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Published by lapazienzadiercolino, 2019-05-30 16:27:15

Memoire _ Viola definitiva

Memoire _ Viola definitiva

TANTE PICCOLE COSE CHE CI
FANNO CRESCERE

Viola Tassini

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Ai miei amici
Alla mia famiglia

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Per me l’estate è sempre stata un
momento in cui poter fare nuove
esperienze, rilassarmi e fare nuove
amicizie.
Ricordo l’estate del 2016 a Dervio. Era la
prima volta che facevo una vacanza da
sola e prima di partire ero molto tesa e
preoccupata. Quando sono arrivata alla
base nautica, ricordo di aver provato due
sensazioni in particolare: il dispiacere di
lasciare i miei genitori che mi avevano
accompagnato in macchina e la curiosità di
provare a cavarmela da sola per una
settimana.
L’odore del lago e la vista delle derive mi
misero subito di buon umore perché mi
ricordavano le giornate passate in barca
con mia nonna. Anche le camerate, prive
di qualsiasi arredamento che non fosse il
letto, erano per me familiari e mi

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ricordavano la gita al rifugio “Grassi” che
avevo fatto qualche settimana prima con
mio padre.

Si preannunciava una bella settimana di
nuove scoperte.
Uno dei primi giorni, in una mattinata
particolarmente ventosa, ho imparato ad
avere sangue freddo. Io e il mio gruppo
siamo usciti in barca come al solito, questa
volta però al timone c’ero io ed era la mia
prima volta.

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Seguivo con attenzione le spiegazioni del
mio istruttore di vela ed ero molto
emozionata nel pensare che stavo
conducendo la barca. Eravamo vicini al
“punto morto” (la posizione in cui la prua
è perfettamente controvento, per cui non
ne subisce la spinta), il mio istruttore mi
disse di tenermi pronta a virare ed io virai
subito, senza aspettare che i miei
compagni fossero pronti. La manovra
risultò troppo brusca e la barca fu sul
punto di scuffiare. Io iniziai a ridere. Non
so esattamente perché ridessi, forse non
mi rendevo conto che potesse essere
pericoloso, o forse era soltanto un modo
per vincere l’imbarazzo per avere fatto
qualcosa di sbagliato.
Alla fine, grazie alle indicazioni del nostro
istruttore, siamo riusciti a riportare la
barca nella posizione corretta.

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In quel momento mi sono sentita sollevata
ed ho imparato che nelle situazioni di
pericolo bisogna mantenere la calma e fare
del proprio meglio per correggere gli
errori.
Di quell’estate ricordo anche una
bellissima serata con i miei nuovi amici.
Alla fine delle attività organizzate dagli
animatori, io e i miei amici abbiamo finto
di andare a letto e poco dopo ci siamo
ritrovati all’ingresso della base nautica per
continuare a giocare.
Abbiamo giocato a nascondino ed
ascoltato della musica. Ero felice di essere
con i miei amici, ma nello stesso tempo
avevo paura perché era buio, non c’era
neanche una luce e non potevamo
accenderne per paura di essere scoperti.
Mi ricordo che quella sera ascoltai una
canzone che non avevo mai sentito prima,

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ma mi piaceva molto: EGO.
La musica per me è sempre stata molto
importante, ed accompagna tutti i miei
stati d’animo e i miei ricordi, soprattutto
d’estate.
Quando sono triste riesce sempre a
risollevarmi, quando sono felice mi mette
ancora più di buon umore. Mi ha sempre
aiutato nei momenti più difficili, in tutti
quei momenti in cui non riesco a parlare
dei miei problemi con nessuno.
È come se ogni estate fosse accompagnata
da una “Playlist” e quando ascolto qualche
canzone degli anni scorsi, inizio a
ripensare a tutti i bei momenti e a tutte le
nuove esperienze vissute.
Questa estate, per esempio, ero in
Inghilterra e ad un certo punto iniziò una
canzone che era uscita 3 o 4 anni prima,
subito mi sono tornati in mente tutti i

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ricordi di quell’anno.
Un’ altra canzone legata all’estate, per me
molto importante è #fuori c’è il sole, è una
canzone che associo all’estate del 2015, mi
mette sempre molta allegria, il ritmo ed il
testo rappresentano l’estate: sole, mare,
montagna, piscina, musica. Di questa
canzone mi piace in modo particolare
questa strofa: “Questo inverno dove
andremo non importa, a volte la distanza
e solo un clichè, ma la mia barca segue il
vento e non la rotta, ma se vuoi tu invece
puoi seguire me”. Questo pezzo della
canzone mi fa venire in mente tutte le
emozioni e tutte le sensazioni bellissime
che ho vissuto con i miei amici
dell’Inghilterra.
Loro per me sono diventati come una
seconda famiglia, su cui posso sempre
contare, che ci sono sempre stati anche

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nei momenti più difficili, che sono diventati
così tanto in così poco, so che ci saranno
sempre per me e io farò lo stesso per loro.
Questo legame secondo me si è creato
perché non avevamo la famiglia vicina,
eravamo in un posto nuovo, straniero.
Quindi ci aiutavamo l’uno con l’altro i più
grandi facevano un po’ da genitori, mentre
quelli un po’ più piccoli (12-14) si facevano
da fratelli. Un altro motivo potrebbe essere
il fatto che abbiamo vissuto per 2
settimane assieme: stavamo assieme
dalla mattina alle 07.00 fino alla sera verso
01.30.
E’ stata un’esperienza che non
dimenticherò mai e poi mai, che mi ha
segnato molto in modo positivo e che mi
ha fatto crescere molto. Sono solo un po’
triste perché ad alcuni purtroppo ho
dovuto dire addio, mentre ad altri solo un

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arrivederci. Le mie amiche mi hanno
insegnato molto, in particolare c’è
un’espressione a cui le associo:
nonostante tutto.

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Tra le persone fantastiche che ho
incontrato in Inghilterra, c’era anche un
ragazzo di cui non ho mai saputo il vero
nome, che però si faceva chiamare Forest.
La prima volta che l’ho visto ero insieme
alle mie amiche: Alice, Giorgia e Elena.
Forest era un personaggio: jeans attillati,
maglietta con sopra fantasie strane,
smalto nero, una voce molto possente ma
che allo stesso tempo sembrava un po’ da
donna e aveva l’aria un po’ strana.
Il nostro primo incontro non è stato dei
migliori. Stavo stavamo parlando con dei
nostri amici e a me e Elena ci venne la
fantastica idea di farlo spaventare.
Avevamo appena finito di pranzare, io e
Elena iniziammo a correre, arrivate dietro
di lui gli urlammo nell’orecchio, non
sapendo che avesse in mano la cioccolata.
Si spaventò e tutta la cioccolata gli cadde

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sulle mani. Io e Elena ci sentivamo in colpa
così gli chiedemmo scusa e scappammo
via. Dopo un po’ di tempo andammo a
dirgli che gli avremmo portato la cioccolata
tutti i giorni a venire.
Da quel momento diventammo molto
amici, e lui si unì al nostro gruppo.
Una delle ultime sere facemmo la pizza. La
nostra professoressa ci comprò tre
margherite e una pizza al prosciutto.
Mentre il gruppo di Forest ne comprò due
davvero strane: una all’ananas e
prosciutto e l’altra alla banana.
Quella sera a mangiare la pizza eravamo
in dodici: Manuel, Davide, Nicola, Forest,
Tony, Andrea, Antonino, Lorenzo, Elena,
Alice, Giorgia e io. La pizza la facemmo
verso le 23.00. Quella sera mi divertii un
sacco, c’era la musica e eravamo chiusi in
cucina a mangiare e parlare. La musica

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che avevano messo mi piaceva molto
perché alcune canzoni non le avevo mai
sentite mentre ora ascolto solo quelle.
Alcune di queste canzoni sono: Amore e
Capoeira, Hold on, Love Me The Way You
Lie e tante altre.
Dopo tanti giorni di digiuno, vedere una
fetta di pizza è stato un sogno. La pizza
non era delle migliori, ma mi ha ricordato
la mia famiglia: di solito la domenica
facciamo la pizza tutti insieme. Ero molto
felice, anche perché dopo pochi giorni
avrei rivisto mio fratello e i miei genitori e
avrei, finalmente, riiniziato a mangiare
vero cibo.
Il mio primo desiderio, infatti, era di
mangiare una bella carbonara, e andò
proprio così: scesa dall’aereo in grande
ritardo, arrivai a casa alle due di notte
passate, ma nonostante l’ora tarda, mia

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mamma me ne fece quasi due etti!
I primi giorni trascorsi a Monza sono stati
per me molto tristi, perché ogni oggetto
che prendevo in mano, ogni canzone che
ascoltavo, qualunque cosa io facessi, mi
tornavano in mente tutti gli amici e tutti i
bei momenti passati assieme, le gite, le
serate in discoteca, le notti, tutti in una
stanza a chiacchierare fino alle tre del
mattino.
Mi mancavano e mi mancano ancora
adesso.
Il telefono mi ha aiutato a rimanere in
contatto con quasi tutti gli amici, ci
sentivamo più o meno tutti i giorni,
attraverso videochiamate e messaggi su
WhatsApp.
Dopo un mesetto abbiamo anche
organizzato di rincontrarci. Durante quel
mese ho contato le settimane, i giorni, le

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ore che mancavano all’appuntamento, e
quando finalmente è arrivato il momento
in cui li ho rivisti è stato come un sogno.
Qualche tempo dopo ho scoperto che
Alice, una ragazza con cui ho stretto una
profonda amicizia, ma che dubitavo di
riuscire a rivedere, vive a Valdobbiadene,
una città lungo il tragitto tra casa mia e
quella di mia nonna, che vive in provincia
di Belluno.

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Organizzare una tappa è stato un attimo:
mio padre non ha potuto negarmelo, tanta
è stata la mia insistenza.
Rivedere Alice è stato bellissimo, mi
sembrava ci fossimo separate da
un’eternità e invece erano meno di due
mesi. Con lei ho condiviso tutta la
nostalgia dell’Inghilterra e il desiderio di
tornarci al più presto.
Ci sono poi altri momenti che ricordo con
piacere, pur non provando una vera e
propria nostalgia: quando ad esempio
scopro nuovi luoghi e nuove culture, che
mi appassionano senza però lasciarmi
dentro quel senso di perdita che invece mi
dà la fine di una relazione con nuovi amici.
La vacanza in Campania con la mia
famiglia appartiene a questo secondo tipo
di esperienze. Uno dei luoghi più
suggestivi è stato il sentiero per

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raggiungere il cratere del Vesuvio: le
pareti della montagna che costeggiavano il
percorso erano di lava solidificata.
Continuavo a toccarla, era leggera e
irregolare nella forma, era piena di buchi e
aveva un colore rossastro.

Era affascinante pensare che si fosse
formata dalla lava incandescente e che la

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lava avesse addirittura raggiunto e
sommerso Pompei. Mi ha incuriosito
talmente che ho deciso di portarne a casa
alcuni pezzi per poterli osservare con la
lente di ingrandimento.
Il paesaggio era sorprendente già dalla
salita, ma quando sono arrivata in cima
sono rimasta senza parole dalla
spettacolare visione del cratere. Era molto
ampio, anche se me lo aspettavo più
profondo. Ad un certo punto ho notato del
fumo uscire dalle rocce: ho creduto che il
Vesuvio avrebbe eruttato di lì a poco, ho
pensato affannosamente a come scappare
e trovare riparo, ma ogni scenario che mi
immaginavo si concludeva con una morte
sicura. Per fortuna mia madre mi ha
rassicurato: a volte un abbraccio dissolve
tutte le paure. Solo a quel punto ho ripreso
a godermi il paesaggio e a rivolgere il mio

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sguardo anche al Golfo di Napoli, che da
lassù scintillava di bellezza.
Il mio viaggio di scoperta è continuato a
Pompei. Anche qui ci sono stati attimi di
terrore: il cielo era splendente, faceva
molto caldo, ma improvvisamente
abbiamo udito dei boati simili a dei tuoni.
Ancora una volta ho creduto che il vulcano
stesse per eruttare, ma fortunatamente si
trattava solo delle avvisaglie di un
temporale estivo.
Con la pioggia era ancora più
entusiasmante girare per le strade di
Pompei, perché tutti i visitatori, tranne noi,
si erano rifugiati sotto alcune tettoie,
lasciandoci padroni della città deserta.
Mio fratello ed io ci divertivamo a saltare
da una roccia all’altra per evitare le pozze
formatesi a causa del temporale, e
cercavamo l’uscita districandoci tra le case

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e le stradine, come in un labirinto.
Il cielo era scuro, la luce fredda e l’umidità
trasportata dal vento rendeva l’atmosfera
densa di mistero. Tutto ciò, più che
inquietarmi mi incuriosiva, come nei
thriller, dove la paura più che respingerti ti
attira e accresce il tuo desiderio di saperne
di più.
Mi sembrava di essere dentro Once upon a
time, dove ogni tanto ci sono momenti un
po’ inquietanti, ma che allo stesso tempo
non riusciresti a smettere di guardarlo.
Immaginavo di essere una ragazzina di
quei tempi, di passeggiare per quelle vie
fatte in pietra e magari durante i temporali
dover correre e saltare da una roccia
all’altra per non inzupparsi i piedi e cercare
di mettersi al riparo il prima possibile.
Alla fine del temporale il cielo si è
rischiarato ed era pazzesco vedere come

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Pompei nel giro di pochi minuti si fosse
ripopolata.
Quel temporale mi ha permesso di scoprire
come gli abitanti di Pompei raccoglievano
l’acqua nelle fontane dei cortili. Inoltre ho
visitato anche i forni dove cuocevano il
pane, i calchi delle persone e degli animali
sorpresi dalla lava mi hanno impressionato
particolarmente essendo che comunque
erano morte e che purtroppo si sono
trovati nel posto sbagliato al monto
sbagliato.
Aver visitato Pompei mi ha fatto riflettere
molto su come funziona la memoria: le
esperienze, i luoghi, le persone che
incontri, si cristallizzano nella tua mente e
quando cerchi di ricuperarle, le ritrovi per
quello che erano ma nello stesso tempo tu
sei cambiato.
Mio padre mi ha raccontato che oltre 2500

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anni fa, in Grecia, ha vissuto un filosofo di
nome Eraclito, a cui si attribuisce la frase
Panta Rei che significa Tutto scorre. Per
spiegare il senso di questa frase era solito
dire che non potrai mai immergerti due
volte nello stesso fiume: è facile
comprendere come il fiume, scorrendo
incessantemente, sia sempre diverso;
meno immediato, ma altrettanto vero, è
che anche tu, nel tempo cambi.
Io so che le esperienze che ho vissuto sono
irripetibili, ma nello stesso tempo esse
continueranno a rivivere, seppure in modi
sempre diversi, in me.
Fino all’età di otto anni ho vissuto nella
casa dove oggi ci vive mia nonna: la
ricordo come una casa grande, spaziosa e
simile ad un labirinto. Quando la visito
oggi, mi rendo conto invece di quanto sia
piccola ed essenziale, ma non posso

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evitare di ripensare alle lunghe
passeggiate che facevo fare alle mie
bimbole tra il salotto e la camera da letto.
Oggi le stesse bambole, nella stessa casa,
passeggiano accompagnate dalle mani
incerte della mia piccola cuginetta Elisa.
Talvolta nel badare a lei, mi rimmergo in
quelle atmosfere spensierate dimentican-
domi per qualche minuto chi sono oggi.
Il rapporto che ho con mia cugina, è un po’
strano, abbiamo ben undici anni di
differenza, il che vuol dire che gli interessi
sono diversi però tra me e lei c’è un
legame indescrivibile.
Per me lei è come una piccola sorellina a
cui dover badare ogni tanto, un piccolo
momento per riflettere su come ero e su
quello che potevo essere, una specie di
piccolo viaggio nel tempo che se pur breve
magnifico, come lei.

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Un’altra persona molto importante per me,
una delle persone a cui volevo più bene,
una delle persone a cui volevo
assomigliare è la mia bisnonna.
Una donna forte, coraggiosa, affettuosa,
generosa, sorridente, una persona che
anche se dentro soffriva non lo faceva
vedere.
Purtroppo l’anno scorso è venuta a
mancare: per me è stato molto doloroso
perché è stata la prima volta che mi sono
trovata difronte all’ineluttabilità della
morte.
Ci sono diversi ricordi che associo a lei: ad
esempio quando andavo a trovarla e mi
dava sempre qualche merendina o qualche
caramella di nascosto, quando mi
raccontava le storie, quando mi chiedeva
di alzare il volume della televisione a causa
del poco udito che le rimaneva.

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Per me lei è sempre stata e sempre sarà
una persona speciale, che rimarrà per
sempre nel mio cuore e che in qualche
modo mi ha reso quello che sono oggi.
Per me parlare dei miei famigliari che sono
venuti a mancare è molto complicato, pur
non avendoli conosciuti: ad esempio il
nonno Mario.
Mia madre mi ha raccontato che lui aveva
molte cose in comune con me: la
creatività, la determinazione, l’energia e la

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passione nel fare quello che ci piace.
Io lui purtroppo l’ho visto solo in foto,
aveva un aspetto coraggioso, una persona
che ha sempre voglia di fare.
Per me parlare di questi argomenti è molto
complicato, perché nella mia vita ci sono
state diverse perdite.
Quando racconto di questi argomenti mi
viene in mente un fatto successo verso la
fine dell’anno scorso: la separazione dei
miei.
So che tutte le scelte che prendono i miei
genitori non sono stupide, ma che servono
a qualcosa; allo stesso tempo so anche
però che, pur essendo un’azione fatta a fin
di bene, crea della sofferenza, soprattutto
per mio fratello e me.
Non è semplice non avere più la figura
paterna tutti i giorni in casa e non è
semplice nemmeno avere solo quella

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materna: mio padre infatti è sempre stato
una valvola di sfogo e mia madre, che
invece di carattere è un po’ ansiosa, da
sola fa fatica a tenere insieme tutto.
D'altronde però mi reputo fortunata
perché la separazione dei miei non è tosta
come altre: ho amici per cui la separazione
dei genitori ha rappresentato la perdita di
uno dei due, invece nel mio caso i miei
genitori sono forse più uniti adesso di
prima e testimoniano costantemente il loro
amore a me e mio fratello.
Ogni tanto vorrei sfogarmi, ma non ci
riesco sempre, anche perché per me è
difficile far capire agli altri quello che
provo. È più facile fare finta di niente: in
quest’ultimo periodo, però, ho capito che
è meglio sfogarsi piuttosto che tenersi
tutto dentro. L’importante è avere al
proprio fianco qualcuno capace di

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ascoltare e capire. E io, fortunatamente,
ce l’ho!

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