The words you are searching are inside this book. To get more targeted content, please make full-text search by clicking here.
Discover the best professional documents and content resources in AnyFlip Document Base.
Search
Published by info, 2018-05-16 03:55:56

Rovigno d'Istria

Rovigno d'Istria

D’ISTRIA



1

FAMIA RUVIGNISA

2 ROVIGNO D’ISTRIA Famia Ruvignisa

promosso dalla Consiglio direttivo
Famia Ruvignisa Pietro Devescovi presidente
con la collaborazione del Gianni Curto presidente onorario
Centro di Ricerche Storiche di Rovigno Vitaliano Zaratin vice presidente
Enzo Rampas segretario
progetto dell’opera
Franco Stener Consiglieri
Argia Pedicchio
consulenza editoriale Luca Segariol
Marino Budicin Giustina Zaratin
Francesco Zuliani
armonizzazione dei testi
Silva Della Pietra Lepore Sindaci
Nicolò Chiurco
consiglio di redazione Luigi Rocco
Pietro Devescovi, Franco Stener, Marino Budicin,
Claudio Cherin, Vincenzo Rampas, Probiviri
Vitaliano Zaratin, Gianni Curto, Giovanni Radossi, Gianni Paliaga
Antonio Pauletich, Gianni Signori, Silvestro Vianelli
Arturo Vigini, Pietro Delbello, Denis Zigante,
Alessandro Rossit, Silvano Zilli

recensori
Mario Mirabella Roberti
Carlo Ghisalberti

fotografie
Archivio Cherinfoto, Trieste
Archivio Fondazione Sella, Biella
Archivio Virgilio Giuricin, Rovigno

Un particolare ringraziamento a tutti i privati e agli Enti
che hanno contribuito alla iconografia di questo volume
Archivio di Stato di Trieste
Archivio di Stato di Venezia
Archivio Storico di Pisino
Biblioteca Civica A. Hortis di Trieste
Biblioteca Scientifica di Pola
Centro di Ricerche Storiche di Rovigno
Convento Francescano di Rovigno
Istituto per il restauro delle opere d’arte di Zagabria
Museo Archeologico dell’Istria di Pola
Museo Civico di Rovigno
Italico Stener, Muggia
Ufficio Parrocchiale di Rovigno
Università degli Studi di Verona

La realizzazione grafica delle piante di Rovigno è di
Nello Grbac, Rovigno

I testi, nella versione definitiva, sono stati completati nel
secondo semestre del 1994.

3

ROVIGNO
D’ISTRIA

a cura di
FRANCO STENER

Edizioni FAMIA RUVIGNISA

4 in copertina con il contributo di
Una mattina da Santa Caterina
acquerello digitale di Angelo Battistella TELECOM

progetto grafico e impaginazione ITALIA
Studio Battistella Trieste
impianti stampa CASSA DI RISPARMIO
GM di Alberto Millo DI TRIESTE
stampa FONDAZIONE
Arti Grafiche Stella, Trieste
hardware Unione degli Istriani
Apple Macintosh Quadra 800 Associazione delle Comunità Istriane
Agfa Ente Rinascita Istriana
software Università Popolare di Trieste
Macromedia Freehand 5.5
Adobe Photoshop 3.0
Quark Xpress 3.31 Passport
fonts
Bodoni
Times
proprietà letteraria
Famia Ruvignisa
Trieste, 15 gennaio 1997

PREFAZIONE

Finalmente anche gli esuli rovignesi hanno una testi- fummo costretti ad abbandonare le nostre case, il 5
monianza da lasciare in eredità. nostro mondo costruito dai nostri padri.
Numerose sono le opere, edite dalle comunità istriano- Il libro va letto con attenzione in tutti i singoli capitoli,
dalmate, che parlano dell’Istria e Dalmazia. Fra tutte, che in qualche punto trattano pure argomenti minori,
finora, nessuna è stata dedicata a Rovigno: la popola- al fine di poter cogliere nell’insieme i vari aspetti
na del mare. dello spirito di una comunità, la sua formazione e le
Da lungo tempo questa lacuna era sentita un po’ da sue prospettive.
tutti noi ed in particolare dalla Famia Ruvignisa; già In seguito al nostro esodo, causato dall’occupazione
circa dieci anni or sono alcuni di noi hanno formulato jugoslava della nostra Terra, Rovigno oggi non è come
ipotesi e proposte in merito. Tante, da creare infine un naturalmente avrebbe dovuto essere; con una metafora
ostacolo alla realizzazione dell’opera stessa. possiamo affermare che oggi, con radici rovignesi
Probabilmente il timore di non riuscire a svolgere nel sono molte di più le foglie italiane sparse per il mondo
migliore dei modi un compito obbligato verso la di quante ancora sull’albero a Rovigno.
nostra città, ha scoraggiato coloro che avevano tenta- Abbiamo la speranza e formuliamo l’augurio che,
to di avviare un lavoro complessivo nuovo per non quanto testimonia questa opera giovi ad evidenziare la
limitarsi a ricopiare l’opera fondamentale del concit- nostra caratteristica positiva e peculiare di perpetuare
tadino Bernardo Benussi. civilmente - con l’orgoglio di onorare ovunque il nome
Inoltre, sia per le distanze che separano i Rovignesi della nostra Rovigno - con l’ambizione tenace, indivi-
sparsi per il mondo che per il molto tempo passato dal duale e collettiva, di vincere infine sia la prepotenza
distacco dalla loro Terra, il raccogliere da essi le sin- brutale che quella del silenzio, dell’indifferenza, della
gole testimonianze risultava un’impresa superiore alle falsa tolleranza e delle invenzioni altrui sulle vicende e
forze della Famia Ruvignisa. Ciononostante non si sulle cose nostre.
poteva rinunciare. Confidiamo che i Rovignesi tutti si riconoscano nel
Il Consiglio Direttivo, presieduto da Gianni Curto, contenuto di questo libro, e che altri possano apprez-
sollecitato dal concittadino Claudio Cherin, già nel zare l’identità della nostra Rovigno e dell’Istria tutta.
1989 aveva iniziato a pensare ad una monografia sulla Rigraziamo sentitamente tutti i collaboratori e coloro
nostra piccola Patria. che in varia forma hanno contribuito alla realizzazio-
Nel 1992 decidemmo di affidare ad una persona capa- ne di questa opera, che dedichiamo ai nostri eredi ed
ce il compito di curare le ricerche idonee a fissare un ai Rovignesi disseminati in tutto il mondo.
ritratto di Rovigno come noi l’abbiamo vissuta fino al
nostro esodo. PIETRO DEVESCOVI
Il muggesano e quindi istriano dott. Franco Stener ha
raccolto il nostro invito. Egli, che da anni è il direttore Presidente della Famia Ruvignisa
responsabile de La Voce della Famia Ruvignisa, ha
ben interpretato lo spirito e gli intendimenti nostri,
ricercando tra i migliori contributi e collaboratori, tra
cui il Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, quelli
che meglio potevano interpretare le nostre esigenze.
Non è stato facile. Certamente rimane qualche inevita-
bile lacuna nella nostra monografia, che però potrà
esser colmata soggettivamente approfondendo le
ricerche nel ricco impianto bibliografico.
La nostra monografia su Rovigno si conclude nel
momento in cui noi, per rimaner liberi e italiani,

INTRODUZIONE

6 Suono il campanello; risuono dopo un po’, ma non mi prima parte si occupa della storia di Rovigno seguen-

risponde nessuno. Un distinto signore in cappello e do una logica consecutività cronologica di argomenti,

loden grigio si avvicina e mi chiede da chi devo anda- che iniziano con l’etimologia del nome per finire con

re. - Ho suonato al Circolo Arupinum, ma non c’è nes- la storia contemporanea. La seconda parte è dedicata

suno: forse sono in anticipo, - rispondo. - Ci vado a contributi specifici, che vanno ad arricchire la prima

anch’io, aspetti che le apro, - egli aggiunge. Nel salire dando ampio spazio alla possibilità d’inserire un con-

le scale assieme mi chiede chi io sia ed il motivo di siderevole numero di immagini fino ad arrivare a testi-

quella visita. Senza esitazione gli rispondo di essere il monianze destinate a creare le basi della storia futura,

direttore responsabile del periodico La Voce della lasciando parlare i protagonisti. Sono diari che tocca-

Famia Ruvignisa e che mi sto recando al Circolo per no l’emotività anche di coloro, che non hanno vissuto

avere notizie sul Club Canottieri Arupinum che, dal in prima persona l’ultimo secolo di storia delle nostre

1907, ha onorato lo sport del remo con i suoi atleti. Terre.

Non avendogli detto il mio nome, lo lascio titubante ed Esperienze che possono venir oggettivate perché

incuriosito nel prosieguo della conversazione. Alla fine comuni a tutti coloro che hanno vissuto i tristi momen-

non gli resta che chiedermelo. Allora lo vedo rassicu- ti delle due guerre mondiali ed infine dell’esodo. La

rato e con un leggero sorriso sulle labbra. A questo Storia di un popolo, che si potrebbe riassumere in

punto sono io a chiedergli il suo nome: - il presidente! meno di due cartelle dattiloscritte senza bisogno di

- è la risposta di Gianni Curto. aspettare l’apertura di archivi esclusivi o sperare nel

Iniziò così, credo fosse il 1989, una mia periodica pre- rinvenimento di documenti che non esistono. Perché la

senza al Circolo. Mi prospettò allora l’idea di collabo- nostra Storia parte da lontano; in concreto conoscia-

rare alla realizzazione di un volume su Rovigno. Dopo mo e conosceremo solo il suo triste epilogo: l’ESODO.

alcune riunioni il progetto non riuscì a decollare men- Dei brani sono stati ripresi dal periodico edito a

tre il tempo passava. Si arrivò al 1992 quando mi Trieste dalla Famia Ruvignisa (La Voce della Famia

venne riproposta l’idea della pubblicazione: esposi il Ruvignisa) dopo essere stati rivisti per l’occasione in

mio progetto di lavoro, che venne accettato. Non vede- modo da coprire nel volume tutti i settori dell’articola-

vo altre soluzioni per poter avere un prodotto di livel- ta vita della cittadina attingendo spesso dall’ampio

lo, che potesse servire da modello per future ed analo- repertorio lasciatoci dal compianto Mario Rossi che,

ghe iniziative e nello stesso tempo potesse dare un fat- meccanico di professione, riuscì ad acquisire con

tivo contributo alla storia istriana considerando immensa passione e grande applicazione una menta-

Rovigno non come un nucleo urbano circoscritto al lità scientifica non trascurabile nella stesura dei pro-

perimetro cittadino, ma come una realtà collocata in pri lavori. Nell’ottica della storicizzazione non ho

un più vasto contesto regionale inserito nella storia voluto trascurare interventi come quello sull’installa-

dell’Adriatico settentrionale. zione dei primi telefoni a Rovigno per gli sviluppi che

Non avevo preso in considerazione l’idea di ripubbli- questo mezzo di comunicazione ha avuto in seguito

care ancora una volta il testo del Benussi (1888) fino a diventare un punto di riferimento della nostra

arricchito magari con accattivanti immagini del posto. quotidianità.

Neppure la soluzione d’affidare ad un’unica persona il Come dimenticare il tentativo del Fabretto di fissare

compito di scrivere in tempi brevi una storia di capillarmente ogni ambiente dell’ultima Rovigno

Rovigno mi sembrava buona per raggiungere quegli ancora integra negli equilibri dei suoi abitanti ricor-

obiettivi, che mi ero prefissato. dando momenti e persone note e conosciute da tutti? o

Bisognava affidare l’incarico a degli specialisti, facen- l’esperienza del Basilisco, esempio di rettitudine, equi-

do attenzione che la scientificità non creasse una bar- librio e coerenza esemplari per un giovane ventenne

riera tra un piccolo gruppo di addetti ai lavori ed il da cui ognuno può trarre insegnamento?. Le sue espe-

pubblico eterogeneo cui l’opera è indirizzata. Così la rienze di vita possono essere quelle di tanti altri rovi-

gnesi e no, che sono riusciti a passare per le strette 7
maglie di quegli anni ma non hanno avuto la possibi-
lità o la preparazione per descriverle. Il suo diario
non è e non vuole essere un’opera letteraria ma una
testimonianza, che inevitabilmente scuote la sfera psi-
coemotiva di chi legge. E poi la scelta del ritorno,
come semplice turista, contrapposta al rifiuto di rive-
dere la propria Terra, che è stata la decisione della
sorella, sono due atteggiamenti comprensibili e moti-
vabili: un lacerante equilibrio verificato quotidiana-
mente con il delicato metro dei sentimenti. E poi i
brani di Gianni Giuricin a ricordo della propria città:
un quadro emotivo, che parla per tutti i rovignesi così
come l’esempio toccante dello Sciolis, le cui ceneri
arrivate da Miami (U.S.A.) sono state disperse, come
suo desiderio, nel mare di Rovigno. Sono scritti che
non hanno bisogno di commento per quelle persone
che sono riuscite a ridurre in limiti ragionevoli l’inna-
ta percentuale di animalità. Come dimenticare la
ricerca per ottenere una globale omogeneità dei testi
svolta da Marino Budicin, il cui amore per la città tra-
pela da ogni suo scritto e l’appassionante e certosina
opera di Angelo Battistella, che ha fatto vivere que-
st’opera con la sua sensibilità artistica.
Va ricordata pure la collaborazione avuta dal Centro
di Ricerche Storiche di Rovigno, che ha messo a
disposizione i suoi ricercatori ed i suoi materiali per
completare la realizzazione di questa opera.
Alla fine Rovigno propone una monografia che costi-
tuisce, come fu quella precedente del Benussi, un inso-
stituibile punto di riferimento per il millennio entrante
della sua Storia.

FRANCO STENER

Direttore responsabile
de “La Voce della Famia Ruvignisa”

PROLUSIONE

8 Questo volume presenta la cara Rovigno con una serie

di studi che l’esaminano compiutamente: la terra, la
storia, la vita, l’arte, la gente, la voce: in ogni tempo,
in ogni aspetto, dalla preistoria all’età romana e
paleocristiana, dal medioevo all’età veneta, ai giorni
nostri.
I nomi più cari e vivi della cultura istriana sono qui
con le loro pagine. Potrei citarne alcuni, ma non
sarebbe giusto: anche i meno noti hanno dato il loro
solido contributo, arricchito di opportuni riferimenti
presentando ottimamente la città e la sua terra dal
Canal di Leme a Valle.
Non mancano profili di rovignesi che meritano il
nostro ricordo e che hanno portato il nome di Rovigno
in Italia e nel mondo: ricordo solo il vescovo mons.
Santin e il sindaco di Trieste in anni tempestosi Gianni
Bartoli: hanno fatto viva della loro voce la storia
recente di Trieste e dell’Istria.
Dietro ogni indagine risento il canto del dialet-
to........batane, pascaduri, pilieri, fugulieri, bitina-
de.......un dialetto peculiare, che speriamo resti sempre
vivo sotto il vigile sguardo di Sant’Eufemia.
Chi ha organizzato il volume, il dottor Franco Stener e
i suoi collaboratori, dopo una preparazione lunga e
paziente possono essere sicuri di aver dato agli studi
un panorama completo di Rovigno, della sua vita anti-
ca e recente.
Vorrei che altre città dell’Istria avessero un così vivo e
ricco apporto di studi, per farle aperte alla memoria
di tutti gli Italiani, dei memori e degli immemori.

MARIO MIRABELLA ROBERTI

PRESENTAZIONE

Piccola ma nobile città, troppo spesso accomunata per Patriarcato d’Aquileia fino all’assoggettamento a 9
le vicende generali del suo passato a molte altre della Venezia. Questa seppe fare delle molte città dell’Istria
costa istriana ma insieme a quelle necessariamente da occidentale e di tanta parte di quelle della costa dal-
distinguere per la peculiarietà della sua storia, mata un “quid unicum” sul piano culturale e civile,
Rovigno ha solo marginalmente attratto l’interesse e mantenendole per secoli variamente legate, con la sua
l’attenzione particolare di quanti si sono cimentati a egemonia, all’Italia ed alla sua storia.
trattare e narrare dell’Istria e della sua lunga vita. Rovigno in questo complesso e variegato secolare pro-
Così è stato, ad esempio, anche per studiosi, taluni di cesso storico, culminato nella espressione della fideli-
altissimo livello intellettuale e culturale, come tas a Venezia, e, quindi, nell’accettazione della sua
Giovanni de Vergottini ed Ernesto Sestan, i due mag- completa sovranità, si presenta come un microcosmo
giori storici istriani del nostro secolo, che accennaro- nella vicenda del quale si riflette l’intera realtà del
no sommariamente alle sue vicende inserendole, però, mondo circostante non soltanto istriano ma anche
il primo nel più generale contesto della vita dell’area adriatico. La sua crescita ed il suo sviluppo assumono,
nell’età medievale, il secondo nel quadro della lunga e però, come è naturale, caratteristiche e connotati del
complessa storia etnica e culturale dell’intera regione tutto particolari a causa sia della posizione geografica
veneto-giuliana. Eppure questo centro adriatico aveva che trasforma il suo legame con il territorio potenzian-
attratto a metà dell’Ottocento l’appassionato interesse done le basi economiche sia, inoltre, della lunga conti-
di un personaggio come Pietro Kandler che, risco- nuità della tradizione municipale, espressione insieme
prendo nelle sue peregrinazioni istriane l’agro che cir- della stabilità del potere comunale e della riconosciu-
conda la città, aveva ritenuto i suoi antichi statuti ta sovranità della Serenissima, sia, infine, dell’incre-
degni di una attenzione del tutto particolare perchè mento demografico che, oltre ad estendere l’abitato,
rivelatori dell’importanza e del ruolo manifestati nel muta la sua struttura sociale creando nuovi rapporti
tempo dal comune, offrendo alla passione patriottica tra i ceti e le classi della popolazione ed allargando,
di Bernardo Benussi fonti di primaria importanza sulle specie dal Seicento in poi, la gamma delle sue attività,
quali ricostruire la Storia documentata di Rovigno, derivanti oltre che dall’artigianato, dalla pesca, dal-
definita successivamente “un piccolo gioiello di storia l’agricoltura e dalla pastorizia, come nel passato,
municipale”. anche dai trasporti e dalla piccola industria.
Storici insigni erano stati de Vergottini e Sestan, Di questo passato rovignese vissuto sotto la
entrambi della generazione che visse l’esperienza del- Dominante e finora conosciuto solo frammentariamen-
l’esodo, il primo nostalgicamente sempre attaccato te e settorialmente, le cronache e le storie cittadine
alla natia Parenzo donde si era mosso all’indomani avevano tramandato una visione piuttosto parziale,
della redenzione per inserirsi in un’Italia resa più legata ad una interpretazione della storia incentrata
grande dalla guerra vinta ed alla quale tornava più sull’esperienza vissuta dal centro medievale che
costantemente col pensiero dopo la catastrofe del dalla sua vicenda sotto l’egemonia veneta, in una pro-
secondo conflitto che tanti dolori a lui ed ai suoi aveva spettiva chiaramente legata alla mitizzazione dell’au-
procurato, l’altro preso sentimentalmente dal ricordo tonomia cittadina, quasi la dedizione a Venezia e la
della sua Albona, la città nel cui cimitero riposavano i sovranità di questa fossero fatti accessori, accidenti
familiari più cari. Rovigno era per loro, però, soltanto casuali nella vita di un municipio, fiero della sua
uno dei centri, e, nemmeno dei più importanti, nei costante “autopoliteia”. L’”animo dei rovignesi”, il
quali si era vissuta la lenta e progressiva trasforma- loro “patriottismo”, espressione comune del localismo
zione della romanità, irradiatasi da Aquileia lungo e del municipalismo largamente diffusi non soltanto in
l’intera costa orientale dell’Adriatico, attraverso Istria prima della rivoluzione francese, sembravano
vicende ed esperienze spesso drammatiche i cui attori allora prevalere sulla visione o, meglio, forse, sulla
maggiori via via furono i Bizantini, i Franchi, il mitizzazione di Venezia e del suo ruolo tendenzialmen-

10 te unificante ed aggregante le genti e le città soggette fedeli agli Asburgo, contro gli istriani di civiltà e di

alla sua “Signoria de mar”, visione e mitizzazione cultura italiana.

destinate invece a diffondersi in tempi successivi. Da Tali, quindi, erano i sentimenti motivanti la partecipa-

ciò nasceva la difficoltà, per chi allora muoveva da zione di Rovigno al Risorgimento italiano, partecipa-

una simile ottica interpretativa, nel valutare e nel zione caratterizzata da episodi di ostilità antiaustriaca

comprendere in un quadro più vasto accadimenti stori- ad opera della massoneria all’indomani della

ci, come la guerra contro gli Uscocchi prima, quella Restaurazione, dalla trepida attesa per l’esito delle

di Morea poi, e movimenti ideali, legati soprattutto vicende del 1848, dalla radicalizzazione della lotta

alla Riforma ed alla crisi religiosa che ne seguì. politica su basi etnico-nazionali, premessa alla suc-

Eventi questi che avevano coinvolto per la loro vastità cessiva diffusione dell’irredentismo ed al mutamento

l’intera area adriatico-veneta e che ebbero conseguen- dei rapporti tra gli istriani delle cittadine costiere, ita-

ze destinate anche ad incidere fortemente nei rapporti liani legati alla tradizione veneziana, e quelli, di etnia

tra la Dominante e le città istriane, tra le quali, natu- o nazionalità slava, dell’interno. I primi, come tutti o

ralmente, Rovigno, sottoposta a causa di ciò ad un quasi gli abitanti dei centri costieri, si andavano pro-

maggiore controllo centralistico veneziano. gressivamente orientando in senso antiaustriaco, come

La caduta della Serenissima ed il passaggio, sancito ai testimoniava il numero piuttosto elevato di volontari

preliminari di Loeben ed attuato con la pace di che nel 1848, nel 1859, nel 1866 parteciparono alle

Campoformio, dell’Istria sotto la dominazione guerre dell’indipendenza italiana, e, nel 1915-18, alla

austriaca, erano destinati ad assumere un significato Grande Guerra come combattenti irredenti, mentre gli

epocale, contrassegnato dal venire meno del quadro slavi dell’Istria interna, prevalentemente di naziona-

politico in cui si era svolto anche il lungo medioevo di lità croata, erano quasi naturalmente allineati su posi-

Rovigno, per tanti aspetti protrattosi fino al 1797, ed zioni opposte o, comunque, differenti. La stessa conte-

anche, ma, forse, soprattutto, dalla crisi del sistema di sa, municipale ma spesso ovviamente anche sindacale

valori ideali, civili e culturali che aveva contrassegna- per i differenti interessi di classe che separavano il

to per secoli la vita della cittadina istriana, come, proletariato urbano dai contadini delle campagne, tra

peraltro, quella di tanti altri centri dell’Adriatico socialisti e cattolici finiva col riflettere quei contrasti

orientale che nel complesso e problematico rapporto etnico-nazionali destinati ad inasprirsi ed a crescere

con la Dominante avevano elaborato un modo di vive- di intensità col declino e con la crisi finale

re e di operare del tutto proprio. dell’Austria Ungheria.

Quel rapporto, che il municipalismo localistico di La Grande Guerra che segna la fine dell’Impero

Rovigno e di altri centri istriani aveva nel tempo fatto asburgico fu vissuta drammaticamente dalla popola-

apparire quasi sfumato, e del quale, ad arte, per fina- zione di Rovigno, penalizzata con deportazioni

lità ben precise aveva voluto sottovalutarne la portata, dall’Austria per atteggiamento largamente favorevole

dopo Campoformio parve invece divenire oggetto di all’Italia ed aspramente colpita dalla fame e dalle

una esaltazione e di una mitizzazione. Idealizzandosi, malattie. Anche per questo, ma evidentemente non solo

si contrapponeva da quel momento nell’immaginario a causa dei tanti disagi passati, l’annessione all’Italia

collettivo sia alla breve conquista franco-napoleonica fu salutata dalla grande maggioranza degli abitanti di

che alla più lunga dominazione austriaca, la prima Rovigno come la sperata redenzione, come il traguar-

contestata inizialmente per la precarietà del suo do raggiunto dopo una lunga, lunghissima attesa, i cui

governo fiscalmente esoso e necessitato dalla guerra e momenti iniziali erano, forse enfaticamente, fatti risa-

dal blocco navale ad atteggiamenti considerati sovente lire allo scoramento ed alla nostalgia per il passato

antipopolari, la seconda temuta per il carattere illibe- seguito a Campoformio ed alle delusioni provocate

rale e reazionario del suo apparato repressivo che non dalla caduta del dominio veneziano ormai considerato

esiterà ad utilizzare vieppiù i croati, maggiormente il simbolo della lunga continuità del legame culturale

e civile che nel tempo aveva unito l’Istria alla madre- mente e nostalgicamente legati alle proprie radici, 11
patria italiana, considerata come l’erede di Venezia. conservano intatta la memoria della città e del conta-
Ma i fatti successivi alla nascita del fascismo ed alla do che la circonda da Valle al Canale di Leme.
sua ascesa al potere crearono non poche delusioni in A quella storia antica e moderna comprovata da fonti
coloro che, avendo riposto le proprie speranze nel e documenti, a quelle radici mai dimenticate e sempre
liberalismo risorgimentale e nella democrazia italia- presenti nella coscienza di tanti, a quella memoria
na, sognavano l’avvento di un mondo politicamente fatta di esperienze e di ricordi, individuali, familiari e
più avanzato fondato su una maggiore giustizia socia- collettivi, è dedicato questo libro, ampio nei contenuti
le ed una totale integrazione etnica tra le differenti e ricco di notizie, sulla vita e la realtà di Rovigno
comunità nazionali che abitavano la penisola istriana. d’Istria.
La persecuzione posta in essere dal regime mussoli-
niano contro gli antifascisti e la negazione della mino- CARLO GHISALBERTI
ranza croata costituirono motivo non indifferente della
divisione politica insorta tra gli italiani di Rovigno,
alcuni dei quali, più sensibili ai valori della libertà e
della democrazia calpestati dal regime e stanchi della
retorica nazionalista del ventennio, finirono con lo
schierarsi coraggiosamente sulle posizioni dell’antifa-
scismo. Anche costoro, però, come gli altri che aveva-
no creduto nel fascismo o che, senza aderirvi, erano
stati solo spettatori degli eventi, giunsero del tutto
impreparati alla situazione venutasi a creare con i tra-
gici eventi seguiti all’armistizio del settembre 1943,
alla resistenza, alla diffusione del comunismo tra molti
ed alla dura occupazione titina. Di fronte a questa la
collettività italiana, impaurita per le violenze che subi-
va o a cui assisteva, moralmente e materialmente pro-
strata ed incerta sul suo destino, si frantumò dramma-
ticamente. I più, come tanti e tanti altri Istriani,
Fiumani e Dalmati, scelsero la via dell’esodo, altri,
invece, ma erano una minoranza, o perchè certi nella
speranza ideologica comunista e con qualche fede
nella plurietnica federazione jugoslava allora nascen-
te sotto la guida di Tito, o perchè timorosi di un esilio
dalle prospettive in quel momento del tutto ignote,
rimasero nella Rovigno in cui erano nati e vissuti fino
allora.
Da quegli eventi è passato un cinquantennio. Tito non
è più, il comunismo con la sua speranza palingenetica
è finito, la federazione iugoslava si è dissolta con uno
spietato conflitto interetnico. Rovigno continua, però,
a vivere la sua storia, fatta da coloro che in essa abi-
tano e lavorano e da quanti, avendola lasciata in un
momento drammatico ma sentendosi appassionata-



PARTE PRIMA 13

5 Prefazione di Pietro Devescovi
7
8 Introduzione di Franco Stener
9
14 Prolusione di Mario Mirabella Roberti
17
23 Presentazione di Carlo Ghisalberti
31
35 Mario Doria
49 L’Etimo di Rovigno
64
89 Bartolo Ozretifl
110 Paesaggio
119
129 Ruggero Calligaris
145 Geologia
163
Livio Poldini
Appunti sulla flora e sulla vegetazione di Rovigno

Paola Càssola Guida
Preistoria e protostoria del territorio di Rovigno

Gino Bandelli
Rovigno e il suo territorio in età romana

Giuseppe Cuscito
Dalla tarda antichità all’alto medioevo

Stefano Zucchi
Rovigno nell’età di mezzo

Egidio Ivetic
Epoca veneta

Antonio Trampus
L’Età moderna

Antonio Sema
XIX - XX secolo

Gianni Giuricin
L’esodo o della dispersione

Bibliografia

ROVIGNO, PANORAMA DA NORD OVEST
(foto V. Giuricin)

Mario Doria

L’ETIMO DI ROVIGNO

14 Rovigno (anche Rovigno d’Istria) è la nota cittadina ai sec. XIV e XV: “in castro Rubineo” a. 1305

dell’Istria Meridionale a Sud del Canale di Leme, posta (BENUSSI 1897, p. 447, n. 335); “de Confine

su un promontorio (originariamente un’isola, unita arti- Rubinei” a. 1305 (KANDLER-a, p. 129)

ficialmente alla terraferma a partire dal 1763), che è il 5. testimonianze tipo Ruvin, Ruin; piuttosto rare e limi-

centro storico della città (vi si erge in cospetto al mare tate all’XI sec. Evidentemente da base dialettale:

la chiesa di Sant’Eufemia) e un tratto di terraferma, fra “Ruvin” a. 1040 (BENEDETTI, p. 5, n. 4); “Ruyn” a.

le due insenature, o porti, di Val di Bora e di Santa 1064 (THES. ECCL. AQUIL., n. 595)

Caterina. Il nome in dialetto locale è Ruvéiño (anche 6. testimonianze tipo Ruynum, anch’esse rare e limita-

Ruvéño o Ruvuéiño). L’etnico corrispondente è Ruviñis te nel tempo (s. XI-XIII): “de Ruyno” a. 1145

“rovignese” con un interessante riscontro dell’a. 1293, (BENUSSI, 1897, p. 660, n. 384) e a. 1205 (THES.

Rovignesius (CDI II). Il toponimo non ha forma slava ECCL. AQUIL., n. 556; “viam Ruyni” (KANDLER -

propria se si eccettui Rovinj, frutto di slavizzazione a, p. 129)

recentissima, posteriore addirittura al mostruoso 7. testimonianze tipo Rubinum. Piuttosto numerose, però

Trebinje, che incontriamo nelle carte topografiche non cominciano prima del 929 (CDI): “Rubinum” a. 983

austriache attorno al 1880 e che è stato suggerito dal (BENUSSI 1897, p. 227, n. 11); “Ecclesia Rubinensi

Trebinje dell’Erzegovina: un antecedente di cotesto nomine” a. 966 (CDI); “Rubéin” (RADOSSI, p. 91). Ad

Trebinje è, purtroppo, il Trevigno di LAVALÉE (1802). essa si affianca la forma femm. Rubina, anch’essa, come

Le testimonianze antiche del nome di questa cittadina Rubigna, tipica di carte geografiche d’Oltralpe a. 1549,

(anticamente castrum, poi terra e città) risalgono abba- a. 1571 (SCHWARZENBERG, n. 92).

stanza indietro nel tempo, al VI-VII secolo, all’ Esistono poi altre attestazioni, isolate e inclassificabili,

Anonimo o Geografo Ravennate, compilatore di una come Ragunium: “Ragunio” a. 974 (SEMI, p. 61), a.

Cosmographia, il quale fa riferimento ad un’Istria del 1025 (BENUSSI 1897); oppure Mons Rubeus (mano-

IV-V secolo, e si fanno più fitte col passare dei secoli scritti del sec. XII e XIV secondo CAENAZZO, p.

(per le numerose varianti del toponimo “Rovigno” nelle 315) o anche Rubimondo (MAINATI, p. 219,

carte geografiche cfr. LAGO-ROSSIT, pp. 319-320). Dandolo) o, infine, Rafen (ted., Carta del

Ne cito le principali, raggruppandole in un ristretto Kattenellenbogen sec. XVI) e Arupinum, forma tipica

numero di categorie: dei cosmografi istriani dei sec. XVI e XVII (VER-

1. testimonianze tipo Rovigno (Ruigno, Ruvigno, ecc.). GOTTINI, pp. 206-207).

Sono le più antiche (e anche le uniche tuttora in uso): L’origine del nome di Rovigno non è stata per lungo

“Ruigno” (AN. RAV. IV, 31) a. 1493 (KANDLER-c, tempo serenamente indagata a causa di alcune circo-

SANUDO); “Ruvignum” (ZJAÅIfi, p. 34, n. 9); stanze fuorvianti che hanno complicato nel passato e

“Ruvingio” (UDINA, Placito, p. 69); “Ruignum” a. anche in tempi relativamente recenti particolari ineren-

1145 (BENUSSI, 1897, p. 659, n. 38); “Rouigno” a. ti alla storia più antica della città. Queste sono: l’asse-

1554 (BERTOÆA, pp. 41, 42, 44) rita esistenza di una diocesi di Rovigno, anteriore al

2. testimonianze del tipo femm. Rubigna in carte geogr. sec. IX, la quale si dovrebbe aggiungere alle altre già

d’Oltralpe (s. XVI) o documenti da esse dipendenti: note per l’Istria (Pola, Parenzo, Pedena, Cittanova) e,

“Rubigna” o “Rubigina” (BREITENBACH, a. 1486) collegata in certo qual modo a questa, la credenza che

3. testimonianze del tipo Ruvinium (raro), Ruginium, la città fosse originariamente posta in altro sito, quello

ecc. Attestazioni antiche: “Ruginio” (AN. RAV. IV, dell’antica Cissa poi sprofondata, posta all’altezza

38); “Ruinium” sec. XI (GIOV. DIACONO, c. 16); della penisola di Montauro, fra questa e l’Isola di San

“Rubinio” a. 1207 (CDI); “Rubinio, Robinio” a. 1024 Giovanni in Pelago, o, addirittura, presso l’attuale

(MINOTTO, p. 7); “Rubinienses” a. 1209 (DE FRAN- Punta Barbariga, un tempo punta Cissana, all’entrata

CESCHI, p. 90) del Canale di Fasana. Infine l’importanza, sproporzio-

4. testimonianze del tipo Rubineum: più raro e limitato nata, data alle testimonianze del tipo Arupinum (VER-

GOTTINI), identificata con la Arupinum japidica, da Dal nome prelatino (japidico) Arupinum (VERGOTTI- 15
cui sarebbero provenuti come profughi i primi abitatori NI). Senza alcun fondamento storico.
della città. Raccostata a Rovigo (GRAVISI, p. 3). Insostenibile.
Elenchiamo ora, per ordine, le varie etimologie proposte. Da Mons Rubeus (o Ruber) attraverso, ovviamente,
Da sl. (cr.) rov “fosso”, perché l’acqua verrebbe rac- una fase intermedia Rubineus (IVE, p. 16). L’abitato
colta in cisterne: così certi “studiosi slavofili”, (SAVI- originario, però, (il cosiddetto Mònto) con la chiesa di
NI, p. 171). Etimo senza un minimo di fondamento. Sant’Eufemia, poggia su un ammasso di rocce calcaree
Accostato a rupe; la suggestione è stata raccolta anche bianco-grigiastre.
dal BENUSSI (1888, pp. 33-34), ma come ci narra, ne Fallito dunque su queste basi il tentativo di spiegare
fu dissuaso dall’IVE (Prefazione, p. 16), il quale gli Rovigno, ci si è indirizzati a lingue ancora più lontane,
precisò (a torto) che un passaggio di -p- intervocalico ovviamente prelatine. Così già il KANDLER (- c, p.
a -v- è inammissibile. Ristabilita la liceità fonetica, la 143; cfr. pure PELLIZZER, p. 794) aveva pensato ad
derivazione da rupes è, comunque, improponibile per un celtico Ruven “promontorio”, ma un etimo del
motivi di carattere morfologico (non possiamo ipotiz- genere non ha senso.
zare derivati da rupes con suffisso -inum o -inium). Più recentemente, partendo da certe forme tramandate-

COSTA OCCIDENTALE DELL’ISTRIA
Giuseppe Rieger

Trieste, 1845 (particolare della costa rovignese)

16 ci dall’Anonimo Ravennate (Revingium, cioè Sennonché la via per arrivare all’etimo è ben più sem-

Revignum) si è cercato di analizzare la forma come plice, e sicura, direi constatato che Rovigno faceva

Reu-in-ium, raccostandola al topon. friulano Ragogna parte dell’agro colonico di Pola, che un gran numero

(anticamente Reunia, quindi Reu-on-ia) e attribuendo dei nomi di questa zona sono dei vecchi prediali in

il tutto al sostrato prelatino (illirico?). -anum, qualche volta -acum, constatato ancora che la

zona attorno a Rovigno ha dato, all’atto degli scavi,

abbondante materiale archeologico d’epoca romana

(BENUSSI 1888, pp. 27-31; MATIJAÆIfi) però di

caratteristiche tali da far credere ad insediamenti rurali

(villae) sparsi e a piccole attività manifatturiere, non

ad un vero e proprio agglomerato urbano, sia pure

LA PENISOLA ISTRIANA tardo-antico, ritengo il toponimo Rovigno una conti-_
nella cosiddetta “Carta Pisana”(seconda metà del XIII sec.), nuazione diretta dell’antroponimo romano RUFINIUS.
conservata nella Biblioteca Nazionale di Parigi Il tipo toponimico, come si è detto, è ben noto in Italia

(cfr. Seregno < SERENIUS, Ostiglia < HOSTILIUS,

ecc.) come concorrente del tipo più comune dei pre-

diali in -anum ed è rintracciabile in Istria stessa.

Rivelerò che l’etimo “prediale” di Rovigno viene in

qualche maniera supportato anche dalla possibilità che

il nome della vicina isola di Sturago (pure Rovigno era

originariamente un’isola) derivi anch’essa da un pre-

diale, questa volta in -acum (Crevatin).

La base Rufinius giustifica, poi, tutte le varianti del

nome sopra elencate, da Ruginium (cfr. ital. sego

“sevo”), a Ruvinium (rifacimento della -gn- in -ni-), a

Rubin-Rubinum (sulla base di un’alternanza “protoro-

manza” b/v e depalatalizzazione di -gn in fine di paro-

la), Ruin (con caduta della -v- intervocalica e depalata-

lizzazione) e Arupinum (restituzione di un’ipotetica -p-

originaria- cfr. dial. pévere rispetto lat. piper, sotto

l’influsso di una Arupinum japidica).

Lat. RUFINIUS è antroponimo discretamente diffuso

nella romanità, anche come nome originario, indipen-

dente cioè da Rufinus, di cui Rufinius rappresenta solo

occasionalmente il derivato (“appartenente alla cerchia

di Rufino, “liberto di Rufino”, ecc.). Per Rufinus, gen-

til. Rufinia e Rufinianus presso i “Veneti” si veda ad

ogni modo CONWAY-WHATMOUGH (p. 261), per

l’elemento onomastico Rufinus a Grado e a Trieste

anche LETTICH (p. 169) e CUSCITO (p. 53). Come a

dire che o in un modo o nell’altro non c’è nessuna

ragione di diffidare della diffusione dell’elemento ono-

mastico romano Rufin- nella “Venetia et Histria” in

genere e nell’agro istriano meridionale in particolare.

Bartolo Ozretifl

PAESAGGIO

Su un colle alto una trentina di metri, racchiuso entro e le nevicate sono di breve durata come pure le calure 17
il ristretto perimetro di un’ex isola, è collocato l’antico estive. Infatti la temperatura del mare lungo la costa d’e-
nucleo della città di Rovigno (Ruveîgno), abitato mari- state raggiunge i 24°-25° C, mentre d’inverno la tempera-
naro, caratteristico per l’aspetto urbanistico-architetto- tura non si abbassa sotto i 8.5°-9° C; ciò funziona da effi-
nico e facilmente riconoscibile da tutte le direzioni per cente tampone termico per la fascia costiera.
l’inconfondibile profilo. Le case perimetrali, sembrano La costa è direttamente esposta ai venti dei quadranti
quasi emergere dal pelo dell’acqua e poi, affastellate le di ovest e sud-ovest. Tra i venti predominano lo sciroc-
une sulle altre attraverso una complessa rete di calli, co (23%) e la bora (14%), mentre fra tutte le cittadine
scalinate, volti e campielli si arrampicano verso il istriane Rovigno eccelle per i lunghi periodi di calma,
sagrato del Duomo di S. Eufemia che, con il suo snello la ben nota pruvènsa, che in media ammonta al 38%. Il
campanile, domina la città ed i dintorni. garbino/libeccio e le impreviste ma violente
Rovigno (45° 5.6’ N; 13° 37.8’ E), noto centro ponentade, più volte provocano danni alle imbarcazio-
peschereccio, industriale e turistico della costa occi- ni e alle strutture portuali, ma sono fortunatamente di
dentale istriana, si affaccia sul mare a ponente con il frequenza minima (4 e rispettivamente 0.5%) e di
promontorio rupestre di Mònto. A settentrione, rac- breve durata. La forza della bora, è notevolmente dimi-
chiusi tra la Pònta de la Moûcia e la Pònta da Mònto, nuita e non può essere paragonata a quella leggendaria
si estendono l’ampia baia e l’omonimo porto di del Quarnero o di Trieste.
Valdabòra dove, lungo le Reîve Nùe, possono attrac- Il litorale rovignese, che si snoda dal Canàl da Lìmo a
care imbarcazioni di stazza media, che non superano i nord sino alla Val da S. Puòlo a sud, è bene articolato.
5 m di chiglia. A meridione, compreso fra il Moûl La maggior parte della costa ed i fondali costieri sono
gràndo, l’isola di S. Catareîna e la Pònta dei Squièri- di natura rocciosa e saltuariamente, esclusivamente in
S. Niculuò si trova l’antico porto dell’Andàna. In que- fondo alle baie più profonde, fanno comparsa brevi
sto piccolo specchio di mare sono ormeggiate in tratti di spiagge ghiaiose, le coûguliere, (raramente
modo un po’ disordinato le batane, i pescherecci e sabbiose). Numerose sono le insenature, disponibili
varie barche da diporto, che assieme alla rive, alle fac- per l’ancoraggio delle navi in difficoltà con i marosi,
ciate ed ai tetti delle case di Zutamoûr, della Piàsa e che offrono però comoda accoglienza ai bagnanti sulle
di Zutalateîna danno un eccezionale vivacità a questo gruòte e piàne leîse del lungo mare. Fra queste le più
tipico ambiente veneto-mediterraneo. accoglienti sono la Val Saleîne a nord e il Puòrto da
Grazie alla presenza del mare, a Rovigno predomina il Vìstro a sud che, con l’omonimo Scùio serviva da
clima mediterraneo subumido, con estati soleggiate, porto sin dai tempi romani. Una ventina di isole, iso-
calde e secche e con inverni miti. Le precipitazioni lotti e scogli danno all’acquatorio di Rovigno un gran-
medie annuali ammontano a 800-900 mm per mq, ma de valore paesaggistico e ambientale. Di particolare
esse non sono distribuite uniformemente per stagione, interesse sono le isole che, dalla Pònta da Muntràvo e
ma compaiono più copiose durante i mesi invernali e da Pònta Curènte si protendono in direzione meridio-
primaverili. Il tasso medio di umidità è del 77%. nale: el Scuìto da Muntràvo, el Scùio dei Samièri, el
D’estate, nell’alta atmosfera predominano le correnti Scùio da S. Andrìa, el Scùio del Mas’ceîn, el Scùio da
etesiche stabili e secche di direzione anticiclonica, pro- Sturàgo, el Scùio da S. Zuàne in Pìlago e el Scùio de
venienti dalle Azzorre che danno origine alla ben nota la Lantièrna da S. Zuàne in Pìlago.
brezza diurna di maestrale e, di notte, di bora-levante. Questo arcipelago lungo circa 1.5 miglia nautiche, fa
La temperatura media annuale è di 13.3° C, con da spartiacque fra il bacino meridionale del Cànpo
ampiezza delle medie minime-massime da -13.2 in gen- gràndo e del Canpùsso, racchiusi a sud dalle isole Du
naio a 35.2° C in agosto (le medie invernali sono di 5.6; Surièle e dagli scogli di Gusteîgna e del Pisùio, ed il
primaverili di 11.9; estive di 21.7; autunnali di 14.3° C). bacino nord occidentale dominato dagli isolotti di
Grazie però alla immediata vicinanza del mare le gelate Bagnòle e Figaròla granda e peîcia.

18

Dalla costa verso l’interno, fino ai confini catastali di nella quale predominano le roverelle (Quercus pube- 19
Valle e di Villa di Rovigno, il terreno sale con lieve ed scens - rùvaro), il cerro (Quercus cerrus - sarvàto), il
uniforme pendenza in conformità alle caratteristiche carpino (Carpinus orientalis - càrpano), l’acero (Acer
geomorfologiche, tipiche dell’altipiano collinoso campestris - ùpo), il corniolo (Cornus mas - curniàl),
dell’Istria meridionale. Questo terreno di origine carsi- l’olmo (Ulmus sp. - ùlmo) ed altri arbusti.
co-calcarea è attraversato da fertili vallate, coperte da Le superfici agricole, lòghi - canpàgne, si estendono
spessi strati di terra rossa, con consistenti giacimenti di nelle valli dal terreno profondo e fertile. Sono per lo
argilla e di bauxite. Le più ampie vallate sono quelle di più arativi con colture varie, vigneti e frutteti. Sui ter-
Valàlta, Valmunìda, Calchièra, Marbuòi, Canpolòngo, reni magri, più vicino alla fascia costiera, gli uliveti,
Cànpo de la Tùro, Pra da S. Preîta, Pra da Pulisuòi, che negli ultimi decenni sono stati ridotti per noncu-
Maduòna da Cànpo, Pusièssa, Calàndra e Galàfia. ranza o parzialmente inghiottiti dalla macchia o dagli
Sui pendii e sulle cime delle colline il manto di terra incendi. Le campagne sono quasi regolarmente recin-
rossa e di humus fertile è notevolmente più scarso; già tate dalle masère, i caratteristici muri a secco eretti da
in superficie vi compaiono le gruòte e le carme, for- tante generazioni di contadini con le pietre estratte
mazioni pietrose di matrice carsica. durante le arature.
Il paesaggio naturale del contado è caratterizzato da un La fauna terrestre è rappresentata da un numero note-
armonico panorama di verdi colline e vallate che si vole di specie. Tra i mammiferi, oltre ai piccoli rodito-
susseguono ondeggiando con disseminate qua e là soli- ri, nei campi si possono incontrare la lepre, il capriolo,
tarie casette di campagna. la volpe, il tasso, la martora, i ricci; di recente si regi-
Lungo la fascia costiera, grazie alle caratteristiche cli- stra una nutrita presenza di cinghiali che in certe loca-
matiche, la vegetazione è di tipo eumediterraneo subu- lità provocano anche ingenti danni ai raccolti. Tra gli
mido e vi predomina la macchia sempreverde che, in uccelli stanziali ricordiamo: i merli, i fagiani, le perni-
termini botanici, appartiene alla fitocenosi Orno-quer- ci, le ghiandaie, le gazze, i colombi, le cornacchie, i
cetum ilicis, di cui il leccio (Quercus ilex - lìso), il passeri e i cardellini. Tra le specie migratorie che ven-
frassino (Fraxinus ornus - vàrno), il corbezzolo gono a nidificare durante l’estate: le rondini, i pettiros-
(Arbutus unedo - gònbro), l’ilatro (Phylirea latifolia - si, le capinere; tra quelle, invece, che sostano per breve
arèn), il lentisco e il terebinto (Pistacia lentiscus e P. riposo e ristoro durante le loro migrazioni dai paesi
terebintus - spoûsso), l’erica (Erica arborea - culìso), il settentrionali verso il caldo meridione: le beccacce, le
viburno (Viburnus tinus - spoûssa-gàte), il lauro quaglie, le oche, le anitre. L’ornitofauna dei rapaci
(Laurus nobilis - làvarno), sono principalmente rap- diurni e notturni (falchi, poiane, gufi e civette) è ridot-
presentati. La macchia lussureggiante è una comunità ta a causa dell’attività venatoria incontrollata, dell’uso
vegetale molto stabile di grande valore ecologico e di erbicidi e pesticidi, nonché di esche avvelenate.
paesaggistico. Non a caso un anonimo viaggiatore agli Sono invece in fase di prepotente ascesa le popolazioni
inizi di questo secolo descrisse le sue prime impressio- di gabbiani, che per mancanza di predatori naturali si
ni sul paesaggio dei dintorni rovignesi con le seguenti riproducono in modo incontrollato provocando cospi-
parole: un armonioso incontro di luci, colori e aromi e cui danni alle colture agricole e predando piccoli
tu vedi il verde rinverdir sul verde. mammiferi e uccelli nell’entroterra.
Nell’entroterra predominano i boschi cedui compresi Nei dintorni di Rovigno si possono incontrare non
nella fitocenosi Querco-carpinetum orientalis typicum, pochi fenomeni di interesse geomorfologico, ecologico
e paesaggistico. Tra essi in modo particolare si eviden-
PANORAMA zia il Canàl da Lìmo, un’insenatura marina lunga circa
In primo piano lo scoglio del faro di San Giovanni in Pelago 9 km, larga in media 600 m, profonda sino a 33 m con
(foto V. Giuricin) le pareti ripide, che si innalzano sino all’altezza di 70-
80 m sopra il livello del mare.

20 Questo vallone infatti comprende la parte inferiore del- Nella parte interna, sono numerose le sorgenti di acque

l’alveo di un fiume, oggi sommerso dal mare, che, nel dolci e salmastre, pregne di sali minerali nutritivi e fer-

Miocene durante le fasi di disgelo dei ghiacciai nell’en- tilizzanti, che favoriscono una ricca produzione planc-

troterra, scorreva abbondante di acque verso il mare; tonica, importante fonte nutritiva per molti organismi

esso scavò nella roccia calcarea il suo letto profondo marini. In queste acque infatti si nota la presenza di

circa 100-120 m. Il Canàl termina in prossimità del compatti banchi di pesci che in determinate stagioni

monte di S. Martino con el Coûl da Lìmo e da qui i vengono al pascolo o si intrattengono in frega per la

resti dell’alveo asciutto del fiume ancestrale prosegue fecondazione delle uova. Grazie a queste caratteristi-

con il Draga (Valòn) da Lìmo per 40 km, fino in prossi- che idrobiologiche, già ai tempi dell’antica Roma è

mità di Pisino, dove oggi si inabissano nella Foiba le stato attestato che si coltivavano le ostriche; dal

acque dell’omonimo fiumicello che, come già accenna- medioevo il canale veniva dato in affitto dai vescovi

to in ere geologiche precedenti scorreva sino al mare. parentini come peschiera.

Sia la parte marina sommersa quanto le sponde del Oggi la parte marina del Canale è protetta quale riser-

Canàl presentano caratteristiche molto specifiche. va ittica naturale, ma sono pure sviluppati gli impianti

PALÙ
(foto V. Giuricin)

per l’allevamento delle ostriche e dei mitili; di recente parchi forestali fra i quali i più conosciuti sono il parco 21
si registrano proficui progressi nell’allevamento di di Muntràvo-Pònta Curènte, con le isole di S. Andrìa,
pesce pregiato in gabbie galleggianti. Il manto boschi- Mas’ceîn, Sturàgo, S. Zuàne e S. Catareîna, le pinete
vo lungo le sponde è posto da alcuni anni sotto parti- di Mònto Muleîni e di Scaràba, il parco dell’Ospizio
colare protezione. Marino situato sulla penisola della Moûcia, le superfici
Il lato rovignese, per l’esposizione settentrionale ed il imboschite di recente in località di Coûvi, Pulàri e l’i-
microclima umido è coperto da una rigogliosa vegeta- soletta di Figaròla granda.
zione boschiva con elementi floristici delle regioni L’area del parco forestale di Muntràvo-Pònta Curènte
eumediterranee ma anche con molti elementi tipici dei era in origine, fino alla fine del XIX secolo, ricoperta
boschi submediterranei a foglie caduche. Le sponde prevalentemente dalla macchia arborea locale e da ter-
settentrionali invece, essendo esposte a meridione e reni agricoli come lo testimoniano i resti delle colture
pertanto più aride, sono coperte da elementi tipici della di olivo, i cespugli di noccioli e i ceppi di vite. Questo
macchia eumediterranea, con una frequente presenza paesaggio mutò in modo significativo con la venuta a
di rocce e strapiombi privi di vegetazione, che danno Rovigno dal cav. Giorgio von Hütterott, che dopo aver
un particolare aspetto a questa insenatura marina. acquistato questi terreni e le isole dell’arcipelago meri-
In vicinanza del confine meridionale rovignese, poco dionale (dal 1890) si curò, in base ad un piano urbani-
lontano dal litorale, si estende la zona paludosa di stico, di imboschirli con alberi alotoni, con l’intento di
Paloû, che in queste regioni aride costituisce un’entità costruire un complesso turistico alberghiero. Di questo
geomorfologica e ecologica eccezionale. Si tratta di progetto, però, a causa della scomparsa del cavaliere
una valle carsica depressionaria distante dal mare circa non venne portata a termine la parte edilizia; rimase
200 m, che durante i periodi piovosi si riempie di uno splendido parco forestale.
acqua dolce coprendo un’estensione di circa 18 ettari. Osservando il profilo floristico del parco si rileva il
D’estate, a causa della lunga siccità e della forte eva- predominio del pino bruzio (Pinus brutia) con gruppi
porazione, l’acqua si trattiene solo nella parte meridio- isolati di esemplari solitari o di gruppi di conifere eso-
nale più profonda detta Mariseîn, che copre la superfi- tiche provenienti da vari paesi asiatici. Merita partico-
cie di solo 2 ettari. In questa zona, in seguito al contat- lare attenzione il gruppo di cedri dell’Himalaia
to con l’acqua di mare, si sviluppa un ecosistema sal- (Cedrus deodata) che nella parte centrale del parco
mastro con variazioni estreme stagionali e diurne di sono stati disposti a forma di stella esagonale.
temperatura e salinità. La palude è pure solcata da Imponenti sono anche i lunghi viali di pini da pignoli
numerosi canali che, assieme alla lussureggiante vege- (Pinus pinea). Oltre alla presenza di filari di cipressi
tazione paludosa, offrono sicura dimora a numerosi nostrani (Cupressus sempervirens), nel parco si trova
stormi di uccelli palustri stanziali o migratori durante i una vera raccolta di rare specie di cipressi esotici quali
loro trasferimenti stagionali. Nelle acque del Mariseîn il Cupressus arizonica, il C. goveniana (dell’America
e nei canali di gronda vivono numerose le anguille (i settentrionale), il C. lusitanica (dell’America centrale),
bisàti), le gambusie e le testuggini palustri. ed il C. torulosa (dal Tibet) che, per senilità e per le
All’inizio di questo secolo, per immettere nella palude ingiurie subite, oggi sono purtroppo in fase di estinzione.
l’acqua marina ed eliminare le zanzare portatrici di Oltre a questi ampi spazi adibiti a riserve naturali e
malaria, è stato scavato un canale nella roccia, dal boschive protette, merita particolare citazione la grotta
Mariseîn al mare. Se minimi sono stati i risultati sani- di S. Romualdo situata lungo il Canàl da Lìmo, sul
tari ottenuti, l’escavazione suddetta ha permesso l’en- pendio settentrionale del colle di S. Martino, dove
trata di cefali e di altri animali marini durante le alte sono stati rinvenuti i resti fossili di animali e di omini-
maree. di attribuibili al tipo neandertalico. Di grande interesse
Grazie alla composizione floristica e all’assetto orti- scientifico risultano le pareti della cava di pietra di
culturale, Rovigno è ben nota per la presenza di ampi Monfiurènso, di cui un gruppo di geologi specialisti di

22 sedimentologia hanno richiesto la protezione in costa, ma in particolare si deve ricordare l’isolotto di

quanto è stata considerata monumento geologico di Bagnòle (Scùio dei Piluòti) con il suo complesso di
valore mondiale; vi si possono leggere, come da un grotte marine, le cui pareti sono ricche di variopinti
libro, le varie fasi della genesi della costa istriana. coralli, spugne, briozoi, alghe coralline ed altre
Non meno interessanti sono i fondali lungo tutta la forme di flora e fauna.

SALINE
(foto V. Giuricin)

Ruggero Calligaris

GEOLOGIA

INTRODUZIONE L’origine più antica di Rovigno, del 23

suo territorio è certamente nelle sue rocce, in quella NEOZOICO milioni di anni
“pietra d’Istria” che è stata materia prima per la realiz- O
zazione di costruzioni e monumenti lungo le coste QUATERNARIO OLOCENE 0,02 1
dell’Adriatico ed anche in altri luoghi. PLEISTOCENE
Le rocce che oggi affiorano fra il Canal di Leme e 1,48 2
Valdibora sono il nucleo stesso dell’intera Istria, del 3
Carso triestino, di un’ampia area geologica, campo di 1,5 4
studio per molti geologi, fin dalla prima metà del XIX 5
sec.. Fu Carlo Federico Parona (1) a descriverle per CENOZOICO O TERZIARIO NEOGENE PLIOCENE 5,5 6
primo: “...la mia attenzione si fermò specialmente sui 7
fossili raccolti alla Punta di Fontane nell’isolotto del 7 scala logaritmica 8
Riso e sugli scogli vicini, a sud di Parenzo”. In un 9
lavoro successivo lo stesso Parona (2) ripropone: “Il MIOCENE 19 10
calcare coralligeno già descritto, si presenta allo sco- 20
perto soltanto lungo la linea di spiaggia, ed è altrove OLIGOCENEPALEOGENE26
nascosto sotto la macchia folta dei querceti...Affatto EOCENE 30
simili nell’aspetto all’isoletta del Riso sono le altre MESOZOICO 12
piccole isole e gli scogli, che si allineano da nord a O PALEOCENE 40
sud, come avanguardie, a breve distanza dalla costa roc- SECONDARIO 38 50
ciosa, da Parenzo a Orsera, alla bocca del canal di Leme. CRETACEO 60
E poichè la serie di isole e di scogli prosegue anche oltre 16 70
Rovigno, non è improbabile che altre ricerche...”. GIURESE 80
È stato Carlo D’Ambrosi (3), massimo esponente degli TRIAS 54 90
studi geologici sulla penisola natia a riprendere in esame 100
nel 1925-26 quel complesso roccioso tanto antico. PALEOZOICO O PRIMARIO 11
200
PREMESSA Per comprendere appieno come ed in che 65
300
ambiente si andarono depositando le rocce che oggi 70
formano le frastagliate coste rovignesi, ma anche l’en-
troterra, lo splendido ambiente carsico, il Canal di 135
Leme, è necessario considerare i cambiamenti succe-
dutisi in quei lontani periodi. 55
Quando troviamo un fossile, spesso una conchiglia, un
essere quasi sempre vissuto nel mare, a centinaia o 190
migliaia di metri sopra l’attuale livello marino, può
risultare incomprensibile come mai quei resti si trovi- 35
no “lì”. Una volta il mare arrivava fin lassù? Oppure
era la “montagna” ad essere più bassa, ad essersi solle- 225
vata in qualche modo in un tempo successivo? E poi è
possibile che siano trascorsi da allora tanti milioni di Scala semplificata dei tempi geologici
anni? successivi al Paleozoico
È proprio un miscuglio di questi tre principi a darci la (4) (PICCOLI G., 1972)
giusta soluzione.
Il Giurassico

Le rocce più antiche della zona di Rovigno sono state
fatte risalire dal D’Ambrosi a 136-137 milioni di anni
fa (4). In una sua pubblicazione del 1927 così ne parla:
“allargando ulteriormente la zona delle ricerche più a
sud, nei dintorni di Rovigno, venni a scoprire finora tre
altri affioramenti giuresi: uno relativamente assai vasto
che si estende per circa una decina di chilometri qua-

24 drati tra la bocca di Leme e l’insenatura della zione di “calcari oolitici”. Le ooliti sono piccole sfere

Valdibora, a nord di Rovigno, un secondo nella stessa di roccia originatesi intorno ad un granello di sabbia o

Rovigno, interessante il colle su cui sorgono la chiesa ad un frammento di conchiglia, accresciutesi in segui-

di Santa Eufemia e la parte più antica della città, e to al continuo fluire del moto ondoso. Una testimo-

finalmente un terzo, osservato alla sfuggita lungo le nianza quindi del ridursi della profondità di quell’an-

coste dell’isola Santa Caterina, dove le rocce corrose tichissimo mare.

dall’azione del mare presentano i caratteri dei calcari a Per ultimo, nella serie istriana dell’epoca, ritroviamo i

Heterodiceras lucii”. Per la datazione, la scienza geo- “calcari coralligeni”. Il rinvenire resti di corallo ci per-

logica ci permette di arrivare a simili conclusioni, mette di ricostruire un bacino ancor meno profondo,

anche se con una possibilità di errore di ...un milione ben ossigenato. Tutto ciò rappresenta la più antica

di anni; ma su 137 ad esempio, non sono poi molti! regressione conosciuta per l’Istria, la “regressione di

Buona guida a questa ricostruzione è la presenza di Orsera”, come volle denominarla il D’Ambrosi. Le

piccoli fossili, conchiglie che ai più sono indistinguibi-

li ci testimoniano le condizioni del mare di allora.

Sono brachiopodi, che vissero in un mare profondo un

centinaio di metri, ed oggi restano incastonati in strati In estrema sintesi, le caratteristiche classiche delle
calcarei spessi da mezzo metro (nei banchi inferiori, rocce depositate in fase di trasgressione e regressione.
più antichi) a qualche decina di centimetri (nei banchi
superiori, relativamente più recenti). Prima colonna: trasgressione.
Il destino di quei primi sedimenti doveva però sopporta- Dal basso; da sedimento di ambiente marino
re il susseguirsi degli eventi geologici successivi. normale (a 1), in fase di avanzata del mare i depositi si
Lentamente ma inesorabilmente talvolta il mare si ritira fanno grossolani (b 1) come se il mare andasse ad
lasciando emergere ampie zone di territorio. In altri occupare progressivamente una terra emersa, per pas-
periodi le acque invadono la terraferma. Il primo feno- sare di nuovo a sedimenti fini ricreando un ambiente
meno è detto regressione, il secondo trasgressione. di bacino gradualmente più profondo (c 1), fino a tor-
Non sempre questi sono riconducibili a cause climatiche
(ad esempio la sottrazione di un’immensa quantità di nare a deposito di ambiente marino (d 1).
acqua marina andata a formare estesissime calotte gla- Seconda colonna: regressione.

Dal basso; al sedimento marino normale (a 2) in fase
di ritirata delle acque i depositi si fanno gradualmente

più grossolani (b 2) fino a giungere ai ciottoli (c 2) -
fase di emersione - per tornare ai depositi di ambiente
più profondo (d 2) nel successivo ritorno del mare (5).

ciali durante periodi di glaciazione succedutisi certa-

mente in ogni era geologica) ma frequentemente a

movimenti della superficie terrestre in seguito a com-

pressioni dovute alle spinte orogenetiche (deformazioni

della crosta terrestre che danno origine alle catene mon- d1 d2
tuose). In pratica gli strati rocciosi si comportano come

un pacco di fogli di carta che, compressi lateralmente, c1 c2
vanno a formare “monti” e “valli”. Comunque i tempi di

realizzazione di questi fenomeni sono su scala geologi-

ca, quindi non trovano alcun paragone con la scala dei b1 b2
tempi generalmente usata dall’uomo, basata sulla durata

della nostra vita. I milioni di anni sono la giusta misura

di paragone. Talvolta quindi è la terra a sollevarsi, e non a1 a2
il mare a subire un abbassamento. Tutto ciò porta

comunque ad una variazione nel tipo di deposito.

Ai “calcari a brachiopodi” seguì quindi la sedimenta-

rocce che l’hanno conservata fino ai giorni nostri Canal di Leme, a tutto ciò che oggi ci appare quanto- 25
hanno uno spessore complessivo di circa 150 metri (6). mai familiare.
Su quella terra emersa iniziarono la loro inevitabile Pur tralasciando una più specifica descrizione di quei
attività gli agenti atmosferici. Se nel mare la roccia sedimenti, che oggi non affiorano nell’area di
andava formandosi, dopo la sua emersione all’aria Rovigno, è utile ricordare che i calcari cretacici rag-
erano la corrosione e la dissoluzione (acqua, vento) a giunsero in altre zone dell’Istria anche i 2-3000 metri,
portare ad una lenta ma progressiva sua distruzione. E’ e che dalle loro caratteristiche ci è possibile dedurre
in pratica ciò che avviene attualmente nell’ambiente che si depositarono sempre in mare poco profondo o in
carsico che noi oggi conosciamo, e per questo ciò che ambiente di laguna. Come si può spiegare un simile
avvenne in passato è detto paleocarsismo. Questo fenomeno per una potenza (spessore) di migliaia di
disfacimento di superfici preesistenti deposita piccoli metri? La subsidenza, il graduale abbassamento del
clasti (sassolini), che segnano appunto la “chiusura” fondo marino, permise di mantenere condizioni
dell’ambiente acqueo, che vengono in seguito “cemen- ambientali praticamente identiche nel corso di decine
tati” da calcite o altri minerali (7). di milioni di anni.
Carlo D’Ambrosi denominò così “breccia paleocarsica Una nuova fase di emersione, durata 6 milioni di anni,
di Orsera” (spessore massimo 20 metri) questa testi- portò al deposito della “breccia bianco rosea”, cui nuo-
monianza di cambiamento di ambiente, posta, per la vamente si associano depositi di bauxite (cave di Buie,
geologia, alla base del periodo Cretacico (135 milioni Albona, Monte Maggiore) (6).
di anni fa). In questa fase di emersione andarono a for-
marsi le prime bauxiti istriane (8). L’Eocene

Il Cretacico Le ultime rocce calcaree sono caratterizzate dalla pre-
senza di Foraminiferi (Miliolidi, Alveoline,
Il “Creta” è il periodo più classico per la geologia Nummuliti).
dell’Istria e del Carso triestino. La maggior parte dei Ad esse si sovrapposero anche alcune centinaia di
terreni che vi affiorano risalgono a quel lontano perio- metri di marne ed arenarie, formazione chiamata
do (da 135 a 65 milioni di anni fa). E le testimonianze “Flysch” (9), sedimentatasi quando le grandi compres-
offerteci dai fossili sono davvero importanti e numero- sioni tettoniche causarono l’orogenesi alpina, il sorge-
se. La più nota ed evidente è data dalle famose cave di re del complesso montuoso delle Alpi. Per fare un
pietra d’Istria che con i loro strati potenti (come tecni- esempio, spostando una roccia di 1 millimetro all’an-
camente si definisce lo spessore), il colore caratteristi- no, questi movimenti della crosta terrestre la traslano
co, l’invidiabile resistenza, sono stati materia prima di 1 metro ogni 1000 anni, di 1 chilometro ogni milio-
per la costruzione dei più bei monumenti e palazzi ne di anni, deformandone l’originaria orizzontalità e
della repubblica di Venezia. dando forma a valli, rilievi, montagne. Le acque dila-
Nel corso di decine di milioni di anni si ebbero poi varono quelle aree trasportando verso sud, in estesi
variazioni nella composizione dei calcari: ma senza depositi di torbida, sabbie (oggi arenarie) e sedimenti
approfondire troppo le particolarità geologiche, basta più fini (le attuali marne).
qui ricordare che nell’Istria meridionale si sedimenta-
rono oltre mille metri di roccia! Naturalmente da allora I Fossili
ai giorni nostri altri enormi spessori di rocce andarono
a coprire i luoghi dove oggi sorge Rovigno, ma altri Per il Giurassico, già il D’Ambrosi (3) ricorda che
fenomeni naturali li asportarono in tempi più recenti, “...la serie può essere divisa in due membri: uno infe-
fino a dar forma- come vedremo - a quel Carso, al

26 riore, caratterizzato da grosse Rhynconella fittamente Quei grandi rettili passarono di là decine di milioni di

costate, ed uno superiore con Rhynconella d’altra anni orsono. Oggi le ampie forme circolari evidenziano

forma, ornate di poche costole...Il livello più basso facilmente la serie di passi. Un paio d’anni fa il Museo

viene allo scoperto lungo la spiaggia in una piccola civico di Storia Naturale di Trieste ha organizzato una

insenatura ad ovest della punta Figarola...” “...I calcari giornata di lavoro sull’isola, con l’intento di realizzare

dell’orizzonte superiore sono invece assai diffusi sia alcuni calchi delle migliori impronte. In seguito è stato

lungo la costa sia nell’interno...”. possibile ricostruire presso l’Istituto triestino un tratto

Lo studioso istriano suppone e propone di trovarsi di della pista del dinosauro carnivoro (12).

fronte a nuove specie, e ne dà una prima descrizione Ma la grande novità viene da un luogo ancor più

morfologica. vicino a Rovigno, da porto Colonne, che si raggiun-

Dopo i brachiopodi, i resti di esseri viventi che ci rac- ge da Valle.

contano dell’antichissimo ambiente sono, per nostra Una fortunata occasione, dovuta ad un cercatore dei

fortuna, numerosi e vari. gustosissimi datteri che oggi traforano i calcari più

Quasi sempre la fossilizzazione avviene in ambiente antichi della penisola istriana, ha portato al ritrova-

acqueo (mare, laguna, lago, ecc.). Per questo buona mento, nel 1983, delle ossa di almeno un grande dino-

parte delle rocce del Cretacico contengono grandi con- sauro del Cretacico, che ha lasciato i resti del suo

chiglie, le Rudiste, che spesso vengono scambiate dai scheletro sparpagliati su quello che oggi è nuovamente

profani per strane corna. In realtà sono gusci di bival- un fondale marino, dalla costa fino ad almeno una doz-

vi, oggi da tempo estinti, e per questo la loro forma e zina di metri di profondità, quasi a riproporre almeno

dimensione ci appare strana e incomprensibile. Una l’orizzonte che ne vide la morte e deposizione (13).

valva si allungava a cono raggiungendo in alcuni casi La notizia più recente si deve al Museo triestino, che

anche il metro di lunghezza, l’altra era appiattita, e ha portato alla luce nei pressi della vecchia cava del

faceva da opercolo (come un coperchio) a quello che Villaggio del Pescatore di Duino, i resti ossei di alme-

può sembrare un grande corno”de manzo istriàn”, lie- no due dinosauri vissuti 86 milioni di anni fa, riferiti

vemente contorto. alla famiglia Hadrosauridae. Si tratta del secondo

Ma le più recenti scoperte sono le più belle, le più ritrovamento in Italia in ordine di tempo, dopo il pic-

facilmente comprensibili ed apprezzabili da tutti, ma colo reperto conservato su lastra rinvenuto nel giaci-

anche quelle che stanno dando un bel da fare ai geolo- mento di Pietraroia (Benevento) e denominato

gi per interpretarle correttamente. Italosauro (14).

La geologia non conosce limiti, nè comunali, nè pro- L’Istria ha dato fossili riferibili a grandi rettili interpre-

vinciali, nè regionali ed è quindi corretto volgere lo tabili come impronte di dinosauri, pare addirittura in

sguardo anche oltre la zona oggi presa in esame per una decina di luoghi a quanto risulta dai resoconti dei

una più completa e ricca testimonianza di quanto giun- paleontofili che da tempo battono il territorio, da

to fino a noi. Carnizza a Cittanova a Pola.

Brioni, l’arcipelago più caratteristico della vicina Pola, Rovigno ed i suoi più prossimi dintorni sono - geologi-

conserva piste di grandi rettili, in pratica lunghe serie camente - il cuore pulsante dell’intera penisola.

di impronte di dinosauri e particolarissime tracce di Il mondo dei grandi rettili sarà sempre meno fantasti-

unghie lasciate da arti apparentemente senza palmo, co e favoloso e sempre più riconducibile alla sua natu-

interpretate come zampate di grandi tartarughe marine, rale realtà.

trascinatesi su un’antichissima spiaggia del Cretacico Dalla loro “passeggiata” sono trascorsi anche 100

poi pietrificata (10). milioni di anni, durante i quali vi furono cambiamenti

Più a sud, sullo scoglio di Fenolega, (11) venne indivi- essenziali di ambiente di deposizione (facies), fino a

duata una fantastica pista di dinosauro erbivoro, affian- portare l’enorme ammasso roccioso ad essere dilavato,

cata da altre di dinosauro carnivoro. distrutto e fatto scomparire per una sua buona parte, a

27

FENOLEGA

Una veduta d’insieme della pista principale sullo sco-
glio di Fenolega; 17 coppie di orme tracciano una pista
lunga 19 metri. Le impronte, di forma circolare, hanno

un diametro di 38 cm.
(foto R. Calligaris)

presentarlo al “Quaternario” - l’era che si considera Il Quaternario
iniziata soltanto due milioni di anni fa - con la compar-
sa dell’uomo sulla terra, in una situazione almeno In un territorio ormai emerso riprende la sua azione il
morfologicamente simile a quella attuale. carsismo, e vanno formandosi le grotte; con il variare
Più ci si va avvicinando ai giorni nostri e più facilmen- ciclico del clima cambiano anche le associazioni fau-
te ricostruibili sono gli eventi che hanno caratterizzato nistiche presenti sul territorio.
e causato varie situazioni ambientali. Così le glaciazio- Troviamo i resti di elefanti, rinoceronti, cavalli, orsi,
ni del Quaternario sono testimoniate da tanti eventi. leoni, leopardi, iene, castori, cervi, stambecchi, ecc. I
Essendo ormai modellato lo scheletro roccioso loro resti vengono ritrovati oggi sul fondo di antri e
dell’Istria le variazioni del livello del mare hanno tra- pozzi carsici. Alcuni di essi vi trovavano rifugio, per
sformato più volte le possibilità di vita. altri è stata l’acqua a trascinare le ossa sul fondo dopo

28 la morte, in qualche occasione l’ammasso si deve in

gran parte all’apporto di resti di pasto di grossi carni-

vori nei pressi delle loro tane. N

I depositi caotici di ossame e pietre andarono così a for-

mare le breccie carsiche, più tardi evidenziate da nuovi

fenomeni erosivi o anche da scavi eseguiti dall’uomo per

la realizzazione di ferrovie, strade o altre costruzioni.

Venne così rinvenuto un elefante a Punta del Dente

presso Cittanova, i cui reperti sono oggi conservati

presso il Museo civico di Storia Naturale di Trieste.

Tuttora anche sul Carso triestino si susseguono rinveni-

menti, e nuovi scavi sono condotti dallo stesso Istituto. BN
Di recente Fulvio Valle ha segnalato e fotografato

numerose ossa bianchissime, cementate in breccia da BS
cristalli brillanti di calcite proprio nei pressi della

bocca del canal di Leme (15).

Questi fossili oggi sono sott’acqua ma andarono depo-

sitandosi senza dubbio in terra emersa, in piccole

cavità, pozzi, ecc.,è una prova in più del periodico

variare del livello marino. Durante le glaciazioni del

Quaternario esso si abbassò anche di molte decine di Nella fase acuta l’ultima glaciazione ha abbassato il livello
metri nei periodi più freddi, quando l’acqua andava ad del mare Adriatico forse di 100 - 120 metri, lasciando
accrescere le sterminate calotte che scendevano dalle
Alpi fin nella pianura a sud di Udine, lasciando all’a- all’asciutto un’ampia pianura e creando il bacino nord
sciutto un’estesa superficie - oggi nuovamente fondale garganico (B.N.) ed il bacino sud garganico (B.S.). (15)

(D’AMBROSI C., 1965).

marino - che si allungava verso ovest, in direzione

della foce del Po e dell’Adriatico centro-meridionale.

Nei molti milioni di anni della sua storia geologica

anche l’Istria calcarea, oggi brulla e senza corsi d’ac-

qua, ebbe i suoi fiumi che modellarono profonde valla- CONCLUSIONI Naturalmente molti altri fenomeni
te. L’origine del canal di Leme si deve proprio all’a-
zione di un corso d’acqua di superficie che andò a sca- ancor più particolari e di interpretazione più complessa
vare le anse oggi sottostanti i resti di Due Castelli, fino coadiuvarono a portare all’attuale situazione morfolo-
a sfociare in mare. Per i geologi il suo nome è gica il territorio di Rovigno. Proprio gli ultimi ritrova-
“Paleofoiba”, perché in seguito venne inghiottito per menti di fossili, sopra descritti, ci comprovano quanto
carsismo dalla grande voragine di Pisino. antica sia l’origine di quelle terre, quanto sia ricca di
Come già detto, è stata l’attuale situazione di innalza- reperti unici ed importantissimi, quanto ancora sia
mento del livello marino a portare all’invasione parzia- meritevole di un attento studio l’intera penisola istria-

le del tratto terminale di quell’antica valle, formando il na.

canale, che appare come un fiordo, che tecnicamente Una volta in più bisogna auspicare che la collaborazio-

viene originato da una valle glaciale, mentre è defini- ne fra studiosi possa permettere una profonda ricerca

bile come “rias” avendo origine fluviale. Lo stesso sul territorio e soprattutto l’insostituibile paragone fra i

fenomeno si ripropone in Istria per i canali dell’Arsa e reperti, i dati e le pubblicazioni, frutto dell’opera di

del Quieto. molti geologi e paleontologi in 150 anni di lavori.

NOTE Idrografia e linea di riva intorno alla metà del 29
Miocene e cioè dopo l’orogenesi dinarica, verso la fine
(1) PARONA C. F., 1912.
(2) PARONA C. F., 1925. della fase pre carsica (circa 12 milioni di anni fa).
(3) D’AMBROSI C., 1927.
(4) D’AMBROSI C., 1976. Mi è caro ricordare che il D’Ambrosi, Ip = Paleoisonzo; Np = Paleonatisone;
avendo lavorato per oltre un sessantennio sulla geologia dell’Istria, Vp = Paleovipacco; Tp = Paleotimavo;
fa spesso riferimento a lavori precedenti sia suoi che di altri Fp = Paleofiumara; Rp = Paleorisano;
Autori, specialmente nelle sue opere più tarde. Ne trapela quasi Dp = Paleodragogna; Qp = Paleoquieto;
sempre la meritata soddisfazione di aver interpretato nel modo più Fop = Paleofoiba; Bp = Paleobogliuno;
corretto, con intuito e capacità, i fenomeni geologici dell’Istria fin Ap = Paleoalpe; Arp = Paleoarsa; Ep = Paleoeneo
dal primo approccio negli anni giovanili. Tale spirito gli rimase
fino ai suoi ultimi giorni quando, ultranovantenne, amava collo- (D’AMBROSI C., 1966).
quiare ed indirizzare i più giovani a nuove ricerche, nel suo studio
casalingo di via del Giambellino, a Trieste. Np
(5) CREMONINI G., 1973.
(6) D’AMBROSI C., 1976. Gp Vp
(7) D’AMBROSI C., 1925. Ip Tp
(8) D’AMBROSI C., 1955 e 1964. Tp Vp
(9) La parola Flysch deriva da una voce dialettale della Svizzera Ap
tedesca, originata dal verbo “fliessen” che significa scorrere. Dp Fp
L’origine della formazione rocciosa è proprio dovuta alla deposi-
zione in ambiente subacqueo di stratificazioni al margine di una Qp Dp
zona in cui è in corso il sollevamento di una catena montuosa. Fop
(10) BACHOFEN ECHT A., 1925, e successivamente riferite al Ep
Barremiano da Tisljar I. e Velic J., 1987. Arp
(11) GOGALA M., 1975.
(12) Il calco in vetroresina è stato esposto in occasione della
mostra “95 milioni di anni fa - il periodo cretacico attraverso i fos-
sili di Comeno ed altri reperti del Carso” organizzata dall’Istituto
triestino dal 5 dicembre 1993 al 26 marzo 1994. Una pista simile
riprodotta in roccia sarà in seguito ospitata nelle nuove sale di
paleontologia del museo triestino.
(13) BOSCAROLLI D. et alii, 1993.
(14) I lavori di recupero sono stati affidati in concessione ministe-
riale al Museo civico di Storia Naturale di Trieste e diretti fino al
1994 dal dott. Ruggero Calligaris. Dai primi dati raccolti gli
Hadrosauridae del Carso triestino paiono avere struttura scheletrica
più tozza degli esemplari finora conosciuti. Ciò potrebbe essere
dovuto ad un fattore di isolamento delle terre emerse di 86 milioni
di anni fa, con conseguente sviluppo evolutivo particolare nella
nostra area. Ciò ricorda l’esistenza di altre due famiglie di rettili,
Aigialosauridae e Dolichosauridae, presenti esclusivamente nello
stesso areale circa 95 milioni di anni fa, e poi estinte.
(15) CALLIGARIS R., 1993.



Livio Poldini

APPUNTI SULLA FLORA
E SULLA VEGETAZIONE DI ROVIGNO

La flora e la vegetazione di Rovigno e dintorni hanno no a nord il Canal di Leme o le isolette. Ricordiamo: 31
attratto già a partire dai primordi prelinneani numerosi Thelygonum cynocrambe, Alyssum medium, Lonicera
botanici e fra essi molti d’oltralpe. Sarebbe qui impos- implexa, Crucianella latifolia, Satureja juliana,
sibile ricordarne anche solo i principali. Romulea bulbocodium, Serapias lingua, S. cordigera.
Dopo le prime raccolte effettuatevi dallo ZANNI- Quando un tipo di vegetazione si trova “al limite”
CHELLI (1722), le altre riprendono nella seconda risulta molto sensibile ai fattori stazionali (esposizio-
metà dello scorso secolo tra le quali ricordiamo in ne, inclinazione, ecc.), che risultano invece poco
ordine cronologico anche quelle del versante parentino importanti nell’area di gravitazione.
del Canal di Leme: MARCHESETTI (1875), FREYN Questo comportamento lo si osserva molto bene sui
(1877), SOLLA (1879), MARCHESETTI (1890), due versanti del Canal di Leme: sul versante nord,
CALEGARI (1897, 99), TITTMANN (1899), CALE- esposto a sud, si addensa una macchia mediterranea
GARI (1903). Ancorchè al di fuori di questo contesto, compatta e pressochè esclusiva, sul verante sud, espo-
limitato alla sola flora terrestre, non possiamo non sto a nord, essa è invece infiltrata di elementi caducifo-
ricordare VATOVA (1928) per gli interessati di botani- gli che talvolta prendono il sopravvento.
ca marina, e infine BENACCHIO (1939), autore del La temperatura media annua è di 15,3° C, la media di gen-
compendio più recente e più completo della flora di naio 8,1° C, la media di luglio (mese più caldo) 24,4° C.
Rovigno, dal quale è tratta buona parte delle note pre- Come minimo assoluto fu registrato -7,4° C e una
senti e al quale si rimanda per ulteriori approfondi- media di minimi assoluti per alcuni anni di -3,4° C. La
menti anche di carattere bibliografico nonché un inte- resistenza del leccio al freddo viene valutata fra -10° C
ressante repertorio di nomi dialettali di piante selvati- e -15° C, per cui si può capire l’estensione della lecce-
che e coltivate. ta nel territorio rovignese.
Un ben documentato studio bioclimatico sui due versanti Le precipitazioni sono leggermente inferiori agli 800
del Canal di Leme viene effettuato da ILIJANIfi (1970). mm annui.
Flora e vegetazione di Rovigno sono improntate a una Allo stato quasi puro la lecceta è costituita da Quercus
mediterraneità piuttosto accentuata. Questo carattere ilex (leccio) dominante, Arbutus unedo (corbezzolo),
risulta più evidente soprattutto per il visitatore che vi Myrtus communis (mirto), Viburnum tinus (laurotino),
provenga da nord. Quelli che vengono da sud noteran- Pistacia lentiscus (lentisco), Phillyrea latifolia (olivel-
no invece l’affievolirsi di alcune caratteristiche medi- la), e dalle lianose Lonicera implexa, Lonicera etru-
terranee: infatti l’Istria e le isole del Quarnero costitui- sca, Clematis flammula (fiammola), Rubia peregrina
scono il complesso territoriale ove la vegetazione (rubia), Smilax aspera (smilace), Ruscus aculeatus
mediterranea dell’Adriatico raggiunge il suo limite set- (pungitopo), ecc.
tentrionale. La flora al suolo è molto scarsa a causa del severo
Rovigno si trova allineata su questo limite e in partico- ombreggiamento. Le fioriture di maggior spicco sono
lare all’estremo di quel grande complesso forestale date in primavera da Cyclamen repandum.
noto come “lecceta” o foresta mediterranea. Se si pre- Nei pressi di Orsera cresce nella macchia, accanto al
scinde da una sua presenza eccezionale (microclimati- ben più frequente Ruscus aculeatus, anche Ruscus
ca) sulla costiera triestina, è nel Canal di Leme e nelle hypoglossum, molto raro e di solito limitato alle faggete.
isole rovignesi che la macchia-foresta ha la sua ultima Vi compare, talvolta molto abbondante, il boleto
massima espressione. A settentrione di questo limite Leccinum corsicum (= Boletus lepidus), micorizico su
essa verrà sostituita da boschi decidui (caducifoglie), leccio.
nei quali la presenza dell’elemento mediterraneo (sem- Nei punti più freddi e ombreggiati vi si associano
preverde) sfumerà progressivamente. Fraxinus ornus (orniello), Quercus pubescens (roverel-
È indicativo a tal fine che numerose entità stenomedi- la), Acer monspessulanum (acero trilobo), Coronilla
terranee (mediterranee in senso stretto) non oltrepassa- emerus / emeroides (emero), Carpinus orientalis (car-

CANAL DI LEME
(foto V. Giuricin)

32 pinella), Pistacia terebinthus (terebinto), Hedera helix Helichrysum italicum, Marrubium candidissimum,

(edera), Clematis vitalba (vitalba). Ornithogalum pyramidale, Anemone hortensis, Ophrys

Qualora si accentui la mesofilia dell’ambiente, si arri- bertolonii, Micropus erectus, Filago germanica,

va alla costituzione di consorzi boschivi dominati da Trifolium stellatum, Koeleria lobata (= K. splendens),

Carpinus orientalis; più rara è invece la partecipazione Bromus erectus, Festuca vallesiaca, Eryngium amethy-

di Ostrya carpinifolia (carpino nero), che aumenta con stinum, Onosma javorkae, Bupleurum veronense,

la distanza dal mare, ma soprattutto con l’elevazione. Teucrium polium.

Dalla degradazione e apertura della macchia-foresta si Pascolamento e incendi hanno determinato l’estendersi

sviluppano cespuglieti molto intricati a Carpinus di cistaie a Cistus salviaefolius, C. villosus e del più

orientalis, Juniperus oxycedrus, J. macrocarpa, raro C. monspeliensis, spesso associati a Erica arborea

Spartium junceum, Rhamnus intermedius, Crataegus e Dorycnium hirsutum.

monogyna, Paliurus spina-christi, resi più impenetra- La vegetazione alofila - adattata a forti concentrazioni

bili da specie lianose derivanti dalla macchia: Rubia saline - era un tempo molto estesa e ben rappresentata.

peregrina, Clematis flammula e Smilax aspera, intorno Attualmente è molto compromessa dall’intensa bal-

ai quali si addensano estese colonie di Osyris alba. neazione.

Il pascolamento, ormai in buona parte abbandonato,ha Sulle banconate a scogli calcarei esposti agli spruzzi

portato al costituirsi di estese superfici erbose dal marini sono molto abbondanti Cakile maritima,

carattere di gariga mediterranea (1) ad Asphodelus Limonium cancellatum e L. vulgare, Crithmum mariti-

microcarpus, Chrysopogon gryllus, Phleum subula- mum, Arthrocnemum glaucum, Halimione portulacoi-

tum, Briza maxima, Brachypodium distachyum, des, Agropyron pungens, Plantago holosteum, Inula

crithmoides.

Sulle spiagge a sostrato sciolto (sabbie e ghiaie) si

possono trovare, insieme ai più rari Glaucium flavum,

Euphorbia paralias, E. pinea, le più frequenti

Artemisia coerulescens, Inula viscosa, Salsola kali, S.

soda.

Un ultimo cenno merita la vegetazione delle colture,

particolarmente ricca nella regione mediterranea, pur-

chè la lavorazione del suolo sia rimasta di tipo artigia-

nale e non abbia compromesso la sopravvivenza delle

specie con l’uso eccessivo di erbicidi.

Ricordiamo in particolare Coronilla scorpioides,

Ranunculus arvensis, Adonis flammea, A. microcarpa

e A. autumnalis, Bupleurum rotundifolium, Bifora

radians, Anchusa azurea, Lathyrus aphaca, Muscari

racemosum, Agrostemma githago.

CUL DI LONE
Un paesaggio scomparso
(archivio Cherinfoto)

NOTE 33

(1) Dal provenzale “garigue” o “garide”, con il quale termine si
indicano le praterie mediterranee, derivanti dalla distruzione della
foresta mediterranea,dominate da specie essenzifere suffruticose
(salvia, santoreggia, timo), da lilliacee bulbose e rizomatose (asfo-
deli, pancrazi) e da una miriade di specie annue. Vi sono partico-
larmente rappresentate le orchidacee.

MONTE MULINI
Scala costruita nel 1909

appariva così
alla fine degli anni Cinquanta
(foto proprietà Giulio Benussi)



Paola Càssola Guida

PREISTORIA E PROTOSTORIA
DEL TERRITORIO DI ROVIGNO

1 - L’area considerata nel presente studio è una porzio- pressione, forse superficiale, che se ne può oggi rica- 35
ne di regione istriana sita tra il Parentino e il vare è quella di una considerevole omogeneità, che si
Dignanese e gravitante intorno a Rovigno. Il limite set- sarebbe tentati di attribuire ad un certo isolamento cul-
tentrionale di essa è costituito dal solco del canale di turale rispetto ad altre zone del territorio istriano.
Leme che segna profondamente la regione dal mare Anche dal punto di vista linguistico, il quadro, così
fino a Canfanaro; verso sud-est, in direzione di Pola, come ci è stato recentemente prospettato da F.
manca qualsiasi delimitazione naturale, ma se traccia- Crevatin (4), appare scarsamente articolato: alcune
mo una linea immaginaria tra Canfanaro e Punta voci preromane nella microtoponomastica dimostrano
Barbariga definiamo una zona triangolare - corrispon- con sufficiente evidenza l’alta antichità della frequen-
dente con buona approssimazione al territorio che fa tazione umana nella zona (5) ma è tutt’alto che agevo-
capo a Rovigno -, il cui terzo lato è costituito dal lito- le attribuirli ad uno strato piuttosto che ad un altro [la
rale compreso fra l’imboccatura del Leme e Punta qualifica di “preromano”, avverte il Crevatin, è
Barbariga. Si tratta di un settore dell’Istria inferiore o “sovente solo una sanatoria esegetica di problemi eti-
“Istria rossa” (così detta per la presenza di vasti tratti mologici particolarmente difficili” (6)], e solo rara-
di terra rossa prodotta dal processo di alterazione della mente, come ad esempio nel caso del nome di Vistrum,
roccia calcarea), il cui paesaggio è caratterizzato da conservato da una località e da un bosco a sud di
gruppi di alture inframmezzati da estesi avvallamenti, Rovigno, l’ipotesi di un’origine indeuropea acquista
con scarse acque superficiali (1). plausibilità (7).
Per la preistoria dell’Istria in generale la bibliografia è L’unico indizio della venetizzazione dell’area per ora è
a tutt’oggi insufficiente e poco soddisfacente soprattut- offerto dal testo di un’epigrafe votiva rinvenuta a
to se rapportata all’eccezionale quantità di tracce di Caroiba (v. infra, § 8), in cui il nome della divinità
frequentazione antica, visibili ma non adeguatamente indigena onorata - Seixomnia Leucitica - ci mostra un
studiate. Nell’ambito della regione il Rovignese si alli- interessante esempio di conservativismo: è evidente
nea con le aree peggio conosciute: questa situazione che non si è attuata qui la trasformazione del dittongo
non va attribuita a scarsità di indizi sul terreno ma uni- -eu- in -ou- (fenomeno che in Veneto ebbe luogo intor-
camente alle vicende storiche, politiche ed economi- no al V sec. a.C.), il che, insieme ad alcuni altri indizi,
che del Paese, che hanno finora impedito di attuare un permette di datare ad epoca piuttosto antica (preceden-
programma di indagini archeologiche serio ed articola- te al V sec. a.C.) la presenza paleoveneta in Istria e
to. Considerate dunque le condizioni della ricerca, il nello stesso tempo di constatare il perdurare dei carat-
tentativo di dare una sistemazione organica ai dati teri arcaici fino ad età romana (8).
finora noti e di delineare un quadro dello sviluppo cul-
turale del territorio avrebbe oggi ben poche possibilità 2 - Per le epoche più remote la documentazione oggi
di dare risultati attendibili; pertanto mi limiterò in que- posseduta proviene dalla Grotta Romualdo (o di S.
sta sede a rilevare quali siano gli aspetti conosciuti, Romualdo) presso il Canale di Leme, dove, nei livelli
almeno parzialmente, a segnalare le principali lacune più superficiali, aveva scavato già il Marchesetti, traen-
nella documentazione e, infine, a suggerire alcuni done “una quantità di cocci molto istruttivi e resti di
spunti di ricerca, evitando di proporre l’ennesima sin- animali”, e dove più recentemente l’archeologo croato
tesi di preistoria istriana (2). M. Malez ha scoperto un importante giacimento che è
I resti preistorici del Rovignese, allo stato attuale delle stato da lui attribuito al Paleolitico Superiore (9).
conoscenze, non consentono di osservare quella Per il Neolitico, manca allo stato attuale una seria
varietà e multiformità di culture che hanno caratteriz- documentazione stratigrafica, ma la situazione non
zato in generale la storia dell’Istria prima dei Romani può certo considerarsi definitiva, tanto più che sporadi-
ed hanno costituito, si può dire in ogni epoca, la più ci resti tardoneolitici ed eneolitici sono stati rinvenuti
evidente peculiarità della regione (3); al contrario l’im- in almeno una località nota come insediamento fortifi-

MONTE DI SAN MARTINO DI LEME
sede di un castelliere protostorico
con l’omonima chiesetta
(foto V. Giuricin)

36 cato dell’età del bronzo - il castelliere di Moncodogno più importanti alture fortificate del Carso triestino e

(Makadanj) (10) -. Tracce di una frequentazione forse della regione istriana e sui rapporti culturali che inter-

ancora più antica (Medio Neolitico), di gran lunga pre- corsero fra questi territori e l’area della cultura di

cedente alla costruzione della cinta difensiva, sono Lubiana e, più latamente, della cultura europea del

state riscontrate anche nel non lontano castelliere di vaso campaniforme.

Gradina di Leme (Limska Gradina), situato nel

Parentino, subito a nord del Canale, e, verso sud, nel 3 - Il Rovignese appare frequentato, dapprima in modo

ben noto ma poco studiato castelliere di Montorsino sporadico, poi sempre più densamente, nelle prime fasi
(Vråin) nel Dignanese (11). dell’età del bronzo: lo dimostrano gl’innumerevoli
Oggi il fenomeno della presenza su alture fortificate tumuli, sparsi o raggruppati in necropoli, e i moltissimi
nell’età del bronzo di reperti molto più antichi trova castellieri che costellano il territorio.
confronto in un territorio assai più vasto, come dimo- Tumuli e castellieri costituiscono i due aspetti tipici
strano recenti revisioni di vecchi materiali recuperati a della preistoria istriana e in particolare proprio dell’en-
S. Michele in Val Rosandra (Trieste) e sul Castellazzo troterra di Rovigno, dove gli uni e gli altri si riscontra-
di Doberdò, nel vallone omonimo, verso Gorizia (12): no con una densità che non trova confronti in altre
per il momento si tratta di pochi resti non legati ad una zone della regione. Di questi due lineamenti il primo
sequenza stratigrafica, peraltro ulteriori indagini sul viene tradizionalmente considerato il più arcaico: i
terreno potranno fornire dati di grande interesse sulle tumuli più antichi, da attribuirsi con verosimiglianza
fasi precedenti all’impianto delle difese di alcune delle all’inizio dell’età del bronzo, furono probabilmente
innalzati per inumarvi i loro morti da comunità, la cui

attività economica prevalente doveva essere la pastori-

CANAL DI LEME zia transumante, le quali soltanto a partire da un
l’entrata della grotta di San Romualdo momento più avanzato (Medio Bronzo) cominciarono

a stabilire le loro dimore sulle alture più facilmente

difendibili e a cingerle con poderose fortificazioni di

pietre a secco (v. infra, § 5).

I tumuli del Rovignese, conservati in numero eccezio-

nale, furono oggetto d’indagine da parte della Società

Istriana fin dal 1893, anno in cui risulta che ne furono

aperti nove, di svariate dimensioni (13). Più tardi il

Marchesetti ne individuò molti altri e ne esplorò alcu-

ni, che si rivelarono estremamente avari di resti

archeologici (14).

Queste strutture appaiono disseminate a gruppetti sui

ripiani o lungo le pendici delle colline oppure isolate

sulle cime (in quest’ultimo caso le dimensioni sono

spesso imponenti). Talora non contenevano apparente-

mente nulla al loro interno: in tal caso sembra probabi-

le che si tratti di tumuli violati in passato, nei quali l’u-

nico indizio di antichità è fornito dalla presenza di

qualche raro frammento di ceramica preistorica conte-

nuto nel terriccio del riempimento. Nei tumuli meglio

conservati, di solito nella parte centrale, si trova una

tomba rettangolare (“a cista”), scavata al livello del

terreno circostante e foderata da lastre calcaree con 37
rinforzo esterno di muretti a secco. Il defunto vi era
TUMULO DI MACLAVUN deposto accoccolato o seduto, con poca e spesso pove-
particolare dell’ingresso rissima suppellettile funebre. La camera che conteneva
la tomba a cista era coperta da un basso tetto conico di
(foto P.Càssola Guida, aprile 1993) pietrame, a falsa cupola, tipologia di cui le famose
“casite”, un tempo numerose soprattutto in queste zone,
CASTELLIERE DI MONCODOGNO hanno perpetuato il ricordo fino ad epoca recente (15).
ingresso occidentale (BAÅIfi, 1970) Sepolture di questo genere furono rilevate con partico-
lare densità tra Valle (Bale) e Villa di Rovigno
(Rovinjsko Selo) (16).
Alcuni dei maggiori studiosi che si sono occupati
dell’Istria più antica - da Kandler a Gnirs, a von
Duhn (17) - accennano all’esistenza in Val Saline,
poco a nord di Rovigno, di un centinaio di tombe a
cista litica scavate su pendici rocciose, la cui copertu-
ra, costituita forse da un tumulo di piccole dimensioni,
sarebbe stata spazzata via.
Dati un po’ più precisi, ma ancora largamente insuffi-
cienti, ci sono stati forniti dall’archeologo croato Boris
Baåifl (18), che negli anni ‘50 condusse ricerche nei
due monumentali tumuli rovignesi di Zabniaco
(Œamnjak) e Maclavun (Maklavun), situati a corona-
mento delle rispettive alture. Una recente ricognizione
(aprile 1993) da me effettuata a Maclavun, con la
guida del dott. Damir Matoæevifl del Museo di
Rovigno (cui sono molto grata per la sua cordiale
disponibilità), ha consentito di constatare l’eccellente
stato di conservazione della poderosa struttura, la cui
esistenza purtroppo è oggi gravemente minacciata da
una cava di pietra. L’ampia camera, dotata di corridoio
d’accesso, racchiudeva, in posizione eccentrica, presso
l’ingresso, una tomba rettangolare con pareti in muratu-
ra, dalla quale furono recuperati i resti di più inumati,
deposti in momenti diversi. L’importanza di questo
monumento apparve confermata nel corso dello scavo
dalla presenza al suo interno di ceneri e di resti di ani-
mali domestici e di volatili che furono interpretati dal
Baåifl come possibili tracce di un culto tributato ai
defunti (19).
Lo stesso tipo di rito è probabilmente testimoniato dal
denso strato di terra nera con carboni e radi cocci - ma
a quanto pare senza traccia di ossa - individuato nel
corso delle ricerche condotte nel 1893 dalla Società

38 una perla d’ambra di forma lenticolare (22). Un vaso a

quattro anse trovato in frammenti all’esterno della
tomba attesterebbe una qualche forma di rito funebre
celebrato nei pressi (23).
Va ricordato infine che altre tombe a cista litica coper-
te da piccoli tumuli furono individuate dal Marchesetti
entro i recinti di alcuni castellieri (v. supra, nt. 14):
anche le tombe che nel 1925 il Battaglia esplorò nel
già citato castelliere di Montorsino erano in origine
sormontate da tumuli di limitate dimensioni, come ci
attesta lo Schiavuzzi, che ritiene che potessero esser-
vene oltre duecento, “sparsi in vicinanza del castellie-
re, ai piedi del colle e nella pianura circostante” (24);
lo studioso ci informa altresì che da una di queste
strutture, demolita in occasione di lavori alla carrozza-
bile Dignano-Albona, insieme con ossa umane e forse
di animali emerse un corredo che comprendeva - come
quello di Zabniaco - saltaleoni bronzei di varia lun-
ghezza e una perla d’ambra.

CASTELLIERE DI MONCODOGNO 4 - Questo elemento così tipico del paesaggio istriano
ingresso settentrionale (BAÅIfi, 1970) ed estremamente diffuso in ambiente balcanico e, in
generale, in Europa centro-orientale in varie fasi della
Istriana nell’entroterra rovignese, all’interno del tumulo preistoria (25) si estese in epoca romana alla cerchia
che viene designato come Grande Gomila (Velika norico-pannonica, dove sembra sia perdurato fino
Gomila): anche qui la tomba veniva a trovarsi in posi- all’età di Marco Aurelio (26).
zione eccentrica (20). In Italia nordorientale i tumuli dovevano essere altret-
L’altro grande tumulo esplorato dal Baåifl, quello di tanto comuni ma solo una zona ne ha conservato una
Zabniaco presso Sossi (Soæifli) (21), è costruito su una quantità paragonabile a quella documentata nel
piattaforma di pietre, per la quale lo studioso rimanda Rovignese: la pedemontana pordenonese tra Aviano e
ad esempi della Dalmazia centrale e dell’Erzegovina Spilimbergo, nella quale, grazie ad un’agricoltura
occidentale; la cassetta di lastre racchiusa al centro rimasta a lungo poco sviluppata, queste strutture si
dello spazio interno, conteneva i resti di tre defunti in sono miracolosamente conservate a decine (solo in
posizione rannicchiata e gli ossi di un piccolo volatile, epoca recente i “magredi” o pascoli dell’alta pianura
ed era corredata da una serie di saltaleoni bronzei e da sono stati “scoperti” dai consorzi di bonifica ed hanno
cominciato ad essere condannati alla trista pratica
della monocultura) (27).
Anche nel Pordenonese come in Istria l’uso funerario
dei tumuli di pietre che costellano il territorio non è
sempre accertato né accertabile: talora non è escluso
che possa trattarsi di spietramenti o di accumuli forma-
ti per segnare un confine tra appezzamenti (28). In
mancanza di ricerche organizzate, solo il ritrovamento
occasionale di resti ossei e di qualche oggetto di corre-

do ha consentito, in rarissimi casi, un inquadramento potentemente muniti, cui si accedeva per mezzo di tor- 39
nell’ambito dell’età del bronzo: ciò vale, ad esempio, tuose rampe di collegamento tra le terrazze poste a
per una zona a tumuli individuata in località Molinat livelli diversi. Esemplari i due passaggi ben visibili
presso Maniago, in cui lo sbancamento di una delle ancora oggi, nonostante l’avanzare del degrado, sco-
strutture portò alla luce una fusaiola fittile, un anello a perti dal Baåifl a Moncodogno: la porta ovest, con i
spirale e un “fermatrecce” di bronzo, che forniscono due tronconi di muro non allineati ma sfasati di circa
una data approssimativa al Bronzo Medio. Anche qui, tre metri, era protetta da una robusta torre che ostruiva
il recupero nei pressi del tumulo di una cospicua quan- ampia parte dell’ingresso, riducendo l’ampiezza del
tità di ceramica, databile tra Bronzo Medio e Bronzo vano a non più di 1,25 m; la porta nord era munita di
Recente grazie ai confronti con materiale veneto ma un passaggio a zig-zag, con allargamenti e restringi-
anche carsico e istriano, fa pensare ad una qualche menti (da m 5 a m 0,90) estremamente pericolosi per
sorta di culto funerario celebrato con una certa conti- gli eventuali assalitori, che rischiavano di trovarsi
nuità presso il monumento (29). imbottigliati in un cul-de-sac (33). La tendenza a
Un’altra analogia tra i tumuli del Friuli occidentale e restringere i vani d’accesso risulta accentuata dai più
quelli istriani della fase più antica è costituita dall’as- tardi rimaneggiamenti rilevati dal Baåifl.
senza nei pressi di coevi resti di abitazioni, che nell’u- Un’analoga strutturazione e una successiva limitazione
no e nell’altro caso ha fatto supporre che queste sepol- dell’ampiezza degli ingressi sono state constatate,
ture fossero usate da comunità pastorali non ancora sempre dal Baåifl, nel castelliere di Carasta (Karastak),
sedentarizzate (ma forse sarebbe meglio pensare che le su una collina sita tra Rovigno e Valle, oggi profonda-
sedi, forse semipermanenti, di queste comunità vadano mente alterata dal passaggio di una trincea scavata per
ricercate altrove). la posa in opera dei tubi dell’acquedotto (34). Qui si è
conservato miracolosamente anche una sorta di corri-
5 - I primi abitati del tipo “a castelliere” si datano nella
regione istriana almeno a partire dall’inizio della media CASTELLIERE DI MONCODOGNO
età del bronzo. Di questi villaggi, fortificati con pode- ingresso occidentale
rose cinte di blocchi di pietra talora di dimensioni (foto V. Giuricin)
“ciclopiche”, nel Rovignese ne sono noti oltre una qua-
rantina, identificati in buon numero dal Kandler e suc-
cessivamente soprattutto da Marchesetti e Benussi (30).
Le località prescelte per l’insediamento erano situate
non solo all’interno del territorio ma anche sul mare
(l’isoletta di S. Caterina e quella su cui sorge Rovigno
erano anch’esse sedi di abitati preistorici). In alcuni siti
la persistenza delle strutture abitative ha conservato
fino ad oggi le tracce dell’impianto primitivo: è il caso
di Valle, dove il forte tardoantico - Castrum Vallis -
ricalca nei suoi lineamenti fondamentali il castelliere
preistorico: gli originari ripiani, tipici di un insedia-
mento fortificato da una doppia cinta di mura (31),
sono riconoscibili nelle due strade concentriche che,
sfruttando la morfologia del terreno, dividono l’abitato
in due settori posti a diversi livelli (32).
Una peculiarità riscontrabile con evidenza nel
Rovignese è costituita dagli ingressi monumentali e

40 doio di accesso, fiancheggiato da ortostati, che costeg- Nel Rovignese, abbondanti frammenti di vasi, rimasti

gia per un lungo tratto il bordo del ripiano sommitale. finora inediti, sono stati raccolti in vari castellieri,
come Moncodogno e Carasta, e si trovano oggi nei

6 - Scarsissimi e per lo più inediti i dati che possedia- musei di Rovigno e di Pola. Un’altra cospicua concen-

mo sulle abitazioni dei castellieri. A Moncas di Valle trazione di ceramica, risalente agli scavi del
fu scavata dalla Tamaro una casa a pianta rettangolare Marchesetti e conservata presso i Musei Civici di sto-

di m 6 x 4, probabilmente seminterrata, con la parte ria ed arte di Trieste, proviene dal castelliere di

bassa dei muri in lastre calcaree disposte in corsi rego- Moncas di Valle. Secondo una proposta di inquadra-
lari (35); a Moncodogno il Baåifl scoprì due case mento formulata da Andrea Cardarelli, fondata su

parallele a pianta rettangolare (36): nell’uno e nell’al- un’ampia serie di confronti tra i materiali dei castellie-

tro caso si può ritenere che l’elevato continuasse in ri del Friuli, della Venezia Giulia e dell’Istria, la tipo-

legno, come in genere nei villaggi protostorici dell’ar- logia ceramica riscontrabile a Moncas sarebbe peculia-

co alpino orientale (37). re del momento più antico della vita dei castellieri

Purtroppo non siamo documentati sulla stratigrafia, (fase iniziale del Medio Bronzo: XVI sec. a. C.): la

neanche per i siti in cui le indagini svolte danno l’im- datazione, che dovrà essere controllata mediante inda-

pressione di una certa sistematicità, come quelli sopra gini sul terreno, scaturisce da precisi confronti con

citati. I manufatti raccolti negli abitati (ceramica, rari materiali dell’Italia settentrionale (area del Garda e

oggetti di bronzo, utensili di pietra e d’osso, per lo più ambiente terramaricolo) e della Croazia interna (39).

fuori contesto) non sono in generale più tardi dell’età Tra i rarissimi oggetti in bronzo rinvenuti casualmente

del bronzo recente (XIII - inizi XII sec. a. C.). Il mate- nel territorio ricordiamo un’ascia ad alette mediane

riale più comune è ovviamente costituito da frammenti “dal circondario di Rovigno” (40), che trova confronto

fittili: le anse a gomito, i piedi di piatti tripodi, le prese in Italia, specialmente centrale e meridionale, dove

a X poste tra l’orlo e la spalla dei recipienti rappresen- costituisce una delle forme più diffuse (41).

tano alcuni degli aspetti più caratteristici della facies Va comunque ribadito che un’indagine scientifica sulla

istriana del periodo tra il Medio e il Tardo Bronzo (38). tipologia dei reperti dai castellieri istriani dell’età del

bronzo non può allo stato attuale essere impostata,

trattandosi, come si è detto, di materiali di recupero,

privi di riferimenti stratigrafici.

CASTELLIERE DI CARASTA

passaggio ad ortostati (stato attuale) 7 - Tutti gli abitati fortificati noti da ricognizioni o da
(foto P. Càssola Guida, aprile 1993) scavi per lo più, come si è detto, non sistematici non

hanno dato finora materiale più tardo del Bronzo

Recente. Mancano quindi allo stato attuale le testimo-

nianze relative all’età del ferro, né risulta quindi che il

Rovignese fosse frequentato in quella fase di grande

fioritura dei commerci prima apuli e piceni, poi greco-

etruschi che tra il VII e il IV secolo a. C. fecero la for-

tuna di centri istriani posti in posizione particolarmen-

te favorevole come Pola e soprattutto Nesazio (42). Le

ragioni di questa lacuna nella documentazione non

sono al momento spiegabili: si potrebbe sospettare che

il Rovignese abbia subito, al volgere dell’età del bron-

zo, una certa emarginazione culturale, con conseguen-

te spopolamento; tuttavia non è escluso che ricerche

più estese e sistematiche modifichino radicalmente la dei Romani si continuava a rendere omaggio è senza 41
situazione. dubbio la misteriosa Seixomnia Leucitica (45), cui i
Da altri siti della penisola istriana anche molto vicini Polates consacrarono un’edicola presso Caroiba.
all’area considerata come il castelliere di Gradina di L’epigrafe dedicatoria, come si è accennato (v. supra,
Leme (Limska gradina) con la sua necropoli, sappiamo § 1), riveste grande interesse sia perché fornisce una
che nel corso dell’età del ferro sul sostrato locale si conferma degli stretti rapporti tra la lingua degli Istri e
sovrapposero i Veneti, con la loro cultura più evoluta; quella dei Paleoveneti sia perché ci conserva il nome
tuttavia l’influsso paleoveneto non soffocò l’elemento di una dea non altrimenti nota. Inoltre, secondo una
istriano, la cui autonomia è dimostrata, tra l’altro, in recente puntualizzazione (46), la dedica non va attri-
modo lampante dal tradizionalismo delle tipologie buita ai primi tempi della colonia di Pola ma ad un
funerarie: sembra infatti perdurare ininterrotto non momento precedente alla sua deduzione: ne è indizio
solo nella tarda preistoria ma anche in età storica l’uso l’uso dell’etnico Polates - certo più antico di Polenses
della cassetta di lastre di pietra, contenente non più i -, che non può essere riferito ai primi coloni, come
resti di un inumato ma le urne di parecchi individui riteneva il Degrassi (47), in quanto il solo etnico locale
cremati (43). senza un determinativo (coloni) non sarebbe stato
usato per designarli, né può essere servito per indicare
8 - Quanto alla religione praticata nella tarda protosto- le genti indigene romanizzate (anche in questo caso
ria, possiamo coglierne qualche riflesso nelle epigrafi avrebbe dovuto essere accompagnato da altro termine,
romane (a questo argomento dedico pochi cenni per- come ad esempio incolae). Pertanto l’epigrafe di
ché se ne parla esaurientemente infra, nel contributo di Caroiba, preziosa tanto per gli studiosi di protostoria
G. Bandelli). Le attestazioni di culti locali su monu- quanto per gli storici romani, acquista oggi nuova
menti di età storica ci offrono un altro significativo importanza, in quanto ci documenta su un’epoca in cui
indizio - cui vanno aggiunti anche i dati della topono- la romanizzazione dell’Istria era di fatto in corso
mastica e dell’onomastica - della continuità etnica che (com’è dimostrato dai caratteri latini) ma non aveva
caratterizzò il Rovignese e in generale la regione ancora ricevuto sanzione ufficiale con la fondazione di
istriana, che pure fu profondamente romanizzata (44). municipi e colonie.
La più discussa tra le divinità indigene cui al tempo Una divinità istriana venerata dai coloni romani con

ASCIA AD ALETTE MEDIANE
dal circondario di Rovigno

(POLA, Museo Archeologico dell’Istria, - P 1145)
(foto V. Giuricin, 1993)

42 l’epiteto di Augusta è Eia, che troviamo menzionata, almeno in parte la lacuna, ai pochi dati di epoca roma-

oltre che su iscrizioni di Pola e Nesazio, su un fram- na riferibili al sostrato indigeno: ne ricaviamo, come

mento di ara votiva riadoperata nella chiesa di S. Sofia abbiamo visto, solo pochi nomi di divinità che appaio-

a Due Castelli (Dvograd) (48). E, ancora, culto indige- no genericamente riferibili al pantheon locale e che, a

no si può considerare quello tributato all’Histria o alla parte il caso unico di Seixomnia Leucitica - della quale

Terra Histria, che però, come precisa il Degrassi, possiamo solo dire, col Degrassi (51), che si tratta di

potrebbe essersi formato solo in età romana e per una divinità istriana e non celtica come da taluni è

influenza romana: a questa divinità, attestata a stato supposto -, non sono certo caratteristiche dell’a-

Parenzo, Pola, Nesazio, fu dedicato presso Rovigno un rea considerata.

sacello con epistilio iscritto (49). L’eco di un culto

indigeno potrebbe infine esserci tramandata da una 10 - In conclusione, per risolvere i numerosi problemi

dedica a Silvano rinvenuta nella zona tra Canfanaro e tuttora aperti sulle più antiche fasi di frequentazione

Rovigno (50). del territorio di Rovigno, sono necessari preliminar-

mente una capillare campagna di ricognizioni in super-

9 - Allo stato attuale delle ricerche, a parte le pallide ficie e un censimento delle strutture ancora oggi visibi-

tracce di alcune figure di divinità, in prevalenza fem- li (52). Solo in seguito si potranno chiarire - mediante

minili, rivelate dalle testimonianze epigrafiche di età sistematiche ricerche di scavo - taluni passaggi critici,

romana, siamo pressoché privi di documentazione che come quello dall’Eneolitico all’età del bronzo, legato

consenta di ricostruire la vita spirituale dei più antichi alla questione delle prime tracce di insediamento su

abitanti del Rovignese. Sappiamo che nel corso del- alcune alture che poi diventeranno sedi di castelliere

l’età del bronzo essi vivevano su alture in villaggi for- (cfr. § 2). Indagini approfondite sulle prime fasi del-

tificati e che perdurò a lungo tra loro l’usanza di l’età del bronzo porterebbero inoltre ad appurare il

deporre i defunti in ciste o cassette litiche spesso sor- rapporto tra costruttori di tumuli e abitanti dei castel-

montate da tumuli. A queste informazioni essenziali si lieri e a stabilire in via definitiva la cronologia delle

possono aggiungere, come abbiamo visto, ben poche prime fortificazioni.

altre notazioni relative alla società e ai culti praticati Un altro impegnativo campo di ricerca riguarda, come

dagli antichi Istriani. La mancanza di significativi resti si è detto, l’età del ferro, per la quale allo stato attuale

di villaggio rende per ora impossibile formulare ipote- siamo privi di documentazione. Infine non vanno tra-

si sulla struttura sociale delle comunità castricole; il scurati i temi connessi con la romanizzazione - tra cui,

fenomeno dell’arroccamento, normalmente legato ad ad esempio, il possibile reimpiego di alcuni castellieri

un accumulo di ricchezze da difendere (che nel caso sorti in posizione particolarmente favorevole -, che

specifico potevano essere frutto sia di commerci sia di interessano gli studiosi di protostoria non meno che gli

razzie), fa ritenere plausibile un ordinamento gerarchi- archeologi romani.

co della società, con l’emergere della figura di un Quando l’Istria sarà esplorata in modo sistematico

capo. Tuttavia possiamo essere certi che già prima che anche per le fasi preistoriche, risulterà con migliore

le comunità si organizzassero in insediamenti stabili evidenza quella funzione chiave di collegamento e

esistevano dei capi, ai quali erano destinate le tombe a mediazione che, come già oggi sappiamo, la regione

tumulo di più grandi dimensioni, talora corredate da dovette rivestire tra Oriente e Occidente, tra

qualche oggetto di pregio. A queste figure di rilievo, Mediterraneo ed Europa centrosettentrionale: solo
cui era demandata la difesa delle comunità, e alle loro allora il territorio istriano assumerà nell’ambito della

famiglie era tributata una qualche forma di culto (v. preistoria europea un’importanza pari a quella che

supra, § 3), che prevedeva offerte di cibo. riveste, ad esempio, l’isola di Cipro, vero e proprio

La mancanza di qualsiasi tipo di documentazione per ponte culturale tra Europa, Asia e Africa e crocevia di

l’età del ferro ci costringe a ricorrere, per colmare culture diverse e distanti.

NOTE (3) CÀSSOLA GUIDA 1989, p. 621. 43

(1) Per alcuni cenni di sintesi sulla geomorfologia dell’area cfr. (4) CREVATIN 1989, pp. 43-109.
GORLATO 1967, pp. 39-40.
(2) Non mancano effettivamente i tentativi, che non possono defi- (5) Tra le voci preromane dell’Istria il Crevatin annovera ad es. il
nirsi sempre riusciti, di presentare un quadro generale della prei- M. Arni presso Rovigno (da un *arno = buco nella roccia); i topo-
storia istriana: cfr. SURAN 1970, pp. 19-36; PETRIfi 1978-79, pp. nimi Carmedo presso Due Castelli e M. Carmagnasa presso
187-248 (da consultarsi con cautela in quanto pieno di sviste); Rovigno (da *karma = buco, anfratto); la località rovignese di
ÆKILJAN 1979-80, pp. 9-73. Per una sintesi più fondata scientifi- Grepone, da una radice *krapp - riferibile a “coccio”, “stoviglia”;
camente cfr. MIHOVILIfi 1985, pp. 22-28. Per la tarda preistoria la peschiera di Lavarè nei pressi di Rovigno (da *lapara = pietra di
si veda anche CÀSSOLA GUIDA 1989, pp. 621-658 (a quest’ulti- forma piatta: cfr. l’istriano làvera), e poche altre voci dialettali (cfr.
mo contributo rimando anche per una breve storia della ricerca CREVATIN 1989, pp. 54-59, passim).
paletnologica in Istria e per una rassegna della bibliografia).
(6) Ibid., p. 54

(7) Ibid., p. 70

(8) Ibid., p. 78. Sulla lunga sopravvivenza di tratti arcaici nel vene-
tico dell’Istria v. anche PROSDOCIMI 1989, p. 322.

CASTELLIERE DI MONCODOGNO
vasellame dell’età del bronzo

(POLA, Museo Archeologico dell’Istria)
(foto V. Giuricin)

44 lare riferimento al territorio di Rovigno: v. nt. 1, p. 10).

(11) Per le più antiche tracce di frequentazione a Gradina di Leme
cfr. BAfiIfi 1976, pp. 34-37 e MIHOVILIfi 1985, pp. 34-35; per
Montorsino, BATOVIfi 1973, p. 124; cfr. anche BURÆIfi-
MATIJAÆIfi 1988-89.

(12) Per S. Michele presso Bagnoli, cfr. MASELLI SCOTTI 1986,
c. 344. Per Castellazzo, ibid., nt. 19, c. 346; ead. 1988-89, c. 509;
MONTAGNARI KOKELJ 1989, pp. 22-26 e 115.

(13) AMSI 9, 1894, pp. 497-499; 10, 1895, p. 522.

(14) MARCHESETTI 1903, pp. 99-100: “dei minori, che trovansi
in maggior copia anche, entro la cinta dei castellieri, ne apersi otto
qualche anno fa, per riconoscere la loro costruzione e raccogliervi
il contenuto”.

(15) GNIRS 1925, p. 79 ss.; BATTAGLIA 1926, pp. 76-77.

(16) AMSI 9, 1894, p. 497; v. anche MIHOVILIfi 1985, p. 24.

(17) GNIRS 1925, p. 77, nt. 1; DUHN, MESSERSCHMIDT 1939,
p. 155 (con bibl. prec.).

(18) BAÅIfi 1960; Praistorija 1983, pp. 124-125.

(19) BAÅIfi 1960, pp. 200-202, tavv. III-IV; Praistorija 1983, p.
125.

(20) AMSI 9, 1894, p. 498.

(21) BAÅIfi 1960, pp. 197-200, tavv. I-II; Praistorija 1983, p.
124; MIHOVILIfi 1985, p. 37 (con bibl. prec.).

(22) BAÅIfi 1960, p. 198, tav. VI, 1; Praistorija 1983, tav. XIII,
10.

(23) BAÅIfi 1960, p. 199, tav. VI, 2; Praistorija 1983, p. 131, tav.
XIII, 9; MIHOVILIfi 1985, p. 137.

(24) SCHIAVUZZI 1914, pp. 210-211.

(25) Cfr., ad es., NOVAK 1959; AMAND 1965; PAHIfi 1972 e
1973; v. anche GOVEDARICA 1991-92. Per un’utile trattazione
d’insieme delle culture dei costruttori di tumuli cfr. PERONI 1979.

ZABNIACO (26) AMAND 1965, p. 623.
tomba a cassetta di lastre (27) VITRI 1991, p. 119 ss.
(28) PETTARIN, RIGONI 1992, p. 11.

(29) VITRI 1991, pp. 39-40 e 119-121.

(30) MARCHESETTI 1903, pp. 99 e 102; BENUSSI 1927-28, pp.
253-255. Cfr. anche GNIRS 1925, pp. 106-107 e fig. 61.

(9) MARCHESETTI 1892, p. 262; MALEZ 1970, p. 2 (con bibl. (31) Le fasce adiacenti alle difese venivano spianate per porvi, al
prec.); la grotta Romualdo è stata in seguito inserita in un quadro riparo delle mura, le abitazioni: cfr. MARCHESETTI 1903, pp.
d’insieme del Paleolitico e del Mesolitico dell’Istria (Praistorija 116-117.
1979, pp. 251-252; MALEZ 1986, pp. 17-18). Cfr. anche
MIHOVILIfi 1985, pp. 22 e 35. (32) MARUÆIfi 1982-83, pp. 19-20.

(10) BATOVIfi 1973, pp. 124 e 126; Praistorija 1983, p. 278. Da (33) BAÅIfi 1970, pp. 224-225; Praistorija 1983, pp. 234, 289 ss.
Moncodogno proviene anche un’ascia databile al Bronzo Antico, (passim); MIHOVILIfi 1985, p. 23.
da assegnarsi con ogni probabilità alla fase che precede l’impianto
delle mura difensive (cfr. MIHOVILIfi 1985, p. 36). Alcuni accen- (34) BAÅIfi 1970, p. 225.
ni a tracce di presenza umana in località dove più tardi sorgeranno
villaggi fortificati sono già in GNIRS 1925, pp. 9-10 (con partico- (35) BATTAGLIA 1926, pp. 42-43; MIHOVILIfi 1985, p. 24.

36) Praistorija 1983, p. 278; MIHOVILIfi 1985, pp. 24 e 36.

(37) Si vedano, ad esempio, le più tarde casette sovente definite “reti-
che” (età del ferro) che stanno venendo in luce in varie località del
Friuli e del Veneto (cfr. SANTORO BIANCHI 1992, p. 144 e nt. 48).

(38) Cfr. Praistorija 1983, tav. XXXV. 45

(39) Caput Adriae 1983, p. 94 (cfr. la tabella delle associazioni a ZABNIACO
pp. 88-89); per una campionatura del materiale ceramico da scodella rinvenuta nel tumulo
Moncas v. ibid., pp. 104-105, tav. 24A. (POLA, Museo Archeologico dell’Istria)

(40) MIHOVILIfi 1985, p. 36 (Museo di Pola, inv. P 1145).

(41) Cfr., ad esempio, gli esemplari del ripostiglio dell’acropoli di
Lipari: MOSCETTA 1988, pp. 58 e 71 e fig. 8, nn. 29 e 30.

(42) Sull’argomento v., da ultima, CÀSSOLA GUIDA 1989, p.
626 (con bibl.).

(43) GNIRS 1925, p. 77. Per la necropoli di Gradina di Leme cfr.
MIHOVILIfi 1972, p. 56; ead. 1985, pp. 26-27. A Gradina di
Leme, come in altri castellieri istriani, si riscontra anche l’uso, già
documentato nell’età del bronzo, di seppellire i defunti all’interno
delle mura difensive.

(44) CÀSSOLA 1995.

(45) Cfr. DEGRASSI 1971, pp. 160-161; GIRARDI JURKIfi
1983-84, p. 11; CÀSSOLA 1995 (con la bibl. prec.).

(46) CÀSSOLA 1995, pp. 62-63.

(47) DEGRASSI 1971, p. 160.

(48) MARUÆIfi 1971, p. 19; id. 1975-76, p. 29 ; GIRARDI
JURKIfi 1983-84, p. 10-11. Per le altre iscrizioni che conservano
il nome di Eia v. DEGRASSI 1971, p. 159.

(49) DEGRASSI 1971, pp. 161-162;
GIRARDI JURKIfi 1983-84, pp. 9-10.

(50) DEGRASSI 1971, p. 173: “Silvano è
dio italico e insieme nume indigeno confu-
so con esso”. Altre dediche a Silvano sono
state rinvenute in varie località istriane
(cfr. ibid., pp. 173-174).

(51) DEGRASSI 1971, p. 161; id. 1971a,
pp. 244-245.

(52) Questo indispensabile lavoro di rico-
gnizione è attualmente in corso ad opera di
D. Matoæevifl, che da solo e tra varie diffi-
coltà sta redigendo una prima carta di
distribuzione delle località archeologiche
del territorio rovignese.

ZABNIACO
collana dell’età del bronzo
(POLA, Museo Archeologico dell’Istria)

(foto V. Giuricin)

46

1 S. FELICE CANAL DI LEME 1
2 S. GIOVANNI 23

3 MONMAIOR 78

4 MONTE TONCAZ 10 9 11
12
5 MONTERO
14
6 S. BARTOLOMEO
7-8 S.EUFEMIA 15

9 - 10 VALFABORSA ROVIGNO

11 VALSALINE RUGINIUM

12 MONPADERNO 20

13 MONDELACO 26
14 MONTE SALTERIA
28
15 S. PELAGIO 29 30

16 MONTE DELLE CAVALLE 31
32
17 LASTE

18 - 19 MONTE DELLA TORRE (BORASO)
20 ISOLA S. CATERINA

21 MONTE GIAR

22 VALTIDA

23 MADONNA DEL CAMPO

24 - 25 MONSEGO

26 MONVÌ
27 CUVI

28 - 29 ISOLA S. ANDREA

30 ISOLA MASCHIN

31 - 32 ISOLA S. GIOVANNI

33 POLARI
34 PUNTA MAURO

35 MOMBERLIN

36 MONSPORCO

37 MONTE DELL'ARCHE

38 MONTE CASTELIER
39 CISTERNA

40 MONBRODO

41 GUSTIGNA

42 S. DAMIAN

43 S. POLO

44 GARZOTTO
45 - 46 SCOGLIO PISSUGLIO

47 MONTE GRADINA

48 MONTE S. MARTINO

49 S. CANZIANO

50 MONVERSINO
51 S. CROCE

52 MONTE CARMA

53 MONTE LEME

54 MONTE CANONICA

55 MONTE MAGNAN
56 MONTE MANDRIOL

GROTTE CON RINVENIMENTI DELL'ETÀ PALEOLITICA
CASTELLIERI ATTESTATI
CASTELLIERI SUPPOSTI
TUMULI ATTESTATI
TUMULI SUPPOSTI
CENTRI ABITATI DI ETÀ ROMANA (attestati)
VILLE ROMANE
RESTI DI EDIFICI ANTICHI
CENTRI ABITATI ODIERNI
CONFINE DEL COMUNE CATASTALE DI ROVIGNO
STRADE PRINCIPALI DEL TERRITORIO ROVIGNESE
VIA FLAVIA ( secondo L. Bosio, 1991)

47

4 47 SITI
5 48 ARCHEOLOGICI

6 GROTTA DI DEL
13 S. ROMUALDO ROVIGNESE
17
VILLA DI
6 27 ROVIGNO CARASTA

16 MACLAVUN

GRANDE GOMILA ZABNIACO

18 19

CAROIBA 50

(QUADRUVIA)

21 MONCAS
22 23
33

24 25 52 51
53
MONCODOGNO

33 35
34

36

VESTRE 38 VALLE

VISTRUM

37

39 40 54

41 44
42
55

45 43
46

56

BARBARIGA


Click to View FlipBook Version