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Published by info, 2018-05-16 03:55:56

Rovigno d'Istria

Rovigno d'Istria

San Marco rinunciava a tutte le conquiste e dedizioni 99
accettate dopo il 1285 (85); ma con tale pace essa get-
tava “una prima base giuridica a tutte le sue occupa- STEMMA SALTELLATO QUATTROCENTESCO
zioni istriane” (86). della città di Rovigno
La dedizione di Rovigno a Venezia fu così votata il 14 un tempo murato sulla facciata della dimora
giugno 1283, prima nel Consiglio maggiore, poi dei podestà veneti in piazza S. Damiano, l’attuale piazza Matteotti
nell’Adunanza del popolo. Il console Bernardo delegò (ex N. civ. 1)
il sindaco Boninsegna ad offrire la perpetua dedizione oggi irreperibile (G. G. Natorre, 1851 op. cit.).
della città alla Serenissima, promettendo altresì di (TRIESTE, Biblioteca Civica)
accettare a podestà un nobile veneto eletto dalla
Repubblica, a pagargli 400 lire di piccoli come salario che i vari centri rinunciavano al carattere elettivo del
e di assegnare a lui e ai suoi familiari un conveniente e podestà; se da una parte la Repubblica rispettava l’au-
gratuito alloggio. Il governo veneziano dette incarico tonomia cittadina, dall’altra essa, attraverso un suo
al podestà di Parenzo di accettare in suo nome la dedi- uomo messo a capo del Comune, esercitò il totale con-
zione della città salvis rationibus domini patriarchae: trollo, e i Comuni, come osservava il Semi (92), non
In plathea Rubinii. In Consilio maiori Rubinii et post- sarebbero diventati altro che “unità amministrative
modum in arengo populi, d. Bernardus Consul Rubinii della stessa Repubblica”.
constituit Bonensegnam sartorem vicinum et concivem
sindicum ad subiicendum castrum Rubinii cum distric-
tu et omnibus iurisdictionibus et signoria perpetuo
dominio ... (87).
Ma prima di addentrarci nella composita realtà muni-
cipale di Rovigno - e il documento del 1283 ci permet-
te in una qualche maniera di poter scrutare, come
vedremo tra poco, nell’intimo tessuto vitale di questo
centro -, due parole vanno spese, a nostro giudizio,
sull’importanza che tali atti, qualificati dalla storiogra-
fia come “dedizioni”, ebbero sul piano storico-politico.
Sebbene questo nuovo rapporto venutosi a creare tra
Venezia e i numerosi Comuni istriani non si differen-
ziasse molto dalle precedenti fidelitates, in realtà essi
dovettero rinunciare alla loro individualità politica
(88), o per dirla in altre parole “gli Istriani comincia-
vano a tramutarsi di fronte a Venezia da fedeli in sud-
diti” (89), anche se la cancelleria veneziana teneva a
precisare che “i diritti del patriarca restavano impre-
giudicati” (salvis rationibus domini patriarchae) (90).
Così facendo, Venezia si lasciava aperta la via delle
arti diplomatiche laddove, con la forza, aveva fatto suo
un diritto altrui. Con tale formula essa salvaguardava
così la propria correttezza politica nei confronti del
patriarcato aquileiese, che restava ancora, nonostante
tutto, il legittimo signore delle terre istriane (91).
La conseguenza più importante sul piano pratico fu

100 Ordinamenti interni e vicende storiche 1296 (96) tale diritto venne ristretto a un piccolo
numero di famiglie patrizie, che potevano vantare que-
fino alla caduta del patriarcato d’Aquileia (1420) sta vecchia consuetudine. La composizione del
Consiglio era formata comunque da un determinato
Non è nostro intendimento ricercare i prodromi e gli numero di cittadini (97), scelti almeno in origine tra i
sviluppi della complessa e ancora poco conosciuta età più ricchi e i più influenti, eletti non sulla base delle
comunale istriana - ignorata, del resto, per molto reali capacità individuali ma in funzione della loro
tempo dalla storiografia locale nelle sue caratteristiche appartenenza ai vari rioni cittadini. Ogni zona cioè
generali e invece “considerata solo atomisticamente a doveva essere coperta da un civis appartenente ad una
proposito delle storie municipali delle singole città e delle varie corporazioni presenti. In altre parole i
borgate istriane” (93) - quanto piuttosto gettare un po’ membri del Consiglio maggiore dovevano rappresenta-
di luce sull’eventuale importanza e portata dell’auto- re ognuno le varie corporazioni cittadine delle arti e
nomismo municipale rovignese, visto e considerato dei mestieri. Non è un caso, quindi, che il sindaco di
anche sulla base dei dati storici di ben più ampio respi- Rovigno Boninsegna, citato nel documento del 1283,
ro. Appare, quindi, evidente, come il documento del compaia sotto la qualifica professionale di sarto; ciò è
1283, relativo alla dedizione di Rovigno a Venezia, significativo per stabilire come nell’età comunale
risulti fondamentale non solo per la storia medievale di “l’accesso alla suprema magistratura popolare fosse
questo centro, ma anche per essere la prima chiara subordinata all’obbligo di appartenere all’una o all’al-
testimonianza del costituito Comune. In effetti, nono- tra delle arti” (98). L’esistenza di tali corporazioni può
stante la mancanza di ulteriori e più precise notizie, il trovare conferma anche in una carta rovignese del
documento in questione attesta in modo incontroverti- 1323 dove si fa menzione di un Magister Andreas
bile l’esistenza di modelli e di ruoli politici e sociali Taiapietra de Rubinio (99). Anche la popolazione di
caratteristici dell’età comunale. Così i termini in consi- Rovigno, dunque, era divisa sulla base dell’apparte-
lio maiori, in arengo populi e le cariche di consul e di nenza all’una o all’altra delle varie corporazioni di arti
sindico esprimono le tipiche forme del reggimento e di mestieri esistenti allora. Anzi furono proprio que-
municipale; ciò consente di ricostruire, sulla base delle ste che contribuirono a mantenere vivo lo spirito di
conoscenze del costituzionalismo comunale e sulla libertà e di autonomia dei vari Comuni istriani assieme
base dei dati storici degli altri Comuni istriani meglio alle confraternite di carattere religioso (100).
precisati (94), le condizioni interne di Rovigno nel A capo della città si ergeva la figura del Console, elet-
corso del XIII secolo, che, alla luce di quanto finora to dal Consiglio maggiore e rappresentante del ceto
emerso, si sarebbe definitivamente consolidata a cittadino: egli governava esercitando quei diritti di
Comune nei decenni seguenti il 1208. sovranità che il Comune era riuscito a usurpare o a
Anche il nostro centro, quindi, seguendo la ricostru- farsi concedere dai signori legittimi; da lui dipendeva-
zione delineata già dal Benussi (95), fu lungamente no la giurisdizione, il potere penale e il comando della
retto in grazia di particolari magistrature, quali il forza armata e a lui erano immediatamente subordinati
Consiglio maggiore e l’Arengo del popolo (o gli iudices (i vecchi scabini), che, come già rilevato
Parlamento) a cui erano affidati il potere legislativo; più su, ebbero un ruolo di primo piano nell’ammini-
quello esecutivo, invece, spettava al Console e al strazione della giustizia anche nel periodo pre-comu-
Sindaco. Va rilevato che tale Consiglio veniva convo- nale. Va rilevato altresì che questi iudices svolsero
cato solo in casi di importanti questioni cittadine pure compiti di una certa importanza all’interno del
come, ad esempio, la dichiarazione di guerra, la pro- Comune, non solo prendendo parte attiva al governo
clamazione della pace, le imposte, l’elezione dei magi- della città, ma anche amministrando la giustizia in
strati ed altro. Tuttavia va segnalato che, se inizialmen- assenza di specifiche leggi (101).
te il diritto di sedere in Consiglio era esteso senza trop-
pe limitazioni, già a partire dagli anni successivi il

Il Sindaco, eletto dall’Arengo del popolo, aveva invece Dobbiamo comunque al Kandler (104) e alla sua infa- 101
la funzione di controllo del potere consolare ed era il
rappresentante del popolo oltre che il suo difensore di ticabile attività di storiografo e di raccoglitore di
fronte agli eventuali soprusi della classe aristocratica, memorie patrie il merito di aver pubblicato nel 1851 lo
che deteneva il potere nella città. Ecco che riaffiora Statuto di Rovigno servendosi di quello scritto nel
ancora una volta la vecchia ma mai mutata distinzione 1531. Egli era peraltro persuaso che queste leggi scrit-
esistente tra cives (vicini maiores) e populus (vicini te, come del resto anche quelle delle altre città istriane,
minores) già attestata dallo stesso documento del affondassero storicamente le radici sul finire del XIII
1149. Sembra palese sottolineare che tali cives - cioè secolo, quando cioè i vari centri costieri, e non, prese-
la classe formata dai grandi proprietari terrieri, dal ro a reggersi autonomamente, sulla base delle antiche
clero e dalle nuove ricche classi di mercanti ed artigia- norme giuridiche romano-bizantine (105). Va rilevato
ni - godevano dei diritti civili e politici, mentre la gran che le disposizioni presenti nello Statuto rovignese
massa della popolazione urbana era interamente esclu- vergato in età rinascimentale non erano del tutto iden-
sa da qualsiasi partecipazione alla cosa pubblica (102). tiche a quelle precedenti: a parere del Benussi (106)
È questa la seconda categoria formata dal popolo sarebbe rimasta inalterata la parte civile, mentre avreb-
minuto: plebe e subpositi; a questa si aggiunse la be subito delle modifiche quella penale. A supportare
popolazione del contado (forenses), ma non sappiamo ciò lo storico prende come esempio gli Statuti di
se a Rovigno essa godeva dei diritti civili e, limitata- Pirano, nei quali il Morteani aveva già ravvisato “varie
mente, di quelli politici. In fondo alla scala sociale si correzioni corrispondenti al bisogno del tempo” (107).
trovavano gli stranieri (foretanei). Un apposito capito- È ragionevole quindi affermare che anche quelli di
lo dello Statuto municipale rovignese (1.1, cap. 47) Rovigno ebbero a subire dei cambiamenti con il muta-
concedeva loro il diritto di abitare nella terra di re delle condizioni sia pubbliche che sociali.
Rovigno e di avvalersi dei diritti civili solo a chi si Per ritornare ora sul piano degli accadimenti storici,
obbligava a dimorare in città con i propri beni e in un nel 1283 Rovigno, come si diceva, entrava stabilmente
arco di tempo non inferiore a 5 anni. sotto il vessillo di S. Marco; ma se Venezia, da una
Vale la pena di ricordare, al riguardo, l’importanza che parte, si apprestava nel 1285 (108) a preparare la pace
ebbero, in generale, gli Statuti municipali, i quali san- - firmata poi a Treviso nel 1291 - col patriarcato di
cirono per molti secoli - cioè fino a quando non fu atti- Aquileia e con la contea goriziana e a gettare altresì le
vato il codice napoleonico (1806) - le norme del vivere basi giuridiche delle sue occupazioni su civitates e
civile di tante città e centri minori. castella dell’Istria, dall’altra, già a partire dal 1283 l’e-
Nella fattispecie, quello di Rovigno (che verrà ampia- nergico ed intransigente vescovo parentino Bonifacio
mente illustrato in un’altra parte di quest’opera) risale reclamava a sè quei vasti diritti e possessi acquisiti su
al XV secolo o forse, come supponeva il Benussi, a Rovigno dalla sua chiesa nei secoli precedenti. Infatti,
quello precedente. Questo Statuto, composto di tre come rilevato più su, Rovigno e il suo territorio, sia
libri, nella sua forma più antica andò perduto, per cui, sulla base della donazione di Rodoaldo, che in grazia
sulla base di copie esistenti nella Cancelleria e sul del privilegio ottoniano (109), erano stati di pertinenza
“parere dei più vecchi ed assennati cittadini” venne del vescovato parentino prima di passare nel 1208
ricompilato a cura del Comune. In questa nuova forma sotto la giurisdizione patriarchina. Va sottolineato che
esso venne presentato al doge Andrea Grimani per la tali anacronistiche pretese del vescovo finirono con
legale sanzione che fu accordata il 30 luglio 1531; ma l’accentuare tensioni nella stessa Parenzo e a Rovigno:
a causa del suo deteriorarsi col tempo, il Comune di qui, la cittadinanza che riteneva il vescovo Bonifacio
Rovigno nel 1714 ottenne il permesso di curare un’ul- ostile ai veneziani, lo cacciò in quello stesso anno
teriore edizione rimasta sospesa al libro primo per (110). Tuttavia, il presule forte sia del privilegio otto-
ordine del governo veneziano (103). niano rinnovato da parte del re Rodolfo d’Asburgo che
dell’appoggio del pontefice (111), avocò a sè anche la

102 giurisdizione temporale. Nel 1286, convocato il clero e nel 1336 (117). Costui apparteneva alla potente fami-
glia feudale polesana dei Castropola, i quali, attraverso
il popolo di Parenzo nella basilica proclamava ...et il loro feudo di S. Apollinare, ebbero forse anche qual-
cum constet ... quod Parentium, Rubinium, Montona, che diritto sulla stessa Rovigno (118). Comunque l’e-
Pisinum, Medelanum, Rosarium, Castellionum, pisodio relativo al possesso della torre - venuta poi al
Nigrignanum, Turris Novae, ac Cervaria sunt Comune rovignese - si potrebbe inserire nel quadro
Ecclesiae Parentinae ... quod nullus qui habitat super delle numerose e ancora aperte vertenze giurisdizionali
terram Ecclesiae Parentinae non teneatur respondere intraprese dal veneto dominio contro quello che rima-
in Jure sine advocato Episcopi vel consensu, coram neva dei vari feudi aquileiesi in Istria.
aliquo Duce, Comite, vel Marchione vel Patriarcha, L’episodio, e ancor di più quelli che esamineremo fra
sed coram Episcopo (112). poco, ci inducono a ritenere che l’egemonia patriarchi-
Ma al di là delle reazioni energiche mosse contro na, non solo in zona, non era ancora del tutto finita.
Bonifacio dal patriarca aquileiese, che incendiò la sua Sembrano illuminanti difatti i risvolti a seguito della
residenza ad Orsera costringendolo così al silenzio nota guerra di Chioggia (1378 - 1381) fra Genova e
(113), quello che a noi interessa è cercare di mettere in Venezia, che tra l’altro interessarono e sconvolsero
luce gli esiti per Rovigno della guerra tra Aquileia e ripetutamente l’Istria marittima, con conseguenze disa-
Venezia che, nonostante la pace di Treviso, sembrava strose anche per la stessa Rovigno. Fu appunto nel
ancora non essere finita. Esiti che, dopo ulteriori ed ela- 1379 che la cittadina, dopo Pola, fu duramente sac-
borate trattative fra la Serenissima e il patriarcato (114), cheggiata dalla flotta genovese e depredata delle sacre
si risolsero in una transazione prima parziale (1307) poi reliquie di S. Eufemia. In quell’occasione il nostro
definitiva (1310) tra la due parti: a Venezia fu accordata centro venne consegnato dai Genovesi al gastaldo del
la cessione perpetua di tutti i diritti (iura, iurisdictiones, patriarca aquileiese Marquardo (1365 - 1381), il quale
honorificentiae) che il patriarca aquileiese Ottobono nel frattempo aveva invaso la penisola istriana con un
deteneva sulle terre istriane contrastanti; a quest’ultimo numeroso esercito (119).
il doge Pietro Gradenigo si impegnava invece a versare Se questo saccheggio genovese si inseriva in uno dei
un annuo compenso di 450 marche d’argento (115). Da tanti episodi di quella guerra, combattuta tra le due
questa data in poi è lecito quindi parlare, accanto a Repubbliche marinare per il commercio nel Levante,
quello che rimane dell’Istria patriarchina, ridotta a ele- l’intervento non casuale di Marquardo veniva a porsi
menti oramai staccati e lontani, e all’Istria goriziana, invece come un vero e proprio tentativo di riconquista
ancora eminentemente feudale e rurale, di un’Istria de patriarchina in Istria. Infatti nell’altrettanto complesso
iure veneziana. Quest’ultima abbracciava la quasi tota- e variegato quadro storico-politico istriano del XIV
lità delle terre e dei comuni costieri; tuttavia, come già secolo, le nuove alleanze venutesi a creare e la mutata
rilevato, se Venezia lasciava intatte le costituzioni e gli politica del patriarcato andavano via via liquidando i
ordinamenti comunali dei vari centri, è altrettanto vero numerosi patti e compromessi sottoscritti con i
che essa cominciò ad avocare a sè, attraverso la nomina Veneziani nel 1307 e nel 1310: in più momenti il pote-
di un podestà veneziano, il potere giudiziario e ammini- re dei vescovi aquileiesi andava avanzando pretese
strativo: “cadeva così una delle più gelose prerogative legittimistiche sui territori dell’Istria veneziana.
di autonomia comunale” (116). Ancora nel 1343, ad esempio, il patriarca Bertrando
Comunque, la presenza patriarchina a Rovigno, stando era ricorso all’appoggio del papa Clemente VI contro
ai documenti in nostro possesso, si fece sentire anche quelle che erano ritenute delle vere e proprie usurpa-
nel corso del Trecento; lo dimostrerebbe, ad esempio, zioni. Fu tuttavia la generale situazione del momento
la questione insorta tra la Serenissima e il patriarcato che giocò in favore del patriarcato, specialmente quan-
aquileiese circa il possesso della Torre di Boraso do, all’indomani della guerra di Chioggia, i Genovesi
(Turris Voraginis) sita nei pressi di Rovigno e dal strinsero dei patti con il patriarcato stesso, con il re
patriarca per metà riconfermata a Sergio de’Castropola

TRATTO INIZIALE
DELLA VIA MONTALBANO

(foto V. Giuricin)



104 ungherese Lodovico, con il duca Leopoldo III Rovigno un lungo periodo di pace (127) e la sua storia,
come in generale quella dell’Istria, iniziava a correre
d’Austria e con i Carraresi, potenti signori di Padova. parallela con quella di Venezia.
Una nuova e temibile lega antiveneziana si apprestava
a muovere contro la Repubblica di S. Marco. In forza NOTE
di queste congiunture, il patriarca Marquardo, a cui
spetta tra l’altro il merito del rifiorire dello stato e del (1) BENUSSI 1888, pp. 6-7; infatti in origine questo centro non
prestigio aquileiese, con l’appoggio della flotta geno- sorgeva, come appare invece oggi, su di una penisola ma bensì
vese capitanata da Pietro Doria - succeduto al fratello sopra un esteso scoglio isolato, sul cui vertice denominato
Luciano - riuscì a riprendere, come visto, non solo “Monte” vennero eretti il castrum o castellum e la primitiva chiesa
Rovigno ma anche Trieste, Capodistria, Pola e di S. Giorgio Ibid., p. 241 - successivamente inglobata dalla chiesa
momentaneamente anche tutta la Polesana con di S. Eufemia -, entrambi difesi da forti muraglie. Al di sotto di
Dignano e Valle (120). Alla morte di Marquardo queste si andò a formarsi il primo nucleo abitativo di Rovigno, col-
(1381) il suo vicedomino Federico, conte di Porcia, legato in età medievale alla terraferma da un ponte levatoio.
nominava un suo capitano per le terre dell’Istria meri- Nonostante la crescita sia demografica che urbanistica, la cittadina
dionale riconquistate (121), e il documento a disposi- rimase così fino al 1650, quando, con il cessare della pirateria
zione lascerebbe intravedere una qualche possibile uscocca, potè espandersi liberamente lungo i fianchi del colle di S.
persistenza del potere patriarchino su Rovigno fin Francesco, situato sulla vicinissima costa: cfr. al riguardo
quasi alla fine del XIV secolo. BERTOÆA 1974, p. 35 ss. Il vecchio canale che separava il primi-
D’altra parte la mancanza di una più ricca documenta- tivo scoglio dalla terraferma fu interrato appena nel 1763 BUDI-
zione e la complessità dei tanti accordi e compromessi CIN 1992, p. 138.
fatti tra Venezia e Aquileia anche nel corso del
Trecento sulle terre istriane, non ci permettono di pre- (2) KANDLER, CDI, ad an. 804. Per il presente lavoro si è tenuto
cisare ulteriormente la questione del definitivo assog- conto dell’edizione anastatica, a cura di F. Colombo, R. Arcon e T.
gettamento di Rovigno a Venezia, avvenuto, secondo Ubaldini, pubblicata a Trieste nel 1986. DANDULUS, Chronica,
le opinioni del Kandler e del Luciani ancora nel 1330 in RIS, XII, parte I, fasc. 315, p. 129.
(122). Tali opinioni infatti contrasterebbero con il
documento del 1381 e con parte dei dati storici fin qui (3) DE VERGOTTINI 19742 (prima ed. Roma 1924-1925) p. 23.
esposti. Per la traduzione in italiano del Placito cfr. PETRANOVIfi -
Comunque, al di là delle singole vicende della guerra MARGETIfi 1983 - 1984; PETRANOVIfi - MARGETIfi 1989.
di Chioggia (123), col conseguente trattato di pace di Sugli esiti storici, archeologici e linguistici cfr. i recenti ATTI
Torino (1381) (124), Venezia usciva temprata e rinsal- 1994 e GUILLOU 1986. Sul Medioevo istriano si veda, in genera-
data, sigillando l’impossibilità di una riconquista le, anche le recenti sintesi di CUSCITO 1992; CUSCITO 1994.
dell’Istria da parte del patriarcato (125). Il generale
conflitto, scoppiato di lì a poco, tra la Repubblica e (4) BENUSSI 1888, p. 36 e nt. 2. Per quanto riguarda le imposte in
l’Impero e il successivo periodo di anarchia instaurato- denaro, la provincia istriana pagava al fisco imperiale (palatium),
si in Friuli, portò all’ulteriore espandersi dei possessi almeno nell’ultimo periodo della dominazione bizantina, un tributo
veneziani fino alla conquista dello stesso stato patriar- fisso di 344 monete d’oro (solidi mancosi) così distribuite: Pola e
cale (1419 - 1420). Anche le ultime terre dei mitrati Parenzo 66; Trieste 60; Rovigno 40; Albona e Montona 30;
aquileiesi in Istria cadevano; nel 1420 Muggia, Albona Pinguente e Pedena 20; Cittanova 12. Il solido mancoso corrispon-
e Fianona si sottomettevano alla Serenissima così deva al soldo d’oro bizantino; il termine deriva dalla parola araba
come l’anno dopo Portole, Pinguente e Pietra Pelosa: manqush che significa inciso, coniato. Per il valore dei solidi man-
tutto ciò metteva fine allo stato patriarchino anche cosi cfr. BENUSSI 1897, p. 42, nt. 116; BENUSSI 1924, p. 91.
nella penisola istriana (126).
In ogni caso, già agli inizi del XV secolo si apriva per (5) Sarà utile sottolineare che la differenza fondamentale tra le
civitates e le castella o castra era data principalmente dall’elemen-
to ecclesiastico, in quanto la civitas, oltre a comprendere la città
stessa (formante un comune autonomo con proprio consiglio) e il
vasto territorio a questa connesso, era ordinata altresì a sede epi-
scopale, come, ad esempio, Trieste, Capodistria, Cittanova,
Parenzo, Pedena e Pola UDINA 1932, p. 27. Le castella invece
erano centri minori, generalmente non elevati a sedi vescovili,
aventi la caratteristica di essere luoghi fortificati; del resto il nome

stesso dimostrerebbe l’origine militare di tanti centri come Muggia 105populus istriano “assieme alle più alte classi sociali abituate ai
Vecchia, Pirano, Umago, Rovigno, Albona, Montona, Pinguente.
La differenza, in altri termini, tra questi due enti stava “nella diver- posti di comando, avversasse fieramente il duca franco e tutto il
sa posizione del capoluogo delle circoscrizioni amministrative: più suo regime feudale”.
autonoma e completa dal punto di vista ecclesiastico la civitas, più
influenzato dall’elemento militare il castellum” UDINA 1932, p. 28. (15) DE VERGOTTINI 19742, p. 31.

(6) DIEHL 1888; MAYER 1899; MAYER 1903; MAYER 1909; (16) Il Benussi 1897, pp. 153-166 si chiedeva se questi Slavi paga-
MAYER 1912; DE VERGOTTINI 19742. Per un’ampia rassegna ni, tra l’altro fatti affluire qui anche dal duca Giovanni in qualità di
bibliografica cfr. DE VERGOTTINI 19742, pp. 4-6 e pp. 249-257. coloni, si fossero stabiliti nell’Istria già a partire dal VII-VIII seco-
lo, oppure se fossero stati dedotti dalle province contermini. Lo
(7) Infatti è noto che, nonostante l’effimera parentesi della domina- studioso fu piuttosto incline per questa seconda ipotesi, in quanto
zione gota, l’Istria, sotto la successiva dominazione bizantina, un’eventuale occupazione slava, croata o slovena o mista all’inter-
mantenne la vecchia costituzione municipale romana; continuò, no dell’Istria in quei secoli “contrasta intieramente coi documenti e
cioè, ad essere retta come in passato - anche se l’ordinamento collo sviluppo storico della nostra provincia”. Il Sestan 1965, pp.
bizantino si basò, piuttosto, sulla rigorosa separazione del potere 37-38 riteneva che la scelta dei coloni slavi da parte dei duchi fran-
civile rispetto a quello militare - da specifici funzionari civili (iudi- chi non fosse motivata sulla base di preferenze d’indole nazionale,
ces provinciae) distinti da quelli militari (iudices militares) con a quanto piuttosto per il fatto che essi fossero a quel tempo le uniche
capo il magister militum DE VERGOTTINI 19742, p. 13, secondo forze disponibili, visto che gli elementi rustici romanici preferiva-
quanto riconfermato dall’imperatore Giustiniano nella celebre no coltivare “le meno aspre e più promettenti terre dell’Istria
Prammatica Sanzione del 554. Tuttavia, dopo il 568, a causa delle media e costiera”, chiudendosi entro le mura delle città e dei
scorrerie dei Longobardi, degli Avari e degli Slavi, fu necessaria castelli. Tuttavia, allo stato attuale, il problema degli insediamenti
una diversa e più organica difesa della provincia istriana. In conse- paleoslavi va più attentamente valutato anche alla luce delle recenti
guenza di queste nuove e preoccupanti congiunture storiche, venne indagini archeologiche, come, ad esempio, la necropoli di Gimino:
istituito un distretto militare (thema) nel quale confluirono sia la cfr. al riguardo e in generale NACELLA 1953, pp. 5-16; BAÅIfi
circoscrizione provinciale che il corpo d’armata incaricato di 1958, pp. 323-330; MARUÆIfi 1979-1980, pp. 113-139; MARUÆIfi
difenderla UDINA 1932, p. 16 e tutti i poteri passarono nelle sole 1985, pp. 129-130; MARGETIfi 1983, pp. 145-154; MARUÆIfi
mani del magister militum BENUSSI 1897, pp. 29, 33, nominato 1989, pp. 77-98; MIRABELLA ROBERTI 1990, p. 202.
dall’imperatore e subordinato all’esarca di Ravenna DE VERGOT-
TINI, 19742, p. 16 e nt. 6. La sua residenza presumibilmente (17) DE VERGOTTINI 19742, p. 27. Per una rilettura critica della
dovette essere a Pola, anche se il MARGETIfi 1983, p. 125 la storia del Friuli si veda ultimamente CAMMAROSANO - DE
ritiene poco probabile almeno per il VI ed il principio del VII, ipo- VITT - DEGRASSI 1988.
tizzando piuttosto la sede di questi funzionari a Cittanova. Si anda-
va così costituendo un’unica classe militare a base terriera, dalla (18) DE VERGOTTINI 19742, p. 33.
quale si iniziarono ad eleggere i tribuni che, oltre ad avere il com-
pito di reggere le sorti delle città, avevano altresì il comando e (19) Sull’istituto dello scabinato si veda BENUSSI 1897, p. 585
l’amministrazione civile del distretto. passim; CALASSO 1954, pp. 211-212.

(8) BENUSSI 1888, p. 57. (20) BENUSSI 1897, pp. 589, 695; secondo lo storico questo ritor-
no al vecchio titolo romano, in sostituzione a quello germanico -
(9) Cfr. le osservazioni del Kandler a commento del Placito del appunto l’istituto dello scabinato -, indicherebbe “la prevalenza
Risano. Più genericamente, anche LUCIANI, p. 1330. della reazione municipale sulla feudalità germanica”. Cfr. anche
BENUSSI 1910, p. 164.
(10) BENUSSI 1897, p. 576.
(21) MONTICOLO 1890, p. 122; RAÅKI 1877, p. 365. Cfr. anche
(11) Secondo il Benussi 1897, pp. 124 nt. 10, 323 il titolo di duca DANDULUS, Chron. in RIS, XII, parte I, fasc. 315, p. 159.
corrispondeva in realtà a quello di conte e non era altro che una
reminescenza dell’epoca longobarda. Anche in Italia era piuttosto (22) Sipar, nei pressi di Umago.
comune lo scambio di tali titoli e spessissimo i comites franchi
erano chiamati duces. (23) È noto che due erano le stirpi slave stabilitesi nella Dalmazia
verso la prima metà del VII secolo: quella dei Croati al nord e
(12) BENUSSI 1897, pp. 126 e nt. 17; DE VERGOTTINI 19742, p. 21. quella dei Serbi al sud della Cetinia. Mentre i primi abbracciarono
il cristianesimo iniziando così buoni rapporti con le popolazioni
(13) Cfr. supra nt. 8. romane, i secondi, più noti col nome di Narentani (dal fiume
Narenta, attorno al quale si erano stanziati: cfr. CONST. PORPH.,
(14) Infatti nel celebre diploma di Ludovico il Pio KANDLER, De adm. imp., in PG, c. 31), si mostrarono piuttosto restii ad
CDI, ad an. 815 parrebbe certo che le consuetudines secundum abbandonare l’idolatria, seguitando ancora per secoli a mantenere
legem antiquam si siano effettivamente mantenute per un certo il paganesimo CONST. PORPH., c. s., c. 29. Con la morte di Carlo
periodo VERGOTTINI 19742, p. 25. Questo diploma, in sostanza, Magno, a cui fece seguito il ben noto periodo d’anarchia nel regno
riconfermava e dava forza alle decisioni prese al Risano che, italico, i Narentani, approfittando dell’assenza di una flotta militare
com’è noto, ridavano ai provinciali dell’Istria gli antichi privilegi franca e della debolezza bizantina, iniziarono a corseggiare
di proprietà e di libertà tolti dall’iniquo e rapace duca Giovanni. nell’Adriatico e il loro esempio fu ben presto imitato anche dai
Era logico pensare, come sottolineava R. Udina 1932, p. 29, che il Croati; si veda BENUSSI 1897, pp. 22-25, 597-598. Sul problema
della cristianizzazione dei Croati, anche alla luce del più recente

106 dibattito storiografico, cfr. CUSCITO 1988, p. 54 ss. (40) DE VERGOTTINI 19742, p. 67.

(24) DANDULUS, Chron. in RIS, XII, parte I, fasc. 315, p. 150; (41) Il libro del Re Ruggero fu pubblicato con versione italiana e
RAÅKI 1877, p. 355; MONTICOLO 1890, p. 114; in realtà come note da AMARI - SCHIAPARELLI 1883: cfr. pure AMARI
già rilevava (nt. 1) questo studioso, Saba non era da considerarsi 19332, pp. 49-51. Per la parte che riguarda l’Istria in Archeografo
un nome proprio di persona ma un appellativo di dignità e derivan- storico per Trieste, l’Istria ed il Trentino, III, 1884-1886; su
te dalla locuzione corrotta di saheb. Si veda anche AMARI 19332, Rovigno cfr. p. 133. Anche in BENUSSI 1897, pp. 663-665.
p. 496; tuttavia cfr. le osservazioni del Nallino, Ibid. in nt. 2.
(42) cfr. LJUBIfi 1868, p. 14; BENUSSI 1888, p. 51 nt. 40: Nos
(25) DANDULUS, Chron. in RIS, XII, parte I, fasc. 315, p. 152. hominibus de Rubinio facimus rescriptum de renovatione pacis
MONTICOLO 1890, p. 115. quod fuit inter nos et hominibus Ragusii. Ego Bertaldus gastaldio
filius Siponis et Johannes filius Semini Scandole et Johannes de
(26) MONTICOLO 1890, pp. 118, 128, 129. Antonio, et Pensu filius Dominicus Cavalero, Dominicus Galiopo
Tallia vento, filius Johannis Sigilfredo, Cesarius filius Vitalo. Isti
(27) BENUSSI 1888, p. 41. homines iuraverunt firmam pacem in perpetuum cum hominibus
Ragusii. Anno domini millesimo centesimo octogessimo octavo,
(28) BENUSSI 1897, pp. 600-601; PASCHINI 1910, p. 239; indictione sexta, octava die intrante mense octubris, firmatum est
PASCHINI 1911, p. 40 ss. hoc capitulare. Ego diaconus Marinus, et comunis notarius
Ragusii exemplavi precurrente anno domini MC nonagessimo,
(29) BENUSSI 1897, p. 601. mensis februarii, die sancti Blassi.

(30) JAFFÉ 1851, n. 2585, p. 289. (43) KANDLER, CDI ad an. 1192. MORTEANI 1886, p. 14;
QUARANTOTTI GAMBINI 1968, p. 7; DE VERGOTTINI
(31) RAÅKI 1877, p. 364; BENUSSI 1897, p. 602 nt. 249; 19742, p. 71.
ORTALLI 1992, p. 744.
(44) DE VERGOTTINI 1952, p. 12.
(32) MONTICOLO 1890, p. 136.
(45) GASPARRI 1992, p. 791 ss.
(33) BENUSSI 1897, p. 620.
(46) BENUSSI 1897, p. 649.
(34) KANDLER, CDI ad an. 966; questo importante documento
relativo alla donazione fatta dal patriarca Rodoaldo al vescovo di (47) DE VERGOTTINI 19742, p. 51.
Parenzo Adamo venne ritenuto dal PASCHINI 1911, pp. 405-406,
contrariamente al DE RUBEIS 1740, pp. 468, 478 e al GFRÖRER (48) BENUSSI 1888, p. 49.
1878, pp. 48-49, un falso.
(49) MINOTTO 1870, I, dicembre 1145, pp. 3-6.
(35) DANDULUS, Chron. in RIS, XII, parte I, fasc. 325, p. 197;
MONTICOLO 1890, p. 156 e nt. 1. Ma cfr. BENUSSI 1897, pp. (50) DE VERGOTTINI 19742, pp. 68 ss.
632 nt. 325, 259, il quale ritenne più corretta la data della spedizio-
ne all’anno 998. È il caso almeno di segnalare il disaccordo esi- (51) Per una sintesi delle fasi della penetrazione veneziana in Istria
stente tra gli storici circa l’eventuale permesso concesso a questa cfr. anche DE VERGOTTINI 1928; DE VERGOTTINI 1949; DE
impresa navale da parte di Bisanzio. Sullo status quaestionis cfr. VERGOTTINI 1965.
recentemente FERLUGA 1978, pp. 195-197; MARGETIfi 1983,
pp. 217-254. (52) TEDESCHI 1880, p. 39.

(36) ROMANIN 19122, p. 277. Come ricordava questo storico (53) DANDULUS, Chron. in RIS, XII, parte I, fasc. 325, p. 244: ...
veneziano Ibid. p. 280, i tributi imposti dalla Serenissima alle varie Postea dux, anno III°, galeis quinquaginta bene paratis,
città dell’Istria e della Dalmazia erano regolati sulla base della Dominicum Maurocenum eius filium et Marinum Gradonico capi-
natura e dei particolari prodotti di ciascuna: infatti Arbe pagava taneos esse decrevit; illosque contra Polam, et aliquas urbes
con dieci libbre di seta, Ossero con quaranta pelli di martora (ma Ystrie, marinis latrociniis deditas, mittens, Primo Polam obsede-
più correttamente di faina), Veglia con quindici pelli di martora e runt ...
trenta di volpe. Spalato aveva invece l’obbligo di armare due gale-
re ed una barca e Pola doveva somministrare due mila libbre di (54) BENUSSI 1897, p. 656.
olio alla chiesa veneziana di S. Marco e qualche barca.
Analogamente anche Muggia, Umago, Cittanova e Trieste si impe- (55) Anche in MINOTTO 1870, I, p. 6.
gnavano a fornire una certa quantità o di vino o di olio o di barche.
(56) MINOTTO 1870, I, pp. 6-7; DANDULUS, c. s. Si veda anche
(37) BENUSSI 1888, p. 49 e nt. 35. CARLI 1790-1791.

(38) Infatti gli attuali studi storico-archivistici sono concordi nel (57) KANDLER, CDI, ad an. 1208; di questa guerra, scoppiata tra
rilevare delle vere e proprie mutilazioni e manomissioni di docu- Rovigno e Pirano per motivi di navigazione e di pesca, se ne
menti originali da parte della storiografia ufficiale veneta, tesa in occupò a suo tempo il Benussi 1888, pp. 53-54 ed interessò anche
certi casi ad alterare delle verità per fini politici. Cfr. al riguardo la città di Capodistria, alleatasi coi Piranesi. Forti di questa unione,
CESSI 1927, p. 127 passim; FASOLI 1970. Si veda ultimamente entrambi si portarono su Rovigno devastandone il territorio.
ZUCCHI 1988. Tuttavia i Piranesi si sarebbero ben presto pentiti di tali gesta e,
desiderosi di ristabilire nuovamente dei rapporti amichevoli con
(39) BENUSSI 1888, p. 51. Rovigno, arrivarono alla pace, impegnandosi inoltre a pagare un
indennizzo di 20 marche d’argento per i danni arrecati. I rapporti

invece tra Rovigno e Capodistria, seguendo il pensiero del 107(81) KANDLER, CDI, ad an. 1278; KANDLER 1875, pp. 101-
Benussi, rimasero piuttosto ostili per tutto il secolo.
102, 166.
(58) KANDLER 1851, p. 86.
(82) DE VERGOTTINI 19742, p. 118.
(59) DE VERGOTTINI 19742, pp. 70, 75.
(83) DE VERGOTTINI 19742, p. 120.
(60) KANDLER, CDI, ad an. 1208; lo studioso nel suo commento
a questa carta (p. 382) rilevava che essa venne trascritta da un ori- (84) MINOTTO 1870, I, 3 giugno 1283, p. 150; su tale alleanza
ginale appena nel 1303. Tuttavia, come vedremo nella nota succes- cfr. PASCHINI 1922, p. 91 ss.
siva, il governo marchionale patriarchino ebbe inizio nel 1209 con
la nomina di Volchero o Wolfger di Ellenbrechtskirchen e la sua (85) DE VERGOTTINI 19742, p. 123.
opera si fece sentire in Istria a partire già dal 1210. DE VERGOT-
TINI 19742, p. 78. Il documento, che non riporta nella fattispecie (86) DE VERGOTTINI 19742, p. 125; cfr. anche NETTO 1968.
nessun nome di patriarca, non ci pare che possa essere assegnato
per ovvi motivi cronologici al 1208 ma a qualche anno dopo. (87) MINOTTO 1870, I, 14 giugno 1283, p. 34; BENUSSI 1888,
p. 56.
(61) BENUSSI 1897, p. 384-385; in realtà il marchesato d’Istria
avrebbe dovuto ricadere, in conseguenza delle decisioni prese dalla (88) DE VERGOTTINI 19742, p. 112. Per una diversa opinione al
dieta di Francoforte, al duca di Baviera Lodovico, fedele partigia- riguardo cfr. PAGNIN 1936-1937, p. 448 nt. 1.
no dell’imperatore. Ma il patriarca Volchero, forte della donazione
della marca autonoma dell’Istria fatta da Enrico IV al patriarca (89) DE VERGOTTINI 1952, p. 19.
Sigeardo nel 1077, riuscì nella dieta di Augusta (1209) a farsi resti-
tuire da Lodovico il marchesato d’Istria. Sull’opera e sulla perso- (90) Nel caso di Rovigno, da come si evince dal documento del
nalità del patriarca Volchero cfr. PASCHINI 1914; PASCHINI 3 giugno 1283, la formula era salvis tamen omnibus rationibus
1915. Per una generale visione dei problemi storici, politici e omnium personarum.
amministrativi del patriarcato aquileiese si veda ultimamente
AAAd 1992. (91) DE VERGOTTINI 19742, pp. 112-113.

(62) VERGOTTIN 1798, p. 222. (92) SEMI 1975, p. 87. Pur esulando dal nostro specifico tema, va
segnalata l’istituzione della lega - per altro assai simile a quella
(63) BENUSSI 1888, p. 58. lombarda - stretta tra le città di Capodistria, Pirano, Parenzo e Pola
nel 1230 e in aperta antitesi con i fini di restaurazione svolti dai
(64) BENUSSI 1888, pp. 41-43, 242. marchesi - patriarchi. Unitisi nella universitas Histriae, questi
Comuni, dimenticando il pericolo veneziano e il gravoso protetto-
(65) BENUSSI 1888, p. 44 ss.; sui conti di Gorizia cfr. BENUSSI rato economico-militare a cui erano soggetti, elessero a loro pode-
1897, p. 427 passim; DE FRANCESCHI 1926. stà il patrizio veneziano Tommaso Zeno, riuscendo a superare
momentaneamente “lo sciagurato municipalismo” DE VERGOT-
(66) LUCIANI, p. 1330; cfr. anche GLEZER 1885, p. 15. TINI 1952, p. 38. Però già nel 1232 la lega si scioglieva a causa
Analogamente, anche lo stesso Comune di Pirano, a partire dal delle beghe insorte tra Capodistria e Pirano, che venne, tra l’altro,
secondo decennio del secolo XIII, fu interessato da tali oscillazioni ad un separato accordo col Patriarca ID. 19742, p. 82.
DE FRANCESCHI 1924, pp. XXXVII-XXXVIII.
(93) DE VERGOTTINI 1952, p. 5. Per una visione sintetica della
(67) BENUSSI 1888, p. 54. storia dell’Istria nei secoli XIV e XV, in rapporto anche con i
Comuni e gli Stati italiani, da una parte, e con le dinastie e gli Stati
(68) cfr. PASCHINI 1918; PASCHINI 1921. dell’Europa centro-orientale, dall’altra, si veda CUSIN 19773.

(69) PASCHINI 1921, p. 62; KANDLER, CDI, ad an. 1266 e (94) Cfr., ad esempio, il contributo del DE FRANCESCHI 1902-
1267. 1904 sul Comune di Pola, ritenuto dal de Vergottini “uno dei
migliori prodotti della nostra moderna storiografia regionale” DE
(70) DI MANZANO 1860, III, p. 61; BENUSSI 1888, p. 54 n. 46. VERGOTTINI c. s. e DE FRANCESCHI 1924 per il Comune di
Pirano.
(71) Cfr. il Kandler nel suo commento del CDI, ad an. 1286.
(95) BENUSSI 1888, p. 72 ss.
(72) Così il BENUSSI 1888, p. 55.
(96) Infatti nel 1296 il doge Piero Gradenigo aveva promulgato per
(73) MINOTTO 1893, 5 gennaio 1268, pp. 77-78. Venezia una legge che limitava a un piccolo numero di famiglie
patrizie questo diritto; ben presto però anche le città istriane sog-
(74) KANDLER, CDI, ad an. 1268. gette alla Serenissima ne seguirono tale esempio BENUSSI 1888,
pp. 78-79.
(75) DE VERGOTTINI 19742, p. 107.
(97) Il diritto di sedere nel Consiglio richiedeva un’età superiore ai
(76) DANDULUS, Chron., in RIS, parte I, XII, fasc. 343, p. 315; 20 anni e il poter dimostrare che tale privilegio era stato preceden-
DE VERGOTTINI 19742, p. 111. temente goduto dal proprio padre e dai propri avi BENUSSI 1888, p. 79.

(77) KANDLER, CDI, ad an. 1289, p. 769; BENUSSI 1888, p. 55. (98) BENUSSI 1888, p. 59.

(78) KANDLER, CDI, ad an. 1269; BENEDETTI 1973, pp. 63-64. (99) MINOTTO 1897, 19 febbraio 1323, p. 2.

(79) MINOTTO 1893, 9 marzo 1270, p. 78; PARENTIN 1974, p. 50. (100) BENUSSI 1897, p. 688. Sull’esistenza delle varie confraterni-
te a Rovigno si veda CAENAZZO 1886; BENUSSI 1888, p. 167 ss.
(80) KANDLER 1875, p. 102.

108 (101) Ricordiamo, ad esempio, la presenza dello iudex nella già
citata fidelitas di Rovigno a Venezia del 1149.

(102) BENUSSI 1888, p. 91. Sul significato e sul ruolo storico dei
maiores cfr. QUARANTOTTI GAMBINI 1968, pp. 9-11.

(103) BENUSSI 1888, pp. 105-106; cfr. anche COLOMBO 1971,
pp. VIII, XXVII, nt. 31 e 32.

(104) KANDLER 1850, p. 305: lo Statuto di Rovigno fu pubblica-
to, come sottolineava lo studioso, su fogli separati del giornale
L’Istria, poi riuniti ed editi a Trieste per la tipografia del Lloyd
Austriaco nel 1851. Si veda anche CHELAZZI 1963.

(105) KANDLER, c. s., p. 304.

(106) BENUSSI 1888, p. 107.

(107) MORTEANI 1886, pp. 27, 104.

(108) KANDLER, CDI, ad an. 1285.

(109) KANDLER, CDI, ad an. 974 e 983.

(110) KANDLER, CDI, ad an. 1284.

(111) BENUSSI 1888, p. 48. BENUSSI 1910, p. 177.

(112) KANDLER, CDI, ad an. 1286.

(113) KANDLER, CDI, ad an. 1301; BENUSSI 1888, pp. 48-60.

(114) MINOTTO 1870, I, pp. 49, 50, 56, 58, 59, 60.

(115) DE VERGOTTINI 19742, p. 131.

(116) DE VERGOTTINI 19742, p. 133.

(117) KANDLER, CDI, ad an. 1336.

(118) Sui Castropola cfr. la già citata esaustiva indagine di DE
FRANCESCHI 1902-1904. Per la problematica questione del
feudo di S. Apollinare si veda il rimando bibliografico del
BENUSSI 1888, p. 61 in nt. 5.

(119) BENUSSI 1888, p. 62.

(120) DE VERGOTTINI 19742, p. 206; BENUSSI 1923, p. 276.

(121) KANDLER, CDI, ad an. 1381: Federicus Comes de Porcileis
Sede vacante Aquileiensis Ecclesiae Vice Dominus Generalis,
Dilectis nobis Iudicibus, Consilio, et Communi Castrorum Albonae,
Ruyni, Turris Bornii (Torre di Boraso), Duorum Castrorum,
Flanonae, Adignani, Montis Marani, Polae, et totius Pulisanae,
Aquileiensis Ecclesiae fidelibus salutem ... cfr. anche VERGOTTIN
1798, p. 224 e DE VERGOTTINI 19742, p. 207.

(122) KANDLER, CDI, ad an. 1286, p. 742; LUCIANI, p. 1331.

(123) Sugli avvenimenti di questa guerra cfr. CASATI 1866; DE
FRANCESCHI 1879; LAZZARINI 1913.

(124) KANDLER, CDI, ad an. 1381; CESSI 1914.

(125) DE VERGOTTINI 19742, pp. 208, 219; CESSI 1909.

(126) DE VERGOTTINI 19742, p. 238.

(127) BENUSSI 1888, p. 63.

RIVE DI SOTTOLATINA
Punta San Nicolò e Val del Laco

(foto V. Giuricin)

109

Egidio Ivetic

EPOCA VENETA

110 Nell’ambito della storia moderna dell’Istria non c’è Provincia veneta dell’Istria (1420 - 1797) Rovigno era
ufficialmente definita “terra”, ossia centro abitato infe-
centro urbano, che abbia conosciuto un processo di riore alla “città”, termine con il quale venivano chia-
crescita e trasformazione demografica, economica e mati gli antichi municipi di origine romana e le sedi
sociale alla pari di Rovigno; la sua vicenda storica è diocesane di Capodistria, Parenzo, Cittanova e Pola, e
stata contraddistinta da connotati originali, spesso net- pari nel rango al termine “castello”, come erano, ad
tamente distinti dal resto della regione. esempio, Valle e Montona. Ciononostante, la cittadina
Tra gli aspetti principali del suo sviluppo storico in età dal punto di vista amministrativo era uno dei 18
medievale e, soprattutto in epoca veneta, vanno segna- “Reggimenti” (o “Podesterie”) istriani ai quali erano
lati, in particolare, la continuità della tradizione muni- preposti i Podestà veneti, nobili incaricati dal Senato a
cipale, la trasformazione del rapporto con il territorio, fare da supervisori a tutta la vita politica, giuridica e
lo sviluppo dell’orientamento economico verso il mare civile, non solo del centro urbano ma anche del rispet-
ed il ceto dei “popolani”, quale elemento basilare della tivo territorio.
vita cittadina. I diritti e i doveri di ciascun membro della comunità
Mentre, tra il Cinquecento e gli inizi del Settecento, rovignese e la stessa vita quotidiana della cittadina
era riscontrabile in tutta la penisola istriana una marca- erano scanditi e regolati dalle norme contenute nello
ta, quasi drammatica, tendenza allo spopolamento, le Statuto municipale, dai decreti legislativi che venivano
cui conseguenze negative avevano condizionato la promulgati e resi effettivi dal Senato veneto e dal
struttura economica e l’assetto sociale di molte comu- Podestà e Capitanio di Capodistria, nonché da quelli
nità, Rovigno manifestò una straordinaria controten- emanati dal Consiglio cittadino e dal Podestà di
denza che la portò a diventare, nella prima metà del Rovigno. La massima espressione istituzionale del-
secolo XVIII, la città istriana più abitata, con un’atti- l’autorità comunale e in un certo senso dell’autonomia
vità di marineria e pesca, che puntava a competere con municipale era il Consiglio dei cittadini, di cui poteva-
quella veneto-lagunare ed un’agricoltura, che stava per no far parte gli appartenenti a quell’elite sociale che si
diventare la più sviluppata nella Provincia. La crescita autodefiniva “cittadinanza di diritto”. Si trattava per lo
di Rovigno era tale da contribuire indirettamente, con più di famiglie facoltose o notabili che avevano fatto
l’emigrazione delle sue genti, alla ripresa degli altri parte del Consiglio per più generazioni ed i cui membri
centri della costa (Parenzo in particolare) e alla diffu- potevano accedervi dopo aver compiuto i 20 anni di età
sione delle attività economiche legate al mare nella ed aver giurato solennemente, di fronte all’assemblea,
fascia costiera. Furono per l’appunto l’agricoltura, la “di mantenere con tutte le forze l’onore e la gloria della
pesca e la marineria a favorire, presso il popolo rovi- Repubblica veneta, del comune e del podestà”.
gnese, la creazione di un rapporto stretto con la terra e Il governo della vita cittadina dipendeva dalle decisio-
con il mare che condizionò le sue tradizioni e la sua ni del Consiglio, mentre la struttura amministrativo-
mentalità, nonché l’evoluzione di quella civiltà locale comunale era composta da varie “magistrature” e da
che, per la sua originalità, spicca nel contesto istriano organi collegiali (come ad esempio il Collegio alle
e altoadriatico. biave e quello alla sanità) le cui funzioni erano rico-
perte da singoli per un tempo determinato. Le cariche
La tradizione municipale comunali erano molte e coprivano tutti gli aspetti della
vita pubblica; ne sono state registrate 49 fino al 1772,
Le leggi e le istituzioni di Rovigno, nel corso dell’Età anno in cui venne istituito il Monte di Pietà che deter-
moderna, erano l’espressione dell’autorità, della stabi- minò un loro ulteriore aumento. In ordine di importan-
lità e della continuità del potere comunale e della rico- za e di prestigio che l’incarico comunale comportava
nosciuta sovranità della Repubblica di Venezia. si possono annoverare i tre Giudici, il Sindaco, il
All’interno della costituzione territoriale della Cancelliere del Comune, i due Avvocati del Comune,

il Conservatore delle Leggi, i due Cattavèri, un 111
Munizioner delle armi, un Scuzador dei soldati, due o
quattro Soprastanti ai torchi, un Camerlengo del
Comune, due Comandadori del Comune, due Medici
condotti, un Ufficiale del Comune; c’erano poi gli
addetti alla sanità (due provveditori, un cancelliere, tre
fanti), gli impiegati al Fondaco (dodici presidenti, un
ragioniere, tre fondacchieri, un deputato alla vendita
dell’olio), un Deputato alle notifiche e tre Sagrestani
di Santa Eufemia. A molte cariche, tutte quelle più
significative come il Sindaco, i Giudici, il Camerlengo,
avevano accesso soltanto i membri del consiglio citta-
dino. Ai popolari spettavano gli incarichi di
Comandadore (Fante pubblico) e Fante della sanità,
mentre in numero uguale dei cittadini, potevano svol-
gere le funzioni dell’Esattore della Carratada e del mem-
bro del Collegio del Fondaco; soltanto i forestieri, inve-
ce, potevano svolgere l’attività del Medico condotto.
La struttura dell’organizzazione comunale nelle grandi
linee rispettava l’originale costituzione medievale, ma
durante i secoli dell’Età moderna dovette subire se non
delle trasformazioni, almeno qualche modifica. Di par-
ticolare interesse risulta la lotta per i diritti politici da
parte del popolo nella seconda metà del XVII sec.,
quando la città stava registrando un notevole sviluppo
demografico ed economico che inevitabilmente si
riversò sul piano sociale e politico. Nel 1682 un grup-
po di rappresentanti del popolo richiese al Podestà e
Capitanio di Capodistria di intervenire sul piano giuri-

PORTA DI S. CROCE
con stemma della città di Rovigno (sec. XV/XVI)

(G.G. Natorre, 1851 op. cit.)
(TRIESTE, Biblioteca Civica)

LEONE ALATO VENETO
che adornava la facciata del Fondaco di S. Damiano

poi andato perduto
(G. G. Natorre, 1851 op. cit.)
(TRIESTE, Biblioteca Civica)

112 dico contro i soprusi di potere che esercitava il ceto

cittadino, in particolare nella gestione dei fondi finan-
ziari legati all’amministrazione del Fondaco. Si tratta-
va di un problema che emergeva ciclicamente e non
era neanche circoscritto alla sola Rovigno: un po’
ovunque nella Provincia istriana tra i secoli XVII e
XVIII si verificarono casi analoghi (maggiormente a
Capodistria, Pirano, Parenzo). La massima autorità
veneta in Istria emise, il 28 ottobre 1683, una termina-
zione che dava diritto al ceto popolare di eleggere
nell’Università - una specie di assemblea generale,
anch’essa di origine medievale - due Sindaci o
Procuratori del popolo che avevano libero accesso ad
ogni riunione del Consiglio cittadino, nonché dei vari
Collegi; la figura del Podestà faceva da garante affin-
ché le regole venissero rispettate. Il Consiglio cittadino
protestò presentando un ricorso direttamente a
Venezia, al Senato e al Doge, ma la faccenda non ebbe
esiti immediati; appena nel 1736, con una decisione
della Quarantia, il governo veneziano diede definitiva-
mente ragione al popolo. La vittoria fu sonoramente
festeggiata quasi a simboleggiare la dimostrazione di
potenza del ceto popolare più numeroso ed organizzato
dell’Istria.
Le principali istituzioni cittadine e lo Statuto munici-
pale vennero aboliti dalle autorità francesi nel 1806: si
chiudeva così un lungo periodo della vita civile regola-
ta da leggi ed organismi collegiali che, nel rispetto
della tradizione, delle antiche consuetudini, dei privile-
gi e dei doveri sia dei cittadini che del popolo, avevano
determinato l’affermarsi di particolari strutture ed
aspetti dell’assetto municipale.

PORTALE BAROCCO
in via Garzotto N. 7
(foto V. Giuricin, 1993)

Il territorio naturalmente una determinata concezione dell’econo- 113

Il territorio rovignese, nell’ambito dell’Istria veneta, mia di sussistenza, basata appunto anche sull’alleva-
non solo era tra i meno estesi ma, accanto a quello mento, ed una costante pressione demografica che esi-
della Podesteria di Valle, figurava pure fra quelli meno geva un controllato uso del territorio.
abitati. Delimitata a settentrione dal Canal di Leme, L’attenzione rivolta nei secoli XVII e XVIII ad alcune
oltre il quale si affacciavano i feudi di Orsera, Geroldia culture agrarie quali il frumento, la vite e soprattutto
e San Michele, ad est dalla giurisdizione di Due l’olivo, l’importanza della delimitazione delle due
Castelli e a mezzogiorno dalla Podesteria di Valle, l’a- “finide” che regolavano il pascolo nelle tre fasce in cui
rea caratterizzata da un lieve rilievo collinare e da un venne diviso il territorio rovignese, nonché le numero-
clima decisamente influenzato dal mare, presentava, se disposizioni amministrativo-giuridiche deliberate
durante l’Età moderna, un unico centro abitato, quello dal Consiglio comunale in materia di territorio e dello
di Villa di Rovigno, fondato da Morlacchi dalmati nel sfruttamento delle sue risorse economiche evidenziano
1526. Vari decreti, emanati dal comune sin dagli inizi come la comunità rovignese abbia gestito direttamente
del XVI sec. (1507, 1543, 1554, 1560), stabilirono il le potenzialità del proprio retroterra, mossa, sicura-
divieto di pascolo nel territorio rovignese ad animali mente, dalle necessità di una crescita, com’era la sua,
non appartenenti alla comunità e l’obbligo a pagare insulare. Si andò delineando così un singolare rapporto
erbatici, evidenziando una legislazione rivolta alla tra la città e la sua terraferma.
regolazione dello sfruttamento del retroterra. In una
prima rilevazione demografica dell’Istria del 1554, il La vocazione del mare
territorio contava appena 130 abitanti suddivisi in 40
famiglie morlacche: i dati si riferivano, verosimilmen- Sin dalla nascita del centro urbano di Rovigno, la
te, alla Villa rovignese. Una tale situazione che vedeva peculiarità della sua posizione geografica - un isolotto
un’ampia area del contado scoperta, priva di centri che si affacciava su due ampie insenature - favorì lo
rurali, fa presumere l’esistenza di una costante e diret- sviluppo delle attività legate al mare. Nel tardo
ta ingerenza della comunità rovignese sul territorio Medioevo e fino alla metà del XVI sec. il porto rovi-
nella gestione della propria economia agricola, un rap- gnese, assieme a quello di Parenzo, rivestì un ruolo
porto che aveva origini medievali. I documenti comu- considerevole quale scalo sulla tradizionale rotta mer-
nali più antichi testimoniano lo scontro giuridico con cantile da e per Venezia; in entrambi i centri risiedeva-
la comunità dei Morlacchi riguardo i territori adibiti al no i “pedotti”, cioè piloti, esperti delle frastagliate
pascolo durante tutta la seconda metà del XVI sec. La coste e delle perigliose secche istriane, nonché delle
contesa era sorta in seguito al considerevole sviluppo insidie lagunari ed abilitati a pilotare i navigli stranieri
dell’allevamento nella stessa Rovigno e nella sua verso la Serenissima.
Villa: la crescita era tale che nel 1595, 150 su 543 Con la decadenza dei traffici commerciali veneziani e
famiglie rovignesi (27,6% del totale) possedevano la progressiva introduzione dei più moderni “bertoni”
bestiame: qualcosa come 4948 animali grossi e minuti; nordici, velieri capaci di attraversare il Golfo di
altrettanto notevole doveva essere stato il numero degli Venezia autonomamente senza soste, Parenzo, già
animali dei villici. pesantemente colpita dalla crisi conseguente allo spo-
L’intera vicenda, abbastanza singolare nel contesto polamento, iniziò a vivere i peggiori anni della sua sto-
istriano, denota quanta importanza avevano in seno ria, mentre Rovigno, più legata al territorio ed attiva
alla città, seppur rivolta principalmente al mare e con nell’allevamento, indipendente quindi nell’approvigio-
un discreto artigianato, l’allevamento, ed in genere il nameno della vittuaria, conobbe un notevole impulso
rapporto con la terra. Alla radice del problema c’era demografico ed economico, in particolare nella pesca e
nella marineria.

114 A partire dalla fine del XVII sec. Rovigno divenne il sociale ed una civiltà dagli aspetti e dai contenuti tanto
marcati quanto specifici, percepibili in particolare nel
centro più importante dell’Istria per quanto atteneva al linguaggio marinaresco, nei canti popolari, negli usi
settore della pesca e dell’insalazione del pesce. Durante alimentari, nei riti e nella vita quotidiana, nel patrimo-
tutto il corso del XVIII sec. contava, inoltre, il maggior nio etnoculturale, nella tradizione e nel culto del tra-
numero di imbarcazioni sia pescherecce che da traspor- baccolo, della brazzera e, soprattutto, della ”batana”.
to di tutta la regione, arrivando a competere persino con Alla storia economica e sociale del rapporto tutto par-
le altre “potenze” dell’Alto Adriatico, in primo luogo ticolare verso il mare va associata ovviamente quella
Chioggia e Grado. La crescita della città aveva richiesto della formazione e dello sviluppo della mentalità rovi-
un’area di pescagione sempre più vasta, cosicché non gnese orgogliosa e particolarmente ispirata dalle note-
mancarono i contrasti con le podesterie viciniori, spe- voli risorse locali e da un ambiente cittadino socio-lin-
cialmente, con la rivale tradizionale: Chioggia. Lo scon- guistico e culturale quanto mai compatto e di marcata
tro fra queste due potenze (dedite alla pesca) si tra- tradizione e carattere romanzi.
sformò in una lunga controversia con innumerevoli stra- Oltre alle consuetudini quotidiane furono legati al
scichi giuridici. Non mancarono, certamente, nel corso mare anche alcuni eventi straordinari, spesso curiosi e
del secolo XVIII le “terminazioni” emanate in materia seguiti con molta partecipazione da parte della popola-
dalle competenti autorità venete e provinciali; nella zione. Nella vita dei rovignesi un avvenimento signifi-
maggioranza dei casi, però, venivano favoriti a dispetto cativo e festoso per ogni individuo era rappresentato
degli Istriani, i Lagunari, per via dell’approvvigiona- dalla partenza, il 22 giugno di ogni anno, di numerose
mento di Venezia e della Terraferma veneta. imbarcazioni verso le coste marchigiane per celebrare
Nel corso del secolo XVIII anche la marineria registrò il “Perdon di Assisi”, il tradizionale pellegrinaggio nel
una notevole crescita. Aumentò notevolmente il nume- luogo francescano umbro. Un eccezionale fatto di
ro delle imbarcazioni da trasporto, il traffico portuale, mare che suscitò ammirazione e curiosità presso l’inte-
nonché la schiera, per lo più anonima, di imprenditori ra popolazione accadde nel 1764 quando nel porto di
e di capaci capitani-mercanti. Parallelamente, ebbero Saline venne ritrovato un gigantesco capodolio. A
sempre più rilievo l’attività degli squeri per la ripara- lungo le vicende e la storia di tale particolare ritrova-
zione e la costruzione di navi di piccolo e medio cabo- mento vennero narrate attorno ai focolari rovignesi e
taggio, ed i controlli sanitari lungo la costa rovignese. riprodotte in quadretti che fino agli inizi del nostro
Considerevole era stato il contributo della città in secolo ornavano le pareti di numerosi appartamenti e
denaro, uomini, imbarcazioni e vettovaglie alla causa locali pubblici, in particolare le botteghe dei barbieri.
veneziana nelle guerre contro le flotte turche Anche per quasi tutto l’Ottocento, fino allo sviluppo
nell’Adriatico e nel Mediterraneo. dell’industria a partire dagli ultimi decenni del secolo,
Nel XVIII sec. le coste istriane sembravano essere la marineria e la pesca erano rimaste le principali atti-
rinate, la pesca progrediva un po’ ovunque, i cantieri vità economiche. Il loro sviluppo plurisecolare lasciò
locali lavoravano con ritmi di produzione in costante un’impronta indelebile nelle tradizioni popolari che
crescita; in questo contesto la funzione di Rovigno fu sono sopravvissute.
determinante. La città con i suoi consistenti e forti ceti
produttivi (composti in prevalenza da marinai e pesca- Il “popolo”
tori) fu uno dei principali centri trainanti della ripresa
istriana i cui effetti e indici positivi si fecero sentire Il ceto popolano, la colonna portante della società di
anche negli anni susseguenti la fine della Repubblica tutte le cittadine istriane dell’Età moderna, era a
di Venezia. Rovigno forse più che altrove, un polo economicamen-
Il mare non solo era la fonte principale di sostenta- te intraprendente e politicamente attivo.
mento, alla quale i rovignesi attingevano le attività
economiche; esso determinò e plasmò un contesto

115

DISEGNO DELL’ANGOLO A LEVANTE (1732) La straordinaria crescita della popolazione nei decenni
della piazza della riva compresi tra la metà del XVII sec. e quella del XVIII
con il forno pubblico (lettera D) sec., consistette in un aumento particolare della classe
la casa dei piloti (lettera E) popolana. La pressione demografica unica del genere
e le pubbliche beccarie (lettera H) in tutta l’Istria ebbe come conseguenza, a livello politi-
(VENEZIA, Archivio di Stato, Rason Vecchie, busta N. 174, dis. 527) co, lo scontro con la classe dei cittadini per ottenere
maggiori diritti decisionali; nell’ambito economico si
La sensibilità verso i bisogni del ceto popolano privo registrò lo sviluppo della piccola industria e la crescita
di quasi tutti i diritti politici, si era manifestata ancora dei trasporti marittimi, della pesca, del contrabbando e
quando Rovigno era un piccolo centro. Così nel 1475 dell’agricoltura (vino, olio); dal punto di vista urbani-
venne eretto l’Ospitale, luogo di ricovero per i meno stico, la città si estese velocemente verso il territorio
abbienti, per gli anziani privi di alloggio e non più pro- congiungendosi saldamente con la terraferma.
duttivi, per gli stranieri di passaggio. Risale alla secon- Rovigno, infine, conobbe un notevole flusso emigrato-
da metà del XV sec. l’istituzione del Fondaco delle rio, che coinvolse sia il ceto popolano che quello citta-
biade, che venne incontro alle esigenze dei popolani, i
quali potevano, negli anni di carestia, acquistare farine
a prezzi fissi ed alquanto favorevoli.

116 dino, rivolto principalmente verso Parenzo, Pola e gli (fine sec. XIV); di S. Cristoforo (1411); di S.
Bartolomeo (1412); di S. Eufemia di Saline (1416); di
altri centri costieri dell’Istria occidentale. S. Giovanni Battista (1439); di S. Sebastiano (1476);
In un nucleo cittadino sovraffollato il popolo divenne della B. V. della Neve (1484); di S. Rocco (1491); del
una massa sempre più compatta, sensibile ad ogni sol- S. Sacramento (1542); di S. Salvatore(1547);
lecitazione e con un atteggiamento collettivo pronto a dell’Immacolata Concezione (1557); di S. Pietro
reagire non appena stimolato. Tutte le cronache rovi- (1566); di S. Martino (1580); del SS. Rosario (1597);
gnesi e gli storici che si sono occupati di questo argo- di S. Gottardo (secolo XVI); dei SS. Giovanni e Paolo
mento rilevano i tumultuosi avvenimenti della seconda (secolo XVI); di S. Michele Arcangelo (secolo XVI);
metà del XVIII sec., quando il popolo reagì contro le di S. Barnaba (1603); dell’Oratorio con quella annessa
autorità venete non risparmiando le vite degli sbirri di Filippo Neri (secolo XVII); delle Stimmate di S.
che rappresentavano il governo. Nel 1767 arrivarono Francesco (1612); di S. Brigida (1643); di S. Antonio
alcuni fanti governativi per controllare il contrabbando Abate (1660); del Suffragio dei morti (1715); di S.
fiorente in città provocando un forte malcontento pres- Benedetto (1725); della SS. Trinità (1733);
so la gente, che fece giustizia sommaria uccidendo i dell’Agonia (1734); di S. Lorenzo (1735); della B. V.
malcapitati. Altri scontri ci furono nel 1774 e nel della Consolazione (1741); della Dottrina cristiana
1781, spesso con scene raccapriccianti, ma l’intervento (1755); del Sovvegno (1763) e del Carmine (secolo
dello Stato prontamente smorzò, anche con la repres- XVIII).
sione, i malumori. Alla radice delle contestazioni stava Le manifestazioni più spontanee del costume e della
principalmente il problema del contrabbando, vera e mentalità rovignesi vedevano protagonista, quasi sem-
propria attività di sostentamento di molte famiglie pre, il popolo; vale la pena ricordare due usanze legate
marinare, che non avevano altra soluzione per campa- alle nozze, di origine medievale e che sono andate per-
re. La solidarietà dell’intero ceto popolano e l’insoffe- dute nell’epoca recente. Se la “Bitinada” era la festa
renza verso le autorità, più marcata negli anni dei catti- prenuziale che i giovani inscenavano con suoni, canti e
vi raccolti (per esempio 1780-1783), fecero il resto. qualche scarica d’arma da fuoco sotto le finestre delle
Il ceto popolano era organizzato nelle confraternite o fidanzate (usanza abolita agli inizi dell’Ottocento), la
scuole laiche, cioè in quelle associazioni a sfondo reli- “Battarella” o “Crepazia”, diffusa in Italia e in altre
gioso distinte tra di loro a seconda dei mestieri, che i zone d’Europa con il nome di “Chiarivari”, vedeva
soci praticavano. Ogni scuola laica aveva un simbolo, impegnata, specialmente, la gente di una singola con-
un luogo di ritrovo (una chiesetta da custodire), una trada che, con scherzi e lazzi, rallegrava pubblicamen-
foggia (un particolare abito) da indossare durante le te chi ormai in età avanzata si decideva ad unirsi in
pubbliche manifestazioni, uno stendardo ed una cassa matrimonio.
comune, a cui tutti contribuivano con una quota di Lo studio del passato rovignese è stato uno dei meglio
associazione, ed una contabilità soggetta a controlli documentati a livello istriano, in particolare il settore
delle autorità venete. In caso di morte di un confratello cronachistico, ma a più di cent’anni dalla pubblicazio-
il funerale veniva organizzato dalla scuola ed alla ne della Storia documentata di Rovigno di Bernardo
vedova veniva elargita una somma di denaro per il Benussi, la conoscenza delle vicende storiche rovigne-
sostentamento. Prestiti finanziari con interessi fissi si, in primo luogo quelle dell’età moderna, che hanno
venivano dati su richiesta ai consociati. Tutta la vita conosciuto interessanti approfondimenti, presenta pur
della confraternita si basava sulle norme dello Statuto sempre un quadro frammentario.
che veniva preventivamente scritto ed approvato. Alla rilettura dell’opera suddetta, nonché dei saggi e
Diverse furono le confraternite attive a Rovigno nel della documentazione editi successivamente, in parti-
corso dell’Età moderna e ciò non meraviglia conside- colare i manoscritti degli Angelini e del Caenazzo, va
rando la consistenza della popolazione: della B. V. abbinata l’analisi di fonti fino adesso poco o per niente
della Torre (1328); di S. Tomaso (1388); di S. Nicolò

sfruttate. Ci si riferisce, in primo luogo, ai registri par- degli atti notarili (637 libri che coprono il periodo che 117
rocchiali ed agli Status Animarum di fondamentale
importanza per poter delineare un profilo demografico va dal secolo XV al 1938), i libri delle confraternite e
storico più dettagliato e più preciso dei secoli XVI- gli altri fondi dell’Archivio capitolare di Rovigno; ne
XIX, in particolare per lo studio delle componenti del conseguirebbe una particolarizzata conoscenza della
movimento naturale (natalità, mortalità, nuzialità), del proprietà, delle usanze civili e religiose (eredità, testa-
flusso migratorio, della struttura della popolazione e menti, contratti, accordi), del grado di alfabetizzazione,
delle famiglie, della dimensione dei fuochi e della loro dei patrimoni familiari e di quelli pubblici, della topo-
distribuzione nell’ambito delle famiglie, nonché del- nomastica e dell’onomastica ed altro.
l’impianto sociale e professionale. Con questi tasselli si arricchirebbe notevolmente il
La storia economica e sociale di Rovigno in età moder- quadro storico dell’età moderna, uno dei periodi più
na attende poi che venga analizzata l’imponente mole suggestivi, più movimentati e più determinanti, sotto
ogni punto di vista, del passato di Rovigno.

L’ABITATO INSULARE DI ROVIGNO
con il suo acquatorio in un disegno francese del sec. XVII
(PARIGI, Bibliothèque Nationale, Departement des cartes et plans - Service hidrographique de la Marine)

118

Antonio Trampus

L’ETÀ MODERNA

Agosto 1792: nella sala dell’accademia capodistriana completo affrancamento scientifico, tanto da portare 119
dei Risorti il secolo morente - e l’età moderna stessa -
viene congedato dagli eruditi istriani nel più angoscio- inevitabilmente ad adagiarsi sulle presunte certezze di
so degli interrogativi, oggetto di un concorso lettera- un patrimonio di conoscenze già acquisito.
rio: quale è stato veramente il carattere specifico del Ciò è avvenuto anche per il caso di Rovigno, in pre-
secolo diciottesimo? Quale deve diventare il ruolo senza di una storia cittadina come quella pubblicata da
degli intellettuali istriani “in tempi per noi sí felici Benussi nel 1888; dove, se è vero che nella narrazione
quanto altrove funesti per gravissimi avvenimenti?” l’età moderna è vista essenzialmente come storia vene-
Risponde Polesini: la ragione del nostro operare è lo ta - oltre a tutto con sostanziale esclusione dei ceti
spirito del commercio. Risponde de Gavardo: “oppres- subalterni e dei gruppi slavi (CERVANI 1977: XIII) - è
sa umanità dal crudo telo d’insana ambizion ... guerre, anche vero che il rapporto con la Dominante si riduce
dissidi, torbidi progetti ... eccovi la moral de’ giorni ad un fatto meramente cronologico e che il primato del
nostri” (ZILIOTTO 1944: 237-241). periodo veneto è solo apparente. Il governo veneziano
Quale che fosse la spontaneità di queste apocalittiche come fatto politico è trattato cioè in una dozzina di
visioni controrivoluzionarie, gli eruditi istriani di fine pagine appena per cinque secoli di storia, quantitativa-
Settecento preferivano rivolgere lo sguardo verso un ras- mente assai meno dello spazio riservato al periodo del
sicurante passato, più che verso un futuro incerto. E l’in- Patriarcato e del libero Comune. Tutta la successiva
tensità di questo sguardo e dei sentimenti che ne erano descrizione delle Condizioni interne della città dal
alla base era maggiore a Capodistria rispetto a Parenzo e 1283 al 1797, nonostante la profusione di date e di det-
a Pola, come minore erano in Istria rispetto agli altri tagli cronologici, si sfuma sostanzialmente in una
domini veneti la tensione riformatrice e meno vivace la dimensione atemporale a sé stante, per rientrare bru-
discussione tecnico-politica (VENTURI 1990: 427). scamente nel fluire della storia con la caduta della
Come a Capodistria, a Parenzo e a Pola, anche a Rovigno Serenissima.
ci fu chi andò ad interrogare il passato nel tentativo di Si tratta certo di un genere particolare di storia politi-
ricostruire l’ordine infranto; così, in oltre mille pagine ca, nella quale però non trova ancora esaltazione il
manoscritte, Antonio Angelini collezionò le Notizie stori- mito di Venezia, quanto piuttosto l’”animo dei
che di Rovigno in ordine cronologico dal 1400 al 1797 Rovignesi” (BENUSSI 1888: 191) o il loro “patriotti-
caduta della Repubblica Veneta (RADOSSI - smo” (Ibid.: 117).
PAULETICH 1976: 253) cominciando il suo narrare dal Da questo tipo di impostazione storiografica sono
1401, anno della restituzione del corpo di Sant’Eufemia discesi alcuni condizionamenti che per più aspetti
alla Chiesa di Rovigno. Mentre Bartolomeo Vergottin, hanno impedito sovente un serio rinnovamento degli
dall’osservatorio parentino, glorificava la comunità di studi su Rovigno nell’età moderna.
Rovigno interpretando i significati simbolici dello stem- In primo luogo, questa dimensione atemporale del
ma cittadino (VERGOTTIN 1798: 237). governo veneziano nella storia rovignese, se ha confe-
Dal punto di vista storiografico, la situazione istriana è rito risalto alle minute annotazioni dell’erudizione
tipica di una realtà per la quale, pur vantando una soli- antiquaria, ha impedito più ampi tentativi di periodiz-
da tradizione storico-erudita, al distacco cronologico zazione e, di conseguenza, la possibilità di riconoscere
dagli avvenimenti non è generalmente corrisposto un alcuni problemi centrali della storia rovignese.
L’intento di conferire autonomia e autorità morale ad
RAPPRESENTAZIONE DELLA PENISOLA ISTRIANA una “età veneta” rinsaldata direttamente all’età comu-
d’autore ignoto e priva di data nale, per effetto della dedizione del 1283, ha reso privo
(VENEZIA, Archivio di Stato - Savi ed Esecutori di valore, con scarso fondamento documentario, il rap-
alle Acque, Diversi, dis. N. 128/1, rotolo 34) porto tra Basso Medioevo ed inizi dell’Età Moderna,
quasi dissolvendo i significati civili e religiosi della
crisi del Cinquecento. C’è di più: in una simile pro-

120 spettiva, persino una fase di svolta per la storia Repubblica di Venezia e la casa d’Austria. Queste
vicende belliche determinarono il definitivo consoli-
dell’Istria veneta come la guerra contro gli Uscocchi è darsi di situazioni politiche ed economiche caratteristi-
apparsa - nel ristretto ambito della storia di Rovigno - che dell’Istria nell’età moderna, destinate a perdurare
come un fatto episodico, anche se portatore di “serie ben oltre la caduta della Serenissima, almeno fino alla
conseguenze” (BENUSSI 1888: 65). Restaurazione.
In questo panorama, un tentativo di sintesi dell’età Le conseguenze degli episodi bellici e il porsi in tutta
moderna, alla luce delle più recenti acquisizioni storio- la sua complessità di una “questione adriatica” porta-
grafiche, non può prescindere dal preliminare proble- rono anzitutto all’irrigidimento dei rapporti politici e
ma della periodizzazione, onde poter individuare alcu- ad un accentuamento del fenomeno della regionalizza-
ni momenti di svolta nella storia di Rovigno, quali la zione (BIN 1992: 33-47). Dal punto di vista economi-
crisi religiosa del Cinquecento e le vicende connesse co, ciò finì per ripercuotersi sulla permeabilità del con-
alla guerra degli Uscocchi. fine interno tra Istria veneta e Istria austriaca, riverbe-
Come molta parte dell’Istria costiera e interna, anche randosi sui traffici e sullo scambio tra prodotti ittici e
Rovigno venne lambita dagli effetti della Riforma pro- marittimi con il bestiame e i prodotti dell’interno. Le
testante, in misura forse minore rispetto ad altre città cittadine costiere subirono trasformazioni urbanistiche
vicine, ma forse più rilevante di quanto era sembrato adattandosi a piazzeforti: Rovigno ebbe rifatte le mura
di vedere. Non vi fu solo qualche sporadico processo e le torri, approfonditi i fossati, aumentati costante-
del Sant’Ufficio nel maturo Seicento (BENUSSI 1888: mente la guarnigione e l’armamento fino alla guerra di
188), ma si assistette ad un coinvolgimento di rovigne- Morea del 1714 (BENUSSI 1888: 65-68). Ma, soprat-
si già nei processi del 1561 sulla diffusione del lutera- tutto, fu turbato l’equilibrio tra attività marittime ed
nesimo ad Umago, tale da lasciar intravvedere una pre- attività agricole, tale da determinare una diminuizione
coce influenza eretica fino a Rovigno nella creazione dell’agricoltura e dell’allevamento del bestiame
di un’atmosfera che può spiegare anche il successivo (BERTOÆA 1974: 60, 85 e 1977: 143), fattore condi-
fallimento del tentativo di fondarvi un seminario zionante dell’economia istriana per tutto il Settecento,
vescovile, poi eretto a Sanvincenti (MICULIAN 1982: sino al tramonto dell’era napoleonica.
144, 148). Altri processi, accanto a quelli già segnalati Mutamento delle condizioni economiche, peggiora-
da Benussi, sono documentati per gli anni 1633, 1663, mento di quelle sanitarie con aumento delle epidemie,
1665 e 1699. Vien da riflettere sull’effettiva penetra- rigidità dei confini politici furono quindi tra i fattori di
zione dell’eresia protestante nel rovignese e probabil- spopolamento delle città istriane tra la fine del
mente non si è lontani dal vero quando si afferma che, Cinquecento e la prima metà del Seicento, da
se le adesioni al luteranesimo furono occasionali e Capodistria a Rovigno, a Pola. E furono allo stesso
limitate a poche persone di maggiore preparazione tempo tra le ragioni della nuova politica di ripopola-
culturale, tra i ceti inferiori qualche suggestione trovò mento promossa da Venezia e sostanziatasi nella colo-
invece fertile terreno nella superstizione, nella creden- nizzazione della zona rovignese da parte di famiglie in
za nelle streghe e nelle fattucchiere (MICULIAN massima parte slave (morlacche), ma anche albanesi e
1982: 154), in un ambiente cioè del tutto analogo a greche (CERVANI-DE FRANCESCHI 1973: 37, 97;
quello comune all’intera penisola (BRANCA- BENUSSI 1888: 269). Il rapporto numerico degli abi-
GRACIOTTI 1983; DELBELLO 1991). tanti di Rovigno tra il 1554 ed il 1741 evidenzia un
Se la Riforma e la nuova offensiva della Chiesa cattoli- aumento della popolazione della città in percentuale
ca contraddistinsero anche in Istria la svolta cinque- assoluta del 345,28% (da 1.789 a 6.177 anime), a fron-
centesca nella crisi delle coscienze, ben più gravida di te di un aumento del territorio del 166,92%
conseguenze sulla società e sull’economia istriana (BERTOÆA 1977: 155). Da tale aspetto della politica
appare la cosiddetta guerra degli Uscocchi, o guerra di veneziana una delle zone che trasse i maggiori benefici
Gradisca, che vide opposte al sorgere del Seicento la

121

PARTE DELL’ABITATO DI ROVIGNO
con le mura, le strutture difensive del borgo
ed il ponte sul canale che separava l’isola dalla terraferma
in un disegno del 1619 dell’ingegnere Tensini
(VENEZIA, Archivio di Stato, provv. da terra e da mar

busta 340 bis, dis. 1)

fu proprio quella del contado rovignese, ove nel tardo sità di contenimento del brigantaggio e delle fasce di
Seicento si avvertirono i primi segni di una ripresa del- emarginazione, presenti anche nel territorio di
l’agricoltura e della pastorizia, tali da contribuire a Rovigno (BERTOÆA 1989: 40-42, 185-190), corrispo-
riassegnare a Rovigno un ruolo strategico nelle comu- se una politica del diritto volta a riaffermare la supre-
nicazioni tra la penisola e Venezia (BERTOÆA 1973: mazia della Dominante, con un mantenimento solo
183-184), grazie anche allo sfruttamento delle cave di formale delle autonomie giuridiche locali di fronte alla
pietra (PETRONIO 1968: 373-374). imposizione sostanziale di una nuova politica statuta-
Ridefinizione dei rapporti sociali ed economici, quin- ria in linea con i principi del Comune Veneciarum
di, come ridefinizione dei rapporti politici. Alla neces- (COZZI 1980: 43-46). Un più penetrante controllo da

122 zione del territorio, aveva autorizzato l’elezione di
Sindaci del popolo in seno alle magistrature cittadine
STEMMA DELLA CITTÀ DI ROVIGNO (fine sec. XVII) (BENUSSI 1888: 92-93).
in origine sull’edificio di piazza della riva Queste situazioni politiche si rifletterono pure nella
redazione e nelle vicende degli Statuti comunali, mas-
sede del granaio (1680), del Monte di Pietà (1772) sima espressione dell’autonomia municipale. Infatti, se
e della Corte di Giustizia (1816). è vero che l’ultima loro redazione organica risaliva al
Dal 1907 sulla torre dell’orologio 1531, e rimase in vigore fino al 1806, è anche vero che
(G. G. Natorre, 1851 op. cit.) la pubblicazione del codice venne interrotta nel 1720
(TRIESTE, Biblioteca Civica) per ordine dell’autorità, che vedeva nella sua diffusio-
ne a stampa un pericolo ed un ostacolo al livellamento
parte dei podestà veneziani (BERTOÆA 1979: 31-36, della legislazione locale con quella veneta (BENUSSI
110-111), rispetto a una libertà del governo municipale 1888: 106).
solo apparente e ad una crescente opposizione locale Il cosiddetto Libro catastico del 1637 evidenzia invece
all’irrazionalità delle imposizioni fiscali (BENUSSI una situazione socio-economica che vedeva un buon
1888: 111), contribuirono al formarsi di una identità equilibrio tra estensione degli arativi e della proprietà
municipale, espressa in forma di patriottismo. Un sen- privata, allevamento del bestiame e pastorizia
timento che avrebbe anche favorito - nel 1764 - l’op- (BENUSSI 1886: 7-13), dove - è interessante notare -
posizione rovignese alla terminazione veneziana che, le misurazioni venivano effettuate in base alla capacità
riconoscendo rilevanza politico-giuridica alla popola- produttiva. Venivano distinte, oltre che in stariolli
(staia) e quartariolli (quartini), anche in mezzene
(macine), che costituivano l’unità base nella misura-
zione degli arativi, corrispondente alla capacità di pro-
durre 66 chilogrammi di grano. Tanto, che le proprietà
della popolazione cittadina venivano stimate in 128
mezzene (kg 8.448) e quelle del territorio in 109 mez-
zene (7.194) (PAULETICH 1971: 103-110).
Quanto alla vita ecclesiale, la regolarità delle funzioni
e della pratica devozionale sarebbe attestata dalla
costante sequenza di fabbriche, di altari e di monasteri
documentata dagli annali ecclesiastici (BENUSSI
1888: 242-279; RADOSSI - PAULETICH 1980: 315-
406). Ma è lecito supporre che, anche all’ombra di
Sant’Eufemia, la vita religiosa fosse percorsa da nuovi
fermenti, non soltanto in relazione alle eresie prote-
stanti e allo zelo controriformistico. Soggetta ancor
sempre alla cattedra episcopale di Parenzo, Rovigno
dovette vivere la duplice (e - nell’animo religioso degli
abitanti - potenzialmente conflittuale) condizione di
sede di culto martiriale e di chiesa non autonoma, in
quanto soggetta al vescovo di Parenzo, con Due
Castelli e Valle, ancora per dono del patriarca aquileie-
se sancito da Papa Sergio IV (PETRONIO 1681: 371).
La documentazione tuttavia scarseggia, né in questa

C

direzione si sono orientati gli interessi della storiografia 123
contemporanea.
Dove invece si avverte l’assoluta inadeguatezza delle
indagini storiografiche è soprattutto nell’ambito sette-
centesco e, in particolare, riguardo agli aspetti del
vivere sociale e della diffusione della cultura.
Un’attenzione prevalente negli ultimi decenni per i soli
aspetti di storia economica e di storia sociale ispirata
dalle istanze della storiografia annalistica francese, cui
d’altra parte corrisponde oggi la profonda crisi delle
scienze sociali, ha portato a trascurare del tutto gli
argomenti legati alla dimensione intellettuale, né si
avverte ancora il tentativo di applicare nuovi modelli
interpretativi. Appaiono insufficienti oggi quadri sto-
riografici che pure, in altro contesto storico-politico,
avevano rivelato qualche utilità (BRATULIÅ 1959).
Rimangono così insoluti problemi di non poco rilievo
per la storia di Rovigno nell’età moderna e nel XVIII
secolo in particolare, tra cui quello della grave arretra-
tezza culturale della cittadina rispetto ad altri luoghi
dell’Istria e, soprattutto, rispetto alla consistenza
demografica che rese Rovigno, per popolazione, uno
dei centri principali dell’Istria costiera. Né vale a spie-
gare questa contraddizione la “rozzezza di civiltà”
attribuitale nel tardo Seicento (PETRONIO 1681:
372), o la notizia che la comunità rovignese si oppose
ancora nel 1764 (sic!) all’alfabetizzazione (“il saper
leggere e scrivere”) come condizione per accedere alla
cariche pubbliche, dichiarando che “l’esclusiva che ne
deriva porta lo scontento e rammarico alla maggior
parte dei cittadini privi di detto requisito” (BENUSSI
1888: 183).
La breve e tutto sommato fallimentare esperienza degli
accademici “Intraprendenti” (la cui intraprendenza si
manifestò per appena tre anni, dal 1762 al 1765) non si
colloca soltanto in questo quadro. È vero che tutti i
suoi soci si riducevano a sette sacerdoti, due medici e
due dottori in legge e che non ne conosciamo il pro-

CIPPO COMMEMORATIVO CON ISCRIZIONE
raffigurazione di S. Eufemia e stemma del podestà Premarin

che lo fece collocare nell’anno 1720 sul sito denominato
Arno di S. Eufemia

in occasione della delibera del Consiglio cittadino
per la ricostruzione del duomo di S. Eufemia
(foto V. Giuricin, 1993)

CAMPIELLO AL MONTE DI S. TOMMASO

124 gramma culturale ma solo lo statuto (MALUSÀ 1990:

243-254). Vi furono tuttavia in Istria accademie ben
più modeste ed esperienze più brevi nel tempo, che pur
lasciarono qualche traccia.
Alla base di questo ritardo culturale si rivela un fattore
che aveva condizionato largamente la vita rovignese
della metà del Seicento in poi, come l’assenza di una
cattedra vescovile propria o di una nobiltà moralmente
e culturalmente qualificata o di una accademia di soli-
de tradizioni: la mancanza, cioè, di poli di attrazione e
di organizzazione di una politica sociale e culturale,
che andavano tardivamente caratterizzandosi a
Capodistria, a Parenzo e a Pola. Si tratta di una situa-
zione tipica dell’Istria in età moderna, già del resto
messa in luce negli studi sulla vita musicale e teatrale
(CAVALLINI 1990 : XII).
Interessa piuttosto, allora, il costante aumento demo-
grafico della città e del territorio nel corso del XVIII
secolo, tanto che, rispetto ad una popolazione di 5.643
anime segnalate per il 1710, si giunge alle circa 13.000
anime registrate all’anagrafe del 1766: la cifra di
19.462 si riferisce invece non solo alla città e al territo-
rio ma a tutta la circoscrizione estesa su una superficie
di 206 kmq (NETTO 1975 : 232), anche se poi gra-
dualmente diminuirono per assestarsi sulle 12.411 del
1807 (NETTO 1978 : 265). Tuttavia il considerevole
aumento demografico, notato già da Benussi (1888 :
124), va posto in relazione sia con lo stabilizzarsi della
situazione economica e politica rovignese ed istriana
dopo la pace di Passarowitz (1718), sia con lo sviluppo
di attività tipiche della cittadina, come la cantieristica.
L’operosità degli squeri fu particolarmente fiorente nel
mezzo secolo che precedette la caduta di Venezia; nel
momento di massimo splendore, attorno al 1780 circa,
gli squeri raggiunsero il numero di dieci, a fronte di
una “flotta” rovignese di oltre duecento imbarcazioni
di apprezzabile tonnellaggio (BABUDIERI 1986 : 28 -
29). Un assetto, rapportato anche alle altre attività eco-
nomiche connesse, che produsse benefici effetti sulla

CAMPIELLO AL MONTE DI S. TOMMASO
ristrutturato nel 1722-23
(foto V. Giuricin, 1993)

configurazione sociale del territorio, se si guarda alla 125
situazione di Rovigno già nel 1766; rispetto a una
delle più basse percentuali di minori di età (30,78 %,
rispetto alla media istriana del 35,28 %) vi era un
allungamento della vita media (il 10,53 % della popo-
lazione costituito da anziani, rispetto alla media istria-
na del 5,74 %), tale da portare la cittadina al più alto
numero di componenti il nucleo familiare, cioè 7,68
%, rispetto alla media istriana del 5,34 % (NETTO
1975 : 234 - 235). Un gran numero di greggi, di telai
da tela (93), di oliveti (16) e di mulini da grano (375)
contribuivano a delineare la fisionomia di un territorio
che si caratterizzava tra i più prosperi della regione.
Ma le rivoluzioni in Europa erano alle porte e, dopo
l’89, la fine della Repubblica di Venezia si avvicinava,
sancita infine dai preliminari di Leoben e dal trattato
di Campoformido: l’Istria veneta veniva assegnata
all’Austria.
Il trauma dell’evento politico, se turbava la coscienza
civile di qualche intellettuale, non parve riverberarsi
con pari intensità sulla vita della società rovignese.
Studi recenti hanno dimostrato, come anche per
Venezia sulla scorta di precedenti interpretazioni, la
continuità e la persistenza di assetti sociali ed econo-
mici ben al di là del 1797, almeno fino alla nascita del
Regno d’Italia del 1806 (GOTTARDI 1993).

ALTANA SETTECENTESCA
nel rione di Dietrocastello
(foto V. Giuricin, 1993)

ISCRIZIONE DEL 1767
che ricorda il trasferimento dell’archivio pubblico nel rinnovato

edificio del fondaco in piasa granda
presente per l’occasione Nicolò Beregan, pretore e prefetto giusti-

nopolitano (G.G. Natorre, 1851 op. cit.)
(TRIESTE, Biblioteca Civica)

126 Ciò che scompariva, invece, era un sistema di valori, LEONE VENETO IN MOLECA
un tempo murato sulla facciata dell’ex fondaco di Piassa Granda
un quadro di riferimento culturale. Dove i legami con ora sul palazzo comunale (G.G. Natorre, 1851 op. cit.)
la madrepatria si erano già allentati e questo quadro di (TRIESTE, Biblioteca Civica)
riferimento era già andato consumandosi - come in
Istria, per le tensioni già segnalate - l’evento politico Quel che colpisce è che, di pari passo con lo sviluppo
apparve meno doloroso e i protagonisti seppero darse- economico, procedette anche la rilettura e la reinter-
ne una ragione. Nella penisola, e a Rovigno in partico- pretazione della storia di Rovigno in età moderna. E
lare, passato il primo sgomento si convocarono, nello così, quella che a Vergottin era apparsa una afferma-
spazio di poche ore, i comizi elettorali per dare vita ad zione di autonomia municipale, nella convocazione dei
una municipalità provvisoria. E chi si assunse poi comizi elettorali nel 1797, diveniva per Benussi il ten-
l’impegno di narrare quelle ore, non giustificò l’inizia- tativo di mantenere un collegamento morale con
tiva con la necessità di colmare il vuoto lasciato dal Venezia (BENUSSI 1888: 198) e per Tamaro il tentati-
governo veneziano, ma con l’opportunità di non vo di opporsi ad una “vendita” all’Austria per riaffer-
lasciarsi trascinare “dalla effimera democratica vertigi- mare, con Venezia, l’appartenenza alle “provinces ita-
ne di novità” (VERGOTTIN 1798: 235). Così, se la liennes de l’Adriatique orientale, abandonnées contre
“gallicana rivoluzione” rimaneva “infelice movente leur volonté manifeste” (TAMARO 1918: 591). Così
della caduta del veneto governo”, viceversa la nuova Venezia diveniva mito ed entrava nella storiografia
situazione permetteva di “correggere gli abusi intro- istriana.
dotti da una arbitraria oligarchia di poche famiglie”,
riaffermando il patrio orgoglio sulla via della rivendi-
cazione del titolo di città, al quale Rovigno aveva sem-
pre aspirato ma che Venezia non aveva mai voluto con-
cedere (VERGOTTIN 1798: 236-237).
Fatto è che con la caduta di Venezia e con l’unificazio-
ne dell’Istria già veneta a quella austriaca scomparve il
confine interno e cominciò lentamente a ristabilirsi
quell’equilibrio economico tra attività marittime e atti-
vità agricole e di allevamento dell’interno che era stato
alla base degli scambi commerciali e della specificità
dei ruoli dell’economia istriana, fondamento della
stessa prosperità di Rovigno, che infatti dal primo
Ottocento andò costantemente aumentando. Nel 1806
il Consigliere di Stato Bargnani riassumeva la situazio-
ne rovignese nel contesto istriano: 50 imbarcazioni di
grosso tonnellaggio, 150 brazzere da trasporto, 60 per
la pesca, 36 per il sale, 95.000 kg di sardelle pescate
annualmente, 1.500 di sardoni, 80.000 di menolotti. La
popolazione, di 12.041 abitanti nel 1806 (APIH 1982:
265) saliva ai 12.411 del 1807 (NETTO 1978: 266).
Né il panorama sarebbe stato eccessivamente sconvol-
to dal dominio napoleonico, cui seguì una rapida ripre-
sa economica, come avrebbe riconosciuto un funziona-
rio governativo, Giannantonio Tognana, nel 1816
(MILOTTI 1982: 352).

127

DISEGNO DEL CANALE E DELLA PIAZZA DELLA RIVA
con gli edifici circostanti (1756)

(VENEZIA, Archivio di Stato, Rason Vecchie, busta 141 dis. 91)

SIGILLO
del notaio Antonio Spongia fu Daniele
in un atto ereditario del 1790 della famiglia Fabbris
(ROVIGNO, Museo Civico)



Antonio Sema

XIX-XX SECOLO

All’alba del XIX sec. la situazione economica sembra- vaglia, ma ben attento a conciliare il suo impegno 129
va eccellente per la “Comune di Rovigno, popolata di
circa 10.000 abitanti, abbondante di navigli e la più antiaustriaco con la rigorosa osservanza dei propri
commerciante delle province” (APIH 1982: 245). compiti presso il locale tribunale. Del resto, se la situa-
Proprio per questo, forse, i Francesi che l’occuparono zione concreta non consentiva di fare molto di più,
a più riprese non ebbero molti scrupoli a sottoporla a quel lavorio sotterraneo reggeva nel tempo, indicando
“forti contribuzioni in viveri e in denaro” (BENUSSI l’esistenza di una rete, esile ma costante, di appoggi
1888: 225, 226). Il blocco navale fece il resto, falci- locali. I risultati si sarebbero visti nel 1848, con il suc-
diando il reddito di marittimi, negozianti e pescatori: cesso proprio di De Franceschi alla elezioni per
tra di essi, non a caso, si troveranno alcuni dei più l’Assemblea Costituente dell’Impero (SEMI 1991:
ardenti fautori dell’Austria, pronti anche a insorgere 299). Il potere austriaco comunque, rimaneva ancora
pur di cacciare i Francesi. solido e sostanzialmente padrone della situazione.
Ma quei tentativi fallirono; i destini di Rovigno, come Quando arrivarono a Rovigno le prime notizie dei moti
quelli dell’Istria, si decidevano altrove, e ci volle del 1848, anche qui sorse una Guardia Nazionale. Solo
Lipsia perché l’Austria ritornasse nella sua “languente un terzo dei suoi 600 uomini però, era armato con
Provincia” (MILOTTI 1982: 352). I vincitori ed i loro fucili da caccia e appena 30 uomini avevano armi da
seguaci avvelenarono quel ritorno con processi e pole- guerra, mentre gli altri erano disarmati. In realtà, la
miche, ma non mancarono, di contro, anche episodi di popolazione era indecisa sul da farsi, e la polizia stava
ostilità antiaustriaca ad opera della Massoneria. I attenta a non calcare la mano, lasciando passare le
tempi però non erano propizi e c’erano cose più urgen- intemperanze (più che altro verbali) degli ufficiali
ti da affrontare, la grave carestia del 1817, ad esempio, della Guardia Nazionale che “inclinavano fortemente
che si aggiungeva ad altre stagioni disastrose per l’a- al partito repubblicano”. Le autorità erano consapevoli
gricoltura (BENUSSI 1888: 240, 241). Poi, lentamen- di non poter fare molto affidamento sui rovignesi in
te, ma progressivamente la situazione migliorò e nel uniforme, nei quali stava crescendo la spinta verso l’u-
1821, con i suoi 9.600 abitanti, Rovigno era “il più nione all’Italia: erano stati segnalati alcuni casi di rovi-
popolato luogo dell’Istria” (RADOSSI - PAULETICH gnesi espatriati per combattere contro l’Austria, men-
1976: 269, nota 1). Negli anni successivi, per i dazi o tre era fallita la leva del 1848 fra i giovani (essenzial-
la pesca non sarebbero mancati i momenti di frizione mente italiani) di Rovigno. A controbilanciare la disaf-
con le autorità austriache, ma si trattava solo dei feno- fezione italiana c’era pur sempre l’ordinata risposta
meni fisiologici di un’economia in ripresa, soprattutto alla leva dei coscritti (essenzialmente croati) di Villa di
nel settore commerciale, oltre che marittimo ed indu- Rovigno (BENEDETTI 1961: 425, 427). Che poi
striale (RADOSSI - PAULETICH 1976: 250). Dalle fosse davvero possibile utilizzare i contadini slavi del-
cronache del tempo emergeva una sostanziale tran- l’entroterra contro le cittadine italiane della costa, era
quillità cittadina, punteggiata solo da limitati episodi un’altra questione, come ben sottolineava Ernesto
di propaganda antiaustriaca. Nulla di inquietante Sestan (SESTAN 1947: 85, 88), ma comunque (magari
comunque, se le più alte personalità imperiali visitaro- solo come extrema ratio), quell’ipotesi era presente
no a più riprese Rovigno (almeno 6 volte nella prima nella mente dei responsabili. In ogni caso, non fu
metà del secolo). E ogni volta, la città rispose nel necessario verificarne la fondatezza: a Rovigno la
modo migliore, anche perché, con le auguste eccellen- calma ritornò in maniera tanto convincente che nel
ze c’era da divertirsi e pure da guadagnare (BENUSSI 1849 si poterono inviare contro “l’Ungheria rivoluzio-
1988: 237, 240). Ciò non significava che non si stesse nata” le unità finora rimaste di guarnigione nella città
lottando: per farlo però, si teneva conto della situazio- istriana (RADOSSI - PAULETICH 1976: 335).
ne reale. Esemplare a riguardo, l’esperienza di Carlo
De Franceschi all’inizio degli anni Trenta, patriota di Alla metà del secolo, Rovigno contava 10.920 abitanti
(14.514 nel complesso del distretto) e il numero sareb-

(foto V. Giuricin)

130 be cresciuto ancora nei decenni successivi (RADOSSI “corrispondentemente rappresentata”. E poiché era
meglio non rischiare gli umori della piazza, i cauti
- PAULETICH 1976: 247). La città, collegata regolar- funzionari imperiali sistemarono a Parenzo, anziché a
mente con i principali scali del litorale, era divenuta Rovigno, la sede della neocostituita Dieta Provinciale
sede della Camera di Commercio ed Industria, oltre dell’Istria (QUARANTOTTI 1937: 15). Del resto, in
che di numerosi altri uffici amministrativi e giudiziari. Istria, proprio in quegli anni, la lotta politica si stava
Le più alte autorità austriache continuavano a fermarsi progressivamente radicalizzando, anche lungo il ver-
volentieri in questa laboriosa città che stava ormai sante etnico e nazionale, come ben si vide nel corso
accelerando il suo sviluppo. Si iniziò nel 1847, con la della “Dieta del Nessuno”. Significativamente, tra i
costruzione di un “Molino a vapore della forza di 6 deputati che in quell’occasione imposero l’italiano
cavalli eretto in una grandiosa fabbrica” (RADOSSI - come lingua ufficiale della Dieta e che si rifiutarono di
PAULETICH 1976: 333). Negli anni successivi, le inviare due deputati al Consiglio di Stato austriaco,
attività si sarebbero intensificate sino a perdere ogni ben un sesto era composto da rovignesi
carattere di eccezionalità: “un mulino per fabbrica di (QUARANTOTTI 1937: 166). Era l’annuncio che
olii” e un “laboratorio per la pettinatura dei lini e anche a Rovigno, ormai, la lotta politica era entrata in
canapi greggi” nel 1852, un altro molino a vapore nel una nuova fase. E forse non casualmente, proprio allo-
1853, una fabbrica di sapone l’anno successivo e così ra, un battaglione di Croati venne dislocato nella città
via. Accanto all’azione dei privati, anche il municipio istriana, da marzo a luglio inoltrato. Anche le misure
era impegnato nello sviluppo di Rovigno, con iniziati- di controllo sulla stampa si erano infittite (RADOSSI -
ve dirette sul territorio (come la costruzione delle bec- PAULETICH 1976: 354, 355), ma la stretta repressivo-
cherie e della pescheria), o cercando di tutelare nelle poliziesca non poteva cancellare il vero dato nuovo
sedi politiche più opportune gli interessi cittadini, spe- della situazione politica, ovvero la costituzione di uno
cie di quelli commerciali come nella lunga lotta per stato nazionale italiano. E poi, con l’estensione, anche
eliminare la dogana introdotta nel 1853 (BENUSSI a Rovigno della legge provinciale del 1862, vennero
1888: 247). In realtà, se Rovigno era “per numero di delegate al comune istriano “tutte le attribuzioni di
abitanti” la più grande città costiera dell’Istria, agli competenza dell’autorità politica di primo grado”, con
occhi dell’Austria troppi rovignesi appartenevano ai poteri diretti del podestà “perfino in materia di mobili-
“ceti inferiori” (ergo potenzialmente infidi politi- tazione”. Naturalmente, l’uso che la maggioranza libe-
camente), mentre la “grande proprietà terriera” non era ral nazionale fece della “forte autonomia di cui godeva
Rovigno” consigliò ben presto alle competenti autorità
ROVIGNO austriache di sottrarre al suo controllo “le attribuzioni
metà del XIX sec. politicamente più delicate”, affidandole a un
(dis. G. Broili, lit. F. Kaiser) “Commissario di polizia dipendente dal Capitanato di
Pola” (FRAGIACOMO 1959). Peraltro, l’orientamen-
to nazionale sempre più preciso verso l’Italia doveva
sempre confrontarsi con la realtà, in primo luogo con
quella rappresentata dalle stesse problematiche tipiche
dello sviluppo: ad esempio i rovignesi, così pronti a
reperire ed investire capitali nella navigazione, non
riuscirono mai a comprendere l’importanze del vapore
come forza motrice delle navi, condannandosi alla
perdita delle proprie posizioni nel commercio di cabo-
taggio, con pesanti conseguenze anche sull’occupazio-
ne (SEMA 1971: 50). Analoghi ritardi si riscontrava-

no anche in altri settori. Ad esempio, la componente 131
contadina, (pari a circa i due quinti della popolazione
rovignese) era “attiva ed intelligente” però quando
arrivò l’invasione della crittogama del 1853, nessuno
seppe fronteggiarla, lasciandosi quindi sopravvanzare
da altri contadini più aggiornati, o comunque meno
fatalisti (BENUSSI 1888: 248). Usualmente, i contadi-
ni risiedevano in città, da dove si recavano a lavorare
nei campi, e lì, secondo Angelo Vivante, avveniva l’in-
contro con i Croati: niente polemiche in genere, se non
talvolta in occasione delle elezioni. Austriacanti e reli-
giosissimi, i contadini rovignesi costituivano la riserva
elettorale dei clericali (VIVANTE 1954: 180). Non
casualmente, a Rovigno si poteva notare la presenza
della Confraternita dell’Agricoltore e di quella dello
Zappatore e c’era una presenza organizzata dei cattoli-
ci anche nel campo politico e finanziario (ZOVATTO
1989: 181). Finché il contadino restava in questa realtà
cittadina, esso avrebbe sempre votato disciplinatamen-
te il candidato cristiano sociale, naturalmente della
propria etnia. Una volta fuori dal contesto cittadino, le
cose cambiavano se è vero che i contadini rovignesi
stabilitisi definitivamente a Pola “quasi all’unanimità
optavano per la lista socialista” (ZOVATTO 1989:
189). E da quando a Pola era stata creata un’attrezzata
base navale militare presto divenuta una potente attra-
zione per la manodopera rovignese (SEMA 1971: 45),

TARGA
delle Assicurazioni Generali di Trieste, 1831

su un edificio di via Garzotto
(foto V. Giuricin)

MANIFESTO DEL 9 GIUGNO 1868
che annuncia l’imminente entrata in vigore

degli statuti municipali
(ROVIGNO, Centro di Ricerche Storiche, N. 3553/84)

132 questo sarebbe successo sempre più frequentemente.

In realtà, la situazione di Pola aveva soltanto anticipato
quella di Rovigno.
Gli anni Settanta videro un notevole progresso nell’in-
dustrializzazione cittadina (anche se non tutti sono
d’accordo e parlano, per gli anni attorno al 1885, di
una realtà industriale rovignese “ancora agli inizi”)
(BUDICIN 1979: 553). Di certo, verso il 1880, ben
2.300 rovignesi vivevano ormai stabilmente a Pola,
contro circa 700 nel resto del Litorale e appena 100
presenti nella altre province imperiali. C’erano poi
almeno 1.700 emigranti a tutti gli effetti, cioè stabiliti-
si definitivamente fuori dai confini imperiali
(BENUSSI 1888: 302), quasi a indicare i limiti effetti-
vi della capacità di assorbimento della manodopera
nell’industria locale, al cui sviluppo avevano concorso
sia i capitali privati, che il municipio. Fu grazie al po-
destà Campitelli, infatti, che a Rovigno venne realiz-
zata una fabbrica di tabacchi, con più di 700 operaie,
oltre a numerosi operai e impiegati (BENUSSI 1888:
249, 250). Secondo Rossi Sabatini (ma è solo un
cenno), alla fine del XIX sec. si respirava a Rovigno
una “aria nuova e più moderna”, anzi “per certi aspetti
più spregiudicata” (CAENAZZO 1981: 403).
Probabilmente, il fatto che tante donne avessero trova-

FRONTESPIZIO
dell’atto notarile N. 6633 (21-VIII-1897)
di Alvise Rismondo, notaio in Rovigno
(ROVIGNO, Centro di Ricerche Storiche)

SIGILLO
del notaio Alvise Rismondo
(ROVIGNO, Centro di Ricerche Storiche)

to da lavorare nella fabbrica di tabacchi, dove tra l’al- 133
tro potevano contare anche sulla sicurezza della pen-
sione, avrà contribuito in qualche misura a liberalizza- PASSEGGIATA DOMENICALE
re i costumi. Di certo, quando nel 1894 vennero intro- per Carera agli inizi di questo secolo
dotte delle tabelle bilingui nelle città costiere istriane (archivio Cherinfoto)
(APOLLONIO 1992: 55) e si verificarono modesti
incidenti a Pirano, a Rovigno ci fu una manifestazione
di solidarietà ai Piranesi e le donne rovignesi non furo-
no certo in disparte in tale occasione (APOLLONIO
1992: 97). D’altro canto, tra le maestranze femminili
sul posto di lavoro, le tensioni nazionali non avevano
molto spazio (BUDICIN 1979: 554) ma, a dire il vero,
tra di loro non avrebbero attecchito nemmeno le parole
d’ordine della propaganda socialista. All’inizio della
penetrazione socialista a Rovigno, sarebbe successo lo
stesso anche tra i lavoratori di sesso maschile
(BUDICIN 1979: 559) anche se poi tra di loro le cose
sarebbero cambiate. Ma nei primi tempi i socialisti
non avevano avuto vita facile nelle aziende, mentre in
città avevano dovuto fronteggiare la multiforme azione
dei clericali, abili soprattutto a livello propagandistico,
ma pronti a intervenire anche in modi più spicci, mobi-
litando la piazza (BUDICIN 1979: 552, 553). In ogni
caso, agli inizi degli anni Novanta la scena politica
rovignese era dominata soprattutto dalle forze liberal-
nazionali, seguite da quelle clericali, anche se manca-
vano, a differenza di altre realtà giuliane, le asprezze

L’ARCIDUCA CARLO STEFANO D’AUSTRIA
in visita a Rovigno agli inizi del 1900

Egli fu proprietario dell’isola di S. Caterina dal 1898 al 1901
(archivio Cherinfoto)

134 anticlericali in questa competizione (SESTAN 1947:

99). Attorno a queste due forze c’era una fitta trama di

associazioni culturali, ben radicate all’interno della

popolazione e capaci di orientarne le opinioni.

Altrettanto facevano le numerose pubblicazioni, in

genere di impronta irredentista, stampate a Rovigno

durante il periodo austriaco. Il loro prestigio era accre-

sciuto dalle persecuzioni della censura (BENEDETTI

1961: 429, 430). Ormai però erano presenti anche le

prime associazioni tra operai e già nel 1872 la locale

Società Operaia era forte di 312 soci (SEMA 1971:

79). Per il resto, soltanto la Società Militare dei

Veterani osava proporsi apertamente come seguace

delle posizioni governative (BENEDETTI 1961: 428).

Dal canto loro, le i.r. autorità lasciavano fare, accon-

tentandosi di tenere sul posto una minuscola stazione

SOLDATI ROVIGNESI di gendarmeria. I socialisti rompevano almeno in parte
di stanza a Pola nel 1905 questo schema politico ormai consolidato e, nonostan-
con al centro Andrea Quarantotto (Giuraga) te le intimidazioni ed i limiti imposti alla loro azione

(archivio Cherinfoto) propagandistica (BUDICIN 1979: 562, 563), erano

riusciti ad organizzare un numero crescente di operai

rovignesi, inserendosi stabilmente nel contesto cittadi-

CAMPO PROFUGHI DI WAGNA (Stiria) no.

dove venne trasferita gran parte della popolazione
rovignese a partire dal maggio del 1915
(archivio Cherinfoto)

Dal 13 al 15 luglio del 1900, migliaia di fedeli prove- 135
nienti da tutta l’Istria, festeggiarono assieme ai rovi-
gnesi l’anniversario dell’acquisto dei resti di PERMESSO DEL K. u. K.
Sant’Eufemia, la venerata patrona locale. Era l’occa- comando di marina della Circoscrizione di Rovigno,
sione utile per fare un bilancio all’inizio del nuovo con il quale si autorizzava il pescatore militarizzato
secolo, e il Benussi sottolineava la crescita molto lenta
della popolazione di Rovigno, passata dalle 9.628 Johann Giuricin ad esercitare la sua professione
unità del 1871 alle 10.032 del 1900, impiegate soprat- a supporto dell’esercito
tutto nell’agricoltura, nella navigazione, nella pesca e
nell’industria. A un secolo di distanza dunque, non (ROVIGNO, Centro di Ricerche Storiche)
compariva più l’indicazione del commercio come atti-
vità preminente dei rovignesi (BENUSSI 1987: 335),
anche se qualcuno ha sottolineato la peculiare
“impronta mercantile-industriale” di Rovigno
(BENEDETTI 1961: 428). La situazione politica,
intanto, si stava appesantendo ma naturalmente senza
mai oltrepassare i limiti di guardia del totale controllo

MESSA A SOTTOMURO (7 novembre 1918)
dopo lo sbarco delle truppe italiane
(archivio Cherinfoto)

136 austriaco sulla città, e ciò anche nei momenti di mag- anticattolici” (VIVANTE 1954: 180). Già nel 1911
l’errore sarebbe stato recuperato, ma il dato importan-
gior tensione, come nel 1908, quando la crescente riva- te, lì come altrove in Istria, riguardava proprio il radi-
lità tra liberali e clericali era precipitata in duri scontri cale mutamento nelle tecniche di organizzazione del
di piazza con l’intervento della gendarmeria austriaca consenso. In questa realtà in movimento, la precedente
(ROCCHI 1990: 446). Ed era significativo che proprio debolezza dei socialisti diventava un relativo vantag-
nel 1910 i tedeschi investissero ingenti capitali nel- gio, mentre erano gli altri a doversi preoccupare e a
l’ampliamento della celebre “Zoologische Station des dover improvvisare. Le vecchie rendite di posizione
Berliner Aquariums”, ivi stabilita fin dal 1891 (FOÀ era crollate: alla Dieta provinciale istriana, difronte ai
1927: 894). Certo nessuno avrebbe rischiato capitali in 25 deputati italiani, ce n’erano ormai 19 slavi. Ben si
una realtà locale ingovernabile, però, con il suffragio comprendevano allora le osservazioni di Ruggero
universale, si affacciavano sulla scena della politica Fauro, secondo cui, da Umago a Rovigno “la vicinan-
locale e regionale forze nuove che era necessario orga- za ai campi della lotta” avrebbe ammesso per la com-
nizzare e dirigere, pur senza disporre della necessaria ponente italiana la sola presenza del partito “della
esperienza per farlo. Esemplare il caso citato dal Patria” (TIMEUS 1929: 39). Ma la cosa non era poi
Vivante del voto di centinaia di contadini italiani di così facile, quando l’immagine più immediata che ave-
Rovigno, tanto ben influenzati dai clericali, da riversa- vano i rovignesi dell’Italia lontana, era quella scadente
re i loro voti sul candidato slavo piuttosto che su quel- fornita dagli emigrati meridionali impiegati nella indu-
lo liberal nazionale demonizzato “a troppo vivi colori

MANIFESTAZIONE PATRIOTTICA
nel primo dopoguerra, in Piazza della Riva

(archivio Cherinfoto)

strie locali. Gente onesta, ma che viveva in condizioni 137
tanto misere da diffondere nell’opinione pubblica loca-
le l’idea che “l’Italia fosse poverissima”, con tutti gli PILO ERETTO NEL 1923
apprezzamenti negativi che ciò comportava (CHERIN in Piazza della Riva (allora Vittorio Emanuele III)
1978: 374). a ricordo della “Redenzione”
In ogni caso, nel 1914 Rovigno era uno dei 37 comuni (archivio Cherinfoto)
istriani, su un totale di 50, amministrati da italiani. Un
dato soddisfacente, certo, ma quando venne il momen-
to di rispondere alla chiamata alle armi del vecchio
imperatore anche i rovignesi, nella quasi totalità dei
casi, fecero disciplinatamente il loro dovere. Lo aveva-
no sempre fatto, durante tutto il XIX sec. e adesso con-
tinuavano a farlo. Non tutti ovviamente erano entusia-
sti di questa guerra, ma alla prova dei fatti, la grande
maggioranza fece quello che doveva fare, cercando
semmai di riportare a casa la pelle. Qualcuno, più
furbo degli altri, ricorreva ad altri mezzi pur di evitare
il fronte, e pare che all’epoca ci fosse un gran traffico
di pus per chi avesse voluto evitare le armi con un bel
tracoma (CHERIN 1978: 373). Invece, chi voleva
difendere i suoi ideali non fuggiva certo al campo di
battaglia. Almeno così aveva sempre agito una risoluta
minoranza di rovignesi italiani: dal 1848 al 1866,
almeno 66 uomini combatterono contro l’Austria, ed
altri 14 li avrebbero seguiti nel corso della Grande
Guerra (ROCCHI 1990: 448).
Oramai però l’orientamento nazionale degli Italiani
d’Istria rappresentava una potenziale minaccia al
sistema di controllo austriaco sul litorale. Le esigenze
di sicurezza della base navale di Pola erano infatti
inconciliabili con la presenza dei nuclei compatti degli
Italiani dove ormai avevano libero corso le idee irre-
dentistiche e, nell’imminenza dell’entrata in guerra
contro l’Italia, Vienna decise lo sgombero di una vasta
area del territorio compreso fra il Canale di Leme a
Nord ed il villaggio di Barbana a Sud (CHERIN 1978:
372). Inoltre, sin dal primo aggravarsi della situazione,
unità croato-bosniache erano state acquartierate a
Rovigno. La popolazione dovette così affrontare nelle
condizioni più sfavorevoli la dura realtà della guerra
totale. L’apparato repressivo austriaco, fino ad allora
assai discreto nella sua presenza locale, rivelava ades-
so tutta la sua durezza ed efficenza, evacuando in
pochi giorni i rovignesi e trasferendoli nei campi di

138 Wagna e Pottendorf (CHERIN 1978: 375). Già nel novembre), affiancato per l’occasione dalla Guardia
Nazionale. Rapide trattative assicurarono la pacifica
1916 comunque, si ebbero i primi rimpatriati, per lo evacuazione della locale guarnigione, composta non
più contadini (CHERIN 1971: 374). Il grosso della casualmente (come nel 1848 e nel 1914-15) da militari
popolazione sarebbe ritornato dopo Caporetto, ritro- croati (GODENA 1991: 7, 8). L’affondamento della
vando una realtà devastata dagli uomini e dalla natura “Viribus Unitis” fece il resto, togliendo al nascente
(la grave mareggiata del 1916) (CHERIN 1978: 386, regno dei Serbi, Croati e Sloveni ogni capacità di
389). proiezione di forza sulla costa istriana.
Il traballante impero asburgico stava soffocando sotto Per la seconda volta in meno di 130 anni, Rovigno
il blocco navale alleato. La fame e le pestilenze (la aveva mutato la sua appartenenza statale quando uno
“spagnola”) ne erano la diretta conseguenza. Il crollo Stato plurisecolare era scomparso. A Venezia e
era ormai prossimo. Il 27 ottobre del 1918 si verifica- all’Austria succedeva così il Regno d’Italia, una com-
rono a Rovigno manifestazioni antiaustriache, ma per pagine statale capace di vincere una guerra mondiale,
la prima volta non vennero subito represse dalle auto- ma ancora priva dell’esperienza e della tradizione indi-
rità che pure disponevano di almeno 500 soldati e della spensabili per gestire l’ordinato sviluppo dei territori
locale gendarmeria (ROCCHI 1990: 448). Era l’indi- acquisiti. L’inesperienza in questo settore le avrebbe
zio più certo della dissoluzione del sistema asburgico alienato una parte degli animi, e ne avrebbe raffredda-
in terra d’Istria ed i rovignesi agirono rapidamente, to degli altri, facilitando l’azione del nazionalismo
affidando il potere cittadino che nessuno più deteneva slavo (specie croato), che poteva ora farsi forte soprat-
a un neo costituito Comitato di Salute pubblica (2

FESTA DELL’UVA (1934)
carro allegorico davanti alla Manifattura Tabacchi

(archivio Cherinfoto)

tutto delle manchevolezze del nuovo Stato italiano, per delle masse e dei partiti capaci di guidarle; già nel 139
alimentare le sue rivendicazioni. Nel frattempo, la
rivoluzione bolscevica aveva radicalizzato la situazio- 1919 socialisti e popolari avevano riorganizzato la pro-
ne, e l’avventura fiumana avrebbe aggiunto nuove ten- pria presenza a Rovigno, pur non avendo la possibilità
sioni in una zona già surriscaldata e per di più alle di partecipare alle elezioni come nel resto d’Italia, in
prese con un difficile dopoguerra. virtù del regime di occupazione militare. Per attuare la
La fine delle ostilità in Istria significava, prima di lotta operaia, tuttavia, non era necessario attendere
tutto, movimento di persone: tornavano profughi, pri- oltre, e com’era accaduto in Italia, anche a Rovigno i
gionieri di guerra, soldati congedati, ma se ne andava- primi a muoversi erano stati i socialisti, nel 1920. Ma
no tecnici e funzionari dello scomparso impero mentre nello stesso anno i Carabinieri avevano già risposto
si affacciavano i rappresentanti del governo italiano. sparando contro una manifestazione operaia, quasi ad
Le cifre dei censimenti erano eloquenti: 9.716 italiani, indicare che lo Stato italiano era pronto ad usare tutta
57 slavi e 201 tedeschi nel 1900 in Rovigno città; la forza necessaria per assicurare comunque il control-
9.482 italiani e ben 499 slavi nel 1921, con altri 41 lo della situazione, lì come altrove in Italia. Del resto,
soggetti non meglio definiti etnicamente. La guerra in quelle terre di confine e difronte ad un regno dei
aveva quindi brutalmente rimescolato la comunità Serbi, Croati e Sloveni che non risparmiava le provo-
rovignese, e il dopoguerra avrebbe fatto il resto. La cazioni, era illusorio aspettarsi un ripiegamento italia-
situazione politica appariva dominata dalla presenza no (in versione militare o civile che si voglia). Al con-
trario, si apriva la strada ad altre forze pronte a coglie-

MARINAI ROVIGNESI
prestano servizio nella R. Marina Italiana
(archivio Cherinfoto)

140 re tutte le potenzialità offerte dall’esplosiva situazione Comunisti (SCHIFFRER 1990: 85, nota 98). Come sem-

ai confini orientali. E doveva trattarsi di prospettive pre, allora, il destino della città istriana si sarebbe deciso

così interessanti per il movimento fascista che lo stes- altrove, pur se una frazione della popolazione non si

so Mussolini nel 1920 visitò l’Istria, trovando il modo sarebbe arresa senza combattere.

di fermarsi per qualche ora anche a Rovigno (CELLA Per tutto il ventennio, a Rovigno sarebbe infatti rima-

1983: 160). Ma il fascismo rovignese da solo non era sta attiva ed operante l’organizzazione clandestina del

in grado di fare molto, senza l’aiuto delle altre squadre PCI, presente soprattutto nelle fabbriche. Ma presto,

della Venezia Giulia (DRNDIfi 1981: 208) e difatti, mentre la violenza politica andava scemando a

nonostante violenze ed uccisioni, la città nel suo comples- Rovigno come altrove in Istria (anche se più lentamen-

so non si era affatto piegata al fascismo. Nelle elezioni te che nel resto d’Italia), altre preoccupazioni si sareb-

del 1921, condotte in un clima di terrore, il Blocco otten- bero affacciate, quasi a rendere più tormentoso quel

ne 771 voti, contro i 733 dei Repubblicani e i 329 dei lunghissimo dopoguerra istriano.

Nel 1922 veniva smobilitato l’arsenale militare di

TESSERA ANNONARIA PER IL PANE Pola, infliggendo così “il colpo decisivo” alla situazio-
del Comune di Rovigno (1941) ne economica dell’Istria (MRACH 1927: 827).
intestata ad Adolfo Stener Pesantissime però le conseguenze anche per Rovigno,
in quanto da decenni molti dei suoi abitanti avevano
(ROVIGNO, Centro di Ricerche Storiche, N. 3545/84)

trovato una sistemazione proprio nell’arsenale polese.

In realtà, per chi avesse osservato freddamente la

situazione istriana, era difficile sottrarsi al convinci-

mento che “le nuove province” si erano ormai trasfor-

mate nelle “nuove colonie del Regno” (CELLA 1990:

19). Dopo il 1918 Rovigno aveva avuto un certo sollie-

vo con la piena riassunzione delle proprie competenze

comunali (già limitate dall’Austria); ma nel 1923 l’e-

stensione alle nuove province della legge comunale

provinciale italiana annullò questi vantaggi inserendo

la città in un ordinamento rigidamente centralistico

(FRAGIACOMO 1959). Nello stesso anno, anche i

resti del movimento operaio organizzato furono defini-

tivamente costretti a rinunciare ad ogni presenza pub-

blica nel rovignese. Nelle campagne la repressione

richiese più tempo, se nel dicembre del 1924, i quadri

comunisti di Rovigno (assieme ad altri) erano ancora

in grado di mettere in piedi una “Associazione nazio-

nale dei contadini poveri” forte di oltre 2.000 adesioni

tra italiani e croati (GIURICIN 1989: 200). Le autorità

decisero di bloccare sul nascere tale iniziativa, ma si

scontrarono con la dura reazione dei contadini invipe-

riti anche dalle pesanti tasse. Alla fine, tuttavia, venne

spezzata anche la resistenza dei contadini organizzati

(DRNDIfi 1981: 209; Scotti 1987: 280). Sotto un altro

punto di vista però, la lotta di quegli anni annunciava

soprattutto che le popolazioni dell’entroterra rovignese

erano ormai pronte a lottare per i propri interessi ed ideali impegnato nella sperimentazione antimalarica e nella 141
fuori dal tradizionale controllo politico della chiesa.
Ma sarebbe riduttivo immaginare la storia di Rovigno preparazione del personale specializzato (FOÀ 1927:
tra le due guerre mondiali solo come una lunga attesa 895, 896). Ma evidentemente non era solo questa la
della fine della notte fascista. Per prima cosa né tutti vita della comunità rovignese: manca però (e ce ne
gli Italiani di Rovigno erano fascisti, né tutti i Croati sarebbe bisogno) una storia sociale di Rovigno che
(specie quelli dell’entroterra) erano antifascisti. In renda oggetto di studio il contesto in cui hanno agito
ogni caso poi, l’opposizione al fascismo era opera di per decenni i suoi abitanti.
una èlite che aveva saputo e voluto lottare, mentre la Nei suoi ricordi di vita istriana, il rovignese Giuricin
grande massa si limitava a convivere con il regime, lascia comunque intravvedere una realtà cittadina che
tirando avanti la propria vita come aveva sempre fatto. non si rinchiudeva nel grigiore, ma che viveva appieno
Ciò che contava per la maggioranza era la semplice la sua vita, e dove, ovviamente, il gioco del calcio era
circostanza che la fine del conflitto non aveva portato divenuto molto importante, sia come passatempo che
sostanziali miglioramenti alle proprie condizioni di come momento di aggregazione e di elementare muni-
vita: anzi, queste erano visibilmente peggiorate. Oltre cipalismo. Bozzetti, certo, ma che suggeriscono di non
alla chiusura dell’arsenale militare di Pola, si lamenta- restringere l’intera storia rovignese alla sola categoria
va anche l’aumento delle imposte e degli affitti, che della “lotta per” qualcosa (l’italianità, il socialismo,
stava mettendo a terra l’economia locale istriana. E tra ecc.). Tutto questo c’è stato, evidentemente, ed ha
il 1929 ed il 1930, la situazione si era ulteriormente pesato molto, ma è stato quando sono venute meno le
aggravata, con un aumento deciso della disoccupazio- possibilità di essere se stessi e di vivere come si era
ne. Unico aspetto positivo per Rovigno, la buona situa- sempre vissuto (anche sotto il fascismo), che per la
zione della fabbrica tabacchi, dove non c’erano licen- maggioranza della gente comune è stato impossibile
ziamenti (SEMA 1971: 195, 197). Nelle campagne continuare a vivere sotto il nuovo regime slavo. La
però, i contadini slavi in difficoltà erano ritornati a vicenda degli Istro-Italiani non si decideva soltanto a
rubare il bestiame. “Banditi” e terroristi, in realtà, Rovigno e nemmeno nella piccola penisola istriana,
erano presenze comuni in quel periodo della vicenda come è ampiamente documentato, tuttavia il microco-
istriana, anche se a Rovigno arrivavano solo gli echi di smo rovignese si poneva come interessante caso di stu-
quanto stava accadendo. Non c’erano giornali locali o dio per seguire le modalità della penetrazione croata
altri mezzi di informazione, ricordava Gianni Giuricin,
e per sapere quello che succedeva bisognava ancora PIAZZA DELLA RIVA, (già Vittorio Emanuele III,
ricorrere al banditore comunale. allora Ettore Muti) nel 1944, recintata con filo spinato
Era dunque una realtà cittadina ben diversa da quella a protezione del Comando Tedesco, insediatosi nell’albergo Adriatico
della Rovigno fine XIX sec., almeno sotto il profilo (archivio Cherinfoto)
culturale. I collegamenti stradali erano invece sempre
quelli di un tempo, ossia inadeguati alle nuove esigen-
ze. L’acqua continuava a scarseggiare e solo
l’Acquedotto istriano avrebbe dissetato e dato da lavo-
rare a parecchia gente. Verso la fine degli anni ‘20,
comunque, erano iniziate le prime efficaci campagne
contro la malaria. Il prestigioso Istituto di Biologia
Marina per l’Adriatico proseguiva (anche se con mezzi
molto più limitati), la tradizione del Centro di ricerca
germanico dell’anteguerra e, grazie soprattutto a un
progetto italo-americano, il Centro era direttamente

142 all’interno dei nuclei compattamente italiani della sede del PNF. Anche alla sera dell’8 settembre ci fu

costa. L’anello forse più debole su cui fare leva era un’affollata manifestazione e pochi giorni dopo fu

stato individuato nella categoria dell’antifascismo, costituito un “Comitato di Salute Pubblica”, la prima

fomentando così la divisione all’interno della comu- elementare reazione delle locali forze antifasciste (di

nità italiana, e rafforzando per converso il campo istro- diverso orientamento) al dissolvimento dello Stato e

croato. Per fare ciò, bisognava confrontarsi con la pre- della struttura militare italiani, per mantenere l’ordine

senza organizzata dei comunisti rovignesi sia nelle pubblico e la legalità. Ma se il Comitato rispondeva

fabbriche che tra i contadini, specie di Villa di soprattutto ad esigenze immediate e locali, i comunisti

Rovigno (DRNDIfi 1981: 207). L’occasione arrivò croati e un buon numero di elementi del PCI di

con l’attacco italo-tedesco alla Jugoslavia e il partito Rovigno obbedivano invece ad una logica più ampia,

comunista della Croazia non se la fece scappare, riu- che coniugava le esigenze della lotta rivoluzionaria con

scendo finalmente ad estendere la sua attività organiz- quelle ben più concrete della rivalsa nazionalistica

zata anche nel territorio italiano. Pur accettando il con- della componente istro-croata. Pur sapendo di avere

fronto politico con i dirigenti rovignesi, gli attivisti poco tempo a disposizione prima dell’intervento ger-

croati svilupparono soprattutto una capillare azione manico, furono proprio queste forze a giocare spregiu-

presso i militanti ed i simpatizzanti, riuscendo a spo- dicatamente la carta rivoluzionaria, puntando a capita-

starli progressivamente verso le proprie posizioni. lizzare l’inevitabile repressione. Nel frattempo, essi

I comunisti croati affiancarono la penetrazione nella inglobarono nelle loro file gran parte dei simpatizzanti
città con quella altrettanto incisiva nelle campagne, e dei quadri comunisti di Rovigno, coinvolgendoli nel
sfruttando i loro rapporti con i nazionalisti croati “Comitato Popolare di Liberazione”, che esautorò il
(DRNDIfi 1981: 268, 269). locale Comitato di salute pubblica e fornì la copertura
I frutti di tale azione si videro però solo nel 1943 per- per l’arresto dei rovignesi inviati a Pisino e poi elimina-
ché, nonostante tutto il lavorio clandestino croato, non ti con la generica accusa di fascismo (DRNDIfi 1981:
esistevano ancora in Istria le premesse per un’opposi- 380, 381). Come in altre situazioni, l’eliminazione
zione armata all’Italia fascista. Essa divenne possibile degli apparati repressivi del fascismo servì a coprire
appena il 25 luglio e allora anche Rovigno si mosse: anche altri obiettivi più propriamente nazionalistici. La
almeno 2.000 persone scesero in piazza ed assalirono la terminologia rivoluzionaria e la presenza italiana

(subordinata a quella croata) nelle strutture incaricate

IL BATTAGLIONE “PINO BUDICIN” della repressione consentirono di agire con durezza

entra a Rovigno contro l’elemento italiano, con la scusa di lottare contro
il 18 maggio 1945 il fascismo. Non migliore fu la sorte di quei comunisti
(ROVIGNO, Centro di Ricerche Storiche) italiani di Rovigno, non appena si resero conto delle

reali intenzioni dei loro compagni di lotta: vennero

semplicemente eliminati in qualche opportuna imbo-

scata delle forze di occupazione (dietro tempestiva

delazione) (DASSOVICH 1992: 345, 349).

In tal modo, al momento della liberazione dal fasci-

smo la componente italiana rovignese si trovò priva di

una vera classe dirigente, o perché chi avrebbe potuto

guidarla aveva collaborato con il fascismo e poi con il

nazismo, o perché, pur avendo lottato per 20 anni con-

tro il fascismo, s’era poi accodato ai comunisti croati

e ne aveva condiviso e coperto le scelte, anche quelle

più antinazionali ed abiette. Il resto della popolazione

aveva cercato di cavarsela con il minor danno possibi- annullò la sua scheda (AA.VV. 1980: 113). 143
le, ma oramai anche questo stava diventando sempre
più difficile. Se la popolazione delle città costiere Tre quarti di loro però misero la scheda nell’urna. Anche
dell’Istria meridionale quasi subito manifestò distacco
o diffidenza nei confronti delle vittoriose unità titine, altri rovignesi avevano fatto la loro scelta, e invece che
gli operai, a Rovigno come altrove, salutarono festosa-
mente i partigiani slavi, convinti di trovare in essi i con le schede, avevano votato con le gambe, abbando-
migliori difensori dei loro ideali di riscatto sociale
(AA.VV 1980: 150). A dire il vero, già alla fine del nando la città, dove la situazione stava deteriorandosi,
maggio 1945, alcuni tra i più avveduti comunisti rovi-
gnesi si erano resi conto che il nazionalismo croato soprattutto nel settore commerciale. Anche i simpatiz-
avanzava in massa dietro alle bandiere rosse titine
(AA.VV. 1980: 133, 134) ma era già troppo tardi per zanti della causa rivoluzionaria erano costretti a fare i
riparare gli errori. Il nuovo potere non perse tempo per
sfruttare a suo vantaggio il favorevole rapporto di forze conti con il nazionalismo croato e sempre più spesso la
di cui poteva disporre alla fine del conflitto e affian-
cando una massiccia propaganda ad un uso selettivo manodopera italiana (anche se comunista) veniva licen-
del terrore lavorava alacremente per creare tutta una
serie di fatti compiuti. Subito fu imposto il bavaglio ziata, mentre venivano assunti elementi croati (AA.VV.
alle voci contrarie e le altre forze politiche furono
messe in condizione di non nuocere. Ad agosto, un 1980: 118). L’effettiva politica di snazionalizzazione
plebiscito forzoso tentò di dimostrare la volontà istria-
na per l’annessione alla Jugoslavia, ma nonostante le continuava ad essere coperta da una massiccia propagan-
intimidazioni, a Rovigno appena il 15% della popola-
zione partecipò alla farsa jugoslava (AA.VV. 1980: da tendente a dimostrare l’esistenza di una comunità ita-
106), confermando così l’effettivo orientamento nazio-
nale della piccola città, ma evidenziando pure l’inca- liana ansiosa di riunirsi alla Jugoslavia, in modo da
pacità di trasformare l’identità nazionale in movimento
politico organizzato e propositivo. influenzare la commissione internazionale in visita in
La rete clandestina del CLN poteva inviare informazio-
ni in Italia, o distribuire aiuti finanziari ai bisognosi, ma Istria (AA.VV. 1980: 120, 121).
non aveva la capacità né l’intenzione di organizzare la
resistenza armata alle forze di occupazione slave. E Per gli oppositori non c’era più spazio, ed anche a
intanto queste agivano con determinazione e rapidità,
in sintonia con le trattative di pace. Le elezioni per i scioperare, ci si rimetteva pesantemente
Comitati popolari cittadini e distrettuali, e per
l’Assemblea popolare istriana, fornirono un nuovo test (MANGANARO 1975: 175). La tenace gente di
sugli effettivi rapporti di forza in Istria, posta in stato
d’assedio e dove astenersi era sconsigliato. Per maggior Rovigno non si era ancora arresa, ma la situazione era
sicurezza, comunque, a Rovigno fu incarcerato Antonio
Budicin, e la sua lista venne cancellata (AA.VV. 1980: molto difficile e, difronte allo strapotere titoista, la
112). Questa volta i risultati delle elezioni dettero mag-
giori soddisfazioni agli occupanti, ma anche così quasi componente italiana non comunista aveva risorse
il 12% dei rovignesi non andò a votare e un altro 12%
estremamente limitate e ancora poco studiate come i

“Gruppi Istriani” o altre formazioni (SPAZZALI

1987: 83). Per il resto (CELLA 1990: 75) la limitata

esperienza cospirativa era del tutto inadeguata rispetto

all’efficiente controllo poliziesco dell’UDBA. Al

momento delle opzioni, però, vennero al pettine tutti i

nodi dell’occupazione slava dell’Istria; a Rovigno la

scelta della maggioranza italiana fu lineare, nonostante

l’opposizione della locale componente comunista ita-

liana, convinta di poter meglio difendere le proprie

idee in ambito jugoslavo. Una strategia suicida, anche

se non priva di una propria coerenza, avversata però

dall’80% dei connazionali che decisero invece di con-

tinuare ad essere se stessi tra la propria gente. Rovigno

rimase (e rimane) una bellissima città istriana, priva

ormai della sua linfa vitale, come è successo al resto

dell’Istria, privata di gran parte della componente ita-

liana.

La sua storia non era chiusa, ma era un’altra storia in

un’altra Istria e tra altri istriani, sottoposti prima al

dominio della Jugoslavia ed ora della Slovenia e della

Croazia. Domani vedremo.



Gianni Giuricin

L’ESODO O DELLA DISPERSIONE

Ho accolto sempre di buon grado l’invito ad intratte- l’ideologia di partenza. Secondo me, oggi vale di più 145
nermi a voce o per iscritto sul tema dell’esodo.
L’abbandono d’ogni cosa diletta più caramente è uno la piccola cronaca della realtà dal tempo sublimata in
degli eventi sciagurati che ha lasciato segni indelebili dottrina.
nel sentire e nel pensare, per cui chi ne è stato costretto È consentita una parentesi: a chi volesse obiettare che
ne può ragionare con cognizione di causa se non è vit- il servizio o resoconto giornalistico è il prodotto di un
tima di lusinghe corruttrici, in fase magari recidivante. giornalista, non di uno storico, sarebbe facile obiettare
Se non provassi terrore della stupidità implicita nella che gli avvenimenti storici del “De bello gallico” e del
presunzione, mi azzarderei ad affermare che l’esodo è “De bello civili” sono dei servizi giornalistici divenuti
uno dei rari temi delle mie limitate conoscenze, forse storia genuina. Normalmente lo storico è più svantag-
l’unico nel quale mi sento diciamo ferrato, termine da giato del giornalista perché deve occuparsi di fatti
sempre estraneo al mio vocabolario. accaduti pochi o molti secoli prima. Non di rado può
Ciò che sono in grado di dire è frutto di esperienza essere indotto solo a credere che siano accaduti. Se il
personale, vita vissuta; non mi viene richiesto l’artifi- giornalista può travisare dei fatti che gli sono vicini nel
cioso ricorso a quelle speciali bravure dialettiche che tempo e nel luogo, contemporanei quindi, cose dei
per la loro astruseria inducono spesso anche il benpen- vivi, quale può essere il fondamento dell’interpretazio-
sante a scambiare lucciole per lanterne. ne data dallo storico di fatti accaduti in secoli o millen-
Quante volte negli ultimi tempi non è accaduto anche a ni già trascorsi? E inoltre come mettere d’accordo
me di riflettere sulla messe di lodi verbali e sulle scon- Vilfredo Pareto, secondo il quale la storia non si ripete
finate cataste di carta stampata mirate ad esaltare le mai, con Paul Morand, che è convinto che la storia,
magnifiche sorti e progressive del marx-leninismo e come un idiota, si ripeta sempre?
dello stalinismo, in una parola del comunismo, che Per me vale la regola-madre della storia, che essa cioè
avrebbe redento e resa felice l’umanità! Son bastate è fatta dai vincitori nel caso di tutti gli avvenimenti
poche lune di un anno fatale come l’89 per buttare al storici decisivi o importanti.
vento quelle costruzioni di mirabile ingegneria dialetti- Queste ed altre in breve sono le riflessioni che mi tur-
ca, tutte quelle esaltazioni verbali e scritte: si sono binano in testa ogniqualvolta mi raccolgo le idee sul
sciolti quei principi più duri a morire del dogma e si come iniziare ad affrontare ancora una volta il tema
sono involati nel gran polverone che non ha esibito il “Perché l’esodo”.
solo profilo di un Nicolae Ceausescu. È trascorso mezzo secolo, lustro più lustro meno, dal-
Mi riprometterei quindi di disquisire dell’esodo con l’inizio dello spopolamento inevitabile dei territori
animo spoglio da preconcetti e con il fermo intendi- giuliani passati alla Iugoslavia. Una parte dei protago-
mento di evitare giudizi che potessero essere conside- nisti, nel senso di interessati, di causa ed effetto, è
rati eretici in e da qualsiasi covo ideologico. ancora in vita anche se avanti negli anni. Ciò non per-
Il tema che mi viene proposto è racchiuso in “esodo tra tanto il giudizio su quel fenomeno alla portata di tutte
frattura e anelito alla ricomposizione di un mondo cul- le menti, il giudizio che dovrebbe essere limpido e
turale e umano”: partire quindi dalla frattura per giun- chiaro come l’acqua di pura fonte di montagna, trova
gere, se possibile, alla ricomposizione. delle contrapposizioni irriducibili, delle interpretazioni
Avevo appreso sui banchi di scuola che la pagina si che tra loro più contrastanti non si può, trincee in netta
volta sempre dopo letta, un traslato adattabile alla vita antitesi.
d’ogni giorno. Anche la pagina della frattura va letta Alle ricorrenti tenzoni sull’esodo e sulle sue cause si
prima d’essere voltata se si vuol conoscere a pieno il mobilitano talvolta studiosi che van per la maggiore, di
dualismo, motivazioni ed esiti, causa ed effetto. una certa serietà anche se di un più certo distacco, scri-
Sull’argomento dell’esodo lascerei da parte i testi venti che familiarizzano con ardita superficialità, qual-
dichiarati storici disponibili, che risentono troppo del- che lustrascarpe pro tempore del potere pro tempore,
qualche corto indolente in buona fede.

(foto V. Giuricin)

146 Non manca nello stuolo degli esegeti, anzi ne occupa Viene attuata così la pratica del terrorismo politico con
ricorso alla violenza contro le persone e le cose e
spesso gli avamposti chi venne a trovarsi sulle posizio- generando terrore. Il terrore quindi diviene il particola-
ni di coloro cui spetta il merito d’aver cooperato a pro- re strumento cui ricorre il governo non democratico
vocare l’esodo, chi s’industria a spiegare, a chi ha per mantenersi al potere.
lasciato tutto ciò che di più caro si può lasciare nella Nel corso della storia non è il primo esempio di ditta-
vita, come e qualmente avvenne quell’abbandono. tura il comitato di salute pubblica guidato da
Non si può fare dell’esodo un fenomeno astruso di dif- Robespierre e Saint-Just. Molto tempo prima il
ficile interpretazione. Chi lo ha affrontato, almeno lui, Machiavelli insegnava che per “ripigliare lo stato”
sa perché si è deciso ad andarsene. Eppure ancor oggi, (cioè per conservare il potere) fosse necessario perio-
oggi più di ieri, la babele è sovrana, una prova della dicamente “mettere quel terrore e quella paura negli
corta memoria della gente. uomini che vi avevano messo nel pigliarlo”.
V’è chi attribuisce all’esodo una motivazione ideologi- Stalinismo è l’indicazione più appropriata di un regi-
ca fondata sulla suggestione collettiva, il risultato di me che impieghi il terrore, che non consenta ai cittadi-
una manovra politica. V’è chi s’attarda a chiedersi se fu ni d’essere liberi, che reprima qualsiasi forma di dis-
un errore, se la scelta era ineluttabile o la ragione per senso, identificata nel tradimento della rivoluzione,
cui in oltre un secolo di dominio austriaco non vi fu che imponga il partito unico, che bandisca ogni critica
alcun esodo degli italiani, salvo casi isolati neppure e che concentri tutto il potere nelle mani del sommo
durante il ventennio fascista. Hic Rhodus hic salta. vertice. Tutto ciò impone il controllo poliziesco, grazie
Quanti non continuano a giustificare l’esodo come se si ad una rete di polizia palese e segreta, il ricorso alla
trattasse di una contropartita, di una reazione legittima detenzione politica, ai campi di concentramento, agli
al trattamento riservato dall’Italia fascista alle popola- ospedali psichiatrici, alle epurazioni, all’esaltazione
zioni slave dei territori di confine! Come se il fascismo del leader fino al culto ossessivo della personalità, al
avesse dimostrato un minimo d’indulgenza nei con- panico generalizzato. Niente crea più panico del terro-
fronti degli italiani autoctoni refrattari al regime. re perpetrato dall’uomo, l’essere più feroce del creato.
Pochi sono disposti ad ammettere che le cose stanno Sul piano economico le degenerazioni creano condi-
diversamente. zioni di miseria; anche la disciplina sul lavoro è otte-
Pochi sono disposti ad ammettere che la condotta degli nuta con la paura. È nota la polemica di Rosa
uomini è determinata da un insieme di impulsi: il desi- Luxemburg con Lenin che non è affatto libertà quella
derio di libertà in primo luogo, la paura, il senso della riservata ai soli sostenitori del governo realizzando l’e-
proprietà, l’egoismo, la ricerca di consenso e simpatia, liminazione fisica degli avversari o classificati tali,
la rivalità, l’invidia, la demagogia, l’inganno... soggetti alla condanna, all’anatema o all’imputazione
Pochi sono disposti, in tema di esodo, ad approfondire di eresia pur di salvare il potere.
l’aspetto della tirannia, della demagogia, che non è La dittatura stalinista non consente alleggerimenti né
propriamente una forma di governo accettabile e non attimi di libertà, non è mai disposta a correre il rischio
può costituire un regime politico; è semplicemente una che vincano gli oppositori.
prassi politica, spesso corrotta e degenerata, che pog- Non ha senso l’aforisma attribuito a Lenin “un popolo
gia sul sostegno delle masse secondandone e stimolan- che ne opprime un altro non può essere libero” se fatto
done le aspirazioni irrazionali ed elementari, abba- proprio da chi dirige l’oppressione, come non hanno
gliandole con l’illusione di una vera partecipazione alcun senso, del resto, gli impegni sottoscritti e decan-
alla vita politica. La classe dirigente diviene sempre tati nei consessi internazionali ma non mantenuti.
più dispotica, la legge è subordinata all’arbitrio, gli Sono trascorsi duecento anni dal voto della
oppositori sono nemici del popolo e della patria. Viene “Déclaration des droits de l’homme et du citoyen”.
eliminata ogni opposizione al regime divenuto autori- Secondo quei principi gli uomini hanno dei diritti
tario, oligarchico e tirannico.

naturali anteriori alla formazione della società, che I cittadini del mondo peraltro dovrebbero conoscere il 147
devono essere garantiti e non restare dei meri principi
astratti. Se sono naturali esistono appunto prima della seguente passo degli articoli 55 e 56 dello statuto delle
formazione dello stato, che deve rispettarli. Eppure in Nazioni Unite: “I membri si impegnano ad agire col-
qualche caso si arriva nella realtà al vero e proprio lettivamente e singolarmente in cooperazione con l’or-
genocidio, un termine che venne usato dapprima per ganizzazione... al fine di promuovere il rispetto e l’os-
significare la distruzione in massa di un gruppo etnico servanza universale dei diritti dell’uomo e delle libertà
e poi anche ogni progetto teso ad eliminare un qualun- fondamentali per tutti, senza distinzione di razza,
que aspetto fondamentale della cultura di una popola- sesso, lingua o religione”. Dovrebbero inoltre sapere,
zione. Anche la dispersione di una popolazione è ma forse lo sanno per averlo appreso dalla pratica, che
genocidio. manca un sistema di controllo.
Il genocidio, tuttavia, come pratica è antico quanto la Non è estranea alla materia in argomento la questione
storia dell’uomo. Dopo l’eccidio razziale, avvenuto nel non di poco conto dell’autodeterminazione o dell’auto-
corso del secondo conflitto mondiale, venne sentita la decisione, che può essere così definita: la capacità che
necessità in sede internazionale di fissare delle norme popolazioni sufficientemente definite etnicamente e cul-
di diritto internazionale contro tale reato. Ciò nono- turalmente devono avere di disporre di se stesse e il dirit-
stante non si evitarono milioni di vittime in Urss, nelle to che un popolo ha di scegliere la forma di governo.
democrazie popolari e nei paesi retti a dittatura. Dal punto di vista internazionale (e puramente formale)
Il genocidio appartiene alla categoria dei delitti contro l’autodecisione è il diritto di un popolo di non essere
l’umanità secondo le apposite risoluzioni dell’O.N.U. sottoposto alla sovranità di un dato stato al quale non
anche se circoscritto alla eliminazione di un gruppo vuole essere assoggettato, non escluso il diritto di sce-
etnico con la sua frantumazione e con la dispersione gliere la forma di governo preferita. Si rifà alla teoria di
dei suoi fondamenti culturali: “il genocidio è il diniego Rousseau della sovranità popolare nella concezione
del diritto all’esistenza di interi gruppi umani”, è un della nazione come atto volontario. Alsazia
“delitto del diritto delle genti” in contrasto con lo spi- 31.10.1790: “Il popolo alsaziano si è unito al popolo
rito e i fini delle Nazioni Unite, delitto che “il mondo francese perché l’ha voluto; la sua volontà soltanto e
civile condanna”. Forse è il caso di dire che “dovrebbe non il trattato dei ministri ha dunque legittimato l’unio-
condannare”. ne”. Dichiarazione d’indipendenza dell’America:
Fra gli atti commessi con l’intenzione di distruggere in “Ogniqualvolta una forma di governo porta a distrugge-
tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o re questi scopi (la vita, la libertà, il perseguimento della
religioso sono da includere ovviamente l’uccisione di felicità, ecc. n.d.r.), il popolo ha diritto di cambiarla o
membri del gruppo, gli attentati all’integrità fisica o di abolirla, istituendo un altro governo su tali principi.”
mentale dei membri del gruppo, la sottomissione Lo strumento dell’autodeterminazione è il plebiscito.
intenzionale del gruppo a condizioni di esistenza diret- L’autodeterminazione è richiamata nella Carta Atlantica
ta a provocare la sua dispersione totale o parziale. del 14.8.1941 e nella dichiarazione delle Nazioni Unite,
Per evitare d’essere delapidati è consigliabile non senza trascurare che nella conferenza di Yalta del
porre l’interrogativo evangelico, in tema di genocidio, 10.2.1945 venne asserito che nessuna modificazione ter-
sul chi è senza peccato scagli la prima pietra. ritoriale sarebbe dovuta avvenire senza il consenso delle
Gli imputati del reato di genocidio dovrebbero essere popolazioni interessate.
giudicati dai tribunali dello stato sul cui territorio Nel caso di autodecisione negata esiste, per chi riesce a
viene commesso l’atto illecito, vale a dire da chi ha farcela ad evadere, il diritto di asilo, che ha origini molto
commesso quel reato, come se il genocidio potesse remote trovandosene traccia nelle civiltà più antiche.
essere commesso in un determinato stato senza istru- Nel secolo XIX gli venne assegnata la funzione di tutela
zioni o complicità statali. dei perseguitati politici, che è la protezione che uno

148 stato accorda ad uno o più individui alla ricerca di un grande esodo; un cinquantennio di prepotenze e di
soprusi indicibili cui vennero sottoposti i popoli della
rifugio nel suo territorio. Iugoslavia e la miriade di minoranze dei suoi nuovi
Esso è considerato sulla carta un diritto fondamentale confini, gli italiani della Venezia Giulia ridotti “ai
della persona umana. I riferimenti di diritto internazio- minimi termini”; l’olocausto di migliaia di italiani con
nale si trovano nella Convenzione di Ginevra del il feroce eccidio delle foibe; le persecuzioni e le
28.7.1951, nello statuto dell’I.R.O. (Organizzazione minacce principalmente agli italiani, cui non restava
Internazionale per i Rifugiati) e nella Dichiarazione che la carta dell’esodo.
Universale dei Diritti dell’Uomo dd. 10.12.1948 (art. Sono fatti che devono stare dietro le spalle, perché
14: “Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere non si costruisce nulla di utile e di duraturo se si con-
in altri Paesi asilo dalle persecuzioni.”). tinua ad alimentare l’odio. Con l’odio non si lavora
Ciò non pertanto, l’esodo è stato sempre di attualità per la pace né per una vera amicizia non fondata sulle
nella storia dell’umanità. Di questi nostri tempi più sole parole.
che mai. L’Italia ha cambiato dopo la lezione finale del 1945,
A questo punto non posso non rilevare che l’esule dei quando ha acquisito la libertà di cambiare; la ex
300-350 mila dai territori passati a sovranità iugoslava Iugoslavia è avviata a cambiare dopo il crollo del
e l’italiano dei circa 15 mila rimasti dovrebbero avere muro, quello di Berlino, ma soprattutto quello ideolo-
piena consapevolezza dei fatti che con ragione o con gico, che aveva imbalsamato per oltre quarant’anni i
torto sono dietro alle loro spalle e che non possono paesi comunisti dell’Europa centro-orientale. Oggi
essere modificati: un ventennio di soprusi e di anghe- cambia, domani si saprà cosa e come.
rie, in qualche caso di violente prepotenze, vissuto dal-
l’intero popolo italiano, non ha risparmiato le diverse I primi casi di abbandono repentino delle città
minoranze confinarie, quelle di etnia slava in modo dell’Istria, di quelle sulla costa liburnica con Fiume e
particolare con il divieto di usare la propria lingua, con della stessa Zara si verificano nei giorni immediata-
l’opera di coercizione diretta o indiretta ad italianizza- mente successivi all’8 settembre 1943, data dell’armi-
re i cognomi, con l’obbligo di frequentare la scuola stizio alleato con l’Italia. Singoli individui d’una certa
italiana. Il fenomeno del regime può essere considera- età, dotati quindi d’esperienza e di conoscenza del-
to uno stato di ubriacatura della classe dirigente e di l’ambiente in cui hanno vissuto e dei pericoli che pos-
una parte del popolo italiano. sono profilarsi all’orizzonte in una terra che confina
È il caso di lasciare da parte la storia, perché in que- con la Iugoslavia, non esitano ad allontanarsi dalla
sta sede non può importare se le popolazioni slave propria città per trovare riparo e sicurezza provvisoria
furono da sempre o da un tempo relativo nei territori in altre regioni d’Italia, comunque - se possibile - in
giuliani. È quindi bene dimenticare Roma, Bisanzio, quelle meno lontane da casa.
Venezia, l’Austria, l’Italia per tener conto della sola Durante il restante periodo della guerra, fino alla pri-
realtà che conta. mavera del 1945, il fenomeno degli abbandoni resta
Molti altri fatti sono dietro le nostre spalle: la guerra piuttosto limitato e larvato anche se territorialmente
d’aggressione e di tentata conquista rivelatasi una folle generalizzato, con evidenti accentuazioni nelle zone
avventura che si concluse con la distruzione del Paese abitate prevalentemente da popolazione di lingua o
e con gli eserciti stranieri in casa; il tentativo vanitoso etnia slava. Nessuna differenza degna di rilievo invece
di annettersi territori abitati da popolazioni di etnia fra le diverse città costiere dell’Istria, da Capodistria a
slava contro ogni principio fondamentale del diritto Parenzo, Rovigno, Albona, e quelle ad alta percentuale
delle genti; l’effettiva occupazione e annessione dei di italiani dell’interno della penisola, come Buie,
territori del confine orientale d’Italia da parte della Montona, Portole, Momiano e Visignano, con qualche
Iugoslavia contro il diritto delle genti e nonostante l’i- sfumata attenuazione nelle splendide gemme delle
noppugnabile plebiscito a posteriori dimostrato con il isole del Quarnero.

(foto V. Giuricin)


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