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Published by urbanapneaedizioni, 2016-09-22 15:32:53

0-9. ZERONOVE | 16Ruelle - FreeVersion

0-9. Zeronove - 16Ruelle - FreeVersion

di SERGIO CATALDI

SCISSOR SISTERS
Scissor Sisters
2004

ETICHETTA: Polydor
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Glam Pop, Nu-Disco,
Electroclash
BRANI MIGLIORI: Filthy/Gorgeous,
Laura, Return to Oz
DOVE ASCOLTARLO: Ovunque si voglia
portare il buon umore
SE FOSSE UN COLORE: Rosa cipria
SE TI PIACE ASCOLTA: Supertramp,
Bee Gees, Hercules And Love Affair

2004

SCISSOR SISTERS
Scissor Sisters

Mio padre è il responsabile della mia folgorazione per que-
sto album. Nel corso dell’infanzia parte della formazione
musicale passiva è dovuta agli ascolti familiari, e mio padre
in quei giorni ha avuto la sua momentanea fase di ammira-
zione per i Bee Gees che io inconsapevole, mi sono trovato
ad assimilare. Quando è uscita la cover degli Scissor Si-
sters di Confortably Numb, mentre a tutti i fan puristi dei
Pink Floyd si accapponava la pelle, io ho avuto la reazione
opposta: ballavo felice ricordando quanto mi divertisse da
bambino ascoltare You Should Be Dancing dei fratelli Gibb.
Il passo successivo è stato di chiedere a un amico l’album
in vinile direttamente da Londra e lì è nato l’amore folle per
quello che lo stesso Bono degli U2 ha riconosciuto un capo-
lavoro di musica pop. E in effetti l’opera prima del quintetto
newyorkese ha un’architettura priva di sbavature, non c’è
che dire: col suo incedere allegro, ironico e deliberatamen-
te provocatorio, è un disco che di brano in brano non delude
e che si apprezza sino alla fine, lasciando dentro soltanto
la voglia di riascoltarlo da capo. Tra le pieghe disco-pop di
questo esordio da oscar trova spazio anche una perla fuo-
ri contesto, ma ben piazzata in chiusura, Return to Oz, un
esplicito omaggio a David Bowie del periodo glam che risul-
ta originale e si imprime a fuoco nell’anima come brano di
bellezza disarmante. Un album da possedere, da metabo-
lizzare, da ballare, da dimenticare per un po’ di tempo per
riscoprirlo e gustarlo di nuovo.

2004

di FABIO CASANO

AIR
Talkie Walkie
2004

ETICHETTA: Source/Virgin 2004
NAZIONALITÀ: Francia
GENERE: Elettronica, New Lounge
BRANI MIGLIORI: Cherry Blossom
Girl, Alone in Kyoto, Mike Mills
DOVE ASCOLTARLO:
All’ombra della Torre Eiffel, in
compagnia di una fanciulla in fiore
SE FOSSE UN COLORE:
Blu Avio, il colore dei fighetti…
SE TI PIACE ASCOLTA:
Serge Gainsbourg, Brian Eno, Zero 7

AIR
Talkie Walkie

A me gli Air stanno antipatici. Sarà per quell’aria che mi ri-
corda i compagni di scuola, quelli fighetti, che indossavano
sempre gli abiti giusti, portavano la polo con il colletto rial-
zato senza sembrare dei tamarri, prendevano voti alti, erano
i favoriti dei professori e si presentavano alle feste sempre
in compagnia di ragazze bellissime.
Sarà che sono francesi e possiedono quella spocchia che li
ha resi odiosi a mezzo mondo e in più c’è la testata di Zidane
ai Mondiali di Calcio del 2006.
Eppure Talkie Walkie mi piace moltissimo. Mi piace perché
è più Air-style (scusate la battuta da Coiffeur) di 10000 Hz
Legend, che con i suoi Floydismi non mi aveva tanto con-
vinto o forse perché hanno dedicato una canzone, Cherry
Blossom Girl, alla famosa ex-pornostar Tracy Lord. Ma poi,
pensandoci bene, mi piacciono perché in questo lavoro si di-
mostrano i figli futuristi del Gainsbourg di Histoire de Melo-
dy Nelson, e sono sicuro che il vecchio sporcaccione avrebbe
approvato, o perché si capisce che hanno mandato a memo-
ria la lezione di Brian Eno in Another Green World – Mike
Mills – e chi ascolta Eno ha tutta la mia stima.
Mi piacciono perché Alone in Kyoto è il pezzo che Sylvian e
Sakamoto hanno dimenticato di registrare, e sarebbe stato
un peccato se fosse andata così. Mi piacciono. Ma restano
sempre antipatici.

2004

di SERGIO CATALDI

THE LIBERTINES
The Libertines
2004

ETICHETTA: Rough Trade 2004
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Indie Rock, Garage Rock
BRANI MIGLIORI:
The Man Who Would Be King,
Music When The Light Go Out,
What Katie Did
DOVE ASCOLTARLO: In un club al
massimo del volume possibile
SE FOSSE UN COLORE: Giallo rum
SE TI PIACE ASCOLTA: Babyshambles,
Franz Ferdinand, Beady Eye

THE LIBERTINES
The Libertines

Perché ascoltare questo secondo album dei The Liberti-
nes? È un interrogativo più che lecito se si considera che
la band londinese non brilla per originalità e non ha scrit-
to chissà quale pagina fondamentale della storia del rock.
Inoltre il personaggio di Pete Doherty mi fa una cordiale
antipatia, però sulla mia valutazione compensa l’altra fac-
cia della band, Carl Barât, che al contrario reputo un vero
artista dalla vena creativa parecchio interessante. E quindi,
perché? Perché al di là di ogni pregiudizio possibile il disco
è bello e accattivante senza se e senza ma. In un panorama
indie saturo di pubblicazioni come il primo quinquennio de-
gli anni zero, farsi notare nella massa non era certo facile e
oggi lo è ancor di più. Ma le quattordici tracce che compon-
gono The Libertines fanno terra bruciata intorno alla con-
correnza dei prodotti coevi: con brani quali il singolo Can’t
Stand Me Now o What Katie Did (che cita esplicitamente i
The Kinks) c’è poco da discutere sulla qualità, hanno fatto
centro al primo colpo. La vera chicca è rappresentata da
Music When The Light Go Out che trovo irresistibile. In de-
finitiva i ragazzi sono un po’ gradassi, Doherty è un fattone,
ma la sostanza c’è!

2004

di VITO POMPEO

MORRISSEY
You Are the Quarry
2004

ETICHETTA: Sanctuary/Attack Records 2004
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Cantautorale
BRANI MIGLIORI:
America Is Not the World,
Irish Blood, English Heart,
Let Me Kiss You
DOVE ASCOLTARLO: In cuffia,
il giorno delle elezioni
SE FOSSE UN COLORE: Rosso
SE TI PIACE ASCOLTA: Smiths,
Billy Bragg, Paul Weller

MORRISSEY
You Are the Quarry

Impossibile non volere bene a Steven Patrick Morrissey.
Geniale, spiazzante, sempre coerente con se stesso. Dato
per spacciato all’uscita di ogni suo nuovo album, l’ex leader
degli Smiths, in barba come sempre ai detrattori dell’ultima
ora e al mondo intero, pubblica con You Are the Quarry for-
se uno dei migliori album della sua intera carriera solista.
Spocchioso e sicuro al limite del fastidio, a partire dalla co-
pertina dove impugna con nonchalance un fucile da gang-
ster, il nostro Moz centra il bersaglio con una serie di pezzi
memorabili a partire dal brano di apertura America Is Not
the World, invettiva al vetriolo camuffata da ballata dove il
nostro spara a zero sul mondo a stelle strisce, non rispar-
miando politica (America, the land of the free, they said…but
where the president is never black, female or gay…) e la sem-
pre a lui cara critica salutista, dai tempi di Meat Is Murder.
Ma gli strali sono rivolti anche verso la sua Inghilterra, nella
successiva Irish Blood, English Heart, dove addirittura so-
gna di vedere i propri connazionali stufarsi per sempre di
conservatori e laburisti, sputando, proprio così, sputando,
sul nome di Oliver Cromwell. Roba forte, insomma. A rende-
re il tutto ancora più incandescente e appetibile ci pensano
la (pseudo?) crisi religiosa di I Have Forgiven Jesus e Let
Me Kiss You, stupenda nella sua delicatezza ed intensità. Il
successivo Ringleader of the Tormentors non riuscirà a bis-
sare la solidità compositiva e tematica di You Are the Quar-
ry, lasciando presagire una certa stanchezza, forse anche
fisica. Ma fin quando il vecchio caro Moz sarà ancora in giro,
noi ce lo teniamo stretto.

2004



2005

DUEMILACINQUE

RECENSIONI 2005

BAJARDI: Amon Tobin – Chaos Theory: Splinter Cell 3 Soundtrack
CASANO: Antony and The Johnsons − I Am a Bird Now
POMPEO: Sufjan Stevens − Illinois
LAMARTINA: Baustelle − La Malavita
DI FIORE: LCD Soundsystem − LCD Soundsystem
ZUMPANI: Bloc Party − Silent Alarm
CATALDI: Offlaga Disco Pax −
Socialismo Tascabile (Prove Tecniche di Trasmissione)
CATALDI: New Order − Waiting for the Sirens’ Call
POMPEO: My Morning Jacket − Z

di MARIO BAJARDI e ALESSANDRO SANFILIPPO

AMON TOBIN
Chaos Theory:
Splinter Cell 3
Soundtrack
2005

ETICHETTA: Ninja Tune
NAZIONALITÀ: Brasile
GENERE: Drum'n'Bass, Breakbeat
BRANI MIGLIORI: The Lighthouse,
Ruthless, Theme from Battery
DOVE ASCOLTARLO:
In macchina, di notte, percorrendo
una vecchia statale
SE FOSSE UN COLORE: Verde Fluo
SE TI PIACE ASCOLTA: Bonobo, Funky
Porcini, Dj Shadow

2005

AMON TOBIN
Chaos Theory: Splinter Cell 3
Soundtrack

Splinter Cell, per chi non lo conoscesse, è un noto video-
game stealth, in cui il videogiocatore impersona un agente
segreto intento a combattere minacce terroristiche in giro
per il mondo. Per la maggior parte del tempo è immerso in
atmosfere cupe, buie, angoscianti, il cui silenzio viene frene-
ticamente interrotto da sparatorie lampo. Il lavoro che Amon
deve compiere, e che compie con meticoloso zelo, è proprio
quello di riportare in vibrazione ciò che gli sviluppatori della
Ubisoft riportano in frame. E attende al suo compito crean-
do una soundtrack che, oltre a calzare a pennello con tutta
l’ambientazione videoludica, vive una vita propria ed egregia
fuori dalle scene di uno schermo. Scordatevi la Chiptune
anni ottanta a 8 Bit stile Super Mario Theme (rispettandone
la sacralità), e immergetevi in una drum‘n’bass underground
di tutto rispetto che il nostro geniaccio brasiliano ben con-
feziona. I ritmi sono, a buona ragione, incalzanti, crescenti,
tensivi, ossessivi. The Lighthouse, prima traccia, apre con
degli archi che ronzano in sottofondo per lasciare subito
spazio a un giro di basso, figo, ma figo proprio. Stesso basso
che ritroveremo nella successiva Ruthless, accompagnato
da un’indemoniata sezione ritmica. Theme from Battery,
cambia registro, l’aria si fa più furtiva, e ti senti subito uno
007 in missione. Con questa soundtrack Amon realizza un
lavoro pregevole e tiene alta la fama di maestro d’elettroni-
ca contemporaneo. Non siamo certo agli altissimi livelli di
ISAM o Supermodified, ma sono senza dubbio 10 tracce che
meritano più di un ascolto, in cui, il suo tipico stile, un mix di
jazz, nu-jazz, elettronica, drum‘n’bass, blues e hip hop rifo-
cilla gli animi degli amanti del genere e incuriosisce i novizi.

2005

di FABIO CASANO

ANTONY
AND THE JOHNSONS
I Am a Bird Now
2005

ETICHETTA: Rough Trade 2005
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Melancholic Pop
BRANI MIGLIORI: You Are My Sister,
What Can I Do, Fistful of Love
DOVE ASCOLTARLO: La domenica
mattina a letto. Fuori piove, meglio
restare sotto le coperte
SE FOSSE UN COLORE:
Bianco Madreperla
SE TI PIACE ASCOLTA:
Rufus Wainwright, This Mortal Coil,
David Sylvian

ANTONY AND THE JOHNSONS
I Am a Bird Now

MELANCONIA : Stato patologico di tristezza e depressione co-
stanti, apparentemente senza causa, che impedisce al sogget-
to di interessarsi e rispondere a molte sollecitazioni ambien-
tali… ( Dizionario Enciclopedico UTET, 1970).
Riflettiamo un momento: ci sono giorni in cui tutto appare
grigio, fuori piove, le giornate si trascinano lente e la tristez-
za è il rumore di fondo costante che ci fa compagnia.
All’improvviso un angelo con la sua voce viene a salvarci,
a innalzarci dal nostro stato di prostrazione sublimando la
nostra sofferenza trasformandola in una tensione nobile ed
eroica, elevata.
Anthony, un cherubino dentro il corpo di un lottatore di Sumo.
La voce dolente, gli arrangiamenti di archi così opulenti e ri-
gorosi arrivano al cuore, ai nostri sensi resi ottusi dalla de-
pressione. Ascoltiamo il nostro caro angelo che raggiunge
i vertici dell’Empireo, mentre mirabilmente duetta con Boy
George (sì, quello là), con Rufus Wainwright, con Lou Reed,
il suo primo mentore, oppure si dibatte come un animale in
trappola nell’iniziale Hope There’s Someone.
Adesso la tristezza è diventata un battito d’ali che si allon-
tana veloce e il sole torna a splendere. Chiudiamo gli occhi
e abbandoniamoci alla voluttà.
Il domani è ancora lontano…

2005

di VITO POMPEO

SUFJAN STEVENS
Illinois
2005

ETICHETTA: Domino 2005
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Folk, Cantautorale,
Orchestral Pop
BRANI MIGLIORI: Concerning the UFO
Sighting Near Highland, Come On!
Feel the Illinoise, Chicago
DOVE ASCOLTARLO: Su una giostra,
mangiando dello zucchero filato
SE FOSSE UN COLORE: Blu
SE TI PIACE ASCOLTA: Songs:Ohia,
The Fiery Furnaces, Stereolab

SUFJAN STEVENS
Illinois

Sono pronto a pagare qualsiasi cifra per sapere cosa pas-
sa nella testa di Sufjan Stevens. Se si avesse l’opportunità
di esplorare le infinite diramazioni della creatività del can-
tautore statunitense ci si troverebbe davanti ad una sorta di
parco dei divertimenti aperto h24. Un ipotalamo dotato di
luci a intermittenza collegato ai due emisferi celebrali tra-
mite delle super ingarbugliate montagne russe. Vi va di fare
un giro su questa giostra? Bene, preparatevi allora a tuf-
farvi nell’universo di Illinois. Dirompente, schizofrenico, im-
possibile da classificare, il successore di Michigan nel folle
progetto di dedicare un album ad ogni stato americano è un
“hellzapoppin’” di fiati, archi, pianoforti, chitarre e chi più ne
ha più ne metta. Il troppo stroppia? Forse, ma non in questo
caso. Stevens dimostra una maestria nel saper dominare la
poliedricità della propria ispirazione musicale davvero fuori
dal comune. Ci si può così commuovere con i primi sempli-
ci accordi di Concerning the UFO Sighting Near Highland,
Illinois o lasciarsi trasportare dal contagioso crescendo di
Chicago, ma anche ammirare degli altissimi episodi di can-
tautorato come in John Wayne Gacy Jr. Sarà proprio questa
vena essenziale e intima, dopo la scorpacciata elettronica di
The Age of Adz, a essere resa da Stevens ancora più scarna
e protagonista a nove anni di distanza nel bellissimo Carrie
and Lowell, quasi a volersi disintossicare da tutta questa in-
digestione di note. Ma niente paura. Siamo certi che i gettoni
per l’ottovolante non sono ancora finiti.

2005

di MANFREDI LAMARTINA

BAUSTELLE
La Malavita
2005

ETICHETTA: Warner
NAZIONALITÀ: Italia
GENERE: Cantautori Indie Pop
BRANI MIGLIORI: Sergio,
I Provinciali, A Vita Bassa
DOVE ASCOLTARLO: In tutti i posti in cui
ci si sente a disagio
SE FOSSE UN COLORE:
Sarebbe nero. Anzi noir
SE TI PIACE ASCOLTA: Amor Fou

2005

BAUSTELLE
La Malavita

La Malavita è il suono perfetto di un millennio appena ini-
ziato e già adesso ai titoli di coda. Il canto di una società
atomizzata, con mille prospettive differenti che vanno in
crash ripetuto fra loro. Il precariato di oggi sarà il posto
fisso di domani, una chimera sostituita da contratti rinno-
vabili di ora in ora. Così, per tenersi in allenamento: e ri-
cordate di dire sempre grazie. Il non aver conosciuto né la
guerra, né la fame, né il piombo (al massimo la droga e la
noia) diventa una colpa storica che le generazioni ingrigite
vogliono far pagare caro ai figli di bim bum bam. E allo-
ra prendetevi il vostro sacrosanto vaffanculo di risposta,
possibilmente con contorno Baustelle: la mala vita è fatta
di melodie dolci e parole tetre, cantautori senza bandie-
re né consolazioni né appartenenze di comodo, solo verità
sincere ripetute il giusto, tanto per non lasciare nulla che
sia dubbio o ambiguità. I calendari cambiano, i famosi ridono
e tutto il resto è inutile, questo canta Francesco Bianconi.
Sembra la Milano da bere, quella poi è andata di traverso
al resto del Paese. In realtà sono parole che descrivono il
nostro quotidiano.

2005

di MARGHERITA G. DI FIORE

LCD SOUNDSYSTEM
Lcd Soundsystem
2005

ETICHETTA: Universal 2005
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Elettronica,
Dance Punk, Pop
BRANI MIGLIORI: Daft Punk is Playing
at My House, Never As Tired As
When I’m Waking Up, Great Release
DOVE ASCOLTARLO: In una stanza con la
porta ben chiusa
SE FOSSE UN COLORE: I colori prodotti
dalla luce che attraversa un prisma
SE TI PIACE ASCOLTA:
Talking Heads, Fall

LCD SOUNDSYSTEM
Lcd Soundsystem

Entra nel mondo di James Murphy e chiudi bene la porta 2005
dietro di te: non permettere che scappino le sperimentazioni
dance, i trucchi pop, le divagazioni electro-ambient, perché
questo è realmente un mondo a sé, con le sfumature ne-
cessarie, lo spazio che s’allarga e si comprime, gli umori
che circolano liberamente, variabili e in contrasto tra loro.
L’unica certezza è che i sentimenti qui sono quadrati, hanno
spigoli pungenti e intinti in geometrie acri, e l’amore pas-
sa attraverso un prisma per scomporsi in tutti i colori che
siamo io e te: Never As Tired As When I’m Waking Up ne è
un esempio calzante, è la psichedelia che ricopre di strati
brillanti come porporina la strada, perché c’è chi nei giochi
di luce scopre la scienza, chi la magia.
Daft Punk Is Playing at My House è asciutta, cammina dritta
con lo sguardo fisso e non le importa se balli o stai sul di-
vano ad aspettare la prossima canzone, non le importa de-
gli sguardi stucchevoli che lanci: solo sentimenti quadrati,
amore scomposto, qualche passo di danza basic. Tribula-
tions è una passeggiata new wave nel bel mezzo degli anni
ottanta, sotto un ombrello elettronico che detta il tempo.
Disco infiltrator spinge sul beat lineare e sintetico. Great
Release chiude il primo disco con la pioggia che scende sui
vetri e tu lontano che quasi non ti si vede, e non so bene se il
problema sia io che resto, o tu che te ne vai.
Lasciati tagliare in due da Losing My Edge che possiede
un’attitudine punk, un vestito di elettronica minimale e un
piglio versatile da t-shirt che sta bene con tutto, lasciati
fare a pezzi da Tired che è puro punknoise ed eleva il ru-
more e l’urlo a rinnovata dignità: entra in questo mondo,
assapora le geometrie e innamorati degli spigoli.

di FEDERICO ZUMPANI

BLOC PARTY
Silent Alarm
2005

ETICHETTA: Wichita Recordings
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Indie Rock,
Post-Punk Revival
BRANI MIGLIORI: Helicopter,
So Here We Are, Luno
DOVE ASCOLTARLO: Da solo,
durante una passeggiata
SE FOSSE UN COLORE: Bianco
SE TI PIACE ASCOLTA: Maxïmo Park,
The Rakes, Yeah Yeah Yeahs

2005

BLOC PARTY
Silent Alarm

Il contesto inglese è il riferimento musicale in cui i Bloc Par- 2005
ty creano un nuovo pseudo-genere, sia per i toni armonici
sia per la voce suggestiva del frontman, Kele Okereke. In un
momento storico che vede la predominanza dell’indie rock,
i Bloc Party creano uno stile parallelo, in cui si può parlare
di un britpop del terzo millennio. Like Eating Glass è fiume
in piena che elimina l’individualismo e rende una perfetta
coordinazione musicale. Helicopter elimina le mezze mi-
sure unendo momenti di quiete a esplosioni. Sitive Tension
evidenzia le percussioni, così come i frangenti elettronici e
sperimentali, percepibili nella voce che si mischia e cambia
forma, Banquet genera un ritmo che torna alla mente anche
attraverso gli eco e i riff costanti. Blue Light, luce del suo-
no senza esplosioni imminenti, con poche note, rappresenta
una delle ballate più suggestive dell’album. She’s Hearing
Voices, imponente crescendo di armonia e tensione, è ri-
flessione confluita nel dettaglio: iniziali squarci di riff di-
storti mostrano l’identità del brano con un finale in cui un
assolo diventa motivo musicale. This Modern Love mantie-
ne la volontà di emozione, combinando stili e generi dando
prevalenza al suono pulito. Pioneers è stasi apparente che
si dimena nelle ritmiche e mostra un volto differente nel
corso del tempo. Price of Gas mantiene il crescendo, gene-
rando nuove forme e attitudini artistiche, per poi arrivare a
Here We Are, vera ballata dell’album, da ascoltare contem-
plando la realtà. Luno, instantanea punk del disco, travolge
in modo schietto, intervallando espressività sonora soave
a punti arditi nella coordinazione. Plans sottolinea la pre-
dilezione alle atmosfere indie rock, mentre Compliments
chiude questo cammino, tornando alla pace immortalata da
accordi e armonie.

di SERGIO CATALDI

OFFLAGA DISCO PAX
Socialismo Tascabile
(Prove Tecniche
di Trasmissione)
2005

non presente su spotify

ETICHETTA: Santeria 2005
NAZIONALITÀ: Italia
GENERE: New Wave, Synth Pop,
Electroclash
BRANI MIGLIORI:
Kappler, Robespierre, De Fonseca
DOVE ASCOLTARLO:
Sul divano, in cuffia, a basso volume
SE FOSSE UN COLORE:
Rosso bandiera del P.C.I.
SE TI PIACE ASCOLTA: CCCP Fedeli Alla
Linea, Young Marble Giants, The XX

OFFLAGA DISCO PAX
Socialismo Tascabile
(Prove Tecniche di Trasmissione)

Ho scoperto Robespierre, singolo che ha anticipato l’usci-
ta di questo disco, grazie a Ruggiero amico e collega dj. Al
tempo l’album era già uscito, ma io, sebbene stia sempre
attento alle novità indipendenti del mercato italiano, mi
ero fatto scappare questa chicca. Ricordo come fosse oggi
quel pomeriggio a casa sua, quando mi disse: «Li hai sen-
titi gli Offlaga?», e di come prima che potessi rispondere
venni travolto da quella furia di drum-machine, chitarre
punk e rime recitate che mi lasciarono a bocca aperta. Il
caso volle che di lì a poco la band emiliana fece data pro-
prio a Palermo, quindi la mia conoscenza dell’album (che
acquistai al concerto) avvenne dal vivo, cosa che in gene-
re adoro. Quella sera eravamo tutto sommato in pochi ad
ascoltare quel singolare trio sul palco. Pochi, ma buoni.
Mi sentii proiettato indietro nel tempo, sia per i contenuti
delle canzoni che recitano storie e memorie personali sia
per l’impressione di rivivere un concerto dei CCCP Fedeli
Alla Linea al quale ebbi la fortuna di assistere tanti anni
fa. Ebbene sì, le similitudini con questi ultimi sono tante al
punto che gli Offlaga Disco Pax mi si svelarono agli occhi
e alle orecchie come una versione “anni zero” della band
di Giovanni Lindo Ferretti, ma la differenza sostanziale è
stata l’esperienza vissuta: la comunicazione unilaterale
proveniente dal palco, sebbene forte, mai rabbiosa e dot-
trinale, ma mistica ed ipnotica.

2005

di SERGIO CATALDI

NEW ORDER
Waiting for
the Sirens’Call
2005

ETICHETTA: London Records
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Alternative Rock, Synth Pop
BRANI MIGLIORI:
Morning Night and Day, Krafty,
Waiting for the Sirens’ Call
DOVE ASCOLTARLO:
All’alba fuori in balcone
SE FOSSE UN COLORE: Arancione
SE TI PIACE ASCOLTA: Pet Shop Boys,
Elettronica, Vive La Fete

2005

NEW ORDER
Waiting for the Sirens’Call

Non ho scelto di recensire questo disco dei New Order per-
ché è uno dei loro lavori meglio riusciti, anzi. La realtà è
che ci sono affezionato perché è stato la colonna sonora di
un periodo molto particolare, uno di quei momenti difficili
della vita che sono scanditi dalla transizione da uno stato
all’altro. La stessa considerazione può valere per il ruo-
lo che Waiting for the Sirens’ Call riveste all’interno della
produzione discografica della band mancuniana, ovvero
un album di passaggio tra un acclamato successo a segui-
to di una lunga assenza dalle scene (Get Ready, 2001) ed
una nuova era della loro carriera (Music Complete, 2015).
“Essere stati i Joy Division” (per chi non lo sapesse) è un
tratto distintivo che continua ad aleggiare nelle atmosfe-
re di gran parte dei brani, ma il sound è marcatamente
quello della loro seconda incarnazione, con una qualità
di contenuti un tantino inferiore rispetto agli standard del
gruppo. Ciò non toglie che è un disco che suona bene. Fa
il suo dovere se suonato nell’autoradio di una macchina
quando, in una serata senza grandi pretese, si ha voglia di
stare un po’ da soli per perdersi nei propri pensieri. Ecco,
è per l’appunto un album senza grandi pretese. Ma sono i
New Order!

2005

di VITO POMPEO

MY MORNING JACKET
Z
2005

ETICHETTA: ATO Records/Sony BMG
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Rock, Pop, Psichedelia
BRANI MIGLIORI:
Gideon, Lay Low, Dondante
DOVE ASCOLTARLO: In un palazzetto
dello sport gremito di gente
SE FOSSE UN COLORE: Verde
SE TI PIACE ASCOLTA: Mercury Rev,
Flaming Lips, Neil Young

2005

MY MORNING JACKET
Z

Quando credi di avere ascoltato tutto. Quando la sola idea
di accostarti alla nuova “next big thing” ti mette un’ansia
addosso che neanche una seduta dal dentista, ecco che ar-
rivano i My Morning Jacket a farti ricredere. Certo, se poi il
disco in questione è quel piccolo capolavoro di Z, ci vuole
poco a cambiare opinione. Il quarto album della band del
Kentucky è un caleidoscopio di sonorità nel quale ci si può
perdere. It Beats for You è magia psichedelica. Gideon è
il pezzo che gli U2 cercano di scrivere da più di un decen-
nio e siamo sicuri che farebbe gola anche a Springsteen e
alla sua E Street Band. Si va anche dal power pop di What
a Wonderful Man agli echi reggae di Off the Record, dalla
cavalcata elettrica di Lay Low alla ballata perfetta di Knot
Comes Loose. Ma è Dondante la vera gemma. Impossibile
non provare un brivido davanti alle incontestabili doti vocali
di Jim James, dal timbro inconfondibile. Da rimanere a boc-
ca aperta. Stupore. Ecco: se dovessi scegliere tra le svariate
sensazioni che l’ascolto di Z mi ha provocato, lo stupore sa-
rebbe senz’altro quella più rappresentativa. Stupore verso
un lavoro inclassificabile, eterogeneo, geniale. Unico nel
panorama rock di inizio ventunesimo secolo.

2005



2006
DUEMILASEI

RECENSIONI 2006

BAJARDI: The Flaming Lips – At War with the Mystics
PAULSEN: Amy Winehouse – Back to Black
LAMARTINA: Nathan Fake − Drowning in a Sea of Love
DI FIORE: Vanessa Van Basten − La Stanza di Swedenborg
DI FIORE: Non Voglio Che Clara − Non Voglio Che Clara
CASANO: The Decemberists − The Crane Wife
PAULSEN: Thom Yorke – The Eraser
ZUMPANI: Cat Power − The Greatest
POMPEO: Bonnie ‘Prince’ Billy − The Letting Go

di MARIO BAJARDI e ALESSANDRO SANFILIPPO

THE FLAMING LIPS
At War
with the Mystics
2006

ETICHETTA: Warner Bros 2006
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Rock, Alternative Rock,
Psychedelic Rock, Space Rock,
Dream Pop, Neo-Psichedelia,
Psychedelic Pop
BRANI MIGLIORI: Pompeii Am
Gotterdammerung
DOVE ASCOLTARLO: Durante una disputa
astrologica sul tema LSD
SE FOSSE UN COLORE: Variopinto e Cangiante
SE TI PIACE ASCOLTA: Altro dei Flaming Lips,
inimitabili

THE FLAMING LIPS
At War with the Mystics

Con la sua stravagante e bizzarra band, dopo l’album Yoshi-
mi del 2002, il carismatico Wayne Coyne torna nel 2006 con
un album pastoso, conciliante e asmatico a un tempo. La
band ha un organico forse unico nel suo genere che ha fatto
del mix tecnica, competenza e sperimentazione il suo punto
di forza. At War with the Mystics si apre con The Yeah Yeah
Yeah Song, brano che si fonda su l’omonima cellula vocale
che rende il tutto vivacissimo fin da subito, accompagnata
da claps alternati a chitarre filtrate con multi effetti, deleay,
fuzz. La ricerca del suono è viva. Il brano successivo, Free
Radicals, con assoli di chitarre e voce in falsetto corrobo-
ra la spensieratezza d’apertura. Più mistico e sognante è
The Sound of Failure con uno stile che si avvicina non poco
ai grandi Genesis. The Wizard Turns On… è un intermezzo
strumentale che spara sull’ascoltatore visioni psichedeli-
che, quasi oniriche, dall’impianto funk e nu-jazz. Veins of
Stars come anche Going On richiamano alla mente citazioni
progressive rock che rimandano a Peter Gabriel, calcando
però sempre sulla estrema ricerca del suono. Pompeii Am
Gotterdammerung uscita pinkfloydiana, epica e potente. Il
risultato è un album psichedelico, pop rock, dalle sparse
citazioni progressive con una linea di funk a tratti jazz co-
stantemente presente.

2006

di FEDERICO DILIBERTO PAULSEN e SILVIA SIANO

AMY WINEHOUSE
Black to Black
2006

ETICHETTA: Island Records
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Soul, Jazz, Contemporary
BRANI MIGLIORI:
Love Is a Losing Game, Back to
Black, You Know I’m No Good
DOVE ASCOLTARLO:
Dal parrucchiere o dal tatuatore
SE FOSSE UN COLORE: Fumo di Londra
SE TI PIACE ASCOLTA: Tony Bennet,
Eliza Doolittle, Etta James

2006

AMY WINEHOUSE
Black to Black

Confessiamo subito che di Amy Winehouse non avevamo
sentito parlare fino a quando i media non hanno iniziato ad
occuparsi di lei in maniera invasiva. Con il video di Tears Dry
On Their Own siamo rimasti stregati dall’estetica del perso-
naggio e abbiamo iniziato a fantasticare per qualche istante
sul fatto che girare per Londra con una cofana in testa com-
pletamente ubriachi alle dieci di mattina potesse diventare
un’occupazione a tempo pieno anche per noi. Poi è arrivato
il singolo Back to Black e siamo rimasti in silenzio. Abbiamo
capito che sotto quella cofana arruffata si nascondeva non
solo un’adorabile pazza ma un’autentica artista con un amo-
re viscerale per la musica e una persona con le sue fragilità.
Se il lavoro precedente (Frank) presentava un’acerba Amy
Winehouse, Back to Black costituisce invece la dimensio-
ne perfetta in cui la potenzialità di questo fenomeno diventa
piena virtù. Un album autentico, come autentico è stato il
dolore che l’ha generato, ovvero quello di una persona in-
namorata che viene disillusa. In Love Is a Losing Game,
ad esempio, lo sfogo di Amy non è patetico, ma sincero e
garbato. L’amarezza di una persona che soffre così tanto
per amore non può che suscitare rispetto anche da parte
dell’ascoltatore più distratto. Testi così ispirati hanno colpito
la sensibilità del geniale Mark Ronson il quale, riuscendo a
catturare la vera anima soul e jazz di Amy, confeziona per lei
uno dei dischi più rappresentativi dei primi anni zero, l’am-
bra in cui incastonare per sempre questa grande artista e la
sua storia maledetta.

2006

di MANFREDI LAMARTINA

NATHAN FAKE
Drowing in a Sea
of Love
2006

ETICHETTA: Border Community
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: IDM, Shoegaze
BRANI MIGLIORI: Superposition,
You Are Here, Long Sunny
DOVE ASCOLTARLO: Al buio, per
musicare sentimenti anziché
immagini
SE FOSSE UN COLORE: Senza luce i
colori non servono
SE TI PIACE ASCOLTA: Port-Royal

2006

NATHAN FAKE
Drowing in a Sea of Love

Oggi sono cieco. Mi hanno spogliato di occhiali, orologio e
telefonino per teletrasportarmi nella notte più nera. È un
tour nel quale per oltre un’ora simuliamo la vita alla ma-
niera dei non vedenti. Ma non si tratta di una simulazione.
Per un’ora è tutto vero: io sono cieco e non c’è nulla da fare.
Tengo il bastone e lo faccio oscillare davanti a me, men-
tre il palmo aperto della mano sinistra cerca rassicurazioni
da una parete che è solida al tatto e invisibile allo sguardo.
Siamo una mezza dozzina di persone e siamo tutti intima-
mente spaventati dalla novità. C’è chi tossisce, chi ridac-
chia nervoso, chi si presenta al gruppo. Vale tutto ciò che
possa essere utile a dare coordinate agli altri per disegnare
nella mente una mappa di ciò che sta intorno. Lo spavento
dura finché non arriva Matteo. Lui è cieco per davvero, in
quel buio senza confini si muove a proprio agio. È lui che
butta via il nostro disorientamento e fa entrare la poesia.
All’inizio mi aggrappo in maniera quasi disperata alla sua
sicurezza. Matteo, non mi lasciare, ti prego. Poi lui mi aiuta
a oltrepassare un ponte traballante, mi fa accarezzare una
mucca finta e una pianta vera, mi fa ascoltare un canto di
uccelli. Tutto assume una dimensione nuova, il buio diventa
un ambiente da esplorare e non un nemico da schivare. Ci
affidiamo gli uni agli altri e le mani sono un modo diverso
di comunicare. Se questa esperienza fosse musica, sarebbe
Drowning in a Sea of Love di Nathan Fake: elettronica che
scorre lenta tra cuore e cervello. All’uscita dal percorso la
luce è come una nuova rinascita. Ogni lampada è un ago
che si infila nelle cornee degli occhi. Qualche lacrima sfug-
ge e non è scampato pericolo. Semmai gratitudine.

2006

di MARGHERITA G. DI FIORE

VANESSA
VAN BASTEN
La Stanza
di Swedenborg
2006

ETICHETTA: Eibon/Coldcurrent/
Noisecult/Radiotarab
NAZIONALITÀ: Italia
GENERE: Post-Rock, Post-Metal
BRANI MIGLIORI:
La Stanza di Swedenborg,
Dole, Giornada de Oro
DOVE ASCOLTARLO:
Nel buio che ti porti dietro
SE FOSSE UN COLORE: Nero e argento
SE TI PIACE ASCOLTA: Jesu, God Machine

2006

VANESSA VAN BASTEN
La Stanza di Swedenborg

Ho fatto quattro passi per strada e ho scoperto che il buio 2006
non era nel cielo o nei lampioni spenti: ce l’avevo in tasca
e più camminavo, più si apriva nell’aria e mi abbracciava.
La sensazione era un misto di paura e conforto, un sottile
piacere che vaga nello spleen, che non hai mai capito perché
vivi di facili dualismi. La Stanza di Swedenborg è la bellezza
di quel buio, meraviglia di muovere le mani per sperimenta-
re sulla materia un dolore vibrante, una tristezza guerriera,
per scoprire che la linfa si nasconde il più delle volte nelle
pieghe della fine di qualcosa. Nel freddo sovrano dell’album
si espande il post-rock, la drone, derive metal e passaggi
di pura elettronica. Ogni elemento è parte di un incantesi-
mo che si scioglie soltanto al termine dell’ascolto: la prima
traccia ragiona per sottrazione, elimina il sole, trattiene il
respiro, e il parlato da The Kingdom di von Trier introduce
gli umori necessari, gioca con l’assenza, come il risveglio
dai sogni in un letto che ha cullato i nostri combattimenti.
Dole è una tenda che si muove appena per un vento legge-
ro, un sunto di nostalgia e dettagli di rabbia che si scon-
trano con la parte più sensibile. Giornada de Oro spalanca
motivi acustici per affondare in meritate distorsioni crepu-
scolari, ché il crepuscolo non è il momento in cui scivola
l’angoscia ma quello in cui ti fermi a pensare tenendo in una
mano il presente e nell’altra il passato, e non sai quale sop-
porti il peso maggiore. Floaters danza sull’acqua allineando
venature nitide come il primo incontro con te nella mia men-
te, esplode una forza che non credevo di avere e sai bene che
la maniera più dolce per lasciarmi alle tue spalle è guardare
al cuore, col silenzio che cresce, il buio che avanza, e le om-
bre sulla pelle che disegnano contorni nuovi: allora il dolore
saprà generare bellezza.

di MARGHERITA G. DI FIORE

NON VOGLIO
CHE CLARA
Non Voglio Che Clara
2006

non presente su spotify

ETICHETTA: Aiuola Dischi
NAZIONALITÀ: Italia
GENERE: Cantautorale, Pop
BRANI MIGLIORI: L’Oriundo, Questo
Lasciatelo Dire, Cary Grant
DOVE ASCOLTARLO: Affacciato alla
finestra mentre mi cerchi nella folla
SE FOSSE UN COLORE: Tinte pastello che
si perdono nell’acqua
SE TI PIACE ASCOLTA: Umberto Bindi,
Dimartino

2006

NON VOGLIO CHE CLARA
Non Voglio Che Clara

Come una lenta processione sinfonica, come orchestra che 2006
si diffonde in paese e tu lo segui affacciata alla finestra, coi
gomiti puntati sul davanzale gelato e il viso nelle mani, e nel
viso uno sguardo che si perde nella folla mentre cerchi me.
Le atmosfere anni sessanta si mescolano al moderno can-
tautorato, la chitarra acustica guida lieve i brani e io me ne
sto dietro la fontana, sul gradino incerto della chiesa, l’ulti-
mo, e ascolto: il nostro tempo fugge e si disperde tra le luci
appese e le girandole immobili nella completa assenza di
vento. Ogni Giorno di Più mi ricorda che non puoi stare fer-
mo in fronte a un uragano, non puoi restare fermo con le mani
in mano, capisci cosa intendo, mi stai cercando ancora?
L’Oriundo è bellissima, con la sua chitarra timida eppure
suonata quasi con violenza, e il piano e gli archi e quella frase
un attore da teatro con la quinta su di un lato che se non sai cosa
dire, puoi sempre sparire, io invece lotto nel fango e scalcio dal
fondo. La mia camminata stanca segue l’andamento molle e
accidentato di una carovana nel deserto, come In un Giorno
Come Questo, davvero un peregrinare sul finire dell’orizzon-
te, la mia ombra e il sole che scende e poi arriva la canzo-
ne che porto con me, Questo Lasciatelo Dire, e la dolcezza
scoppia quando finalmente mi trovi, ma soltanto di spalle,
mentre vado verso casa: I mesi passano ma tu muovi piedi e
mani e nuoti senza fine dentro ai miei maremoti.
Cary Grant accompagna i miei passi, e ogni singola parola
rimbomba seppur sottile, ogni suono mi avvolge e mi solle-
va da terra. Vorrei voltarmi, correre, urlarti addosso qualco-
sa ma non lo farò, non ora che ho i brividi e credo di amarti e
ho paura: Anche se ci sarà del lavoro da fare da domani vedrai
non mi saprò accontentare. Te lo giuro.

di FABIO CASANO

THE DECEMBERISTS
The Crane Wife
2006

ETICHETTA: Capitol Records 2006
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Alternative, Country,
Folk, Rock con un po' di Fairport
Convention
BRANI MIGLIORI: The Crane Wife 3,
The Crane Wife 1 & 2, O Valencia!
DOVE ASCOLTARLO: Davanti al frigo, con la
pancia che sporge dai vostri slip con i
cavallucci marini. . .
SE FOSSE UN COLORE: Giallo Canarino
SE TI PIACE ASCOLTA: R.E.M, Fairport
Convention, Counting Crows

THE DECEMBERISTS
The Crane Wife

È rassicurante che esistano gruppi come i Decemberists.
Tra loro non ci sono smunti adolescenti androgini o ninfette
semivestite incapaci di prendere la nota giusta nemmeno se
gliela portate a casa. Non sono persone interessate a col-
lezionare like su Facebook o a bearsi per le condivisioni dei
loro sgrammaticati pensieri espressi su Twitter. È rassicu-
rante perché i Decemberists sono la dimostrazione che an-
che i nerd sanno fare buona musica. Di sicuro sono più sul
genere Big Bang Theory che Xfactor.
È rassicurante perché la loro musica è onesta e fedele alle
loro radici, anche se in continua evoluzione. È rassicurante,
perché se già il precedente Picaresque era un buon disco,
The Crane wife è addirittura meglio.
Sono i R.E.M che proseguono sul cammino di Out of Time,
sono i Fairport Convention a stelle e strisce (Quelli più ru-
spanti di Angel Delight, senza la sublime voce di Sandy Den-
ny, ma, con in più un Richard Thompson – che in quel disco
mancava – con le sue intuizioni chitarristiche a fare il bello
e cattivo tempo).
Sono pop, ma corteggiano il progressive, sono indie, ma
suonano folk come dimostra la contagiosa giga di Sons &
Daughters.
Risvegliate il nerd che è dentro voi e date loro una chance.
Non vi deluderanno.

2006

di FEDERICO DILIBERTO PAULSEN e SILVIA SIANO

THOM YORKE
The Eraser
2006

non presente su spotify

ETICHETTA: XL Recordings
NAZIONALITÀ: Regno Unito
GENERE: Elettronica, Alternative
BRANI MIGLIORI: The Eraser,
Analyse, Black Swan
DOVE ASCOLTARLO:
Da soli in una caverna
SE FOSSE UN COLORE: Magenta
SE TI PIACE ASCOLTA: James Blake,
Archive, Caribou

2006

THOM YORKE
The Eraser

Nell’assoluta frammentazione delle preferenze musicali che 2006
caratterizza gli anni zero, i Radiohead rimangono una cele-
bre eccezione, un imprescindibile punto fermo. Li definiamo
“mostri sacri” senza sentirci in colpa. L’alone leggendario
da cui i Radiohead sono circondati non è un fardello sem-
plice. Le aspettative del pubblico sono non solo alte, ma
anche ben dettagliate. È difficile non deluderle mantenendo
la capacità innovativa, la profondità e l’originalità che hanno
sempre caratterizzato il gruppo. Il processo creativo rischia
di diventare meccanico, freddo, influenzato dalle troppe so-
vrastrutture da cui il mito Radiohead è circondato. Come
evitarlo? Prendendosi il proprio spazio, svuotando la mente,
ricominciando da zero. Ed è questo il senso dell’operazione
di Thom Yorke che, con The Eraser, cancella letteralmente
(per un breve intervallo) il suo ruolo all’interno della mac-
china Radiohead per sperimentare un percorso compositi-
vo e produttivo personale, più libero. Non deve essere stato
semplice per un artista di tale calibro, concepire e realizzare
un progetto parallelo che non sfigurasse accanto a quello
principale. La naturalezza con cui The Eraser prende vita,
però, aiuta Thom Yorke nell’impresa, regalandoci un album
dall’impatto immediato che non fatica a trovare posto nelle
nostre collezioni di dischi. Chi guardava con sospetto a que-
sto lavoro può sentirsi rassicurato: nella sua esperienza da
solista Yorke non perde la propria identità. The Eraser è un
disco elegante e minimale, dove nessun elemento è lasciato
al caso. Rilevante il ruolo dell’elettronica, svariate le fonti
di ispirazione, dal black out di Oxford a misteriosi omicidi
politici. Contiene in nuce alcuni elementi di ciò che saranno
in futuro i Radiohead e lo stesso Thom Yorke.

di FEDERICO ZUMPANI

CAT POWER
The Greatest
2006

ETICHETTA: Matador Records
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Alternative Rock,
Folk Rock, Indie
BRANI MIGLIORI: The Greatest,
Living Proof, Lived in Bars
DOVE ASCOLTARLO: In un giorno di
piogga, davanti ad un caffè
SE FOSSE UN COLORE: Giallo
SE TI PIACE ASCOLTA: Emiliana Torrini,
PJ Harvey, Warpaint

2006

CAT POWER
The Greatest

Cat Power è un’emozione musicale vivente di rara eleganza. 2006
The Greatest è un disegno perfetto di sguardi, combinazio-
ne di amore e sensibilità accecante. La title-track inaugura
il disco, con un pianoforte che è pianto antico commovente,
per poi esplodere con la voce calda che spezza il suono.
Living Proof è il momento della calma, un passaggio ludico
in un percorso tortuoso. Lived in Bars persevera in que-
sto tunnel, con contaminazioni jazz che corroborano il cor-
po della canzone. Could We evidenzia lo stile di Cat Power,
coacervo di immagini e suoni, così come Empty Shell, che
non dimentica ritornelli di un mondo lontano. Willie, con
spensieratezza, si ispira ad atmosfere corali, la coordinazio-
ne di più stili arricchisce la voce e rende la musica scolpita.
Where Is My Love?, la sofferenza si estende alla speranza e
alla consapevolezza di una mancanza. The Moon, si impone
con una chitarra oscurata, ridotta al minimo, in cui preval-
gono parole e poco altro. Islands, completa questo sistema
di emozioni e dolori, mantiene l’equilibrio musicale, al con-
fine fra alt-rock e folk, rendendo il disco un messaggio che
trova sempre nuove strade, come After It All, che stempera
i toni seriosi, tornando a una percezione dei sensi malleabile
nella forma, ma assoluta nel senso di dispersione emotiva.
Hate rinnova i toni e si rifugia nella chitarra isolata, come
un segno di riferimento, la voce trova la quiete e non cer-
ca altri mezzi per esprimere il senso di dispersione. Love &
Communication esperimento mutevole, dove la distorsione
diviene linguaggio, così come la ritmica ipnotizzante. Up and
Gone, un altro segno di semplicità, il vero fattore rivelatore
dello stile di una cantautrice che si impone con la voce, mo-
strando il volto di un sentimento personale che arricchisce
e protegge.

di VITO POMPEO

BONNIE
‘PRINCE’ BILLY
The Letting Go
2006

non presente su spotify

ETICHETTA: Domino
NAZIONALITÀ: Stati Uniti
GENERE: Folk
BRANI MIGLIORI: Love Comes to Me,
Strange Form of Life, Cursed Sleep
DOVE ASCOLTARLO: In un bosco,
dopo la pioggia
SE FOSSE UN COLORE: Giallo
SE TI PIACE ASCOLTA:
Smog, Iron and Wine, Calexico

2006

BONNIE ‘PRINCE’ BILLY
The Letting Go

Se The Letting Go fosse un film, si aprirebbe con un bellissi-
mo movimento di macchina. Un dolly dal basso verso l’alto,
per la precisione. Il crescendo emotivo di Love Comes to Me,
sospeso su un delicato tappeto di archi, prepara la strada al
lungo piano sequenza di Strange Form of Life che esplode
in tutta la sua capacità evocativa. La cinepresa oscilla con
delicatezza tra la voce di Will Oldham e gli epici giri di chitar-
ra. Stacco. Il ritmo aumenta, ma non in maniera eccessiva.
Giusto una goccia di nervosismo in più. Con Cursed Sleep
il montaggio diventa un po’ più frenetico, le atmosfere co-
minciano a confondersi. La leggerezza di Lay and Love si al-
terna con la ruvidità di The Seedling, in un serrato gioco di
campo e controcampo. Ma è una tensione passeggera, che
lascia presagire l’epilogo ormai prossimo. Le atmosfere di
Then the Letting Go e God’s Small Song, in una sorta di ellis-
si emozionale, ci riportano alla prima inquadratura. Ancora
una volta un dolly. Partono le note di I Called You Back. L’im-
magine rimane immobile. Solo pochi secondi. Poi una lenta
dissolvenza. Titoli di codaCat Power: folk, rock, songwriter.

2006


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