte queste raccontavano un piccolo pezzo di storia della Marina Militare, dai modellini di navi agli annuari, dalle carte nautiche ai vari cimeli. Ci siamo imbattuti in una delle sale più belle, la Sala delle Bandiere. Questo è il luogo che mi è rimasto più impresso per le emozioni che mi ha dato. Ho immaginato mio nonno Pierluigi percorrere questi lunghi corridoi, durante il suo periodo da allievo in Accademia, e fermarsi proprio in questa sala, dove è esposta la bandiera italiana, dimostrando l’amore per la Patria che ha servito con tanto orgoglio. Ancora oggi, quando indossa la divisa in occasione delle cerimonie di rappresentanza per gli ufficiali di Marina in congedo, le emozioni che prova sono travolgenti. Vedo nei suoi occhi brillare ancora la fiamma di quell’orgoglio che mi rende fiera di essere sua nipote. Spero di poter provare le stesse emozioni che prova lui ogni volta che viene ammainata la bandiera, ogni volta che ricorda i caduti per la Patria e ogni volta in cui mi parla della Marina. Dopo la Sala delle Bandiere e la storia di esse, ci siamo avviati verso la biblioteca, ricca di volumi molto antichi e rinomati. Devo dire che poche sono le cose che mi spaventano, ma quelle piccole sale di studio strette, quelle si che mettono ansia e mi terrorizzano più del percorso di guerra. Allo stesso tempo, mi immagino già con un sestante tra le mani a guardare le stelle che mi indicano la rotta da percorrere: e questo mi rasserena. Purtroppo siamo arrivati al termine. Queste sono le parole che mi accompagnano verso l’uscita lungo il Viale dei Pini dopo circa un’ora e mezza di visita in Accademia. Con un po’ di rammarico e malinconia per le breve permanenza, mi avvio al cancello, con la convinzione sempre più forte di voler intraprendere questa avventura: perciò rimbocchiamoci le maniche e sotto con lo studio che il concorso piano piano si avvicina!


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55 I primi di Marianna Fischione piloti di Marina Solo dopo l’adesione dell’Italia alla NATO - North Atlantic Treaty Organization - nel 1949, e la conseguente decadenza della clausole restrittive del Trattato di Parigi, si iniziò a ricostruire una aviazione navale organica La cerimonia della consegna del primo “Helldiver” dell’US Navy alla Marina Militare, con il tenente di vascello Cottini (accettante), il capitano di vascello Richard Briner (cedente) e un gruppo di ufficiali italiani. (foto USMM).


N O T I Z I A R I O D E L L A M A R I N A - M A R Z O 2 0 2 3 Una foto in bianco e nero della cerimonia di consegna del primo Helldiver all’allora tenente di vascello Anton Vittorio Cottini da parte del capitano di vascello dell’US Navy Richard Briner apre l’articolo, a firma di contrammiraglio (r) Michele Cosentino, pubblicato sul numero di gennaio di “Storia della Marina Militare”. Attraverso testimonianze e documenti inediti, Cosentino ricostruisce con dovizia di particolari sia tecnici, sia umani, l’avventura del primo nucleo di ufficiali della Marina Militare inviato alle scuole di volo americane negli anni del dopoguerra. Il contesto storico: il dopoguerra e il Trattato di Parigi Alla fine della Seconda guerra mondiale, l’Italia si ritrovò con una forza navale ridotta non solo a causa del conflitto appena conclusosi, ma soprattutto in conseguenza delle condizioni fissate dal Trattato di Parigi del 1947, in base al quale non avrebbe potuto “costruire, acquistare, impiegare o sperimentare navi portaerei” fino al 1950. Il clima politico e sociale del dopoguerra portò a una drastica riduzione degli investimenti destinati alle forze militari italiane, compresi quelli destinati alla formazione aeronautica degli ufficiali della Marina, che venivano impiegati saltuariamente come osservatori nei pochi reparti destinati a operazioni aeree sul mare. Gli anni ‘50 e l’adesione dell’Italia alla NATO Solo dopo l’adesione dell’Italia alla NATO - North Atlantic Treaty Organization - nel 1949, e la conseguente decadenza della clausole restrittive del Trattato di Parigi, si iniziò a ricostruire un’aviazione navale organica. Nel 1950, il ministro della Difesa Randolfo Pacciardi inviò a Washington il capo di Stato Maggiore della Marina Militare, ammiraglio di squadra Emilio Ferreri, per trattare la cessione delle unità da richiedere agli americani, tra cui due portaerei di scorta con la relativa dotazione di velivoli imbarcati. L’ interesse strategico degli USA a ottenere basi aeronavali in tutte le nazioni alleate, compresa la nostra penisola, crocevia strategico del mar Mediterraneo, potenzialmente teatro di future instabilità politiche e militari, contribuì alla conclusione dell’accordo di cessione all’Italia di 24 velivoli Curtiss S2C-5 Helldiver, equipaggiati con strumentazione per la lotta antisom (contrasto sommergibili). L’accordo prevedeva, inoltre, che un gruppo di ufficiali di Marina italiani venisse addestrato presso la scuola di volo della US Navy di Pensacola, in Florida. Quel gruppo, capitanato dall’allora tenente di vascello Anton Vittorio Contini sarebbe tornato in Patria nell’estate del 1952, con il brevetto di pilota “in tasca”. Da ufficiali della Marina a Naval Aviators (piloti di Marina): le fasi dell’addestramento Gli ufficiali scelti per andare negli Stati Uniti seguivano un breve tirocinio in Accademia Navale a Livorno, ove si dedicavano al miglioramento della conoscenza della lingua inglese, alla preparazione fisica e alle materie che avrebbero approfondito durante i corsi oltreoceano (aerodinamica, motori d’aereo, ecc). Seguivano le visite mediche di idoneità al volo effettuate a Napoli, sia presso l’istituto medico legale dell’aeronautica militare, sia presso l’ospedale dell’US Navy; dunque si arrivava a Roma per sostenere un breve esame di inglese e per sbrigare una gran quantità di pratiche a Palazzo Marina. La città di arrivo era New York, raggiunta dapprima per mare, poi per via aerea la destinazione finale era la base di Pensacola, in Florida, che in uno spazio esteso fino a Corpus Christi, in Texas, ospitava infrastrutture operative, enti e comandi. Lì si formarono i primi Naval Aviators della nostra Marina Militare, scelti su base volontaria tra tenenti di vascello, osservatori, sottotenenti di vascello e guardiamarina che avevano concluso l’ultimo anno dell’Accademia Navale. L’allora tenente di vascello Anton Vittorio Contini è il più anziano del primo gruppo di aspiranti Naval Aviators: uscito dall’Accademia nel 1943, era stato protagonista di alcune azioni militari alla fine del conflitto, infine divenuto Osservatore. Dopo la visita medica di idoneità al volo, i piloti erano assegnati alla Language School e avevano Settembre 1952: assistito dal capo di 2ª classe motorista Rosario Cavallaro, il tenente di vascello Anton Vittorio Cottini si sistema nell’abitacolo di uno dei due “Helldiver” ceduti dall’US Navy alla Marina Militare per compiere un volo dimostrativo a favore dell’ammiraglio Emilio Ferreri, Capo di Stato Maggiore della Marina, in visita negli Stati Uniti (foto Famiglia Cottini).


57 Primo gruppo di ufficiali della Marina Militari inviati negli Stati Uniti nel 1950 per conseguire il brevetto di pilota d’aeroplano. Da sinistra, in piedi: T.V. Carlo Iorio, T.V. Anton Vittorio Cottini, un C.V. dell’US Navy in forza al Naval Air Training Command (CNATRA), GM Filippo Calì, l’ammiraglio dell’US Navy comandante del CNATRA, GM Veniero Di Marzio, C.V. Luca Goretti de Flamini (addetto naval a Washington), S.T.V. Luigi Brini, T.V. Luciano Volpe. In basso, da sinistra, S.T.V. Luciano Paramithiotti, il GM Italo Saccardo, S.T.V. Fiorenzo Rosso (Fototeca USMM). In alto: un gruppo di ufficiali della Marina Militare in posa davanti a un T-6/SNJ: da sinistra, i sottotenenti di vascello Pietro Bazzani, Pietro Fiaschi, Antonio Flamigni e Giovanni Iannucci, il guardiamarina Giuseppe Cardone e il sottotenente di vascello Renato Lommi; si notino le uniformi kaki americane “personalizzate” con le spalline italiane e la “bustina” portata con il fregio ricamato della Marina Militare (foto Archivio G. Iannucci). Il sottotenente di vascello Giovanni lannucci sull’ala del suo SNJ/T-6 “Texan”, un velivolo molto più imponente del più piccolo T-34 “Mentor” utilizzato per l’addestramento basico (foto Archivio G. Iannucci)


N O T I Z I A R I O D E L L A M A R I N A - M A R Z O 2 0 2 3 In basso: i due Helldiver italiani alla NAAS Cabanniss Field (Texas) con le ali ripiegate, in occasione della vista alla base compiuta dall’ammiraglio Ferreri (Fototeca USMM). In alto: il tenente di vascello Cottini controlla i sottufficiali della Marina Militare intenti a dipingere una coccarda tricolore con àncora sulla fusoliera di uno dei due Helldiver italiani; si noti il gancio d’arresto per l’appontaggio sulle portaerei (foto Famiglia Cottini).


59 un mese circa per abituarsi alle grandi dimensioni e alla complessità dell’organizzazione delle basi aeronavali statunitensi, dove le attività addestrative si svolgevano a ritmo frenetico, anche a causa del conflitto con la Corea, che si sarebbe concluso nel 1953. Grazie alla ricostruzione meticolosa di Michele Cosentino sembra quasi di vederli, i nostri ufficiali aspiranti piloti, condividere spazi e attività con i colleghi statunitensi; a farli sentire, forse, ancora più stranieri, sarà stata quella divisa della Marina Militare italiana, in panno blu per l’inverno, in cotone e lino bianchi per l’estate, e comunque inadatta allo svolgimento di qualsivoglia attività giornaliera. Per questo fu loro consegnata la divisa color kaki per tutte le stagioni già in uso alla US Navy, con alcune varianti, come l’inedita bustina portata al posto del berretto a tesa con visiera, perfetta per il clima sub tropicale della Florida. In occasione di cerimonie ed eventi, i piloti italiani dovevano invece indossare la divisa ufficiale della Marina Militare, invernale o estiva. Navigazione, aerotecnica, termodinamica e meteorologia: erano queste le materie che si studiavano nella Pre Flight School di Pensacola. Ed era solo l’inizio: con il passare delle settimane sarebbero stati impegnati in un sempre maggior numero di corsi, da quelli teorici su visione notturna e sopravvivenza, a quelli pratici sull’impiego del paracadute o sulla simulazione dell’ammarraggio. Quest’ultimo test era particolarmente complesso; iniziava con una nuotata a tempo di un miglio, cui seguiva la simulazione dell’ammarraggio di emergenza, effettuata con una cabina pilotaggio scaraventata in piscina sfruttando la velocità di scorrimento su una rotaia, e che l’impatto con l’acqua faceva capovolgere. A quel punto, l’allievo doveva sganciarsi dall’imbracatura, tornare in superficie, salire su canotto pneumatico monoposto, portarsi a bordo della piscina remando con le mani; infilare dunque testa e braccia nell’imbracatura dell’elicottero per poter essere sollevato fuori dall’acqua. In caso di fallimento, era possibile fare un secondo tentativo, il cui mancato superamento comportava la fine dell’avventura americana. Chi superava il test, invece, poteva finalmente iniziare a volare. Nel 1950, il training (addestramento) di volo era effettuato nella stazione di Safely Field, non lontana da Pensacola; i primi velivoli utilizzati furono i 200 Harward T- 6 “Texan . Nel 1956, essi furono sostituiti dai Beenchcraft T-34B “Mentor”, velivoli monomotore biposto, concepiti appositamente. L’addestramento durava 10-11 settimane, e si concludeva con un esame di volo, che faceva conseguire la qualifica Safe for Solo- trad. “in sicurezza per volare senza istruttore a bordo”. Bisognava superare una serie di altri esami di decollo, atterraggio, salita, discesa virata, stallo, entrata e uscita dalla vite, prima di diventare Naval Aviator e di poter indossare le agognate “Wings of gold” dell’US Navy e arrivare alla fase “di precisione”, in cui manovre di base e acrobatiche venivano effettuate, in contemporanea, con altri velivoli in volo (fino a 150). Il conferimento del brevetto e la consegna del distintivo avvenivano nell’ufficio dell’ammiraglio comandante del CNATRA - Naval Air Training Command – di Corpus Christi, in Texas. Dopo 18-22 mesi piloti rientravano in Italia. E’ sulla portaerei leggera USS Cabot (classe Cleveland) che il tenente di vascello Anton Vittorio Cottini consegue, per primo, l’ambita Carrier Qualification – CQ . Nei prossimi numeri: “Tre generazioni di Piloti di Marina” Dopo aver raccontato di Anton Vittorio Cottini, primo pilota della Marina, abbiamo incontrato il figlio Andrea, ammiraglio di divisione e il nipote Vittorio, sottotenente di vascello - entrambi pilota di Marina. In alto: iI tenente di vascello Cottini, ripreso sulla portaerei statunitense USS Cabot nel maggio 1952, mentre riceve le congratulazioni del comandante, probabilmente dopo aver conseguito la Carrier Qualification. A sinistra: il tenente di vascello Anton Vittorio Cottini riceve dal cap. di vascello Richard Briner la documentazione del primo velivolo S2C ‘’Helldiver”, destinato alla Marina Militare (foto collezione G. Garello).


N O T I Z I A R I O D E L L A M A R I N A - M A R Z O 2 0 2 3 La Storia sale a bordo All’interno dell’area museale del pattugliatore Bettica sono state poste le Medaglie d’oro e di bronzo al Valor Militare appartenute al Comandante Ener Bettica S ono trascorsi ottant’anni dal 2 dicembre 1942, giorno in cui, nel canale di Sicilia, il cacciatorpediniere Folgore venne pesantemente colpito dalla formazione avversaria, e senza alcuna esitazione il capitano di corvetta Ener Bettica “dopo aver provveduto alla salvezza dell’equipaggio, affondava la nave al suo comando, immolando la vita sempre e tutta fieramente dedicata alla Marina, al suo progresso ed alla Patria”. Per il suo gesto esemplare il Comandante Ener Bettica è stato insignito di una Medaglia d’Oro e una di Bronzo al Valor Militare durante il secondo conflitto mondiale. Inoltre, la Marina Militare ha deciso di tramandare il suo merito, il suo valore e il suo gesto esemplare, proprio come uno stendardo che rappresenti non solo un uomo da ricordare, ma anche un modello per le generazioni presenti e future, destinando il suo nome ad una nave, la terza Unità della classe “Comandanti”. Nave Comandante Bettica, infatti, è sigillata dal motto “Con ardire e con tenacia”, proprio per esaltare il chiaro riferimento alla determinazione con la quale il Comandante Ener Bettica affrontò una formazione avversaria. La Marina Militare ancora oggi continua a ricordare questi gesti esemplari. Nello specifico, lo scorso settembre, proprio a bordo di nave Comandante Bettica si è svolto un importante evento per onorare la memoria di un uomo valoroso, rammentandone le gesta attraverso la rivalorizzazione del percorso storico e del suo atto di eroismo. Alla presenza del contrammiraglio Luca Pasquale Esposito, Comandante deldi Francesco Giudice la 4ª Divisione Navale e delle Forze di Pattugliamento per la Sorveglianza e la Difesa Costiera, dell’ANMI di Chivasso (Torino), che già in passato ha donato la bandiera di combattimento alla nave, il figlio di Ener Bettica, Paolo, ha deciso di donare le medaglie del padre alla nave che porta il suo nome. Pertanto, insieme a Paolo, collegato in videoconferenza durante la cerimonia, il VFP1 più giovane di bordo, comune di seconda classe Martina Barbagallo, unitamente al Sig. Salvatore Rosanova, presidente onorario dell’ANMI di Chivasso, hanno effettuato la cosiddetta “prima posa della medaglia” di Ener Bettica su una teca posta in un’area museale a lui dedicata. Paolo, a termine cerimonia, afferma: “E’ stata una decisione molto sofferta, ma credo che questo sia il desiderio di mio padre. Per la Patria e per la Marina Militare ha combattuto e dato la vita. La Marina ha dedicato a Lui una nave e questo è il luogo in cui le sue medaglie devono stare a ricordare il suo gesto”. Paolo, inoltre, dichiara al comandante della nave, il capitano di fregata Elia Cuoco, (l’attuale comandante è capitano di fregata Tommaso Delego n.d.r.) che a quelle medaglie è molto legato affettivamente, ma per la Patria è giusto che queste risiedano là dove il Comandante Bettica avrebbe desiderato, per ricordare gli eroi, per ispirare e forgiare le nuove generazioni a valori che sembrano essere sempre più lontani dai giovani, valori morali e sentimenti di amore verso la nostra Patria. Quella di cui tutti noi siamo figli e di cui tutti dovremmo esserne fieri. Aggiunge, poi, che


61 In alto: il comune di seconda classe Martina Barbagallo vicino la teca di bordo dedicata al Comandante Ener Bettica tutti noi dobbiamo essere orgogliosi di ciò che quotidianamente facciamo, e che dobbiamo essere sempre testimoni dei valori per i quali eroi come Ener Bettica hanno creduto e dato la propria vita in quella battaglia. Infatti, il giorno della donazione delle medaglie non è stato solo un evento limitato a una formale cerimonia svoltasi a bordo di nave Bettica, bensì un’occasione tramite cui la Marina Militare ha voluto organizzare nella base navale di Augusta un cosiddetto “Family Day”. A tale evento, infatti, hanno preso parte le famiglie dei militari imbarcati e degli operai delle ditte che, già da diversi mesi, stanno svolgendo lavori di manutenzione programmata a bordo di diverse Unità navali in sede. Si è trattato di un momento tanto simbolico e formale quanto conviviale, in cui è stato possibile far conoscere alle famiglie dei marinai le realtà in cui la Marina Militare opera. In questo giorno sono state aperte fisicamente “le porte” delle navi di Augusta così che queste possano essere visitate liberamente; inoltre sono stati allestiti numerosi stand a terra con personale militare pronto a rispondere ad ogni domanda dei familiari più giovani e curiosi. E’ stata un’occasione con cui la Marina Militare, nel celebrare un evento fortemente simbolico, ha voluto anche dare alle famiglie dei militari che prestano servizio ad Augusta la possibilità di condividere insieme questo momento commemorativo, ma che al contempo pone in risalto la vicinanza di un figlio al padre e alla dedizione al suo lavoro. Sono proprio i familiari, infatti, a sostenere quotidianamente i marinai nei periodi di impiego lontano da casa e a cui la Marina Militare deve una profonda gratitudine per il costante supporto ricevuto.


N O T I Z I A R I O D E L L A M A R I N A - M A R Z O 2 0 2 3 di Daniele Caroleo Dopo 80 anni, individuato l’IMPAVIDO Il 25 aprile del 1944, l’impatto con una mina nell’arcipelago toscano


63 Il relitto della torpediniera Impavido, ex Regia Marina, è stato rinvenuto da Andrea Bada, “il cacciatore dei relitti” con la collaborazione dell’Istituto Idrografico della Marina.


N O T I Z I A R I O D E L L A M A R I N A - M A R Z O 2 0 2 3 Varato nel 1943, l’Impavido fu assegnato alla VI Squadriglia Torpediniere della Regia Marina e impiegato per le missioni di scorta nel Mar Tirreno. Il 16 settembre 1943, dopo l’Armistizio di Cassibile, la nave, costretta a riparare a Portoferraio per un’avaria, venne catturata dai tedeschi ed incorporata nella Kriegsmarine a La Spezia, assumendo il nome di TA 23. Il 24 aprile 1944, la TA 23 mollò gli ormeggi con altre due torpediniere anch’esse ex Regia Marina, l’Ardito e l’Eridiano, (rinominate TA 26 e TA 29) per posare un campo minato al largo dell’isola di Capraia. Dalle trascrizioni sui documenti di bordo, alle 1.45 del 25 aprile, al rientro, la TA 23 urtò e venne danneggiata da una mina. Le altre due navi provarono a trainarla prima con alcuni cavi, che però si spezzarono durante le manovre, e in seguito affiancandola per tentare di rimorchiarla; per poi trovarsi anche a respingere, con successo, un attacco di alcune motosiluranti statunitensi. Intanto, la TA 23 continuava a imbarcare acqua e, pertanto, visto il sopraggiungere di aerei nemici, si decise di far sbarcare l’equipaggio e la TA 29, l’Eridiano, la cannoneggiò per affondarla, affinché non finisse nelle mani del nemico. Il primo siluro non produsse danni, mentre il secondo colpì il deposito di munizioni della torpediniera, facendola saltare in aria. Erano le 06.45 del 25 aprile 1943 e l’Impavido, ormai TA 23, si inabissò, secondo quanto pervenuto, nel punto nave 43°02’N e 10°12’E. Sono trascorsi quasi 80 anni dal quel giorno e, dopo diverse ricerche, oltre anche ad alcuni presunti ritrovamenti, l’Impavido è stato rinvenuto da Andrea Bada, conosciuto anche come “il cacciatore dei relitti”. Bada, infatti, è a capo di un vero e proprio team specializzato per le immersioni di profondità nel Mediterraneo per identificare e documentare i relitti adagiati sui fondali marini. La passione per la storia e per l’esplorazione sono i principi cardine che spronano questa squadra nelle operazioni di ricerca, spesso effettuate di concerto con l’Istituto Idrografico della Marina, la cui attività, in questo ambito, è ben regolamentata in materia di gestione e aggiornamento della cosid


65 detta “banca dati di tutti i relitti, di interesse storico e non, giacenti sui fondali delle acque marine sottoposte alla giurisdizione nazionale”. La collaborazione con l’Istituto Idrografico risale a diversi anni fa, grazie alla volontà del cartografo Stefano Ferrero, (dipendente civile dell’Idrografico che si è occupato di ambito geospaziale e di cartografia militare, n.d.a.) fautore e custode di questa banca dati – ci racconta Bada – che aveva intuito l’importanza di creare una vera e propria rete che mettesse in contatto noi ricercatori e le autorità preposte. Dopo la prematura scomparsa di Ferrero, il suo lavoro viene portato avanti dal sottocapo di prima classe scelto Domenico Scognamiglio, sotto la supervisione del capitano di corvetta Angelo Castigliego, capo ufficio Geospaziale dello stesso Istituto. “Noi raccogliamo e trasmettiamo le segnalazioni sugli eventuali ritrovamenti che provengono dal Mediterraneo – spiega il sottocapo Scognamiglio - Una volta individuati possiamo poi ipotizzare, grazie ai controlli incrociati tra le ricerche storiche e le informazioni in nostro possesso, di quale relitto si possa trattare, ma spesso sono i cittadini privati come Bada a verificare personalmente, immergendosi. E, di certo, non è un lavoro facile”. “Tutt’altro! – aggiunge il comandante Castigliego – Le persone in grado di effettuare immersioni fino a 180 metri devono essere sottoposte a un addestramento psicofisico molto approfondito, per certi versi simile a quello che serve per andare nello spazio. E quando ci si immerge, si deve essere certi di essere nel punto giusto, perché il tempo e la visibilità sono limitati. Basti pensare che per 12 minuti di immersione servono poi ben 6 ore di decompressione, e quel poco tempo deve essere sfruttato al meglio, per catturare ogni singolo dettaglio utile alla classificazione, studio ed identificazione del relitto: un lavoro al limite, che richiede In basso: la torpediniera Impavido come si presentava nel 1943; a sinistra: un momento del suo ritrovamento. sinergia tra gli operatori e consapevolezza dei rischi che si corrono”. Il relitto dell’Impavido è stato ritrovato a circa 145 metri di profondità, ma solo parzialmente, visto che, dopo l’esplosione i resti della nave sono sparsi sul fondale marino. “Ci sono volute due immersioni per individuare e documentare ciò che stavamo cercando - continua a raccontare Bada - Ci lavoravamo da oltre un anno, dalla segnalazione di un pescatore che aveva tirato su, con le reti, un sestante e delle striscette di ‘balistite’, con le quali si riempiva l’involucro dei siluri, e che ci ha fatto quindi presumere che in quella determinata zona ci fosse un relitto di una nave militare. E ora non c’è alcun dubbio che sia l’Impavido, vista la struttura, l’armamento, la forma ed i pezzi rinvenuti”.


N O T I Z I A R I O D E L L A M A R I N A - M A R Z O 2 0 2 3 La pesca di beneficenza Una storia d’intelligence italiana del Secondo conflitto mondiale L entamente, dalla poppa di un piccolo peschereccio, il Maria Rosa, gli argani iniziarono a calare in mare il pesante scafandro del palombaro. L’ottone del casco luccicava alla flebile luce dell’alba, mentre le onde si infrangevano silenziose contro il piccolo scafo di legno. Al largo delle coste tunisine, nei pressi del Golfo di Gabes, alcuni uomini del servizio segreto della Regia Marina, il SIS (Servizio Informazioni Segrete), stavano di Gabriele Bagnoli dando avvio a una rischiosa operazione segreta, denominata Pesca di Beneficenza. Era la primavera del 1942, quando un gruppo di coraggiosi si stava immergendo sopra lo scafo semiaffondato di un cacciatorpediniere della Royal Navy, l’HMS Mohawk, affondato esattamente un anno prima, il 16 aprile 1941. Quella notte, nelle basse acque delle Secche di Kerkennah, aveva avuto luogo uno scontro impari, tra una formazione italiana, di scorta a un convoglio mercantile diretto in Africa settentrionale, e una inglese, uscita dalla base di Malta con il solo compito di intercettarla e affondarla. Morirono 1800 marinai quella notte. Colati a picco assieme alle loro navi, i cacciatorpedinieri Baleno, Lampo e Tarigo: i primi due non ebbero neanche il tempo di reagire efficacemente e rispondere al fuoco. Solo il Tarigo, agli ordini del capitano di fregata Pietro De Cristofaro, riuscì a reagire. Tanto da lanciare un siluro contro la squadra navale britannica prima di essere a sua volta inquadrato dalle artiglierie di bordo avversarie e affondato. A De Cristofaro, che continuò a dirigere l’attacco nonostante la sua nave fosse tutta un rogo e lui stesso gravemente ferito, venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare dei CIFRARI navali inglesi


67 In basso: Rudolf Claudus, “Il cacciatorpediniere Luca Tarigo scorta un convoglio”, olio su compensato, (particolare), 90x60. Il dipinto è esposto nell’Ufficio Storico della Marina - ufficio capo sezione archivi. Il pittore di marina Claudus ha rappresentato in molti suoi dipinti “la guerra dei convogli”, ovvero navi mercantili scortate da navi militari. alla Memoria. Ma la sua morte non fu vana. Il siluro italiano, infatti, terminò la sua corsa esplodendo contro la fiancata del Mohawk: una colonna d’acqua e di fumo nero si levarono alte nel cielo, aprendo uno squarcio letale. In pochi istanti il caccia inglese si inabissò così velocemente che solo pochi uomini dell’equipaggio erano riusciti a salvarsi. E fu proprio questo il motivo per cui, un anno dopo, il Servizio Informazioni della Regia Marina ideò e mise a punto l’operazione segreta. Era dunque probabile che il comandante inglese non avesse fatto in tempo a distruggere, come d’obbligo, i codici e l’archivio segreto. Dunque cifrari navali, libro dei segnali e regolamento del servizio radiotelegrafico in uso nella Royal Navy. Documenti con i quali la Regia Marina avrebbe potuto adeguatamente contrastare l’egemonia britannica nel Mar Mediterraneo. Ebbe così inizio l’avventura del piccolo Maria Rosa: salpato assieme a un gruppo di pescherecci dalle coste siciliane, una volta giunto al largo, spense le luci, si staccò dalla formazione, scomparendo nel buio della notte. Con a bordo gli agenti del SIS, mise la prora verso una zona di mare ben definita, nota per le sue secche pericolose, dove un anno prima si era consumata la tragedia del comandante Pietro De Cristofaro e del convoglio Tarigo. Una zona in pieno Mediterraneo, tra l’altro pericolosamente nel raggio di tiro delle batterie costiere francesi di Capo Bon. Vestito il pesante scafandro da palombaro e collegata la manichetta per l’aria, fu uno dei più esperti agenti della Regia Maria, nonché crittografo, Mario De Monte a gettarsi in acqua e a introdursi all’interno del relitto della nave inglese, mentre Eliseo Porta, il suo fidato braccio destro, rimasto sul peschereccio, scrutava continuamente il mare davanti a sé. Una volta a bordo di quello che un tempo era stato l’HMS Mohawk, De Monte si diresse immediatamente verso la plancia e la sala nautica, dove presumibilmente erano conservati i preziosi documenti. Dopo una estenuante ricerca, balzò agli occhi del palombaro una cassetta metallica: era quanto l’ammiraglio Lais e il SIS stavano cercando. Furono così recuperati il libro dei segnali e il regolamento del servizio radiotelegrafico: purtroppo, non fu possibile individuare il cifrario navale. Tuttavia, l’Operazione Pesca di Beneficenza permise di scoprire un agente nemico che, operando dall’Italia, passava informazioni riservate e segrete all’ammiragliato britannico, segno tangibile che l’intricato mondo delle spie poteva portare a risultati del tutto inaspettati.


N O T I Z I A R I O D E L L A M A R I N A - M A R Z O 2 0 2 3 MJIHGFGEDCBGA@JACE?GBI>J=GE JE<;BB;::JE<J9EJ6<C>@;A@JE dell’avventura vissuta dal <>J6CE:>5<<CE?JE:JC=;AJE543IJ;FJE della Marina addestrato nelle scuoFGE?JE=CFCE;6G>JI;AGEAG:FJE;AAJE210/ .5--FJI;@CEB5FEA56G>CE?JE:GAA;JCE ,+E?JE*)@C>J;E?GFF;E(;>JA;E(JFJ@;>G'E &A/E+1,E%E$AACE###"!EGEIC>>G- ?;@CE?;EJ66;:JAJEC>J:JA;FJ E;FI5AGE JAG?J@G EFfi;>@JICFCE*"E<>J6JEff;=;FE $=J;@C>B'E>JICB@>5JBIGEICAE?C=JfflJ;E di particolari sia tecnici, sia umani, l’avventura americana dei pionieri del volo con una narrazione avvinIGA@GEGEB5::GB@J=;/ $FI5AJE<;BB;::J EJAE<;>@JICF;>G EICJA- =CF:CACE<>C4CA?;6GA@GEJFEFG@@C>G E come quello della descrizione della fase conclusiva dell’addestramento, IHGEICABJB@G=;EAGFF;EBJ65F;fflJCAGE ?JE5AE;66;>>;::JCEC=GE;JE:JC=;- AJE543IJ;FJ EBI;>;=GA@;@JEJAE;Iffi5; E =GAJ=;E>JIHJGB@CE?JE>JG6G>:G>GEGE?JE JA?CBB;>GE5AfiJ6->;I;@5>;EICFFG:;@;E ;FE=GFJ=CFCEIHGEFJE;=>G--GE<C>@;@JE in salvo. Ad alimentare la suspence della descrizione dell’operazione flEJFE4;@@CEIHGEG>;E<CBBJ-JFGEBCFCE5AE altro tentativo, e in caso di fallimento, si veniva esclusi dal corso. La narrazione puntuale delle fasi addestrative è preceduta dall’inquadramento del periodo storico in cui l’Italia venne a trovarsi alla 3AGE?GFF;E)GICA?;E:5G>>;E6CA?J;FG E ?;FF;E3>6;E?GFE>;@@;@CE?JE.;>J:JE IHGEFJ6J@;=; E?JE4;@@C E:FJEJA=GB@Jmenti bellici, all’opinione pubblica contraria a qualsiasi spesa destinata all’acquisizione di navi portaerei e alla formazione di piloti della Marina Militare. 5;FIHGE;AACE<J9E@;>?J E<G> Effi5;FICB;EB;>G--GEI;6-J;@C/EC<CEFfi;- ?GBJCAGE?GFFfi"@;FJ;E;FF;Eff$ EGEICAE :FJE)$EJA@G>GBB;@JE;?E;=G>GE?GFFGE basi navali presso le nazioni alleate, Ffi"@;FJ;EC@@GAAG EJA4;@@J E,E=GFJ=CFJE D5>@JBBE),D1EGFF?J=G> EGffi5J<;:- :J;@JEICAEB@>56GA@;fflJCAGE<G>EF;EFC@- ta antisom. Oltre alla fornitura dei mezzi, l’accordo stretto tra Italia e )@;@JEAJ@JE<>G=G?G=;EIHGE5AEIG>@CE A56G>CE?JE543IJ;FJE?JE(;>JA;EJ@;FJ;AJE venisse addestrato presso la scuola ?JE=CFCE?GFF;E)Eff;=E?JE.GAB;ICF; E JAEFC>J?;/E"FE<>J6CE:>5<<CE?JE:JC=;- AJE;B<J>;A@JEff;=;FE$=J;@C>B EI;<J@;- nato dall’allora tenente di vascello $A@CAEJ@@C>JCEDC@@JAJ EB;>G--GE “I primi naval aviators' di Marianna Fischione RECENSIONE AutoreE(JIHGFGED) ff"ff Editore:E ?JfflJCAGE)@C>J;E(JFJ@;>GEB>F RealizzazioneE)@C>J;E(JFJ@;>G Anno di pubblicazioneE,0,+ Mese di pubblicazioneE GAA;JCE,+ Numero di pagineE66 Prezzo:E E 00 Copertina della rivista “Storia Militare” n° 352 - ANNO XXXI. 1° Gennaio 2023. rientrato in Italia nell’estate del 1, EICAEJFE brevetto di pilota “in @;BI;'/ Cosentino descrive l’addestra6GA@CEAG:FJE )$E?G:FJE 543IJ;FJEJ@;FJ;AJ E preceduto dal tirocinio presso l’AcI;?G6J;Eff;=;FGE?JEJ=C>AC E?;FFGE =JBJ@GE6G?JIHGEG44G@@5;@GE;Eff;<CFJE GE?;FE?JB->J:CE?GFFGE<>;@JIHGE;6- 6JAJB@>;@J=GEAG:FJE543IJE?JE.;F;fflfflCE della Marina, a Roma. C<CEffi5GB@;E@>;3F; E:FJE543IJ;FJE arrivavano, dopo una traversata CIG;AJI;EIHGE<>G=G?G=;E?J=G>BGE BCB@GE?JE>J4C>AJ6GA@C E;EffGEC> E ;?E$@F;A@;EG EJA3AG E;FF;E-;BGE?JE.GAsacola, in Florida. fiEJAEffi5G:FJEB<;fflJEBICA3A;@J EICA=Jvendo con militari di altre nazionalità, parlando un altro idioma e con indosso nuove divise, i più audaci @>;Effi5GJE:JC=;AJEJ@;FJ;AJE;=>G--G>CE JA?CBB;@CEFGE;:C:A;@GE*JA:BEC4E CF?'E?GFFfi)Eff;=/E"FEICA4G>J6GA- @CE?GFE->G=G@@CEGEF;EICABG:A;E?GFE ?JB@JA@J=CE;==GAJ=;ACEAGFFfi543IJCE ?GFFfi;66J>;:FJCEIC6;A?;A@GE?GFE Dff$$EEff;=;FE$J>E>;JAJA:E DC66;A?E%E?JEDC><5BEDH>JB@J EJAE G;B/EC<CE ,,E6GBJ EJEAGCE<Jloti rientravano in Italia lasciandosi alle spalle un’esperienza indimenticabile. fi;>@JICFCE?JE(JIHGFGEDCBGA@JACEflE 4>5@@CE?JE5AEF5A:CEF;=C>CE?JE>JIG>I;E GE;<<>C4CA?J6GA@C EIHGEFCEH;E<C>- @;@CE;E<5--FJI;>G EAGFE,0,0 EJFEFJ->CE *;FFfi;=J;fflJCAGE<G>EF;EG:J;E(;>JA;E ;FFfi$=J;fflJCAGEff;=;FGEJ@;FJ;A;/E)<G- >;Affl; E@>;:G?JG E>JA;BIJ@; E6;@5>;- fflJCAGEGE<>CB<G@@J=G' EC6; E)((/


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