ARTICOLO 11
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strumento di offesa, non di difesa: se
attaccata, l’Italia può rispondere con le
armi. Al rifiuto della guerra si associa
la disponibilità a limitare la propria
sovranità, cioè il proprio autogoverno,
a favore di organizzazioni che
promuovano la pace, come
l’Organizzazione delle Nazioni Unite
(O.N.U.). La pace è quindi posta come
un bene supremo, che motiva
l’adesione a organizzazioni
La guerra ha da sempre segnato la internazionali e le conseguenti
storia dell’umanità la quale, secondo il limitazioni di sovranità dell’Italia.
psicoanalista Freud, è dominata da due quindi non consente che si possa
pulsioni opposte: l’Eros, la pulsione attaccare un altro popolo, ma è
alla vita e il Thanatos, una pulsione di ammessa solo per difesa. Quindi la
morte, il quale si manifesta in tendenze nostra Costituzione rifiuta la guerra
autodistruttive. Sin dell’antichità, come mezzo di intervento ma consente
infatti, il desiderio di conquista, al nostro esercito di intervenire, a
motivato da ragioni economiche e scopi di pace e di giustizia, in
sociali, ha spinto i popoli ad uscire dai situazioni che necessitano tale
confini dei propri Stati per dirigersi intervento a livello internazionale.
altrove, verso altri confini, in altre Inoltre l'Italia, acconsentendo di
società, portando con sé la violenza, la limitare la propria sovranità, si
morte e l’idea della sopraffazione. Fu impegna a salvaguardare tutte le altre
proprio dopo uno sfondo storico nazioni con pari volontà e a sostenere
disastroso, che venne trascritto quelle organizzazioni internazionali un organismo superiore al fine di
l’articolo 11, il quale focalizza la che promuovono la pace e la giustizia. garantire la pace. Spesso, però, alcune
propria attenzione sul concetto di L'Italia si è trovata spesso, negli anni forze politiche del nostro paese non
“ripudiare” e di guerra, infatti esso recenti, a condurre insieme ad altri sono state d'accordo con tali interventi
cita: “L'Italia ripudia la guerra come Stati interventi militari anche se militari proprio perché ritenuti lesivi
strumento di offesa alla libertà degli finalizzati a ristabilire situazioni di del principio di ripudio della guerra. Si
altri popoli e come mezzo di pace e di democrazia. La può considerare che, precedentemente,
risoluzione delle controversie partecipazione a tali interventi militari l'articolo 11 sia stato violato quando
internazionali; consente, in condizioni può sembrare in contrasto con il l'Italia subentrò nella situazione afgana
di parità con gli altri Stati, alle ripudio della guerra sancito nell'art.11 in seguito a un mandato Onu e su
limitazioni di sovranità necessarie ad della Costituzione. Va detto, a tale richiesta del legittimo governo di
un ordinamento che assicuri la pace e proposito, che questi interventi militari Kabul per far fronte alle forze
la giustizia fra le Nazioni; promuove e sono decisi dalla NATO talebane, mentre recentemente con
favorisce le organizzazioni (Organizzazione del Trattato Nord l'intervento dell'esercito italiano in
internazionali rivolte a tale scopo.” Atlantico), un'organizzazione Libia. Si parla cosi di "Costituzione
L’articolo 11 della Costituzione si apre internazionale alla quale l'Italia violata" in quanto una missione di
con l’affermazione: «L’Italia ripudia la aderisce, e sono finalizzati ad evitare pace non dovrebbe prevedere
guerra». Si poteva semplicemente dire situazioni ancor più gravi. In questi combattimenti tanto frequenti e
che l’Italia rinuncia alla guerra o che la casi si ha l'accettazione della specialmente l'uso delle bombe.
condanna. Invece si preferì usare un
termine forte, uno di quelli che genera limitazione della sovranità a favore di
sdegno, orrore, repulsione:
«ripudiare» è il gesto di chi spinge
all’indietro: dunque un’azione attiva,
non semplicemente un’astensione. A
tal proposito, si potrebbe ricordare il
discorso di Benigni, il quale afferma:
“L'italia ripudia la guerra, in nessuna
costituzione al mondo è presente;
ripudia è un verbo definitivo, è una
parola biblica, un sentimento di
repulsione; è l’unico articolo che inizia
con l’Italia ripudia, non la Repubblica,
qualsiasi aspetto dell’Italia la ripudia,
anche la terra.” Con questo articolo
l’Italia ripudia la guerra come
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Il carteggio “Warum krieg?”, personali. Egli si chiede come sia propri territori e la propria
pubblicato a Parigi nel 1933, nasce da possibile che il popolo, “che da una organizzazione. “Se la propensione
un’idea elaborata nei due anni guerra ha solo da soffrire e da alla guerra è un prodotto della pulsione
precedenti dal Comitato permanente perdere”, possa farsi soggiogare così distruttiva, contro di essa è ovvio
delle lettere e delle arti della Società facilmente da questo cerchio ristretto ricorrere all’antagonista di questa
delle Nazioni, che invitò l’Istituto di figure, e giunge autonomamente alla pulsione: l’Eros.” Esso può essere
internazionale per la cooperazione conclusione che queste sono le stesse inteso in questo senso sia come unione
intellettuale a sollecitare alcuni dei figure che detengono il monopolio emotiva e solidarietà tra gli uomini, sia
maggiori esponenti culturali dell’epoca della scuola e della stampa, mezzi che come volontà di identificazione
ad intrattenere un dibattito epistolare vengono utilizzati come strumenti di nell’altro.
in merito ad alcune delle più controllo. Einstein riconosce però Vi è poi un altro metodo che Freud
importanti questioni d’interesse anche nell’uomo in sé una delle propone per combattere la tendenza
generale dell’epoca. Tra le prime possibili cause scatenanti della guerra, alla guerra: poiché, secondo lo
personalità che furono contattate in quanto egli possiede psicoanalista, tra gli uomini esiste
dall’Istituto figura Albert Einstein, il intrinsecamente “il piacere di odiare e l’innata e ineliminabile suddivisione in
quale propose a Sigmund Freud, padre di distruggere”. Nelle ultime righe lo capi e seguaci, è necessario che coloro
della psicoanalisi, di dare inizio a un scienziato si domanda se sia possibile che possiedono le capacità di poter
discorso attorno ad una delle tematiche mitigare e indirizzare positivamente guidare gli altri siano istruiti ed
che più segnarono il corso del secolo queste passioni devastatrici. Freud, educati in modo adeguato e possano in
passato: la guerra. nella lettera in risposta, dimostra una questo modo sottomettere le pulsioni
Pensare che due dei più innovativi e sincera modestia nel constatare la irrazionali delle masse alla ragione.
influenti personaggi di tutto il propria impreparazione in materia, ma Nella parte finale della lettera, Freud
Novecento, attivi in due ambiti che si propone comunque di analizzare il sembra quasi rassegnarsi
generalmente vengono considerati problema adattandolo alle proprie all’ineluttabilità della guerra, anche se
come contrapposti tra loro, possano conoscenze in merito alla psicologia nelle ultime righe si comprende come
interagire su un tema tanto attuale umana. È interessante constatare come in realtà egli speri nel profondo che in
quanto delicato, rappresenta una fonte le dichiarazioni dello psicoanalista si futuro vi si possa trovare una
di stimoli interessanti e un’idea a dir avvicinino molto a quelle soluzione adeguata: “poiché la guerra
poco emozionante. precedentemente esposte da Einstein, a contraddice nel modo più stridente a
Nelle prime righe della sua lettera, partire proprio dall’idea comune tutto l’atteggiamento psichico che ci è
Einstein pone la domanda che riguardo alla necessità di un organo imposto dal processo civile, dobbiamo
costituisce il punto nevralgico della centrale in grado di gestire le ostilità. necessariamente ribellarci contro di
discussione con lo psicoanalista: “C’è Freud lo individua nella Società delle essa: semplicemente non la
un modo per liberare gli uomini dalla Nazioni, definita da lui come il sopportiamo più; non si tratta soltanto
fatalità della guerra?”. Lo scienziato “tentativo di acquisire mediante il di un rifiuto intellettuale e affettivo,
sottolinea che trovare una risposta a richiamo a determinati princìpi ideali, per noi pacifisti si tratta di
tale quesito costituisce una questione l’autorità che di solito si basa sul un’intolleranza costituzionale, per così
di assoluta importanza, ma allo stesso possesso della forza”. Lo psicoanalista dire della massima idiosincrasia”.
tempo considera molto facile il ricorso si concentra poi sulla tesi che la guerra Le idee esposte dai due pensatori
a soluzioni scontate e banali. Per sia insita nella natura dell’uomo e che potrebbero facilmente essere
questa ragione egli valuta come sia impossibile sopprimere le considerate utopiche e “sterili”, come
decisivo il confronto con Freud, che da inclinazioni aggressive proprie della lo stesso Freud in seguito le definirà,
esperto conoscitore della psiche umana natura umana. Anche i popoli che ma quello che è importante
può fornire una spiegazione cercano di mantenere la pace e domandarsi è: cosa succederebbe se
approfondita e innovativa. Il discorso l’ordine all’interno delle proprie tali idee non venissero espresse? Molte
di Einstein s’incentra quindi su una comunità, nel momento in cui si volte è necessario partire dalle idee, da
soluzione che potrebbe essere in grado sentono minacciati dalle popolazioni visioni considerate utopiche, per
di estinguere sul nascere ogni possibile straniere, si armano per difendere i giungere a traguardi effettivi
conflitto; essa consiste nella creazione
da parte degli Stati di “un’autorità
legislativa e giudiziaria” che possieda
la facoltà di “emettere verdetti di
autorità incontestata e imporre con la
forza di sottomettersi all’esecuzione
delle sue sentenze”. Il problema di
fondo di questa proposta risiede però,
secondo lo scienziato, nella mancata
volontà da parte degli Stati di affidare
parte della propria sovranità a
un’organizzazione sovranazionale e
nel medesimo impegno a fare in modo
che questo non accada da parte di
coloro che vedono nella guerra un
mezzo di accrescimento degli interessi
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Per quanto possa sembrare Secondo un primo punto di vista, la Per la pace perpetua (1795). L'opera
sconcertante, gli esponenti del guerra non è un comportamento viene composta da Kant sulla falsariga
futurismo, uno dei più originali naturale necessario (come è stata a di un trattato di pace del suo tempo,
movimenti culturali del primo lungo considerata), ma un prodotto articolato in «articoli preliminari»,
Novecento, concepivano la guerra culturale, ovvero il frutto di una «articoli definitivi» e addirittura in
come la manifestazione di una visione (del mondo e della storia) che alcune clausole segrete. Nello scritto
conflittualità benèfica che permea tutte può essere cambiata. Quale modalità kantiano la parola "pace" non indica,
le cose. Pur con le sue asprezze, nella malata e irrazionale di rapporto tra i come nel linguaggio diplomatico della
visione futurista la guerra esercita una popoli, la guerra non soltanto si può sua epoca, la sospensione momentanea
sorta di potere chirurgico, capace di evitare, ma deve anche essere delle ostilità (pace "negativa", o
liberare l'umanità delle sue parti definitivamente superata attraverso tregua), bensì «la fine di tutte le guerre
malate, "svecchiandola e restituendole l'esercizio della ragione e del diritto. e per sempre» (pace "positiva"). A
energia vitale. In questa prospettiva - Secondo un altro punto di vista, la questa concezione della pace allude
che richiama quella antica di Eraclito - guerra è invece un momento naturale e anche l'espressione «pace perpetua»
il conflitto e la guerra sono il vero necessario della storia, che se ne serve che ricorre nel titolo, la quale evoca
motore della vita e della storia, un come di un mezzo per procedere verso una condizione che, se si guarda alla
'"male necessario" che, dietro la sua una mèta finale che alla ragione finita storia, non appare né facile né
negatività immediata, nasconde una degli esseri umani sfugge. Per quanto naturale. Essa si presenta piuttosto
profusione salutare di energie, atroce possa sembrarci, secondo questa come uno «schema utopico» prescritto
un'esplosione di creatività, ingegno e prospettiva la guerra è dunque una dalla ragione pratica: un «ideale
slancio liberatorio. fatalità che non si può evitare. regolativo» a cui l'essere umano deve
«Non v'è bellezza, se non nella lotta»: La questione filosofica tendere mediante la realizzazione di un
così affermavano i futuristi. A questo L'interrogativo sulla guerra e, più in nuovo ordine giuridico e politico.
bellicismo appassionato essi ispirarono generale, sul conflitto e sul suo Secondo Kant, tra gli Stati vige una
molte opere pittoriche, raffigurando la carattere razionale o irrazionale condizione di violenza e di egoismo
guerra come una "danza" di forme e di percorre da sempre la riflessione dei paragonabile a quella che Hobbes
colori, ottenuta mediante una sorta di filosofi. In epoca moderna, le due aveva descritto come vigente tra gli
caleidoscopica scomposizione della posizioni più significative su questo individui nello «stato di natura», cioè
luce o mediante il ritmico e tema sono state quelle di Kant e di prima della costituzione del «potere
"travolgente" ritornare di linee e Hegel. comune» e sovraindividuale dello
moduli grafici. Con Kant abbiamo un razionalismo Stato. Il requisito essenziale affinché
Al di là delle celebrazioni dei futuristi pacifista, ovvero l’idea che la guerra si le nazioni possano uscire da una tale
italiani (che presto avrebbero perso il possa eliminare, che trova la sua condizione di guerra è dunque il
loro entusiasmo, a causa del tragico formulazione esemplare, per chiarezza seguente:
evolversi del primo conflitto e rigore nello scritto di Kant intitolato “rinunciare, come i singoli uomini, alla
mondiale), il Novecento ha gettato loro libertà selvaggia (priva di leggi),
sulla guerra anche uno sguardo severo sottomettersi a leggi coercitive
e critico, interpretandola spesso - pubbliche e formare così uno Stato di
soprattutto dopo gli orrori della popoli (civitas gentium) che
Seconda guerra mondiale e di crescerebbe sempre di più, fino ad
Auschwitz - come una tragica follia, abbracciare tutti i popoli della terra.”
come qualcosa di indegno e Animato da un'incrollabile fede nella
disgustoso, da bandire per sempre dal ragione, convinto che la storia umana
modo di relazionarsi degli esseri
umani. Esistono dunque due principali
prospettive, dalle quali è possibile
guardare alla guerra.
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progredisca verso il meglio, Kant ritiene che l'amara esperienza delle guerre possa spingere i diversi Stati a rinunciare ai loro
eserciti nazionali permanenti, cioè all'uso della forza, e a stipulare un «contratto sociale originario» volto alla fondazione di
una «federazione di popoli». Individua la via per arrivare a tale federazione mediante tre articoli definitivi:
Nell'illustrare il contenuto del primo articolo definitivo («La costituzione civile di ogni Stato deve essere repubblicana»), il
filosofo afferma che un governo repubblicano (cioè fondato sulla sovranità popolare) garantisce meglio la «libertà» all'interno
e la «pace» all'esterno.
“In uno Stato a costituzione repubblicana, la decisione di intraprendere o meno la guerra può avvenire soltanto sulla base
dell'assenso dei cittadini; in tale contesto, dunque,
è fin troppo naturale che essi riflettano a lungo prima di iniziare un gioco così pericoloso [...]. In una costituzione nella quale i
sudditi non sono cittadini - dunque in una costituzione non repubblicana - fare la guerra è invece la cosa più facile del mondo,
poiché il sovrano non è un membro dello Stato, ma ne è il proprietario, e [...] può dunque decidere la guerra come fosse una
sorta di partita di piacere.” -per la Pace Perpetua
Quello di Kant, però, più che un generico pacifismo democratico (che riconduce la causa prima delle guerre al carattere
dispotico dei governi) è un concreto pacifismo giuridico, come emerge dal secondo articolo definitivo («Il diritto
internazionale deve essere fondato su un federalismo di Stati liberi»). La vera causa della guerra, infatti, secondo Kant non sta
nel fatto che il potere sovrano stia nelle mani di alcuni (sovrani dispotici) piuttosto che di altri (che potrebbero essere più
moderati), ma sta nella sovranità statale in quanto tale, cioè nell'assoluta libertà che ogni Stato ha nei confronti degli altri Stati.
In assenza di un potere sovranazionale e di un monopolio internazionale della forza, ogni Stato è legittimato a usare qualsiasi
mezzo per far valere il proprio diritto, o anche soltanto per far valere il proprio potere. Quindi non è sufficiente che gli Stati
diventino repubblicani: è anche necessario che essi trasferiscano la propria sovranità a un potere sovranazionale, "superando"
in qualche modo la forma stessa dello Stato nazionale. La terza pre-condizione necessaria per la «pace perpetua» (terzo articolo
definitivo) consiste, secondo Kant, nella maturazione della consapevolezza che il mondo è una sorta di casa comune in cui
l'umanità deve imparare a
«socializzare in virtù del diritto al possesso comune della superficie della Terra».
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Per Hegel la proposta "pacifista" di
Kant si fonda su un presupposto
errato: il misconoscimento di una
strutturale e ineliminabile differenza
tra l'ambito del «diritto statale interno»
e quello del «diritto statale esterno».
Nel campo del diritto interno, infatti, i
conflitti tra gli individui possono e
devono essere risolti con mezzi legali,
dal momento che esistono un potere
comune e un monopolio della forza
riconosciuti; invece nel campo del
diritto esterno (o internazionale) le
controversie tra gli Stati possono
essere legittimamente risolte anche
con la forza, ogni volta che la
diplomazia fallisca nella loro
composizione pacifica. Questa
differenza tra una sfera "interna" e una
sfera "esterna" allo Stato, in qualche
modo riconosciuta anche da Kant, per
Hegel è una condizione necessaria e
insuperabile: per quanto moralmente
esecrabile, la guerra è una forma di
autodifesa legittima e naturale, alla
quale ogni Stato, in assenza di un
potere sovranazionale che ne limiti i
diritti, può e deve ricorrere. Del resto
l'ideale kantiano di una «federazione di
Stati» capace di dirimere le
controversie internazionali, per quanto
costituisca un buon proposito morale,
non può trovare fondamento nella
realtà dei fatti, dal momento che
qualunque organismo "superiore" a
quello statale sarebbe a sua volta
l'espressione di «volontà sovrane
particolari». Qual è, allora, il vero
giudice delle contese fra Stati? Per
Hegel non c'è dubbio: è lo «spirito del
mondo», cioè la storia in cui gli Stati
nazionali nascono, crescono e si urtano
violentemente: sono gli eventi a
stabilire quale Stato, di volta in volta,
debba avere la meglio sugli altri. In
questa prospettiva la guerra non
soltanto è inevitabile, ma anche, in una
certa misura,
benèfica, perché si configura come
«un bene-mezzo per il raggiungimento
di un bene-fine» che consiste nel
progresso morale e civile dei popoli. In
quanto fuoco rigeneratore e incendio
che distrugge e purifica, la guerra
simboleggia per Hegel la forza stessa
della dialettica e dello spirito
universale, che travolge e "consuma" il
finito in vista della realizzazione di
una sempre maggiore libertà.
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