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Published by , 2017-06-18 16:34:36

EU_stampa_giusta

EU_stampa_giusta

ISTITUTO TECNICO TECNOLOGICO STATALE
VITO VOLTERRA

SALVARE L’OIKOUMENE EUROPEA

Studente: Classe:
CAPPELLAZZO GIACOMO 5^A

ANNO SCOLASTICO 2016-2017

2

La democrazia ha molti nemici in attesa tra le quinte, politici e movimenti per il momento
costretti a giocare secondo le sue regole ma il cui intento reale è tutt'altro – populista, di
manipolazione mediatica, intollerante e autoritario. Conquisteranno molto spazio, se non

riformeremo rapidamente le nostre democrazie. E non c'è ambito in cui questa riforma sia
più necessaria che in seno alla stessa Unione Europea.
Paul Ginsborg

Banksy
Immagine di copertina

3

4

INDICE

INTRODUZIONE............................................................................................. 7
LE ISTITUZIONI EUROPEE GUARDANO AI VALORI DEL PASSATO PER AFFRONTARE

LE SFIDE DEL FUTURO ............................................................................... 8
1.1 Avanti così, Solo il mercato unico, Fare di meno in modo più efficiente .........8
1.2 Chi vuole di più fa di più .................................................................................10
1.3 Fare molto di più insieme ................................................................................11
LA POLITICA DELLA POST-VERITÀ E DELLE PAURE SI CANDIDA IN EUROPA E NEL
MONDO .................................................................................................. 17
LA NECESSITÀ DI UNA RISPOSTA ISTITUZIONALE........................................... 21
LA POST-VERITÀ È PRE-FASCISMO ............................................................... 24
IDENTITÀ-ALTERITÀ: BASE PER LA COSTRUZIONE DI UNA COMUNITÀ DI PACE 27
IMMAGINI .................................................................................................. 31
1.4 The Guardian – Britain steps into the unknown ..............................................31
1.5 Barry Blitt - Silly Walk Off a Cliff..................................................................32
1.6 Bob Staake - The Wall.....................................................................................33
1.7 Yousuf Karsh – Winston Churchill .................................................................34
FONTI ........................................................................................................ 35

5

6

INTRODUZIONE

Nel 1987 i primi 3.244 studenti universitari, tra i quali 220 italiani, hanno varcato
i confini nazionali per vivere un periodo formativo in un ateneo europeo. Oggi, dopo
30 anni, sono quattro milioni gli studenti che hanno fatto le valigie per andare a
studiare in un altro paese: è la generazione E. La E sta per Erasmus ma anche per
Europa. Sono proprio questi studenti che il 25 giugno 2016 si sono riuniti davanti al
Houses of Parliament a Westminster per protestare contro il risultato del referendum
su Brexit e si sono spaventati davanti ai titoli a nove colonne delle testate
internazionali.

La copertina che la testata britannica The Guardian ha scelto per il giorno in cui il
primo ministro inglese, Theresa May, ha dato ufficialmente avvio a Brexit,
notificando l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, è un monito per tutta l’Europa: un
puzzle con una carta geografica in cui le tessere che costituiscono la Gran Bretagna
sono mancanti. “Today Britan steps into the unknown” è la frase che riempie lo
spazio lasciato dal paese anglosassone: ignoto è il destino della Gran Bretagna come
quello del Vecchio Continente. Preoccupazione rappresentata anche da Barry Blitt,
illustratore di The New Yorker, che disegna un uomo che si dirige a grandi passi
verso un precipizio.

Angela Merkel durante il vertice di Malta del Consiglio Europeo, l’organo
composto da capi di stato e di governo, il 3 febbraio 2017 ha definito il “precipizio”
che l’Unione Europea e l’Eurozona dovranno affrontare: la crisi dei debiti pubblici, il
post Brexit, le migrazioni, la crisi Russo-Ucraina, l’insediamento del tycoon
newyorkese alla Casa Bianca e l’avanzata dei populismi euroscettici.

Secondo la cancelliera tedesca l’Europa dei 27 deve rinnovarsi e trovare soluzioni
innovative per rispondere con prontezza ed efficacia alle sfide del mondo
contemporaneo. Dalle risposte che darà il vecchio continente dipenderà il futuro
delle riforme dell’Europa.

7

LE ISTITUZIONI EUROPEE GUARDANO AI VALORI DEL

PASSATO PER AFFRONTARE LE SFIDE DEL FUTURO

L’integrazione economica, politica e sociale deve, secondo il presidente della
Commissione Europea Jean-Claude Juncker, sviluppare un progetto sovranazionale a
lungo termine per garantire agli stati aderenti trasparenza, unità, stabilità e
cooperazione. Proprio per questo Juncker in occasione dei 60 anni della nascita della
Comunità Economica Europea (CEE), avvenuta con la firma del trattato di Roma il
25 marzo 1957, ha consegnato il cosiddetto “White Paper”, il “Libro Bianco” per il
futuro della “casa comune”, una attenta analisi programmatica di cinque possibili
scenari futuri dell’Unione Europea. Ogni metodologia di azione evidenzia e
sottopone a scomposizione tutte le tematiche contemporanee che si intrecciano con i
valori fondamentali e gli obiettivi dell’UE.

I cinque scenari delineati nel “Libro Bianco” contribuiranno ad orientare il
dibattito sul futuro dell’Europa, offrendo una serie di spaccati del potenziale stato
dell’Unione da qui al 2025.

1.1 Avanti così, Solo il mercato unico, Fare di meno in modo più efficiente
Il primo approccio, “Avanti così”, prevede un’integrazione graduale fra gli Stati

membri e la continuazione delle riforme politiche ed economiche, in linea con lo
spirito della dichiarazione di Bratislava1 concordata da tutti gli Stati membri nel
2016.

Il secondo approccio, “Solo il mercato unico”, si concentra esclusivamente sulle
questioni economiche (libera circolazione di merci, persone, denaro e servizi,

1 Ripristinare il pieno controllo delle frontiere esterne, garantire la sicurezza interna e combattere il
terrorismo, rafforzare la cooperazione dell'UE nel campo della sicurezza esterna e della difesa,
promuovere il mercato unico e offrire migliori opportunità ai giovani europei.

8

regolazione dei tassi di cambio, del quantitative easing2e del deleveraging3, Sistema
Europeo Banche Centrali, Fondo Europeo Stabilità Finanziaria). I governi e le
istituzioni che simpatizzano per questo approccio lasciano scoperte tematiche fino ad
oggi fondamentali per il consolidamento europeo: i diritti civili e sociali (Obiettivi
Sviluppo Millennio) e la politica internazionale (Accordo Cotonou, Protocollo
Zucchero, Comprehensive Economic and Trade Agreement). Questa metodologia
essenzialmente economica, secondo i critici del neoliberismo, può favorire il potere
delle banche e formare un dominio finanziario autoreferenziale che anziché sostenere
un’economia sociale e a portata d’uomo moltiplica senza controllo il profitto.
L’eccessiva burocratizzazione finanziaria e l’avversione all’“Europa della Banche” è
un’idea-forza ampiamente utilizzata in chiave anti-europea dai movimenti populisti,
che attaccano continuamente le politiche fiscali dello “zero virgola”.

Per rispondere a queste critiche di inefficienza e di cattiva gestione di tempo, soldi
ed energie il presidente della Commissione Europea propone il metodo “Fare di
meno in modo più efficiente”: restringere il campo di intervento dell’Unione solo
agli ambiti fondamentali per il suo sviluppo nel breve termine, in modo tale da
affrontare ineccepibilmente le sfide contemporanee.

Questa corrente riprende dal funzionalismo europeista, che aveva il suo massimo
esponente in Jean Monnet4. I funzionalisti avevano come obiettivo il superamento
della sovranità assoluta degli Stati e ritenevano che per superare le resistenze
nazionali si dovesse percorrere la via dello sviluppo graduale della cooperazione
europea in settori o funzioni limitati, ma via via più importanti, dell’attività statale.

Nel secondo dopoguerra Monnet propose di affidare l’amministrazione di alcune
attività pubbliche a un’apposita amministrazione europea, separata e indipendente
dalle amministrazioni nazionali. Le politiche nazionali da mettere in comune erano
quelle che producevano le rivalità più gravi tra gli Stati europei, e quindi quelle
relative al carbone e all’acciaio (allora considerati due prodotti base delle economie
industrializzate). Mettere la produzione e la distribuzione del carbone e dell’acciaio

2 Con alleggerimento quantitativo, o con la locuzione inglese quantitative easing, si designa una delle
modalità con cui avviene la creazione di moneta da parte di una banca centrale e la sua iniezione,
con operazioni di mercato, nel sistema finanziario ed economico.

3 Termine inglese che indica una riduzione del livello di indebitamento delle istituzioni finanziarie.
4 Presidente dell'Alta autorità della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio

9

sotto regole comuni, applicate da un’amministrazione sovranazionale, avrebbe creato
una solidarietà di interessi così profonda nella vita economica da spingere
all’integrazione graduale del resto delle economie. Il logico coronamento di questo
processo sarebbe stato la fondazione della Comunità europea per il carbone e
l’acciaio (CECA), proposta dal ministro degli esteri francese Robert Schuman il 9
maggio 19505.

1.2 Chi vuole di più fa di più
L’approccio più discusso dalle istituzioni e dalla stampa è “Chi vuole di più fa di

più”, che definisce sinteticamente l’“Europa a più velocità” sostenuta da Hollande,
Gentiloni, Rajoy e Merkel. Il presidente del consiglio Paolo Gentiloni il 6 marzo
2017 nell’incontro tra Italia, Spagna, Francia e Germania al palazzo di Versailles ha
difeso la “cooperazione differenziata” e i “diversi livelli di integrazione” che
valorizzano “risposte diverse” e “ambizioni diverse”. L’“Europa a più velocità”
sembra secondo Euractiv, una piattaforma mediatica non governativa, una soluzione
alla frattura che si sta formando tra i diversi paesi dell’Unione. La “geometria
variabile” dovrebbe garantire maggiore cooperazione e condivisione tra gli Stati con
stessi obiettivi, i quali devono essere condivisi e scelti chiaramente dai cittadini
attraverso l’elezione diretta dei deputati dell’Europarlamento. I leader critici verso
questa direzione, come la premier polacca Beata Szydlo, affermano che una politica
di cooperazione così definita non può che favorire il cupio dissolvi a favore dei paesi
più forti e sviluppati, come la Germania e i paesi del Consiglio Nordico (Danimarca,
Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia). Questi paesi presentano un welfare state
molto sviluppato e solido, una politica anti-trust affidabile e trasparente e non
vogliono essere frenati nella loro crescita economica (si stima che il PIL aumenterà
del 3% ogni anno) dai paesi del PIGS 6.

5 Dai tempi delle comunità europee, il 9 maggio, è considerato il “Giorno dell’Europa”; fu deciso al
Consiglio Europeo di Milano nel 1985. Ma il “Giorno dell’Europa” è conosciuto pochissimo, non
rappresenta ancora un evento collettivo nemmeno minimamente confrontabile per popolarità e
importanza alle feste nazionali degli Stati membri.

6 Portogallo, Italia, Grecia e Spagna

10

Beata Szydlo, che si era opposta alla rielezione a presidente del Consiglio
Europeo del connazionale Donald Tusk, ribadisce che i paesi del V47 non saranno
mai d’accordo su un’Europa divisa da livelli di integrazione differenti. Juncker
sostiene che l’intenzione dell’approccio “Chi vuole di più fa di più” non è quella di
creare una linea di divisione tra est e ovest come “una nuova cortina di ferro”. Il
presidente della Commissione, portando come esempi l’area Schengen, il procuratore
europeo (Cooperazione Giudiziaria e di Polizia in materia penale), l’Opt-Out
dell’unione economica e monetaria e della Politica Estera di Sicurezza Comune
(PESC), spiega che una base strutturata per “l’Europa a più velocità” esiste già.
“Un’Unione a geometria variabile è una direzione di marcia necessaria”, ha detto
Paolo Gentiloni, evidenziando che flessibilità non significa “Europa à la carte” o a
“due rigidità, molto rigida sul bilancio e molto tollerante sulla politica di
ricollocazione dei migranti”. Configurare “un’Europa a due cerchi” secondo l’inviato
a Bruxelles del quotidiano “La Stampa” Marco Bresolin può essere “un’opportunità
di rilancio” dopo Brexit.

Implementando questa soluzione l’Unione Europea deve promuovere un nuovo
equilibrio fra la cultura tedesca della stabilità e la cultura greco-latina della
solidarietà. Il filosofo tedesco Jürgen Habermas scrive che la cooperazione tra i
diversi Stati membri è la base del potere sovranazionale europeo ma durante la crisi,
l’Europa si è trasformata in una Unione di “aggiustamenti fiscali” su base nazionale
(i famosi “compiti a casa” come il DEF italiano dell’aprile 2017). Lo spirito di
coesione tra responsabilità nazionali e solidarietà paneuropea è andato quasi
completamente smarrito. Un paradosso, visto che nel frattempo l’Unione economica
e monetaria ha moltiplicato le interdipendenze fra i Paesi.

1.3 Fare molto di più insieme
L’ultimo approccio, “Fare molto di più insieme”, si propone di riscrivere la

definizione di Europa trasformandola in una federazione, il sogno di ogni europeista.
Dare molti poteri, anche specifici e locali, all’Europa sembra per Mario Monti una
soluzione convincente ma questa azione deve garantire stabilità e legittimità politica

7 il Gruppo di Visegrád formato da Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria nel 2004.

11

anche se viene criticata e logorata dalle azioni e dai tweet dei partiti isolazionisti

nazionalisti europei e americani.

“Con l’azione, cercando di stabilire in tutti i modi accordi e legami tra i movimenti
simili che nei vari paesi si vanno certamente formando, occorre fin d’ora gettare le
fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far sorgere il
nuovo organismo, che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli
in Europa; per costituire un largo Stato federale, il quale disponga di una forza armata
europea al posto degli eserciti nazionali, spazzi decisamente le autarchie economiche,
spina dorsale dei regimi totalitari, abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare
eseguire nei singoli Stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantenere un ordine
comune, pur lasciando agli Stati stessi l’autonomia che consente una plastica
articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei
vari popoli”.

Con queste parole tratte dal documento “Per un’Europa libera e unita. Progetto
d’un manifesto”, maggiormente noto come “Il Manifesto di Ventotene”, Altiero

Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni nel 1941, condannati al confino a

Ventotene dal regime fascista, profetizzavano con una lungimiranza che allora
appariva visionaria la costruzione di un’Europa federale, che mettesse fine allo

scontro tra gli Stati nazionali che nella prima metà del XX secolo aveva portato alla
guerra totale. Dal 1914 al 1945 l’Europa, infatti, aveva iniziato e poi terminato, tra

distruzioni, massacri e stermini con milioni di morti e mutilati, ben due guerre

mondiali, una guerra civile in Spagna, una guerra coloniale in Etiopia, trasformando

in dittature militari nazioni di antiche e recenti tradizioni liberali.

Secondo il manifesto il parlamento europeo è il laboratorio di questa nuova forma
di democrazia: un “federalismo di stati liberi fondato sul diritto internazionale” e sul
“diritto cosmopolitico”, che regola il rapporto tra gli Stati in virtù dell'“ospitalità
universale”, potrebbe essere una valida alternativa ai populismi, all’Europa del

profitto e del capitale, alla violenza senza scrupoli e senza giustificazioni (Immanuel
Kant, “Per la pace perpetua”, 1795)8. Al pari dei “Fourteen Points” del presidente
americano Woodrow Wilson e della “Carta Atlantica” di Franklin D. Roosevelt e

8 L’obiettivo dell’opera è quello di porre fine in modo non tirannico alle aggressioni fra le potenze che
sottoscrivono il suo trattato di non aggressione permanente e reciproca, precorrendo di quasi 200
anni il futuro progetto europeo del CED (Comunità europea di difesa). Il contributo fondamentale
di Kant alle teorie federaliste, e in particolare al federalismo europeo, consiste dunque nell’aver
per primo messo in relazione la pace con il diritto cosmopolitico e la federazione mondiale; egli
sostenne infatti che l’unico modo per porre definitivamente fine alle guerre fosse quello di far
rientrare gli Stati nell’orbita del diritto: di fare cioè con gli Stati ciò che lo Stato aveva fatto con gli
individui (contratto sociale).

12

Winston Churchill, il “Manifesto di Ventotene” si configura come risposta ad un
periodo buio e tragico della storia del Novecento e propone l’autodeterminazione dei

popoli e la formazione di Stati indipendenti.
Dopa la crisi totalitaria europea José Ortega y Gasset, con la conferenza berlinese

“De Europa meditatio quaedam” del 1949 propone, come il Manifesto di Ventotene
una delle più ispirate visioni sul futuro dell’Europa. Nel discorso del filosofo
spagnolo la questione si sposta sul fatto che l’Europa prima di tutto deve riconoscersi
come identità che essa non ha mai avuto la capacità di comprendere: “La Spagna è il
problema, l’Europa è la soluzione”. Nel parlare di Spagna ed Europa Ortega non fa
riferimento a entità metafisiche o a dimensioni sovratemporali, per il filosofo
l’Europa è pragmatismo.

Dopo Brexit sembra quasi un paradosso ma il primo teorico degli “Stati Uniti
d’Europa” e fondatore del primo ubi consistam europeo, il Consiglio dell’Assemblea
Europea, è stato l’inglese Winston Churchill, che all’università di Zurigo si lanciò
nella battaglia per un’Europa unita, da costruirsi attorno alla riconciliazione e alla
collaborazione tra Francia e Germania.

“Noi ci salveremo dai pericoli che si avvicinano solo se scorderemo gli odi del
passato, se progressivamente cancelleremo le frontiere e le barriere che aggravano e
congelano le nostre divisioni. È vero, questo comporta qualche sacrificio o messa in
comune delle sovranità nazionali. Ma a ciò si deve guardare come alla graduale
conquista, da parte di tutte le nazioni interessate, di quella più larga sovranità che può
proteggere le loro diverse e distinte abitudini e caratteristiche, le loro tradizioni
nazionali” (Winston Churchill, Aja, Consiglio dell’Assemblea Europea).

La formazione di un organismo sovranazionale impone sacrifici per tutti gli Stati,

i quali devono rinunciare ad una parte della loro libertà e agli interessi revanscisti
monopolistici per garantire sicurezza e pace sociale (Thomas Hobbes, Leviathan,
1651). Il 18 luglio 1948 Carlo Sforza9 proponeva come modello federale da prendere
come esempio quello statunitense o quello elvetico:

“ognuno, dico, di questi piccoli Stati d’Europa rinunzi ad una parte della propria
sovranità, come un secolo e mezzo fa i nuovi Stati nord americani abdicarono a parte
della loro sovranità, come due generazioni dopo — l’ho già detto — fecero i Cantoni
Svizzeri. Questo, solo questo può salvarci. Senza questo le prediche per gli Stati Uniti
d’Europa e le Conferenze Interparlamentari non saranno che pii esercizi di preghiere.

9 Carlo Sforza è stato un diplomatico e politico italiano. Dal 1920 al 1921 fu Ministro degli esteri del
Regno d'Italia e dal 1947 al 1951 della Repubblica Italiana.

13

O noi europei, e specialmente noi italiani, supereremo, e presto, prima nei nostri spiriti
e poi nella realtà la fase dello stato nazionale sovrano o periremo negli orrori di una
terza guerra”.

Con la Grande Guerra e la Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti avevano
abbandonato la politica del “non coinvolgimento” di George Washington (Farewell
address), delle “entangling alliances” (alleanze vincolanti) di Thomas Jefferson e la
“dottrina di Monroe”, limitando le loro caratteristiche posizioni isolazioniste. È in
questo contesto che, tra le intelligenze politiche del momento, emerse quella del
senatore democratico James William Fulbright con la risoluzione senatoriale numero
10 del 21 marzo 1947. Nonostante non sia mai stata discussa e votata dal Senato,
scatenò al momento della sua presentazione, notevole interesse da parte della stampa
e larga condivisione tra l’opinione pubblica. Si chiedeva al Congresso degli Stati
Uniti d’America di favorire la creazione degli “Stati Uniti d’Europa”. Il senatore
Fulbright spiegò ampiamente, in successivi interventi al Senato americano, che la
costituzione federale dell’Europa avrebbe scongiurato il pericolo di successivi
conflitti comprimendo e controllando gli esasperati nazionalismi. Solo in uno Stato
federale gli Europei avrebbero iniziato una lunga e proficua collaborazione volta al
benessere e alla pacificazione mondiale.

Il vecchio concetto europeo dell'equilibrio di potenza si stava logorando a favore
di quello, inedito, della sicurezza collettiva, della piena libertà di commercio e della
conciliazione attraverso pacifiche mediazioni dei contrasti.

I padri fondatori dell’Unione Europea, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer,
Robert Schuman, immaginando questa collaborazione internazionale per superare le
difficoltà del secondo dopoguerra, fondarono il 23 luglio 1952 la Comunità europea
del carbone e dell’acciaio (CECA), una “terza via economica”, che comprendeva 6
paesi: Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi.

La costruzione dell’Europa politica ed economica è continuata con i Trattati di
Roma del 1957, con l’entrata di Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca nel 1973, con le
prime elezioni dirette del Parlamento Europeo nel 1979 e con la firma del Trattato di
Maastricht nel 1992, che fonda ufficialmente l’Unione Europea in campo economico

14

e monetario10, politico e civile11. Nel 1986 la Spagna e il Portogallo dopo la fine dei
regimi autoritari di Franco e Salazar entrarono nell’Unione stabilizzando la vita
democratica dei cittadini. Il processo è continuato con l’adesione di altri paesi e
l’unione monetaria con l’Euro nel 2002 (che l’europeista ante-litteram Luigi Einaudi
aveva anticipato nel 1918 nelle sue “Lettere di Junius”, scritte per il Corriere della
Sera, con la “lira zecchina”).

L’unione monetaria e la sempre più forte integrazione economica sono grandi
risultati del processo di unificazione europea degli ultimi anni. Ma se l’Unione
europea vuole essere qualcosa di più che una ricca area di scambio e una grande
potenza economica, dovrà riformare le sue istituzioni nel senso di una crescita del
potere effettivo degli organismi comunitari. Proprio alla riforma delle istituzioni
europee fu dedicato l’importante vertice di Nizza (dicembre 2000), dove vennero
prese alcune risoluzioni finalizzate a rendere più rappresentativi i meccanismi
decisionali della futura Europa “allargata” e, soprattutto, fu approvata la Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea12, premessa della Costituzione Europea
approvata a Roma nell’ottobre 2004. La mancata ratifica della Carta Europea da
parte di importanti Paesi, come l’Olanda, la Francia, la Gran Bretagna, ha reso
necessaria la stesura di un nuovo documento, il trattato di Lisbona del 13 dicembre
2007. Questa battuta d’arresto è un segno grave degli ostacoli che l’integrazione
europea incontra tuttora.

Negli anni si sono consolidate le istituzioni principali dell’Unione:

o la Commissione, composta da un rappresentante per ogni Stato membro,
rappresenta l’Unione e ne è l’organo esecutivo;

o il Consiglio, ovvero il Consiglio dei Ministri Europei, che ha assieme al
Parlamento il potere legislativo ed è la sede principale dei negoziati che
fanno avanzare il processo unitario;

o il Parlamento, che è la sede del potere legislativo, ed è l’unico organismo i
cui membri sono eletti a suffragio universale da tutti i cittadini europei;

10 BCE, regolazione dell’inflazione e del PIL
11 Cooperazione nella giustizia internazionale e negli affari esteri
12 Dignità, Libertà, Uguaglianza, Solidarietà, Cittadinanza, Giustizia

15

o la Corte di Giustizia, che è la massima espressione giudiziaria dell’UE.
Ci sono molte altre istituzioni minori che, tutte assieme, fanno dell’Unione
Europea un Ente sovranazionale come non ne esistono altri al mondo. Infatti, a
differenza, per esempio, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), essa
prevede una cessione sempre maggiore di segmenti di sovranità da parte dei singoli
Stati aderenti. Attualmente, nel 2017, siamo probabilmente arrivati a un punto nel
quale appare urgente e necessaria quanto mai la creazione di uno Stato federale che
abbia una vasta zona di poteri sovranazionali. Infatti, la persistente crisi economico-
finanziaria, gli attacchi micidiali del terrorismo, la migrazione drammatica di
profughi dalle guerre in Medio Oriente verso l'Europa non possono essere affrontati
semplicemente attraverso accordi tra i 27 Stati dell'Unione. È sempre più urgente e
indispensabile una politica estera e di difesa comune. È urgente e indispensabile che
si avveri la profezia di Altiero Spinelli.
Rimane il fatto che l’Unione è una strada obbligatoria per consentire all’Europa di
affrontare le sfide della globalizzazione, sia sul piano economico sia su quello
politico, e di governare i processi con finalità non solo di efficienza economica e di
equilibrio politico, ma anche di tutela dei diritti e di giustizia sociale.

16

LA POLITICA DELLA POST-VERITÀ E DELLE PAURE SI
CANDIDA IN EUROPA E NEL MONDO

Gli ideali e le buone pratiche su cui l’integrazione europea era stata concepita e
portata avanti per decenni, sono oggi indeboliti o in via di dissoluzione. Le cause,
legate ai problemi che affliggono gli Europei e l’Unione, sono riconducibili a tre
aspetti principali:

o la crescente insicurezza individuale e collettiva, dovuta soprattutto alla
debole crescita, che fa emergere forme esasperate di identità nazionali e
locali, rendendo evanescente la costruzione dell’identità europea.

o il crollo della fiducia reciproca fra i governi e fra i popoli, riflesso di un
diffuso timore per il futuro.

o la sensazione delle persone, quali elettrici ed elettori nei sistemi
democratici, di contare poco o nulla rispetto a decisioni che reputano
indipendenti dalla loro volontà, in mortificante contrasto con i medesimi
valori fondanti dell’Unione.

Il giornalista Bernard Guetta di France Inter scrive che i problemi dell’Europa
sono complicati da affrontare e la complessità richiede soluzioni sul medio e lungo
periodo: se la politica della post-verità, delle emozioni e delle paure si candida in
Europa allora è complicato mantenere un dialogo costruttivo e concreto su temi
sovranazionali.

Nei Paesi Bassi il “Partito per la libertà” di Geert Wilders, un politico euroscettico
e famoso per le sue dure critiche all’Islam, ha conquistato il secondo posto in
parlamento con 19 seggi. Wilders ha sostenuto la pericolosità del Corano
paragonandolo al “Mein Kampf” di Adolf Hitler.

Il palazzo dell’Eliseo della nazione bleu-blanc-rouge è stato sfiorato nel maggio
2017 dal “Front National” di Marine Le Pen a causa della sconfitta della sinistra

17

francese di Benoît Hamon e dei “Frondeurs” e della debolezza dei “Républicains”,
rappresentati dal criticato François Fillon.

In Germania la coalizione tra “Unione Cristiano-Democratica” e “Unione
Cristiano-Sociale” sta perdendo consensi nei diversi Länder a favore del partito
euroscettico e anti-establishment AfD (Alternative für Deutschland13). Il Regno
Unito post-Brexit deve fare i conti con la debole maggioranza dei Tories, con le
contraddizioni del movimento laburista di Jeremy Corbyn “Momentum” e
l’instabilità della sterlina nei mercati internazionali.

Tutte queste formazioni politiche hanno in comune la capacità di sfruttare le
fluttuazioni dell'opinione pubblica, i sentimenti nazionali, “l’effetto Wilders”, la
paura e le difficoltà dei governi e le bugie: riescono a dare risposte semplici a
domande complesse attraverso un’imponente uso dei social network e di internet
come strumenti di propaganda. Nello stesso tempo con linguaggi di una violenza
inusitata superano la barriera del “politically correct” e della verità e criticano
l'endorsement della stampa locale e internazionale ai partiti tradizionali.

“Alternative Facts” e notizie false, di cui è difficile capire la fonte, complesso
identificare l’autore, impossibile richiedere che vengano fornite le prove, vengono
utilizzati facilmente e sempre più di frequente da questi gruppi, anche in rete
sfruttando il meccanismo della “bolla informativa14”.

La normalizzazione delle bugie e la “post-verità” minacciano il contratto sociale
su cui si fonda la democrazia stessa e trasformano l’homo sapiens in homo videns,
legato all’immagine e al sensazionalismo (Giovanni Sartori).

Il Washington Post ha scritto “Democracy Dies in Darkness” (“La democrazia
muore nelle tenebre”) quando l’amministrazione statunitense ha affermato che i
media sono il “partito di opposizione” di Trump e ha proibito ai giornalisti di CNN,
BBC, Guardian e Washington Post di partecipare ad un incontro informale con il
portavoce della Casa Bianca Sean Spicer. "I dittatori iniziano sopprimendo la libertà
di stampa. Non sto dicendo che il presidente Trump sia un dittatore. Sto dicendo che
dobbiamo imparare dalla storia" ha detto il senatore repubblicano John McCain.

13 Alternativa per la Germania
14 Gli anglosassoni dell’Independent parlano di “camere dell’eco” dove non esiste la verità dei fatti,

perché ciascuno ha selezionato e riceve solo le notizie e i commenti con i quali concorda a priori.

18

A tutto questo si aggiunge il controverso rapporto diplomatico con la Turchia
post-referendum e la Russia di Vladimir Putin, sanzionata dal parlamento europeo
per i suoi comportamenti in politica estera, che per difendere i propri interessi
economici nella vendita di materie prime e gas naturale mira all’indebolimento
dell’Europa e delle sue componenti perimetrali come l’Ucraina15.

L’Europa si ritrova a combattere le contraddizioni dei movimenti populisti, che
non si rendono conto del problema umanitario internazionale dei migranti e difendo
esclusivamente il “popolo politico” che in realtà esclude tanta parte dei suoi
componenti, il “popolo sociale” (Ernst Kantorowicz16). Queste ipocrisie bloccano la
criticità e la tolleranza come il muro di mattoni disegnato da Bob Staake.

L’agenda protezionistica di Trump (un’economia unilaterale per sconfiggere tutte
le monete, tra le quali l’Euro, che possono intaccare il valore della banconota verde),
i decreti sull’immigrazione (il “muslim ban” bloccato dalla corte distrettuale di
Washington ma riproposto il 6 marzo 2017), l’avversione all’importante accordo sul
nucleare concluso da Obama nel 2015 con l’Iran, la critica ai paesi europei della
NATO e dell’ONU e la proposta di un finanziamento di 54 miliardi di dollari al
Pentagono e al programma di riarmo nucleare lasciano un vuoto di potere nei difficili
rapporti tra Europa e Russia, nella complicata gestione dei flussi migratori e nella
situazione in Medio Oriente (come il coordinamento internazionale per la riconquista
di Raqqa e Mosul in Siria e Iraq).

Le scelte del presidente americano sono state analizzate anche dall’Economist,
che riflette sulle tendenze della società contemporanea e afferma che il futuro del
liberalismo è in crisi. Il Post-Brexit, la Turchia, la Russia, la Cina e le Filippine di
Rodrigo Duterte minano, secondo la testata britannica, i principi del libero mercato,
della concorrenza, della libera circolazione delle persone e delle merci da una
nazione all’altra, della perdita di importanza e sovranità delle singole nazioni a
vantaggio di organismi sovranazionali, dei diritti universali, tra i quali tolleranza e
accoglienza.

15 L'amico Putin. L'invenzione della dittatura democratica, 2011, Francesca Mereu
16 The King's Two Bodies. A Study in Mediaeval Political Theology, 1957

19

Il rischio dell’“illiberalismo”, neologismo proposto da Fareed Zakaria nel saggio
“The Rise of Illiberal Democracy”del 1997, è molto alto a livello mondiale e può
trovare esempi concreti nella Russia di Putin, nella Turchia di Erdoğan e
nell’Ungheria di Orbán.

L’Europa dei populismi si sta progressivamente sfaldando, prima con Brexit poi
con le sconfitte elettorali delle sinistre, e sta minacciosamente cadendo nel baratro: in
tutti i paesi si ritrova la stessa paura e lo stesso rifiuto di un mondo nuovo che cambia
radicalmente i punti di riferimento, che non si capiscono e che spingono a questa
vana e pericolosa nostalgia delle frontiere e del nazionalismo.

Per questo Macron descrive una comunità europea che deve “parlare con una sola
voce sulla scena mondiale” per sviluppare una condivisa politica sociale, basata sul
controllo dell’evasione fiscale e sull’integrazione coattiva sempre maggiore delle
istituzioni. Le istituzioni devono sviluppare un programma efficace di distribuzione
dei migranti in modo da garantire il rispetto e risolvere le contraddizioni della
Convenzione di Dublino come presentato dal documentario “Fuocoammare” di
Gianfranco Rosi.

Ricordando il fallimento del progetto della Comunità Europea di Difesa del 1954
il fondatore del movimento “En Marche!” afferma: “L’Europa dunque deve prendere
una decisione in merito alla propria sicurezza comune. Deve affrontare la crisi dei
rifugiati e una minaccia terroristica senza precedenti”.

Il grande dibattito internazionale, che va ben oltre il peso politico di ogni Stato, è
tra chi vorrebbe poter negare la realtà di un nuovo secolo e chi invece vorrebbe
affrontarla per gestirla, ricordando che l’Europa non può confrontarsi con tematiche
internazionali se gli Stati membri si rifugiano in uno “splendido isolamento made in
Britain”.

20

LA NECESSITÀ DI UNA RISPOSTA ISTITUZIONALE

La riforma dell’Unione Europea implica un cambiamento radicale dei Trattati, ma
senza una discontinuità netta, senza rifarsi alla propria identità profonda e senza un
concreto salto in avanti di natura istituzionale, il progetto dell’Unione è destinato a
perdersi in dispute vane e a vedere infrante le speranze da cui è nato.

Roberto Esposito17 ed Ernesto Galli Della Loggia18 hanno evidenziato che quel
poco di identità comune costruita nel corso dei decenni si è significativamente erosa
e, con essa, la legittimità dell’Unione come istituzione dotata di competenze e poteri
sovranazionali. La proposta che Esposito e Galli formulano per scongiurare questo
rischio è ambiziosa: l’elezione diretta, da parte dell’intero corpo elettorale europeo,
di un presidente UE e di due vicepresidenti, uno per gli esteri e l’altro per la difesa.
L’unica condizione è che ogni figura appartenga a una diversa area geopolitica delle
tre che formano l’Unione: l’Europa settentrionale, quella centrale, quella
meridionale.

Il Presidente dovrebbe avere i poteri dell’attuale Presidente della Commissione e
un potere ulteriore dalla forte carica simbolica: il potere di veto, esclusivamente
sospensivo e dunque superabile con un nuovo voto di approvazione, nei confronti di
qualsiasi provvedimento adottato da un Parlamento nazionale. Naturalmente
bisognerebbe prevedere la possibilità per una maggioranza dei governi degli Stati
dell’Unione di sfiduciare davanti al Parlamento Europeo il Presidente o i suoi
ministri per un eventuale abuso dei loro poteri.

Si potrebbe pensare di attribuire al responsabile della Difesa, unitamente al
compito della lotta al terrorismo, la formazione di uno specifico Ufficio di Stato
Maggiore volto a costituire e rendere operativo un embrione di reparti militari
autonomi sotto la bandiera della stessa Unione Europea. Al responsabile degli Esteri

17 Filosofo italiano, insegna filosofia teoretica presso la Scuola Normale Superiore
18 Storico e giornalista italiano

21

potrebbe essere affidata la gestione del flusso immigratorio con le molteplici
questioni che esso implica.

La riforma dell’Unione ha bisogno di idee nuove ma deve anche applicare le
soluzioni e i valori del passato che oggi si ripropongono con straordinaria modernità.

La Costituzione italiana dedica due articoli ai rapporti internazionali: l'articolo 10,
che stabilisce che il diritto interno si adatta automaticamente alle norme di diritto
internazionale, e l’articolo 11, che definisce l’impegno italiano a promuovere e
favorire la formazione di organizzazioni internazionali.

Articolo 10 - L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è
regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo
straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà
democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della
Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l'estradizione
dello straniero per reati politici.

Articolo 11 - L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri
popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in
condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le
organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

In questi due articoli si coglie tutta la complessità della nostra Costituzione,
promulgata dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947.
Per la carta fondamentale della Repubblica Italiana la solidarietà e la giustizia tra i
popoli sono individuati come strumenti privilegiati di risoluzione delle controversie
internazionali. In questi dettati si introduce la possibilità di consentire limitazioni
della sovranità nazionale, a condizioni di reciprocità ed uguaglianza con gli altri
Stati, per sottolineare la preminenza dell’interesse per la pace e la giustizia tra i
popoli rispetto alla sovranità stessa. Con questa limitazione, la Repubblica Italiana
consente la cessione della propria sovranità in favore di istituzioni sovranazionali che
si pongono lo scopo di creare un’integrazione sempre più stretta tra i popoli. La
nostra Costituzione, voltando per sempre la dolorosa pagina del nazionalismo
fascista, si riallaccia alla tradizione del costituzionalismo democratico e liberale
fondato sul rispetto dei valori internazionali della pace e della dignità umana
(Costituzione americana del 1776 e quella francese del 1789).

22

Se il sogno europeo vive una fase di impasse diventa imperativo riscoprire la
modernità e visionarietà presenti nello spirito costituente.

La conciliazione tra valori del passato e idee innovative prende forma nel discorso
d’investitura di Emmanuel Macron, che sulle note della Nona sinfonia 19di Ludwig
van Beethoven sembra un po’ Kennedy e un po’ de Gaulle, regalando al mondo
un’immagine di “giovane bostoniano” che sale le scale del potere e un richiamo alla
missione universale e ai valori fondanti della Francia.

“Responsabilità, fiducia, onore, impegno, rinascita, rifondazione” sono le parole
che rimangono del suo discorso e rappresentano le milestone su cui Macron traccia
l’obiettivo di restituire alla Francia e all’Europa il posto che spetta loro nel mondo,
sia nella dimensione politica sia nella globalizzazione economica. In stile kennediano
esprime l’ambizione di marcare una svolta epocale, una nuova frontiera francese:
“Noi dobbiamo costruire il mondo che la nostra gioventù si merita”.

Macron rilancia anche la missione ideale e universalistica del suo paese:
“Germania e Francia ricostruiranno un New Deal come primo passo per il successo
dell’Europa”.

Con parole mirate il presidente fornisce la chiave di questa rinascita: “Liberare il
lavoro, sostenere le imprese, incoraggiare lo spirito d’iniziativa”, concetti che
ribadiscono la sua rivoluzione nell’Europa bloccata dalla burocrazia.

Davanti al Louvre dove il neo-presidente ha celebrato la sua vittoria veniva agita
insieme al tricolore francese la bandiera con le stelle in campo blu, che deve
diventare simbolo di riforma, di sicurezza e stabilità. La stessa scena a Kiev e a
Bucarest, dove il vessillo europeo è diventato un simbolo di resistenza contro Putin e
la corruzione del parlamento.

19 Inno alla Gioia

23

LA POST-VERITÀ È PRE-FASCISMO

Non possiamo più condividere la grandiosa fiducia di John Milton, che in
“Aeropagitica: A speech of Mr John Milton for the liberty of unlicensed printing to
the Parliament of England” esortava affinché la verità e la menzogna venissero alle
prese: “chi ha mai visto la Verità avere la peggio in uno scontro libero e aperto?”. Ma
c'è ancora molto da fare per rendere lo scontro tale da quando post-truth, cioè post-
verità, è la parola dell’anno per il 2016 secondo l’Oxford dictionary.

Credibilità di una fonte d’informazione, immunità dalle versioni manipolate
emotivamente della verità, responsabilità civile: questi sono gli elementi
fondamentali per avere un dibattito critico trasparente necessario in ogni democrazia.

Nel 2017 l’Edelman Trust Barometer ha registrato “un’implosione della fiducia”
tra cittadini e mezzi d’informazione e tra gli stessi cittadini. Timothy Snyder,
professore di storia a Yale, infatti lancia un allarme nel suo ultimo lavoro “On
Tyranny”: la storia insegna che la tirannia più insidiosa non è quella che si impone
solo con la violenza, ma quella che acquista potere anche attraverso una serie di
cedimenti progressivi da parte dei cittadini. Lo storico propone come soluzione un
dogma fondamentale: “credete nella verità” perché “abbandonare i fatti è
abbandonare la libertà”.

Viviamo in un’epoca in cui etichettare qualcosa come vero o falso è diventato un
problema politico quindi “molti hanno confuso la fede in un leader inadeguato con la
verità su un mondo che tutti noi condividiamo”. Ora più che mai le persone hanno
bisogno di un accesso all’informazione di grande qualità e della capacità di
riconoscerla perché, secondo Snyder, “la post-verità è pre-fascismo”.

Nessuno spiega meglio di George Orwell le conseguenze della post-verità perché
la società post-fattuale è quella descritta nel romanzo distopico 1984:

“Sapere e non sapere. Essere cosciente della suprema verità nel mentre che si dicono
ben architettate menzogne, condividere contemporaneamente due opinioni che si
annullano a vicenda, sapere che esse sono contraddittorie e credere in entrambe. Usare
la logica contro la logica, ripudiare la morale nel mentre che la si adotta, credere che la

24

democrazia è impossibile e che il Partito è il custode della democrazia. Dimenticare
tutto quel che era necessario dimenticare, e quindi richiamarlo alla memoria nel
momento in cui sarebbe stato necessario, e quindi, con prontezza, dimenticarlo da
capo: e soprattutto applicare lo stesso processo al processo stesso. Questa era l’ultima
raffinatezza: assumere coscientemente l’incoscienza, e quindi, da capo, divenire
inconscio dell’azione ipnotica or ora compiuta. Anche per capire il significato della
parola ‘bipensiero’ bisognava mettere, appunto, in opera il medesimo”.

La post-truth in rete, i populisti che la usano e la democrazia minacciata, sono
entrati definitivamente nel dibattito politico anche in Italia, dopo che il presidente
dell'Antitrust, Giovanni Pitruzzella, parlando con il Financial Times, ha proposto una
rete di agenzie pubbliche dei Paesi UE contro le notizie e le storie false diffuse
online. È necessario trovare metodi, strumenti e regole per garantire la libertà di
espressione, fondamentale secondo Alexis de Tocqueville20, ma anche per evitare
che essa diventi strumento di odio razziale e politico e di informazione ingannevole.

Con il web e i social network, che Timothy Garton Ash ha definito “spazi pubblici
di proprietà privata”, che amplificano a dismisura qualsiasi comunicazione,
aumentandone il potenziale di influenza, questi strumenti e regole devono essere
studiati specificamente. Buona parte del lavoro di difesa della verità e del diritto a
essere informati correttamente, lo dovrebbero fare gli utenti della rete, i giornalisti, e
le aziende protagoniste della diffusione dell'informazione sul web.

Come ha scritto Nadia Urbinati21 su “Repubblica”, è il caso di fare appello alla
"responsabilità da parte di coloro che esercitano la politica e contribuiscono a creare
l'opinione. La democrazia non sopporta né le politiche dell'odio né quelle della
verità, ma neppure le azioni repressive che dovrebbero scongiurarle. Ha bisogno, in
questi casi in modo particolare, di cittadini, di politici e di giornalisti capaci di virtù
pubblica, di far affidamento al senso del limite e dell'autolimitazione" (una forma
etica di autocontrollo come la deontologia della stampa). Urbinati ha anche invocato

20 Alexis de Tocqueville (1805 – 1859), filosofo, politico e storico francese. In “La democrazia in
America” afferma che “sovranità del popolo e libertà di stampa sono due cose interamente
correlate e laddove vige il dogma della sovranità del popolo, la censura è non solo un pericolo, ma
anche una grande assurdità. [...] Per raccogliere i beni inestimabili prodotti dalla libertà di stampa,
bisogna sapersi sottomettere ai mali inevitabili che essa fa nascere”: “un abuso del pensiero senza
dubbio deplorevole" e la negativa "influenza esercitata dai giornali sui gusti e sulla moralità del
popolo”.

21 Nadia Urbinati è un'accademica e politologa italiana.

25

la difesa del concetto di sfera pubblica22 nella definizione che ne ha dato Jürgen
Habermas: la sfera pubblica si presenta come la sfera dell’agire comunicativo e in
particolare della comunicazione pubblica, il luogo per eccellenza della politica che
riguarda gli interessi e i diritti di tutti, nessuno escluso.

Nina Jankowicz, ricercatrice sulle attività di disinformazione in Ucraina, afferma
sul Washington Post che la Russia sfrutta il clima di sfiducia per amplificare la sua
propaganda e indebolire la sfera pubblica ucraina. La ricercatrice scrive che in
Ucraina il governo russo fa leva sull’impazienza dei cittadini nei confronti della
lentezza delle riforme diffondendo una moltitudine di notizie false sulla presunta
inettitudine del governo.

I paesi Occidentali stanno cercando di chiudere il divario di fiducia tra cittadini e
mezzi di informazione fondando attività di verifica delle informazioni (secondo uno
studio del Duke University Reporters Lab nel 2017 sono attive 114 organizzazioni di
fact-checking, mentre nel 2014 erano 44). Iniziative di questo tipo sono
importantissime ma sono solo attività di controllo. Jankowicz spiega che un progetto
in Ucraina ha fornito a quindicimila cittadini un corso di alfabetizzazione mediatica.
In nove mesi il numero dei partecipanti che faceva un controllo incrociato sulle
notizie è salito del 23 per cento. L’ideale sarebbe che questi progetti comprendessero
i piani di studio degli studenti23, i dipendenti del governo e i politici.

Timothy Garton Ash che alla questione della libertà di espressione nell'era di
Internet sta dedicando un lungo ed elaborato libro, “Free Speech: Ten Principles for a
Connected World”, ricorda che “l’emotività prevale sui freddi dati di fatto, le
sensazioni sulla ragione” ma grazie alle straordinarie possibilità di approfondimento
concesse da Internet è più semplice che mai per i cittadini vigili risalire alla realtà dei
fatti nella maggioranza dei casi.

22 Teoria dell'agire comunicativo (1981), Storia e critica dell'opinione pubblica (2002).
23 Secondo il recente Digital Economy & Society Index (Desi), l’Italia è al quart’ultimo posto in

Europa per alfabetizzazione digitale.

26

IDENTITÀ-ALTERITÀ:

BASE PER LA COSTRUZIONE DI UNA COMUNITÀ DI PACE

Secondo Jean-Claude Trichet24 una delle cause determinanti dell’indebolimento
dell’Unione Europea, a fronte di fenomeni epocali, è l’incompiutezza di un elemento
fondante per qualsiasi comunità sociale: l’identità europea.

Vale a dire: l’identità individuale, di ogni singolo cittadino di ciascuno Stato
membro, che stenta a maturare la piena consapevolezza di essere anche un cittadino
europeo. Naturalmente, ci si riferisce a un’identità europea che mantenga e valorizzi
le condizioni concrete dell’unità nel rispetto della diversità (In varietate concordia25),
in armonia con una plurima appartenenza a entità integrate, seppure differenti nelle
rispettive storie, culture, tradizioni, assetti economici e sociali, quotidianità e
preferenze.

Questa incompiutezza è determinata anche dalla mancanza di une vera e propria
cittadinanza europea in senso giuridico e politico. Nell’attuale assetto dei Trattati, la
cittadinanza europea è aggiuntiva e accessoria rispetto a quella nazionale. I diritti
riconosciuti dai Trattati ai cittadini europei sono peraltro limitati ad alcuni ambiti,
sebbene importanti; mancano inoltre i presupposti (ad esempio nelle procedure per le
elezioni del Parlamento Europeo) per la creazione di uno spazio pubblico europeo,
dove la condivisione di valori, di diritti e di doveri si accompagna ad un sentimento
di lealtà nei confronti delle stesse istituzioni comuni. Per salvare l’Europa diventa
imperativo formare una cultura nazionale veramente europea.

Secondo il filosofo tedesco Hans-Georg Gadamer “l’intreccio pluralistico” deve
essere alla base della cultura moderna. Il filosofo nei suoi studi sulla dicotomia
“identità-alterità” propone di superare il proprio “sapere di dominio” nella direzione

24 Jean-Claude Trichet è un economista francese, ex presidente della Banca centrale europea.
25 Motto dell’Unione Europea

27

di un’espansione della cultura come capacità di aprirsi all’esperienza dell’altro (la
cultura "non è una forma di vita che abbia una patria").

Possiamo fare questo conservando l’aspetto umanistico della nostra identità, che
ci fa sentire parte di una storia più grande:

"È la tradizione umanistica quella a cui è necessario rifarsi. […] È anzi proprio la
forza […] che deriva dalla certezza di quell’identità, a rendere possibile la tolleranza.
Esercitarsi in una tolleranza così intesa […] mi sembra una buona preparazione ai
grandi compiti del futuro" (Gadamer, Verità e metodo).

Secondo Gadamer per fondare saldamente l’oikoumene europea è necessario
progettare "un futuro dove nella pluralità delle differenze la cultura del sé diventa
anche cultura dell’altro". È proprio l’idea che ha lasciato in eredità Giuseppe
Ungaretti: quella della cultura come espressione di una sfera superiore, di valori
eterni più forti della crisi dell’uomo contemporaneo.

Non ci si può chiudere nei confini del proprio “sapere di dominio”, temendo il
futuro e sentendo un pericolo nell’alterità. Del resto, lo stesso Jean Monnet, giunto al
termine della sua vita e interrogato su come avrebbe voluto ricominciare, se avesse
potuto, rispose: “Per l’Europa, se potessi, ricomincerei dalla cultura”. Capovolgendo
l'espressione attribuita a Massimo d'Azeglio verrebbe da dire: "Fatta l’Europa è ora
necessario fare gli europei".

La soluzione alle difficoltà del presente consiste nell’uscire dalle costrizioni delle
economie nazionali, della burocrazia e del sovranismo per individuare uno spazio
europeo che ha avuto nella storia voci che hanno colto i problemi comuni: Ortega,
Churchill, De Gasperi, Adenauer, Schuman, Spinelli e Colorni. Proprio a queste voci
nel 2012 è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace con la seguente motivazione:
“L'Unione e i suoi membri per oltre sei decenni hanno contribuito al progresso della
pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa”.

Il comitato norvegese sottolinea che “in un periodo di settant'anni, Germania e
Francia hanno combattuto tre guerre. Oggi la guerra tra la Germania e la Francia è
impensabile. Questo dimostra come, attraverso sforzi ben mirati e con la costruzione
di fiducia reciproca, nemici storici possono diventare stretti partner”.

In questo senso è necessario concepire il premio Nobel per la Pace all’Unione
Europea. Si tratta di un riconoscimento che nei sessanta anni trascorsi dal 1957

28

l’Unione si è affermata come comunità di pace e sede di riconciliazione tra popoli
che si sono combattuti in guerre feroci per decenni.

Se ci immaginassimo la reazione dei padri fondatori all’idea di lasciare l’Europa
in un periodo di sfide e difficoltà sicuramente si potrebbe sintetizzare nell’immagine
del “leone ruggente” di sir Winston Spencer Churchill (1941).

29

30

IMMAGINI

1.4 The Guardian – Britain steps into the unknown

31

1.5 Barry Blitt - Silly Walk Off a Cliff
32

1.6 Bob Staake - The Wall
33

1.7 Yousuf Karsh – Winston Churchill
34

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37


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